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a cura di
Gianfranco Macr
Marco Parisi
Valerio Tozzi
Plectica
Indice
Saluto introduttivo
di Pierluigi Consorti
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Marco Parisi
Gianfranco Macr
presentano il volume
G. Macr, M. Parisi, V. Tozzi, Diritto e religione, Plectica, Salerno, 2011
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Luciano Musselli
presenta il volume L. Musselli, Diritto e religione in Italia ed in Europa,
Giappichelli, Torino, 2011
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Mario Ricca
presenta il volume M. Ricca, Diritto e religione. Per una pistemica
giuridica, Cedam, Padova, 2002
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Pierluigi Consorti
presenta il volume P. Consorti, Diritto e religione, Laterza, RomaBari, 2010
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Parte seconda
Commenti sulle opere considerate
Rinaldo Bertolino
G. Macr, M. Parisi, V. Tozzi, Diritto e religione, Plectica, Salerno, 2011
143
151
Paolo Picozza
M. Ricca, Diritto e religione. Per una pistemica giuridica, Cedam,
Padova, 2002
163
Enrico Vitali
P. Consorti, Diritto e religione, Laterza, Roma-Bari, 2010
Parte terza
Contributi dal seminario
Chiara Lapi, Cronaca del seminario
Maria Gabriella Belgiorno De Stefano, Il Diritto ecclesiastico
pu sopravvivere
Fabiano Di Prima, La proficua irrequietezza del Diritto ecclesiastico.
Primi cenni
Alberto Fabbri, Alcune osservazioni sugli orientamenti del Diritto
ecclesiastico nellUniversit riformata
Mario Ferrante, Le nuove frontiere del Diritto ecclesiastico
Giuseppe Gullo, A proposito di una nuova definizione del Diritto ecclesiastico
Manlio Miele, Brevi note esperienziali didattiche
Giuseppe Rivetti, Diritto ecclesiastico: il futuro dipende dalle origini
Marta Tigano, Il contributo della scienza del Diritto ecclesiastico
al farsi dellordinamento giuridico
Giovanni B. Varnier, Dal Diritto ecclesiastico dello Stato al Diritto
e religione
Parte quarta
Altri contributi
Giancarlo Anello, Categorie ermeneutiche dei diritti religiosi e libert
di culto
Pasquale Annicchino e Gabriele Fattori, Diritto ecclesiastico e canonico
tra vecchio e nuovo multiculturalismo
Luigi Barbieri, Il business ethics nellEnciclica Caritas in veritate
di Benedetto XVI
Germana Carobene, Laicit e libert religiosa: prospettive dellattuale
diritto delle religioni
Cristina Dalla Villa, Il diritto delle religioni nella Corte dei gentili
Maria Luisa Lo Giacco, Associazionismo confessionale e dialogo
interreligioso
Grazia Petrulli, Diritto e secolarizzazione
Paolo Stefan, Kafalah islamica e uguaglianza religiosa: laicit
e societ multiculturale
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Autori 449
Saluto introduttivo
Saluto introduttivo
di Pierluigi Consorti
Pierluigi Consorti
nuto lattivit organizzativa, si accollato la responsabilit, non facile, di curare i momenti partecipativi del pomeriggio: sui quali so esserci un po di suspense, che verr sciolta al termine della mattinata.
Ringrazio anche la Facolt di giurisprudenza e il Dipartimento di
diritto pubblico dellUniversit di Pisa, che hanno sostenuto a loro volta questa iniziativa. Menziono entrambi i soggetti che tradizionalmente
appaiono centrali nella vita universitaria, ben sapendo che possibile
farlo solo perch oggi il 30 marzo: se avessimo scelto una data di
poco successiva non avremmo avuto lopportunit di riferirci alla Facolt, com noto dissoltasi a seguito della cosiddetta riforma Gelmini,
che, fra laltro, rinnega la divisione fra didattica e ricerca su cui si era
innestata la riforma degli anni Ottanta. Accenno alla riforma perch la
nostra discussione deve posizionarsi sullo sfondo dei cambiamenti pi
larghi che interessano lUniversit italiana, e con essa lintera societ.
La domanda sul futuro del diritto ecclesiastico credo debba essere
contestualizzata in tali scenari. Ad esempio, non possiamo nascondere che alcune scelte dipendono dalle mutate condizioni dei nostri
impegni didattici. Oramai la gran parte di noi insegna due, talvolta
tre e persino quattro materie. Di conseguenza, il tempo per la ricerca
si restringe drasticamente. Lintroduzione dei crediti formativi quali unit di misura della didattica si peraltro rivelata un perverso
misuratore del peso scientifico ed accademico di ciascuna materia.
Possiamo far finta di niente: ma non la stessa cosa se contiamo 6 o
9 crediti, o se i nostri insegnamenti sono obbligatori ovvero appaiono
fra gli opzionali. Non ne faccio ovviamente una questione di principio: ma sappiamo che il nostro futuro dipender anche dalle politiche di reclutamento, che si svolgono a colpi di budget e crediti, con
buona pace dellautonomia ed autorevolezza scientifica. Per parlare
chiaro, permettetemi di superare le parole di circostanza e dire a voce
alta ci che tutti diciamo nei corridoi: una parte del nostro futuro dipender anche dal numero dei docenti, dal ruolo che ricoprono e dai
crediti attribuiti ai nostri insegnamenti.
Al livello nazionale la situazione non uniforme. Disponiamo
tuttavia di un dato oggettivo di immediata evidenza, che pu tornare
utile per una valutazione in termini prospettici. Lorganico del nostro
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Saluto introduttivo
Pierluigi Consorti
Saluto introduttivo
Dovremmo anche porci un problema di metodo. Credo che il diritto ecclesiastico si ponga da sempre su un versante interdisciplinare, a
cavallo fra diritto, storia e perch no? teologia. Percorrendo questa via abbiamo avuto esperienze significative di scienza della politica e dellamministrazione pubblica. Con una spiccata attenzione alla
comparazione giuridica. Tutto questo favorisce lelasticit necessaria
per chi vuole fare ricerca in questa nostra epoca; linterdisciplinarit
necessaria specialmente guardando al futuro. Da questo punto di
vista penso che il contributo degli ecclesiasticisti vada valorizzato.
Nello stesso tempo siamo portatori di esperienze diverse: possiamo chiederci se sia opportuno proseguire sulla strada delle nostre
distinte originalit individuali, oppure se non sia meglio creare alleanze culturali pi larghe: sia al nostro interno che verso lesterno.
In termini minimalistici possiamo domandarci se siamo permeabili
alle esigenze della interdisciplinarit, oppure vogliamo mantenerci
in uno spazio di autoreferenzialit giuridica. Io credo sia necessario
ravvivare i contatti con la ricerca storica e con quella teologica, senza
dimenticare lantropologia e la sociologia.
Guardandoci poi pi da vicino, mi chiedo se sia utile proseguire
nella logica della differenziazione fra scuole dentro la nostra disciplina (posto che sia oggi ancora possibile e realistico parlare di scuole):
non sarebbe meglio tentare alleanze virtuali su temi e metodi che
segnalino allesterno una nostra specificit unitaria?
Nel passato certi equilibri culturali si determinavano in sede concorsuale. Ma non credo abbia molto senso oggi attribuire a future
abilitazioni nazionali, ed alle successive selezioni locali poste sotto
la dittatura del budget, il ruolo di scriminanti culturali. La questione
dei numeri torna a giocare un ruolo non marginale. Non credo abbia
senso ragionare in termini di difesa della cittadella assediata (che poi
sarebbe IUS 11). Piuttosto ragioniamo in termini di contaminazione
culturale.
4. Non credo che siamo arrivati per caso al punto in cui ci troviamo.
Abbiamo seguito un percorso determinato da molti fattori esogeni.
Ma nessuno di noi stava esattamente altrove. E, sia consentito dirlo,
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Pierluigi Consorti
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Appartenenza e rappresentanza
Appartenenza e rappresentanza.
Lattenzione dellordinamento statale al rapporto
tra individui e soggetti collettivi religiosi di appartenenza
di Valerio Tozzi
1. Presentazione - 2. Le problematiche sottoposte agli studiosi - 3. Rappresentativit e rappresentanza degli interessi della popolazione - 4. Interessi
della popolazione e sistemi istituzionali di rilevazione - 5. Appartenenza a
collettivit organizzate e tutela degli interessi individuali o minoritari - 6.
Responsabilit degli studiosi nella societ democratica
1. Chi scrive ha vissuto lesperienza di molti anni di studi della disciplina del fenomeno religioso, istituzionalmente denominata Diritto
ecclesiastico, attraversando diverse fasi non solo di politica legislativa ed amministrativa riguardante questa materia, ma anche diverse
fasi degli studi, legate principalmente allepoca di formazione delle
generazioni di studiosi che si sono avvicendati nel tempo.
La fase che per convenzione espositiva datiamo con lavvento
del nuovo millennio stata caratterizzata dal consolidarsi di alcuni
processi epocali, quali la progressiva formazione di istituzioni di
governo dellodierna Unione europea, con la relativa messa in comune di porzioni di sovranit da parte degli Stati membri e il fenomeno
dellimmigrazione verso la pi florida economia europea di molti
esponenti di popolazioni provenienti da Paesi vicini, sia mediterranei che continentali. Lattuale crisi delle economie occidentali, poi,
apre ulteriori nuovi scenari che non mancano di incidere anche nel
nostro settore di studi, apparentemente lontano dalleconomia, ma la
cui decifrazione tutta da affidare alle nuove generazioni.
I primi due fenomeni hanno ormai definitivamente modificato il
quadro di riferimento degli studi sulla disciplina giuridica del fenomeno religioso, rendendo ancora pi obsoleto il metodo e limposta13
Valerio Tozzi
Appartenenza e rappresentanza
Valerio Tozzi
2011 nella prestigiosa collana di Studi di Diritto Canonico ed Ecclesiastico, diretta da Rinaldo Bertolino.
2. La societ italiana molto cambiata dallirripetibile periodo postbellico, nel quale una generazione di cittadini provati dagli eventi,
ma molto motivati a ricostruire il Paese e leconomia, desiderosa della pace e del bene, seppe darci quella Costituzione della Repubblica,
che ha garantito sviluppo e prosperit.
Linevitabile articolazione delle visioni politiche, nel tempo, ha
prodotto diversi orientamenti di politica di Governo (centro-destra,
centro sinistra, sostegno esterno del partito comunista al governo di
centro sinistra e via cos) ma, anche nella fase di larghissima dominanza di un unico partito, sia pure con una forte impronta di parte e
non senza vistosi limiti, specie in materia di diritti civili, si sostenne
un processo di grande ampliamento del benessere generale e si posero i prodromi di una politica sociale orientata allobbiettivo (non
raggiunto, ma almeno tentato) della riduzione delle disuguaglianze.
I diritti civili sono lo specchio dellorientamento di una societ;
essi si sviluppano se vi un indirizzo ugualitario e democratico, sono
invece compressi, quando dominano oligarchie egoistiche e poco attente al bene comune. Il tema dei diritti civili si impose con molto
dinamismo negli anni settanta del millenovecento, in corrispondenza
dellallargamento a sinistra del quadro politico di governo, anche col
contributo di quella parte politica gi egemone, marcatamente orientata in senso ideologico religioso, ma che, appunto, per necessit politica, riusc ad accettare un catalogo di leggi permissive non rispondenti solamente alla propria visione di parte e tuttavia reclamate da
una larga fascia di popolazione italiana. Disgraziatamente, negli anni
successivi, questa progressione virtuosa si interrotta.
Alcune riforme, dagli anni ottanta del novecento, reclamizzate
come epocali, si rivelarono molto pi modeste delle aspettative
e prive di contenuti effettivamente riformistici; piuttosto, solo parzialmente adeguatrici delle leggi gi vigenti ad alcuni cambiamenti
ormai intervenuti e consolidati nella societ. In parte significativa
quelle riforme furono espressione di un nuovo dirigismo politico ca16
Appartenenza e rappresentanza
ratterizzato dalla demagogica professione di una nuova, ma inesistente laicit e costituita da accordi di vertice fra lobbies religiose e
autorit del Governo centrale.
Al presente si manifesta una fase di riflusso ideologico, nel quale
si cerca di rimettere in discussione alcune riforme degli anni settanta
e si cerca di imporre, con leggi costrittive1, la visione conservatrice
di una sola parte ideale, ignorando e colpevolizzando ogni altra visione ed ogni dissenso.
Questo fenomeno ha riguardato anche il campo religioso e specificamente il rapporto fra la religione come fenomeno sociale e la
religiosit come comportamento delluomo, individuale e collettivo.
Levoluzione o il pi solido radicamento del fenomeno democratico, come cultura e idealit, ha mutato i comportamenti umani
anche in campo religioso, ma meno sono mutati i comportamenti
delle strutture organizzative delle fedi religiose ed in particolare, qui
in Italia, quello della Chiesa cattolica. Ancor meno, poi, le istituzioni pubbliche hanno saputo adeguare alla democrazia lapparato
istituzionale di disciplina di questi fenomeni, sviluppando proprio il
fenomeno filo-lobbistico di cui si fatto cenno critico.
Tale a mio avviso la natura dellaccordo di revisione concordataria del 1984 e la politica ad esso connessa della c.d. stagione delle intese con le confessioni religiose diverse dalla cattolica. Stagione
che ha avocato ogni disciplina del fenomeno religioso alla trattativa
V. Tozzi, Discipline giuridiche che generano conflitto di coscienza e soluzioni
legislative, in G. Macr, M. Parisi, V. Tozzi, Diritto civile delle religioni, capitolo
III, Laterza, Roma-Bari, in via di pubblicazione. Ho qui analizzato levoluzione e
involuzione successiva, delle risposte del legislatore al superamento del monismo
culturale cattolico del Paese e al manifestarsi del pluralismo ideologico e culturale.
La prima risposta fu il riconoscimento, come eccezione alla regola, dellobiezione di
coscienza. La successiva svalutazione dellistituto ha portato alla produzione delle
c.d. leggi permissive (divorzio, interruzione della gravidanza), che accoglievano
le istanze di una parte della cultura nazionale, ma salvaguardando il dissenso con
la libert di non avvalersi dei diritti garantiti e con lobiezione di coscienza per non
essere coinvolti in attivit non condivise. Le leggi costrittive, invece, pretendono di
imporre la visione partigiana di gruppi intransigenti, criminalizzando chi non condivida quel pensiero.
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Valerio Tozzi
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Appartenenza e rappresentanza
Chi, come noi, ritiene che la scienza che studia il diritto civile che
regola i fenomeni religiosi abbia un ruolo per influire positivamente
per la correzione di questi gravi problemi perci chiamato a discutere i temi che solleviamo4.
3. pacifico che in una societ democratica lordinamento giuridico
ha funzione di regolatore dei rapporti sociali, funzione da svolgersi
nellalveo dei valori condivisi da tutte le parti sociali, che hanno dato
luogo alla creazione della Costituzione e dei principi da questultima
enunciati per lattuazione dei valori condivisi. Fra questi acquisito
che le istituzioni pubbliche sono un servizio alla societ e che il catalogo dei diritti sanciti sono funzione della promozione delluomo, come
individuo e nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalit.
Questo quadro valoriale si regge sulla condivisione di tutti i consociati del senso di appartenenza alla comunit, nazionale o sovranazionale, come ambito di convivenza (la casa di tutti di A.C. Jemolo).
il principio democratico del consenso, che diverso dallimposizione autoritaria del volere dei forti. Senso di appartenenza che
della amministrazione partecipata. Questo fenomeno genera la prevalenza degli
interessi forti, non fa capire pi chi rappresenta il bene comune nelle grandi
decisioni, n chi risponde delle scelte fatte di fronte al popolo sovrano. Ma se da
una parte si sviluppa un pericoloso anti-statalismo, dallaltra si liberano forze di base
positive, offrendo anche possibilit alle nuove generazioni. Cfr. V. Tozzi, Le attuali
prospettive del diritto ecclesiastico italiano, in Stato, Chiese e Pluralismo confessionale, rivista telematica, gennaio 2007, www.statoechiese.it.
4
R. Mazzola, Santi Romano e la scienza ecclesiasticistica, in La costruzione di
una scienza per la nuova Italia: dal diritto canonico al diritto ecclesiastico, a cura
di G.B. Varnier, EUM, Macerata, 2011, p. 214, afferma: Non si tratta di ripensare
il modello dei rapporti tra Stato e confessioni religiose riesumando o rielaborando la
dottrina il Romano. Essa ha fatto il suo tempo e ha esaurito la sua parabola storica.
Ci che la scienza ecclesiasticista, sotto il profilo metodologico, pu fare molto pi
semplice, anche se nel contempo assai pi difficile. Essa ha, infatti, il dovere di suggerire alle istituzioni e alla classe politica, come riuscire a dare efficacia, in termini
di buone pratiche e prassi amministrative, al principio di uguale libert religiosa, cos
come formulato dalla Costituzione, aiutando in tal modo il sistema italiano a raggiungere un pi maturo e ampio pluralismo e una pi convinta ed effettiva uguaglianza sostanziale fra gli attori religiosi operanti nellordinamento giuridico italiano.
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Valerio Tozzi
Appartenenza e rappresentanza
numerico o per capacit politica, riescono ad ottenere (dal potere politico?, dalle istituzioni?) spazi di tutela dei loro interessi e quindi
di quelli dei rispettivi consociati. Fenomeno a fronte del quale una
democrazia efficiente deve predisporre istituzioni e poteri capaci
di rispondere non in una logica contrattuale e di parte, me in una
prospettiva generale di rispetto della uguaglianza, del bene comune,
perch il diritto di libert religiosa appartiene ai beni comuni. La violazione della parit ed uguaglianza nella soddisfazione dei bisogni
da parte di chi governa determina la disaffezione verso le istituzioni,
lattenuazione o la crisi di quel senso di appartenenza alla comunit
(che il motore del funzionamento dello Stato).
Tutte le forme di organizzazione collettiva degli interessi operano
in base al principio di rappresentativit per cui gli organi del soggetto collettivo rappresentano in forma unitaria i bisogni della comunit organizzata; questa rappresentazione, normalmente, dovrebbe
costituire la sintesi del groviglio dei molteplici interessi individuali
esistenti nella comunit stessa. Tuttavia, anche questo processo, per
cos dire interno, costituisce un passaggio problematico, in quanto
determina lesigenza, per le autorit che devono vagliare le domande
dei soggetti collettivi, di valutare la rappresentativit delle organizzazioni che richiedono tutele, onde evitare il rischio di soddisfare
non linteresse collettivo dei consociati, ma quello distinto e potenzialmente egoistico delloligarchia che governa quel gruppo. Lordinamento giuridico, quanto pi sapr intercettare ed organizzare in
maniera equilibrata e ugualitaria il caleidoscopio composito di queste esigenze e domande, tanto pi avr correttamente assolto al suo
ruolo democratico di regolatore dei rapporti sociali.
Quelli che esercitano le funzioni di governo e le Assemblee legislative sono gli strumenti di realizzazione di questi obbiettivi.
4. Una delle modalit di attuazione di questo compito dei pubblici
poteri lattribuzione di rappresentativit legale degli interessi di
una parte della societ a determinate organizzazioni, ritenute rappresentative della maggioranza di quella categoria di interessi e perci
elevate al rango di interlocutori diretti dellautorit, attribuendo loro
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Valerio Tozzi
il monopolio (o loligopolio) della proposizione delle esigenze e della gestione della loro soddisfazione, garantita (e finanziata) dalle autorit pubbliche. Limite di questa modalit la rinuncia alla verifica
della rispondenza fra le esigenze effettive della popolazione e quelle
prospettate dallistituzione divenuta legalmente rappresentativa di
determinati interessi collettivi5.
Pi flessibile, invece, la rappresentativit degli interessi stabilita in maniera politica, cio legata ad un metodo di rilevazione, non
aprioristicamente stabilito per legge, ma affidato ad organi pubblici
responsabili politicamente, quanto pi direttamente prossimi a chi
deve essere rappresentato. Nelle societ non democratiche il problema della rappresentanza degli interessi risolto a monte, con la negazione di diritti individuali e il riconoscimento di libert solo se concesso dallalto, con lattribuzione ad agenzie controllate dei limitati
ambiti di libert riconosciute; ambiti che diventano fruibili dal singolo esclusivamente in quel rapporto di appartenenza che costituisce
una forma di tutela indiretta, ma anche una forma diretta di controllo
e di soggezione dellindividuo al gruppo (diritti riflessi).
Nello Stato liberale, certamente centralista e relativamente incline
a recepire i bisogni che non provenissero dalla classe borghese che
era al potere, nelle leggi comunali e provinciali, una qualche rappresentanza di alcuni interessi religiosi della base sociale era affidata alle
assemblee elettive locali (Province e Comuni), al fine di assicurare
leffettiva esercitabilit del culto cattolico alla popolazione. Ad esempio, in materia di manutenzione degli edifici parrocchiali.
Tracce di coinvolgimento diretto delle assemblee elettive locali si
rinvenivano ancora nella prima legislazione urbanistica italiana del
Ne esempio, nel diritto del lavoro, lattribuzione della rappresentanza degli
interessi dei lavoratori ai sindacati pi rappresentativi (legge n. 300 del 20 maggio
1970) che, nel settore del pubblico impiego (art. 25 della legge n. 93 del 29 marzo
1983), selezionava gli organismi rappresentativi dei dipendenti pubblici, allentando
la tensione interna dei dirigenti di questi organismi a raccogliere e organizzare i bisogni della base, con grave nocumento della fiducia dei rappresentati nei confronti
della organizzazione di appartenenza. G. Ghezzi, U. Romagnoli, Il diritto sindacale,
Zanichelli, Bologna, 1992; G. Giugni, Diritto sindacale, Cacucci, Bari, 1996.
5
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Appartenenza e rappresentanza
dopoguerra, a proposito delledilizia di culto, ove lo standard urbanistico delle attrezzature religiose era commisurato alla popolazione
insediata e le scelte pianificatorie erano affidate allAmministrazione
comunale che, per essere elettiva, doveva necessariamente prestare
attenzione alle istanze di base (anche se il modello veniva vanificato
dal dominio politico del partito di ispirazione cattolica)6.
La revisione concordataria del 1984, per, ha ulteriormente ristretto questi spazi, attribuendo una discutibilissima rappresentanza
degli interessi religiosi della popolazione in materia di edilizia religiosa allautorit ecclesiastica cattolica (art. 5 legge n. 121 del 1985),
laddove questultima rappresenta con certezza solo i propri interessi
di grande organizzazione religiosa, ma molto meno certamente quelli
della propria base sociale, come fu ampiamente dimostrato in occasione del referendum abrogativo della legge sul divorzio del 12
aprile 1974 7.
Si pu affermare che, dal fascismo in poi, la rappresentanza degli interessi religiosi della popolazione stata monopolizzata dalla
Chiesa cattolica e, dagli anni ottanta del 1900, dalle confessioni religiose diverse dalla cattolica, cui stato accordato il privilegio della
stipula dellintesa con lo Stato, ai sensi del 3 comma dellarticolo 8
della Costituzione.
Questa forma di rappresentanza legale degli interessi della base,
di dubbia costituzionalit, non conseguenza della previsione costituzionale della normazione contrattata, di cui agli articoli 7 e 8 della
Carta; questo monopolio (o oligopolio) conseguenza dei contenuti
dellaccordo di revisione del concordato lateranense e delle intese
che, invece di operare ladeguamento costituzionale della disciplina
di quei rapporti, confermarono ed ampliarono il metodo della tutela
della libert religiosa attraverso i diritti riflessi. In conseguenza, la rilevazione effettiva dei bisogni della gente in materia di interessi reliV. Tozzi, Gli edifici di culto nel sistema giuridico italiano, Edisud, Salerno, 1990.
Analoga previsione vi nellintesa con lUnione delle Comunit Ebraiche (legge n. 101 del 1989), ma, stante la consistenza numerica di detta comunit, non sembra sussistere analogo rischio.
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Valerio Tozzi
Appartenenza e rappresentanza
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Valerio Tozzi
Appartenenza e rappresentanza
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Valerio Tozzi
ferma che essa ha una funzione non legata al potere e al consenso, la cui esistenza
essenziale alla vita libera della polis. Sarebbe una deviazione, se lattivit intellettuale non tenesse fede a questa caratteristica,, anzi non ne facesse il suo vanto. Solo
cos c la sua utilit, la sua funzione civile. Chi ragiona diversamente, che idea ha
del rapporto politica-cultura?.
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Chi studia una data materia non pu esimersi dal ragionare sulla societ che di
quegli studi destinataria e dal valutare le esigenze, i bisogni che il contesto storicosociale produce sui fenomeni oggetto del suo esame. Contemporaneamente, non mi
sfugge la differenza dei compiti degli studiosi-docenti rispetto a quelli del potere
politico, legislativo e amministrativo; infine, sono convinto della pari legittimit di
tutte le opinioni. Tuttavia, ritengo che la nostra comunit nel suo insieme avrebbe
potuto e pu svolgere un ruolo pi incisivo di quello avuto fino ad oggi, rispetto ai
ritardi e alle omissioni nellattuazione del dettato costituzionale in materia religiosa. V. Tozzi, Le prospettive della dottrina e dello studio del regime giuridico della
religione, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, rivista telematica, dicembre
2011, www.statoechiese.it.
28
Parte prima
Presentazione degli autori
Diritto e religione
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Marco Parisi
Stati nazionali alle organizzazioni sovra-nazionali2, dallavvio di processi interni riformistici di forte impronta regionalistica3, dal manifestarsi di nuove esigenze legate al benessere della persona umana, dalla
proliferazione di una vasta gamma di istanze ideali e spirituali, dalluso strumentale e violento della religione per finalit di terrorismo4.
correnti globalizzanti hanno favorito laffermazione delle tesi sostenitrici delluniversalizzazione dei diritti umani, con la contestale tendenza allelaborazione di un
diritto comune a tutte le nazioni, mirante a salvaguardare la dignit umana e la realizzazione delle istanze fondamentali di libert della persona umana in quanto tale.
Cfr. P. Lillo, Globalizzazione del diritto e fenomeno religioso. Saggi di riflessione,
Giappichelli, Torino, 2002, pp. 161 ss.
2
Sia consentito il rinvio a M. Parisi, Cittadinanza europea, organizzazioni religiose e processi di integrazione giuridico-politica: realizzazioni e prospettive, in
Dir. fam. pers., 2010, 2, pp. 931 ss.
3
Sembrano esservi pochi dubbi rispetto alla realt di un avviato processo di riforma verso un regionalismo forte, tale da determinare un quadro in cui, restando fermo il carattere unitario dello Stato, i poteri regionali siano ritenuti essere (ed operino
come) non pi mere potest decentrate dello Stato stesso, ma come poteri latamente
originari, che ottengono la loro legittimazione (attraverso il circuito elettorale) dalle
comunit territoriali, del cui benessere sono responsabili. Alla base del nuovo assetto
dei poteri, regionali (ma anche locali, in genere) e statali, si rinviene il principio di
sussidiariet, che, nel riconoscere lassunzione delle decisioni per la soddisfazione
dei beni comuni in capo alle istituzioni pi prossime ai consociati, propone una prospettiva di riaffermazione della centralit della persona umana, favorendone il pieno
sviluppo nelle varie comunit territoriali di appartenenza. Cfr. R. Botta, Regionalismo forte e tutela del sentimento religioso dei cittadini, in Studi in onore di Gaetano
Catalano, tomo I, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1998, pp. 282-4.
4
Dopo l11 settembre, i controlli e le restrizioni introdotti per la lotta contro
il terrorismo hanno determinato concreti e notevoli limitazioni al godimento della
libert religiosa, sia a livello individuale che associativo. Per il timore che la pace
e la sicurezza, interne ai singoli Stati ma anche nei rapporti internazionali, venissero compromesse, si determinata una significativa ingerenza nella vita interna dei
gruppi religiosi e una variabile limitazione al diritto di manifestare e praticare liberamente le religioni. Il che ha causato, parallelamente, un ripensamento della laicit
dello Stato e della stessa libert religiosa. Per approfondimenti cfr. G. Dammacco,
Le politiche delle religioni e le esigenze della sicurezza, in Scritti in onore di Giovanni Barberini, a cura di A. Talamanca e M. Ventura, Giappichelli, Torino, 2009,
pp. 251 ss.; S. Ferrari, Libert religiosa e sicurezza nazionale in Europa dopo l11
settembre, in Quad. dir. pol. eccl., 2005, 1, pp. 161 ss.
32
Diritto e religione
33
Marco Parisi
apparati statali e nuovi strumenti di soddisfacimento delle esigenze socialmente rilevate) labbandono degli schemi pregressi (ancora
largamente presenti nella prassi politica e nellattitudine dottrinale),
secondo cui le aspettative di sacro della persona umana ottengono
rilievo e tutela da parte dei pubblici poteri (organi legislativi, istituzioni governative, amministrazione pubblica in genere) soprattutto per
mezzo della mediazione delle confessioni religiose, ovvero delle
strutture apicali di organizzazione degli interessi religiosi collettivi.
Questa modalit tradizionale di considerazione dei bisogni spirituali dei consociati appare essere censurabile, soprattutto nella
misura in cui si presenta tale da determinare una collocazione delle
esigenze individuali in posizione recessiva, determinando la possibile reviviscenza della logica dei diritti riflessi, per cui determinate
garanzie di libert dei singoli godrebbero di una mera tutela indiretta
e derivante dalla tutela gi accordata ai gruppi religiosi socialmente
consolidati (ritenuti essere mediatori delle necessit dei loro adepti)7.
A lungo si sono rappresentate come forme di soddisfazione della libert religiosa dei consociati, sia a livello individuale che collettivo,
7
Per buona parte del secolo scorso, nel nostro Paese, la libert religiosa del cittadino ha ricevuto tutela in forma indiretta, attraverso lo strumento dellappartenenza
confessionale, in relazione alla forza contrattuale della religione di riferimento. Il rilievo sociale della partecipazione formale ad un gruppo confessionale si presentava
di importanza tale da determinare la conseguenza negativa per cui il cittadino non
appartenente ad una confessione, e soprattutto ad una confessione riconosciuta, non
godeva, nella stessa misura degli appartenenti ad un culto stabilito, della pienezza
dei diritti della personalit relativi alla dimensione spirituale. Lassorbimento dei
diritti della persona nei diritti del fedele costituiva il portato della rivendicazione di
autonomia e di indipendenza della Chiesa rispetto allo Stato liberale, ma finiva per
costituire la condizione necessaria per il godimento effettivo delle garanzie legate
allesperienza religiosa dei consociati. Questa impostazione, purtroppo, ha ottenuto
per decenni una significativa credibilit nella speculazione dottrinale, grazie alla
coincidenza del dato sociologico della immedesimazione dei credenti nel contenuto
dogmatico e nella struttura di ben individuate organizzazioni confessionali, beneficiarie di rapporti stabili con il potere statale (ovviamente, la Chiesa cattolica, ma
anche le comunit ebraiche e le Chiese di matrice protestantica). Per ulteriori riferimenti sul punto cfr. N. Colaianni, Eguaglianza e diversit culturali e religiose. Un
percorso costituzionale, il Mulino, Bologna, 2006, pp. 105-10.
34
Diritto e religione
il regime di favore e linsieme dei benefici che le normative (unilaterali statali e bilateralmente convenute) hanno riconosciuto alle
organizzazioni confessionali dominanti.
Gli interventi delle pubbliche potest (sia di carattere legislativo
generale che di natura pi specificamente finanziaria) sono apparsi
solo di rado basati sul concreto riscontro della esistenza di interessi
diffusi, ma sono stati, approssimativamente, predisposti a vantaggio
di ben individuati gruppi religiosi, che si sono dimostrati in grado
di esercitare una decisa influenza sul potere politico. Tali organizzazioni, inoltre, sono state, dal punto di vista istituzionale, considerate
come rappresentanze legittime degli interessi ritenuti meritevoli di
soddisfacimento da parte dei pubblici poteri.
Come noto, le istanze in materia di bisogni spirituali rivolte alle
istituzioni civili presentano la caratteristica di provenire dalle organizzazioni di fede, o anche dalle singole persone. Generalmente, queste domande hanno un contenuto convergente negli aspetti di merito,
ma talora possono anche divergere nella individuazione di specifiche
esigenze avanzate dai singoli in conflitto con il gruppo di appartenenza (o viceversa). Pu essere legittimo ritenere che i gruppi fondati
su un insieme preciso di valori possano richiedere dai loro aderenti
il rispetto delle regole poste (e dai gruppi stessi fatte valere), ma
fondamentale porre in evidenza che i singoli aderiscono alle organizzazioni fideistiche e alle loro norme in forma flessibile e relativa,
reclamando dai pubblici poteri la libert di professare la propria fede
e di vivere la dimensione partecipativa alla vita dei gruppi religiosi
con modalit personalizzate, liberi di cambiare appartenenza confessionale, credenza ed opinione (il c.d. ius poenitendi)8. Spetta ai
Va ricordato che in virt della centralit ordinamentale del principio di laicit
dello Stato, si promuove il riconoscimento della diversit ideale dei gruppi spirituali,
senza che possa realizzarsi una negazione dei diritti individuali dei loro adepti. La
laicit, infatti, potenzia il ruolo dei diritti umani, creando una cittadinanza condivisa e stimolando sentimenti di inclusione nel circuito comunitario della convivenza
giuridicamente organizzata. Ovvero, i diritti della persona umana garantiscono la
libert della fede, ma anche la possibilit di cambiarla, di ricredersi, di agire liberamente []. Le comunit religiose non possono diventare comunit nelle quali
8
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Marco Parisi
Diritto e religione
quale risulta essere quella di religione, va interpretata nella prospettiva della soddisfazione dei bisogni spirituali dei singoli consociati.
Ne deriva che la considerazione prestata alle organizzazioni espressive della religiosit organizzata (e ai principi da esse veicolati) va intesa, soprattutto, strumentalmente al perseguimento di questo obiettivo. Cos, pur essendo vero che il rilievo sociale di un determinato
gruppo religioso derivi dalla consistenza in termini di adesioni di cui
esso dotato, senza la quale verrebbe meno lesigenza di conferire
tutele giuridiche ad hoc, altrettanto chiaro che la mera ricorrenza
di dati di partecipazione numerica (pi o meno formali, e sempre da
verificare nella loro effettiva entit) non pu ritenersi sufficiente per
conferire alle organizzazioni religiose la rappresentanza istituzionale
degli interessi della loro base sociale10.
Ora, lo studio e linsegnamento delle nostre materie, soprattutto
nella manualistica, hanno privilegiato perlopi una rappresentazione
della tutela costituzionale del diritto di professione della fede, sia a
livello individuale che collettivo, come una sezione distinta e residuale rispetto al complesso di disposizioni finalizzato alla protezione
delle confessioni religiose. Si preferito lapproccio teso a privilegiare le organizzazioni confessionali come uniche interlocutrici di
riferimento per le pubbliche potest, individuando in esse quasi un
titolo esclusivo nel garantire qualsiasi forma di religiosit presente
nella realt sociale. Mediante la valorizzazione, in forma esclusiva,
dei rapporti fra lo Stato e le organizzazioni confessionali, a fronte
della perdurante mancanza di una legge generale sulle libert religiose, al fine di dare attuazione alle garanzie contenute negli artt. 19 e 20
della Carta, si consolidato il modello di relazioni sociali religiose
basato sulla delega alla Chiesa e alle confessioni (soprattutto se con
intesa) 11 della rappresentanza degli interessi religiosi dei consociati.
10
V. Tozzi, Le prospettive della dottrina e dello studio del regime giuridico civile
della religione, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, dicembre 2011, p. 6.
11
Ricordiamo che il conferimento da parte governativa dellaccesso dei gruppi
religiosi alla stipula di una intesa con lo Stato non oggetto di una specifica norma di
legge (fatta eccezione per la generale ed astratta previsione contenuta nel comma III
dellart. 8 Cost.). In mancanza di una disciplina normativa precisa, lammissione alla
37
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Diritto e religione
39
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conformismo filo-curiale di buona parte della dottrina ecclesiasticistica operante nei primi venti anni successivi allapprovazione della
Carta costituzionale, meno sensibile ad avvertire il cambiamento della forma di Stato). Invece, il nuovo modello di relazioni tra i poteri
civili e i consociati, promosso dal vigente assetto costituzionale, postula una diversa rappresentazione della disciplina (e delle libert che
la contraddistinguono), per cui la protezione dei diritti della persona
umana deve risultare prioritaria e godere di eguale dignit rispetto
alla tutela delle forme organizzate dei bisogni religiosi. Le questioni
istituzionali relative ai gruppi spirituali (quali la libert organizzativa
interna, il riconoscimento delle loro strutture, larticolazione dei rapporti tra le gerarchie e il personale ecclesiastico) andrebbero analizzate tenendo conto del quadro generale dei rapporti sociali derivante
dalla novit rappresentata dai principi costituzionali di libert.
In questa prospettiva, ben pu comprendersi come la Costituzione repubblicana proponga un progetto di disciplina del fenomeno
religioso avente il suo perno nella libert di professione della fede
religiosa13, sia in forma individuale che associata (art. 19), accompagnata dal riferimento ad espliciti divieti a carico dei pubblici poteri a
tutela delle espressioni organizzative della religiosit14 (art. 20). La
libert religiosa, infatti, parte integrante del novero dei diritti fondamentali, di cui fa menzione lart. 2 della Carta, e in quanto tale si
pone in stretta connessione con il principio personalista che informa
Nel suo contenuto essenziale, il diritto di libert religiosa configura, per ogni
persona, la possibilit di estrinsecare il proprio patrimonio spirituale in una pluralit
di dimensioni: dal soddisfacimento delle esigenze del proprio spirito (manifestazione
della fede e compimento dei riti) alla diffusione delle proprie idee (propaganda e discussione), alla possibilit di creare gruppi e partecipare alla loro vita (associazione).
14
Sembra corretto classificare lart. 20 della Carta come una disposizione di
complemento rispetto allart. 19, in quanto volta a garantire tutte le forme associate
del fenomeno religioso considerate nel loro momento organizzativo, tutelandole da
qualsiasi discriminazione che possa derivare dai loro rapporti con le istituzioni civili
(che sono, pertanto, fatte destinatarie delle cautele e del divieto di trattamento in
peius previsti dalla norma). Cfr. V. Tozzi, Fasi e mezzi per lattuazione del disegno
costituzionale di disciplina giuridica del fenomeno religioso, in Stato, Chiese e
pluralismo confessionale, maggio 2007, p. 9.
13
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Diritto e religione
di s lordinamento giuridico complessivamente considerato15. Questo disegno viene integrato e completato dalle indicazioni contenute
negli artt. 8, comma I, e 7 ed 8, commi II e III, nella misura in cui la
regolamentazione dei rapporti fra lo Stato e le organizzazioni confessionali venga interpretata in chiave di garanzia per la libert delle
istituzioni religiose ma, contestualmente, anche, in via funzionale ed
indiretta, per il soddisfacimento delle esigenze spirituali dei cives
fideles ad esse aderenti. Ne deriva che i soggetti collettivi religiosi,
siano essi sovrani (come ritenuta essere la Chiesa cattolica) o dotati
di autonomia originaria (come sono ritenute essere le organizzazioni
confessionali acattoliche), sono presi in considerazione dai pubblici
poteri (anche a mezzo dello strumento della contrattazione bilaterale)
solo ove realmente rappresentino il luogo o il mezzo di soddisfazione
dei bisogni (effettivi e manifesti) della persona umana16.
La prospettiva di descrizione della materia, cos come dei suoi
istituti tradizionali (matrimonio religioso produttivo di effetti civili,
rapporti finanziari tra pubblici poteri e gruppi confessionali, personalit giuridica degli enti religiosi, insegnamento scolastico della
15
La norma contenuta nellart. 2 Cost. indica una concezione dei rapporti tra lo
Stato e le formazioni sociali radicalmente alternativa rispetto a quella dellepoca
statutaria e del ventennio della dittatura, in quanto impegna le istituzioni e la societ
civile ad unazione diretta al pieno sviluppo della persona umana, anche nellambito dei gruppi operanti per il perseguimento di qualsivoglia interesse particolare.
Si veda S. Lariccia, Battaglie di libert. Democrazia e diritti civili in Italia (19432011), Carocci, Roma, 2011, pp. 14-5.
16
Il modello delle relazioni sociali disegnato dalla Carta costituzionale vigente
articola, come si visto, sulla centralit della persona umana ogni relazione tra lo
Stato e le formazioni sociali di pi diverso segno. Cos, linteresse pubblico per la
soddisfazione dei bisogni spirituali (individuali o di gruppo) dei consociati non dovrebbe mai costituire lesito di un privilegio accordato alluno o allaltro gruppo, in
ragione del fatto che lesercizio delle pubbliche funzioni costituisce un servizio alla
comunit. La pari dignit delle opzioni etiche, religiose e morali, di cui tutte le confessioni religiose sono espressive, va ritenuta essere ineludibile nelleventuale adozione di discipline contrattate tra lo Stato e i gruppi religiosi istituzionalizzati. Cfr.
V. Tozzi, Religiosit umana, fenomeno religioso collettivo e Costituzione italiana,
in Europa e Islam. Ridiscutere i fondamenti della disciplina delle libert religiose, a
cura di V. Tozzi, G. Macr, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2009, pp. 18-9.
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Marco Parisi
24
V. Tozzi, La nostra proposta di riflessione per lemanazione di una legge generale sulle libert religiose, in Proposta di riflessione per lemanazione di una legge
generale sulle libert religiose, a cura di V. Tozzi, G. Macr, M. Parisi, Giappichelli,
Torino, 2010, pp. XXVI-XXVIII.
25
V. Tozzi, Dimensione pubblica del fenomeno religioso e collaborazione delle
confessioni religiose con lo Stato, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale,
settembre 2009, pp. 17-8.
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Diritto e religione.
La dimensione europea del fenomeno religioso
di Gianfranco Macr
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Stato. Ci ha contribuito a determinare, con migliori risultati, quella funzione mediativa (propria delle Costituzioni moderne) della
legittimazione democratica degli ordinamenti sovranazionali (quello europeo in particolare) e a favorire la convergenza (non sempre
armonica n adeguatamente sorretta da una fonte di legittimazione)
di pi livelli di governo (regionale, nazionale e sovranazionale) nel
complesso sviluppo dellintegrazione; mi riferisco al c.d. costituzionalismo multilivello: una teoria di grande successo nel dibattito
giuspubblicistico europeo, finalizzata a ricondurre a sintesi la molteplicit dei livelli costituzionali.
Quelli appena menzionati rappresentano, perci, i segni pi
consolidati, in senso democratico, delle Costituzioni europee, e di
quella italiana in particolare, questultima, fortemente caratterizzata
in senso pluralista, nonch dotata di robusti vettori normativi in
grado di favorire la comprensione interculturale della nostra societ.
5. Nel nostro lavoro, si cercato di rimarcare il fatto che la dimensione costituzionale europea costituisce il risultato di una sovranit cooperativa i cui basamenti sono: le sfere ordinamentali da un
lato (Unione europea, CEDU e stati nazionali) e i centri decisionali
dallaltro; in pratica: un legislativo bicamerale da un lato (Consiglio dellUE e Parlamento) e un esecutivo duale dallaltro (Consiglio
europeo e Commissione), senza dimenticare il dialogo fecondo (ma
complesso) tra giudici nazionali (in particolare quelli costituzionali e
di legittimit), giudici europei e dottrina.
Allinterno poi di quel circolo virtuoso6 costituito da: CEDU,
Carta europea dei diritti fondamentali, tradizioni costituzionali comuni, il fenomeno religioso, considerato nelle sue mutevoli e variegate manifestazioni, trova nuove chances, tenuto conto del rinnovato
contesto giuridico creato dal Trattato di Lisbona: lattribuzione di
forza vincolante alla Carta di Nizza, linserimento a pieno titolo delle
6
L. Violini, La dimensione europea dei diritti di libert: politiche europee e
case law nel settore della tutela dei diritti fondamentali. Sviluppi recenti, in www.
federalismi.it, 11 gennaio 2012.
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Gianfranco Macr
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Diritto e religione
ancora pi stretto, essendo la societ (sempre pi multiforme e complessa) il luogo dove il diritto misura il suo grado di vitalit, traendone sostegno a svolgere il ruolo a cui demandato.
