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Lintegrale di Lebesgue
Lintegrale di Lebesgue
Queste difficolt`
a sono aggirate dalla nuova nozione di integrabilit`
a che andiamo ad esporre.
I punti cardine della nuova teoria saranno
1. una definizione pi`
u generale di insieme di misura nulla;
2. la possibilit`
a di integrare praticamente ogni funzione positiva
su ogni insieme, limitato o no: per questo si ammette anche +1 tra i
possibili valori che pu`
o assumere lintegrale;
3. la possibilit`
a di scambiare lordine di serie e integrali per le funzioni positive;
4. lintegrabilit`
a delle funzioni di segno qualunque si riconduce allintegrabilit`
a del modulo della funzione;
5. nuovi teoremi di passaggio al limite sotto il segno di integrale.
1-2
Lintegrale di Lebesgue
Convenzione.
0 (+1) := 0.
(1.1)
Teorema 1.2 (Integrale di Lebesgue per le funzioni positive) Ad ogni insieme E RN e ad ogni funzione positiva u : E ! [0, +1] `e possibile associare
univocamente un numero
Z
u(x) dx 2 [0, +1]
(1.2)
E
(1.4)
(Continuit`
a: lemma di Fatou) Se un : E ! [0, +1] `
e una successione di funzioni
convergente puntualmente a u, cio`
e
9 lim un (x) =: u(x)
n"+1
8 x 2 E,
allora anche
Commento.
u(x) dx M.
8 n 2 N,
(1.5a)
(1.5b)
(1.5c)
1-3
Lintegrale di Lebesgue
Convenzione.
Misurabilit`
a addio.
La teoria dellintegrazione di Lebesgue `
e strettamente legata ad un
nuovo concetto di misurabilit`
a di insiemi e funzioni, cui accenneremo pi`
u avanti. Poich`
e
lesistenza di funzioni non misurabili `
e strettamente legata a sottili questioni di logica e
teoria degli insiemi, e tutte le funzioni che ammettono una definizione costruttiva risultano,
di fatto, misurabili, per semplificare la trattazione noi assumeremo sempre che le funzioni
di cui stiamo parlando siano misurabili: dora in avanti, quindi, non ci preoccuperemo pi`
u
di ricordarlo esplicitamente. Spero che Lebegue possa perdonarmi...
Propriet`
a elementari
Proposizione 1.3 Se E RN , u, v sono funzioni positive definite in E e
uno scalare positivo si ha
(Additivit`
a rispetto a u)
Z
Z
Z
(u(x) + v(x)) dx =
u(x) dx +
v(x) dx,
E
E
E
Z
Z
u(x) dx =
u(x) dx.
E
0 `e
(1.6)
(1.7)
u(x) dx =
(1.8)
(Additivit`
a rispetto a E) Se E `e lunione disgiunta di due insiemi A, B
(cio`e E = A [ B, A \ B = ?) allora
Z
Z
Z
u(x) dx.
(1.9)
u(x) dx =
u(x) dx +
E
Osservazione
Se A E e u `
e positiva, allora
u(x) dx
u(x) dx.
(1.10)
Definizione 1.4 (Misura di Lebesgue di un insieme) Se E RN , indichiamo con |E| la sua misura di Lebesgue N -dimensionale (lunghezza sulla retta, area
nel piano, volume nello spazio!), definita da
Z
Z
|E| :=
1 dx =
1 E (x) dx.
(1.11)
RN
Nota
Per la propriet`
a di estensione dellintegrale di Lebesgue, questa definizione coincide con
quella di Peano-Jordan, quando linsieme E `
e misurabile in questo senso pi`
u restrittivo.
1-4
Lintegrale di Lebesgue
Scambio di operatori-I
Teorema 1.5 (Beppo Levi, convergenza monotona)
Se un `e una successione crescente di funzioni positive definite in E RN ,
tali cio`e che
n m ) un (x) um (x) 8 x 2 E,
allora
E n"+1
n"+1
un (x) dx.
(1.12)
Se un `
e una successione decrescente di funzioni positive definite in E RN , tali cio`
e
che
n m ) un (x) um (x) 8 x 2 E,
(1.13)
se almeno una di esse ha integrale finito allora
Z
Z
lim un (x) dx = lim
un (x) dx.
E n"+1
n"+1
(1.14)
Nota
n=0
n=0
n"+1
8 x 2 E,
un (x) dx.
E
da cui
i1 := lim
n"+1
un (x) dx
u1 (x) dx;
u1 (x) dx i1 .
Famiglie numerabili.
Una collezione (o famiglia) di oggetti A si dice numerabile se
pu`
o essere messa in corrispondenza biunivoca con linsieme N dei numeri naturali; in altre
parole, tutti gli elementi di A si possono etichettare con un numero intero che li individua
univocamente e si possono conseguentemente elencare in una successione
A := {A0 , A1 , A2 , . . . , An , . . .}.
1-5
Lintegrale di Lebesgue
Quando gli elementi An sono a loro volta insiemi, si parla di collezione o famiglia numerabile
di insiemi. Capiter`
a sovente di considerarne lunione, cio`
e un nuovo insieme
A=
+1
[
An
n=0
i cui elementi sono tutti e soli quelli che apparengono a qualcuno delgli insiemi A n . Chiaramente
+1
[
An , 8 b 2 B 9 n 2 N : b 2 A n .
B
n=0
Diremo che A `
e al pi`
u numerabile, quando `
e numerabile oppure A `
e costituita da un
numero finito di elementi.
Richiami
Se A :=
S +1
n=0
nm
Una famiglia A 1 , A2 , . . . , An , . . . di
A n Am .
T +1
An
Am .
n 6= m ) An \ Am = ?.
S
In questo caso diciamo che A := +1
e lunione disgiunta della famiglia o che la
n=0 An `
famiglia forma una partizione di A.
En
allora
u(x) dx = lim
n"+1
u(x) dx.
(1.17)
En
u(x) dx =
Nota
+1 Z
X
n=0
u(x) dx.
(1.18)
En
Questo risultato `
e estremamente utile quando si deve calcolare esplicitamente un integrale:
si cerca di approssimare o di decomporre linsieme E in insiemi pi`
u piccoli E n in modo che
u sia integrabile secondo Cauchy-Riemann su En (in particolare, gli En dovranno essere
limitati e anche u dovr`
a essere limitata su questi). Dopo di che si ottiene lintegrale di u
1-6
Lintegrale di Lebesgue
su tutto E come limite o come serie, a seconda che si sia scelto una famiglia crescente e
approssimante E o una partizione di E.