6. La trama del lavoro dedicata ai profili sovranazionali della disciplina giuridica del fenomeno religioso, ha privilegiato lidea che la
crescita della adesione alla democrazia pluralista, di fronte al disordine imperante (nella politica e nel diritto) deve passare attraverso
quella che in dottrina stata definita come la portata orientativa della Costituzione (Ruggeri), ri-attivando, innanzitutto, una lettura interpretativa di quelle norme in grado di distinguere in una logica di
superamento del radicamento proprio di ogni identit tra mera
coesistenza multiculturale e piena integrazione interculturale
(Spadaro). Da qui lo sforzo di rendere chiaro che non si tratta, soltanto, di invocare la dignit umana come valore universale, quanto
piuttosto di ricercare percorsi normativi in grado di far discendere dal
Capo Primo della Carta europea dei diritti fondamentali (La dignit
umana inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata) in combinato disposto con lart. 2 Cost. (quale norma a fattispecie aperta,
che riconosce e tutela valori anche non espressamente previsti nella
Carta repubblicana, ma via via emergenti a livello di Costituzione
materiale) lintera gerarchia dei diritti costituzionali e, quindi, riconsiderare linterpretazione del progetto costituzionale di disciplina
del fenomeno religioso che ha il fulcro nel diritto di libert religiosa
individuale e collettiva (di questo ha dato conto pi dettagliatamente
il collega Marco Parisi).
A quanto sinora detto si aggiunge unaltra questione caratteristica
del processo incrementale europeo: la governance della forma politica europea. Si tratta, senza dubbio, di un tema controverso, affermatosi, in certi ambienti, come una delle possibili risposte a certe difficolt
della democrazia, e in altri, invece, quale fattore addirittura esprimente
il sentore di Ancien Rgime dellordine giuridico europeo8.
8
A. Supiot, Homo juridicus. Saggio sulla funzione antropologica del Diritto,
Mondadori, Milano, 2006.
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Diritto e religione
Gianfranco Macr
Trattasi di un processo che avr inevitabilmente ripercussioni anche in chiave interna agli Stati membri, alla ricerca di nuove forme
di bilanciamento tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa. Per quanto ci riguarda (e nel volume Diritto e Religione
vi si fa riferimento) quello dei gruppi di interesse e dellattivit di
lobbying messa in campo dalle strutture rappresentative delle Chiese, comunit religiose, organizzazioni filosofiche e non confessionali (art 17 TFUE), costituisce un argomento assolutamente pertinente, che investe la democrazia pluralista in quanto ha a che fare col
rapporto tra rilevanza sociale degli interessi di parte e dimensione
politica pubblica (bene comune).
Anche con questa realt bisogna confrontarsi, ed allinterno di
questo circuito reticolare che passano (e sempre pi passeranno) le
valutazioni politiche e le reazioni giuridiche finalizzate a rispondere
ai problemi degli stati europei.
Ecco, allora che, la soft-law, questa neo-lingua del diritto sovranazionale europeo, integra le gi enormi potenzialit interpretative dei testi costituzionali e influir (sulla base degli orientamenti
provenienti da Lussemburgo e Strasburgo e alla luce degli atti normativi adottati dalle istituzioni europee in applicazione delle disposizioni contenute nei trattati) sulla politica e sulla legislazione interna
finalizzata alla disciplina dei diritti individuali e collettivi di libert
religiosa.
Sar importante verificare se, in chiave interna, i Parlamenti (dotati di strumenti molteplici di intervento sulla societ) sapranno resistere alla forza pervasiva degli Esecutivi e riacquistare centralit
aprendosi (come lEuropa invoca) ad un modello di cooperazione
interparlamentare e di ridefinizione delle proprie funzioni in una prospettiva di compensazione del principio di indivisibilit dei diritti
allinterno dellelevato livello di complessit in cui versa la nostra
societ.
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Appartenenza e rappresentanza
Intervenire oggi sui metodi di studio e sugli strumenti didattici (i manuali) e la loro impostazione, dellinsegnamento universitario oggi
denominato Diritto ecclesiastico impresa particolarmente ardua.
Le nuove problematiche, emerse oramai da parecchi anni, da un
lato hanno reso obsoleto lo schema classico del Diritto ecclesiatico
ed anche la sua stessa denominazione (che rischia di sapere di vecchio e di stantio) e dallaltro hanno posto lesigenza di lasciarci alle
spalle il passato e di tentare vie nuove. Dato che non c pi solo
come oggetto di studio la Chiesa cattolica o le Chiese cattoliche e
non cattoliche (donde il termine ecclesiastico) ma anche altre realt, come quella importante e complessa dellIslam e delle religioni
orientali, ci si orientati, a mio parere, non senza fondamento e motivazioni, verso nuove denomimazioni quali quelle di Diritto delle
religioni o Diritto e religione.
Un altro limite da superare, a mia opinione, la prospettiva geograficamente limitativa allItalia ed al suo ordinamento, che, pur rimanendo lambito fondamentale di studio e di didattica, in un contesto giuridico europeo non pu pi essere lunica presa in considerazione se non altro per limportanza assunta da alcuni anni dalla
giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
Il pericolo in questa fase di transizione quello della sovrapposizione tra due modelli non omogenei di Diritto ecclesiastico, che
vengono spesso sovrapposti o giustapposti senza che si riesca a dare
sempre una sistemazione omogenea del nuovo nel vecchio schema
o del vecchio nelle nuove impostazioni. Il problema non quindi
solo del nome, per il quale mi sembra potersi dire che la tendenza
vincente sia oggi quella innovativa anche sullinflusso della esperienza anglosassone od americana (Law and Religion); o forse anche
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Luciano Musselli
in qualche misura francese (Droit des cultes, Droit des religions etc.).
C per lesigenza di conservare un bagaglio di culture ed esperienza giuridica legata al nome ed alla gloriosa scuola del Diritto ecclesiastico italiano (da Ruffini e Scaduto a Del Giudice e Jemolo, fino
a De Luca e Finocchiaro, tanto per indicare studiosi particolarmente
significativi di epoche diverse). Penso che questesigenza dovrebbe
costituire oggetto di attenta meditazione.
Forse potrebbe essere opportuno conservare, almeno a livello di
sottotitolo, nei manuali la dizione (corso o lezioni di diritto ecclesiastico) per non perdere il collegamento con questa tradizione, con
questi valori, a meno che non si preferisca un taglio netto con essi.
Ma pu veramente esserci un taglio netto con una tradizione culturale e giuridica ultracentanaria nel cui ambito anche lattuale generazione di docenti e studiosi, a parte forse le ultimissime leve, si
formata? Possiamo peraltro permetterci di fare tabula rasa e partire
da impostazioni nuove che finirebbero per muoversi tra sociologia e
diritto od adottare un approccio prevalentamente pragmatico giurisprudenziale come spesso avviene oltreoceano?
Penso che il compito della nuove generazioni degli ecclesiasticisti o degli studiosi del diritto delle religioni, comunque li si voglia
chiamare, sia questo: in primis conservare lunitariet della materia,
evitando che si disperda in mille rivoli e, in secondo luogo, ritrovare
un linguaggio e una sistematica che, utilizzando anche molte vecchie
e solide pietre, riesca a dare vita ad un nuovo ed armonico edificio.
58
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Mario Ricca
ture?2 Quale agenzia decide cosa sia natura e cosa cultura, se non la
cultura stessa come processo di incessante riproduzione della mente
umana e, insieme, della natura umana?
Eppure, laico, nel dialetto culturale italiano o francese, ha
come suo significato centrale, primario (o molare), il non avere a
che fare con la religione. Ma anche volendo ridurre a unapparente
ovviet politica lidea di laicit, e limitarsi a essa, le cose non acquistano maggiore chiarezza. Basta incrementare la messa a fuoco per
scoprire che per rompere le comunicazioni con la religione bisogna
prima definire lidentikit dellinterlocutore, la sua consistenza. E ci
innesca subito alcuni, ulteriori quesiti. Dove sta dunque la religione?
Dove abita? Negli edifici di culto? Nella mente dei ministri di culto
appartenenti alle diverse fedi? Nella coscienza della gente? In un suo
specifico atteggiamento mentale? Oppure anche nei gesti delle persone e nelle loro intenzioni? Quindi pure nei luoghi, nei vestiti, nel
cibo, nei viaggi, nelle parole, nei gesti, insomma in tutto ci che
eletto come simbolo e segno di fede? La religione ha dunque luoghi
specifici di sussistenza, cos se si vuole da potersene tenere a
distanza? Oppure diffusa ovunque, anche dove non si vede e soprattutto dove si crede di non vederla?3
Del resto, se la religione pu essere ovunque, agganciandosi come
connotazione qualificativa a qualsiasi oggetto, parola o comportamento, come si fa a tenersene a distanza? Se la religione si annida
anche in ci che appare normale, come discernere cosa religioso
da ci che laico, e viceversa? Oppure si tratta, in buona parte, di
termini speculari e quindi vuoti? In fondo laico ci che non religioso; e religioso ci che non laico. Vale a dire, alla fine del gioco
di rimandi reciproci, nulla.
2
T. Ingold, Ecologia della cultura, Meltemi, Roma, 2001; G. Marrone, Addio
Natura, Einaudi, Torino, 2011; M. Ricca, Natura implicita e natura inventata nel
diritto. Incursioni interculturali, in P. Fabbri, Internaturalit e significazione, Mimesis, Milano, in corso di stampa; P. Descola, G. Plsson, eds., Nature and Society:
Anthropological perspectives, Routledge, London-New York, 1996.
3
P. Norris, R. Inglehart, Sacro e secolare. Religione e politica nel mondo globalizzato, il Mulino, Bologna, 2007.
60
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Mario Ricca
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tende a rivelarsi come una fede, motore di una lotta inane contro le
altre fedi. Ma se la laicit non pu essere ateismo, qual allora la
sua via di manifestazione e di significazione? La risposta pressoch
unanime del pensiero politico contemporaneo sembra raggrumarsi
attorno a un vocabolo: neutralit. Lo stato laico lo stato neutrale.
Esso non combatte le fedi. Anzi, ne riconosce la libert di espressione e di manifestazione pratica. Piuttosto, se ne tiene a ponderata
distanza; una distanza scandita dalla frontiera tra pubblico e privato.
La fede religiosa pulsa dalla dimensione privata, intima, dei soggetti
e si proietta nella sfera pubblica in modo libero, sin dove non urta
con altri valori laici ritenuti fondamentali dallassetto costituzionale
dellordinamento statale7. Quindi lo stato laico-neutrale dovrebbe
comportarsi rispetto alle religioni un po come un agente esente, una
sorta di semaforo metafisico.
La metafora dello stato come agente-esente evocativa, ma incompleta. Il semaforo non decide i propri colori, n il tempo dilluminazione rispettivamente del rosso, del verde o dellarancione. C
qualcuno che lo programma e soprattutto stabilisce dove posizionarlo. Nella regolamentazione della vita pubblica per nessuno decide
per lo Stato se, come, dove e quando far scattare il verde oppure il
rosso di fronte alle manifestazioni della fede religiosa. lo Stato
stesso a farlo. E per farlo deve distinguere nuovamente cosa normale o laico da ci che religioso. Solo che impossibile regolare
senza definire e qualificare8; e non si pu n definire, n qualificare,
se non servendosi di criteri, di unit di misura connotati culturalmente. Ma la cultura, a sua volta, non scevra da connotazioni religiose,
che appunto permettono di riconoscere, al suo interno, cosa ritenere
religioso e cosa laico.
La neutralit dello Stato richiede che le istituzioni possano gettare sulle realt sociali uno sguardo da nessun luogo, uno sguardo asetG. Paganini, E. Tortarolo, Pluralismo e religione civile. Una prospettiva storica e filosofica, Bruno Mondadori, Milano, 2004.
8
J. Dewey, Metodo logico e diritto, in A. Faralli, John Dewey. Una filosofia del
diritto per la democrazia, Clueb, Bologna, 1990.
7
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tico, proiettato da una sorta di grado zero della cultura. Pi che uno
sguardo, un punto cieco. Non ci vuole molto a concludere che intesa
come asetticit culturale la neutralit semplicemente impossibile.
Il miracolo della laicit come neutralit un fuoco fatuo, almeno
per quel che riuscita a disegnare sino a oggi lesperienza statale e
democratica. La sua persuasiva apparenza si fonda tutta sulla mimetizzazione della religione e delle sue stratificazioni cognitive allinterno degli abiti culturali. Al punto che ogni individuo, dallinterno
della propria esperienza culturale, pu sinceramente convincersi di
esprimere idee o di adottare comportamenti neutri senza avere alcuna
consapevolezza del loro retaggio religioso.
Per obiettare, qualcuno potrebbe appellarsi, a questo proposito, a
una sorta di rappresentativismo. Come a dire che non importa lorigine delle idee o dei gesti, ma il modo attuale di rappresentarseli. Per
esemplificare: se la civilt occidentale ritiene laiche le proprie categorie giuridiche, esse allora saranno autenticamente laiche; e questo
bench possano avere una matrice o un midollo di origine cristiana.
Si tratta di unobiezione tuttaltro che infondata dal punto di vista
psicologico. Fatalmente, per, essa appare destinata a frantumarsi
nel contatto con lesperienza della diversit culturale.
Il rappresentativismo, anche dal punto di vista epistemologico,
ha un limite coincidente con la sua intrinseca, e peraltro fruttuosa, relativit. Dire che non vi cognizione senza rappresentazione
ha una sua plausibilit, ma non equivale ad assolutizzare le singole
modalit rappresentative. Tuttavia proprio quel che fa lobiezione psicologico-rappresentativista a difesa della laicit-neutralit.
Basta porsi in ascolto di altre modalit rappresentative perch le
implicazioni pragmatiche di una falsa auto-rappresentazione della
propria laicit-neutralit si rivelino cariche di problemi. Ed appunto la situazione generata dallesperienza della multiculturalit/
multireligiosit vissuta dalle societ contemporanee. Quel che appare culturalmente normale, laico, razionale, ovvio, naturale, etc.
allindividuo che osserva se stesso o le sue istituzioni dallinterno
della sua cultura pu invece denunciare la propria ascendenza religiosa agli occhi dellAltro, da chi osserva e getta uno sguardo da
64
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Mario Ricca
66
assetti laici vengono connotati, almeno storicamente, per la loro anticlericalit, per lattitudine a emanciparsi, a smarcarsi dai presupposti
di legittimazione di matrice religiosa. Il cammino della secolarizzazione viene inteso invece come un percorso culturale, coincidente
con laffrancamento cognitivo del pensiero occidentale dalle categorie teologico-filosofiche del cristianesimo13. Eppure questa biforcazione assai meno ampia di quanto, per tradizione e per posa politica, non si sia indotti a ritenere.
Secolarizzazione e laicit costituirono processi parziali, certamente di innovazione, ma anche di riconfigurazione di saperi ancorati nel fondo del patrimonio cognitivo delle societ occidentali. Pur
nel suo rifiuto tutto moderno di scandagliare le cause prime o ultime
della natura, persino la rivoluzione scientifica seicentesca port con
s e lavor grazie a nozioni e schemi mentali sviluppatisi in seno
a precedenti circuiti culturali (cristiano, ebraico, islamico, indiano),
profondamente intrisi di fede religiosa14. Il paradigma complessivo
mut, indubbiamente, ma non tutti i suoi mattoni da costruzione. In
modo ancor pi spiccato, discorso analogo pu essere svolto sul piano politico. Gli immaginari moderni hanno consentito la periferizzazione socio-politica della religione, ma non hanno affatto disdegnato
di servirsi degli apparati concettuali elaborati dalla teologia morale
dascendenza medievale15. Lopera dei filosofi, dei giuristi e dei teologi del lungo medioevo europeo (patristica, nominalismo, scolastica
e seconda scolastica, glossatori e commentatori) non fu affatto posta
H. Blumenberg, La legittimit dellet moderna, Marietti, Genova, 1992; H.
Lbbe, La secolarizzazione. Storia e analisi di un concetto, il Mulino, Bologna,
1970; E.W. Bckenfrde, La formazione dello Stato come processo di secolarizzazione, Morcelliana, Brescia, 2006; Id., Diritto e secolarizzazione. Dallo Stato moderno allEuropa unita, Laterza, Roma-Bari, 2007.
14
E. Grant, Le origini medievali della scienza moderna. Il contesto religioso,
istituzionale e intellettuale, Einaudi, Torino, 2001.
15
H.J. Berman, Diritto e rivoluzione. Le origini della tradizione giuridica occidentale, il Mulino, Bologna, 1998; P. Prodi, Una storia della giustizia. Dal pluralismo dei fori al moderno dualismo tra coscienza e diritto, il Mulino, Bologna, 2000;
C. Schmitt, Teologia politica: quattro capitoli sulla dottrina della sovranit, in Id.,
Le categorie del politico, il Mulino, Bologna, 1972.
13
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nel dimenticatoio. Piuttosto venne occultata, dopo averla sapientemente spogliata delle vestigia teologiche e rieditata in forme razionalistiche. Anche in questo caso, mut il dosaggio degli ingredienti e il
prodotto finale, ma molta materia prima rimase inalterata.
Come il processo di secolarizzazione, anche la svolta laica invest il ruolo pubblico delle chiese/confessioni piuttosto che i contenuti culturali di matrice religiosa. La dimensione antropologica delle
diverse fedi rimase comunque intima allarticolazione culturale del
sapere. Ma non c da stupirsene. Tra fede e cultura vi sovrapposizione, coestensivit, soprattutto se i loro legami vengono riguardati
su ampi archi temporali.
Tuttavia non si d alcuna possibilit per larticolazione sociale di
una fede nella ragione che sia culturalmente esente. Le ovviet, le
trasparenze cognitive della ragione sono evidenze necessariamente
culturali, segnate e cifrate dai circuiti comunicativi della cultura. E
fuori dalla dimensione culturale non vi n evidenza, n ovviet.
la cultura la fabbrica delle certezze, delle idee chiare e distinte (Cartesio) e quindi anche dellimmagine della natura partorita e creduta
da ogni epoca e da ogni contesto della storia umana. La stessa natura
delluomo tra le altre quella di essere culturale.
Nel discorso comune, la laicit viene riconosciuta come fronte
dellopposizione tra ragione e religione. Ma si tratta di una rappresentazione falsata. Alla base di essa vi una fuorviante metonimia,
una confusione della parte con il tutto. Dal punto di vista politico, lo
stato laico nasce e si struttura in opposizione dialettica alle Chiese,
alle confessioni, nella loro dimensione istituzionale16. Ma confessione e religione sono fenomeni non coincidenti; identificarle appunto
indicare la parte per il tutto. Se le religioni germogliano allinterno
di gruppi confessionali, pi o meno circoscrivibili soggettivamente e
oggettivamente, viceversa i loro effetti culturali si propagano a largo
raggio allinterno della mappa culturale delle societ. La religione,
considerata in senso antropologico, qualcosa di assai pi ampio
16
M. Stolleis, Stato e Ragion di Stato nella prima et moderna, il Mulino, Bologna, 1998.
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La resa dei conti avviene quando ledificio delle certezze, dei saperi di fondo, viene scosso, spostato, producendo un decentramento
cognitivo. Quando ad esempio linnovazione scientifico-tecnologia
impatta sulle scansioni di fondo della quotidianit improvvisamente
esplodono conflitti culturali infallibilmente inclini ad acquisire contorni religiosi. Ma nulla pi che cronaca della contemporaneit. In
questi frangenti, viene invocata regolarmente la laicit, contestando
la discesa in campo delle autorit confessionali. Il punto per non
se le confessioni abbiano o meno il diritto di esprimersi su questioni come laborto, leutanasia, lingegneria genetica, la gestione del
decesso e della malattia, e simili. Piuttosto bisognerebbe chiedersi
perch allinterno di societ ampiamente secolarizzate come quelle
occidentali la gente si interessi, segua, si ponga il problema di valutare lopinione delle agenzie confessionali. A tal proposito, alcuni
parlano di de-secolarizzazione18. Ma nellelaborare questa nozione
generano nullaltro che un clone speculare della secolarizzazione,
enfatico e assolutizzante quanto il suo doppio19.
Piuttosto, quel che viene etichettato come de-secolarizzazione
sovrappone i suoi contorni alla parte irrealizzata della secolarizzazione, messa in movimento e disincagliata dal fondo dei saperi culturali impliciti a causa dellimpatto delle innovazioni. il legame
profondo e mai tranciato tra religione e cultura che rende interessanti, pertinenti, gli interventi delle autorit confessionali alle orecchie
della gente comune. Opporre a queste presunte invasioni di campo
secondo il vecchio adagio, silete clerici in munere alieno il semaforo rosso della laicit non fa che accrescere lintensit dei conflitti. Ma ci accade soltanto perch negare cittadinanza civile alla
voce confessionale occulta la presenza della dimensione religiosa
allinterno della cultura c.d. laica. Prende vita cos un paradosso,
bench solo apparente. Pi si interdice il recupero delle radici, delle
interdipendenze profonde tra ragione e religione sul piano culturale,
P. Norris, R. Inglehart, Sacro e secolare cit.
M. Rosati, Solidariet e sacro. Secolarizzazione e persistenza della religione
nel discorso sociologico della modernit, Laterza, Roma-Bari, 2002.
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tecnologica, n sono tutti ed esclusivamente endogeni a ogni singolo contesto culturale. Molte sono le culture e altrettante le religioni.
Il loro saldarsi determina altrettante razionalit, ovviet, normalit.
Quando diversi mondi di evidenza entrano in contatto, viaggiando
sulle spalle delle persone, inevitabile che gli apparati di giudizio,
le categorie utilizzate per scandire la realt, subiscano una potenziale
relativizzazione e risultino esposte a critiche e a possibili contaminazioni. La convivenza tra diversi, tra persone con mentalit differenti,
implica il decentramento dalle proprie ovviet e dalla loro indiscussa legislativit come effetto intrinseco e simultaneo allo stesso riconoscimento della diversit, dellAlterit. Limpatto tra differenti
galassie di senso pu quindi essere traumatico, configurandosi persino come unombra sul futuro, sulle conseguenze del proprio agire
allorch esso intreccia inevitabilmente quello degli Altri da noi.
Allinterno di ogni tradizione o civilt, la religione ha contribuito
alla creazione delle visioni del mondo, degli orizzonti di valore e delle scansioni dellagire collettivo e individuale20. Le vestigia del suo
contributo possono anche essersi smarrite, occultate, discendendo al
di sotto della soglia della consapevolezza culturale. Rimangono per
le orme del lavorio del pensiero religioso, delle categorie di fede, pistiche (dal greco pistis: fede)21. Nel contatto con altri modi di vedere
il mondo e di agire, le stratificazioni del passato tornano alla luce, acquisendo nuovo senso e inedite potenzialit. Doversi confrontare con
il nuovo innesca sempre una crisi riflessiva, quindi la ricerca dellidentit ancorata a radici che affondano nel passato. Questo sguardo
alle proprie spalle scalfisce di regola la patina dellovviet culturale,
proprio perch ha come motore il dubbio esistenziale innescato dal
confronto con il diverso. allora che si avvia la ricerca di fonti di
legittimazione, di oggetti di fede, necessari per garantire una rinnovata grammatica del sapere culturale e personale. Scorgere le proprie
H.P. Glenn, Tradizioni giuridiche del mondo cit.
M. Ricca, Pistemica giuridica. Percorsi di ricerca in chiave antropologica
sui rapporti tra categorie del diritto e fenomenologia della fede, in Id., Diritto e
religione, Cedam, Padova, 2002.
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la consistenza effettiva, e dunque parziale, dei propri processi di laicizzazione. Che vi sia una laicit cristiana, una hindu, una confuciana,
una possibile laicit islamica (vedi ad es. la Turchia, e chiss cosa
avverr nei c.d. stati islamici post-rivoluzionari del Nord-Africa)
anchessa unovviet antropologico-politica. Ma non potrebbe essere
altrimenti. Il problema semmai sta nel modo esplicito di riaffermare
le proprie radici culturali ovvero nelle armi discorsive utilizzate per
difendere le proprie certezze dallirruzione della straniante Alterit.
Quando si generano conflitti culturali/religiosi il nucleo di certezze e ovviet implicite a essere minacciato, esattamente come accade a causa delle implicazioni prodotte dallinnovazione scientificotecnologica. Tuttavia la connessione diretta tra gangli centrali delle
culture e impatto delle diversit non evidente, essa non mette in
mostra in modo esplicito i sommovimenti endogeni ai singoli contesti socio-culturali. La conseguenza plateale e presto delineata.
Bench lobiettivo sia quello di preservare il centro dei diversi circuiti culturali, lo scontro viene articolato attorno a feticci, simboli,
spesso periferici, ma comunque eclatanti, visibili ictu oculi, eletti a
rappresentare il fronte dellidentit culturale e della sua tutela. Veli,
turbanti, croci, chiese e minareti, modalit rituali, usi del corpo, codici sessuali, etc., vengono branditi come sciabole ideali per tutelare
lidentit e, al tempo stesso, per camuffare quel che veramente si
vuole preservare o si ha timore che venga alterato. Il problema che
cos facendo si d voce alla paura preconcetta e istintiva della diversit in s peraltro tuttaltro che incomprensibile o non istintiva e
vengono inceppati i processi di auto-oggettivazione, cio la presa di
coscienza effettiva della propria tradizione, dei suoi saperi e della
loro coimplicazione con lazione antropologica dellatteggiamento
religioso o, pi in generale, di fede.
Questo modo di comportarsi riscontrabile sia nelle societ occidentali, sia nelle altre realt socio-culturali presenti sul pianeta, in
particolar modo in quelle post-coloniali. Se le societ occidentali
intendono mantenere inalterate le certezze laiche, sotterraneamente
commiste al lascito etico della religione cristiana, quelle post-coloniali devono affrontare il problema opposto. In molti casi, si trovano
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a confrontarsi con apparati normativi e istituzionali ereditati dallesperienza coloniale. A innescarsi, allora, un tendenziale processo di
riappropriazione culturale della sfera pubblica e dei suoi linguaggi
(lIndia costituisce in tal senso un esempio paradigmatico)23. Tentativo peraltro minato, spesso, dallincombere della globalizzazione e
dalla pervasiva diffusione dei flussi di informazione e di beni derivati
dalle culture occidentali. A fare da arieti sono ancora una volta feticci
e simboli religiosi, talora apparentemente lontani dal nucleo di abiti,
norme e istituzioni importati durante il periodo coloniale e ancora
permanenti. Ma si tratta di un trucco strategico. Estirpare quanto di
occidentale fa ormai parte della quotidianit spesso impossibile e
tutto sommato nemmeno conveniente; in compenso, per, possibile addomesticarlo, selezionarlo, rieditarne il significato utilizzando
come cifra dirimente la sua compatibilit con la tradizione culturale/
religiosa autoctona. La religione diviene allora uno strumento di configurazione e qualificazione politico-antropologica della soggettivit
pubblica. Uno strumento che opera a vasto raggio, ma concentrando
la sua azione su alcune icone, elementi simbolici usati come segnavia
verso la tradizionalizzazione, e per certi versi la vernacolarizzazione,
della modernit. La cosa interessante che simili tentativi si consumano sia in contesti ufficialmente confessionali, come quelli islamici, sia in altri formalmente laici, come quello indiano.
Per alcuni aspetti, la convergenza tra linguaggi della laicit e discorso religioso-culturale tra le diverse parti del mondo, anche al
meglio degli effetti della situazione post-coloniale, pu apparire preoccupante. Invece si tratta semplicemente del carattere culturalmente
relativo di ogni societ laica, cos come del suo diritto. Piuttosto, v
da osservare che i tentativi di vernacolarizzazione della modernit
non possono che essere parziali e spesso solo apparenti. Ciascuno di
essi produce i suoi effetti lungo i percorsi dei flussi transnazionali,
restituendo e rigenerando di continuo nuovi assetti semantici della
23
T.N. Madan, Modern Myths, Locked Minds. Secularism and Fundamentalism
in India, Oxford University Press, New Delhi, 2005; W. Menski, Postmodern Hindu
Law, in http://www.arts.manchester.ac.uk/casas/papers/pdfpapers/pomolaw.pdf.
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anche religiosa delle scelte istituzionali. Chiunque invochi lanaliticit o la trasparenza dei giudizi della ragione non far altro che
articolare i propri convincimenti culturali/religiosi, ammantandoli di
universalit. Cos, pi la sua laicit si professer intransigentemente
areligiosa e neutrale, pi si accentuer agli occhi degli altri, dei gruppi minoritari, la relativit culturale dei suoi contenuti. Agli sguardi
gettati da fuori, dallesterno, il diritto laico tradir uninevitabile,
marcata e dispotica coestensivit con il patrimonio storico-teologico
del contesto sociale di riferimento.
3. Regole vs. riconoscimento
Lastro sorgente della multiculturalit ha fatto germinare, un po
dovunque nel mondo, linvocazione della sicurezza e delle regole. Il
diverso, il culturalmente altro, sembra stimolare con la sua presenza
lo spettro del caos. Come se le omogeneit locali non fossero costrette, anche quando esistessero davvero, a misurarsi reciprocamente in
uno spazio planetario ormai contratto, imploso in una quotidianit
pervasivamente meticcia e cosmopolitica. Piuttosto vero proprio
il contrario. Vale a dire che la fede nellomogeneit locale, in una
sicurezza specchiata in regole nitide, generali, buone per tutti, genera
luoghi in conflitto tra di essi e anche allinterno di se stessi.
Quante volte accade di udire la propaganda mediatico-politica
accoppiare regole e sicurezza?26 Si tratta di un tormentone ossessivamente indirizzato soprattutto agli stranieri, ai culturalmente
diversi. La sua resa retorica pi in voga suona pi o meno cos: chi
viene qui da noi deve rispettare le regole. Tutti devono rispettare
le regole, anche secondo laltro adagio, artatamente propagandato,
che proclama lesigenza di attenersi allunit nella diversit (lEuropa comunitaria lo ha adottato come icona-identikit). Ma, come si
detto, per essere laico, il lessico normativo e politico deve poter
offrire una sintesi creativa e transattiva fra le differenze. In che senso, dunque, si pu chiedere allAltro di rispettare le regole, di esDimensioni della sicurezza, a cura di T. Greco, Giappichelli, Torino, 2007.
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sivit delle istituzioni. Negli assetti democratici il presupposto di legittimazione delle norme e dello stato stesso risiede nellidea che le
leggi siano riflessive, cio vincolino e beneficino tutti, tanto gli autori
di esse quanto i destinatari. Nessuno pu essere esente dalla legge.
Ma ci possibile, in termini effettivi, soltanto se le leggi rappresentano tutti e gli interessi di tutti, gruppi dominanti e gruppi minoritari.
E questo significa che le istituzioni devono essere responsive rispetto
ai bisogni, alle convinzioni, agli indici culturali di tutti.
Se vengono meno riflessivit e responsivit la democrazia rischia
di tramutarsi in una dittatura della maggioranza, ben lontana dallidea di sovranit popolare. Per intendersi, la maggioranza potr certamente operare scelte contrarie alle opzioni proposte dalla minoranza.
Ma la soglia di preferenza non pu compromettere radicalmente, fino
agli aspetti fondamentali della soggettivit culturale, la capacit degli
individui di riconoscersi, discrivere il proprio orizzonte esistenziale
allinterno dei contenuti normativi. Pur nella diversit di opinioni,
un plafond culturale comune deve essere creato, costruito e, quindi,
mantenuto. Ma in una societ multiculturale, questo plafond non potr che essere interculturale.
In caso contrario, come potr affermarsi che le leggi, modellate
e calibrate solo sulla cultura e sugli interessi della maggioranza (ancorch autoctona), rispettano lideale democratico della (tendenziale) coincidenza tra governanti e governati? Come potr dirsi sorto
dalla voce della sovranit popolare un ordinamento che ripete al suo
interno solo gli schemi culturali, etici, religiosi di alcuni, negando
radicalmente cittadinanza a quelli di altri? Il lessico della sovranit
e quindi del diritto potr dirsi democratico soltanto se esso riuscir a dimostrarsi (ponderatamente) equidistante, dunque inclusivo.
Diversamente esso costituir lespressione non gi di uno stato democratico, ma di uno stato etico/etnico. Potranno anche sollevarsi
mille obiezioni circa questa conclusione. Obiezioni di carattere utilitaristico, comunitarista, tradizionalista, religioso-identitario, etnicoterritoriale. Oltre una determinata soglia, tuttavia, esse non potranno
fare a meno che convertirsi in una negazione dellideale democratico/costituzionalista. Non v nulla di male (in senso assoluto) in
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al singolo individuo. Lunico in disaccordo potrebbe impedire di approvare le leggi, di cambiare quelle vecchie o ritenute obsolete dalla
maggioranza meno uno della popolazione.
Ma diritto e politica vivono nella storia, la loro materia prima il
mutamento. Proiettata in senso diacronico, lunanimit deve cedere il
posto al criterio di maggioranza, per quanto possa apparire paradossale, proprio in ossequio al principio di uguaglianza. lalternarsi
possibile di maggioranze e minoranze, tra loggi e il domani, il modo
dincarnarsi del principio di uguaglianza attraverso il tempo. Ma
quella possibilit richiede equidistanza, simmetria tra le parti sociali,
tra gruppi dominanti e gruppi minoritari. Per questo, i contenuti delle
leggi devono recare un nucleo di senso antropologicamente inclusivo, esprimere un ground di connotazioni della soggettivit pubblica
in grado di consentire a tutti di muoversi tra le pieghe del sociale e
di concorrere alla costruzione di future maggioranze. In altre parole,
nessuna maggioranza, ancorch si autoproclami garante della tradizione nazionale, di un verbo etnico unificante, pu avere il diritto di
cementare la propria condizione di supremazia, di impedire lavvicendamento alla guida dello stato. In caso contrario, non si tratterebbe pi di una maggioranza democratica. Quando ci accadesse, il
sistema sarebbe gi tracimato oltre il solco della democrazia, debordando in una condizione di dispotismo culturale. Purtroppo, i mezzi a
disposizione dei gruppi dominanti per imporre la propria la supremazia etica, economica e culturale sono moltissimi e straordinariamente
efficaci, anche perch spesso occulti e mascherati allombra delle
retoriche di potere. Lidea della cultura giuridica di un popolo, della
sua unit e omogeneit, ne un esempio eclatante. La differenza tra
chi qui da sempre e chi arrivato da poco uno degli argomenti
preferiti da quanti intendono conservare lo status quo. La sua forza
psicologica poggia, in fondo, sulla forza subliminale delladagio chi
tardi arriva male alloggia. Ma questa idea, pure antropologicamente
tuttaltro che banale, incompatibile con la logica democratica.
La democrazia equivale a una forma di normalizzazione del mutamento sociale, politico e culturale. Il suo asse di legittimazione giace
nel consenso e nel processo del suo costante auto-rinnovamento. I
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fattore religioso. Tacerlo, occultarlo, espungerlo dal linguaggio istituzionale non farebbe certo svanire la religione dal circuito antropologico, dalla sfera di esperienza vissuta dagli individui presenti nei
diversi contesti sociali. Che parlare di religione sia fonte di problemi,
soprattutto per il discorso politico moderno, non autorizza a tacerne. Nel campo della politica e del diritto non pu valere la massima
wittgeinsteiniana per cui ci di cui non si pu parlare (senza ambiguit o precisione) si deve tacere.
Nessuno, neanche un despota, pu decidere fino in fondo di che
cosa si deve tacere. La signoria sul linguaggio un esercizio effimero, di facciata. I silenzi che essa pu imporre si caricano di significato
assai pi delle parole interdette. A determinare questo vincolo, questa
costrizione, la circostanza che politica e diritto non sono esercizi
di fantasia. Il potere non disegna a mano libera. Anchesso sconta
vincoli di possibilit, che si registrano innanzi tutto sul piano semiotico e comunicativo, quindi sul terreno pragmatico. Se non rispettati,
quei limiti si convertono in deficit di effettivit delle istituzioni e
delle norme da esse prodotte. Far finta che la religione non ci sia, non
parlarne, rafforza il suo peso sociale, anzich tacitarlo. Questa la
lezione che la modernit secolarizzata ha dovuto apprendere, un po
dovunque in Occidente.
Ma se cos, dipende da una circostanza curiosa, gi in parte illustrata. Anche a voler tassativamente tacere di religione, il diritto ne
parlerebbe comunque. Il linguaggio pubblico intriso di passato, di
tradizione. Non esiste abito comunicativo che non affondi le proprie
radici in schemi di pensiero e di comportamento incorporati nellagire delle persone in modo irriflesso ed ereditati dal passato delle
comunit di appartenenza. Senonch nei percorsi della memoria collettiva tradizione e religione appaiono inestricabilmente intrecciate.
Molti non sanno di sapere di religione, e di saperne molto; molti non
hanno consapevolezza di reiterare attraverso i propri gesti quotidiani
i significati di una tradizione religiosa. Cos, quando il diritto scandisce la vita pubblica e privata delle persone adagia le proprie qualificazioni su reti di senso comune traboccanti di questo sapere irriflesso
e da esso modellati. Tra linguaggio giuridico/deontico e linguaggio
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stesso, per, la sostituzione tra essere e dover-essere va considerata come la traccia di un fenomeno latente e diffuso. In molti casi,
la forza conformatrice delle norme pi risalenti si gi consumata,
assestata e sedimentata nelluso sociale. Questo per solo uno dei
volti della stretta implicazione tra vivere sociale e strati normativi,
tra la comunicazione quotidiana e il discorso istituzionale.
Il diritto un fatto sociale non solo in forza del reificarsi della sua
forza conformativa, quindi della sua capacit di produrre e imporre
abiti di comportamento. In buona parte anche vero il contrario. Vale
a dire che esso espressione di un accadere sociale, proiezione di
valori che dal punto di vista istituzionale costituiscono lessere della
societ, prima ancora che il suo dover essere. Il diritto poggia pesantemente su queste dimensioni fattuali, che sono poi il manifestarsi
storico-concreto della cultura di ogni comunit. Senza un simile supporto pragmatico e cognitivo leffettivit delle norme sarebbe unimpresa a scarso coefficiente di probabilit. Ma c di pi. Quel che
accade spontaneamente, e che il diritto presuppone anche in ordine
alla propria legittimit, non coincide solo con quanto viene esplicitamente ordinato. Nel suo discorso, ogni legge, ogni atto normativo,
d per presunti gli oceani di significato sui quali poggia la forza ingiuntiva del comando, la molla propulsiva dei fini intrinseci a ogni
obbligo imposto dalle istituzioni. Senza i paesaggi di senso prodotti
dal sapere culturale, ordini e fini rimarrebbero incomprensibili, come
frammenti isolati dal proprio contesto di senso. Le loro implicazioni
pragmatiche sarebbero indecifrabili, affogate in una palude di ambiguit e polivalenze semantiche. Nellimporsi, quindi, il diritto presume un mondo, un mondo dei fatti, che per solo il riflesso di
opzioni culturali, di categorie cognitive, condivise da una comunit
di parlanti. Ma proprio su questo oceano di continuit comunicative
che si abbatte, come un ciclone, la diversit culturale40.
Di fronte allo straniero, i diritti nazionali disegnano percorsi traboccanti di diseguaglianze occulte. Le leggi presumono conoscenze
40
M. Ricca, Lombra del diritto. Le parti mute dellagire sociale e la traduzione interculturale, in E/C, Rivista italiana di studi semiotici, 2011.
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non possedute da chi un nuovo arrivato. E quelle presunzioni vengono articolate come se il loro oggetto, il sapere tacitamente attribuito allaltro, costituisse nulla pi che un dato oggettivo, una sorta di
coefficiente antropologico universale, invece che il riflesso di una
specifica tradizione culturale. Chi non fosse in possesso di esso, dimostrerebbe dunque dessere incapace dintendere e di volere, non
in grado di vedere le cose come esse sono41 questa la convinzione
tacita posta a base dellagire istituzionale autoctono. In molti casi si
tratta di una pretesa infondata e come tale fonte di ingiustizie. Ma
non basta. Donare implicitamente evidenza alle proprie categorie
culturali si commuta in una sorta di naturalizzazione e, in questa veste, anche di ontologizzazione assiologica delle opzioni, dei giudizi
a esse soggiacenti. Come a dire, in termini pi diretti, che il proprio modo di vedere viene scambiato per quello naturale, e in quanto
naturale come intrinsecamente buono42. Questo modo di ragionare,
tanto apparentemente opinabile, quanto difficile da cogliere come
proprio atteggiamento, si traduce in uno sbarramento allalterit culturale, alle ragioni di chi diverso da noi, alla dequalificazione dei
suoi alternativi schemi di giudizio. Il potere dei gruppi autoctoni, la
loro condizione di dominanza fa il resto, corroborando come verit
assolute semplici possibilit e opzioni culturali. Lintreccio tra diritto e schemi cognitivi, tra dover-essere e fatti sociali, genera cos
diseguaglianze destinate a rimanere occulte, non percepite come tali
dagli autoctoni e spesso neutralizzate o peggio legittimate, e quindi
normalizzate, dalla retorica della sovranit nazionale.
Questa situazione diviene particolarmente sintomatica e per molti
versi paradigmatica di un vero e proprio paradosso diffuso in molte democrazie contemporanee allorch la diversit culturale viene
iscritta sotto la rubrica della libert. Nonostante il riconoscimento ormai affermato dei c.d. diritti delle culture, ancora difficile articolare una contestazione rispetto alle forme imperanti della soggettivit
41
M. Jackson, ed., Things as They Are: New Directions in Phenomenological
Anthropology, Indiana University Press, Bloomington-Indianapolis, 1996.
42
M. Ricca, Natura implicita e natura inventata nel diritto cit.
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quando la diversit religiosa o culturale entra a far parte dei circuiti vitali, quando varca i confini disegnati dalla sovranit territoriale
degli stati-nazione, che lovvio tradisce le sue ascendenze storiche,
il suo pedigree culturale e inevitabilmente anche religioso. Sono gli
occhi degli stranieri, soggetti al diritto dello stato di accoglienza, le
cineprese pi affidabili nel registrare simili genealogie ideali. Ma
questo non perch lo straniero possieda maggiori abilit cognitive;
piuttosto, semplicemente perch il suo scrigno di ovviet non combacia con quello di chi lo accoglie.
Quando limplicito, il sottinteso, lagito in modo irriflesso, entra
in rotta di collisione con la realt, allora indispensabile, quanto
automatico, ricorrere alla memoria, alla propria storia, in cerca di
assi di legittimazione, di sicurezze identitarie44. Quando il mondo ci
dice no, allora che ci chiediamo chi siamo e da dove veniamo,
qual il nostro (legittimo) posto nel paesaggio quotidiano, ovvero
nel nostro attuale ambiente di vita. Quando lo straniero impatta con
il diritto italiano, ammesso che riesca a comprenderne sia lo strato
esplicito, sia quello implicito, le sue parti mute, si ritrova appunto
alle prese con il codice cifrato di un mondo che dice no alle sue
ovviet, ai suoi abiti dorigine. Nel fuoco di questo rifiuto, scoprir
presto la propria differenza e prover a tracciarne letichetta, lidentikit, o comunque una connotazione che la renda riconoscibile e assiologicamente pregevole (quantomeno ai suoi occhi). Le religioni, in
questi casi, si dimostrano prodighe di soccorsi. Esse fungono da casa
immaginaria, offrendo alla mente in cerca di sicurezza interi arsenali
di certezze, immensi bacini di significato, nobilissime genealogie.
Nello specchio della propria religione tutti riacquistano, in quanto
militanti e appartenenti, la dignit in qualche modo negata, declassata dal discorso articolato dai gruppi dominanti o dalle leggi dei paesi
di accoglienza. Per converso, nello scoprire la matrice religiosa delle
proprie ovviet si fa presto a proiettarsi in modo speculare in quelle
altrui. Accade cos che il discorso laico, neutrale, razionale, del diritto delle democrazie occidentali improvvisamente si orni dellombra
M. Ricca, Norma, autorappresentazione identitaria, memoria culturale art. cit.
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e globale. Nel suo inesausto riprodursi nuovi confini e circuiti culturali sorgono, altri svaniscono. Allinterno di essi si definiscono nuove
enciclopedie di saper fare, altre si rigenerano47.
Nello spazio/tempo di ogni cultura il saper fare per anche un
dover fare. La lingua culturale ha una sua propria legislativit, strumento indispensabile allottimizzazione dei processi comunicativi.
Possedere un dialetto concettuale condiviso rende la vita pi semplice, pi efficiente. Vivere dentro una cultura come membro di essa
significa saper parlare quella lingua, conoscerne i registri di senso,
saperla usare in modo efficace per interagire con lambiente circostante. Linsieme degli schemi dazione e di comunicazione costituito da modalit di comportamento, mentale e pratico, definibili
come script oppure ortoprassi. Le ortoprassi culturali scandiscono
la vita quotidiana, dettandone i ritmi in modo normativo. Tutti noi,
a qualsiasi cultura apparteniamo, siamo sintonizzati su simili ritmi,
sulle sequenze iscritte negli spartiti delle ortoprassi culturali. Essi si
infiltrano nelle pieghe pi intime della vita giornaliera. Creano tempi
e spazi, forgiano modalit di percezione del tempo e dello spazio.
Le nostre soggettivit sono esito dellincrociarsi delle differenti ortoprassi che mappano il vivere individuale e collettivo. Muoversi,
cibarsi, commerciare, morire, parlare, persino il tacere, sono oggetto
di questa implicita modalit di normazione.
In ogni societ il livello giuridico si sovrappone a questo strato
normativo tacito, ma non per questo meno potente. Talmente potente che il diritto formale interamente impastato di esso. Del resto,
si tratta di una corsia obbligata. Nessun sistema giuridico potrebbe
funzionare, sviluppare plausibili prognosi di effettivit, se i suoi atti
legislativi si dimostrassero del tutto alieni rispetto alle ortoprassi culturali diffuse a livello sociale. La grammatica dei diritti, per quanto espressa in termini formali, generali e astratti, impregnata di
costume, di moduli mentali e comportamentali depositati nel senso
comune. Questi fanno da cornice semiotica, da contesto di senso e di
esperienza come si dice, indessicale rispetto alle parole della legSulla cultura come enciclopedia di saper fare cfr. M. Ricca, Oltre Babele cit.
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comunque, costituiscono gi un cambiamento, sebbene solo difettivo. Attraverso e a causa di esso gli abiti si radicalizzeranno, irrigidendosi, talvolta sclerotizzandosi.
Nella situazione di scontro, le ortoprassi culturali si pietrificano e
divengono vessilli per alimentare e legittimare la contrapposizione.
Delle differenti ortoprassi vengono selezionati gli aspetti pi eclatanti e idiomatici, meno esposti alla traduzione e alla transazione. Di
fatto, per, il potenziale di senso degli abiti culturali, cos facendo, si
immiserisce, fino a svuotarsi. I loro contenuti finiscono per migrare
verso i paesaggi onirici della memoria etnica, nazionale, religiosa,
ma in questo modo allentano la loro presa con la realt, la capacit di
controllare e imbrigliare programmaticamente il corso degli eventi.
Nel fuoco del conflitto ciascuna parte coinvolta lotta per rimanere se
stessa, inalterata, ma proprio per questo destinata a mutare, trasformando i propri saperi in armi di contrapposizione, anzich utilizzarli
come codici per interpretare il mondo. Purtroppo in questa onnilaterale crisi di senso, la lotta per lidentit si commuta in uno scontro
formale (appunto) tra identici, cio tra soggetti animati esclusivamente da una petizione di potere nei confronti dellAltro. Bench
illuso di combattere per se stesso, per la propria identit, ogni polo
del conflitto, ogni contendente, si batte contro lidentico a s, cio
semplicemente il suo opposto formale. Ogni parte diviene puramente
e semplicemente controparte, destinandosi a una sorta di etero-determinazione a opera di quello stesso contendente che vuole eliminare.
Ma se cos , quando la battaglia giungesse a buon fine per una delle due fazioni, paradossalmente, il vincitore cesserebbe di esistere
nel medesimo momento dellottenuta eliminazione dellaltro. La sua
cultura, trasformata in mero strumento strategico, in un artificio retorico svuotato di intelligente corrispondenza e interpenetrazione con il
mondo, andrebbe allora ricostruita, rivivificata, sempre che ci fosse
ancora possibile55.
Se questa la parabola potenziale dellinterculturalit implicita,
non le da meno la multiculturalit, cio lidea che le culture siano
M. Ricca, Riace, il futuro presente cit.
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circuiti di senso a compartimenti stagni, destinati, nei migliori auspici, a permanere in una condizione di calcolata non contaminazione.
Unidea, di l dalle possibili apparenze, comunque figlia dellinterculturalit implicita. Al fondo, gli attori che popolano il paesaggio
multiculturale, appunto le culture, sono il prodotto della contrapposizione interculturale implicita, fantasmi di entit essenzializzate
che questa partorisce. La versione del pluralismo soggiacente alla
ricetta multiculturale, allidea di una convivenza parallela dei gruppi
culturali allinterno della medesima sfera sociale, per anchessa
difettiva. Si presenta al tempo stesso relativistica e universalistica.
Dichiara lincommensurabilit di ogni cultura rispetto alle altre, ma
simultaneamente afferma il diritto di ciascuna ad affermarsi su un
piano di parit reciproca. Insomma, nel quadro del multiculturalismo, dallincommensurabilit si transita quasi impercettibilmente
alluniversalit, al comune denominatore cultura. Ogni cultura,
cos, potr leggersi come unica, irripetibile, idiomatica, ma al tempo
stesso universale. E proprio perch incommensurabile alle altre, dal
punto di vista interno, verr inevitabilmente percepita dai suoi appartenenti come La Cultura. Il terreno per il maturarsi della cecit nei
confronti dellAltro sar stato a questo punto doviziosamente messo
a semina. Ogni cultura potr leggersi come il prototipo delluniversalit: il prototipo delluguaglianza, della libert, dellautonomia. Gli
altri, paradossalmente proprio perch a priori ritenuti incommensurabili, tuttal pi potranno essere visti e considerati come replicanti formali di questo prototipo. Altre unit uguali alla prima, ai suoi
contenuti, ai suoi significati. La sequenza adesso descritta potr forse
apparire come un ulteriore paradosso, ma non cos. Per rendersene
conto, baster proseguire lungo il suo solco.
Nella stessa direzione appena delineata, ogni societ apparir agli
occhi dei suoi membri come il modello della libert, delluguaglianza,
della dignit, della solidariet e dellautonomia. E poich questi sono
valori considerati universali, gli stessi che ci consentono di vedere
lAltro come Altro da S, originario e incommensurabile, ne diverranno lunit di misura, anzi di esistenza. Leffetto finale sar che la
reale differenza dellAltro, la diversit dei suoi saper fare, delle sue
114
Mario Ricca
Mario Ricca
di una laicit intesa come neutralit. Se il diritto e le sue grammatiche della soggettivit ipotizzassero, in nome della propria laicit,
di poter articolare un discorso neutrale, relativistico, privo di traduzioni tra i contenuti culturali, non farebbero altro che alimentare la
contrapposizione identitaria. Con unaggravante, gi denunciata: e
cio che allombra della dichiarata neutralit del lessico normativo
si nasconderebbe comunque la prevalenza dei codici culturali dominanti, percepiti e imposti dai gruppi pi forti come specchio di
una soggettivit universale. Nel caso, poi, delle societ multiculturali
di recente formazione, ci darebbe luogo come avviene al noto
fenomeno dellaccreditamento della connotazione culturale soltanto
in capo agli altri, ai nuovi venuti. Cio a dire che ad avere differenze culturali o religiose sono solo gli stranieri, mentre gli autoctoni
parlano gi la lingua della realt, una lingua neutrale e naturale. Una
formula riassumibile, nel campo giuridico, con lo slogan falsamente
pluralistico: il nostro diritto e le culture degli altri.
Il primo passo nella direzione opposta, quella di una laicit interculturale, consiste invece nelladozione di un punto di vista definibile
come planetario. Anzich porre al centro del cosmo sociale la cultura
dominante, mimetizzandola con il diritto dello stato, probabilmente
bisognerebbe inoltrarsi su una rotta ideale differente. Perch il diritto sia di tutti necessario che le culture vengano tutte considerate
eccentriche e, per restare in metafora, come se fossero tutte pianeti
posti su orbite equidistanti dal centro del sistema, anche se non allineate, onde evitare collisioni. Il centro gravitazionale, a sua volta,
andrebbe considerato non come un corpo estraneo, altro rispetto ai
pianeti, ma al contrario come la sintesi ponderata delle loro masse e
del loro tipo di composizione. Fuor di metafora, il diritto dovrebbe
costituire la sintesi dei differenti linguaggi culturali, a sua volta esito
di un processo di traduzione e transazione interculturale. Ed appunto verso questo approdo che dovrebbe incamminarsi un ordinamento
costituzionale che aspirasse alla produzione di un modello effettivo
di laicit per una societ multiculturale.
La rotta da seguire per giungere a destinazione, cio alla laicit
interculturale, transita attraverso la creazione di un lessico intercul118
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Mario Ricca
implica sempre e comunque uno sforzo di traduzione, una trasposizione necessariamente metaforica dalla loro mente e dal loro contesto di vita ai nostri. Il risultato sar sempre frutto di una transazione
di senso, gemella dellattivit di traduzione.
Prover a essere ancora pi concreto ed esplicito. Quando un
cliente va dallavvocato per ottenere assistenza, nella maggior parte dei casi non richieder espressamente il tipo di azione legale da
promuovere, magari indicando le norme processuali o sostanziali da
utilizzare. Piuttosto, egli racconter una storia, in parte gi impastata
di nozioni giuridiche, anche se declinate insieme a pratiche di costume, a indirizzi morali, e cos via. Lavvocato sar chiamato a tradurre
il tutto in termini normativi formulando ipotesi che lo spingeranno
a proporre ulteriori domande. In questo modo la situazione di fatto
si chiarir sempre di pi, quindi si definiranno pi precisamente gli
interessi del cliente e, di rimbalzo, prenderanno forma le pi opportune modalit di interpretazione delle piattaforme normative vigenti.
Tutto insieme dar vita a una sintesi integrata di attivit proiettate
verso il futuro, cio verso una soluzione della questione sottoposta
allanalisi dellavvocato.
Lintera sequenza comunicativa e interpretativa adesso illustrata
si svolge usualmente sotto lombrello di codici culturali relativamente condivisi tra le parti coinvolte. Se invece il cliente fosse uno straniero di altra cultura, le cose sarebbero inevitabilmente diverse. In
questo caso, lavvocato non potr dare per scontato che le situazioni
narrate dallo straniero, anche se in perfetta lingua italiana (e non
detto sia sempre cos), abbiano un significato equivalente a quelle
raccontate, magari con le stesse parole, da un italiano medio. Gesti,
cose e parole variano il proprio senso da cultura a cultura. Diversi
sono anche fini e valori. Inoltre, significati diversi supportano fini
differenti e fini differenti inducono a trarre dalle situazioni significati
differenti. Se non possiede i codici culturali del cliente, almeno in
linea di massima, lavvocato come un altro professionista oppure
un giudice rischia di fornire risposte del tutto errate. E non solo.
Lerrore non dipender soltanto dalla falsa interpretazione dei fatti, dalla diversit tra gli schemi cognitivi e culturali rispettivamente
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Mario Ricca
acquisiranno qualche caratteristica e ne cederanno altre. Sovrapponendosi essi produrranno inevitabilmente un significato nuovo, adatto a descrivere e a dare informazioni circa una situazione particolare,
per molti versi inusuale. In fondo, la creazione di metafore serve
proprio a questo, a interpretare in modo efficace circostanze nuove,
non riconducibili con esattezza alle espressioni linguistiche correnti.
Il linguaggio, attraverso la metafora, viene forzato e sospinto verso
la creazione di nuovi significati per consentire la comprensione e la
descrizione di situazioni nuove.
La trasposizione delle parole da un contesto a un altro somiglia
molto allattivit di traduzione. Bench questa sia orientata a produrre equivalenze di significato, in realt essa trasforma sempre i significati di partenza. E ci avviene semplicemente perch ogni lingua
legata a un contesto di esperienza, a un mondo, a un universo di
senso. Allinterno di esso, il semplice pronunciare una parola evoca
subito uno scenario possibile. Ma gli scenari evocati, ovviamente,
cambiano a seconda degli usi, degli schemi mentali sedimentati nella
memoria, negli schemi comunicativi diffusi nei diversi circuiti sociali e culturali. Creare equivalenze tra parole quindi un modo di
trasporre e sovrapporre esperienze diverse. Circostanza che permette di assimilare lattivit di traduzione anche alla comunicazione tra
persone che parlano la stessa lingua. Nei fatti, ciascuno pu usare le
stesse parole per descrivere e comunicare esperienze differenti. La
comprensione reciproca implica dunque unimplicita traduzione, una
metaforizzazione inconsapevole.
Il processo di sovrapposizione/rigenerazione dei significati appare invece esplicito nella traduzione tra lingue diverse. Tuttavia,
tradurre letteralmente pu spesso produrre gravi fraintendimenti.
Questo perch le equivalenze stabilite dal vocabolario sono spesso
centrate sui significati centrali (o molari). Esse non tengono conto
delle infinite proiezioni contestuali, delle molteplici reti di significato connesse alluso delle parole59. Una traduzione interculturale,
59
R.W. Gibbs, Poetics of Mind. Figurative Thought, Language and Understanding, Cambridge University Press, New York, 1994.
122
Mario Ricca
la predominanza dei gruppi sociali pi forti e a cementare la subalternit e la discriminazione degli appartenenti ai gruppi pi deboli,
migranti in testa. Ma la diseguaglianza nella legge, conseguenza della non responsivit di essa rispetto ai diversi codici culturali presenti
nella platea sociale, laltra faccia della medaglia di un deficit di
laicit dellordinamento. Soltanto la creazione di un lessico interculturale, e quindi di un lessico giuridico interculturale, pu ovviare
alla mancanza di una soggettivit sociale e normativa equanime e
inclusiva delle diversit culturali e religiose. In conclusione pu dirsi
che soggettivit giuridica interculturale e laicit interculturale sono
fattori coestensivi o comunque da considerare strettamente interconnessi in un assetto democratico costituzionale. La loro compresenza
indispensabile a garantire adeguati standard di pluralismo, presupposto indefettibile perch luguaglianza di fronte alla legge possa
dirsi effettiva.
11. Lessico interculturale, equiconvivenza e modernit
Lelaborazione di un lessico interculturale da considerarsi implicazione diretta del progetto politico della modernit. La creazione
di una grammatica della soggettivit laica ha accompagnato sin dagli
albori il manifestarsi del pensiero moderno. Essa venne ottenuta spogliando delle vestigia teologiche molte delle categorie etiche generate
nel grembo del cristianesimo e da esso intrecciate lungo i secoli con
la grammatica della quotidianit, con il vocabolario antropologico
della cultura europea. Nonostante il razionalismo politico moderno
si articolasse in base alla cifra delluniversalit, la sua realizzazione
storica fu culturalmente situata. Il diritto naturale ne fu la proiezione istituzionale, successivamente trasfusa nellesperienza codicistica
dellEuropa continentale. Ma le continuit tra etica cristiana e istituti civilistici e penalistici dei codici moderni sono profonde, almeno
da un punto di vista antropologico. Se la religione ufficiale, la sua
dimensione confessionale/istituzionale venne sfrattata dalluniverso
del diritto e della legittimazione politica, la religione mimetizzata
124
con i saperi culturali rimase ben saldamente ancorata sul fondo del
discorso giuridico.
Dissimulando la presenza della religione con unabile strategia
retorica, la modernit giuridica pot affermare la propria discontinuit rispetto al passato. Una discontinuit che appunto faceva rima
con laicit. La parabola del colonialismo propag poi questa finzione
in giro per il mondo. Impose ai popoli non-occidentali un universalismo razionalista popolato da schemi concettuali, abiti e prassi
di matrice cristiana, anche se spacciati come icone di una ragione
antropologicamente neutra, trasparente a se stessa. Ma la lingua del
cosmopolitismo coloniale era in realt un dialetto (culturale).
La fine dellera coloniale e lo sgretolarsi delle aderenze politiche post-coloniali hanno dimostrato comunque che la modernit ha
disseminato se stessa per il pianeta, nel bene, come nel male. Oggi,
il c.d. Resto del Mondo riuscito a impugnare la modernit per il
manico. Ha iniziato cos a utilizzarne i punti di forza a proprio vantaggio, imbastendo una competizione (finalmente) simmetrica con
lOccidente. Questo movimento, distribuito lungo le corsie delleconomia, della politica e della critica antropologica, ha prodotto
una profonda rilettura delle incarnazioni giuridico-istituzionali del
pensiero moderno e in molti casi un processo di appropriazione e
di vernacolarizzazione di esse. Transitando attraverso le critiche di
matrice fondamentalista, gli Asian Values e le rivendicazioni degli
Indigenous Rights, i diritti umani e le istituzioni liberal-democratiche
sono stati recuperati dal linguaggio politico dei popoli e delle culture
non occidentali e reinterpretati. La loro cifra universalistica stata
utilizzata come dispositivo per iscrivere la differenza allinterno di
una piattaforma discorsiva e normativa dotata di immediata risonanza internazionale e cosmopolitica.
Luniversalit delle categorie giuridiche moderne, in un certo
senso, adesso illuminata dal basso e sospinta, a ogni proposta di
reinterpretazione, lungo una linea dorizzonte pi ampia e distante,
ma al tempo stesso pi inclusiva. Il fenomeno indubbiamente non
privo di strumentalizzazioni contingenti. Per molti versi, per,
genuinamente emancipatorio. E questo non solo per chi legge i di125
Mario Ricca
126
nome, la riconformazione dei propri abiti di vita quotidiani, la sottoposizione di essi alle categorie del diritto di derivazione europea,
hanno visto in essa solo un inganno, un fattore di straniamento e di
cesura rispetto al proprio passato. Moderno, ai loro occhi, divenuto sinonimo di statalismo nazionalista e di espansionismo.
La critica alla modernit, ai diritti umani, persino alla democrazia, era ed ancora di fatto una critica alla loro caricatura, a una
pratica di essi aberrante, sovente in netto contrasto con il modello
e lispirazione ideale. Ecco perch si tratta, per alcuni versi, di una
critica salutare. Essa fa salva la modernit da se stessa, dalle sue
incarnazioni perverse. E segna un ulteriore passo in questa direzione
la circostanza che dalla critica antagonistica si sia oggi passati a una
rilettura costruttiva, creativa e pragmatica, pronta a utilizzare quanto
di positivo e vantaggioso pu provenire dalla matrice universalistica
dei diritti umani. Tutto ci costringe il progetto moderno a tener fede
a se stesso, alla sua aspirazione originaria. Recupera pragmaticamente lidea universalistica e le sue potenzialit, che ne fanno un risultato
sempre aggiornabile, un orizzonte costantemente rinnovato piuttosto che unessenza retrostante, qualcosa di reificato e sostantivato in
modo aprioristico e quindi inevitabilmente etnocentrico.
La tendenza a trasformare il discorso dei diritti in un catalizzatore
di diversit culturali va salutata positivamente. Essa tuttavia necessita dessere costantemente assistita da uno sforzo di traduzione interculturale. Diversamente, la generalit delle enunciazioni dei diritti
umani, la loro curvatura universalistica, rischiano di trasformarsi in
un mero pretesto per imbastire contrapposizioni antagonistiche. Il
linguaggio dei diritti, in altre parole, proprio per la sua vaghezza potrebbe diventare, come spesso gi accade, una sponda per articolare
differenze e pretese postulate gi in partenza come intransigibili. I
diritti umani diverrebbero allora un vuoto involucro, suscettibile di
legittimare qualsiasi petizione che si ascriva a essi, al loro spettro
semantico, solo per autoaffermarsi nellagone politico interno e internazionale. A queste condizioni essi significherebbero tutto e niente, mero strumento per consentire lassolutizzazione delle differenze,
anzich una loro sintesi inclusiva e transattiva. A evitare questa deri127
Mario Ricca
62
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Mario Ricca
sociale, forgiata invece a immagine e somiglianza dei gruppi socialmente dominanti e dei loro modelli di soggetto. Anzich aperture, in
realt, quelle concessioni sono bavagli, accettati in cambio di riconoscimenti concernenti comportamenti che orbitano alla periferia del
sistema sociale complessivo o connotano lesistenza relativamente
chiusa di sparute minoranze. Non di rado, si tratta di concessioni
operate in cambio di consenso politico strumentale o, comunque, di
una neutralizzazione della critica o della contestazione ai poteri forti.
La creazione di un lessico interculturale, rivolto allesigenza di
assicurare una laicit interculturale, si muove nella direzione esattamente opposta. Esso punta alla predisposizione di una piattaforma
giuridica inclusiva delle differenze in ordine agli snodi di fondo della convivenza sociale e alle connesse modalit di categorizzazione
normativa. Produrre questo lessico allinterno dei circuiti nazionali
costituirebbe un passo decisivo verso la realizzazione effettiva e autentica degli ideali moderni, laicit compresa. Un passo ciclopico,
se considerato nelle sue implicazioni sul piano dei rapporti internazionali e dei confronti interculturali che in essi prendono forma. I
contesti migratori insomma sono da considerarsi come miniature del
pianeta e delle sue diversit antropologico-culturali. Una palestra/
laboratorio per la storia futura, per un futuro presente.
130
1. Il libro sul quale mi si chiede di tornare a riflettere nasce da unesigenza principalmente didattica. Disponiamo di diversi ottimi manuali; eppure nessuno mi sembrava adatto per sostenere adeguatamente
la mia funzione didattica. Molti sono stati immaginati e scritti in un
momento storico molto diverso dallattuale: non sempre sono aggiornati; inoltre, siccome riportano un quadro completo delle diverse
materie oggetto della nostra disciplina, spesso non risultano adeguati
al nuovo sistema dei crediti. Mi sembrava scorretto suggerire agli
studenti lacquisto di un librone per ritagliarne poi alcune parti,
sacrificandone in definitiva limpianto e togliendo qua e l la parola
allAutore. Alcuni testi pi recenti sono stati peraltro espressamente
immaginati per un pubblico pi vasto dei soli studenti universitari. Sono rivolti agli aspiranti avvocati e perci privilegiano aspetti
tecnici e mancano di un apparato di rinvio alla dottrina: lefficacia
concorsuale provoca cos un difetto difficilmente colmabile per un
libro che deve essere messo in mano ad uno studente universitario.
Le recenti riforme ci hanno costretti a contrarre e velocizzare i
tempi di insegnamento. Abbiamo in assoluto meno tempo per parlare
di quello che ci sembra essenziale, e dobbiamo farlo pi in fretta.
Per questo durante il Corso ho deciso di privilegiare alcuni temi rispetto ad altri, soffermandomi su quelli che ritenevo pi formativi e
maggiormente caratterizzanti il metodo di indagine pratica che un
giurista in assoluto e, a mio modo di vedere, un ecclesiasticista soprattutto, deve incarnare. Penso che il nostro compito di docenti universitari sia quello di rendere chiari i principi di riferimento offrendo
agli studenti, e pi in generale a chi si interessa delle nostre materie,
delle chiavi di lettura che consentano di intervenire in modo profes131
Pierluigi Consorti
sionale nei singoli casi che possono incontrare nella loro vita. Sono
peraltro convinto che i tratti pi affascinanti del Diritto ecclesiastico
non si trovano in singole questioni specifiche (che probabilmente gli
avvocati o i giudici incontreranno poche volte nella loro vita professionale), ma in quellampio sguardo dinsieme che vede da sempre
questa materia intersecata non solo con le altre discipline giuridiche,
ma con pi vasti settori di interesse come quello storico, filosofico
o antropologico.
Siamo giuristi e per questo maneggiamo il diritto (o forse linverso), ma ci interessiamo di religione e questo ci aiuta a non soffrire
troppo il limite che spesse volte incontrano i nostri Colleghi giuristi, che finiscono per restare avvolti in un sistema tendenzialmente
autoreferenziale. Il diritto rischia di diventare un ambito di riferimento potenzialmente totalizzante. Le regole per dirla con Rodot
prevalgono sulla vita. Talvolta anche il rigore metodologico che
contraddistingue i giuristi diventa uno strumento per proporre una
sorta di catecumenato esclusivo (ed escludente). Com noto, non
c insulto peggiore di dare del sociologo ad un giurista; oppure
lo studio di certi temi viene delegato allantropologo, giacch noi
dobbiamo salvaguardare la specificit giuridica. Credo per che
sia impossibile trattare giuridicamente i temi che ci riguardano senza chiedere aiuto allindagine sociologica piuttosto che a quella antropologica. Abbiamo bisogno di molta storia e filosofia; una buona
formazione teologica non guasta. Il nostro termine di riferimento
giuridico infatti la religione. Torner sul punto.
2. Come ho detto, nel corso degli anni ho cominciato a selezionare
ed approfondire quegli argomenti che, a mio modesto avviso, costituiscono il cuore di quello che come giurista che si interessa di
questioni religiose vorrei comunicare. Per questa ragione il mio
libro non un manuale: almeno non nel senso classico del termine.
Ritengo per che abbia un significativo valore didattico, lesperienza dimostra che gli studenti di Giurisprudenza (e ancor pi quelli
di Scienze politiche) lo trovano persino avvincente. Questo perch
non si limita a fornire al lettore il quadro di riferimento normativo
132
o giurisprudenziale degli argomenti presentati, ma propone un coinvolgimento personale. Lo studente si vede chiamato a ragionare per
costruire un proprio percorso di riflessione, sulla base di dati giuridici inseriti in un contesto pi ampio di riflessione che parte dallesame
della vita quotidiana. Per questa ragione ho accettato di buon grado
la proposta dellEditore di inserirlo nella Collana Manuali.
Nel mio caso il rapporto con lEditore ha una certa importanza;
perci vorrei fermarmi un momento su questo punto. Come ben sappiamo, laccademia produce libri. Il libro anzi, la monografia
costituisce un passo ineludibile per chi voglia appartenere allUniversit. Quella che un tempo era una legge non scritta, oggi un
elemento formalizzato (in termini di mediane). Per questo motivo
gli aspiranti docenti universitari sono portati a scrivere libri per i
concorsi, di modo che chi scrive si rivolge principalmente ai suoi
futuri valutatori, oppure ai propri pari. Opere eccellenti, insieme ad
altre meno lusinghiere, vengono cos inserite in Collane universitarie
i cui costi (ingenti) di pubblicazione sono in genere sopportati dallUniversit stessa (se non addirittura dallAutore). una strada ben nota,
che anchio ho seguito ad esempio per il volume sul sostentamento
del clero ma che ho volentieri abbandonato appena ho avuto lopportunit di scrivere libri adatti al mercato editoriale. Con tutti i pregi
e i difetti che ne derivano. Del resto ogni libro ha i suoi limiti; ed ho
accettato molto volentieri la sfida di pubblicare un libro destinato a
lettori normali. Lho considerata unopportunit da non perdere.
Sapevo bene che pubblicare questo libro poteva essere rischioso.
Avrei fatto meglio ad aspettare, magari pubblicando prima una monografia settoriale, concorsualmente pi redditizia. Non sarei per
riuscito a parlare di Diritto ecclesiastico in termini altrettanto chiari
di come ho potuto fare in un libro espressamente dedicato ai rapporti
fra diritto e religione. Costruire questo libro mi piaciuto moltissimo, perch rappresenta bene il modo in cui concepisco il Diritto
ecclesiastico. In un certo senso procedendo (secondo me in avanti)
lungo la strada della mia formazione iniziale, provando a prendere
una direzione che ritengo utile (se non indispensabile) per mantenere
viva una tradizione che corre il rischio di restare travolta dal tempo
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Pierluigi Consorti
che scorre, e cha gi adesso per molti versi ritenuta da tanti insignificante.
3. La scelta del titolo Diritto e religione non quindi casuale.
Il convegno odierno dimostra che non sono stato molto originale.
Prima del mio solo Mario Ricca aveva chiamato cos un suo libro di
Diritto ecclesiastico: dopo di che Luciano Musselli, Valerio Tozzi,
Gianfranco Macr, Marco Parisi (e poi Sara Domianello, Roberto
Mazzola, Alessandro Ferrari, Maria Cristina Ivaldi, Antonello De
Oto, Daniela Milani, Ivan Iban) hanno usato la stessa espressione.
Non so quali ragioni abbiano spinto gli altri Colleghi ad usare questa locuzione, ma vorrei chiarire che per me la scelta non stata
indolore. Credere che si tratti di un aspetto meramente nominalistico
sarebbe limitativo. Ero certo che non lavrei chiamato Diritto ecclesiastico. In primo luogo perch non fosse confuso con un manuale
tradizionale o con un testo per concorsi [Chi acquista un libro chiamato Diritto ecclesiastico ha diritto a veder soddisfatta laspettativa di trovare un manuale completo che lo aiuti a districarsi nella materia con metodologia e sistematica tradizionale. Ricordo che quando
fui chiamato a far parte della commissione per lesame di stato un
magistrato che interrogava in Diritto ecclesiastico quando io non
ero presente mi disse: Quando tu parli di Diritto ecclesiastico apri
orizzonti. Quando interrogo io non c pathos. Parlo sempre la stessa
lingua dei candidati: abbiamo studiato tutti sul Simone!. Per me fu
un bel complimento (ma va detto che lo spettro di tenere in vita il
Diritto ecclesiastico grazie agli esami di Stato e ai Manuali Simone
continua ad aggirarsi per lItalia!)].
Nemmeno sono stato spinto dalla volont di differenziarmi. Ero
piuttosto condizionato dalla scarsa capacit comunicativa che attribuisco alla locuzione Diritto ecclesiastico. Secondo me, chi acquista un libro chiamato Diritto ecclesiastico o gi sa cos il Diritto
ecclesiastico, o costretto a comprarlo perch deve sostenere un
esame di Diritto ecclesiastico. Desideravo piuttosto rivolgermi a chi
non sa cos il Diritto ecclesiastico: e per raggiungere questo obbiettivo lespressione Diritto e religione mi sembrava certamente pi
134
Pierluigi Consorti
senso religioso, quanto da una pi profonda risistemazione dei rapporti tra le esigenze etiche dellumanit e lo spazio delle scelte politiche. Investe direttamente il processo di secolarizzazione che nonostante le apparenze pi vistose tocca lOccidente quanto lOriente
caratterizzando la globalizzazione di cui tanto si parla.
Pi che alla rinascita del religioso, stiamo assistendo alla rinascita
dellindividualismo, con conseguenze da approfondire sul lato della ridefinizione delle identit. Tale circostanza si accompagna a una
accentuazione del pluralismo religioso e culturale che rende sempre
meno frequenti le ipotesi di monismo religioso alle quali eravamo abituati e sulla base delle quali abbiamo costruito le regole della
convivenza civile. Ormai nessuna parte del mondo (salvo, forse, lo
Stato del Vaticano!) vede vivere (in un solo Stato-ordinamento giuridico) una sola confessione religiosa o una sola ideologia religiosa.
In Italia il rapporto fra religione e diritto, che fino a pochi anni fa
era quasi totalmente assorbito dalle dinamiche relazionali fra Stato e
Chiesa cattolica, presenta contorni del tutto nuovi. Le ipotesi conflittuali pi concrete vale a dire con minore spessore ideologico si
registrano soprattutto verso la presenza di comunit non omogenee al
tradizionale contesto culturale italiano. In modo particolare verso gli
islamici, nei confronti dei quali ci si ostina a non ritenere ripetibile
la soluzione negoziata adottata con altre, ben pi piccole, confessioni religiose. Alimentando cos un conflitto culturale che sembra
rafforzato proprio dalla differenza religiosa, vissuta come problema
invece che come opportunit. Di fronte a tale conflitto il legislatore
tace, lesecutivo esprime unesplicita tendenza giurisdizionalista, e
la dottrina spesso balbetta.
Se da un lato gi disponiamo degli strumenti di base per affrontare tali problemi, dallaltro lato credo dobbiamo ancora dotarci di attrezzi che ci aiutino nellanalisi dei fenomeni e nella individuazione
delle strade che consentono di proporre soluzioni efficaci. I conflitti
rischiano di scalare in forme violente e le possibilit di incontro si
trasformano in scontri. In tale contesto dovremmo proporre il dialogo laico inteso tanto come valore quanto come metodo interpretandolo come strumento formidabile di gestione dei conflitti. Qui sia137
Pierluigi Consorti
mo nel cuore del rapporto fra diritto e religione: non mi sembra che
tali sfide possano essere affrontate mediante il tradizionale schema
della relazione fra ordinamenti. Penso perci che il diritto ecclesiastico tradizionalmente inteso abbia bisogno di rinnovarsi e di aprirsi
verso nuove frontiere.
5. Il mio libro ha lambizione di entrare dentro questi temi che il collega Mario Ricca da tempo sollecita ad approfondire nella dimensione interculturale. Ragioni editoriali mi hanno impedito di affrontarli
con la distensione che avrebbero meritato. Per il momento ho potuto
solo proporre suggestioni in pillole, che mi ripropongo di sistemare in una futura (non lontana) edizione del libro. Sono convinto
che abbiamo bisogno di un approfondimento culturale che ci aiuti a
guardare un po pi lontano del nostro cortile. Per convivere in pace
dobbiamo sforzarci di conoscere meglio gli altri. Dobbiamo perci
riprendere a studiare per entrare in dialogo con un dibattito pi largo che vede talvolta i giuristi in una posizione marginale. Abbiamo
qualcosa da dire; tirarsi indietro significherebbe addossarci colpe che
possiamo ancora evitare di caricarci.
In questo senso non solo mi pare che sia sempre pi necessario
impostare i rapporti tra diritto e religione in termini di promozione
della libert personale e collettiva, quanto di insistere sul fatto che
questa esigenza si presenta come una diretta conseguenza della dignit umana. questultima che fonda le pretese di libert, ed al
tempo stesso impone al diritto di assecondarle.
Tali esigenze di libert devono peraltro a loro volta liberarsi dal
paradigma verticale proprio delle relazioni apicali fra Stato e soggetti
religiosi che ha condizionato il Diritto ecclesiastico tradizionale. Il
ricorso alle intese, recentemente ripreso in termini ancor pi sciatti
del passato, conferma la tendenza a conservare tali relazioni nello
schema degli accordi fra poteri che contrattano provvidenze economiche, lasciando da parte le risposte politiche e in quanto tali, poi
giuridiche richieste da una societ sempre pi multiculturale. Tale
questione non una mera conseguenza dei recenti fenomeni migratori. Laccentuazione del pluralismo religioso e culturale in parte
138
indipendente da questi aspetti. anche il frutto di una societ secolarizzata che presenta domande nuove alle quali il multiculturalismo
non ha saputo dare risposte.
Da questo punto di vista la mia scelta esce rafforzata. Attraverso
lo spostamento dellattenzione verso i fenomeni identitari socialmente pi rilevanti e conflittuali, intendo prendere parte per un cambiamento di orizzonti fondato sulla solida tradizione del Diritto ecclesiastico, che mi piacerebbe condurre verso spazi pi larghi che
contemplano lo studio dei rapporti fra diritto e religione.
139
Parte seconda
Commenti sulle opere considerate
La felice occasione di questo Incontro pisano, intelligentemente pensato e voluto dai colleghi Tozzi e Consorti, consente una opportuna
riflessione sullo stato attuale della disciplina del Diritto ecclesiastico,
per come rappresentata in quattro importanti manuali di edizione
recente. A me toccata la fortunata opportunit di riflettere sul libro
Diritto e religione, di Gianfranco Macr, Marco Parisi e Valerio Tozzi.
Dico subito che il libro, piccolo per mole, invece ricco di contenuti; suscita interesse, perch capace di sintesi sempre adeguatamente motivate e di dettagliate analisi critiche; merita di essere studiato,
nellinsieme e negli specifici aspetti dei temi trattati.
Un libro-frontiera, che colloco volentieri tra passato e futuro della
disciplina del Diritto ecclesiastico: esemplare anche per la metodologia di collaborazione adottata dagli autori, colleghi di et diversa
e di differente qualificazione accademica, in cui Maestro e allievi si
pongono allo stesso livello e riescono in una armonica sintonia sui
temi trattati, attraverso un evidente e fecondo dialogo nella ricerca
comune.
Meno appropriato ritengo per contro il titolo affidato al volume,
soprattutto se voglia essere come nelle intenzioni degli autori
la proposta per una nuova denominazione scientifico-didattica della
classica disciplina del Diritto ecclesiastico.
Anchio la penso ormai bisognosa di modifica e di innovazione;
ma continuo a pensare preferibile la denominazione diritto delle religioni o, meglio ancora, diritto pubblico delle religioni, con luso
del genitivo sia nel modo oggettivo che in quello soggettivo.
In forma soggettiva, perch in tal modo si pu rispondere sostanzialmente agli interrogativi della religione e delle confessioni; in
modo oggettivo, perch la religione svolge funzioni sociali, etiche e
143
Rinaldo Bertolino
Rinaldo Bertolino
Ma lo dico da canonista essa non esaurisce la realt di quel momento, n, appunto, corrisponde appieno alla realt storico-sociale.
Intanto, non condividerei ma ci non sta scritto nel libro n
appare essere nelle intenzioni dei suoi autori che si consideri la persona uti individuus soltanto, dimenticandone la dimensione sociale,
quella sua uti socius. che, proprio dal punto di vista religioso, la
professione individuale, il solo sentire soggettivo, il riferimento unicamente personale allEssere supremo nel che certamente la pi
convinta e coerente espressione di una fede religiosa non (ormai)
adeguata a rappresentare correttamente le realt religiosa, di quella
almeno delle chiese cristiane; certo non della Chiesa cattolica.
Se, nel passato, il pensiero liberale pretendeva di riconoscere e di
apprezzare il solo vissuto individuale del credente, voluto paradossalmente quasi solipsistico, oggi non pu pi essere cos. La Chiesa
del Vaticano II ha obbligato a una aggiornata riconfigurazione critica
del proprio ordinamento; ha offerto di s una dimensione societaria
pi completa e forte (quella del popolo di Dio); ha riscoperto il valore della comunit della communio rispetto alla fede e alla posizione del singolo christifidelis. Si tratta oltretutto di una dimensione
societaria, che in una corretta visione teologica ed ecclesiologica,
non pu ridursi a quella storica soltanto, dovendo configurarne la
coessenziale realt escatologico-sacramentale: la Chiesa, appunto,
come Ursakrament (K. Rahner).
Non intendo introdurre qui il tema, pur importante, della configurazione giuridica dellappartenenza confessionale, che Silvio Ferrari, in dissenso con Valerio Tozzi, accredita a manifestazione di una
pubblica identit. Guardo a profili di sostanza; a come possa e debba essere un corretto, nuovo sentire religioso, il quale per essere
tale non pu essere soltanto individuale: non si d, infatti, sentire
religioso ove manchi la religio; ove manchi, cio, la configurazione
societaria, lappartenenza comunionale alla Chiesa.
Mi limito a probanti esemplificazioni e momenti di vita della e
nella Chiesa cattolica, nella quale si pu ben dire che non esista il
christifidelis senza di questa, e che non esista la Chiesa senza la persona del fedele, nella sua identit e autonomia. Ma lappartenenza
147
Rinaldo Bertolino
alla Chiesa, la qualificazione del soggetto come christifidelis, lacquisizione stessa della sua personalit giuridica avvengono nel battesimo (can. 96), il quale sacramento e strumento proprio alla istituzione e di questa costituisce la insostituibile via di ingresso. Se, poi, il
battesimo (da non intendersi, ovviamente, in modo solo anagrafico)
il momento iniziale della fede religiosa individuale, la partecipazione
piena del credente, quella vera, alla vita comunitaria della Chiesa
avviene e si esprime attraverso il sacramento delleucarestia. Ma la
titolarit sui sacramenti appartiene prevalentemente alla dimensione
istituzionale della Chiesa e alla sua organizzazione, anche giuridica.
Si pu, cos, ritornare al preteso compromesso raggiunto, a mio
avviso sapientemente, nella carta costituzionale del 48 e al necessario punto di equilibrio tra le esigenze di tutela individuale e di quella
comunitaria del credo religioso. Non sono, invero, ragioni compromissorie, ma di una pi autentica comprensione della realt del fenomeno religioso, quelle che hanno condotto i costituenti a un giusto
punto di equilibrio, di coordinazione, tra i due momenti: gli artt. 7,
8 e 20 cost., orientati nella direzione societaria, sono equilibrati e
coordinati, cos, dagli artt. 2, 3 e 19, che privilegiano invece quella
individuale.
Gli autori stessi del libro colgono, opportunamente, questi profili;
ne elaborano anzi approfondite analisi critiche e li inquadrano assai
bene nella temperie storica e politica di quel tempo.
Da ultimo, su un punto ma decisivo sono pienamente daccordo con Tozzi: che il prius del riconoscimento e della tutela della
libert religiosa si identifica sempre con quello della libert di coscienza. Anchio lho sostenuto da sempre nei miei studi, motivandolo sino al riconoscimento estremo della obiezione di coscienza;
difendendo la tesi che tale libert non possa esaurirsi nelle sole sue
estrinsecazioni di natura religiosa.
Anche per me dunque indubbio che il prius di ogni autentica fede religiosa sia insito nella capacit intellettuale e nel cuore di
ogni persona; ma la confessione religiosa non , per ci stesso, solo
un posterius. Essa invece coessenziale al credo religioso di ogni
uomo, meritevole pertanto di un uguale apprezzamento rispetto alla
148
149
seconda ecclesiasticistica). Per quanto riguarda questultima, aggiunge: come parliamo di un diritto civile, di un diritto commerciale, di
un diritto amministrativo, astrattamente, senza riferirci a un determinato Paese, cos possiamo anche parlare di un diritto ecclesiastico
dello Stato in astratto, come del complesso organico di norme statali
che nei vari Paesi regola la vita delle societ religiose. Se a livello
didattico era opportuno accomunare il diritto della Chiesa di Roma
e quello italiano, riteneva che a livello pratico le norme regolatrici
della vita delle altre confessioni come quelle degli altri Stati sarebbero state prive di interesse. Altri autori, invece, come il Galante
(1923) e il Badii (1925), avevano preso in considerazione i sistemi
di relazioni Stati-Chiese anche di altri paesi, mentre, come ha messo in evidenza Mirabelli, era tradizionale linteresse della dottrina
italiana per i sistemi doltralpe (basta pensare agli studi di Schiappoli e Ambrosini sul Diritto ecclesiastico francese prima e dopo la
Separazione o al Ruffini traduttore del Friedberg , al Bertola del
Regime dei culti in Turchia del 1925 o al Giannini de I concordati
post-bellici del 1929-36). Ci per ricordare che, se le pi giovani generazioni di ecclesiasticisti hanno scoperto il diritto europeo delle
religioni, o quello internazionale dei culti, o la comparazione giuridica in questi settori, linteresse per queste tematiche e per questi
approcci data almeno dalla mitica Biblioteca di scienze politiche,
diretta dal costituzionalista torinese Attilio Brunialti, il cui ottavo volume (Torino, 1892, circa 1400 pagine) era dedicato alle relazioni fra
gli Stati e le Chiese. Nel 1933 compare presso Hoepli il manuale di
Gabriele Cornaggia Medici (allora assistente alla cattedra di Diritto
ecclesiastico di Milano ricoperta dal Falco) con il nihil obstat del
censore mons. Oldani, con limprimatur della diocesi di Milano e
con il sottotitolo Storia e sistema del diritto della Chiesa. Diritto
dello Stato in materia ecclesiastica. Scrivendo di Concetto, caratteri
e posizione delle norme in materia ecclesiastica nel sistema generale
del diritto italiano, Cornaggia critica implicitamente le definizioni
correnti e dichiara che il c.d. diritto ecclesiastico in senso statuale
(pi esattamente il diritto dello Stato in materia ecclesiastica) []
pu con definizione unitaria considerarsi il complesso delle norme
154
ai nuovi accordi e alla legislazione derivata dellart. 7 della Costituzione. Alle due tesi opposte in materia e alla conclusione di Musselli
(pare difficile [] che questa ingente massa di norme possa godere
di una particolare tutela costituzionale), osserverei che se gli Accordi del 1984 hanno avuto la finalit dichiarata di adeguare i Patti del
1929 alle norme costituzionali (sicuramente rinforzate dalla teoria
dei principi supremi enucleati dalla Corte Costituzionale), il problema di una resistenza supercostituzionale di norme come quelle del
1929, che erano in palese contrasto con la Carta fondamentale e che
la Corte Costituzionale ha considerato poi di rango inferiore, non pu
porsi per una normativa di derivazione pattizia o unilaterale che
stata prodotta in conformit e alla luce dei principi della Costituzione
proprio per sanare quegli evidenti contrasti.