La potenza del teorema sta nel fatto che siamo completamente liberi nella scelta della decomposizione: in altre parole, lintegrale non dipende da come si approssima o si decompone
linsieme E.
Corollario 1.8
Se E1 , E2 , . . . , En , . . . `
e una famiglia crescente convergente a E, cio`
e En "
E quando n " +1, allora
|E| = lim |En |.
(1.19)
n"+1
Se E1 , E2 , . . . , En , . . . `
e una famiglia decrescente convergente a E, cio`
e En # E quando
n " +1, e almeno uno di essi ha misura finita allora
|E| = lim |En |.
(1.20)
n"+1
Se E1 , E2 , . . . , En , . . . `
e una partizione di E, cio`
e E `
e lunione disgiunta della famiglia,
allora
+1
X
|E| =
|En |.
(1.21)
n=0
Pi`
u in generale, se E `
e lunione non necessariamente disgiunta della famiglia E n si ha
|E|
+1
X
n=0
|En |.
(1.22)
1-7
Lintegrale di Lebesgue
u (x) dx.
(1.25)
(1.26)
1-8
Lintegrale di Lebesgue
Scambio di operatori-II
Teorema 1.13 (Convergenza dominata, Lebesgue) Supponiamo che una
successione di funzioni complesse un , definite nellinsieme E RN , converga
puntualmente ad una funzione u. Se `e possibile trovare una funzione positiva e
integrabile g che domina tutte le un , cio`e
Z
|un (x)| v(x) 8 n 2 N, 8 x 2 E,
v(x) dx < +1,
(1.28)
E
allora
lim
|un (x)
un (x) dx =
n"+1
In particolare
lim
n"+1
u(x)| dx = 0.
u(x) dx.
(1.29)
(1.30)
u(x, y) dy
sia ben definita in (a, b), cio`e che la funzione y 7! u(x, y) sia integrabile rispetto a
y in (c, d). Supponiamo che per quasi ogni y 2 (c, d) la funzione
x 7! u(x, y)
1-9
Lintegrale di Lebesgue
Per la propriet`
a di estensione, se un insieme `e misurabile secondo PeanoJordan e ha misura nulla, esso `e trascurabile: in particolare un numero
finito di punti sulla retta, una famiglia di curve nel piano o un
numero finito di superfici nello spazio sono insiemi trascurabili. La
proposizione che segue mostra per`
o che la classe degli insiemi trascurabili `e
notevolmente pi`
u ampia.
Proposizione 1.16 Se N1 , N2 , . . . , Nn , . . . sono insiemi di misura nulla secondo la
definizione 1.15, anche la loro unione
N :=
Approfondimento
1
[
n=1
ha misura nulla.
Richiami
Nn
Rettangoli N -dimensionali.
1
[
Rn ,
n=1
1
X
n=1
|Rn | "
(1.31)
un parallelepipedo in R3 ...) `
e il prodotto di N intervalli (a1 , b1 )(a2 , b2 ). . .(aN , bN ) che supporremo indifferentemente aperti, chiusi o semiaperti, limitati o no, eventualmente degeneri (se capita che a j = bj per qualche
indice; in particolare un punto `
e sempre un N -rettangolo degenere, cos`
come un segmento `
e un 2-rettangolo ed
un rettangolo `
e un 3-rettangolo: ai matematici piacciono tanto queste situazioni un po maniacali...che poi per`
o
si rivelano comode per non trascinarsi la necessit`
a di esaminare tanti casi particolari!) La misura di R (cio`
e la
lunghezza per un intervallo, larea per un rettangolo, il volume per un parallelepipedo) sar`
a ovviamente
|R| := (b1
Nota
a1 )(b2
a2 ) . . . (bN
aN ).
(1.32)
La novit`
a, rispetto allusuale definizione della misura di Peano-Jordan, `
e la possibilit`
a di
usare infiniti rettangoli, anzich
e solo un numero finito. Naturalmente, gli insiemi di misura
nulla della precedente definizione continuano ad essere tali: in particolare le curve nel piano
o le superfici nello spazio.
Un insieme numerabile (per esempio linsieme dei numeri razionali sulla retta reale)
`
e sempre di misura nulla: `
e infatti lunione numerabile di punti, che sono particolari N rettangoli, ciascuno di misura nulla, sicch
e la (1.31) `
e banalmente verificata.
Un teorema molto bello, dovuto a Lebesgue, dice che una funzione reale e limitata u definita
ad esempio in un intervallo [a, b] R `
e integrabile secondo Cauchy-Riemann (e dunque
possiamo parlare dellintegrale di u ad esempio secondo la definizione vista nel corso di
Analisi 1) se e solo se essa `
e continua salvo al pi`
u un insieme trascurabile N [a, b], se
cio`
e linsieme dei suoi punti di discontinuit`
a ha misura nulla secondo la definizione appena
introdotta.
Curiosit`
a
Misurabilit`
a secondo Lebesgue.
Avendo come riferimento il concetto di insieme trascurabile (che, come abbiamo visto, pu`
o essere introdotto indipendentemente dalla resto della
teoria dellintegrazione) `
e possibile comprendere e definire in modo preciso il concetto di
misurabilit`
a secondo Lebesgue: una funzione u definita in RN e a valori reali (o complessi)
si dice misurabile secondo Lebesgue se, per ogni " > 0 possiamo buttare via un insieme
R := R1 [ R2 [ . . . [ Rn [ . . . di rettangoli in modo che
1
X
n=1
|Rn | "
e u sia continua in RN \ R;
1-10
(1.33)
Lintegrale di Lebesgue
Non sembrerebbe, questa, una condizione molto pi`
u generale della misurabilit`
a secondo
Peano-Jordan (si veda la nota precedente), eppure si verifica che praticamente tutte le
funzioni sono misurabili secondo questa nuova condizione, tanto che i controesempi che si
conoscono richiedono tutti luso di delicati argomenti di teoria degli insiemi e dellassioma
della scelta; in particolare la classe delle funzioni misurabili secondo Lebesgue `
e chiusa
rispetto alle varie operazioni di somma, prodotto, composizione, passaggio al limite, etc...