Altro aspetto importante della riflessione di Musselli quello
della obiezione di coscienza, sulla quale un maestro come Bertolino
scrisse pagine fondamentali, che, superata dalla fine del servizio militare obbligatorio in questo settore, oggi in primo piano per quanto
riguarda lobiezione allaborto che, se generalizzata, pu portare
a conseguenze [] non facilmente prevedibili. In proposito richiamata la sentenza 26 maggio 2011 della Corte europea dei diritti
delluomo che ha stabilito che le autorit degli Stati aderenti alla Convenzione europea dei diritti delluomo devono organizzare i servizi
sanitari in modo che la libert di coscienza dei medici sia garantita
in un contesto professionale che non impedisca ai pazienti di accedere ai servizi ai quali hanno legalmente diritto. Il rischio che per
rispettare le coscienze si finisca per tornare agli aborti clandestini.
Sottolineerei, nelle pagine dedicate alla posizione giuridica della
Chiesa, la sintetica formula con la quale lautore definisce il sistema
italiano di rapporti Stato-Chiesa cattolica: Collaborazione nella separazione degli ambiti. Un sistema concordatario e non separatista,
un sistema concordatario per non confessionista, che prende atto
del grande rilievo sociale e istituzionale della Chiesa cattolica come,
in misura minore, del rilievo delle altre confessioni, senza rinunciare
ad essere patria religiosamente neutrale di tutti i suoi cittadini e alla
sua dimensione di laicit. Aggiungerei che il sistema deve, oggi,
158
prendere atto anche del vasto mondo dellindifferenza e delle credenze non confessionali e che, comunque, rimane sempre irrisolta,
anche in presenza di pressioni sociali separatiste, la questione dei due
ordini separati, ma non definiti, ognuna delle due Parti ritenendo
di avere, come scriveva Jemolo, la competenza delle competenze.
Tanto pi irrisolta quanto pi da parte ecclesiastica e da parte di politici ubbidienti si continua a parlare di valori non negoziabili,
come era non negoziabile, ancora cento anni fa, il potere temporale
del pontefice debellato definitivamente a Porta Pia. Ad esso sopravvisse, invece, listituto carloalbertino della religione dello Stato,
il cui significato e la cui storia di circa un secolo e mezzo Musselli
richiama per soffermarsi, poi, sulla questione del vilipendio risolta,
grazie ad alcune recenti sentenze della Corte Costituzionale, con labrogazione del relativo reato.
Il paragrafo dedicato agli edifici di culto, che illustra puntualmente la normativa civile e quella di derivazione concordataria, mi suggerisce di richiamare un problema che sembrerebbe di recente essere
stato avviato a soluzione: il biglietto dingresso nelle 95.000 chiese
italiane alle quali tutti hanno diritto di accedere, a proposito del quale
il Consiglio Permanente CEI ha di recente stabilito che, salvi casi
eccezionali, i vescovi devono garantire a tutti laccesso gratuito a
quelle aperte al culto perch venga in evidenza la fondamentale destinazione alla preghiera liturgica e individuale. Dovrebbero finire
cos quegli ibridi che sono le chiese-museo che violano il principio
della apertura al culto pubblico con la pretesa di contributi per spese
di mantenimento e sorveglianza facilmente sostenibili attraverso il
meccanismo del cos detto otto per mille previsto dalla legge n.
222/1985.
Nel capitolo dedicato alle confessioni diverse dalla cattolica (concetto, intese, disciplina comune) Musselli affronta per primo rispetto
ad altri manuali la questione se la massoneria possa considerarsi
una confessione religiosa e conclude negativamente anche perch
se cos fosse si finirebbe per ammettere la duplice appartenenza confessionale, che se non ricordo male Hans Kung considera invece legittima e che, in ogni caso, tornata alla ribalta con lambigua crea159
162
1. Parlare di Mario Ricca non un compito facile, anche perch considero Mario Ricca un maestro del pensiero capace di approfondite
riflessioni, di renderci consapevoli di un sapere che ci appartiene ma
che per ignoriamo di conoscere. Non possibile, con il tempo a
disposizione, illustrare per esteso il suo libro Diritto e religione. Per
una pistemica giuridica. Il volume, infatti, piuttosto complesso,
cos come il suo recente saggio Laicit interculturale. Cos?, che
sviluppa ulteriormente le originarie tematiche. Mi soffermer, pertanto, solo su alcuni argomenti che hanno colpito la mia sensibilit,
senza ovviamente sminuire limportanza degli altri, tra i quali debbo
ricordare la problematica relativa a Cittadinanza e religioni (cap. II)
ed il capitolo veramente penetrante sulle Genealogie culturali della
libert religiosa (cap. III). Debbo, inoltre, premettere che il volume
di Mario Ricca Diritto e religione, paradossalmente, lontano dal
Diritto ecclesiastico, cos come da noi comunemente inteso, insegnato e trattato nei manuali della disciplina, ma al tempo stesso
anche quello che forse pu essergli pi vicino, al punto da fornire alla
nostra disciplina elementi utili per il suo rinnovamento e soprattutto
lauspicabile quanto necessario ampliamento del suo orizzonte, pur
restando in ambito propriamente giuridico.
2. In questo libro edito nel 2002, scelto, insieme ad altri tre volumi, per
riflettere sulla evoluzione di un settore della scienza giuridica attraverso il confronto di quattro libri, la parte pi ecclesiasticistica, vista
sempre attraverso unottica di ampliamento, quella relativa allart.
20 Cost., che Mario Ricca tratta sotto la categoria, da lui adottata, del
pluralismo religioso. Questa parte del libro certamente quella che
pi propriamente interessa lecclesiasticista in senso tradizionale.
163
Paolo Picozza
Paolo Picozza
Paolo Picozza
rapportarci con gli altri, a convivere senza andare verso derive autoritarie, o nuovamente teocratiche. Perch il rischio che si vada verso
derive e realt soprattutto teocratiche concreto; noi lo vediamo in
certi paesi non proprio vicini a noi. Ed il ricorso al metodo democratico non sempre in grado di funzionare, anche perch come sostiene
Mario Ricca, nulla dimostra che la democrazia sia intrinsecamente
buona, o intrinsecamente migliore. Non pi possibile continuare
a pensare ad uno stato democratico, fondato sulla sovranit popolare e sul conseguente criterio di maggioranza, se le sue leggi non
integrano la diversit culturale. E quindi la sovranit stessa non sia
interculturale.
Domande, come si vede, che pongono in dubbio i nostri radicati
convincimenti. E le risposte anche sul piano normativo sono ancora pi difficili. La soluzione dei problemi che lintercultura pone,
necessita di risposte e comportamenti diversi rispetto a quelli fino
ad oggi utilizzati. In altre parole impensabile continuare, o meglio
tentare, di imporre i nostri schemi culturali, comunemente di matrice
cristiana, o cercare di esportare la nostra laicit monoculturale, mascherata da una pretesa imparzialit. Negativa poi lattitudine, sotto
lapparente nome della multiculturalit, ad accettare e legittimare,
spesso, o per utilit politica o quando costretti da forte contestazione, comportamenti non conciliabili nel nostro ordinamento. Dare
spazio alla diffidenza senza tentare n di tradurre, n di transigere,
rafforza gli stereotipi, la reciproca estraneit culturale tra i gruppi.
La soluzione che Mario Ricca propone, consiste piuttosto in un metodo, che richiede certamente tempi lunghi, ma che pu e deve portare al risultato che tutti desiderano. La creazione di un lessico interculturale, scrive Mario Ricca, rivolto allesigenza di assicurare
una laicit interculturale si muove in direzione esattamente opposta.
Esso punta alla predisposizione di una piattaforma giuridica inclusiva delle differenze in ordine agli snodi di fondo della convivenza
sociale e alle connesse modalit di categorizzazione normativa. Produrre questo lessico allinterno dei circuiti nazionali costituirebbe un
passo decisivo verso la realizzazione effettiva e autentica degli ideali
moderni, laicit compresa. Passo ciclopico, se considerato nelle sue
168
implicazioni sul piano dei rapporti internazionali e dei confronti interculturali in cui essi prendono forma. I contesti migratori insomma
sono da considerarsi come miniature del pianeta e delle sue diversit
antropologico-culturali. Una palestra/laboratorio per la storia futura,
per un futuro presente.
Mi sembra una conclusione da condividere. Penso che prima di
arrivare a questo ci vorr parecchio tempo. Occorre poi constatare,
con rammarico, che non si cerca neppure di risolvere i problemi posti
oggi dalla globalizzazione ampliando i propri orizzonti, compiendo
cos significativi passi in avanti. I problemi vengono invece affrontati
facendo dei passi indietro; ritornando cio alle vecchie logiche o categorie di popolo, nazione, regione, della difesa della propria identit
religiosa e/o culturale, affrontando cio la sfida della globalizzazione, al sicuro, rinchiusi dentro il proprio orticello.
169
Enrico Vitali
Insomma siamo qui per vedere come sta la nostra materia attraverso
il periscopio di quattro manuali.
Una precisazione: ci si soffermati di preferenza su manuali intitolati Diritto e religione. Ma a parte questo criterio di scelta, che mi
sembra leffetto di una rivoluzione puramente nominalistica, quali
sono, per dirla con Montale, le notizie dallAmiata?
Per darle vediamo il volume di Consorti.
Dico subito che il libro si segnala per lo stile accattivante, caratterizzato da notevole immediatezza, come se si rivolgesse a persone
che non conoscono il diritto e che ancor meno sanno che cosa sia il
Diritto ecclesiastico, materia che notoriamente, per i pi assolutamente sconosciuta. Ma anche i lettori che nulla sanno del Diritto
ecclesiastico, osserva lA., se si fermano a ragionare, avvertono che
esso tocca le dimensioni profonde del modo di vivere in pratica la
nostra vita (p. VI).
La materia riguarda fattispecie religiosamente significative, cio
qualificate dallattinenza alla religione, per cui, precisa lA. ponendosi nel solco della dottrina maggioritaria della legislatio libertatis,
il diritto ecclesiastico si apre verso orizzonti che coinvolgono i sentimenti profondi della persona nella fase della loro esternazione. Le
interferenze tra religione e diritto sono continue; molta materia si
interseca con altre discipline giuridiche su di un tessuto culturale fatto di storia, di politica e filosofia, in un ambiente mai culturalmente
chiuso in s stesso (oggi forse, dico io).
Si tratta dunque di un testo per corsi universitari, non per di un
manuale dove trovi tutta la normativa della materia didascalicamente
presentata; sotto questo profilo, anzi, un volume che suscita pi
problemi che sicurezze; che mostra una certa insofferenza per il testo
legislativo, avvertito spesso come limitante (cfr. per esempio p. 49) e
che quindi tende a superarlo.
Esemplare sotto questo profilo pu essere il paragrafo matrimonio e famiglia: scritto con garbo, illustra le forme di convivenza
non fondate sul matrimonio, i problemi della genitorialit, affronta
il tema del matrimonio fra persone dello stesso sesso insomma i
temi oggi pi scottanti (pp. 95-107) ma poi limita la trattazione del
172
matrimonio concordatario a due paginette concludendo sulla delibazione delle sentenze ecclesiastiche con una espressione sintetica che
potrebbe dar luogo a fraintendimenti e cio essere intesa anche come
un grave errore (p. 109 in fondo).
Chiaramente non un testo sul quale fare affidamento per la preparazione dellesame di stato di avvocato o per un uso professionale, nel quale sono necessari dati normativi e indicazioni di possibili
connessioni. Invece sarebbe adatto ad un insegnamento nellambito
di un corso di laurea in Scienze politiche, perch libro che susciterebbe certamente il dialogo tra docente e discente con possibilit di
aperture e verifiche.
Nel primo e secondo capitolo dopo aver illustrato le origini della
nostra materia e della dizione Diritto ecclesiastico che oggi si
pu intendere come linsieme delle norme poste dallo Stato (o da altri enti) per disciplinare gli interessi religiosi o meglio, le manifestazioni del sentimento religioso. LA. afferma che la dizione Diritto
ecclesiastico potrebbe essere sostituita senza traumi da Diritto e
religione che appunto il titolo che stato dato al volume titolo
sul quale ritorner pi avanti. Funzione delle norme del Diritto ecclesiastico quella di assicurare la libert religiosa concepita come componente fondamentale della libert personale, che non pu esaurirsi in
una semplice tutela contro le aggressioni fisiche alla libert personale,
ma si apre a garantire la piena autodeterminazione di ogni individuo
nei confronti delle grandi tematiche della vita e il pieno riconoscimento di unautonomia etica articolata e diffusa, che consente a ciascun soggetto di realizzare un personale progetto di vita (Pacillo). E
quindi lA. tiene ad evidenziare come il Diritto ecclesiastico colga le
tensioni tra diritto ed etica, tra legge e coscienza, meglio, tra imperativi della coscienza e obblighi imposti dal legislatore, tra imperativi
imposti dal gruppo religioso o condotte consentite o garantite come
diritto delle norme dello Stato. Sorgono cos alternative tra approfittare delle facolt consentite dal diritto dello Stato e losservanza dei
divieti religiosi (divorzio, aborto), ossia i conflitti di lealt.
Pertanto, secondo lA., tutelando le manifestazioni del sentimento religioso in quanto atti esterni alla persona, il diritto ecclesiastico
173
Enrico Vitali
Enrico Vitali
garanzia della democraticit di un ordinamento si evidenzia attraverso la scelta delle forme della produzione legislativa.
Consorti afferma anche che la garanzia giuridica dei diritti di libert non costituita dal diritto, ma dalla dignit umana.
Anche qui mi sorge qualche dubbio.
Se vero, come stato osservato, che la dignit umana quel
complesso di valori umani fondamentali che costituisce lessenza di
ogni persona nel suo statico esserci e che la persona umana viene
quindi considerata per s stessa e nel suo libero svolgimento (Baldassarre), impedendo cos a chiunque di degradare la persona a mero
oggetto (Pacillo), chiaro che si tratta di una considerazione statica
delluomo.
Mentre la considerazione dei diritti fa rilevare il conferimento di
possibilit dellagire. Quindi il profilo della dignit evoca una considerazione del soggetto in s, non nelle sue possibilit di agire. Ci
dovrebbe significare rispetto delle dignit delluomo sia in campo
pubblico che in campo privato, in quanto membro della comunit
umana. Essa il presupposto dei diritti inviolabili e indisponibili che
configurano nella loro unit complessiva i momenti essenziali del
concetto di personalit garantito dallart. 2 Cost..
Questo ragionamento indica meglio il soggetto, la personalit,
cui fa riferimento il diritto, ma non mi sembra di poter accettare la
icastica espressione: la garanzia giuridica dei diritti di libert non
costituita dal diritto, ma dalla dignit umana. E tale dignit si tutela
attraverso il conferimento dei diritti indisponibili e irretrattabili, tra i
quali rientra anche la libert religiosa. Quindi sono i diritti che tutelano la dignit e non viceversa.
Due parole sul titolo del volume.
Oggi il Diritto ecclesiastico non pi solo un diritto bilaterale, ma
soprattutto un diritto posto unilateralmente dallo Stato attraverso
diversificati procedimenti legislativi, nonch a seguito della incidenza diretta o indiretta degli obblighi comunitari. Si pu ricordare a
questo proposito che un tempo si parl anche di Diritto internazionale ecclesiastico (Balladore Pallieri), oggi si parla di Diritto
ecclesiastico europeo, che una parte attuale della materia. Daltra
177
Enrico Vitali
parte i fatti evolvono con una velocit cui non sempre il legislatore,
per di pi tendenzialmente neghittoso come il nostro, riesce a raggiungere.
Direi che i fatti si impongono e sono pi forti della non progettualit.
Da ci deriva una notevole confusione sia a livello di formazione
delle idee sia a livello di progettualit scientifica, che ha investito
persino la denominazione della disciplina.
Non mi sfugge che tutte le volte che, nella civilt dellOccidente,
ledificio delle convinzioni morali e dei fondamenti della vita civile e
democratica, nonch del gusto, non resse al proprio peso e fu solcata
da fenditure che sembravano annunciare lultimo crollo (Cecchi), da
codeste fenditure si vide balenare lOriente e si dubit della sopravvivenza della civilt. Questo fenomeno provoca spesso quella che
si potrebbe chiamare una fuga dal battello su cui si sta navigando e
induce a cercare altrove, su altre barche, ritenute inaffondabili, ricovero, sperando in una pi sicura navigazione. Non vorrei che il fenomeno investisse la nostra materia provocando una sorta di trahison
des clercs.
A questo fenomeno vorrei opporre molto semplicemente il D.M.
25 novembre 2005 e il pi recente D.M. 29 luglio 2011: il primo che
qualifica il Diritto ecclesiastico e il Diritto canonico come attivit
formative indispensabili per cui i due insegnamenti sono stati inseriti tra le attivit formative di base. Il secondo ha ribadito lautonomia concorsuale del Diritto ecclesiastico e canonico (devo queste
indicazioni allamico Rivetti, che ringrazio). Questa la situazione
normativa. Sicch mi sembrerebbe, che il miglior partito, in una fase
di transizione e di quasi quotidiana modificazione normativa, sarebbe quello di rimanere fermi e contenti dellattuale sistemazione. Di
contro si manifestata una sorta di insofferenza verso la dizione Diritto ecclesiastico, pronosticandone la prossima fine, forse perch
essa evoca lappartenenza alla Chiesa (il che mi sembrerebbe infantile), che per da quando la materia stata introdotta nellordinamento
universitario italiano e cio dalla seconda met dell800 in avanti
non ha mai assunto un tal contenuto. Nel solco di questa insofferenza
178
stato detto che il problema fondamentale sarebbe quello del multiculturalismo provocato dal fenomeno dellimmigrazione che nelle
scuole implica una educazione interculturale e la conoscenza e valorizzazione delle differenze, anche religiose, presenti nella scuola
stessa. Di qui la proposta di sostituire alla dizione di Diritto ecclesiastico quella di diritto del multiculturalismo, confondendo un
piccolo settore con il tutto.
Quello del multiculturalismo un fenomeno che deve senzaltro
attirare lattenzione dellecclesiasticista, ma una attenzione che deve
inglobare il fenomeno nel Diritto ecclesiastico e che deve essere affrontato secondo i parametri della giuridicit e non della sociologia.
Esso potrebbe essere certamente un capitolo importante del Diritto
ecclesiastico, ma dentro di esso e non fuori, dove invece perderebbe
qualsiasi connotazione giuridica divenendo al pi una materia complementare in divertimento di mediazione linguistica. Daltra parte,
se si deve parlare di antropologia, ci sono i cultori di tale materia che
potrebbero accusare lecclesiasticista dedito al multiculturalismo di
essersi trasformato in uno studioso daccatto e che potrebbero dire
che essi (antropologi) quegli studi li fanno meglio.
Da altre parti si propone un nuovo appellativo, Diritto e religione, che giunge a tale risultato dopo una considerazione della fine
dellassetto westfaliano dei rapporti tra Stato e Chiesa, dopo il mutamento del fenomeno religioso attuale e infine a seguito del diversificarsi delle autorit statuali e non che vengono in considerazione a
fronte del fenomeno religioso. Ho limpressione che in questo modo
si sia costruita una versione alquanto astratta della realt da superare
(quando si form il Diritto ecclesiastico italiano, lassetto westfaliano era gi tramontato), che non corrisponde alla realt effettuale,
ma che diventata pi vera del vero. Talch lappellativo, peraltro
dimportazione, Diritto e religione, mi sembra pecchi per la sua
genericit. E allora perch non Diritto sulle credenze di religione?
Sia ben chiaro, la mia non una posizione di testardo difensore
dellantico. Niente di tutto ci.
Non vorrei per che la questione nominalistica servisse a nascondere il segno di un disagio personale che potrebbe essere inteso come
179
Enrico Vitali
180
Parte terza
Contributi dal Seminario
Lincontro svoltosi a Pisa nel Palazzo dei Dodici, sede dellOrdine dei
Cavalieri di Santo Stefano, non stato un convegno nel senso proprio
del termine, ma un Seminario che si articolato in fasi specifiche
distribuite secondo orari precisi nel corso della giornata allo scopo di
garantire lapplicazione di una metodologia partecipativa, solitamente poco utilizzata nei consessi accademici. Infatti, mentre la prima
parte della giornata ha seguito un andamento tradizionale, con i saluti
del Direttore del Dipartimento di Diritto di pubblico della Facolt di
Giurisprudenza, Roberto Romboli, la relazione introduttiva di Pierluigi Consorti, e le presentazioni dei quattro libri1, lattivit pomeridiana
si strutturata nella forma della divisione in gruppi facilitati.
Questo elemento, che ha costituito la novit dellincontro e la cui
previsione nel programma aveva suscitato negli iscritti una certa suspence, ha svolto un ruolo significativo per pi ragioni. La divisione
in gruppi permette ad ogni partecipante di esprimere il proprio pensiero pi liberamente rispetto al contesto assembleare. Allinterno
del gruppo tende ad attenuarsi la differenza gerarchica tra i partecipanti che rivestono ruoli accademici diversi, anche grazie al fatto che
costoro sono seduti a forma di cerchio e non davanti al tavolo dei reI testi, in ordine di presentazione, sono i seguenti: G. Macr, M. Parisi, V.
Tozzi, Diritto e religione, Plectica, Salerno, 2011; L. Musselli, Diritto e religione in Italia ed in Europa. Dai concordati alla problematica islamica, Giappichelli,
Torino, 2011; M. Ricca, Diritto e religione: per una pistemica giuridica, Cedam,
Padova, 2002; P. Consorti, Diritto e religione, Laterza, Roma-Bari, 2010. Lonere
della presentazione dei libri stato assunto da quattro docenti non pi in ruolo, Rinaldo Bertolino, Francesco Margiotta Broglio, Paolo Picozza ed Enrico Vitali, che
hanno dedicato, ai libri riservati a ciascuno di loro, ampio spazio mettendone in luce
i relativi pregi ed operando anche critiche costruttive.
1
183
Chiara Lapi
latori, come accade nelle sessioni dei normali convegni. Inoltre, ogni
partecipante ad un gruppo ha la facolt di spostarsi da un gruppo ad
un altro potendo cos ascoltare la discussione relativa ad un diverso
tema e portare il proprio contributo. Il numero limitato dei componenti2 fa s che si instauri fin da subito una sinergia tra loro, che induce ciascuno ad esercitare un ascolto attivo nei confronti dellaltro,
per cui ogni intervento suscita immediatamente una reazione, con il
risultato di una partecipazione attenta, vivace e collaborativa. Lagilit dei lavori di ciascun gruppo stata garantita dalla presenza di
un facilitatore3, persona non esperta del diritto ecclesiastico, ma del
metodo, con il compito di gestire gli interventi in modo da evitare sia
che eccedessero una certa durata, per permettere a tutti di parlare, sia
divagazioni dal tema.
Le sollecitazioni emerse dalle relazioni di presentazione dei quattro libri e dalle repliche degli autori dei testi hanno permesso di individuare tre domande riguardanti il diritto ecclesiastico (Cos?,
Perch?, A che cosa serve?), presentate in plenaria, ciascuna
delle quali stata assegnata ad un gruppo. I partecipanti ai workshop
hanno cos potuto scegliere la domanda di proprio interesse e quindi
il gruppo di lavoro.
Il primo gruppo doveva cercare di rispondere alla domanda
Cos il diritto ecclesiastico, ed in particolare interrogarsi su Qual
la specificit del d. e. rispetto alle altre discipline giuridiche, su
Quali sono i contenuti che contraddistinguono la disciplina. Il secondo gruppo doveva iniziare la discussione a partire dalla domanda
2
Nellincontro del 28 marzo, essendo gli iscritti circa quaranta, sono stati formati, per lo svolgimento dellattivit pomeridiana, tre gruppi di circa quindici persone
ciascuno.
3
Lattivit di facilitazione allinterno dei gruppi stata resa possibile grazie ai
ricercatori del Centro Interdisciplinare di Scienze per la Pace di Pisa, persone che
hanno imparato nel corso della loro attivit accademica e professionale a gestire
i conflitti ed a lavorare sulle tecniche partecipative: il Dott. Andrea Valdambrini,
il Dott. Andrea Fineschi, il Dott. Flavio Croce, il Dott. Giaime Berti e la Dott.ssa
Tatiana Vasilyeva. Alla Dott.ssa Luisa Locorotondo era stata affidata la cura della
logistica.
184
Perch il diritto ecclesiastico, ossia chi sono i destinatari del nostro lavoro di ricerca. Infine, il terzo gruppo si occupato di analizzare A che cosa serve il diritto ecclesiastico e Qual la sua
funzione nellattuale contingenza sociale.
I risultati della discussione di ogni gruppo sono stati riportati in
plenaria da tre persone, esperte della disciplina, incaricate di verbalizzare gli interventi per poi esporre la relativa sintesi a tutti i partecipanti, riunitisi nuovamente in plenaria, una volta terminato il lavoro dei workshop. Le domande assegnate a ciascun gruppo avevano
molti aspetti in comune per cui le osservazioni formulate nei gruppi
si sono rivelate in parte sovrapponibili. Perci sembrato utile riportare i risultati dei workshop globalmente, prescindendo dalla loro
collocazione nei singoli gruppi di riflessione.
In primo luogo emerso che, nonostante il diritto ecclesiastico
possa talvolta apparire in crisi, in realt una disciplina vivente e
vitale, non solo particolarmente utile, ma necessaria nellattuale contesto multiculturale, come dimostrato del resto dallalto valore dei
contributi prodotti dagli ecclesiasticisti. Il motivo principale della
presunta crisi forse da individuare in una difficolt di carattere comunicativo per cui molto spesso, sia dai docenti di altre discipline
giuridiche sia dal pubblico in generale, il diritto ecclesiastico ancora percepito come quella branca che studia solo i rapporti dello stato
con le confessioni religiose ed in particolare con la Chiesa cattolica. Per risolvere i problemi di carattere comunicativo e per mettere in luce la funzione precipua dellecclesiasticista, che consiste nel
prospettare soluzioni di stampo pratico a fronte di nuove esigenze
concrete che la societ pone, emersa la proposta di promuovere
iniziative scientifico-accademiche che coinvolgano studiosi di altri settori giuridici. In questo modo si farebbe comprendere meglio
limportanza interdisciplinare della materia, che pu dare un apporto
significativo al diritto penale, al diritto di famiglia e a tutte le altre
discipline giuridiche.
La difficolt di comunicazione emerge anche nel rapporto con
gli studenti che, di primo acchito, non comprendono la funzione del
diritto ecclesiastico, e pensano che sia una materia da studiare solo
185
Chiara Lapi
al fine di acquisire crediti; mossi da un simile ragionamento utilitaristico, anche coloro che si preparano a sostenere la prova orale
dellesame di avvocato, nella maggior parte dei casi, scelgono diritto
ecclesiastico perch pi breve rispetto ad altre materie. stato notato che questo problema pu essere affrontato dando agli studenti
rassegne di sentenze dalle quali emerga limportanza del fattore religioso: infatti, quando si rendono conto dellutilit pratica della materia, gli studenti cambiano atteggiamento e si appassionano al Diritto
ecclesiastico. Sarebbe anche utile provare ad istituire allinterno delle facolt laboratori in grado di offrire assistenza gratuita alle persone che presentano problematiche attinenti al diritto ecclesiastico
(si pensi alle questioni legate allimmigrazione). Tali laboratori potrebbero collaborare con le istituzioni pubbliche permettendo di far
comprendere limportanza della materia anche al di fuori dellambito
strettamente accademico (si veda, a questo proposito, lesperienza
guidata da Roberto Mazzola del Piemonte orientale).
Un altro modo per implementare la disciplina potrebbe consistere
nellinserire la materia allinterno dei corsi di Master come accade
gi in Francia e nel mondo anglosassone.
La funzione dellecclesiasticista si apprezza anche alla luce della
considerazione che il diritto ecclesiastico una materia con due anime, una pi ampia, culturale, ed una tecnica, giuridica in senso stretto. Ci considerato, si posto il problema delleventuale influenza
che discipline quali la filosofia, la sociologia, la storia esercitano sul
diritto ecclesiastico. Su questo punto lopinione degli studiosi quasi
unanime: sebbene lapporto delle discipline non giuridiche sia utile,
occorre salvaguardare la specificit della giuridica della materia.
Allinterno dei gruppi ha occupato uno spazio ampio la proposta
di Mario Ricca, che mira a ripensare il diritto ecclesiastico nella chiave interculturale. Su questo punto si registra una certa divergenza
tra gli studiosi: alcuni nutrono forti dubbi sul diritto interculturale,
mentre altri ritengono che possa aprire ampie prospettive di ricerca,
e cos rafforzare lutilit del diritto ecclesiastico.
Data la vivacit della discussione e la ricchezza delle riflessioni
e delle proposte che hanno caratterizzato i lavori di ciascuno dei tre
186
gruppi, si pu concludere che il nuovo metodo sperimentato nellincontro pisano del 28 marzo abbia raggiunto il suo obiettivo, permettendo a tutti i partecipanti, indipendentemente dal loro grado accademico, di portare un contributo significativo al dibattito sul futuro del
diritto ecclesiastico. Al termine del Seminario, sembrato che tutti
fossero soddisfatti dei risultati della giornata: liniziale atteggiamento di suspence di molti si trasformato in apprezzamento per lidea
innovativa. Per queste ragioni, il metodo dei workshop mediati merirebbe di essere applicato anche nellambito di altri consessi accademici: se cos accadesse, liniziativa pisana avrebbe avuto il merito di
essere fondativa, come ha osservato Romboli nel saluto iniziale.
Il Seminario si chiuso con i ringraziamenti di Valerio Tozzi che
ha precisato come lo scopo principale della giornata, consistente nel
consolidare la comunit scientifica attraverso il confronto delle
idee, la passione del mestiere ed i contenuti del lavoro che svolgiamo, sia stato pienamente realizzato.
187
Il Diritto ecclesiastico deve ritrovare la sua identit scientifica e didattica ripartendo dal pensiero di Francesco Ruffini, dalla sua idea di
libert religiosa e di laicit dello Stato e dal valore da lui stesso attribuito alle minoranze religiose come matrice originaria, sia del diritto
di tolleranza, sia dello stesso diritto di libert religiosa.
Anche oggi le minoranze religiose e tutte le credenze anche laiche
chiedono in primo luogo la salvaguardia del diritto fondamentale alla
libert di coscienza e religione in comunit politiche da fondare sul
principio di laicit dello Stato.
Tali principi sono stati i pilastri fondanti del diritto ecclesiastico e
proprio in quanto tali Arturo Carlo Jemolo li ha posti a fondamento
della formazione della Scuola romana e Francesco Scaduto ne ha
fatto lindirizzo scientifico della scuola siciliana.
Tali pilastri non sono solo la struttura portante della nostra materia, ma costituiscono anche parte essenziale della struttura costituzionale nazionale (articoli 2, 3 e 19 Costituzione) ed europea come
testimonia lart. 9 della Convenzione Europea dei diritti delluomo
del 1950 e lindirizzo giurisprudenziale della Corte Europea dei diritti delluomo, che ha fissato in tali principi la chiave dinterpretazione della tutela della dignit umana in una societ multiculturale,
multi religiosa e multietnica. Si ricorda che lo Jemolo in particolare,
in tutta la sua vasta produzione scientifica, ha sempre sottolineato il
valore della libert in tutte le sue manifestazioni, ritenendo la libert
di coscienza e religione una delle manifestazioni pi significative da
salvaguardare in un sistema giuridico-statale, dove sussistono religioni e credenze anche laiche.
Proprio in base a tali presupposti occorre difendere lautonomia
della nostra materia, non solo perch essa rappresenta un particolare
189
190
Negli anni 60, infatti, sembrava aprirsi un rinnovamento strutturale della Chiesa Cattolica che emergeva dai documenti del Concilio
Vaticano II ed in particolare dalla Costituzione apostolica Gaudium
et spes che fu considerata uno dei documenti pi importanti del
Concilio, poich essa si proposta di risolvere il problema teologico
del rapporto strettamente intrinseco che esiste tra le realt profane ed
umane e il mistero della salvezza in Cristo2.
Si ritenne che la Chiesa Cattolica romana avesse abbandonato lo
storico e dinastico rapporto con gli Stati ed i suoi governanti per potenziare il legame con lindividuo e su esso dirigere la sua potestas
in spiritualibus3. Lunzione divina del principe si era tramutata in
sacerdozio comune del Popolo di Dio e luomo diveniva il punto
dintersezione delle realt materiali e spirituali. In tale prospettiva
spirituale sembrava doversi interpretare anche una lettura politica
della Gaudium et spes al 76 allorch affermava la comunit politica e la Chiesa sono indipendenti ed autonome luna dallaltra nel
proprio campo. Sembravano infine accettati i fondamenti del diritto
di libert di coscienza e religione non solo nella condivisione dellapertura del dialogo ecumenico, ma anche nel riconoscimento degli
altri sistemi religiosi mondiali, come ad esempio, quello ebraico,
quello induista, quello islamico4.
Si ricorda che non pochi ecclesiasticisti ritennero che la Chiesa
si fosse resa conto della nuova realt umana in atto e che la ChieP. Gismondi, Il diritto della Chiesa dopo il Concilio, Giuffr, Milano, 1972,
pp. 151 ss.
3
P. Bellini, Potestas Ecclesiae circa temporalia, in Ephemerides Iuris Canonicis, XXIV, n. 1-2, 1968, p. 22. A tale proposito il Gismondi sostenne il mutamento
della potestas Ecclesiae in potestas directiva ed affermava che di grande importanza in una societ pluralistica che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunit politica e la Chiesa e si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli
individualmente o in gruppo compiono in proprio nome come cittadini, guidati dalla
coscienza cristiana e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunit
con i loro pastori.
4
P.A. DAvack, Il problema storico giuridico della libert religiosa, Bulzoni,
Roma, 1966 pp. 264 ss; L. Spinelli, Il diritto pubblico della Chiesa dopo il Concilio,
in collaborazione con G. dalla Torre, Giuffr, Milano, 1982.
2
191
192
193
194
195
comparato e indicando lo studio della Convenzione europea dei diritti delluomo in riferimento allart. 9, nonch i possibili sviluppi
giurisprudenziali attuabili da parte della stessa Corte Europea dei diritti delluomo che avrebbe potuto rappresentare una futura garanzia
internazionale sia del diritto di libert di coscienza e religione, sia
della laicit degli Stati.
Lampia panoramica delle fattispecie di cui si occupata la Corte europea dei diritti delluomo dimostra la perenne attualit della
materia. Tra le tante ricorderemo solo a titolo esemplificativo la sentenza Refah Partisi contro Turchia nella quale la Corte ha preso una
netta posizione contro linvadenza di un diritto religioso nel sistema costituzionale laico di uno Stato (sharia)14. E da ultimo il caso
Lautsi contro Italia (pi noto come il crocifisso nelle aule scolastiche
della scuola pubblica), la cui rilevanza politica (attualissima) dimo-
Italia e altri paesi reso esecutivo con d.L.C.p.S 28 novembre 1947, n. 1430, obbligo
dellItalia di rispettare il diritto fondamentale alla libert di culto. Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali stipulata a
Roma il 4 novembre 1950 che riconosce ad ogni persona il diritto alla libert di coscienza e religione inclusa la libert di cambiare religione, di manifestare il proprio
credo in forma individuale o associata. Trattato di Lisbona che modifica il trattato
sullUnione europea e il trattato che istituisce la Comunit europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007: articolo 6 (ex articolo 6 del TUE): 1. LUnione riconosce i
diritti, le libert e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dellUnione
europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo
stesso valore giuridico dei trattati; articolo 10 Libert di pensiero, di coscienza e di
religione: 1. Ogni individuo ha diritto alla libert di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libert di cambiare religione o convinzione, cos come
la libert di manifestare la propria religione o la propria convinzione individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, linsegnamento, le
pratiche e losservanza dei riti; 2. Il diritto allobiezione di coscienza riconosciuto
secondo le leggi nazionali che ne disciplinano lesercizio. (F. Margiotta Broglio,
C. Mirabelli, F. Onida, Religioni e sistemi giuridici, Introduzione al diritto ecclesiastico comparato, il Mulino, Bologna, 1997).
14
Corte Europea dei diritti delluomo, caso Refah Partisi, Erbakan, Kazan et
Tekdal c. Turchia (n. 41340/98 e 41342/98), sentenza del 31 luglio 2001, confermata
dalla Grande Camera con sentenza del 13 febbraio 2003.
196
strata dal fatto che allorquando una prima pronuncia15 stata oggetto
di riesame da parte della Grande Camera della stessa Corte europea,
si visto lintervento di numerose associazioni pro e contro le conclusioni della prima sentenza, ma soprattutto si visto lintervento di
ben dieci Stati16 che chiedevano che fosse mantenuta lesposizione
del crocifisso nelle aule scolastiche. Con la sentenza emessa dalla
Grande camera il 18 marzo 2011, la Corte, pur riconoscendo che il
crocifisso un simbolo religioso, ne ha ritenuta legittima lesposizione in quanto di per s simbolo passivo, riversando sui docenti la
responsabilit di eventuali proselitismi nei confronti della personalit degli studenti17.
Lorientamento in materia di libert religiosa e di laicit dello Stato della Corte Europea dei diritti delluomo deve essere sostenuto in
questo momento storico proprio di fronte alla crisi dellassetto Unione Europea, poich il Consiglio dEuropa, grazie alla Convenzione
Europea ed al suo sistema giudicante riuscita comunque a creare un
sistema giurisprudenziale condizionante per le legislazioni europee;
infatti, se attualmente sembrano prevalere anche nella dimensione
economica le politiche reazionarie degli Stati membri, indiscutibile
che le politiche ecclesiastiche indicate dalla Corte Europea costituiscono una necessit storica e politica non eludibile anche di fronte alla
presenza di nuove religioni e credenze immigrate nei paesi membri.
Ma il diritto ecclesiastico italiano e internazionale ha infine sviluppato un ulteriore ambito scientifico della materia nello studio dei
diritti religiosi, estendendo il metodo di studio del diritto canonico
della Chiesa cattolica romana, percorso indicato gi dai maestri storici (Ruffini, Scaduto e Jemolo) ai diritti canonici delle altre religioni
e si giunti allo studio del diritto comparato delle religioni fondato
3 novembre 2009.
Armenia, Bulgaria, Cipro, Federazione di Russia, Grecia, Lituania, Malta,
Monaco, Romania, San Marino.
17
Europa e Islam, a cura di V. Tozzi, G. Macr, Rubbettino, Soveria Mannelli,
2009. M.G. Belgiorno de Stefano, Il crocifisso salvatodalla Corte Europea dei
diritti umani, in Scritti in onore di Franco Bolognini, Pellegrini, Cosenza, 2011, pp.
55 ss.
15
16
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199
201
29
F. Margiotta Broglio, Travaglio e crisi dello Stato liberale, in Lettere di Benedetto Croce a Francesco Ruffini, in Nuova Antologia, n. 2159, 1986.
30
Chiesa e Stato negli ultimi cento anni, Einaudi, Torino, 1948.
202
203
204
liane, esso connaturato alla voluta non conoscenza sociale e giuridica del fondamentale significato della libert anche religiosa e di
pensiero. Le enunciazioni formali anche politiche della tutela dei
diritti fondamentali della persona sono solo vuote enunciazioni e il
valore dellautonomia dello Stato da tutte le religioni e credenze
altro principio sostanzialmente dimenticato in una societ reazionaria, economicamente umiliata e diseducata a dare il giusto valore ai
rapporti umani (fratellanza), alla libert e alluguaglianza ed anche
al diritto alla felicit. Il rispetto personale e collettivo di tali principi
potrebbe rappresentare una nuova svolta storica sociale e politica che
per sembra purtroppo molto lontana nel futuro del nostro paese35.
35
P. Bellini, Il diritto di essere se stesso. Discorrendo dellidea di laicit, Giappichelli, Torino, 2007.
205
207
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nel succedersi continuo di soluzioni innovative, critiche e/o impostazioni alternative, mira alla delineazione di modelli teorico-sistematici
ottativamente inattaccabili: con un procedere che nellimmediato
divide o polarizza, come e pi della tensione dialettica tra laicisti e
confessionisti11; ma nel lungo risulta preziosa.
Solo per fornire un esempio, si focalizzi quanto accade nella disciplina nel periodo compreso tra la stipula e la revisione del Concordato
lateranense, dove segnatamente: a) allindomani della Conciliazione,
prima prevale una certa impostazione formalistica incentrata sulla specialit del diritto ecclesiastico12, poi monta un pensiero avverso, che
ne denuncia lindole privilegiaria e leccessiva astrattezza tecnica13;
b) con lavvento della Costituzione repubblicana, questo secondo trae
forza dai principi pluralistici e garantistici in essa contenuti, per far valere lidea generale del diritto ecclesiastico quale legislatio libertatis14;
so di diritto ecclesiastico, vol. II, Cedam, Padova, 1938, pp. 4 ss.; O. Giacchi, Note
sullo studio del diritto ecclesiastico, in Lo studio e linsegnamento cit., pp. 125 ss.
11
Cfr. G.B. Varnier, Leattualiprospettivedeldirittoecclesiasticoitaliano.Relazione di sintesi, in olir.it, maggio 2005, p. 2, nota la peculiarit del diritto ecclesiastico, che nasce laicista e sfocia nel confessionismo, alimentandosi dalla contrapposizione dialettica tra queste due opposte correnti, mentre teme il ristagno della
palude. Circa un decennio prima, A. Vitale, Lo stato degli studi di diritto ecclesiastico in Italia, in Anuario de Derecho Eclesistico del Estado, vol. XII, 1996, p.
442, parlava duna tradizionale articolazione ideologica esistente nel campo della
disciplina, tra cattolici clericali e moderati e laici anticlericali e moderati ma rilevando come essa a prima vista [non fosse] cos netta come in passato. Sul punto,
cfr. altres, V. Tozzi, Linsegnamento del Diritto Ecclesiastico nellUniversit italiana, in Linsegnamento del diritto ecclesiastico nelle universit italiane cit., pp. 21-2.
12
Emblematica, in tal senso, la visione di V. Del Giudice, Manuale di diritto
ecclesiastico, Giuffr, Milano, 1951, pp. 3 ss. Sul punto, vedi E. Vitali, Legislatio
libertatis e prospettazioni sociologiche cit., pp. 36 ss.; M. Tedeschi, Sulla scienza del
diritto ecclesiastico, Giuffr, Milano, 20073, pp. 49 ss.
13
Cfr. M. Tedeschi, Sulla scienza cit., p. 54; E. Vitali, Legislatio cit., pp. 17 ss.
14
Il richiamo va a L. De Luca, Diritto ecclesiastico ed esperienza giuridica,
Giuffr, Milano, 1971. Sul punto, cfr. tra gli altri A. Albisetti, Diritto ecclesiastico
italiano, in Digesto delle discipline pubblicistiche, vol. V, Utet, Torino, 1999, pp.
237 ss. (ora anche in Id., Tra diritto ecclesiastico e canonico, Giuffr, Milano, 2009,
pp. 186 ss.) e E. Vitali, op. ult. cit., passim.
211
Fabiano Di Prima
212
una difesa pervicace del peso e del senso della sua presenza, e delle
sue metodiche caratteristiche.
Un ragguardevole sforzo critico, in effetti mai cessato (specialmente in questi ultimi anni, e segnatamente appresso al passaggio grave
della riforma degli studi universitari del 9920) che opportunamente
ha fatto emergere, altres, quella costante autocritica che un celebre
studioso spagnolo ha con sense of humour elevato a minimo comun
denominatore degli ecclesiasticisti italiani21. Quasi come se questi
ultimi avessero inteso, chi pi, chi meno, raccogliere il testimone di
Francesco Scaduto, come trivellatore appassionato22.
non facile, e in parte sembra essere alla ricerca di una sua identit. V. anche G.B.
Varnier, La mutazione genetica dei contenuti della didattica, in Linsegnamento
del Diritto ecclesiastico nelle Facolt di Scienze politiche, a cura di G. Macr, Gutenberg, Fisciano, 2005, pp. 24-33, il quale manifesta lavviso chesiaprioritariorivendicareunaidentitdellenostrematerie. Sul punto in questione, altres, cfr. le
osservazioni fatte a suo tempo da G. Catalano, Lezioni di diritto ecclesiastico, I,
Giuffr, Milano, 1989, p. 46 ss.
20
Cfr., in proposito i saggi raccolti allindomani della riforma in parola nel volume collettaneo Linsegnamento del diritto ecclesiastico nelle universit italiane cit.
21
I.C. Iban, Francesco Scaduto como propugnador de la concepcin moderna
del derecho eclesistico, in Il contributo di Francesco Scaduto alla scienza giuridica,
a cura di S. Bordonali, Giuffr, Milano, 2009, pp. 31-2, nel porre a confronto il diritto
ecclesiastico italiano e lo Staatkirchenrecht tedesco, nota come quiz la nota distintiva ms llamativa tra le due realt scientifiche que en Alemania hay una marcada
tendencia a la consideracin de todo trabajo de cierta entidad como definitivo, en
tanto que en Italia el diritto ecclesiastico de modo continuo se ha sometido a un
constante processo de autocritica, de tal manera que nada puede darse por definitivo.
22
Nellimpegno a scavare le trincee di una usurante, ma avvincente, battaglia
delle idee, combattuta su pi fronti. Limmaginifica espressione adoperata da A.C.
Jemolo, nella Introduzione alla nuova edizione, curata dalla Regione Siciliana, del
celebre lavoro di Scaduto, Stato e Chiesa nelle due Sicilie dai Normanni ai giorni
nostri (Palermo, 1969; ediz. orig., Amenta, Palermo, 1887). Per approfondire il tema
specifico dellapproccio peculiare, insieme meticoloso e agguerrito, adottato da
Scaduto nella redazione dei suoi studi, si rinvia a G. Catalano, La problematica del
diritto ecclesiastico ai tempi di Francesco Scaduto e ai nostri giorni, in Il Diritto ecclesiastico, I, 1965, I, pp. 23-34; Id., Il contributo di Francesco Scaduto alla nascita
ed allo sviluppo del Diritto ecclesiastico italiano, ivi, 1995, IV, pp. 845 ss.; O. Condorelli, Il Diritto ecclesiastico di Francesco Scaduto nel giudizio di alcuni con213
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215
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Dietro un nome convenzionale, sta, quindi, un contenuto costantemente in bilico, tra la difesa, la metabolizzazione e la critica delle
impostazioni da adottare; che vive tuttavia, nel bene e nel male, proprio
di questa intelligente tensione, o per dirla diversamente, duna saggia
stratificazione di spinte, equilibri e assetti29. Pu esservi staticit, insomma, ma soltanto nel brevissimo periodo: poich la sua persistenza,
che in altre discipline cagionerebbe al pi arretratezza; qua fa perdere
le coordinate delloggetto di studi (gi di per s estremamente sfuggente), determinando uno smarrimento di fronte a un orizzonte non pi
conosciuto, che letale per una scienza di frontiera30. Appoggiarsi,
infatti, in tale circostanza, a criteri elaborati da altre discipline giuridiche, significherebbe asseverare la degradazione del proprio statuto
epistemologico come minimo a scienza ancillare di altri settori.
Pare cos emergere come rappresenti non solo un segnale positivo,
ma un requisito insieme vitale e identitario del diritto ecclesiastico
italiano il costante riaggiornamento delle proprie prospettive.
*
questo il caso, a me pare, della circostanza posta allattenzione
dallodierno Seminario, della diffusione di volumi e riviste curati dagli
anzidetti specialisti che utilizzano il binomio Diritto e religione, o
Diritti e religioni31.
Cos, M. Ventura, Regolazione pubblica, cit., p. 215. Cfr. , altres, G. CasuA chiare lettere- Editoriale, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale.
Rivista telematica (Statoechiese.it), gennaio 2007, p. 1, dove evoca le crisiricorrenticheinvestonoildirittoecclesiastico.
30
Cfr. S. Berling, Lo stato dellarte, cit., p. 109 e ss.
31
Si considerino, oltre ai quattro volumi (G. Macr, M. Parisi, V. Tozzi, Diritto
e religione, Plectica, Salerno, 2011; L. Musselli, Diritto e religione in Italia e in
Europa. Dai concordati alla problematica islamica, Giappichelli, Torino, 2011; P.
Consorti, Diritto e religione cit.; M. Ricca, Diritto e religione. Per una pistemica
giuridica, Cedam, Padova, 2002) ed alla rivista (Diritto e religioni, diretta da Mario
Tedeschi) posti in debita evidenza nellodierno Seminario, altres i tre volumi collettanei pubblicati questanno per i tipi de il Mulino, curati da S. Domianello (Diritto
e religione in Italia), R. Mazzola (Diritto e religione in Europa) e A. Ferrari (Diritto
29
scelli,
216
Fabiano Di Prima
ad esempio la globalizzazione, limmigrazione, la multiculturalit, il post-secolarismo e la crisi della sovranit westfaliana34, che
indubbiamente hanno cambiato (e cambiano) assetti consolidati, sul
piano istituzionale/verticale delle decisioni politiche e della produzione
delle regole; e su quello sociale/orizzontale dei modelli culturali, etici
e religiosi, sempre pi differenziati e sfaccettati35.
A esser messa in luce, nello specifico della gestione della fenomenologia religiosa, la novit che lo Stato e le Chiese non ne
sono pi i protagonisti assoluti: e ci per un complesso di fattori
legati ai predetti fenomeni, che in estrema sintesi ex parte Status,
attengono alla perdita di sue proprie attribuzioni verso lalto (a vantaggio di organismi sovranazionali e internazionali) e verso il basso
(a pro di enti territoriali, soggettivit private, authorities e istituzioni
indipendenti)36; mentre ex parte Ecclesiae concernono dinamiche
34
Lespressione adoperata da M. Ventura, Diritto ecclesiastico e Europa cit.,
p. 196.
35
Fornisce un quadro riassuntivo delle ragioni del mutamento socio-religioso,
da ultimo, F. Margiotta Broglio, Confessioni e comunit religiose o filosofiche
nel Trattato di Lisbona, in Le confessioni religiose nel diritto dellUnione Europea,
a cura di L. De Gregorio, il Mulino, Bologna, 2012, pp. 34-6. Vedi altres, tra gli
altri, G. Dammacco, Il diritto ecclesiastico tra riformismo e multiculturalismo, in
Il riformismo legislativo in diritto ecclesiastico e canonico, a cura di M. Tedeschi,
Pellegrini, Cosenza, 2011, pp. 157 ss.; S. Bordonali, Lincidenza del fatto religioso
nei percorsi formativi della legge nellordinamento italiano, in Anuario del derecho eclesiastico del Estado, vol. XXVI, 2010, pp. 733 ss.; P. Consorti, Pluralismo
religioso: reazione giuridica multiculturalista e proposta interculturale, in Multireligiosit e reazione giuridica, acuradiA.Fuccillo,Giappichelli,Torino,2008, pp.
197 ss.; P. Lillo, Globalizzazione del diritto e fenomeno religioso, Giappichelli,
Torino, 2007; R. Botta, Sentimento religioso ed appartenenza confessionale, in Religione, cultura e diritto tra globale e locale, a cura di P. Picozza, G. Rivetti, Giuffr,
Milano, 2007, pp. 51 ss.; M. Ventura, op. ult. cit., pp. 192 ss.; il volume collettaneo
Integrazione europea e societ multi-etnica, a cura di V. Tozzi, Giappichelli, Torino,
2001; V. Tozzi, Societ multi-culturale, autonomia confessionale e questione della
sovranit, in Il dir. eccl., 2000, I, pp. 124 ss.
36
Esemplificativamente, cfr. G. Corso, Persistenza dello Stato e trasformazioni
del diritto, in Ars Interpretandi. Annuario di ermeneutica giuridica, XVI, 2011, pp.
107 ss.; e M. Ventura, Diritto ecclesiastico e Europa cit., pp. 196 ss.
218
219
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e antidiscriminatorio, comunque volte in linea di massima a promuovere la competizione degli interessi, piuttosto che la conservazione di rendite di posizione40; nellambito CEDU, fin da subito,
di attenzione primaria ai diritti protetti dalla Convenzione (e solo di
riflesso a quelle istituzionali, statali ed ecclesiastiche, coinvolte), e
negli ultimi anni, con una certa frequenza, di tendenziale surrogazione del ruolo dei legislatori nazionali nello standard setting circa
il rispetto di tali diritti41 (logica foriera di alcuni recenti conflitti fra
i primi e la Corte42). Col risultato complessivo di erodere la forza
dei principi posti a salvaguardia delle prerogative del dittico, sia
nella Costituzione (vedi la potest legislativa esclusiva riservata alla
Repubblica in materia di rapporti con le confessioni; o il privilegio
riconosciuto alle Chiese di rappresentare elettivamente gli interessi
religiosi confessionali nella stipula e applicazione del diritto pattizio),
sia nel Trattato sul funzionamento dellUnione europea (con la formula
ivi contenuta del non pregiudizio e del rispetto dello status previsto
nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni o comunit
religiose degli Stati membri43).
Ma le motivazioni in discorso inquadrano non solo il mutamento di
peso dellintervento statale, ma anche quello del suo ruolo elettivo.
Non sono infrequenti, infatti, sviluppi teorici che considerano cruciale
lanalisi del mutato atteggiamento che lo Stato contemporaneo/demo40
Cfr. M. Ventura, Religione e integrazione europea, in Stato secolarizzato cit.,
pp. 327 ss.; Id., Diritto ecclesiastico cit., pp. 204 ss.
41
Cfr. S. Ferrari, La Corte di Strasburgo e larticolo 9 della Convenzione europea.Unanalisi quantitativa della giurisprudenza, in Diritto e religione in Europa.
Rapporto sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti delluomo in materia
di libert religiosa, a cura di R. Mazzola, il Mulino, Bologna, 2012, pp. 51-2. Rileva
L. Lorello, in Lo Stato costituzionale di diritto e le insidie del pluralismo, a cura di
F. Viola, il Mulino, Bologna, 2012, p. 182, come in tempi pi recenti gli interventi
della Corte Edu abbiano assunto una maggiore incisivit e una diversa connotazione, tradottasi tra laltro, nella scelta di elaborare nuove versioni di principi e
diritti, non sempre in linea con le tradizioni costituzionali nazionali.
42
Cfr. M. Ventura, Conclusioni. La virt della giurisdizione europea sui conflitti religiosi, in Diritto e religione in Europa cit., pp. 357-8.
43
TfUe, art. 17.
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rilevare che, nel bene e nel male, questo complesso variegato di regole scritte e lebendes Recht costituisce spesso il materiale normativo
utilizzato dagli operatori per gestire le eventuali criticit derivanti
dallesplicazione di una o pi istanze di tipo religioso.
Appare inoltre convincente il fatto che a orientare tale complesso
giuridico restino comunque i principi cardine costituzionali78 del
riconoscimento della libert religiosa individuale e collettiva, del
precetto dellaccordo con le confessioni religiose e della loro autonomia statutaria79. Un sostrato fondamentale che dice, insieme ad
altre previsioni basilari contenute nella Carta, della identit costituzionale italiana; e che in tal guisa (cio come corredo genetico che
impone alla Repubblica un certo approccio col fenomeno religioso)
pare ricevere ulteriore forza giuridica (oltre che politica) dal nuovo
precetto eurounitario che impone allUe di rispettare la identit nazionale insita nella [] struttura fondamentale degli Stati membri
(art. 4, par. 2 Tue)80.
autonomie ma incapace ad adempiere al compito, che pur si dat[o], di fissare per
esse una cornice adeguata, che salvaguardi la possibilit, per tutti ed ovunque, di un
pieno ed effettivo godimento dei diritti fondamentali (art. 117, 2, lett. m Cost). Per
alcuni esempi di particolari evenienze problematiche legate alle predette criticit,
sia consentito il rinvio a F. Di Prima, Il volontariato cit.; e Id., Interventi pubblici di
sostegno alle attivit di promozione socio-culturale degli enti ecclesiastici, tra interesse pubblico e sussidiariet orizzontale. Note critiche alla sentenza del Consiglio
di Stato, sez. V, 12 giugno 2009, n. 371, in Il dir. eccl., 2009, III-IV, pp. 671 ss.
78
Ispirati tra laltro, come rileva G.B. Varnier, Orientamenti culturali e politici
della scienza ecclesiasticistica italiana nei secoli XIX e XX, in La costruzione di
una scienza cit., p. 12, dal ripudio delle visioni proprie dello Stato etico e dalla
riscoperta della specifica collocazione delle formazioni sociali.
79
Il virgolettato di G.B. Varnier, Orientamenti culturali e politici cit., p. 12.
80
Per unampia e approfondita ricostruzione del concetto, vedi il recente contributo di M. Starita, Lidentit costituzionale nel diritto dellUnione europea: un
nuovo concetto giuridico, in Stato costituzionale cit., pp. 139 ss. Sul punto, cfr. le
riflessioni di S. Mangiameli, Lidentit dellEuropa: laicit e libert religiosa, in
forumcostituzionale.it, pp. 9-10, dove rileva come la costruzione dellidentit europea, non solo non passata attraverso la decisione su presunte comunioni storiche
di tipo linguistico, etnico, territoriale e, non ultimo, religioso [] ma ha utilizzato
diffusamente nel corpo dei trattati questi elementi come caratteri distintivi posti a
230
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occasioni per emanare una legge ordinaria, bens circostanze propedeutiche alla produzione di una fonte fornita di particolare stabilit86
(una preminenza che, per inciso, si percepisce maggiormente, stante
la grave perdurante assenza di una legge comune generale sul fatto
religioso, che potrebbe e dovrebbe fungere da punto di riferimento
per tutti i culti e per tutti i cittadini fedeli, superando lobsoleta legge
sui Culti ammessi87).
*
Tirando le fila di queste primissime osservazioni, pare potersi
ricavare la sensazione che ladozione di un approccio church and
state, ossia di un orientamento incline a restare nellalveo del diritto
ecclesiastico civile (per usare la definizione di Catalano), sguiti a
presentarsi proficua per lecclesiasticista, stante la centralit che a
tuttoggi rivestono, sia pur in senso mutato, i profili istituzionali della
dialettica politica/religione/diritto. Allo stesso tempo, sempre sulla
scorta di quanto detto prima, pare altres che lanima virtuosamente
pp. 181 ss., dove espone le ragioni che suffragano secondo lA. la primaut della
legge unilaterale laica (p. 222).
86
Cfr. S. Bordonali, Lincidenza del fatto religioso nei percorsi formativi della
legge nellordinamento italiano cit., p. 752.
87
Ivi, p. 754. La legge sui Culti ammessi n. 1159, del 24 giugno 1929, sorta come
nota G. Dalla Torre, Libert di coscienza e di religione in Stato, Chiese e pluralismo confessionale cit., marzo 2008, p. 1, in un contesto politico e sociale del tutto
diverso da quello attuale, ha una sorta di funzionamento residuale, applicandosi
quando listanza religiosa non proviene dalla Chiesa cattolica (art. 1) ovvero da una
delle confessioni che hanno sottoscritto unintesa ex art. 8, III co, Cost., per via di
unapposita previsione ogni volta espressamente contemplata nel testo pattizio che
la rende inefficace (cfr. sul punto, tra gli altri, S. Bordonali, Problemi di dinamica
concordataria, in Il riformismo legislativo cit., pp. 278 ss.; M.J. Ciaurriz, La abrogacin de la legislacin italiana sobre los culti ammessi, in Anuario de Derecho
Eclesistico del Estado, vol. XIV, 1998, pp. 691 ss.). Per approfondimenti, cfr. M.
Tedeschi, La legge sui culti ammessi, in Dalla legge sui culti ammessi al progetto di
legge sulla libert religiosa, Atti del Convegno di Ferrara, 26 ottobre 2002, a cura di
G. Leziroli, Jovene, Napoli, 2004, pp. 35 ss.
232
irrequieta propria della disciplina incentivi naturalmente lespressione, al suo interno88, duna costante tensione e dun permanente
dinamismo culturale. Suffragando, in tal senso, la stabile ambizione
di aprire fronti nuovi: come quelli di cui si discute in questo consesso,
incentrati sullanalisi dellinterazione tra ordinamenti interni e sovrastatali in materia di libert religiosa, e delle pluralit emergenti (dei
diritti religiosi, da una parte, e delle istanze etiche, dallaltra). Pare,
pertanto, ravvisarsi la plausibilit di uno sviluppo dellinsegnamento
che, in coerenza col predetto carattere, ma altres con la sua identit
di scienza e la sua storia, coltivi entrambi gli orientamenti (e perch
no, altri ancora a venire, laddove accadano altri mutamenti epocali
di sistema).
Non solo un auspicio ottimistico ovvero un blando irenismo:
la pratica dei due indirizzi sotto legida duno stesso insegnamento,
infatti, sembra offrire non solo la garanzia della copertura di spazi
dapprofondimento culturale sempre maggiore (secondo una semplice
logica additiva); ma altres un contributo potenziale allo scioglimento di alcuni nodi cruciali nella gestione della fenomenologia religiosa,
specie quelli pi complicati derivanti dalla multilevel governance89
(e il relativo inevitabile conflitto fra direttrici). Ci in quanto da tale
pratica scaturisce un deposito di soluzioni dottrinali peculiari a
disposizione degli operatori90, munite del non indifferente appeal
di essere differenti (a seconda della prospettiva assunta) ma tutte
sussumibili sotto il medesimo obiettivo scientifico: e cio la ricerca
del contegno dei poteri pubblici pi confacente al soddisfacimento
della peculiare istanza in causa. Si pensi, ad esempio, al problema
Rileva A. Fuccillo, Lincidenzaprofessionaledeldirittoecclesiastico, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale cit., ottobre 2009, p. 3, come allinterno della
disciplina si confront[i]no varie anime e sensibilit, che poi costituiscono uno dei
valori portanti della stessa.
89
Cfr. A. Licastro, Libert religiosa e competenze amministrative decentrate
cit., pp. 607 ss.
90
Cfr., A. Fuccillo, Il diritto ecclesiastico come diritto vivente nella esperienza giuridica contemporanea, in Il riformismo legislativo cit., pp. 410 ss.
88
233
Fabiano Di Prima
234
diritto convenzionale e alla sua ispirazione universalistica di protezione delle istanze fondamentali, tender a segnalare la criticit insita
nellapplicazione generosa di tale canone, i.e. la vanificazione del fine
della supervisione internazionale e leccessiva autonomia lasciata alle
scelte nazionali93; laddove invece lottica per cos dire tradizionale,
incentrata prioritariamente sul diritto nazionale (specialmente costituzionale) e sulle esigenze peculiari e identitarie da esso espresse, sar
portata a segnalare leventuale problema opposto, di un insufficiente
riconoscimento da parte della Corte dellautonomia degli Stati e della
loro meilleur position94 per stabilire i criteri normativi adeguati al
proprio contesto storico e culturale95.
Ebbene queste due tendenze, apparentemente divergenti (la priorit del diritto vs la primazia dellidentit costituzionale) in
verit appaiono convergere se inquadrate sotto il filtro ecclesiasticista
della continua ricerca della specialit: in quanto in entrambi i casi la
prospettiva di base assunta quella di chi cerca la migliore risposta
peculiare offerta dal sistema giuridico in vista duna o pi istanze
via eccezionale, secondo criteri rigorosi e oggettivi di necessit e di ragionevole proporzione, entro i limiti posti dallobbligo di osservare la Convenzione e di rispettare
quanto prescritto dalle istituzioni del Consiglio dEuropa. Sul punto, vedi altres
M. Pedrazzi, Sviluppi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani in
tema di libert religiosa, in Studi in onore di Vincenzo Starace, Esi, Napoli, 2008,
pp. 657 ss.
93
Esemplificativamente, R. Mazzola, Introduzione. La dottrina e i giudici di
Strasburgo. Dialogo, comparazione e comprensione, in Diritto e religione in Europa
cit., p. 21. Pare di scorgere questavviso, altres, in N. Fiorita, Linsostenibile leggerezza della laicit italiana, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale cit., giugno
2011, pp. 4-5, dove rileva come nei casi in cui la Corte di Strasburgo decide di rimettersi completamente alle scelte assunte dai singoli ordinamenti, implicitamente
essa abdichi al proprio compito di garantire il rispetto effettivo e pieno del diritto
fondamentale di libert religiosa attraverso lenucleazione di uno standard minimo
di tutela sottratto alla disponibilit nazionale.
94
Sul concetto, cfr. tra gli altri G. Haarscher, Freedom of religion in context, in
Brigham Young University Law Review, 2002, pp. 269 ss.
95
Vedi in tal senso, tra gli altri, V. Turchi, La pronuncia della Grande Chambre
della Corte di Strasburgo sul caso Lautsi C. Italia: post nubila Phoebus, in Stato,
Chiese e pluralismo confessionale cit., ottobre 2011, p. 19.
235
Fabiano Di Prima
236
riconoscere alla CEDU il rango di vera e propria Carta costituzionale dei diritti, capace di giocarsi [...] la partita alla pari con la
Costituzione (ed altri documenti ancora)99, giusta lassunzione del
criterio del livello di tutela pi intensa (che ammette leventualit
di un innalzamento della prima al medesimo livello delle norme della
seconda)100; daltro canto, detto Giudice non pare aver (ancora) abbandonato il criterio ispiratore delle c.d. sentenze gemelle (sentt.
348 e 349 del 2007) che dice duna prevalenza di fondo della norma
interna laddove servitrice di valori di natura costituzionale101 (pur
a fronte del vincolo derivante dagli obblighi internazionali giusta art.
117, I co., Cost.).
Non mancano ai due orientamenti descritti gli elementi per risolvere questo complicato rebus: ma lidea che anima queste righe che
anche in questo caso, e forse soprattutto in questo caso, la soluzione
pi appagante (scientificamente e culturalmente) sia quella che pu
offrire la speciale visione di sintesi della disciplina.
zione. Cfr., sul punto, O. Pollicino, Margine di apprezzamento, art 10, c.1, Cost. e
bilanciamento bidirezionale: evoluzione o svolta nei rapporti tra diritto interno e
diritto convenzionale nelle due decisioni nn. 311 e 317 del 2009 della Corte costituzionale?, in forumcostituzionale.it, dicembre 2009.
99
A. Ruggeri, Conferme e novit di fine anno in tema di rapporti tra diritto
interno e CEDU, in forumcostituzionale.it.
100
A. Ruggeri, La Corte costituzionale equilibrista cit., avverte come la Corte a tuttoggi [] non ha dichiarato mai che la Convenzione possa affermarsi persino a discapito della Costituzione. E, con ogni verosimiglianza, non lo far neppure
in seguito, per la elementare ragione che dalla Costituzione (e solo da essa) che
ritiene come si dir a momenti, a torto di trarre la propria legittimazione.
101
O. Pollicino, Margine di apprezzamento cit.
237
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Alberto Fabbri
240
Alberto Fabbri
lentamente scemando le problematiche legate alla relazione StatoChiesa istituzione, per concentrarsi sulle conseguenze prodotte dalla secolarizzazione della societ e alla necessit di regolamentare le
nuove esigenze religiose che i movimenti migratori portano con s.
Proprio la ricerca di una soluzione, e il livello raggiunto nel regolamentare il fenomeno religioso, acquista una valenza determinante
sia nel definire il grado di sviluppo sociale, giuridico e politico proprio del paese o dellistituzione interessata, sia nel fornire la base per
una convivenza fondata sul pluralismo religioso e culturale.
Nellappartenenza del diritto di libert religiosa alla sfera dei
diritti fondamentali si gioca la partita della modernit, nella quale
la nuova laicit deve essere in grado di dialogare con la religiosit,
come espressione di un valore sociale e come manifestazione individuale e collettiva del cittadino.
La sfida non semplice.
La declaratoria del nostro settore fa riferimento anche al diritto
comparato.
Specie nelle lauree specialistiche di Relazioni internazionali e di
Scienze della politica linsegnamento del diritto ecclesiastico comparato aiuta a comprendere i rapporti ed i condizionamenti esistenti tra
normative religiose e leggi statali negli Stati ortodossi dellEuropa
orientale e negli Stati islamici del Medio Oriente e del Nord-Africa,
oggi pi che mai alla ribalta della politica internazionale; non solo,
ma aiuta il legislatore nazionale ed europeo a capire e regolamentare
le esigenze religiose di quanti sono portatori di tradizioni cultuali,
giuridiche e religiose diverse; a tutti noto che in seguito al crescente
flusso migratorio dallEuropa Orientale, sia dagli Stati facenti parte
dellUnione Europea sia da altri, il numero dei fedeli ortodossi5 e
5
Scrive V. Parlato (Le chiese ortodosse in Italia, oggi, in Studi Urbinati di
scienze giuridiche, politiche ed economiche, n. 61, 3 (2010), p. 483): Se prima gli
ortodossi appartenevano a comunit da secoli presenti nella penisola o erano esuli di
possedimenti italiani nel Mediterraneo orientale, oggi i fedeli sono prevalentemente
immigrati, moltissimi dalla Romania, in cui la chiesa ortodossa la chiesa della stragrande maggioranza dei Romeni; minori sono i flussi migratori, dalla Bulgaria altro
Stato facente parte dellUnione Europea, pi numerosi i cittadini dellUcraina e del-
243
Alberto Fabbri
Alberto Fabbri
nei quali il fenomeno si esprime, e, poi, nel tentare unanalisi degli elementi comuni, con una attenzione anche verso le particolarit,
come segno distintivo e di identit. In questo modo la ricerca si articoler allinterno delle stesse dinamiche che producono il fenomeno religioso, cos da cogliere gli aspetti costitutivi fondamentali; in
questo processo si richiede una conoscenza profonda delle fonti sulle
quali si svolge lindagine, per applicare un metodologia corretta, che
sia in sintonia con lambiente di produzione del fenomeno religioso.
Nellutilizzo di criteri giuridici langolo di osservazione viene collocato nella realt sociale verso la quale si apre una ricerca continua
per monitorarne tutti gli sviluppi.
Appare chiaro che la dimensione propria del diritto ecclesiastico
la risultante di entrambe le idee-espressioni, per un metodo di indagine ad ampio spettro; lindirizzo nellassumere una direzione piuttosto che unaltra dipender in definitiva dellobiettivo che si vuole
perseguire. Infatti la differenza di impostazione risiede unicamente
nel settore politologico, sociologico, storico o economico, piuttosto
che giuridico, verso il quale viene rivolto linsegnamento.
Archiviata la figura delle Facolt con le quali risultava pi facile
e immediato promuovere una differenza di contenuti della materia,
con il trasferimento della funzione didattica ai Dipartimenti, occorrer conoscere lambito nel quale si vuole improntare un percorso
formativo, il settore caratterizzante il corso, in particolare di quelli
interdipartimentali. A mio avviso la contrapposizione da applicare
quella tra ambito giuridico, da un lato, e il resto degli ambiti umanisti
nei quali il diritto ecclesiastico pu trovare collocazione, dallaltro.
Infatti lo spartiacque segna una profonda differenza nella metodologia di presentazione del fenomeno religioso, non tanto sui principi
applicativi, quanto sui criteri di analisi del contenuto normativo. Il
percorso formativo che si intende promuovere attraverso il diritto ecclesiastico, consiste nel portare a conoscenza degli studenti gli strumenti giuridici essenziali e i canoni metodologici con cui decifrare
la realt cos come si presenta, e allo stesso tempo prospettare dei
percorsi di ricerca che contengano elementi innovativi, senza tuttavia
contrastare con i principi costituzionali attualmente in vigore.
246
6. Per quanto concerne lambito giuridico, al fine di evitare un percorso didattico troppo professionalizzante, o al contrario troppo teorico e quindi lontano dal piano immediatamente operativo, occorrerebbe rivedere limpostazione dellintero settore, per disporre una
differenziazione interna.
Nellambito di un corso altamente professionalizzante, di durata
quinquennale a numero chiuso, nel quale formare operatori del diritto italiano e comunitario, prescindendo dalla preparazione specifica
forense, peraltro satura di soggetti, il diritto ecclesiastico sarebbe
chiamato a contribuire alla formazione di una mentalit giuridica e
culturale dello studente attraverso un percorso che parta dai principi
propri di una scienza pura, per poi transitare nella scienza applicata,
mediante una didattica di tipo giuridico-positivo, procedurale e applicativo. Si dovrebbe portare gli studenti alla conoscenza dei criteri
giuridici che sono a fondamento delle norme e delle regole sottese
ai procedimenti, avendo ben chiaro la relazione che esiste tra ius e
lex. Nel rilevare il valore che lordinamento riserva al fenomeno religioso, la finalit verrebbe collocata nel dare immediato riscontro ai
contenuti appresi. Si dovrebbe prevedere un approfondimento della
normativa nazionale (matrimonio concordatario, matrimoni misti,
unioni matrimoniali a base confessionale, legge sulla libert religiosa, riconoscimento degli enti, insegnamento della religione nelle
scuole pubbliche) per spostarsi successivamente negli ambiti europei
e internazionali (Unione europea, Cedu, OSCE, libert religiosa, individuale e collettiva, come diritto fondamentale identitario).
Parallelo potrebbe essere il percorso ordinario di base sempre
nellambito giuridico; il percorso si presenterebbe sempre improntato alla formazione di una metodologia giuridica, ma pi orientata
alla conoscenza dei parametri non solo giuridici sui quali si muove
il fenomeno religioso, per coglierne le caratteristiche fondamentali
sulla base di criteri che trovano la loro giustificazione nel diritto di
autodeterminazione delle confessioni religiose e nel diritto comune
disciplinato dallordinamento. Il procedimento che si prospetta non
vuole limitarsi ad una conoscenza statica, ma dovrebbe promuovere
uno spirito critico capace di trovare negli stessi ambiti normativi le
247
Alberto Fabbri
che una tutela dei diritti fondamentali riserva agli aspetti religiosi e
spirituali.
La didattica, cos, andrebbe impostata su due linee guida. Nella
prima andranno collocati gli attori che intervengono sul fenomeno
religioso, le confessioni religiose, lo Stato e le istituzioni sovranazionali, anche nella dinamica di comprendere il grado di incidenza che
assumono le nuove comunit religiose con la loro crescente presenza
sul territorio. Questo richieder un approfondimento dei diritti religiosi, della natura delle fonti sulle quali si fondano e dei criteri che
trovano applicazione nel contesto relazionale.
La seconda linea guida si concentrer sul concetto e sul valore
della libert religiosa del fedele come espressione di una appartenenza, per capire quale modello di espressione della propria religiosit
lordinamento capace di accogliere e disciplinare, e a quali condizioni.
Lanalisi dovr necessariamente considerare la dimensione spirituale che assume i contorni dellateismo, come il prodotto di una
secolarizzazione che mira a confinare lespressione della propria religiosit nella sfera privata. Ecco allora che diventeranno oggetto di
analisi e di discussione tutte le questioni che sono di stretta attualit
e i problemi connessi, come luso dei simboli religiosi, lobiezione
di coscienza, la bioetica in tutte le sue fattispecie, leutanasia, senza
escludere questioni molto pi economiche come lapertura domenicale degli esercizi commerciali etc.
A tutto questo si aggiunge il rapporto pubblici poteri-confessioni
religiose nella gestione dei servizi sociali, fino a comprendere la relazione che intercorre tra le pretese avanzate dai nuovi movimenti
religiosi e il diritto.
7. La recente riforma universitaria deve essere letta come il tentativo di risposta, in modo adeguato, ai cambiamenti dei tempi, con la
proposta di strumenti didattici capaci di prospettare ai giovani un
bagaglio culturale da investire nel mondo del lavoro. Il diritto ecclesiastico, in particolare, in questo contesto chiamato a lavorare su
due fronti paralleli. Nel primo deve dimostrare di possedere la cono249
Alberto Fabbri
250
1. Il tema del cambiamento di denominazione della disciplina Diritto Ecclesiastico, oggetto del convegno di Pisa, viene supportato
in dottrina partendo dal presupposto che la locuzione con cui attualmente si individua la materia sarebbe inadeguata a ricomprendere i
fenomeni religiosi che sono entrati a fare parte dellattuale sistema
sociale in esito alla spesso richiamata globalizzazione1.
In altri termini, si ritiene che senza un effettivo cambiamento, si
rischierebbe una sterile difesa dufficio di una disciplina impreparata
ad affrontare i temi del multiculturalismo sociale e religioso e, pertanto, divenuta ormai anacronistica ed obsoleta, in quanto legata ad
unantiquata concezione del fenomeno religioso.
Si segnala, inoltre, la volont di emancipare la materia dal diritto
canonico, visto solo come un retaggio storico ormai ingombrante da
cui affrancarsi in vista di una modernizzazione della disciplina.
Invero, da tempo, si evidenzia in dottrina lineludibile necessit
che a fronte del citato multiculturalismo vi sia unadeguata reazioSul punto cfr. P. Consorti, Diritto e religione, Laterza, Roma-Bari, 2010, p. 7.
Per uninteressante analisi della tematica con riferimento alla situazione spagnola,
si veda J. M. Gonzles Del Valle, Derecho eclesistico espaol, Civitas ediciones, Madrid, 20056, pp. 47-65, il quale, nel criticare luso dellespressione Derecho
eclesistico del Estado, adoperata in Spagna, che ritiene dovuta alla circostanza
che esta disciplina comienza a cultivarse slo desde hace algunas dcadas an no
tiene el suficiente arraigo terminolgico, per cui propone luso dellespressione
Derecho eclesistico espaol (p. 49).
1
251
Mario Ferrante
252
253
Mario Ferrante
254
255
Mario Ferrante
stico e Diritto canonico12 resta vero il fatto che per lecclesiasticista evidente la necessit di conoscere il diritto canonico13.
In altri termini, si ritiene che, guardando al nostro settore scientifico disciplinare, lo IUS/11, Diritto Canonico ed Ecclesiastico, anche
nellipotesi in cui si giungesse a modificare la seconda parte della sua
denominazione nella formulazione che la nostra comunit scientifica
dovesse ritenere pi corretta, dovrebbe restare inalterata la sua prima
parte che, a mio sommesso avviso, rimane storicamente e culturalmente caratterizzante la nostra disciplina14. Invero, come ricorda il
Mirabelli, la questione del metodo nello studio del diritto canonico
ha indirettamente contribuito allo sviluppo dellinteresse comparativistico nella dottrina ecclesiasticistica15.
4. Mi sia consentita, in ultimo, una breve considerazione da cultore
della materia: in un momento storico in cui la materia attraversa una
crisi di identit e viene inserita dalle recenti riforme universitarie in
contesti scientifici pi ampi in cui rischia di dissolversi in scienze
giuridiche soltanto parzialmente affini come il Diritto Costituzionale16, il richiamo alle proprie origini storiche e culturali, pare non solo
Sul punto cfr. L. De Luca, voce Diritto ecclesiastico, in Enc. dir., vol. XII,
Giuffr, Milano, 1964, p. 977, il quale ricorda che il diritto ecclesiastico nel senso
di diritto dello Stato relativo a materie ecclesiastiche presuppone non solo il disconoscimento del principio che la Chiesa sia lunica fonte capace di dettare norme
giuridiche in materie da essa ritenute ecclesiastiche, e, quindi, di propria esclusiva
competenza, ma presuppone altres in modo imprescindibile lemancipazione del
diritto positivo dal diritto divino quale autenticamente dichiarato dalla Chiesa.
13
Cfr. M. Tedeschi, Sulla scienza del diritto ecclesiastico cit., p. 45.
14
Cfr. C. Mirabelli, Diritto ecclesiastico e comparazione giuridica, in C. Mirabelli, F. Margiotta Broglio, F. Onida, Religioni e sistemi giuridici. Introduzione al
diritto ecclesiastico comparato, il Mulino, Bologna, 1997, p. 30.
15
Cfr. P. Fedele, Il problema dello studio e dellinsegnamento del diritto canonico e del diritto ecclesiastico in Italia, in Arch. Dir. Eccles., 1939, pp. 50 ss.; Id.,
Ancora sullo studio e linsegnamento del diritto canonico e del diritto ecclesiastico,
in Arch. Dir. Eccles., 1940, pp. 390 ss.
16
Si veda il Decreto Ministeriale 29 luglio 2011 n. 336, relativo alla Determinazione dei settori concorsuali, raggruppati in macrosettori concorsuali, di cui
12
256
opportuno ma direi necessario per riaffermare lautonomia scientifica ed epistemologica della nostra bella materia.
allarticolo 15. Legge 30 dicembre 2010, n. 240, con cui, allinterno dellarea 12
- Scienze Giuridiche, si artificiosamente creato il macrosettore denominato 12/C
- Diritto Costituzionale ed Ecclesiastico. Si tratta di una soluzione che non tiene
adeguatamente conto della poliedricit del diritto ecclesiastico che, al di l della forte componente costituzionalistica, presenta riferimenti anche significativi con altre
branche del diritto quali, ad esempio, il diritto privato. Sul punto mi sia consentito di
rinviare a M. Ferrante, Diritto ecclesiastico - Diritto privato: ossimoro o sinestesia?, in Diritto civile e diritti speciali. Il problema dellautonomia delle normative
di settore, Giuffr, Milano, 2008, pp. 219-41.
257
Il seminario nazionale su Diritto e Religioni, svoltosi a Pisa il 30 marzo 2012, ha permesso di interrogarsi sulla concreta attualit di quel
ramo della scienza giuridica catalogata sotto la denominazione di diritto canonico e diritto ecclesiastico (in riferimento al s.s.d. IUS/11).
Partendo dal presupposto secondo cui al continuo evolversi delle dinamiche socio-religiose, ha fatto seguito un conseguente mutamento della disciplina del diritto ecclesiastico (quale strumento di
regolamentazione statale del fattore religioso), con il proliferare di
diverse materie che si sono via via aggiunte al settore disciplinare di
cui sopra. per queste ragioni che si giustificava il confluire dellintera materia del diritto ecclesiastico nel pi grande settore del diritto
costituzionale (s.s.d. IUS/12).
Non altrettanto solerte, questa sembra la preoccupazione che si
coglie dal dibattito, risultato ladeguamento dellaltro ramo del diritto che, al pari di quello ecclesiastico, definisce i rapporti con il
sentimento religioso della stragrande maggioranza della nostra popolazione, ossia il diritto canonico.
Si proponeva, quindi, di rivisitare la ormai obsoleta denominazione di Diritto ecclesiastico, ritenuta non pi adeguata, in una pi
moderna espressione di Diritto e Religione, lasciando intendere che,
altrimenti, si rischierebbe di regolamentare in maniera inadeguata gli
ormai complessi fenomeni religiosi presenti nel nostro sistema giuridico. I sostenitori di tale orientamento facevano leva sulla considerazione secondo cui le istituzioni statali hanno come diretti interlocutori gli organi rappresentativi delle rispettive confessioni religiose,
ragion per cui non si potrebbe continuare a ridimensionare sotto la
dicitura diritto ecclesiastico la complessa disciplina dei diversi interessi religiosi della collettivit.
259
Giuseppe Gullo
Crediamo, per, che la semplice sostituzione del termine ecclesiastico con religione non possa fungere da soluzione alla questione sollevata dellattuale complessit dello studio dei diversi profili che la religione assume nella societ moderna.
Non si pu prescindere dalla oggettiva difficolt che il significato
del termine religione comporta, specie se si pensa al necessario
riferimento allaltro cardine di riferimento della materia (diritto).
Senza voler sollevare riflessioni di carattere di teoria generale sul diritto si potrebbe pi semplicemente alimentare un qualche rilievo sul
carattere confessionale della singola comunit religiosa che di volta
in volta viene in contatto con lordinamento interno.
Il diritto ecclesiastico, anche nei suoi aspetti di studio storico e
politico dei rapporti tra Stati e singole confessioni religiose, stato
caratterizzato da molteplici punti di contatto con le fonti degli ordinamenti che reciprocamente si integrano nel nostro ordinamento. Vi
quasi una sorta di naturale predisposizione, allinterno della materia, per lo studio di tali rapporti secondo una pluralit di sistemi
e modelli organizzativi, il tutto senza perdere di vista le peculiari
caratteristiche e la consapevolezza della propria autonomia e regolamentazione.
Non sono mancate, come detto, nuove materie che si sono inserite
nel settore disciplinare in questione, le quali hanno di certo contribuito a valorizzare lo studio comparatistico di questa disciplina ampliandone il quadro culturale e formativo generale. Va detto per che
il progredire della cooperazione e dellintegrazione politica e giuridica europea, il recuperato ruolo nazionale delle religioni in alcuni
paesi, nonch la diffusione del pluralismo di valori e del multiculturalismo, hanno reso meno definiti i confini nazionali delle chiese e
delle confessioni religiose.
Si potrebbe pensare, allora, di modificare non la denominazione
della disciplina ma il suo contenuto, ampliandone la portata in modo
da approfondire i suoi metodi di insegnamento e diffusione nei modi
che si riterranno pi confacenti alle mutate esigenze della societ.
Avendo sempre come punto di riferimento la consapevolezza di essere lunico strumento per studiare ed analizzare quel settore dellor260
1
F. Margiotta Broglio, Religioni e sistemi giuridici. Introduzione al Diritto
ecclesiastico comparato, il Mulino, Bologna, 1997, p. 5.
261
263
Manlio Miele
264
Falchi nel suo recente saggio sulla soppressione del corso autonomo di Diritto canonico del 18755. Altri studenti infatti, pi riflessivi,
confrontandosi col docente, condizionavano la valenza formativa
della materia alla sua impostazione in termini di teoria generale e di
ricostruzione storica degli istituti, con un riferimento storico-critico
costante al sistema delle fonti; ci che comporta unattenzione particolare, se non esclusiva, al I libro del Codex. Questo, personalmente,
ritengo il motivo fondante della giustificazione dellinsegnamento del Diritto canonico, per di pi obbligatorio, in un Ateneo dello
Stato6. Solo riflettendo specialmente sul I libro credo sia possibile,
in relazione al complesso normativo canonico, percepire poi le due
dimensioni congiunte: la costanza della tradizione, il consolidarsi del
mutamento7.
A favore di una simile convinzione stanno diverse circostanze.
Una , per cos dire, accidentale, e riguarda lopportunit di rafforzare ulteriormente la sensibilit culturale degli studenti odierni,
generalmente ostili alla Storia, per il fraintendimento secondo cui
In una nota del Preside patavino, datata 1 novembre 1873, relativa al corso
di Diritto canonico, si dice: non vengono bene disposti oggid i nostri giovani ad
udirlo, fattone a loro un dovere. Troppo si disse, e si fece in conformit al detto, nel
pubblico e nelle stesse universit contro il diritto canonico ed il suo insegnamento
obbligatorio ai laici, che ormai la posizione del Prof.re resa difficile. F. Falchi,
La soppressione del corso autonomo di Diritto canonico delle Facolt giuridiche disposta dal ministro Bonghi nel 1875, in www.statoechiese.it (cit. da p. 34 dellestr.).
6
Riscontro speculare nella parole di M. Ventura, Diritto ecclesiastico, in
Dizionario del sapere storico-religioso del Novecento, a cura di A. Melloni, il
Mulino, Bologna, 2010, I, p. 735: Il metodo storico-critico apparso obsoleto e
inadatto ad esprimere la specifica vocazione ecclesiale del diritto canonico; venuta
imponendosi quella dogmatica teologica su cui il pontificato giovanneo-paolino ha
concepito e costruito la coesione della comunit ecclesiale del terzo millennio. Il
linguaggio del diritto ormai praticabile, nel diritto ecclesiale, solo a prezzo di
una purificazione che lo restituisca al suo habitat teologico. La virata ha comportato una profonda crisi nella scuola laica italiana che si fatta ormai residuale nel
panorama della canonistica internazionale e che rischia lemarginazione nellambito
degli studi giuridici secolari.