Si osservi che la dierenza fondamentale con la definizione di misurabilit`
a secondo PeanoJordan `
e che in questultima prima si vanno a cercare i punti di discontinuit`
a di una
funzione e poi si richiede che questi siano trascurabili; nella misurabilit`
a secondo Lebesgue,
invece, prima ci `
e concesso di buttare via molti punti e poi di controllare che la funzione
che rimane `
e continua. Ad esempio, la famigerata funzione di Dirichlet, che vale 1 se
il punto `
e razionale e 0 se `
e irrazionale, `
e discontinua in tutti i punti, e quindi non `
e
misurabile secondo Peano-Jordan. Daltra parte, se noi possiamo prima di controllarne la
discontinuit`
a, tracurare un insieme di misura nulla, si vede subito che eliminando linsieme
dei razionali la funzione `
e continua sullinsieme rimanente, assumendo identicamente il
valore 0: ecco giustificata la misurabilit`
a di Lebesgue per questa funzione.
Alla base delle precedenti definizioni sta lidea che il termine trascurabile significhi effettivamente che un tale insieme non conti nulla agli eetti della teoria dellintegrazione;
questo fatto `
e messo in luce dai due risultati che seguono.
La propriet`
a
u`
e continua q.o. in R
ha misura nulla.
Esempi
La propriet`
a
sin x 6= 0
`
e vera q.o. in R, perch`
e linsieme dei punti {x 2 R : sin x = 0}
`
e numerabile e quindi trascurabile in R.
La propriet`
a
x2 x
0 q.o.
]0, 1[, che ha misura 1 > 0.
`
e falsa, perch`
e non `
e verificata nellintervallo aperto
u(x) dx = 0
u(x) = 0
(1.34)
u(x) dx < +1
u(x) < +1
(1.35)
1-11
(1.36)
Lintegrale di Lebesgue
Dimostrazione
Supponiamo di sapere che una funzione u definita su un insieme E R N sia nulla ecccetto
che in un sottoinsieme A E di misura |A| = 0. Con la convenzione algebrica che abbiamo
adottato la scorsa lezione, si vede formalmente che deve essere
Z
Z
|u(x)| dx =
|u(x)| dx +1 |A| = +1 0 = 0.
E
Motivazione
n"+1
Per dimostrare limplicazione opposta della (9.35) basta considerare la famiglia crescente
An := {x 2 E : u(x)
1/n}
e quindi |A| = 0
se il primo membro `
e finito, questa disuguaglianza implica banalmente |I| = 0.
Definizione 1.20 (Funzioni definite q.o., dominio) Diremo che una funzione
u `e definita q.o. in un certo insieme E RN se per quasi ogni x 2 E ha senso
parlare del valore u(x) (cio`e u(x) `e appunto definito); in altri termini, linsieme
dove u non `e definita `e trascurabile, nel senso della definizione 1.15. Chiameremo
dominio di u il sottinsieme D(u) di E dove u `e eettivamente definita. Per ipotesi,
il complementare die D(u) in E `e trascurabile, cio`e
|E \ D(u)| = 0.
Il corollario 1.19 permette di definire lintegrale di una funzione u su un insieme E
anche se questa non `e definita su tutto E: basta che linsieme dove u non `e definita
sia trascurabile.
Precisazione
dove u
`
e unarbitraria estensione di u a tutto E, cio`
e una funzione definita su E che
coicnide con u su D(u).
Per esempio, un estensione standard `
e
(
u(x) se x 2 D(u);
u (x) :=
0
altrimenti.
Approfondimento
1-12
`
e trascurabile.
Lintegrale di Lebesgue
Si vede facilmente che in tal caso le rispettive funzioni caratteristiche 1 E1 e 1 E2 sono q.o.
uguali. Allora, per ogni funzione f positiva, o complessa e integrabile su uno dei due,
Z
Z
u(x) dx =
u(x) dx.
E1
E2
n"+1
in altri termini, linsieme dei punti x 2 E dove il limite non esiste o `e dierente
da u(x) `e trascurabile.
Poich`e lintegrale `e invariante rispetto a modifiche delle funzioni in insiemi trascurabili, non sarebbe difficile (ma un po noioso...) verificare che
la teoria precedentemente sviluppata vale anche se tutte le
funzioni in gioco sono definite solo quasi ovunque.
Osservazione 1.22 (Dalla convergenza degli integrali alla convergenza q.o.)
La propriet`
a (1.35), bench`e banale, ha importanti applicazioni, come vedremo anche
in seguito. Consideriamo, ad esempio, il teorema di integrazione per serie (1.15):
noi sappiamo che luguaglianza vale sempre, ma in generale potrebbe capitare che
la serie delle funzioni valga +1 in un insieme molto grande, addirittura tutto linsieme E; in tal caso luguaglianza si ridurrebbe a +1 = +1 e perderebbe parte
del suo interesse. Se per`
o noi sappiamo che la serie degli integrali `e convergente,
allora la serie
+1
X
n=0
Quindi dalla conoscenza del comprtamento di una serie numerica (la serie degli
integrali, appunto) `e possibile dedurre uninformazione sul comportamento globale
di una serie di funzioni, che in generale `e un oggetto molto pi`
u complesso da studiare.
1-13
Lintegrale di Lebesgue
n=0
P+1
allora la serie di
n=0 un (x) converge assolutamente per quasi ogni x 2 E e
definisce q.o. una funzione che `e integrabile in E. Si ha
Z
+1
X
un (x)
n=0
dx =
+1 Z
X
n=0
un (x) dx.
(1.37)
P+1
Inoltre la successione degli integrali dei resti Rn (x) := k=n uk (x) `e infinitesima,
cio`e
Z X
+1
+1 Z
X
lim
uk (x) dx lim
|uk (x)| dx = 0.
(1.38)
n"+1
Dimostrazione
n"+1
E k=n
k=n
Ci limitiamo a controllare che la serie delle funzioni convege quasi ovunque: si tratta di un
semplice esercizio di applicazione del corollario 1.6. Consideriamo infatti la serie dei moduli
S(x) :=
+1
X
n=0
|un (x)|.