7
P. Grossi, Valori e limiti della codificazione del diritto (con qualche annotazione sulla scelta codicistica del legislatore canonico), in Jus, 52 (2005), p. 358.
5
265
Manlio Miele
266
di formalizzazione, poich non era proposito dellassemblea sinodale offrire testi redatti secondo la tecnica legislativa12. Parimenti, la
categoria della pastoralit, cos come viene comunemente riferita al
Codex, pone problemi di effettiva comprensione. Infatti, nellimmaginario diffuso, pastorale sembrerebbe un carattere alquanto eterogeneo rispetto al dato giuridico13.
Questo carattere, espresso con un termine polivalente14, risulterebbe per irrinunciabile, come dimostra il fatto che, anche quando
se ne denuncia la possibile equivocit, lo si definisce elemento costitutivo essenziale della legislazione canonica15. Le tensioni sottese al binomio diritto-pastorale16, che probabilmente hanno una certa
parentela con la discussione talvolta polemica sulla pastoralit del
Vaticano II, si riflettono sui dati esperienziali che gli studenti ricavano dal contatto personale con lordinamento canonico vivente. Questi
sembrano il pi delle volte assai lontani dai dati teorici esponibili
in relazione allordinamento vigente, facendo apparire quello che
stato chiamato anche lo scarto tra il diritto scritto e il diritto praticato nella vita delle comunit17.
Ivi, pp. 37-8.
Forse riflesso di tale diffusa percezione il tentativo di identificare la categoria
(negativa) del pastoralismo, che consisterebbe nel sostituire le soluzioni giuridiche
con quelle (pretese) pastorali. Cfr. J. Hervada, Pensamientos de un canonista en la
hora presente, Navarra Grfica Ediciones, Pamplona, 20042, p. 15 e passim.
14
E. Baura, Pastorale e diritto nella Chiesa, in Pontificio Consiglio per i testi legislativi, Ventanni di esperienza canonica, 1983-2003, Libreria Editrice
Vaticana, Roma, 2003, p. 164-7.
15
J. Herranz, Salus animarum, principio dellordinamento canonico, in Id.,
Giustizia e pastoralit nella missione della Chiesa, Giuffr, Milano, 2011, p.191.
16
Emblematico, sul tema, il contributo di A. Borras, Rle et signification du
droit canonique dans la pastorale, in Revue thologique de Louvain, 40 (2009),
p. 360-81.
17
C. Fantappi, Diritto canonico codificato, in Dizionario del sapere storicoreligioso del Novecento cit., I, p. 695. Ad esempio, una efficace tutela dei diritti dei
fedeli pur proclamati appare, nellordinamento canonico, tuttora insufficiente.
Cfr. I. Zuanazzi, Praesis ut prosis. La funzione amministrativa nella diakona della
Chiesa, Jovene, Napoli, 2005, pp. 662 ss.
12
13
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stesso Diritto costituzionale, non pu non osservarsi come, professionalmente, mentre socialmente scontata la figura ad es. del penalista o del tributarista, stenta (per eufemismo) a delinearsi invece
quella dellecclesiasticista. Se esiste, egli professionalmente chiamato o ad occuparsi di questioni di ius antiquum (interessanti quanto
rarissime) o ad affrontare direttamente casi sempre pi infrequenti
relativi ad enti o a matrimoni canonici trascritti. Gli sembra maggiormente consono, invero, fungere da supporto verso altri professionisti (avvocati, notai, commercialisti) nella soluzione di specifici
aspetti occasionali (ecclesiasticit di un ente, legale rappresentanza,
controlli canonici etc.) o anche verso le pubbliche amministrazioni.
Tuttavia, per queste ultime, bisogna distinguere. Le amministrazioni statali sono, ovviamente, guidate secondo il principio gerarchico,
nel quale lo studioso periferico difficilmente si inserisce, eccezion
fatta per eventuali contenziosi, nei quali egli interviene professionalmente. Le amministrazioni locali, invece, seguono sovente strade
frammentarie, tortuose, anche attraverso il c.d. bilaterale confuso (spesso troppo sensibile ad esigenze localistiche)35; e, talvolta,
strade dichiaratamente ostili allinveramento del principio di libert
religiosa o di laicit delle istituzioni pubbliche. La cosa anche pi
preoccupante quando, a sostegno di siffatte iniziative, si invoca il
principio di sussidiariet, palesemente strumentalizzato in funzione
antiunitaria e, soprattutto, concepito come svincolato da limiti, col
pericolo delle violazione del principio della parit di trattamento36.
In questi casi gli ecclesiasticisti vengono accuratamente evitati.
Questa funzione negativa, quasi di impedimento e comunque critica degli studiosi di Diritto ecclesiastico, in materia di diritti fondamentali, sembra concorrere a demarcare ulteriormente lautonomia
scientifica della disciplina e confermarne lutilit37.
E. Vitali, Il Diritto ecclesiastico oggi cit., p. 2987.
Cfr. N. Colaianni, Eguaglianza e diversit culturali e religiose, il Mulino,
Bologna, 2006, p. 217.
37
S. Domianello, Lutilit pratica del Diritto ecclesiastico civile come scienza, in Il nuovo volto del diritto ecclesiastico italiano, a cura di G.B. Varnier,
Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004, p. 287-302. Cfr. anche S. Berling, Diritto
35
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parli di una sovranit dello Stato che pi non esiste, o che comunque
non esiste nei contenuti presupposti allora dal Costituente.
Nella realt, ogni ulteriore anno dinsegnamento fa sperimentare leffetto delle dinamiche europee sul diritto ecclesiastico... nel
senso di evidenziare linadeguatezza di quellapproccio church and
state verso i rapporti tra politica, diritto e religione48, con ci provandosi che la tutela delle libert religiose non pi un problema
di diritto interno dei singoli Stati nazionali, ma diviene sempre pi
oggetto dellattenzione delle sedi sovranazionali nelle quali questi
coordinano le proprie politiche49.
Egualmente, sullart. 8 Cost. e sul meccanismo delle intese, non
sfugge il fatto che aggregazioni religiose numericamente rilevanti in
Italia, come quelle degli islamici e dei testimoni di Geova, ne prescindono; ragion per cui ci si interroga sulla funzionalit effettiva
della disposizione costituzionale e del meccanismo delle intese, anche se gli studenti non arrivano allacribia terminologica e a dipingere il fenomeno come a quello delle intese fantasma50.
Di fatto gli studenti, figli del loro tempo, si dimostrano sensibili
a problematiche meno legate alleredit storica tipicamente italiana;
quelle problematiche, per intenderci, connesse alla Questione romana, alla presenza della Sede petrina nella nostra penisola, allorganizzazione del patrimonio ecclesiastico. Si viene interrogati, invece, e
si prende posizione, in un senso o nellaltro, sui limiti della presenza
dei gruppi religiosi nello spazio pubblico; sul fondamento delle disposizioni tributarie derogative; sullapplicazione in materia religiosa del principio di eguaglianza, non mancando uno studente pensoso
che chiedesse quale sia il rapporto vero tra il principio di eguaglianza
sostanziale di cui allart. 3 Cost. e legualmente libere dellart. 8,
48
M. Ventura, Diritto ecclesiastico e Europa. Dal church and state al law and
religion, in Il nuovo volto del diritto ecclesiastico italiano cit., p. 197-8.
49
V. Tozzi, Le fonti del diritto ecclesiastico italiano, in G. Macr, M. Parisi, V.
Tozzi, Diritto ecclesiastico europeo, Laterza, Roma-Bari, 2006, p. 69.
50
Secondo la definizione di A. Albisetti, Le intese fantasma, in www.statoechiese.it.
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culturale della scienza del Diritto ecclesiastico. Al riguardo lautonomia e soprattutto lespresso richiamo del Diritto ecclesiastico
nella stessa denominazione formale del macrosettore, assume un valore simbolico/strutturale, poich sottende il riconoscimento di chiari
profili identitari.
Nel contempo vengono delineati dal Ministero i confini della
nostra disciplina che nelle sue linee programmatiche e funzionali,
secondo il richiamato D.M. 29 luglio 2011, comprende lattivit
scientifica e didattico-formativa degli studi relativi alla disciplina
giuridica del fenomeno religioso, anche nella prospettiva comparatistica, sia allinterno dellordinamento statuale, sia negli ordinamenti
confessionali, con particolare riferimento a quello della Chiesa cattolica. Gli studi attengono, altres, alla storia del diritto canonico, alla
storia e sistemi dei rapporti tra Stato e Chiesa, al diritto comparato
delle religioni e si estendono ai profili di rilevanza giuridica dei fenomeni di pluralismo etico e religioso.
Delimitazione di massima entro la quale possiamo/dobbiamo, naturalmente, inserire tematiche altre, per sfuggire un pericoloso isolamento, in un tempo in cui talune rigidit ottocentesche sembrano
essere venute definitivamente meno; il sapere scientifico, infatti, si
attraversa e nessuna disciplina pu bastare a s stessa.
Allinterno delle richiamate tematiche, non vanno trascurate le
problematiche relative al superamento delle logiche Stato-nazione
che impongono la riconsiderazione di un nuovo orizzonte, allinterno
del quale veniamo sollecitati ad affrontare problemi inattesi. Nuovi
scenari che ridefiniscono il complesso rapporto tra Stati e religioni,
poich i tradizionali soggetti nazionali, secondo alcuni, si presentano
inadeguati per esprimere identit e gruppi sociali. Del resto il cosiddetto modello di territorialit moderna, coincidente con la costituzione di spazi esclusivi, sembra essere entrato in crisi, nel momento
in cui gli Stati non sono pi riusciti ad esaurire al loro interno, a causa di reciproche interdipendenze, tutte le correlate problematiche5.
5
Tuttavia non ritengo si possa parlare di un completo superamento degli Stati
nazionali poich lordinamento internazionale, per certi versi, sembra caratterizzato
283
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1.2 Per effetto delle citate disposizioni di riordino dellordinamento universitario, molte materie sono state compresse o depresse
nellautonomia (didattica/concorsuale), ma non hanno intonato il De
profundis e ascoltano, con un certo sgomento, i discorsi relativi alla
imminente fine, sotto diverse forme, della nostra disciplina.
Di conseguenza, a mio avviso, il ricorso in atto, alle tradizionali
forme di liturgie per i defunti, celebrate in ogni ricorrenza, appare
ancora da incertezze ed in molte applicazioni appare privo di effettivit. In dottrina,
Diritto e religione in Europa. Rapporto sulla giurisprudenza della Corte europea
dei diritti delluomo in materia di libert religiosa, a cura di R. Mazzola, il Mulino,
Bologna, 2012; A. Licastro, Il diritto statale delle religioni nei paesi dellUnione
europea. Lineamenti di comparazione, Giuffr, Milano, 2012; M. Lugli, J. Pasquali
Cerioli, I. Pistolesi, Elementi di diritto ecclesiastico europeo, Giappichelli, Torino,
2012; Le confessioni religiose nel diritto dellUnione Europea, a cura di L. De Gregorio, il Mulino, Bologna, 2012; G. Macr, M. Parisi, V. Tozzi, Diritto ecclesiastico
europeo, Laterza, Bari-Roma, 2006, pp. 48 ss.; G. Dalla Torre, Verso un diritto
ecclesiastico europeo? Annotazioni preliminari sulla Costituzione UE, in Quad.
dir. e pol. eccl., 2005, 2, pp. 399-412; F. Margiotta Broglio, C. Mirabelli, F. Onida, Religioni e sistemi giuridici. Introduzione al diritto ecclesiastico comparato, il
Mulino, Bologna, 2004; P. Floris, LUnione e il rispetto delle diversit, in Scritti in
onore di Anna Rav, a cura di C. Cardia, Giappichelli, Torino, 2003, pp. 421 ss.; S.
Berling, Il cammino e le radici: riflessioni su di una nuova missione della
vecchia Europa, in Quad. dir. pol. eccl., 2005, 2, pp. 361 ss.; Chiesa cattolica ed
Europa centro-orientale. Libert religiosa e processo di democratizzazione, a cura
di A.G. Chizzoniti, Vita e Pensiero, Milano, 2004; G. Cimbalo, Europa della regioni
e confessioni religiose, Giappichelli, Torino, 2002.; V. Marano, Unione Europea ed
esperienza religiosa, in Dir. Eccl., 2001, 3, pp. 862-904.
Su tutto la problematica della libert religiosa, poich superfluo ricordare che
laddove questultima non sia garantita, non potr prosperare nessuna libert civile. I
problemi della libert religiosa, infatti, si dilatano fino a toccare il problema di ogni
libert e di ogni diritto, in dottrina, O. Fumagalli Carulli, Matrimonio ed enti tra
libert religiosa e intervento dello Stato, Vita e Pensiero, Milano, 2012; M. Jasonni,
Alle radici della laicit, Il Ponte, Bologna, 2008, pp. 37 ss.; La coesistenza religiosa
nuova sfida per lo Stato laico, a cura di G.B. Varnier, Rubbettino, Soveria Mannelli,
2008; C. Cardia, Le sfide della laicit. Etica, multiculturalismo, islam, San Paolo,
Cinisello Balsamo, 2007, pp. 147 ss.; P. Picozza, G. Rivetti, Religione, cultura e
diritto tra globale e locale, Giuffr, Milano, 2007; Problematiche attuali del diritto
di libert religiosa, a cura di E. Vitali, Cuem, Milano, 2005, p. 155.
284
quanto meno prematuro e, forse, inopportuno, anche se giusto riflettere sul ruolo della materia6, non confidando molto sui mutevoli
(e per questo inaffidabili) orientamenti ministeriali.
Daltra parte le preoccupazioni si fondano su domande alle quali
difficilmente riusciamo a dare risposte, se non partendo da alcune
considerazioni che interessano lUniversit nel suo complesso7, ed
assumendo come presupposto condiviso, la necessit di avviare una
rilettura/ revisione dei contenuti strutturali della disciplina, in un tempo governato da mutamenti che non possono lasciarci indifferenti.
La proliferazione di nuovi saperi non codificati e per questo immediatamente pi affascinanti, salvo poi scoprirne la corrispondente
fragilit strutturale, allinterno di un rapporto, sempre pi sbilanciato
tra pensiero debole e tecnologia forte, dove il sapere finisce per essere
sempre pi confinato in uno spazio tecnicistico, mortificano lanima
umanistica dell Universit, allinterno della quale possiamo naturalmente inserire i nostri insegnamenti. Di conseguenza, questultima
rischia di essere declassata al ruolo di custode sonnolenta e improduttiva di un passato glorioso cui tributare qualche atto di ossequio
saltuario e indolore ed alla quale destinare una quota minima di spese
di manutenzione, sul presupposto che non abbia pi nulla da offrire
al nostro futuro. Parole che attraversano il nostro sistema universita6
M. Ricca, Pantheon, Torri del Vento, Palermo, 2012; S. Ferlito, Le religioni
il giurista e lantropologo, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005; Il nuovo volto del
diritto ecclesiastico, a cura di G.B. Varnier, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004.
7
Nellattuale contesto universitario il giovane che con linizio del corso accademico entri per la prima volta nel mondo delle scienze, quanto pi ha sensibilit e
inclinazione per la totalit, tanto meno ha lo possibilit di ricevere unimpressione
diversa da quella di un caos in cui non riesce a distinguere alcunch, o di un vasto
oceano, nel quale si vede trasportato senza bussola e senza stella polare, F.W.J.
Schelling, Lezioni sul metodo accademico (1803), tr. it. di C. Tatasciore, Guida,
Napoli 1989, p. 63. In questo modo, ricorda L. Alici, si aprivano le magistrali lezioni
sul metodo accademico che si riferiscono al severo e ordinato ambiente accademico
tedesco del primo Ottocento, recentemente richiamate da L. Alici, Tra Universitas
e Multiversity, dove comincia il futuro. Prolusione, Universit di Macerata (2012).
Considerazioni interamente sovrapponibili, nella forma e nella sostanza, allattuale
sistema universitario.
285
Giuseppe Rivetti
286
In tale scenario, le tensioni che attraversano il nostro settore disciplinare potrebbero essere ricondotte ad una naturale crisi identitaria
che, a mio avviso, attraversa la quasi totalit dei settori disciplinari,
generata dallevidente senso di smarrimento del giurista moderno,
posto improvvisamente di fronte ad una realt fluida/liquida che per
questo destruttura e disorienta; sullo sfondo la crisi delle fonti del
diritto con le sue, conseguenti, incerte applicazioni.
In alcuni casi, si aggiunga, inoltre, un progressivo abbandono
della dimensione giuridica di riferimento, sempre pi sommersa da
passioni che rischiano di sacrificare categorie e forme giuridiche. Di
contro il diritto non la filosofia, il diritto ha una funzione pratica e
la costruzione giuridica ha la finalit ultima di dare una regola di vita,
di stabilire delle normae agendi11.
Del resto, sono stati numerosi gli spunti provenienti da autorevoli e qualificati studiosi della nostra disciplina, che hanno saputo,
di recente, indicare percorsi raffinati ed innovativi, anche se questo
non vuol dire, necessariamente, partire dalle macerie (il nuovo non
comincia mai da zero ed il futuro, spesso, dipende dalle origini)12.
La cultura giuridica vive di continuit e nella continuit. I Maestri
del passato rimandano temi, indicano delle strade, ci spingono pi
avanti. In altre parole ci sono momenti in cui continuiamo a dialogare con loro ed in alcune circostanze riusciamo a cogliere lessenza
delle loro argomentazioni, sviluppiamo, con la consapevolezza del
presente, nuovi percorsi ed improvvisamente il loro pensiero appare
attuale, in qualche modo, a noi contemporaneo.
G. Rivetti, Attilio Moroni, un giurista dal tratto rinascimentale, in La costruzione di
una scienza per la nuova Italia: dal diritto canonico al diritto ecclesiastico, a cura di
G.B. Varnier, Eum, Macerata, 2011, pp. 280-1. In proposito lopera di F. Margiotta
Broglio, Religione, diritto e cultura giuridica nellItalia del Novecento, a cura di
A.G. Chizzoniti, G. Mori, il Mulino, Bologna, 2012.
11
In tal senso, A.C. Jemolo, Confessioni di un giurista, in Pagine sparse di diritto e storiografia, scelte e ordinate da L. Scavo Lombardo, Giuffr, Milano, 1957,
pp. 168 ss.
12
H.-G. Gadamer, La filosofia nella crisi del moderno, Herrenhaus, Milano,
2000, p. 43.
287
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1.3. Il giurista moderno appare tormentato da molteplici preoccupazioni: spesso il linguaggio nasconde il pensiero e molti mettono
insieme un imponente apparato di parole lunghe e composte, di intricati fioretti retorici, di sterminati periodi, di espressioni nuove e
inaudite, il che costituisce nel suo complesso un gergo per quanto
possibile arduo e dallapparenza assai erudita. Con tutto ci tuttavia
essi non dicono nulla: da loro non si riceve alcun pensiero, non ci si
sente accresciuta la propria visione del mondo, e si deve sospirare:
Odo il suono del mulino, ma non vedo la farina13.
Peraltro, la grammatica e le corrispondenti parole del diritto, in
diverse circostanze,appaiono improprie ed inadeguate, caratterizzate
da oscillazioni semantiche che, in alcuni casi, denotano poca consapevolezza delle categorie giuridiche sottese.
Al contrario le parole (del diritto) andrebbero scelte con prudenza
e misurate sulla base di una antica disciplina ed armonia (perduta), in
un tempo in cui i diritti soggettivi sono sempre pi in via di estinzione e gli effetti si amplificano a dismisura, senza confini.
In tale ambito, si potrebbe suggerire di dismettere il comodo uso
di parole cangiati (che cambiano colore) e per questo adatte ad ogni
contesto e recuperare le forme ed i valori sottesi, di quella tradizione giuridica sapientemente orientata verso le prospettive14 (e non
13
A. Schopenhauer, La filosofia delle universit (1851), tr. it. di G. Colli,
Adelphi, Milano, 1992, p. 49.
14
Lo spazio pubblico europeo diventa il luogo cui ricondurre molte delle considerazioni sviluppate in precedenza. Al riguardo proprio le differenze linguistiche,
spesso trascurate, risultano estremamente importanti poich creano consapevolezze
concettuali in grado di valorizzare quelle diversit e soprattutto capaci di tradurre
diritto. Le lingue non sono neutre, esprimono categorie proprie, si pensi al concetto
di laicit che la lingua francese esprime molto bene un significato legato al contesto
nazionale, ma difficilmente traducibile in altre lingue, se non ricorrendo con lunghe
perifrasi. Ancora quando si parla di libert in Francia, di regola, il riferimento sottende diritti garantiti dallo Stato, in Inghilterra, si richiama, invece, una limitazione
del ruolo del potere pubblico nei rapporti con i privati. In definitiva non solo un
problema linguistico ma di traduzione di fondamentali parole che rimandano a valori e principi in grado di influenzare e condizionare le forme giuridiche, poich
quello che caratterizza ogni lingua sono gli equivoci che essa contiene, gli equivoci
288
caricano di senso le parole di una lingua nel suo senso tecnico e politico (e giuridico). Le parole del diritto ecclesiastico europeo restano, quindi, una delle variabili pi
importanti, tenuto conto della richiamata esistenza di diverse gradazioni di rapporti
rispetto a simboli ed appartenenze religiose, cui corrispondono diverse ipotesi di
soluzioni, G. Rivetti, Spazio pubblico e religioni. Prospettive di superamento della
dicotomia pubblico-privato nelle manifestazioni del sacro, Comunicazione inviata
al Convegno nazionale di studio (organizzato dallA.D.E.C. e tenutosi a Bari il 1718 settembre 2009) sul tema Laicit e dimensione pubblica del fattore religioso.
Stato attuale e prospettive, destinata ad essere pubblicata negli atti del Convegno.
289
1. Da diversi anni ormai, presso i cultori del diritto ecclesiastico,
viene avvertita lesigenza di rinnovare la rappresentazione a fini didattici della disciplina giuridica civile del fenomeno religioso, per il
tramite del superamento degli schemi classici offerti dai tradizionali
manuali a tale materia espressamente dedicati1.
Tale esigenza, da una parte della dottrina, viene percepita come
autentico disagio quando si tratta di perpetuare luso della stessa denominazione Diritto ecclesiastico, in quanto eccessivamente evocativa dellepoca in cui lo studio del fenomeno si esauriva, pi che
altro, nella disciplina delle relazioni Stato italiano - Chiesa cattolica
cos come si erano venute delineando dopo lentrata in vigore della
Costituzione repubblicana, per sostituirla con la dizione, certamente
pi attraente ed accattivante, di Diritto e religione2.
1
In questo senso si esprimono G. Macr, M. Parisi, V. Tozzi, Diritto e religione,
Plectica, Salerno, 2011, p. 7.
2
Tale esigenza, peraltro, ha dato luogo alla pubblicazione di alcuni volumi che
recano nel titolo la dizione Diritto e religione. Oltre al sopracitato lavoro, si fa riferimento a P. Consorti, Diritto e religione, Laterza, Roma-Bari, 2010; L. Musselli,
Diritto e religione in Italia e in Europa. Dai concordati alla problematica islamica,
Torino, 2011; M. Ricca, Diritto e religione. Per una pistemica giuridica, Cedam,
Padova, 2002; nonch, da ultimo, Diritto e religione in Italia, a cura di S. Domianello; Diritto e religione nellIslam mediterraneo, a cura di A. Ferrari; Diritto e
religione in Europa, a cura di R. Mazzola, il Mulino, Bologna, 2012, pubblicati
291
Marta Tigano
Ora, non vi pu essere dubbio sul fatto che la societ civile sia
profondamente mutata rispetto allepoca in cui venne coniato, per
la nostra materia, il nomen di Diritto ecclesiastico. I fenomeni del
multiculturalismo, della globalizzazione e dellintegrazione europea,
solo per fare alcuni esempi, se, da un lato, hanno avuto il pregio, tra
gli altri, di riportare il tema della libert religiosa al centro dei dibattiti pubblici; dallaltro lato, hanno gettato una luce sullesigenza di un
cambiamento o, meglio, di un ampliamento e di unapertura dei tradizionali contenuti della disciplina alle novit che si registrano nel
mondo esterno, alle nuove problematiche, ai nuovi interrogativi,
alle nuove domande di libert. Si pensi, ad esempio, alle problematiche legate allIslam, alla bioetica, alle c.d. mobili frontiere3, al
no profit, rispetto alle quali, gi da diversi anni, alcune esperienze
didattiche hanno avvertito lesigenza di affiancare i classici manuali
adottati come libri di testo con alcuni saggi o veri e propri studi monografici al fine di colmare i vuoti di interi settori.
A questo proposito, anzi, merita senzaltro attenzione il fatto che
la produzione scientifica pi recente si dimostra particolarmente sensibile ai problemi indotti, ad esempio, dalla dimensione europea, dalla crisi delle sovranit nazionali, dal federalismo, dal regionalismo e
dalla devolution, dalla mondializzazione, dalle nuove libert, dai
codici e dai comitati etici e dalla interculturalit4; e, al tempo stesso,
mostra lattitudine ad una ripresa innovativa ed aggiornata delle tematiche di tradizionale appannaggio della disciplina: dai concordati
al matrimonio, dagli enti ecclesiastici e non lucrativi alla tolleranza
religiosa, dalla laicit alla libert religiosa nei suoi profili sincronici
con il finanziamento del Progetto nazionale Prin 2007 dal titolo Libert religiosa
e pluralismo giuridico nellEuropa multiculturale: paradigmi di integrazione a confronto, rispettivamente dalle Universit degli Studi di Messina, dellInsubria (sede
di Como), Firenze e Torino.
3
Cos G. dalla Torre, La citt sul monte. Contributo ad una teoria canonistica
sulle relazioni fra Chiesa e Comunit politica, AVE, Roma, 2007, pp. 35 ss.
4
Fra i pi recenti si segnalano: F. Alicino, F. Botti, I diritti cultural-religiosi
dallAfrica allEuropa, Giappichelli, Torino, 2012; F. Freni, La laicit nel biodiritto,
Giuffr, Milano, 2012.
292
e diacronici, dai conflitti di lealt innestati dalla adesione ad una credenza o convinzione di coscienza ai rapporti fra diritto internazionale
e diritto ecclesiastico5.
Il nuovo volto6 dellodierno diritto ecclesiastico risulta cos essere un mix fra tradizione ed innovazione: lascia intravedere unutile apertura a nuovi orizzonti tematici, unansia di percorrere nuove
strade e di affrontare ricerche davanguardia, senza tuttavia distogliere lo sguardo dal fil rouge che consenta di interpretarli secondo le
modalit pi coerenti con lidentit frattanto assunta nellambito
disciplinare che ci proprio7.
2. Non vi pu essere nemmeno dubbio sulla circostanza per cui allesigenza di apportare alcune modifiche o, meglio, integrazioni ai contenuti tipici della materia, in un certo senso interni alla disciplina,
dovrebbe accompagnarsi, simultaneamente, un ampliamento anche
esterno alla stessa individuato, da attenta dottrina, in un dialogo a
pi voci tra i pubblici poteri e quelle minoranze religiose che spesso
rimangono nelle retrovie, o che, ancora pi spesso, vengono parametrate secondo gli schemi delle confessioni religiose di cui agli artt.
7 e 8 Cost.8
In Italia, infatti, come stato osservato, le denominazioni di individuazione dei diversi tipi di organizzazioni collettive a carattere
religioso vengono spesso confuse, in quanto linterpretazione dottrinale e giurisprudenziale resta modellata sul fenomeno dei rapporti
5
Per citarne solo alcuni: G. Dalla Torre, P. Lillo, G.M. Salvati, Educazione e
religione, Libreria Editrice Vaticana, Citt del Vaticano, 2011; D. Durisotto, Educazione e libert religiosa del minore, Jovene, Napoli, 2011; nonch i due volumi di
A. Fuccillo, Giustizia e religione, Giappichelli, Torino, 2011.
6
Lespressione presa in prestito da Il nuovo volto del diritto ecclesiastico italiano, a cura di G.B. Varnier, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004.
7
Cfr. S. Berling, Passata la tempesta? Il diritto ecclesiastico dopo la
riforma universitaria: riflessioni ex post factum, in G.B. Varnier, op. cit., p. 79.
8
Cfr. V. Tozzi, Normative contrattate fra le confessioni religiose e lo Stato ed
esigenze di una legge generale dello Stato di disciplina delle libert religiose, in G.
Macr, M. Parisi, V. Tozzi, op. cit., pp. 131 ss.
293
Marta Tigano
Stato-Chiesa e legata agli schemi della sovranit (della Chiesa cattolica), dellautonomia originaria o derivata (degli altri gruppi)9.
Questa impostazione, infatti, finisce con lassimilare fenomeni
diversi, salvo poi operare classificazioni e gerarchie allinterno del
genus, e col discriminare i gruppi meno potenti ovvero politicamente insignificanti10.
Si trascura, cos, la circostanza che la Costituzione parla di confessioni religiose quale categoria istituita dallart. 8, 1 comma,
e rimandante allart. 7 , ma anche di associazioni o istituzioni a
carattere religioso o con fine di culto o di religione (art. 20); e della
pi ampia e omnicomprensiva categoria delle forme associate di professione di fede religiosa di cui allart. 1911.
Pertanto, la collaborazione con lo Stato (rectius: con i poteri pubblici), deve riservare uguali opportunit a tutte le formazioni sociali
a carattere religioso, cio a tutti i soggetti collettivi che soddisfano le
esigenze religiose di un parte, anche minoritaria, della popolazione.
Solo cos si farebbe strada una logica di rilievo della religione come
fatto di interesse pubblico12.
Pu sembrare un azzardo, ma, in questo senso, il diritto canonico
pu essere assunto soprattutto dopo gli approfondimenti e le revisioni condotti dal Concilio Vaticano II come modello e termine di
confronto per le modalit di dialogo da instaurare tra i sistemi eticoconfessionali e lordine giuridico delle comunit politiche13.
Queste peculiari organizzazioni della religiosit umana non sono da relegare al
mero fatto privato, ma nemmeno da confondere tout court con il pubblico nella sfera
istituzionale dei rapporti civili. Vi sono religioni, come quelle di ceppo islamico, che
rifiutano i caratteri e gli attributi organizzativi di una struttura centralistica, come, ad
esempio, quella della Chiesa cattolica, e, pertanto risulta difficile il loro accesso alle
forme di ricognizione della loro rilevanza sociale predisposte da una legislazione
statale tarata sul modello delle confessioni religiose, quale la prassi ha dogmaticamente strutturato in clima mono-culturale. Cos V. Tozzi, op. ult. cit., p. 141.
10
Ivi, p. 132.
11
Ivi, p. 131, in special modo nota 56.
12
Ivi, p. 132.
13
Non un caso se Silvio Ferrari, nel lavoro dal titolo La nascita del diritto
ecclesiastico, rileggendo, sulle orme delle analisi compiute dal pensiero di Max We9
294
Con la sua tipica dinamicit, infatti, intesa nel senso di attenzione ai segni dei tempi; con la sua caratteristica apertura, nella
duplice accezione di apertura verso tutti gli uomini indistintamente
e non solo quelli che fanno gi parte del proprio ovile , e verso
gli ordinamenti giuridici altri, cio diversi da s, pur mantenendo integra la sua peculiare coesione, il diritto canonico si offre
come paradigma estremo, ai confini tra lordine giuridico e lordine
morale14.
La nuova trama della laicit che , ad un tempo, democratica, pluralista e sociale nello stato contemporaneo si va tessendo e
reggendo anche con e per il ricorso alla negoziazione fra le diverse
identit (culturali, etiche, religiose) che ormai compongono ciascun
popolo insediato sul medesimo territorio.
A tal fine, luso dello strumento dellanalogia con riferimento ai
sistemi di raffronto e di raccordo sinora adoperati nellincontro tra
la comunit di fede e quella politico-giuridica potrebbe concorrere
ad aprire un percorso di verifica che oltrepassi i confini di ogni unilaterale (e in quanto tale squilibrato) modello di omologazione o di
integrazione.
ber e di Carl Schmitt, latto che allorigine del diritto ecclesiastico italiano, vale
a dire la prolusione palermitana di Francesco Scaduto del 1884, faccia rilevare la
presenza nel diritto ecclesiastico di un gene del diritto canonico, da cui esso ha origine. Secondo lAutore, infatti, questa sarebbe la ragione profonda della diversit del
diritto ecclesiastico rispetto al diritto costituzionale, amministrativo e ad altri rami
dellordinamento giuridico statale e il fondamento della sua non assimilabilit. Per
quanto coperto e negato, il gene del Diritto canonico continua ad operare allinterno
del Diritto ecclesiastico. Naturalmente si tratta di un orientamento generale che
viene poi diversamente calibrato in base alla convinzioni dei singoli studiosi: ma
la specificit del diritto ecclesiastico e quindi anche lapporto che, nel bene e nel
male, pu dare alla scienza giuridica mi pare risiedere in questa attenzione alle
ragioni dellistituzione che, a sua volta, leco dellorigine canonistica di questa
disciplina. Cos S. Ferrari, La nascita del diritto ecclesiastico, in La costruzione
di una scienza per la nuova Italia: dal diritto canonico al diritto ecclesiastico, a cura
di G.B. Varnier, EUM, Macerata, 2011, in particolare p. 84
14
Sullargomento sia consentito il rinvio a S. Berling, M. Tigano, Lezioni di
diritto canonico, Giappichelli, Torino, 2008, in particolare pp. 51 ss.
295
Marta Tigano
La rotta cos tracciata potrebbe rendere esperibili proficui tentativi per trasformare loccasione offerta dalle libert delle coscienze
da mere di garanzie volte ad esaltarne la funzione negativa di limite,
a positive chances per sempre nuovi contenuti assiologici.
Onde evitare il rischio di privare gradualmente di senso lirriducibile alterit, diversit, specificit o tipicit del fenomeno religioso,
ricacciandolo nel limbo del coacervo anonimo degli indistinti15,
vale la pena correre il rischio di esplorare le realt che costituiscono le ultime riserve di senso per la vita propria di ciascuna
persona, facendo tesoro della carica alternativa e critica che esse alimentano nei confronti degli assetti sociali maggioritari.
In questo senso, allora, le confessioni religiose possono costituire senza dubbio uno strumento di arricchimento, anzich di prevaricazione: guardare attraverso i loro occhi pu fornire il contributo
pi genuino e fecondo che le religioni, ciascuna con la sua specifica visione del mondo e della vita, pu offrire alla comunit politica
nel suo insieme considerata, secondo quel progetto costituzionale
di politica ecclesiastica che riconosce la necessit di coerenza tra il
quadro generale della Costituzione e dei rapporti tra cittadino e istituzioni ivi istaurati, e le regole del sistema di disciplina del fenomeno
religioso, in una prospettiva promozionale della persona umana16.
3. Tali brevi considerazioni mi inducono a ritenere che il problema,
se cos si pu dire, del diritto ecclesiastico non sia tanto legato alla
forma, quanto alla sostanza; non sia, cio, un problema di nomenclatura, ma di contenuti, di identit, di specificit, di diversit della
materia rispetto ad altri settori del diritto17.
La nota espressione appartiene a G. Peyrot, Condizione giuridica delle confessioni prive di intesa, in Nuovi accordi fra Stato e confessioni religiose. Studi e
testi, con saggio introduttivo di P. Gismondi, Giuffr, Milano, 1985, p. 388.
16
Cfr. V. Tozzi, Il progetto di disciplina del fenomeno religioso nella Costituzione italiana del 1948, in G. Macr, M. Parisi, V. Tozzi, Diritto e religione cit., p.
62 ss.
17
Sulla specialit degli strumenti di cooperazione con le confessioni religiose,
sia consentito il rinvio a M. Tigano, Norme interposte e artt. 7 e 8 Cost.: norme
15
296
Le tipicit del diritto ecclesiastico, infatti, come stato osservato, non sta in questo o in quel determinato oggetto, o insieme di
oggetti di studio e di insegnamento; sta nella sua vocazione ed
attitudine ad indagare su quel non-luogo che rinvenibile in tutti i
luoghi dellumana esistenza e delle relazioni interpersonali, su quella
frontiera col non-diritto che difficilmente definibile una volta per
tutte, e che ci nonostante interpella di continuo il diritto perch precisi, individui e garantisca i suoi presidi18.
Non v disciplina, infatti, pi del diritto ecclesiastico, incline,
per sua stessa natura, alla interdisciplinariet ed alla connessa delocalizzazione anche didattica19: tale circostanza, tuttavia, da occasione propizia di arricchimento e crescita, non deve tramutarsi in
unavventura senza ritorno20, ovverosia in frantumazione e frammentazione in vecchi e sedimentati, o nuovi ed inesplorati, luoghi del
sapere. Fuor di metafora, ci significa che il diritto ecclesiastico pu
senzaltro inserirsi proficuamente in una dinamica interdisciplinare,
a patto che non ne risulti snaturato il suo DNA di disciplina giuridica
del tutto peculiare.
Pertanto, esso rivendica la propria identit di disciplina giuridica
quando entra in rapporto con quelle non giuridiche; ma, per converso, entra in sinergia feconda con altre discipline giuridiche solo se
riesce a salvaguardare la sua peculiarit, cio il suo essere scienza
di frontiera21, al confine col multiforme mondo del non-diritto.
interposte di tipo diverso?, in Quad. dir. pol. eccl., 2008/3, pp. 867 ss., specialmente p. 893.
18
Cfr. S. Berling, Passata la tempesta? cit., p. 81.
19
Ibidem.
20
Lespressione mutuata dal titolo di un lavoro di P. Consorti, Lavventura
senza ritorno. Intervento e ingerenza umanitaria nellordinamento giuridico e nel
magistero pontificio, Edizioni Plus, Pisa, 2002.
21
Ovverossia scienza (avanzata perch operante democraticamente in funzione) mediatrice fra le norme e gli atti (anche solo parzialmente) confligenti di due
o pi ordinamenti giuridici che operano allinterno del medesimo territorio e nei
confronti dei medesimi soggetti. In questi termini S. Domianello, Linsegnamento
del diritto ecclesiastico e lavvenire, in Linsegnamento del diritto ecclesiastico
nelle universit italiane, a cura di M. Parisi, ESI, Napoli, 2002, pp. 74 ss.
297
Marta Tigano
298
dialogica cerniera, con la missione tipica di recuperare di continuo i caratteri dellermeneutica giuridica.
Se, dunque, lapporto specifico delle ricerche dellecclesiasticista
alle varie discipline non pu essere negato, non bisogna tuttavia confondere il bagaglio culturale di questo giusperito che, per necessit, indaga nei vari campi del sapere, con una mera sommatoria di
conoscenze pubblicistiche, privatistiche, penalistiche, amministrativistiche, comparatistiche, storico-sociologiche, teologiche e cos via.
Lecclesiasticista, infatti, a differenza del giusperito puro che
conosce di un singolo settore del diritto, ha come inclinazione naturale quella di captare lelemento religioso in tutti i campi in cui esso
si pu manifestare. Deve pertanto conoscere i singoli tasselli che
compongono lordinamento giuridico, i quali, addizionati tra loro,
non danno vita ad una semplice somma, bens ad un prodotto
assolutamente nuovo.
4. Tale precisazione dovrebbe aiutare a sgombrare il campo dallulteriore equivoco di ritenere che i temi del diritto ecclesiastico siano
come ritagliati, per mera comodit di studio e fini puramente sistematici, da temi pi ampi che, nel loro intero rientrerebbero nel
diritto costituzionale, privato, amministrativo, penale, e cos via. La
vocazione interdisciplinare e comparatista al tempo stesso della scienza del diritto ecclesiastico civile merita, invero, di essere compresa e
descritta come una qualit particolare ed esclusiva degli studi ad alta
specializzazione, destinati ad operare principalmente intra moenia.
Il principale compito dellecclesiasticista puro, infatti, come
stato detto, consiste nellusare lo strumento della comparazione per
verificare ed evidenziare (se ce ne sono), le assonanze o, al contrario, le irriducibili differenze che intercorrono tra le fattispecie
complesse, nel senso di complicate dallelemento religioso, disciplinate dalle norme speciali del diritto ecclesiastico, e le analoghe
fattispecie semplici regolate dagli altri rami del diritto civile26.
26
Cfr. S. Domianello, Lutilit pratica del Diritto ecclesiastico civile come
scienza, in Il nuovo volto del diritto ecclesiastico italiano cit., pp. 287 ss.
299
Marta Tigano
Si tratta di un contributo di non poco conto alla complessiva evoluzione dei sistemi giuridici secolari, in quanto solo attraverso il confronto con le risposte che alle domande di libert religiosa potrebbero
offrire le singole discipline di settore al cui crocevia si pone il diritto
ecclesiastico possibile misurare la differenza che corre, in termini di effettiva garanzia democratica, tra un sistema di tutela dei vari
diritti di libert che pretenda di soddisfare, senza tuttavia introdurre
alcun distinguo, tutte le manifestazioni religiosamente caratterizzate;
e un sistema, invece, che pretenda di riservare proprio alle istanze
libertarie complicate, un trattamento giuridico particolare27.
Lautonomia (inter)disciplinare del diritto ecclesiastico, dunque,
va riaffermata con forza affinch non naufraghi il contributo che
tale scienza, ad alta specializzazione professionale, in grado di offrire alla formazione strettamente giuridica delle varie categorie di
partecipanti alla vita pratica degli ordinamenti secolari, nazionali
e sovranazionali.
Come il diritto canonico invita tutti a divenire partecipi al
farsi del proprio ordinamento, riempiendo di contenuto specifico e
concreto la norma generale e fondamentale della carit; cos, nellordinamento secolare, i partecipanti al farsi delle norme giuridiche
possono assolvere al delicatissimo compito del materiale riempimento della laicit secolare (nazionale, comunitaria o internazionale), di
sempre pi nuovi e numerosi contenuti di valore, solo se possono
attingere, direttamente o indirettamente, alla scienza tipica del diritto
ecclesiastico civile.
Non un caso se, diversamente dal medico che, specializzandosi,
conosce approfonditamente una sola parte del corpo umano e, in sede
patologica, individua la cura per la singola fattispecie di malattia;
lecclesiasticista deve conoscere necessariamente tutte le parti del
corpo in cui si annida lelemento religioso; per tale motivo egli
lunico che, avendo il quadro della complessit, in grado di intravedere lunit della persona umana (art. 2 Cost.).
27
Cos S. Domianello, Linsegnamento del diritto ecclesiastico e lavvenire,
in Linsegnamento del diritto ecclesiastico nelle Universit italiane cit., pp. 63 ss.
300
Mi avvio alla conclusione delle mie brevi osservazioni, prendendo in prestito alcune calzanti metafore che sono state adoperate a
proposito del diritto ecclesiastico: stato fatto, infatti, riferimento
a tempeste, odissee, visitatori, ospiti, ad un non luogo impossibile da allocare in unItaca qualsiasi28.
Mi sia consentito aggiungerne unaltra, forse la pi umana di
tutte: Ulisse.
E mi sia consentito laccostamento tra la figura dellecclesiasticista e lUlisse di omerica memoria, non semplice marinaio, ma
navigatore esperto; con gli occhi rivolti allorizzonte, ma il cuore
alla sua Itaca, ai suoi valori, al suo focolare.
Oppure allUlisse dantesco, fatto per seguire virtute e conoscenza, connotato cio da quella lealt e correttezza, o, ancora meglio, da quella onest intellettuale di cui occorre dotarsi quando,
bramosi di scorgere linfinito oltre la siepe, si intendono valicare
i confini di ci che gi stato concesso; o, infine, allUlisse di
Joyce, emblema del farsi, in cui il protagonista, viaggiando, si costruisce la propria identit arricchendosi delle diversit con cui entra
in contatto, senza risultarne tuttavia distrutto o assorbito.
Con lauspicio, per concludere, che lecclesiasticista non perda
mai n lo slancio propulsivo in termini di consapevolezza teorica, n
la buona pratica di indagine e, perch no, riesca anche ad ascoltare il bel canto delle sirene, resistendo, tuttavia, alla tentazione di
tuffarsi nel mare pieno di insidie mortali, legandosi saldamente
allalbero del metodo scientifico, per fare un giorno ritorno in patria,
non da reduce, ma da eroe.