(1.39)
Essendo una serie a termini positivi, possiamo applicare il citato corollario e ottenere che
Z
+1
XZ
|un (x)| dx < +1 per ipotesi del teorema.
S(x) dx =
E
n=0
q.o. in E, cio`
e la serie (1.39) converge al di fuori di un insieme trascurabile N .
Se per x 2 E \ N converge la serie dei moduli, possiamo concludere che anche la serie delle
funzioni converge (convergenza assoluta ) convergenza semplice).
u(x, y) dx dy =
u(x, y) dy
dx =
u(x, y) dx
dy < +1,
allora
ZZ
u(x, y) dx dy =
E
u(x, y) dy
dx =
u(x, y) dx
dy.
(1.40)
Nella formula precedente si intende che per q.o. x 2 (a, b) la funzione y 7! u(x, y)
`e integrabile in (c, d) e che il suo integrale `e a sua volta integrabile in (a, b) rispetto
a x. Analogo discorso vale scambiando il ruolo delle due variabili.
Esercizio
1-14
Lintegrale di Lebesgue
Richiami
T (E)
u(y) dy =
T (E) =
1-15
JT (x) dx.
Lintegrale di Lebesgue
Derivate e integrali
Teorema 1.26 (Fondamentale del calcolo, Lebesgue) Sia u una funzione
complessa integrabile sullintervallo limitato (a, b). Allora la funzione integrale
Z x
U (x) :=
u(t) dt
a
Il problema di trovare condizioni sufficienti per cui una data funzione U definita su un
intervallo (a, b) si pu`
o ricostruire per integrazione dalla sua derivata `
e molto pi`
u delicato.
Dal Teorema precedente si deducono facilmente tre condizioni necessarie: U devessere
continua, derivabile in quasi tutti i punti dellintervallo (a, b) e la sua derivata deve eseere
integrabile. Purtroppo vi sono esempi (particolarmente complicati) che mostrano come
queste tre condizioni non sono sufficienti. Noi ci limitiamo a definire con precisione questa
propriet`
a (assoluta continuit`
a ) che risulta assai importante in molte situazioni e a presentare
una classe sufficientemente ampia di funzioni che la verificano.
Definizione 1.27 (Funzioni assolutamente continue) Una funzione complessa U definita su un intervallo [a, b] di R si dice assolutamente continua quando
`e continua, `e derivabile in quasi tutti i punti dellintervallo, la sua derivata U 0 `e
integrabile in [a, b] e vale la formula
Z x
U (y) U (x) =
U 0 (t) dt per ogni scelta di a x y b.
(1.43)
a
Esercizio
Teorema 1.30 (Integrazione per parti) Se u, v sono funzioni assolutamente continue sullintervallo [a, b], allora vale la formula
Z
u (x)v(x) dx = u(x)v(x)
0
1-16
ix=b
x=a
(1.44)
Lintegrale di Lebesgue
Teorema 1.31 (Derivazione sotto il segno di integrale) Sia u una funzione complessa definita nel rettangolo E := (a, b) (c, d) e supponiamo che la
funzione integrale rispetto alla variabile y
U (x) :=
u(x, y) dy
sia ben definita in (a, b), cio`e che la funzione y 7! u(x, y) sia integrabile rispetto
a y in (c, d). Supponiamo che per quasi ogni y 2 (c, d) la funzione
x 7! u(x, y)
con
@
u(x, y) g(y),
@x
@
u(x, y) dy
@x
1-17
8 x 2 (a, b).
2. Spazi di funzioni
Tutto quello che diremo in generale in questa lezione per uno spazio funzionale V vale
generalmente per un qualsiasi spazio vettoriale sul corpo complesso. Noi adotteremo frequentemente il termine pi`
u restrittivo di spazio funzionale, perch`
e vogliamo sottolineare
che il nostro obiettivo `
e quello di descrivere spazi di questo tipo. Quando penseremo agli
elementi dello spazio V solo come vettori useremo le lettere in grassetto u, v, w, . . .; quando
vorremo sottolineare che si tratta anche di funzioni definite in E torneremo ad usare le
lettere in corpo normale u, v, w, . . ..
2-1
2-2
2. SPAZI DI FUNZIONI
Richiami
per ogni x 2 E.
2C`
e uno scalare complesso, la funzione l := u `
e definita da
l(x) := u(x)
per ogni x 2 E.
Dire che V `
e un sottospazio di F(E) significa che queste operazioni, fatte a partire da
elementi u, v in V non fanno uscire da V .
E.1 Quando E := ( 1, +1) e la variabile in E `
e pensata come tempo, F( 1, +1) `
e lo
spazio di tutti i possibili segnali temporali.
Esempi
E.2 Se consideriamo solo segnali temporali nulli prima dellistante t = 0 (i segnali causali)
otteniamo un sottospazio di F( 1, +1),
V = F+ ( 1, +1) := u 2 F( 1, +1) : u(t) 0
per t < 0 .
8 t 2 ( 1, +1) .
E.6 Fissato un intero N , sia E := {0, h, 2h, 3h, . . . , (N 1)h}. In questo caso un elemento
u di F(E) `
e determinato da N numeri complessi un := u(nh), n = 0, . . . , N
1, e
pu`
o quindi essere rappresentato da un vettore di CN (RN nel caso di segnali reali).
Questa rappresentazione `
e utile per trattare segnali discreti finiti (segnali digitali).
E.7 La distribuzione di potenziale elettrostatico in una sfera E `
e un elemento di F(E); se
tale potenziale varia nel tempo, il segnale spazio-temporale associato `
e un elemento
di F(E R).
8 u, v 2 V,
2 C.
Ci si pu`
o chiedere la ragione dellinsistenza sul concetto di linearit`
a: esso permette di
esprimere un segnale per sovrapposizione di segnali pi`
u semplici; lo studio e la realizzazone
eettiva di queste decomposizioni costituisce uno dei problemi pi`
u importanti che aronteremo. Schematicamente lo si pu`
o riassumere nel modo seguente: dato una successione (finita
o numerabile) di segnali elementari e1 , . . . , en , . . . in uno spazio funzionale V , esprimere
ogni altro segnale u di V come combinazione lineare
u = 1 e1 + 2 e2 + . . . + n en + . . .
mediante opportuni coefficienti 1 , 2 , . . . da determinarsi.
Lo sviluppo (2.1) dovrebbe possedere i seguenti requisiti:
Il calcolo del coefficiente n+1 non comporta la modifica dei precedenti.
Laggiunta di un nuovo termine dovrebbe migliorare lapprossimazione di u.
(2.1)
2-3
2. SPAZI DI FUNZIONI
Definizione 2.3 ((Semi)norme in uno spazio funzionale) Una (semi)norma k k per lo spazio funzionale V `e unapplicazione definita in V a valori reali
non negativi che soddifsfa le seguenti propriet`
a:
(M1 ) Per ogni u, v 2 V
(M2 ) Per ogni u 2 V e
ku + vk kuk + kvk.
2C
k uk = | | kuk.
In particolare (M2 ) implica che la (semi)norma della funzione nulla `e 0. Chiameremo trascurabili le funzioni u 2 V tali che kuk = 0. k k `e una norma se lunica
funzione trascurabile `e lquella nulla, cio`e
(M3 ) kuk = 0
u = 0.
vk.
Norme e seminorme.
Come appare chiaro dalla precedente definizione, lunica differenza tra norme e seminorme consiste nella propriet`
a M3 : questa propriet`
a risulta poi
fondamentale per garantire lunicit`
a del limite, secondo la successiva definizione 2.4, e costituisce per questo il punto di vista privilegiato nelle usuali trattazioni di analisi funzionale.
Daltra parte gli esempi pi`
u importanti di seminorme di tipo integrale (cf. (2.9)) non verificano la M3 , a meno di non ricorrere al linguaggio delle classi di equivalenza. Noi useremo
ambedue i concetti e talvolta, per non appesantire lesposizione, parleremo di norme, spazi
di Banach o di Hilbert anche quando si abbia a che fare in realt`
a solo con una seminorma.
Approfondimento
Propriet`
a della distanza.
Una (semi)distanza d(, ) in uno spazio funzionale V `
e una
applicazione reale definita in V V caratterizzata dalle seguenti propriet`
a: (qui di seguito
u, v, w, h sono arbitrari elementi di V )
( 1 ) Positivit`
a: d(u, v) 2 [0, +1).
d( u, v) = | |d(u, v)
2 C.
( 6 ) Se poi d `
e eettivamente una distanza allora due funzioni indistinguibili sono uguali,
cio`
e
u = v , d(u, v) = 0.
2-4
2. SPAZI DI FUNZIONI
n"+1
uk = 0.
n"+1
un
converge in V a S se
n=1
lim kS
N "+1
N
X
n=1
un k = 0.
Esercizio
n"+1
Attenzione!
Unicit`
a del limite.
Il limite di una successione in uno spazio funzionale V `
e unico se e
solo se lo spazio `
e dotato di una norma; nel caso di una seminorma, se la successione un
con ku
uk = 0. Infatti,
converge a u, essa converge anche a tutte le funzioni u
= lim kun u + u uk
lim kun uk + ku uk
lim kun uk
= 0.
n"+1
n"+1
n"+1
N
X
n=1
un "
8N
(").
N
(2.2)
Completezza
Definizione 2.5 (Serie di Cauchy) Una successione un in V forma una serie di
=N
(") tale
Cauchy se, fissata una tolleranza " > 0 `e possibile trovare un intero N
che i contributi alla serie formati con un numero arbitrario di addendi successivi a
sono comunque inferiori a "; in formule:
N
8" > 0
(") 2 N : 8 N
9N
" ,
N
N
X
n=M
un ".
(2.3)
n=1
(2.4)
2-5
2. SPAZI DI FUNZIONI
Richiami
n=1
n=N +1
lim
N "+1
Dimostrazione
N "+1
+1
X
an = 0
n=N
n=1
kun k < +1
=N
(") tale che
e si fissa " > 0, allora esiste N
+1
X
kun k ".
n=N
n=M
Nota
un
N
X
n=M
kun k
+1
X
n=N
si ha
N
kun k ".
Dimostrazione
n=1
un
kSk k
+1
X
Sk :=
si ha
k
n=N
kSk k "k = 2
1.
Evidentemente
+1
X
k=1
< +1
sicch
e
k=1
9 S :=
+1
X
Sk .
k=0
` facile vedere che pure la serie iniziale converge a S: fissato infatti " > 0 e scelto k in
E
k
modo che "k < "/2, si ha per N
N
S
N
X
n=0
un S
Nk
X
n=0
un +
N
X
k
n=N
un 2"k ".
2-6
2. SPAZI DI FUNZIONI
che prenderemo dunque come definizione di distanza integrale tra le due funzioni.
Non `e difficile controllare che tale distanza soddisfa le propriet`
a ( 1 , . . . , 5 ) e che
Z
|u(x)| dx
kuk := d(u, 0) =
E
si comporta come una (semi)norma. Poiche vogliamo evitare il caso kuk = +1, `e
naturale restringere lo spazio F(E) al sottospazio delle funzioni integrabili. Questo
nuovo spazio `e cos` importante, che lo introduciamo con la definizione che segue.
Definizione 2.9 Se E `e un insieme di Rd con misura positiva, indichiamo con
L 1 (E) il sottospazio di F(E) formato dalle funzioni u che sono integrabili, cio`e
Z
u 2 L 1 (E) , u 2 F(E),
|u(x)| dx < +1.
E
Attenzione!
vkL 1 (E) = 0
u=v
q.o. in E.
Ecco perch`
e abbiamo chiamato seminorma la funzione k kL 1 (E) : essa non `
e in grado di
distinguere due funzioni, se esse coincidono q.o.
Convenzione.
In particolare, la nozione di valore puntuale di una funzione di L 1 (E) deve essere usata
con molta cautela: `
e chiaro che quando noi definiamo una funzione in E, assegnamo (e
quindi conosciamo) il suo valore in ogni punto di E. Ma quando la definizione o lesistenza
di una funzione f passa per qualche procedimento di limite in L1 (E) e vogliamo che il
nostro discorso sia indipendente dalla scelta arbitraria di un altro candidato limite u
che
coincide con u q.o. in E, non siamo pi`
u autorizzati a sfruttare il particolare valore di u in un
determinato punto, ma solo propriet`
a puntuali che sono invarianti rispetto al cambiamento
di u in un insieme di misura nulla.