28
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Ricordo anche Silvio Ferrari che alla fine degli anni Settanta,
svolse una rilettura delle linee di evoluzione della scienza giuridica
alla luce delle trasformazioni istituzionali e sociali avvenute o ancora
in corso in Italia, giungendo a sottolineare che due soli sembrano
essere i riflessi della legislazione pattizia sulla struttura dei manuali
di diritto ecclesiastico. Il primo consiste nella trattazione della materia matrimoniale che, omessa nei vecchi manuali, giunge a coprire
pi di un quarto dellintero volume in alcuni corsi18.
La seconda trasformazione rilevabile nella sistematica dei manuali del ventennio fascista determinata dal lento e contrastato abbandono della bipartizione della materia in diritto costituzionale e
diritto amministrativo della Chiesa []a favore di una quadripartizione imperniata su persone, enti, patrimonio e matrimonio19.
Attualmente il percorso non dunque pi quello di valutare quale
sia lo spazio da attribuire al diritto concordatario, ma quello del diritto e religione resta e, da sempre, un difficile quanto delicato binomio, perch comprende oggetto, funzione e metodo della disciplina
giuridica del fenomeno religioso. Pertanto, abbastanza superata la
questione se la necessaria limitazione dellindagine a quella parte
del diritto canonico, che assume rilevanza giuridica nellordinamento statuale, indagine che devessere condotta sulla linea della tanto
dibattuta questione internazionalistica del rinvio tra diversi ordinamenti giuridici20.
Arrivo ora allultima considerazione che intendo presentare in
questa sede: il rapporto tra il diritto ecclesiastico e quello costituzionale. Un legame che di stretta attualit ma che tuttavia cercher di
leggere con qualche richiamo al passato.
Loccasione per questa riflessione mi offerta da una dispensa
universitaria di Arturo Carlo Jemolo, confrontata con il coevo manuale di Diritto ecclesiastico, sempre del medesimo autore.
S. Ferrari, Ideologia e dogmatica nel diritto ecclesiastico italiano. Manuali e
riviste (1929-1979), Giuffr, Milano, 1979, p. 135.
19
Ivi, p. 136.
20
Ivi, pp. 30-1.
18
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Si tratta delle Lezioni di Diritto costituzionale, tenute nellUniversit di Bologna e pubblicate a cura dello studente Giuseppe Rabaglietti21. Lanno a cui si riferiscono non indicato, ma poich troviamo traccia di un altro corso per il 1929-3022, anche nel nostro caso
siamo senzaltro in un contesto storico pressoch coevo.
Jemolo, giurista e storico, allievo di Francesco Ruffini, visse tra
il 1891 e il 1981 e come sappiamo fu scrittore elegante e acuto
e, non ultimo, espressione di una coscienza sicuramente laica, ma
animata di profondi sentimenti religiosi. Formatosi in unepoca non
toccata dalleccesso di specializzazione e neppure di confusione del
sapere che caratterizza in senso negativo la cultura contemporanea,
egli pot contare su settanta anni di ininterrotta attivit scientifica e
di poliedricit espositiva, ma anche di testimonianza di un passaggio
epocale che dagli ultimi bagliori dello spirito risorgimentale giunge
al superamento dello Stato nazionale.
Ho compiuto questo riferimento, perch quando Jemolo pubblic,
allindomani della Conciliazione, le sue Lezioni di Diritto ecclesiastico, le accompagn dal seguente sottotitolo: Il Diritto ecclesiastico
dello Stato italiano23; una precisazione allora logica, ma che oggi
riferita ad un ordinamento completamente superato, con il conseguente superamento della stessa nozione di Diritto ecclesiastico dello
Stato italiano.
Infatti, la sua speculazione scientifica che ha segnato la seconda
met del Novecento italiano (con un netto contributo di pensiero a
sostegno della libert religiosa e di opposizione contro ogni luso
strumentale della religione) ancora attuale e rappresenta, anche
per gli studiosi pi giovani, un punto di riferimento, ma ovviamente
Cfr. A. C. Jemolo, Lezioni di Diritto costituzionale, La Grafolito Editrice Universitaria, Bologna, s.d.
22
Cfr. A.C. Jemolo, Lezioni di Diritto costituzionale, Gruppo Universitario Fascista Giacomo Venezian, Bologna, [1930], in Arturo Carlo Jemolo: vita ed opere di
un italiano illustre. Un professore dellUniversit di Roma, a cura di G. Cassandro,
A. Leoni, F. Vecchi, Jovene, Napoli, 2007, p. 34.
23
A.C. Jemolo, Lezioni di Diritto ecclesiastico. Il Diritto ecclesiastico dello Stato italiano, Soc. Tip. Leonardo da Vinci, Citt di Castello, 1933.
21
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attributo essenziale del nostro Stato quello di essere cattolico, osservando subito siamo ancor nel pur vicini alla Conciliazione del 1929
in un quadro separatista che qui si possono affacciare seri dubbi.
vero ch precisamente lart. 1 dello Statuto carloalbertino a
dettare: La religione cattolica, apostolica e romana la sola religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi. pur vero che non vale lopporre (come fanno
anche pubblicisti di gran valore, quale il Ranelletti) essere assurdo il
concetto di una religione dello Stato. Invero se si volesse pensare con
una esagerazione della teoria organica lo Stato come subietto munito
di un sentimento e di una fede religiosa analoghi al sentimento ed
alla fede delle persone fisiche, si cadrebbe in una di quelle goffaggini
note alla pi scadente pubblicistica tedesca. Ma il concetto di religione dello Stato ha un significato tradizionale ben fissato, e non risponde a rigor di termini al significato letterale della espressione. Lo Stato
ha una sua religione in quanto fa ad una confessione una particolare
posizione di diritto pubblico, in quanto assume i suoi concetti a principi direttivi della propria legislazione e della propria azione etica, in
quanto stabilisce una determinata relazione tra organi dello Stato ed
organi della Chiesa.
Bisogna piuttosto ricordare come il principio posto da Carlo Alberto in testa allo Statuto sia pi tardi stato attenuato e quindi addirittura negletto. Sicch dieci anni or sono i pubblicisti nostri, sia pure
con qualche esagerazione di fronte al diritto positivo ma credendo
quanto meno di interpretare la prossima evoluzione di questo, parlavano nellart. 1 come di norma che avesse ormai cessato di esercitare ogni efficacia e dello Stato italiano come di Stato laico. In fatto
il termine religione dello Stato era scomparso dalle nostre leggi.
Levoluzione pi recente del nostro diritto ha invece portato a far
rientrare nella terminologia legislativa lespressione statutaria. Peraltro non si pu dire n che sia stato attuato lideale di Stato chera
certo nella mente di Carlo Alberto, n che il nostro diritto positivo
sia quello che secondo la Chiesa dovrebbe essere proprio di un Paese
cattolico. Invero noi vediamo il nostro Stato avere proprie direttive
etiche (laddove lo Stato cattolico nel concetto della Chiesa non do312
vrebbe avere se non quelle della dottrina cattolica nella interpretazione ecclesiastica), ritenere uguali di fronte ad esso Stato tutti i cittadini quale sia la loro fede religiosa e pur se privi di una fede religiosa,
consentire ai non cattolici di dare opera alla diffusione delle proprie
fedi, legiferare in una serie di materie che la Chiesa insegna essere
precluse allo Stato se non abbia avuto un indulto pontificio.
Daltronde nella coscienza collettiva lallontanamento dal concetto che inspir lart. 1 dello Statuto ed il parziale ritorno verso
di esso, non hanno mai assunto il valore di modifiche di elementi
essenziali dellordinamento giuridico. Una nuova direttiva in maniera di politica ecclesiastica diversa dallattuale non avrebbe mai quel
significato rivoluzionario, di distruzione dellordine costituzionale
odierno, che avrebbe il passaggio alla forma repubblicana o alla Monarchia assoluta o allo Stato non fascista28.
Infine ancora un richiamo ad un punto che tuttavia non tocca direttamente il diritto ecclesiastico, ma piuttosto le valutazioni di ordine politico con le quali nello scorso 2011 si commemorato il 150
anniversario dellunit dItalia. In quellultima circostanza per porre
in luce il contributo dei cattolici al processo di unificazione nazionale
si preferito ricordare la data del 17 marzo 1861, oscurando invece
quella che fu gi festivit nazionale del 20 settembre 1870.
Di fronte al valore di queste date Jemolo nelle sue Lezioni di Diritto costituzionale fu invece netto nel sostenere che la legge 17
marzo 1861 n. 4671 non sanzion quindi la creazione di un nuovo
Stato, ma soltanto il cambiamento del titolo dei nostri Re, sia pure
dincommensurabile importanza storico-nazionale29.
Ho richiamato questi diversi passaggi per due ordini di ragioni.
La prima risiede nel fatto che bisogna sempre rileggere i maestri del
passato perch il loro insegnamento anche negli aspetti contingenti
presenta una valenza atemporale.
La seconda ragione di interesse per queste indagini la ricavo da
un passaggio contenuto in un articolo di Amedeo Giannini, il quale
Ivi, pp. 170-3.
Ivi, p. 112.
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Parte quarta
Altri contributi
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Giancarlo Anello
categorie del diritto2, uno tra i compiti dello studioso che si occupa
di diritto e religione pu essere, ove possibile, di elaborare percorsi
di interpretazione degli interessi religiosi, al fine di veicolare quelli
non ancora riconosciuti, ma giuridicamente accettabili, allinterno di
canali diversi di legittimazione. In tal senso egli pu anche operare
sullacquisizione dei concetti in modo da costruire categorizzazioni
o qualificazioni differenti3 e, di conseguenza, proporre nuove prospettive di bilanciamento degli interessi allinterno di una cornice
giuridica laica e pluralista4.
Un campo dindagine di queste riflessioni pu essere offerto dalle pratiche in cui si concreta la libert di culto delle confessioni di
recente insediamento in Italia. In particolare, la complessa tematica
dei luoghi di culto islamico offre un reticolo di norme legislative e di
decisioni giurisprudenziali sulle quali elaborare ipotesi di qualificazione giuridica alternative a quelle finora proposte, al fine di districare alcune questioni di carattere finanziario o urbanistico dal diritto
allesercizio del culto. Si tratta di dare seguito a osservazioni che
sono state, a suo tempo, gi sollevate dalla dottrina ecclesiasticistica5
e che hanno trovato parziale riscontro in quelle decisioni del giudice
ordinario e amministrativo che di questindagine integrano loggetto.
Da angolazioni diverse vedi, F. Salvia, La relativit delle categorie giuridiche e i nuovi criteri sostanzialistici nel diritto amministrativo, in Nuove autonomie, 2001, 1, pp. 7 ss., e N. Lipari, Categorie civilistiche e diritto di fonte comunitaria, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, fasc. 1, 2010, pp. 1 ss.
3
Cio realizzando una suddivisione, ordinando o classificando secondo vari criteri (gerarchico, potestativo, di specialit, di sussunzione e cos via) i comportamenti
umani in categorie giuridiche; ovvero attribuendo, in base ai caratteri specifici, una
qualifica normativa ad una fattispecie, cfr. A.J. Connolly, Cultural Difference on
Trial. The Nature and Limits of Judicial Understanding, Ashgate, Farnham-Burlington, 2012, p. 100.
4
M. Ricca, La laicit interculturale. Che cos?, in Scienza & Pace, Rivista
on line, marzo 2012.
5
V. Tozzi, Le moschee ed i ministri di culto, in www.statoechiese.it, 2007; inoltre, cfr. il numero monografico dei Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1,
XVIII, 2010, intitolato Campanili e minareti. I luoghi di culto tra norme civili e
interessi religiosi, di cui verranno richiamati, di seguito, singoli contributi.
2
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321
Giancarlo Anello
in questi ambiti, del diritto di libert religiosa9. Che il tema dellattuazione di un ipotetico diritto alla moschea10 si inserisca nellalveo della libert religiosa, delineato dallart. 19 cost., e rappresenti
un aspetto dellinsediamento delle confessioni religiose diverse dalla
cattolica, di cui allarticolo 8, comma 2 della carta fondamentale,
invece una considerazione che si pu e si deve sviluppare. Come
accennato, essa pu almeno indurre ad elaborare ipotesi pluralistiche
di contemperamento tra gli interessi di tipo religioso e i cogenti limiti legali. Non si nega si tratti di un problema piuttosto complesso:
per questo appare semplicistico affrontarlo sia in chiave puramente
tecnicistica, sia sulla base di indicazioni meramente ottative, come
quelle del parere sui luoghi di culto islamici del Comitato per lIslam
Italiano11. In questo documento si richiamano alcune linee guida circa ledificazione dei luoghi di culto affermando, tra laltro che
i luoghi di culto islamici, relativamente alle procedure edilizie e urbanistiche,
alle norme di sicurezza e di gestione, e dellordine pubblico, dovranno fare
riferimento esclusivo alla normativa nazionale e locale vigente. Perci, gli
edifici dovranno essere costruiti in totale conformit con la normativa edilizia e urbanistica e, dunque, previa approvazione dellUfficio Tecnico del
Comune. Essi dovranno essere inseriti in zone urbanistiche compatibili con
la destinazione duso di pubblico interesse o luogo di culto. La comunit
islamica deve individuare larea per ledificazione del luogo di culto, con le
idonee caratteristiche urbanistiche, e presentare il progetto allUfficio Tecnico del Comune che lo esamina e ha facolt di proporre soluzioni alternative.
La comunit islamica si fa carico di acquistare larea per ledificio da adibire a luogo di culto, che dovr corrispondere a criteri di estetica e decoro,
anche in relazione allentit del bacino dutenza e deve essere conforme
alle vigenti norme urbanistico edilizie nonch a quelle in materia di igiene,
Cfr. lintervento di A. Chiettini, Giudice amministrativo, immigrazione e luoghi di culto, al convegno Frontiere dellimmigrazione o migrazione delle frontiere?,
tenutosi a Trento il 25 novembre 2011, pp. 2 e 17, ora consultabile on line allindirizzo internet http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/25_11_2011_relazione_chiettini.htm.
10
G. Casuscelli, Il diritto alla moschea, lo Statuto lombardo e le politiche comunali: le incognite del federalismo, in www.statoechiese.it, 2009.
11
Del 27 gennaio 2011, consultabile sul sito del Senato.
9
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324
non solo nel momento attuativo del rilascio del permesso di costruire, ma anche nella precedente fase di pianificazione delle modalit
di utilizzo del territorio15. In sede di elaborazione degli strumenti
di pianificazione, i Comuni che ricevono richieste di localizzazione
di luoghi di culto possono legittimamente porsi soltanto il problema
delleffettiva esigenza di queste infrastrutture in relazione al numero
di soggetti interessati (anche su scala sovracomunale se per le ridotte
distanze o per altri motivi risulti verosimile che il bacino potenziale
pi ampio del territorio comunale). Ma, una volta accertata lesigenza di un luogo di culto, un diniego legittimo deve necessariamente
basarsi sullinidoneit del sito proposto secondo le normali valutazioni urbanistiche mentre, allopposto, la localizzazione deve essere
necessariamente conforme alla proposta presentata qualora i promotori del progetto abbiano la disponibilit degli immobili, in quanto
una diversa soluzione, coinvolgendo diritti di terzi, equivarrebbe di
fatto a un diniego arbitrario16. Sul punto, per, vale la pena segnalare
che tali passaggi possono essere strumentalizzati per speculazioni di
tipo ideologico. In una recente decisione, relativa allimpugnazione,
da parte di alcuni esponenti politici locali, del permesso di costruire
un luogo di riunione per i fedeli ottenuto dallUnione dei Musulmani
in Italia a Torino, la corte ha dichiarato inammissibile tale azione per
difetto di legittimazione e di interesse, dato che i ricorrenti non dimostravano lesistenza di uno stabile collegamento territoriale con
il luogo interessato dallintervento edilizio o alcun pregiudizio ai
loro interessi17.
Cons. St., sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8298, con commento di T. Rapisarda,
I luoghi di culto e la confessione religiosa islamica. Pluralismo religioso e convivenza multiculturale, in Diritto e religioni, VI, 1, 2011, pp. 480 ss.
16
Cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 14 settembre 2010, n. 3522.
17
Cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 27 ottobre 2011, n. 1139. Sulla stessa scia, circa
la aberrante prospettiva di una approvazione popolare preventiva tramite referendum comunale, cfr. la decisa e condivisa critica di N. Marchei, Gli edifici dei culti
ammessi: una proposta di legge coacervo di incostituzionalit, in Quaderni di
diritto e politica ecclesiastica, 1, XVIII, 2010, p.117.
15
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19
326
prassi sono state pi volte ritenute illeggittime sulla base della necessit di dare corretta applicazione alle normative locali in materia
urbanistica ed edilizia. In alcuni casi si fatto valere il principio di
effettivit, in virt del quale il mutamento strutturale e funzionale
della destinazione duso deve essere qualificato, non tanto in base
alle intenzioni espresse dalla parte interessata, quanto dalle oggettive
caratteristiche che presentano i locali. In altri casi, si rilevato che
le deroghe ai piani regolatori non possono legittimare eccezioni alle
destinazioni di zona, sulle quali si fonda la struttura concettuale del
piano regolatore generale.
c. Attivit svolte: infine va fatto un richiamo alla giurisprudenza
in tema di attivit svolte allinterno di tali luoghi. Pare necessario
sottolineare che in molte circostanze esse hanno sollevato preoccupazioni in materia di ordine e di sicurezza pubblica, in applicazione
di legislazioni inerenti la limitazione di attivit di sedizione politica
e religiosa21 da parte di imam integralisti, ad esempio, durante lo
svogimento del sermone del venerd. In relazione alla determinazione dei limiti, va segnalata, per, la decisione in virt della quale le
dichiarazioni rese alla stampa da un cittadino straniero di religione
musulmana, a favore dellintegralismo islamico, non giustificano lespulsione di questultimo dallItalia. Dette condotte non appaiono
tali per le concrete modalit di esternazione che le hanno carat2. Le attrezzature di cui al comma 1 costituiscono opere di urbanizzazione secondaria ad ogni effetto, a norma dellarticolo 44, comma 4.
3. Gli edifici di culto e le attrezzature di interesse comune per servizi religiosi
interamente costruiti con i contributi di cui al presente capo non possono essere in
ogni caso sottratti alla loro destinazione, che deve risultare trascritta con apposito
atto nei registri immobiliari, se non siano decorsi almeno ventanni dallerogazione
del contributo. Tale vincolo di destinazione si estende anche agli edifici. di culto ed
alle altre attrezzature di interesse comune per servizi religiosi costruiti su aree cedute
in diritto di superficie agli enti delle confessioni religiose che ne siano assegnatari i
quali sono tenuti al rimborso dei contributi ed alla restituzione delle aree in caso di
mutamento della destinazione duso delle attrezzature costruite sulle predette aree.
21
Come nel caso di istigazione allodio razziale o religioso, in base alla legge 25
giugno 1993, n. 205; come nel caso del terrorismo internazionale di matrice islamica, di cui alla legge 31 luglio 2005, n. 155.
327
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328
del diritto alla libert religiosa degli islamici. Tuttavia questo non
pare lunico inquadramento concettuale in cui si possano scomporre
le pratiche in cui si estrinseca lesercizio del culto islamico. La categorizzazione giuridica consiste in unoperazione di suddivisione
intellettuale che si pone in essere ordinando o classificando secondo
vari criteri (gerarchico, potestativo, di specialit, di sussunzione e
cos via) i comportamenti umani. Ci posto, di seguito si vorrebbe
proporre una sterzata interpretativa volta a categorizzare il culto islamico secondo una suddivisione differente rispetto a quella fino ad ora
praticata, al fine di rendere possibile lattribuzione di una qualifica
normativa diversa al complesso di tali pratiche.
Ammettendo che lart. 8 cost., comma 2, tuteli la possibilit di
fare rinvio agli statuti delle confessioni, anche in senso culturale26,
vi sarebbe, allinterno della tradizione giuridica musulmana, la possibilit di rintracciare, appunto, ulteriori ipotesi di inquadramento.
Tramite questo esperimento argomentativo ci si pone lobiettivo di
ipotizzare circuiti di riconoscimento di questo diritto fondamentale
la cui effettivit pare essere messa in discussione nella casistica giurisprudenziale precedentemente descritta. Per approfondire questa
prospettiva interpretativa si potrebbero scandagliare le categorie in
cui sono ordinate le pratiche del culto, c.d. ibadat, secondo il diritto islamico27, privilegiando la categoria ermeneutica dellattivit caratterizzante il culto, quella della preghiera congregazionale, rispetto
a quella basata sullubicazione delle stesse allinterno di un luogo di
culto. In altri termini, si andrebbe a scandire, almeno in prima battuta, la disciplina dellattivit di riunione da quella delledificio, al fine
di valutare, dal punto di vista antropologico, assiologico e giuridico, lutilit di convertire la qualificazione della moschea da quella di
edificio di culto in senso stretto a quella di spazio della preghiera.
G. Anello, Organizzazione confessionale, culture e Costituzione. Interpretazione dellart. 8 cpv. cost., Rubbettino, Soveria Mannelli, 2007, pp. 5 ss. Cfr. anche lo
studio pionieristico di A. Predieri, Sharia e Costituzione, Laterza, Roma-Bari, 2006.
27
T.W. Juynboll, Manuale di diritto musulmano secondo la dottrina della scuola sciafeita, Vallardi Editore, Milano, 1916, pp. 42 ss.
26
329
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Non si tratta di una virata ermeneutica inopportuna, ove si guardi alle categorie interpretative della tradizione islamica. Di l dalle
pur corrette distinzioni tra le differenti tipologie dei luoghi di culto
islamici (musallah, jamia, masgid, kllyie)28, infatti, nella cultura
di origine, la definizione della moschea non ha mai avuto una sua
autonomia ontologico e teologica29, architettonica e storica30, sociogiuridica31. Sotto il primo aspetto, per esempio, possibile tracciare
una differenza di grado tra santuari dellIslam, come la Kaabah e la
Moschea del Profeta Maometto a Medina, e gli altri luoghi di culto
nati durante lespansione dellIslam. La prima fonda la sua sacralit
direttamente nel Corano (3,96; 5,97), che la definisce la casa sacra.
Com noto, tale qualit la rende il centro effettivo della cosmogonia
islamica, il punto verso cui orientare le preghiere o attorno al quale
far convergere il pellegrinaggio. La seconda trae la sua sacralit dal
fatto di essere contigua alla casa del Profeta; abitazione che ha progressivamente assorbito. A differenza di tali santuari, i luoghi di culto
S. Khalil, Note sulla moschea, in La civilt cattolica, quaderno 3618, 2001,
pp. 599 ss.; S. Allievi, Moschee in Europa. Conflitti e polemiche, tra fiction e
realt, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1, XVIII, 2010, p. 148 ss.; G.
Necipolu-Kafadar, The Sleymaniye Complex in Istanbul: An Interpretation, in
Muqarnas, vol. 3 (1985), pp. 92-117.
29
Cfr. H. Salam-Liebich, Moschea (storia e tradizione), in Enciclopedia delle
religioni, vol. 8, Islam, Citt Nuova-Jaca Book, 2004, pp. 458 ss.
30
Cfr. S. Henderson, Moschea (architettura), in Enciclopedia delle religioni,
vol. 8, Islam cit., pp. 460 ss.
31
Del resto, si pu affermare che gli spazi sacri delle altre religioni abbiano uno
statuto giuridico originario che coincide con un certo edificio? Si propenderebbe per
il s ove si pensasse alla normativa canonistica di dedicatio formale e benedizione,
can. 1205 ss. Ma, anche in tal caso, cfr. in senso contrario la sottile distinzione
posta da M. Calvi, Ledificio di culto un luogo sacro? La definizione canonica
di luogo sacro, in Quaderni di diritto ecclesiale, 13 (2000), pp. 228 ss., per il
quale i cristiani non hanno luoghi sacri. Pi specificamente, la sacralit teologica
di un luogo non si converte automaticamente nella categoria giuridica delledificio
di culto. In una prospettiva comparativa semitica cfr. la distinzione significativa tra
tempio e sinagoga nellebraismo, M.C. Culotta, The Temple, the Synagogue, and
Hebrew Precedent, in Journal of the History of Ideas, vol. 31, n. 2 (apr.-jun. 1970),
pp. 273-6.
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mento51. Da questo punto di vista, la nozione base dellattivit riunione, utile a configurare la fattispecie costituzionale, definita in
prima battuta dalla mera vicinanza fisica dei partecipanti. In genere,
si usa delimitare la riunione differenziandola da fenomeni simili che
se ne distinguono per la minore o maggiore intensit del vincolo di
aggregazione. Da un lato, ad esempio, si parla del mero assembramento caratterizzato dallassenza di un previo concerto o di una previa organizzazione dei convenuti. Dallaltro, ci si riferisce dellassociazione connotata, invece, dalla presenza tra i riuniti di un patto
sociale, vale a dire di una accettazione formale di perseguire assieme
un determinato scopo. Tale patto sociale determinerebbe la sussistenza di un vincolo ideale tra i soci, nonostante la loro lontananza fisica.
Per lesercizio del diritto di riunione, inoltre, si ritiene che il vincolo
tra lattivit e il luogo in cui essa si svolge sia meramente eventuale.
Lidentit del luogo un termine che viene definito per relationem
rispetto ai soggetti che pongono in essere la congregazione. Si pu
avere una riunione sia che i convenuti siano fermi, sia che si muovano in corteo o in processione52. Nondimeno, appare pi frequente che
la riunione di culto si svolga allaperto o allinterno di un luogo aperto al pubblico. Questultimo viene definito generalmente come uno
spazio caratterizzato dalla separazione fisica dallambiente esterno,
con la volont da parte del titolare di ammettere lingresso a tutti53.
Ebbene, tutti questi caratteri si attagliano bene alla descrizione
della preghiera del venerd: in essa rispettato il basilare requisito
dellaggregazione fisica; il criterio organizzativo costituito dallobbligo in coscienza di riunirsi e dalla consapevolezza sociale di una
sua effettiva osservanza da parte della comunit di fedeli. Come osVedi in dottrina, A. Pace, Art. 17, in Commentario della Costituzione, a cura
di G. Branca, Zanichelli-Soc. ed. del Foro Italiano, Bologna-Roma, 1977, pp. 145
ss.; R. Borrello, Riunione (diritto di), in Enc. del diritto, vol. XL, Giuffr, Milano,
1989, pp. 1401 ss.; G. Tarli Barbieri, Art. 17, in R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, Commentario alla Costituzione, vol. 1 cit., pp. 383 ss.
52
Cfr. A. Pace, op. cit., pp. 156 e 153.
53
Cfr. Cass. pen. S.U., 31 marzo del 1951, cit. in G. Tarli Barbieri, op. cit., p.
393, nota 85.
51
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n potrebbe la libert di riunione, in alcun modo, coprire o giustificare tali tipologie di attivit.
Unultima osservazione va dedicata al punto della qualificazione
della fattispecie in ordine al tema di un eventuale conflitto di giurisdizione. Difatti, in caso di stralcio dellattivit di riunione del venerd dal complesso articolato normativo che invece avvolge il tema
degli edifici di culto, ci si potrebbe interrogare su quale sede giudiziaria adire in caso di contestazione di esercizio legittimo dellattivit di riunione. Da questo punto di vista, un inquadramento dellattivit del culto islamico, limitatamente alla preghiera del venerd, al di
sotto della copertura costituzionale ammetterebbe comunque i poteri
di intervento dellautorit pubblica, e di conseguenza la competenza
del giudice amministrativo. Ma tali ampi poteri sarebbero comunque
delimitati. In particolar modo, essi sarebbero circoscritti allemanazione di un eventuale provvedimento di divieto di riunione in luogo
pubblico, da parte del Prefetto, previo accertamento della condizione
di pericolo per la salute pubblica. Qualora, invece, la pubblica autorit agisse sulla base di un potere diverso da quello conferito dal
combinato disposto delle norme costituzionali e delle norme in materia di pubblica sicurezza, competente a decidere sarebbe il giudice
ordinario.
Ovviamente dinanzi a tale autorit andrebbero incardinate tutte le
controversie circa abusi o violazioni commessi da un privato nei confronti di un altro privato in costanza di riunioni religiose, come nel
caso di atti di emulazione. Corollario di questo riparto sarebbe quello
di poter esperire, nellincerto atteggiarsi del diritto di riunione a volte
come diritto soggettivo a volte come interesse legittimo, una scelta
circa il mezzo di tutela pi efficace per contrastare un divieto di riunione illeggittimamente disposto. La tutela amministrativa potrebbe
non garantire in maniera efficace, contro un provvedimento adottato
senza potere, poich nonostante la previsione di una pronuncia sospensiva e fatte salve le ipotesi esperibili di tutela cautelare, i tempi per la proposizione di un ricorso e per la fissazione delludienza
potrebbero rendere vana la tempestiva contestazione di un divieto a
procedere a una riunione in un momento di poco o mediamente suc342
cessivo58. Daltro canto, non vi sarebbe un rimedio ordinario per sospendere lesecuzione di un provvedimeno di divieto emanato, seppure illeggittimamente dalla pubblica amministrazione, gravante il
diritto soggettivo. Tuttavia in questo caso, si potrebbe in un momento
successivo dare luogo a una iniziativa legale di carattere risarcitorio
in caso di danno subito a causa del divieto illeggittimamente posto.
5. Lipotesi di ragionamento qui svolta, circa una riconversione ermeneutica nella categorizzazione e nella qualificazione giuridica delle pratiche di culto islamico, non pu considerarsi n originaria n
esaustiva. Essa, infatti, non proviene n raccolta da alcun soggetto
confessionale; inoltre, le sue premesse e le sue conseguenze andrebbero ulteriormente calibrate sulla giurisprudenza ordinaria e amministrativa in via di formazione sulla questione delle moschee. Tuttavia,
essa vale come contributo interpretativo indipendente, laico e interculturale delle norme disponibili in materia, finalizzato a promuovere
leffettivit della libert di culto delle confessioni religiose di nuovo
insediamento. Attraverso la sua presentazione si propone di riflettere
sul fatto che gli statuti culturali delle confessioni, rappresentati anche
dai diritti religiosi, possano utilmente integrare le norme di diritto
statali. Ci avviene con lestrazione dei significati dalle pretese di
riconoscimento, mediante la loro contestualizzazione culturale, tramite un loro orientamento di tipo assiologico e finalistico. Ci, come
osservato, potrebbe produrre benefici riflessi sulle interpretazioni del
diritto statale, garantendone maggiore effettivit. La cornice pluralistica del diritto italiano consente di elaborare simili ipotesi di ricategorizzazione delle pratiche religiose e culturali straniere: possibile rintracciarvi itinerari di legittimazione che siano compatibili sia
con lordine costituzionale dello stato, sia con lo svolgimento della
personalit delluomo allinterno di formazioni confessionali. Una
simile pratica di conversione funzionale che, del resto viene posta in
58
Cfr. A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2010,
pp. 284 ss., in particolare nellipotesi di tutela cautelare ante causam, di cui allart.
61 cod. proc. amm. Cfr. anche A. Pace, op. cit., pp. 189-90.
343
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essere ogni giorno dagli operatori del diritto allinterno della cornice dellordinamento interno, qui andrebbe svolta anche con lausilio
di tradizioni giuridiche e culturali straniere. Se collocata sulle scale
di formazione dei diritti religiosi, tale politica cognitiva di migrazione categoriale allinterno della sfera giuridica, oltre che incidere
sullinterpretazione del caso specifico, potrebbe assolvere una funzione pi generale, quella di contribuire a disinnescare sul nascere
pratiche simboliche in grado di accedendere i conflitti identitari. La
preghiera collettiva del venerd ne un esempio; indossare il velo ne
un altro59.
Tale contributo pu essere realizzato da chi ha la capacit di muoversi, con conoscenze necessarie e prontezza di spirito, negli ambiti
di studio in cui tali tematiche risultano allacciate, vale a dire il diritto
(laico) da un lato e la tradizione normativa (religiosa) dallaltro. Ad
avviso di chi scrive, tale competenza specifica rappresenta la cifra
pi caratterizzante lo studio giuridico delle questioni religiose. La
scienza giuridica, nella misura in cui svolga tale compito, osservando
la necessaria equidistanza dagli interessi statali e confessionali, maggioritari e di minoranza, sociali e di coscienza, individuali e collettivi, e di mantenere al centro lasse di valutazione costituito dallordinamento giuridico, pu costituire un vero e proprio metodo laico per
il governo delle societ pluriculturali odierne e future.
59
Cfr. per questa impostazione e per la relativa applicazione sulla tematica del
velo M. Ricca, Pantheon. Agenda della laicit interculturale, Torri del vento, Palermo, 2012, pp. 198 ss.
344
1. Oggi il diritto deve confrontarsi con un contesto sociale profondamente mutato e tuttora attraversato da processi di trasformazione
molto ampi e profondi. La societ e la prospettiva culturale occidentale (europea, statunitense e anglosassone in senso lato) rapidamente cambiata per vari ordini di motivi: in funzione dei flussi migratori
e per la crescente pluralit di culture, di religioni e di convinzioni
che attualmente la caratterizza; per la diffusione e il radicarsi di una
cultura e di una sensibilit secolare favoriti dal progresso scientifico
e dallo sviluppo tecnologico. Pluralismo culturale/religioso e secolarizzazione sono i tratti caratterizzanti del nuovo contesto sociale e
culturale dellOccidente contemporaneo2.
Non cos facile risalire alle cause di tali trasformazioni. Sia
perch le cause non sono meno profonde e complesse delle trasformazioni stesse, sia perch le evoluzioni sociali e culturali sono da
attribuire, in realt, ad un insieme di concause. Tuttavia, le scienze
Il contenuto del presente lavoro frutto della riflessione comune dei due autori.
Il paragrafo 2 attribuibile a Pasquale Annicchino, il paragrafo 3 a Gabriele Fattori;
lintroduzione e le conclusioni ad entrambi.
2
Con pluralismo culturale/religioso vogliamo intendere alcuni fenomeni distinti,
ma collegati: la pluralizzazione culturale, religiosa e confessionale delle societ e la
centralit del fattore religioso (il c.d. ritorno del religioso e delle questioni religiose
nella sfera pubblica). Con secolarizzazione si intende secondo la classica concezione
il fenomeno che tende a marginalizzare il fattore religioso nella sfera privata.
1
345
sociali e antropologiche hanno provato a ricostruire almeno i principali fattori del cambiamento e dello sviluppo del moderno quadro
socio-culturale.
Il pluralismo sociale riconducibile principalmente al fenomeno
migratorio. Coerentemente si assiste anche al rapido mutare della geografia religiosa nel mondo: in Europa (dove crescono comunit musulmane), in Medio Oriente (dove sta scomparendo il Cristianesimo),
negli Stati Uniti (dove cresce la popolazione cattolica), in America
Latina (dove crescono i protestanti)3.
Secondo politologi e sociologi4 il fenomeno del ritorno del religioso nella sfera pubblica si deve prevalentemente al tramonto delle
grandi ideologie, alla globalizzazione delleconomia, del mercato del
lavoro, della tecnologia, dei mezzi di comunicazione. Il fenomeno si
pu rintracciare nella rivoluzione Khomeinista in Iran (1978-1979).
Si manifestato anche con il ruolo anti-comunista della Chiesa cattolica in Polonia (sostegno al movimento di Solidarns), con la formazione e la crescita dei partiti religiosi in Israele, in Turchia, in
346
347
Il nuovo contesto sociale e culturale interroga il diritto. La nuova fenomenologia sociale rappresenta e promuove essa stessa nuovi
interessi. Questi ultimi ambiscono a conquistare una visibilit e una
rilevanza politica. Nella dinamica fisiologica del diritto, la consistenza sociale di un determinato interesse si traduce, nel tempo, in una
pi o meno corrispondente rilevanza politica. La politica infatti
chiamata a interpretare e a rappresentare nelle sedi istituzionali i bisogni e le istanze emergenti in ambito sociale. Nello stesso momento
in cui acquisiscono una rilevanza politica, i nuovi fenomeni/interessi
chiedono di essere riconosciuti come interessi meritevoli di tutela
giuridica, cio di essere recepiti e regolati dal diritto.
Se il principio pluralista rappresenta il precipitato giuridico di
alcuni dei nuovi processi sociali, la teoria del multiculturalismo ha
assunto nel corso degli anni grande centralit nella teoria politica. Le
problematiche sociali portate dalla differenziazione etnica/culturale/
religiosa hanno infatti portato ad una riflessione sulle possibilit di
gestire in concreto le differenze sociali. Ovviamente impossibile
rintracciare una nozione univoca di multiculturalismo e le diverse
concezioni appaiono a tratti confliggenti17.
Michael Helfand18 ha recentemente distinto tra un vecchio ed
un nuovo multiculturalismo. Con il primo ci si riferisce a quellapproccio teorico e pratico che, nel dedicare particolare attenzione ai
temi classici del rapporto fra diritto dello stato ed istanze provenienti
dai diversi gruppi religiosi minoritari, ha valorizzato il classico principio liberale di riconoscimento dellaltro posto a base dei principi
di eguale libert ed eguale dignit19. Giuridicamente questo si tradotto, come abbiamo precedentemente evidenziato, nella centralit
pean Court of Human Rights, in European Constitutional Law Review, 2007, 3,
pp. 367-84, e Z. Calo, Pluralism, Secularism, and the European Court of Human
Rights, in Journal of Law and Religion, 2001, vol. 26, pp. 261-80.
17
Cfr. M.L. Lanzillo, Il multiculturalismo, Laterza, Roma-Bari, 2005.
18
Cfr. M. Helfand, Religious Arbitration and the New Multiculturalism: Negotiating conflicting Legal Orders, in New York University law Review, vol. 86, 5,
2011, pp. 1231-305.
19
N. Bobbio, Uguaglianza e libert, Einaudi, Torino, 1995.
350
351
un parziale e fecondo rinnovamento delle discipline ecclesiasticistiche secondo una prospettiva che ha dato, tra le altre, ampio spazio alla
dimensione del diritto sovranazionale e comparato. In realt, questa
prospettiva non del tutto nuova e vanta ad oggi una importante storia nel campo del diritto ecclesiastico23. Quello che cambia per il
sistema delle fonti egemoni che, per dirla con una espressione di Olivier Roy, procedono alla formattazione del religioso24. Innanzitutto
ha assunto particolare importanza il sistema di tutela dei diritti della
Convenzione europea di salvaguardia dei diritti delluomo cui fa capo
la Corte di Strasburgo. Come ha sottolineato Marco Ventura:
La virt della giurisprudenza europea sta appunto nel continuo sforzo di
sintesi tra individuo e gruppo, tra diritto e diritto, tra locale e universale, tra
principio generale e singolo caso. In parte, lo stesso compito delle Corti
nazionali. Ma la virt dellistanza europea, proprio perch sopranazionale,
sta nellaver elaborato un ricco sistema di principi che non prescinde dalle
esperienze nazionali e regionali, ma al contrario le elabora e le sintetizza
[]. Che si tratti di Chiese, di Stato o di laicit, o di qualsiasi sistema generale di relazioni tra Stato e Chiesa o di qualificazione dello Stato rispetto alla
religione, spetta alla Corte di Strasburgo, se interpellata, verificare gli effetti
del sistema nel caso concreto, onde accertarsi che esso non leda la libert
religiosa e pi in generale i diritti protetti dalla Convenzione25.
ert religiosa in regime di pluralismo confessionale e culturale, a cura di S. Domianello, il Mulino, Bologna, 2012.
23
La metodologia comparatista gi presente agli albori della disciplina basta
citare il classico contributo di F. Ruffini, La libert religiosa. Storia dellidea, Feltrinelli, Milano, 1991. Rispetto alla dimensione sovranazionale basti il riferimento
al fondamentale contributo di F. Margiotta Broglio, La protezione internazionale
della libert religiosa nella Convenzione europea dei diritti delluomo, Giuffr, Milano, 1967.
24
Cfr. O. Roy, La santa ignoranza: Religioni senza cultura, Feltrinelli, Milano,
2009.
25
Cfr. M. Ventura, La virt della giurisdizione europea sui conflitti religiosi in
Diritto e religione in Europa. Rapporto sulla giurisprudenza della Corte europea
dei diritti delluomo in materia di libert religiosa, a cura di R. Mazzola, il Mulino,
Bologna, 2012, pp. 360-2. Si veda anche M. Ventura, Law and Religion issues in
Strasbourg and Luxembourg: the virtues of European Courts, Religiowest working
papers, novembre 2011, disponibile su: www.religiowest.eu.
352
353
354
sforzi anche di trovare una nuova dimensione paradigmatica e teorica che possa permettere un inquadramento pi consono anche rispetto al dibattito internazionale che attualmente declinato secondo le
categorie del Law and Religion e non pi secondo quelle del Church
and State33. Non si tratterebbe di una novit di portata rivoluzionaria per una disciplina abituata sin dalla sua nascita al confronto con
linterdisciplinariet e la prospettiva storica, filosofica e teologica.
Si tratterebbe solo di una nuova presa di coscienza. Tale ridenominazione sarebbe pienamente ricompresa nella declaratoria dei settori
concorsuali prevista dallallegato B del decreto ministeriale 29 luglio 2011 (n. 336) che lascia comunque sostanzialmente intaccata
la definizione della disciplina prevista dalla legislazione precedente:
il settore comprende lattivit scientifica e didattico-formativa degli
studi relativi alla disciplina giuridica del fenomeno religioso, anche
nella prospettiva comparatistica, sia allinterno dellordinamento statuale, sia negli ordinamenti confessionali, con particolare riferimento
a quello della Chiesa Cattolica. Gli studi attengono, altres, alla storia del diritto canonico, alla storia e sistemi dei rapporti tra Stato e
Chiesa, al diritto comparato delle religioni e si estendono ai profili di
rilevanza giuridica dei fenomeni di pluralismo etico e religioso34.
Giovanni Battista Varnier aveva gi sottolineato la necessit di trovare una
nuova denominazione della disciplina: che meglio esprima i nuovi metodi e soprattutto i diversi contenuti dellinsegnamento e che nel contempo, per lindubbio
allargamento dellarea scientifica in coerenza con lassetto pluralistico del nostro
ordinamento, dia conto di tutte le discipline comprese nellarea scientifica burocraticamente indicata come Jus 11. Cfr. G.B. Varnier, Il Diritto ecclesiastico dopo
le riforme, in Il nuovo volto del diritto ecclesiastico italiano, a cura di G.B. Varnier,
Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004, pp. 65-6. Cfr. anche M. Ventura, Diritto ecclesiastico e Europa. Dal church and state al law and religion, in Il nuovo volto del
diritto ecclesiastico italiano cit., pp. 191-216.
34
Cfr. Decreto ministeriale 29 luglio 2011, n. 336. Determinazione dei settori
concorsuali raggruppati in macrosettori concorsuali, di cui allarticolo 15 Legge 30
dicembre 2010, n. 240. Allegato B. Numerosi studi di ecclesiasticisti e canonisti
contemporanei hanno adottato la nuova denominazione: S. Ferrari, I.C. Ibn, Diritto e religione in Europa occidentale, il Mulino, Bologna, 1997; M. Ricca, Diritto
e religione. Per una sistemica giuridica, Cedam, Padova, 2002; Diritto e religione
33
355
La riforma dei settori disciplinari e concorsuali porta ulteriori domande, soprattutto sul futuro della disciplina. Il decreto ministeriale
provvede alla creazione del macrosettore disciplinare 12/C Diritto
costituzionale ed ecclesiastico differenziando poi per i settori concorsuali 12/C1 e 12/C2 tra diritto costituzionale e diritto ecclesiastico e canonico. Pur rimanendo intatta lautonomia disciplinare delle
discipline ecclesiasticistiche, non si pu non notare come lentrata
nellorbita disciplinare del diritto costituzionale potrebbe potenzialmente andare a svilire la natura interdisciplinare fatta di diritto
positivo e diritti religiosi propria della tradizione ecclesiasticistica
e canonistica italiana probabilmente con particolare svantaggio del
diritto canonico spingendo sempre pi il diritto ecclesiastico verso la
prospettiva del Diritto Pubblico delle religioni35.