2-7
2. SPAZI DI FUNZIONI
Supponiamo che una successione di funzioni positive un converga a u in L 1 (0, 1): ebbene,
possiamo ancora dire che u `
e positiva quasi ovunque nellintervallo (0, 1), ma non possiamo
dire che u(1/2)
0, in quanto il particolare valore di u in 1/2 non pu`
o essere identificato
dalla convergenza integrale.
Esempio
n=1
P+1
1
allora la serie
n=1 un (x) converge puntualmente q.o. ed in L (E) ad una
funzione S integrabile in E:
lim
N "+1
N
X
un (x) = S(x)
q.o. in E,
con
n=0
lim
N "+1
|S(x)
N
X
un (x)| dx = 0.
n=0
(2.5)
Dimostrazione
un (x) dx
A
u(x) dx =
A
Z
un (x)
A
Approfondimento
u(x) dx
A
Z
u(x)) dx
un (x) u(x)) dx = kun
un (x)
ukL 1 (E)
n"+1
per q.o. x 2 E.
Cosa si pu`
o dire della convergenza di un in L 1 (E)?
Occorre innanzitutto controllare che un , u appartengano a L 1 (E), altrimenti non ha
senso parlare di convergenza in L 1 (E).
In caso aermativo, lunico (a meno di insiemi trascurabili...) limite possibile per la
successione un in L 1 (E) `
e la funzione u (anche se `
e intuitivo, si tratta di un Teorema
di non banale dimostrazione!)
Per controllare che la convergenza sia anche in L 1 (E) vi sono sostanzialmente tre
possibilit`
a:
1. applicare direttamente la definizione e stimare in modo opportuno (per es. calcolandoli esplicitamente...) gli integrali
Z
|un (x) u(x)| dx ed il relativo limite per n " +1;
E
2-8
2. SPAZI DI FUNZIONI
Richiami
n=1
P +1
n=1
Attenzione!
2-9
2. SPAZI DI FUNZIONI
Dunque sulle funzioni regolari a tratti la norma L 1 coincide con la norma (del
sup) di B(a, b); in particolare si verifica che se {un }n2N `e una successione di
funzioni regolari a tratti, essa converge in L 1 (a, b) se e solo se essa converge
uniformemente ad una funzione u limitata in [a, b]. Ogni funzione u
quasi ovunque
uguale ad u `e allora il limite della successione in L 1 (a, b).
Lemma 2.16 Se u 2 L 1 (E) e v 2 L 1 (E), allora il prodotto uv `e integrabile e
Z
kuvkL 1 (E) =
|u(x)v(x)| dx kukL 1 (E) kvkL 1 (E) .
E
n"+1
(2.8)
|ab|
1
(|a|2 + |b|2
2
2|ab|) =
1
(|a|
2
|b|)2
0,
8 a, b 2 C.
1
|u(x) v(x)| dx
|u(x)|2 dx +
|v(x)|2 dx < +1.
2 E
E
E
(2.9)
|u(x)|2 dx,
(2.10)
(2.11)
L 2 (E)
:=
2-10
2. SPAZI DI FUNZIONI
(2.12)
(2.13)
positivit`
a
(u, u) 0 u = 0 ) (u, u) = 0.
(2.14)
p
Si verifica che la funzione u 7! (u, u) `e una (semi)norma su V , che si chiama
(semi)norma indotta dal prodotto scalare.
Chiameremo trascurabile un elemento u tale che kuk = (u, u) = 0.
(u, u) = 0
u = 0,
(2.15)
Nota
Se (, ) `
e un prodotto scalare complesso, si verifica facilmente (Esercizio!) che Re(, ) `
e un
prodotto scalare reale.
| | = 1,
0:
u = v
Dimostrazione
|(un , vn )
|(un , vn )
(u, vn ) + (u, vn )
(u, vn )| + |(u, vn )
(u, v)|
u, vn )| + |(u, vn
kun
v)|
vk
Passando al limite per n " +1 e osservando che la norma di vn si mantiene limitata (di
fatto converge alla norma di v) si conclude.
2-11
2. SPAZI DI FUNZIONI
Corollario 2.22 Se u, v 2 L 2 (E) allora
sZ
sZ
Z
|u(x) v(x)| dx
|u(x)|2 dx
|v(x)|2 dx = kukL 2 (E) kvkL 2 (E)
E
Inoltre, se {un }n2N , {vn }n2N sono due successioni convergenti rispettivamente a u, v
in L 2 (E) si ha
Z
Z
lim
un (x) vn (x) dx =
u(x) v(x) dx.
n"+1
n=1
n=1
P+1
2
allora la serie
n=1 un (x) converge puntualmente q.o. ed in L (E) ad una
funzione S integrabile in E:
lim
N "+1
N
X
un (x) = S(x)
q.o. in E,
con
n=1
lim
N "+1
N
X
S(x)
un (x) dx = 0.
n=1
(2.17)
S(x)
:=
+1
X
n=1
per q.o. x 2 E;
questultima disuguaglianza `
e certamente verificata se
Z
2
|S(x)|
dx < +1.
E
posto
SN (x) :=
N
X
n=1
|un (x)|
2 (x)) `
evidentemente SN (x) (e quindi anche SN
e una successione non negativa e monotona
non decrescente rispetto a N ; per il teorema di Beppo Levi
Z
Z
2
|S(x)|
dx = lim
|SN (x)|2 dx.
N "+1
abbiamo concluso.
|SN (x)|2 dx
+1
X
n=1
kun kL 2 (E)
X
an
=
an
an =
am an ;
n=1
n=1
(2.18)
m,n=1
n=1
E m,n=1
N
X
m,n=1
m,n=1
N
X
n=1
kun kL 2 (E)
+1
X
n=1
kun kL 2 (E)
(2.19)
2-12
2. SPAZI DI FUNZIONI
Approfondimento
considerazioni analoghe a quelle precedentemente presentate per L 1 (E). Supponiamo dunque di sapere che una successione di funzioni complesse un definite in E converga q.o. a u.
Per poter concludere che vi `
e convergenza anche in L 2 (E)
Occorre innanzitutto controllare che un , u appartengano a L 2 (E).
In caso aermativo, lunico (a meno di insiemi trascurabili...) limite possibile per la
successione un in L 1 (E) `
e la funzione u
Si hanno quindi tre possibilit`
a:
1. applicare direttamente la definizione e stimare in modo opportuno (per es. calcolandoli esplicitamente...) gli integrali
Z
|un (x) u(x)|2 dx ed il relativo limite per n " +1;
E
Concludiamo con un risultato che illustra la relazione tra gli spazi fin qui introdotti
nel caso che la misura |E| di E sia finita.
Proposizione 2.24 Supponiamo che |E| < +1; allora
L 1 (E) L 2 (E) L 1 (E);
inoltre
e
u 2 L 1 (E)
kukL 2 (E)
u 2 L 1 (E)
kukL 1 (E)
(2.20)
p
|E| kukL 1 (E)
p
|E| kukL 2 (E) .
un ! u in L 2 (E)
un ! u in L 1 (E).
3. Spazi di Hilbert
Wir m
ussen wissen. Wir werden wissen.
(Noi abbiamo il dovere di conoscere.
Alla fine conosceremo.)
David Hilbert (1862-1943)
N
!
k=1
uk ek ! = d(u,
N
!
uk ek ).
k=1
3-2
3. SPAZI DI HILBERT
Abbiamo gi`
a ricordato nella lezione precedente la definizione di prodotto scalare:
ora richiamiamo alcune formule che ci saranno utili; prima per`
o introduciamo la
nozione fondamentale di ortogonalit`
a.
Definizione 3.3 (Vettori e sistemi ortogonali) Diciamo che due vettori
u, v V sono ortogonali se (u, v) = 0. Analogamente, un insieme (finito o
infinito) di vettori {en }N
n=1 forma un sistema ortogonale se
(en , en ) > 0;
n "= m
(en , em ) = 0.
(3.1)
{en }N
e un
n=1 si dice inoltre ortonormale se oltre alla (3.1) ogni elemento en `
versore, cio`e $en $ = (en , en ) = 1.
Se un vettore u `
e ortogonale a ciascun elemento di un insieme {en }N
e ortogonale
n=1 , allora `
!N
v
e
.
n=1 n n
Nota
Lemma 3.4 (Distanza tra due vettori) Per ogni u, v V la distanza d(u, v)
si pu`
o esprimere per mezzo del prodotto scalare attraverso la formula
d(u, v)2 = $u v$2 = $u$2 + $v$2 2 Re(u, v).
In particolare, se u `e ortogonale a v si ha la formula (di Pitagora)
d(u, v)2 = $u v$2 = $u$2 + $v$2 .
Consideriamo ora la situazione un po pi`
u generale della combinazione lineare di N
vettori.
Lemma 3.5 Per ogni scelta di N vettori v 1 , v 2 , . . . , v N in V si ha
N
"
$v 1 + v 2 + . . . + v N $2 = $
n=1
v n $2 =
N
"
(v m , v n ).
(3.2)
m,n=1
Se poi il sistema {v n }N
e ortogonale allora la precedente espressione si semplifica
n=1 `
$v 1 + v 2 + . . . + v N $2 = $v 1 $2 + $v 2 $2 + . . . + $v N $2 =
N
"
n=1
$v n $2 .
(3.3)
N
"
u
n en ;
(3.4)
n=1
si pu`
o intuire che sia ortogonale a tutti i vettori generati dagli en . Noi mostreremo che se i vettori {en }N
n=1 sono linearmente indipendenti, questa condizione
N e che effettivamente questi
di ortogonalit`
a `e sufficiente per determinare u
1 , . . . , u
coefficienti risolvono il problema 3.1.
Richiami
n=1
vn en = 0
3-3
3. SPAZI DI HILBERT
`
e possibile solo se i coefficienti vn sono identicamente nulli. Quando si lavora con una
seminorma, `
e utile talvolta richiedere la propriet`
a pi`
u forte
N
!"
!
!
!
vn en ! = 0
!
n=1
vn = 0,
n = 1, . . . , N.
(3.5)
N
"
u
n en , em ) = 0
m = 1, 2, . . . , N.
n=1
(3.6)
I coefficienti u
1 , . . . , u
N possono essere calcolati risolvendo un sistema lineare, come
indicato nel punto seguente.
Approfondimento
Il sistema lineare.
Per scrivere il sistema lineare che permette di calcolare i coefficienti
N , basta sviluppare la condizione (3.6):
u
1 , . . . , u
#
N
"
n=1
N
$ #
$ "
#
$
u
n en , em = u, em
u
n en , em = 0
n=1
e quindi
N
"
(en , em )
un = (u, em ),
n=1
m = 1, 2, . . . , N.
(3.7)
Essendo (en , em ), (u, em ) dati conosciuti, abbiamo quindi N equazioni lineari nelle incognite (complesse) u
1 , . . . , u
N . Introduciamo la matrice hermitiana N N a coefficienti
complessi
E := {em,n }N
em,n := (en , em ), en,m = em,n
m,n=1 ,
e i vettori colonna complessi in CN
:= {
u
u1 , u
2 , . . . , u
N },
(3.8)
, u sono reali.
Osserviamo che nel caso reale, la matrice E `
e simmetrica, i vettori u
Dimostrazione
Naturalmente rimane da dimostrare che il sistema (3.8) `e effettivamente risolubile, cio`e che
la matrice E `
e invertibile. Noi mostriamo una propriet`
a pi`
u interessante: la matrice E `
e
definita positiva. Ci`
o significa che per ogni vettore colonna non nullo v CN si ha
vT E v > 0.
(3.9)
E v '= 0.
vT E v = "v1 e1 + v2 e2 + . . . + vN eN "2
(3.10)
N
"
N
"
(vm em , vn en ) =
m,n=1
m,n=1
vm vn (em , en ) =
N
"
vm vn (em , en )
m,n=1
N
"
n=1
vn
N
% "
m=1
&
em,n vn = vT E v.
3-4
3. SPAZI DI HILBERT
N
!
n=1
un en "2 = "u
"u
Dimostrazione
N
!
n=1
N
!
n=1
u
n en "2 + "
N
!
n=1
(un u
n )en "2
u
n en "2 = ""2 .
(3.11)
N
!
n=1
un en !2 = !(u
N
!
u
n en ) +
n=1
N
!
n=1
(un u
n )en !2 = ! +
N
!
n=1
(un u
n )en !2 .
Poich
e `
e ortogonale a ciascun en , esso `
e ortogonale anche alla combinazione linerare
"
N
n )en . Applicando la formula di Pitagora si conclude.
n=1 (un u
N
!
u
n en
n=1
(3.12)
e pu`
o essere calcolata risolvendo il sistema lineare (3.7). Vale poi la relazione
N
N
N
%2 % %2 % !
%2
$2 %
# !
!
%
% %
%
%
%
d u,
u
n en = %u
u
n en % = %u% %
u
n en % .
n=1
Dimostrazione
n=1
(3.13)
n=1
Lunica propriet`
a che ci resta da dimostrare `e la (3.13). Basta decomporre u nella somma
u = u
N
!
n=1
u
n en +
N
!
n=1
u
n en = +
N
!
u
n en
n=1
3-5
3. SPAZI DI HILBERT
(u, en )
!en !2
(3.14)
n=1
(3.15)
n=1
N
N
N
$2 $ $2 "
! "
#2 $
"
$
$
$ $
d u,
u
n en = $u
u
n en $ = $u$
|
un |2 . (3.16)
n=1
Dimostrazione
n=1
n=1
m = 1, 2, . . . , N,
Minimi quadrati.
Supponiamo di essere interessati a rappresentare i risultati di un
certo esperimento u tramite una combinazione lineare di funzioni di forma assegnate
1 , 2 , . . . , N ; possiamo pensare u e n definite su un certo insieme E e di conoscere i
risultati dellesperimento in un numero finito di punti {x1 , x2 , . . . , xJ } di E, cio`
e di conoscere
i valori uj := u(xj ), j = 1, . . . , J; vorremmo determinare i coefficienti u
1 , . . . , u
N in modo
%
da rappresentare u mediante la combinazione lineare N
u
.
In
pratica
succede
che gli
n
n
n=1
esperimenti x1 , x2 , . . . , xJ sono molti di pi`
u delle funzioni di forma e se volessimo scrivere
un sistema lineare
N
"
uj =
u
n n (xj ), j = 1, 2, . . . , J
n=1
j=1
N
&2
&
"
&
&
j2 &uj
u
n n (xj )&
(3.17)
n=1
Stiamo dunque risolvendo il problema di migliore approssimazione 3.1 nello spazio F(E)
rispetto alla seminorma
J
"
!v!2 :=
j2 |v(xj )|2
j=1
%
Infatti quando si sceglie v := u N
n n si ottiene proprio lespressione (3.17) da
n=1 u
minimizzare rispetto alla scelta dei coefficienti u
n .
` facile vedere che la seminorma introdotta discende dal prodotto scalare reale
E
(v, w) :=
J
"
j=1
j2 v(xj )w(xj ),
3-6
3. SPAZI DI HILBERT
dove la matrice reale simmetrica e definita positiva E = {em,n }N
e definita da
m,n=1 `
em,n := (n , m ) =
J
!
j2 n (xj )m (xj )
j=1
J
!
j2 u(xj )n (xj ).
j=1
n=1
n=1
Dimostrazione
(u, en )
.
"en "2
(3.18)
+
!
un
in V
n=1
(u, v) = (
+
!
un , v) =
n=1
+
!
(un , v).
(3.19)
n=1
In particolare
(u, em ) =
+
!
(
un en , em ) = u
m (em , em ).
n=1
u
n en
converge in V ;
n=1
3-7
3. SPAZI DI HILBERT
+
"
n=1
(3.20)
!un !2 .
Si sfruttano la continuit`
a della norma la (3.3)
!u!2 = ! lim
N +
N
"
n=1
un !2 =
lim !
N +
N
"
n=1
un !2 =
lim
N +
N
"
n=1
!un !2 =
+
"
n=1
!un !2 .
La
(3.20) fornisce una condizione necessaria perche una serie di vettori ortogonali
!+
e che
n=1 un converga in V , cio`
+
"
n=1
!un !2 < +.
(3.21)
n=1
|
un |2 !en !2 !u!2 < +.
Basta passare al limite per N + in (3.15); lultima osservazione segue dalla formula
(3.20).
+
"
un converge in V
n=1
+
"
n=1
|un |2 < +.
La necessit`
a della condizione
+
"
n=1
|vn |2 < +
dotato di
3-8
3. SPAZI DI HILBERT
Per la sufficienza, basta controllare che la successione delle somme parziali
sN :=
N
!
fn en
n=1
`
e una successione di Cauchy. Fissato > 0, poich`e la serie
+
!
n=1
in modo che
`
e possibile trovare N
|fn |2
+
!
n=N
N < M allora
Dico che se N
"sN sM " ;
converge
|fn |2 2 .
ci`
o mostra appunto che sN `
e di Cauchy.
M
!
fn en ;
n=N +1
"sN sM "2 =
n=N +1
|fn |2
+
!
n=N
|fn |2 2 .
Corollario 3.17 Se u
n sono i coefficienti di Fourier di u rispetto al sistema ortogonale {en }
n=1 nello spazio di Hilbert V , la serie di Fourier
+
!
u
n en
`e convergente e
n=1
!u
+
!
n=1
u
n en !2 = !u!2
+
!
n=1
|
un |2 !en !2 .
n N
!u! = 0.
n=1
dove u
n sono i coefficienti di Fourier di u dati dalla (3.18).
Dimostrazione
Sappiamo gi`
a che la serie di Fourier converge; basta mostrare che la differenza
:= u
Osserviamo che
(, em ) = (u, em )
+
!
u
n en
`
e trascurabile.
n=1
+
!
n=1
u
n (en , em ) = (u, em ) u
m "em "2 = 0.
3-9
3. SPAZI DI HILBERT
Proposizione 3.20 (Calcolo del prodotto scalare) Nelle ipotesi del Teorema
precedente, se {
un , vn }+
n=1 sono i coefficienti di Fourier di due vettori u, v rispettivamente, si ha
+
!
u
n vn
(3.22)
(u, v) =
n=1
Proposizione 3.21 (Stima dellerrore) Nelle ipotesi del teorema precedente, lerrore tra u e la somma dei primi N termini della serie di Fourier si pu`
o stimare nel
modo seguente:
N
+
!
!
!u
u
n en !2 =
|
un |2 !en !2 .
(3.23)
n=1
n=N +1