3. Michael Helfand non il solo a profetizzare lavvento di un nuovo multiculturalismo36. Nel 2005 Peter L. Berger affermava che la
maggior parte del mondo religiosa, come lo lAmerica: leccezioin America Latina, a cura di J.G. Navarro Floria, D. Milani, il Mulino, Bologna,
2010; P. Consorti, Diritto e religione cit.; G. Macr, M. Parisi, V. Tozzi, Diritto e
religione cit.; L. Musselli, Diritto e religione in Italia ed in Europa. Dai concordati
alla problematica islamica, Giappichelli, Torino, 2011; R. Mazzola, Diritto e religione in Europa cit.; S. Domianiello, Diritto e religione in Italia cit.; A. Ferrari,
Diritto e religione nellIslam mediterraneo cit.
35
Lespressione di Nicola Colaianni. Cfr. N. Colaianni, Diversit religiose
e mutamenti sociali, in Il nuovo volto del diritto ecclesiastico italiano cit., p. 160.
36
Qui utile dare atto che, ipotizzando i possibili futuri scenari socio-religiosi
dellet tardo-moderna e dopo-moderna, le scienze socio-politologiche delle religioni hanno elaborato due paradigmi ricostruttivi. Per il c.d. paradigma della secolarizzazione, la modernizzazione si accompagnerebbe in modo fatale e irreversibile ad un processo di progressivo indifferentismo religioso/agnosticismo/ateismo.
Il paradigma c.d. della economia religiosa, al contrario, suggerisce lipotesi che
la domanda religiosa resti sostanzialmente costante anche in societ caratterizzate da
un elevato grado di modernit, cfr. S. Ferrari, Religione, societ e diritto in Europa Occidentale, in Fattore religioso, ordinamenti e identit nazionale nellItalia che
cambia, a cura di G.B. Varnier, Accademia Ligure di Scienze e Lettere, Genova,
2004, pp. 37-50 (la citazione a pp. 41-2).
356
ne lEuropa37. Nelle previsioni del sociologo americano, la diversit europea era per destinata a venir meno quando lEuropa fosse
stata colpita da una crisi di lunga durata che avrebbe riportato in
primo piano il ruolo pubblico delle religioni38. Proiettate in una
fase, come lattuale, di profonda crisi dellarea continentale, le intuizioni di Berger ridisegnano il concetto pi tradizionale di ritorno del
religioso39. Non meno che per Helfand quando teorizza un nuovo
multiculturalismo, si deve pensare che anche Berger alluda, con il
permanere e dietro le spinte della crisi in corso, ad una trasformazione pi profonda e sostanziale del paradigma politico europeo di
gestione sociale e giuridica del fenomeno religioso. Nuovi flussi migratori e nuovi equilibri demografici porterebbero oltre il pluralismo
proprio della tradizione laica, spingendo leccezione della laicit
europea a conformarsi alla regola della religiosit americana e globale con la progressiva emersione di autonomie religiose a livello
sociale e giuridico. Non dobbiamo attenderci, dunque, la semplice
riproposizione di sperimentate politiche del riconoscimento delle diversit religiose. Proprio qui le tesi di Berger si incontrano con quelle
di Helfand e ne rappresentano il possibile completamento. Secondo
i pronostici di Berger, infatti, il nuovo multiculturalismo delle autonomie dei gruppi e dei diritti religiosi si formerebbe sul modello
multiculturale dei Paesi di tradizione anglosassone.
Come ha scritto Giovanni Battista Varnier, anche in Italia stiamo
[] passando, per quanto riguarda le garanzie per le minoranze religiose, dal riconoscimento del diritto delluguale opportunit, a quello
delluguaglianza assoluta per arrivare al diritto garantito al riconoscimento della propria differenza40.
P.L. Berger, Integrazione religiosa ed europea: osservazioni dallAmerica, in
Europa laica e puzzle religioso, a cura di K. Michalski, Marsilio, Venezia, 2005, p.
87. Cfr. anche G. Davie, Europe: The Exceptional Case. Parameters of Faith in the
Modern Word, Longman & Todd, London, 2002.
38
P.L. Berger, Integrazione religiosa cit. La citazione si trova a p. 95 ed riproposta e commentata a p. 24 da F. Margiotta Broglio nellIntroduzione, pp. 11-43.
39
S. Ferrari, Introduzione al diritto comparato cit. La citazione a p. 9.
40
G.B. Varnier, Libert, sicurezza e dialogo culturale come coordinate del rap37
357
religiosa44. La seconda grande incognita chiama in causa la sopravvivenza del pluralismo e del principio pluralista in un contesto di
nuovo multiculturalismo.
Non a caso Giovanni Sartori ha osservato che
in linea di principio chiaro che il pluralismo tenuto a rispettare una molteplicit culturale che trova. Ma non tenuto a fabbricarla. E nella misura
in cui lodierno multiculturalismo aggressivo, separante e intollerante, nella stessa misura il multiculturalismo in questione la negazione stessa del
pluralismo. Il pluralismo sostiene e alimenta una societ aperta [], tuttavia lintento primario del pluralismo di assicurare la pace inter-culturale,
non di fomentare una ostilit tra culture []. Un riconoscimento che viene
ricambiato da un radicale disconoscimento e anti-pluralistico []. Un multiculturalismo che rivendica la secessione culturale, e che si risolve in una
tribalizzazione della cultura, anti-pluralistico45.
359
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361
Cfr. G. Barberini, Diritto canonico e pluralismo. Mezzo secolo dopo il Vaticano II, in Daimon, 2010-2011, 10, pp. 123-37. Si legga in particolare quanto
lAutore scrive a pp. 136-137: Potrebbe essere anche suggestivo immaginare che in
qualche modo il fenomeno del pluralismo possa interessare la Chiesa. Ma una compiuta conoscenza del pluralismo [] fa escludere che lordinamento ecclesiastico
possa essere interessato da tale fenomeno per quanto concerne la sua vita interna e
che il pluralismo culturale, sociale, politico e giuridico quale si realizza nel moderno Stato democratico possa fornire criteri validi di funzionamento della Chiesa
[]. Mentre il pluralismo comporta per natura sua la diversificazione degli interessi
e la contrapposizione tra centri di potere, la pluralit presente nella Chiesa non pu
mettere a rischio lindispensabile unit di fede e di disciplina e la centralit del governo episcopale. Sul governo della pluralit interna al cattolicesimo (e al cristianesimo) cfr. anche V. Parlato, Cattolicesimo e ortodossia cit., e A. Fabbri, Presenza
istituzionale e pastorale cattolica in Europa, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2011.
60
Cfr. P. Annicchino, par. precedente.
61
In merito si presti attenzione alle riflessioni sullesclusivismo confessionale di
R. Coppola, Lesclusivismo degli ordinamenti religiosi, in Il diritto ecclesiastico,
1996, 1, pp. 158-65.
62
Lespressione tratta da F. Margiotta Broglio, Confessioni o comunit religiose o filosofiche cit., p. 33.
59
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64
Cfr. S. Ferrari, La nascita del diritto ecclesiastico, in La costruzione di una
scienza per la nuova Italia: dal diritto canonico al diritto ecclesiastico, a cura di
G.B. Varnier, EUM, Macerata, 2011, p. 84.
65
Per esempio, un dato rilevato da Giovanni Battista Varnier nel rapporto del
diritto canonico con il diritto islamico: nel rapporto tra diritto canonico e ordinamento islamico troviamo oggi il prevalere del secondo considerato nuovo rispetto al
primo ritenuto vecchio, cfr. G.B. Varnier, Libert, sicurezza e dialogo cit., p. 58.
66
Cfr. S. Berling, Passata la tempesta? Il diritto ecclesiastico dopo la
riforma universitaria: riflessioni ex post factum, in Il nuovo volto del diritto ecclesiastico italiano cit., pp. 71-92.
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1. La teologia dellimpresa - 2. Impresa sociale e impresa socialmente responsabile: dal genere alla specie - 3. Mercato e logica mercantile
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uno strumento per realizzare finalit umane e sociali [] per raggiungere finalit di umanizzazione del mercato (Caritas in veritate,
n. 46)17. Luomo non deve tendere a divenire un fabbricatore di profitto, bens un artefice di produttivit18.
Da ci limprocrastinabile esigenza di armonizzare la legislazione, soprattutto fiscale, a tale nuova categoria economica-giuridica,
anche al fine di creare le condizioni per un mercato pi civile e nello
stesso tempo pi competitivo, secondo la lezione di Amartya Sen:
il mercato vero mercato quando non produce solo ricchezza, ma
soddisfa attese e valori etici19.
La svolta che viene sollecitata dallinsegnamento ratzingeriano
quella di riconciliare le dimensioni della persona umana, ritrovando accanto alla ricerca dellutilit anche i valori che nascono dalle
relazioni con gli altri, basate sulla fraternit: amicizia e rapporti di
mercato non possono restare divisi. La proposta quella di non considerare il volontariato, il non profit, il terzo settore come elementi complementari e separati, ma come realt capaci di contaminare
positivamente con la forza del dono tutto loperare economico. In
sostanza una economia a base etica che diventi correttiva dei sistemi economici-finanziari esistenti, non gi funzionale alle loro
disfunzioni (Caritas in veritate, n. 45).
Ha scritto Stefano Zamagni sul punto:
Il futuro appartiene alleconomia civile, la cui idea centrale fondare
larchitettura della societ su tre pilastri: pubblico (Stato ed Enti Pubblici),
privato (mondo delle imprese) e civile (organizzazione della societ civile,
perch sempre vale il diritto di libert come dovere di fare uso responsabile di
essa (Caritas in veritate, n. 32).
17
una profonda riflessione teologica che libera limprenditore dal senso di
colpa, per non considerare pi furto il profitto, furbizia lintelligenza, banditismo
il senso del rischio, cfr. D. Antiseri, Prefazione a M. Novak, Verso una teologia
dellimpresa cit., p. XIII.
18
A. Fanfani, Capitalismo, socialit, partecipazione, Mursia, Milano, 1976, p.
69. Il riferimento a tale autore viene richiamato nella sua esperienza culturale e prepolitica.
19
A. Sen, Lidea di giustizia, Mondadori, Milano, 2010, p. 23.
372
In questa luce va rivalutato il business ethic espressamente richiamato nella Caritas in veritate al n. 45 che si fonda su un sistema di principi morali atti a regolare il comportamento delle imprese
nel suo complesso e dei singoli individui che in essa e per essa operano, con il rigoroso e costante rispetto dei valori prescelti, preferibilmente tra loro ordinati in gerarchia, secondo una scala di sistema di
priorit22. In altre parole per impresa etica deve intendersi quella che
In Avvenire, 18-10-2011.
Cfr. M.C. Folliero, Enti religiosi e non profit tra welfare state e welfare community cit., pp. 127 ss.
22
Traggo tale definizione da R. De George, Letica degli affari di fronte al futuro, in Etica degli affari e delle professioni, Citt Nuova, Milano, 1993, p. 4, ove si
rimanda anche a V. Coda, Valori imprenditoriali e successo dellimpresa, in Finanza, Marketing e Produzione, 1985, f. 2, p. 29.
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Con tali brevi notazioni crediamo di aver delineato gli aspetti salienti del business ethics in tema di dottrina sociale della Chiesa, cos
come tratteggiato nella enciclica Caritas in veritate, ultimo documento papale in materia socio-economica.
F. Felice, Leconomia sociale di mercato. Origini, relazioni con la dottrina sociale della Chiesa e implicazioni attuali, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2008, p. 12.
49
A.M. Baggio, Il ritorno delletica: una lettura ragionata della crisi, in A.M.
Baggio, L. Bruni, P. Coda, La crisi economica. Appello a una nuova responsabilit,
Citt Nuova, Roma, 2009, p. 15.
50
A.M. Baggio, Il ritorno delletica: una lettura ragionata della crisi, in A.M.
Baggio, L. Bruni, P. Coda, La crisi economica. Appello a una nuova responsabilit
p. 11.
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della propria identit. La formazione culturale , infatti, cos strettamente consolidata nelle percezioni individuali, che capire il modo di
vivere delle altre societ, e quindi le possibilit di relazionarsi alle
stesse, dipende da una piena comprensione della logica culturale
interna. Alla luce delle trasformazioni del tessuto sociale, non pi
omogeneo ma irrimediabilmente fluido occorre ripensare e relativizzare anche le categorie dei diritti umani assoluti.
noto che la nascita del concetto di relativismo culturale6
legata alle evoluzioni dottrinarie del particolarismo storico di F.
Boas7 e del funzionalismo di B. Malinowski8 che hanno scardinato
la mentalit etnocentrica ed evoluzionista di stampo ottocentesco.
Le suddette teorie partono da un assioma fondamentale: il riconoscimento dellesistenza, e della dignit, di culture diverse dalla propria.
Tale riconoscimento, trasformato da strumento metodologico a vera
e propria teoria, non stata, tuttavia, recepita nel sistema filosofico delineato nella Dichiarazione Universale dei diritti delluomo del
1948 che ha preferito porre, secondo una visione ancora occidentocentrica, alcuni valori come assoluti. Un documento rispettoso del6
M. Herskovits, Statement on Human Rights, in American Anthropologist,
1947, 4, 1. LA. introduce un tema fondamentale nellanalisi dei diritti umani, quello
della relazione inscindibile tra lindividuo e la cultura di appartenenza. Ma tali prospettive non risulteranno recepite nella Dichiarazione dei diritti delluomo del 1948.
7
Nel suo celebre testo I limiti del metodo comparativo in antropologia, 1896
(pubblicato anche in Antropologia culturale. Testi e documenti, a cura di L. Bonin,
A, Marazzi, Hoepli, Milano, 1970) supera le prospettazioni metodologiche degli
evoluzionisti che, partendo dalla premessa dellunit psichica del genere umano,
sostenevano la necessaria unicit della cultura e la necessit di una identica sequenza
di sviluppo. A questa impostazione sostituisce quella del particolarismo storico, una
concezione idiografica, tesa a considerare ogni singola cultura nella sua specificit.
Anche lanalisi linguistica contribuir a rafforzare lidea della relativit culturale. Si
apre la c.d. prospettiva emica che tende a comprendere le culture da un punto di
vista interno.
8
LA. propone la c.d. prospettiva funzionalistica olistica in cui la cultura vista come un organismo vivente. Ogni elemento culturale deve dunque essere analizzato e compreso solo tenendo conto del suo funzionamento in relazione alla totalit
della societ: cfr. B. Malinowki, Una teoria scientifica della cultura e altri saggi,
Feltrinelli, Milano, 1962.
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pluralistico della societ, tenendo conto che la religione pu contribuire al progresso spirituale della societ (art. 4 Cost.) al pari di
altre visioni della vita. In Italia, tuttavia, il meccanismo di bilateralit
incompiuta non ha consentito laffermazione giuridica del principio
di equidistanza e di non identificazione, prodromici alla realizzazione
di una piena laicit.
Se il modello democratico, cos come elaborato e strutturatosi
nellEuropa occidentale, pu considerarsi una forma universalmente
condivisa, la sua efficienza sempre condizionata culturalmente
dallevoluzione dei modelli socio-giuridici e necessita di forme sempre aggiornate di eticit condivisa. Il progetto di laicit deve dunque
essere teso alla realizzazione di uno spazio realmente aperto a tutti e
di tutti per esercitare, in condizioni di libert e uguaglianza, i diritti di
libert morale (di coscienza, di pensiero, di religione e di culto, ecc.) e
per costruire a partire da questi la propria esistenza: uno spazio voluto
dagli uomini indipendentemente da Dio, etsi Deus non daretur30.
30
G. Zagreblesky, Scambiarsi la veste. Stato e Chiesa al governo delluomo,
Laterza, Roma-Bari, 2010, p. 9.
399
Quando i valori cardine di una cultura vengono messi in dubbio anche i criteri di giudizio e di misura funzionali fino a quel momento si
perdono: si tende a disconoscere la validit dei vecchi parametri di
riferimento per adottarne dei nuovi nei quali si cerca lelemento di
rottura con quelli precedenti.
Questo, probabilmente, coincide con quanto accaduto dalla rivoluzione francese in poi fino a tutto il ventesimo secolo.
Oggi la linea di rottura tra un sistema di valori ed un altro appare
pi sfumata, attraversandosi una fase di diluizione filosofica e psicologica che si riconosce nel pensiero relativista il quale pone le basi
per una relazionalit, sia essa intesa tra i singoli che tra le culture,
con cui si supera il concetto stesso di dialogo: questo non pi necessario, non ci si deve confrontare pi vigendo, su tutto, un tacito
assenso.
Il relativismo, per, non concepisce solo la dinamica dellinclusione ma elimina completamente quella dellesclusione: lunica scelta etica possibile quella dellaccettazione del tutto giacch questa,
con il suo corredo di decostruttivismo e pensiero debole, appare lultimo baluardo.
Nellenfasi odierna sulla laicizzazione della societ si tende a credere che labbandono di punti di riferimento forti equivalga ad una
pi rapida e disinibita apertura al mondo, accettazione indolore del
nuovo e del diverso.
Lo studio del diritto delle religioni, nellambito pubblico si rivela
necessario per poter guardare con speranza al futuro delle democrazie ed al domani dei popoli che, nelle democrazie, continuano a vedere lo strumento migliore per la promozione delle libert e di tutti i
diritti ormai riconosciuti dalla comunit internazionale.
401
cilio della Chiesa cattolica, sui punti fino a quel momento affrontati
dal pontificato di Wojtyla: la carenza di ministri ordinati, la posizione
della donna nella communio, la partecipazione dei laici ad alcune responsabilit ministeriali, la sessualit e la disciplina del matrimonio,
la prassi penitenziale, il ravvivamento della speranza ecumenica.
Il talento conciliare molte chiese lo hanno trafficato nel secondo novecento: la chiesa cattolica (ricordiamo lindizione dellanno della fede per l11 ottobre 2012 a cinquantanni dallapertura del
Concilio Vaticano II), le chiese non calcedonesi (con il Concilio comune ad Adis Abeba del 1968) e, dopo la cattivit sovietica, ricordiamo come lortodossia russa abbia ripreso a celebrare concili che ne
hanno plasmato il diritto ed una speciale di dottrina sociale.
Le grandi chiese della Riforma e del protestantesimo (in teoria le
pi restie ad usare la sinodalit) continuano a ricorrere al consenso
sinodale per rimanere se stesse (si ricorda, nel 2010, il Concilio di
Grand Rapids).
Proprio il filone di ricerca sotteso al nostro settore scientificodisciplinare ci consentirebbe di riprendere, quindi, il progetto di un
Concilio delle Chiese che, nel World Council of Churches ginevrino,
aveva tracciato una pista di lavoro percorribile: dopo aver celebrato
il 150 anniversario dellUnit dItalia, sono infatti le nostre materie lalveo naturale per uno studio puntuale e coordinato sulla nuova
configurazione religiosa, che si attaglia al territorio nazionale, ormai
composta da molte e diverse presenze religiose (dai sikh ai mussulmani, dagli ortodossi alle nuove chiese cristiane di matrice pentecostale latino-americane, africane ed asiatiche).
Non si tratta solo di trovare delle nuove mediane nellapproccio
al dialogo interreligioso ma di allargare linterscambio progettuale ai
fini di una didattica correlata, anche a livello interdisciplinare, senza
tralasciarne il profilo storico, soprattutto nellambito comparatistico
(non in ultimo in linea con i documenti magisteriali).
3. Il multiculturalismo, come strategia culturale e come insieme
di politiche, ha circa quarantanni di storia: nel suo nome minoranze
etniche, razziali, linguistiche, sessuali e religiose hanno rivendicato
404
diritti e riconoscimenti in varie sfere della vita pubblica, dalla governance locale alla rappresentanza politica.
Mentre recentemente in Egitto, nella prima parte della primavera
araba, abbiamo assistito ad una inedita difesa della libert di culto
(cristiani copti e musulmani sono scesi assieme in piazza rivendicando il diritto, quali credenti, alla libert di aderire alla propria religione senza imposizioni) in controtendenza, ormai da alcuni anni,
assistiamo, in molti stati tradizionalmente liberal-democratici, ad
una crisi progressiva che riguarda i migranti (in Europa soprattutto
arabi musulmani) non toccando parimenti le minoranze sub-statali e
i popoli indigeni.
Le garanzie costituzionali offrono tuttora enormi possibilit di
tutela alle politiche multiculturali mentre probabilmente iniziato il
declino di quel principio che vuole lo Stato geloso custode di speciali
differenze tra gli abitanti del suo territorio.
A ventanni dal collasso dellUnione Sovietica e della Jugoslavia
con la riscossa delle etnie, risultato della grande destabilizzazione del
1991, le difficolt delle UE rischiano di rendere ancora pi caotico
uno scenario di irriducibile complessit.
La trama per predisporre, con lapporto scientifico delle nostre
discipline, un ordito che consenta la libert di crescere, nellambito
della cultura di origine, in un contesto democratico globalizzato la
sfida che responsabilmente va colta.
Tutti i cosiddetti corpi intermedi oggi hanno la grande occasione di ridisegnare il profilo della vecchia Europa, ricostruendo
una ecumene mediterranea, la stessa che ha informato leccellenza
dellhumanitas occidentale: nellattuale contingenza chiaro come,
lintegrazione economica, non certo potr sostituirsi alla strategia
politica giacch i mercati non saranno mai strumenti idonei a produrre una solidariet politicamente resistente, laddove si voglia ancora
intendere per solidariet il senso autentico di comunit civile.
405
406
Dialogo interreligioso e associazioni confessionali costituiscono realt che sono state plasmate dal Concilio Vaticano II. Esso ha infatti
modificato la dinamica delle relazioni interne alla Chiesa Cattolica,
aprendo uno spazio di fiducia e collaborazione per le realt associative in generale e per le associazioni di fedeli laici in particolare. Cos
a partire dal Concilio nella Chiesa vi stato un fiorire di associazioni, pubbliche o private, di carattere diocesano, nazionale o internazionale. Come noto, il canone 215 del codice di diritto canonico
ha stabilito il diritto dei fedeli di fondare e di dirigere liberamente
associazioni che si propongano un fine di carit o di piet, oppure
associazioni che si propongano lincremento della vocazione cristiana nel mondo. La disciplina delle associazioni poi contenuta nei
canoni 298-329; senza entrare nel merito di tale disciplina sottolineo
soltanto, perch legato alla questione del dialogo interreligioso, il
canone 298 1 che individua le finalit alle quali devono tendere le
associazioni di fedeli: incremento di una vita pi perfetta, promozione del culto pubblico o della dottrina cristiana, altre opere
di apostolato, quali sono iniziative di evangelizzazione, esercizio di
opere di piet o di carit, animazione dellordine temporale mediante
lo spirito cristiano. La prima questione da porsi allora se il dialogo
interreligioso rientra o meno in una di queste finalit, ma lascer per
il momento in sospeso la domanda.
Sulle radici conciliari del dialogo interreligioso, almeno per quanto riguarda la Chiesa Cattolica, non c bisogno di soffermarsi.
interessante per notare che di questa nuova visione dei rapporti con
le altre religioni non c traccia nel codice di diritto canonico, dove
anzi i fedeli delle altre religioni sono definiti come non cattolici
o non credenti in Cristo. Cos il can. 256 1 che riguarda la for407
408
409
particolare impegno viene dimostrato da alcune associazioni e movimenti laicali. Nel discorso conclusivo della giornata di Assisi, Giovanni Paolo II aveva detto, tra laltro: la pace attende i suoi artefici
[]. La pace un cantiere aperto a tutti e non solamente agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi6. Era un chiaro invito a continuare
nel lavoro per la pace attraverso il dialogo interreligioso. Eppure G.
Weigel, nella sua biografia ricorda le resistenze allinterno della Curia romana, e lostilit incontrata dalla Comunit di SantEgidio che
aveva deciso di continuare il dialogo iniziato ad Assisi: Un anno
dopo lincontro di Assisi scrive Weigel la comunit di SantEgidio voleva continuare sulla strada intrapresa promuovendo in futuro
altri incontri simili. Perfino i cardinali pi aperti erano contrari, ma
Giovanni Paolo II chiam il cappellano della comunit, monsignor
Vincenzo Paglia, e gli disse: Don Vincenzo, oggi ho combattuto per
lei e abbiamo vinto7. Questo episodio si colloca nel particolare
legame esistente tra il papa e le associazioni laicali e sul ruolo delle
associazioni e dei movimenti allinterno della Chiesa Cattolica, ben
descritto dallallora cardinale Ratzinger nellintervento di apertura del Convegno mondiale I movimenti ecclesiali, speranza per la
Chiesa e per gli uomini, tenutosi in Vaticano nel maggio del 19988.
Limpegno profuso dai Pontefici nel dialogo interreligioso consente di considerarlo come uno degli aspetti della missione della
Chiesa nel mondo. Questultima considerazione ci autorizza a rispondere positivamente al quesito se esso rientri fra le finalit del6
Cit. in Comunit di SantEgidio, Lo spirito di Assisi. Dalle religioni una speranza di pace cit., p. 59.
7
G. Weigel, Testimone della speranza. La vita di Giovanni Paolo II, protagonista del secolo, Mondadori, Milano, 1999, p. 652.
8
Cfr. J. Ratzinger, Intervento di apertura, 27 maggio 1998, reperibile sul sito internet http://focolare.org. Il giorno successivo, a piazza San Pietro, Giovanni Paolo
II aveva detto: Laspetto istituzionale e quello carismatico sono quasi co-essenziali
alla costituzione della Chiesa e concorrono, anche se in modo diverso, alla sua vita,
al suo rinnovamento ed alla santificazione del popolo di Dio (Discorso del Santo
Padre Giovanni Paolo II ai movimenti ecclesiali e alle nuove comunit, 30 maggio
1998, in www.vatican.va.
410
411
11
S. Ferrari, Introduzione al diritto comparato delle religioni. Ebraismo, islam
e induismo, il Mulino, Bologna, 2008, pp. 17-8.
12
O. Clment, Dio simpatia cit., pp. 48-9.
413
Diritto e secolarizzazione
Diritto e secolarizzazione
di Grazia Petrulli
1. Premessa - 2. Profilo storico e giuridico: significato originario del termine. Secolarizzazione nel diritto canonico: can. 638 CJC del 1917 - 3.
Emancipazione di un concetto e suo impiego come categoria scientifica e
filosofica: scuole di societ secolari - 4. Utilizzo del termine come categoria
descrittiva di un processo sociologico e politico: secolarizzazione, separazione, laicizzazione
1. Negli ultimi decenni lEuropa stata crocevia di mutamenti socio-culturali che hanno comportato una profonda trasformazione del
modo di concepire la famiglia. indubbio, tuttavia, che il modello
familiare oggi vigente nellEuropa occidentale trova la sua origine
nella tradizione cristiana, essendo il risultato di molteplici vicende
storico-culturali, sulla quale hanno influito diversi fattori e in primo
luogo il diritto canonico. Si assiste oggi, in tale ambito, a una politica
sociale che si apre alla diversit culturale, volta a promuovere forme
di tutela della famiglia, indipendentemente dal fatto che trovi fondamento nellatto di matrimonio o siano altrimenti costituite.
Una spinta in questo senso stata data dalla Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea1 che riconosce come libert fondamentali tutelate il diritto di sposarsi e il diritto di fondare una famiglia (art. 9), attuando una sostanziale modifica allart. 12 della
Convenzione europea dei diritti delluomo e delle libert fondamentali del 1950 che, nellinterpretazione data dalla Corte europea di
Strasburgo, sanciva quale modello di famiglia tutelato quello tradizionale, ossia fondato sul matrimonio. La comparsa di una pluralit
1
Approvata dal Parlamento europeo il 14 novembre 2000, proclamata formalmente a Nizza.
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Grazia Petrulli
Diritto e secolarizzazione
417
Grazia Petrulli
Diritto e secolarizzazione
litico e morale, iniziata da Martin Lutero nel 1517 che porta ad una
rottura dellunit del cristianesimo ed alla affermazione di una nuova
coscienza etica e religiosa. La religione riformata con le teorizzazioni di Lutero giunge ad una scissione del mondo tra regno terrestre e
regno spirituale. questa nuova visione dei due regni che pone i presupposti culturali per le teorizzazioni filosofiche della moderna politica e il diffondersi di un radicale individualismo. A ci va aggiunto
un lento ma inevitabile affermarsi della concezione dello Stato moderno7, ora svincolato dalla tutela delle gerarchie ecclesiastiche ed
ancorato su basi territoriali nazionali. Ma la questione pi rilevante
che gli Stati allindomani della Riforma dovettero affrontare fu quella di risolvere la convivenza tra diverse religioni allinterno di un
unico ordinamento giuridico. Leffetto pi importante delle guerre di
religione che attraversarono il XVI secolo, infatti, viene identificata
con laffermazione delle tesi della tolleranza e della convivenza di
dottrine diverse, in uno stesso Stato laico8.
Laggettivo saecularis era, perci, gi insito quale elemento culturale e quindi in uso da molti decenni quando il legato francese Longueville lo introdusse nel corso delle trattative di Westfalia9, perch
E. Bockenforde, Diritto e secolarizzazione cit., p. 50.
Un evento in questo senso rappresentato dallEditto di Nantes, emanato nel
1598 da Enrico IV di Navarra con cui venne garantito al cittadino del regno di godere di tutti i diritti civili anche senza appartenere alla vera religione. Confronta sul
punto G. Cotta, La nascita dellindividualismo politico. Lutero e la politica della
modernit, il Mulino, Bologna, 2002, pp. 130 ss.
9
Le prime trattative, che misero fine alla Guerra dei Trentanni (1618-1648),
sono iniziate per la prima volta nellagosto del 1645 e solo il 24 marzo del 1648
fu raggiunto laccordo sulle materie di religione. Venne fissata una data normativa,
c.d. annus normalis, al 1624: tutti i culti che potevano provare di essere esistiti a
quella data dovevano essere tollerati. Di contro si stabil che tutti i beni ecclesiastici
secolarizzati a quella data non dovevano essere pi restituiti tranne quelli che
erano appartenuti alla Chiesa cattolica, per i quali se ne stabiliva la restituzione. Per
gli altri aspetti religiosi le decisioni della pace di Augusta, 1555, vengono riconfermate ed estese ai territori riformati dellimpero; abolito il principio del cuius regio et
religio, si riconobbe a tutti i sudditi la libert di professare una fede diversa da quella
del rispettivo monarca, almeno formalmente. Cfr. sul punto Storia delle religioni. Il
7
8
419
Grazia Petrulli
ritenuto il pi adatto ad esprimere una situazione di apparente innocenza della procedura di espropriazione di territori ecclesiastici al fine
di indennizzare i territori di Brandburgo per quelli concessi e ceduti
alla Svezia10. In tal senso il termine sculariser serviva perfettamente
alluso cui fu destinato, cio ad indicare la modificazione di una situazione esistente senza polarizzare ulteriormente lattenzione sul nuovo
stato secolare di tali territori un tempo di potest ecclesiastica. Il concetto originario del termine non contiene, in realt, un giudizio sulla
legittimit o meno delloperazione. Non tutte le secolarizzazioni compiute, infatti, vennero considerate un danno per la Chiesa: alcune di
queste furono anche compiute su iniziativa e per volont della stessa11.
Il valore essenzialmente neutro del concetto di secolarizzazione
comprovato dalluso che di esso ne viene fatto dallo stesso diritto canonico. Nella seconda met del XVI secolo il termine venne usato in
ambito giuridico per qualificare il transito di un religioso dal clero
regolare al clero secolare, e dallo stesso Codex Juris Canonici del
1917, Can. 638, codificato per designare quella forma di ritorno dalla
comunit monastica a quella mondana12.
Gli avvenimenti storici sin qui sintetizzati, costituiscono i presupposti per quello che viene considerato come lo spartiacque di
Cristianesimo, La Repubblica, Roma, 2005; a. Prosperi, Storia moderna e contemporanea. Dalla Peste nera alla Guerra dei trentanni, Einaudi, Torino, 2000, p. 68.
10
Le trattative di pace erano nello stadio in cui un accordo sembrava possibile
solo se si fossero annessi a Brandeburgo una parte di territori ecclesiastici. Sul punto
A.J. Nijk, Secolarizzazione, trad. di E. Ten Kortenaar, Queriniana, Brescia, 1971.
In particolare lA. afferma che i territori in questione erano in parte cattolici ed in
parte protestanti, ma che per avevano conservato il carattere di territori ecclesiastici. Se questi territori fossero stati aggiunti al Brandeburgo, ci avrebbe significato
la liquidazione definitiva del loro stato di principati ecclesiastici e come tale una
seria infrazione dellordine tuttora vigente nellImpero Germanico (p. 34).
11
Un esempio ne luniversit di Mster, finanziata con la secolarizzazione del convento nobile delle Benedettine di Ueberwasser e di alcune propriet
dellordine dei Gesuiti. H. Lbbe, op. cit., p. 22.
12
V. Del Giudice, Istituzioni di Diritto Canonico, Giuffr, Milano, 19363, p. 151.
L. Chiappetta, Diritto Canonico, in Commento giuridico-pastorale, vol. I, Edizioni
Dehoniane, Roma, 19962, p. 831.
420
Diritto e secolarizzazione
unintera epoca13: la Rivoluzione francese (1789), considerata anche come lultima fase del processo di secolarizzazione, visto ancora
come fatto preminentemente culturale.
Da un punto di vista storico il processo di secolarizzazione si rinnova grazie a quelle forze rivoluzionarie di pensiero che cambiarono
lassetto politico-istituzionale dellEuropa tra il XVIII ed il XIX sec.:
con la fine dellancien rgime ad opera dei princpi liberali della
rivoluzione francese che inizi tale processo.
In realt, i primi provvedimenti dellAssemblea costituente francese non mirarono ad una contrapposizione violenta con la Chiesa
ma ad un adeguamento delle istituzioni ecclesiastiche alle istanze di
rinnovamento della societ in forza dei princpi di uguaglianza e libert. La Francia del 1789 rimase sostanzialmente un paese cattolico.
Infatti, la gran parte dei contadini e degli artigiani francesi rimaneva
profondamente legata alle tradizioni religiose ed alla fede dei padri.
La volont dellAssemblea nazionale era diretta a promuovere una
razionalizzazione di quegli intrecci tra istituzione ecclesiastica e
vita civile che apparivano ormai non pi adeguati alla nuova coscienza indotta dalla cultura illuministica14.
In questa logica di razionalizzazione delle istituzioni ecclesiastiche sinseriscono i provvedimenti presi dal nuovo Stato15. Tra i
S. Petrucciani, Modelli di filosofia politica, Einaudi, Torino, 2002, p. 125.
Cfr. Storia del Cristianesimo, LEt contemporanea, a cura di G. Filoramo, D.
Menozzi, Laterza, Roma-Bari, 2001, p. 133.
15
Tali provvedimenti erano ritenuti necessari per la costruzione del nuovo stato:
proclamazione della libert religiosa col limite del rispetto dellordine pubblico, riconoscimento dei diritti politici e civili ad ebrei e protestanti, soppressione delle
decime ecclesiastiche e lincameramento dei beni della Chiesa da parte dello stato
che come contropartita si incaricava del sostentamento del clero. Anche la Dichiarazione dei diritti delluomo e del cittadino approvata dallAssemblea costituente il 12
luglio del 1790, ed in particolare lart. 10 (Nessuno pu essere molestato per le sue
opinioni, anche religiose) da inserirsi in tale contesto. anche quando si tratta di
celebrare la realizzazione della grande opera di rinnovamento di tutte le istituzioni
[] non si concepisce che la cerimonia possa iniziare in altro modo che con una
messa celebrata da un vescovo deputato dellAssemblea costituente). Cfr. Storia
del Cristianesimo. LEt contemporanea cit., p. 57.
13
14
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22
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on theology was not universally accepted, accettando che i principi etici della Cristianit potessero ispirare la stessa societ senza
per questo condizionarne le scelte e la politica sociale26. La novit
dellazione di Holyoake sta nel fatto che ha saputo esprimere tale
idea come secularism, caratterizzato da una nuova prospettiva e un
programma concreto per una politica di emancipazione.
I propositi di Holyoake di riuscire a presentare un programma
politico in senso cristiano, tuttavia, furono sconfessati dal nuovo indirizzo della National Secular Society, che proponeva, invece, una
liberazione radicale delluomo dalla religione.
Lutilizzo del concetto di secolarizzazione come concetto filosofico diviene nel pensiero di filosofi e teologi del XX secolo (Max
Weber, Ernst Troeltsch agli inizi del 900, Karl Lwith nel 1950)
una categoria centrale per la comprensione della societ industriale
e dello Stato moderno27. Ed anzi la secolarizzazione stessa, come
processo storico ed emancipazione culturale, diviene sinonimo di
modernit e progresso.
Nel paragrafo 11 dei Prolegomena al De iure belli ac pacis, Huig
van Groot (nella forma italianizzata Ugo Grozio), riconosciuto come
progenitore del razionalismo giuridico moderno, afferma, nel 1625,
che determinati principi del diritto naturale conoscibili attraverso la
ragione avrebbero validit anche se Dio non esistesse28. Gli sforzi
di Grozio sono diretti a dimostrare che esistono dei princpi la cui
universalit pu essere riconosciuta perch espressioni autentiche
della natura umana. Non possibile qui soffermarsi sulle radici del
razionalismo giuridico di Grozio, tuttavia il riferimento ad esso
necessario per meglio comprendere le affermazioni di chi sostiene
che il processo di secolarizzazione, meglio definito come emancipaIvi, p. 42.
N. Abbagnano, voce Secolarizzazione, in Dizionario di filosofia, Utet, Torino,
26
27
2007.
426
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il separatismo, ovvero quel sistema di rapporti tra potere civile e potere spirituale che si realizz con diverse caratteristiche, ma
tendente comunque a relegare la questione religiosa ad un affare
privato di cui lo Stato non pu e non deve occuparsene e, quindi,
essa non deve lambire n la sfera pubblica dello Stato e delle sue
istituzioni, n le aggregazioni sociali fondamentali32. In tale sistema
di rapporti nessuna confessione religiosa pu ottenere una posizione
dominante o comunque privilegiata rispetto alle altre.
La maggiore concretizzazione del nuovo assetto Stato-Chiesa si
ebbe con la Loi de sparation del 1905 in Francia. Le idee separatiste
elaborate da ideologie liberali del XIX secolo propongono, tuttavia,
un nuovo assetto di rapporti tra Stato e Chiese, con la diffusione di
unidea di laicizzazione della societ33. Si delinea in tal modo il
concetto di Stato laico quale modello di contrapposizione a quello
legato alla derivazione teocratica della sovranit34.
di uso comune lutilizzo del termine secolarizzazione e/o Stato
secolarizzato come sinonimo, ma anche come rappresentazione di
uno Stato c.d. laico. Esempio ne la circostanza che negli ordinamenti di tradizione anglosassone il concetto di laicit come attributo
dello Stato sconosciuto mentre ricorre il termine secular o secularity per definire il ruolo del magistrato e del funzionario civile di
32
F. Ruffini, Relazioni tra Stato e Chiesa, il Mulino, Bologna, 1974, pp. 148 ss.;
C. Cardia, Principi di diritto ecclesiastico cit., p. 82.
33
I grandi processi di secolarizzazione delle societ europee se da una parte hanno avuto conseguenze negative per la religione dallaltra parte hanno portato ad una
indipendenza delle stesse istituzioni religiose, che hanno potuto godere di una certa
autonomia. Il controllo da parte dello Stato sulle Chiese, infatti, che rappresenta la
prima fase della secolarizzazione, si allent gradatamente sino ad accordare, forse
involontariamente, una autonomia ed indipendenza alla Chiese mai conosciuta sino
ad allora. Lo stesso Concilio Vaticano II con la Costituzione conciliare Gaudium et
spes 76 lett. a) e b) e c), sancisce la necessit in una societ pluralistica, che si abbia
una giusta visione dei rapporti tra la comunit politica e la Chiesaindipendenti
ed autonome luna dallaltra nel proprio campo [ ma entrambe] anche se a titolo
diverso a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane.
34
P. Stefan, La laicit nellesperienza giuridica dello Stato, Cacucci, Bari,
2007, p. 44.
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della continua e costante crescita, che genera la necessit di globalizzare i mercati e aprire le frontiere degli Stati. Unitamente alla circolazione delle merci e del denaro, iniziano gradatamente a circolare
le persone dai vari sud del mondo. Leffetto indotto dallapertura e
dalla ricerca dei mercati limmigrazione e con essa il radicale mutamento della struttura antropologica della societ, che da pluralista
diviene multietnica, multireligiosa, multiculturale7.
Globalizzazione e multiculturalit divengono dunque gli aspetti
multivalenti della struttura dellordine moderno e della sua crisi.
Entra in crisi il modello dello Stato nazionale8, caratterizzato dalla
laicit/sovranit.
2. La crisi dello Stato moderno e sovrano rappresenta come si accennato anche la crisi della laicit ad esso legata sul piano teorico e
pratico. Quello che occorre verificare se la crisi della laicit moderna debba o possa essere intesa come inutilit del concetto di laicit a governare lattuale struttura multiculturale della societ e quindi ipotizzare con il sociologo Diotallevi una alternativa alla laicit9.
A parere di chi scrive, la laicit rappresenta un principio politico
e giuridico utile e necessario al governo della societ multi religiosa e multiculturale, oltre che pluralista. Pur avendo una diversificata
attuazione sul piano dei singoli ordinamenti giuridici, tanto da far
parlare di relativit del concetto di laicit sul piano giuridico10, caratteristica questa della differente storia che segna alcune specificit
peculiari ai diversi paesi occidentali e europei in particolare, la laicit
7
Sul rapporto tra laicit e multiculturalismo, cfr. C. Cardia, La sfida della laicit. Etica, multiculturalismo, islam, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2007, p. 195.
8
Sulle dinamiche della crisi dello Stato moderno resta insuperabile il volume di
P. Barcellona, Il declino dello Stato. Riflessioni di fine secolo sulla crisi del progetto moderno, Dedalo, Bari, 1998, p. 354.
9
L. Diotallevi, Una alternativa alla laicit, Rubbettino, Soveria Mannelli,
2010, p. 230. Cfr., inoltre, la bella recensione al volume di S. Angeletti, in Diritto e
religioni, vol. 10 (2/2010), pp. 627 ss.
10
Cfr. R. Coppola, Laicit relativa, in Religione, cultura e diritto tra globale e
locale, a cura di P. Picozza, G. Rivetti, Giuffr, Milano, 2007, pp. 103 ss.
435
Paolo Stefan
possiede alcuni caratteri ideali che sono lesito di un processo storico, politico, filosofico, in uno culturale dellOccidente cristiano e
che rappresentano il frutto pi maturo del sorgere e affermarsi dello
Stato moderno. Sono questi caratteri fondanti della laicit che possono essere utilizzati per governare il passaggio dalla societ pluralista
alla societ multiculturale, che possono essere il viatico del rapporto
tra laicit e dialogo interreligioso e interculturale.
Prima di passare allesame del rapporto tra laicit e multiculturalismo, pare opportuno tornare alla prospettiva offerta dal sociologo
Diotallevi, sulla costruzione di un necessario paradigma alternativo
alla laicit nellattuale contesto socio politico. La tesi del sociologo
romano costruita essenzialmente intorno a due postulati, entrambi
discutibili. Partendo dallassunto, che ormai comune alla scienza
sociologica delle relazioni tra religione e societ, del ritorno della religione nella sfera pubblica e del consequenziale superamento
della distinzione liberale tra ambito pubblico e ambito privato nella
regolazione del rapporto tra politica e religione, Diotallevi giunge
ad affermare lidea della necessit che venga superato il paradigma
della neutralit religiosa dello spazio pubblico e della separazione tra
ambito politico e ambito religioso, contrapponendo ad esso il paradigma del religious freedom11. Una visione che se da un lato appare
non condivisibile sul piano giuridico, poich tenderebbe a operare
unindebita distinzione tra laicit e libert religiosa, da un altro lato
pare essere eccessivamente dipendente da due concezioni del rapporto tra politica, diritto e religione che a parere di chi scrive sono
entrambe difettive rispetto al governo della societ mutilculturale,
peraltro tra loro opposte: la visione cattolica e quella della laicit
della Francia repubblicana, la quale se da un lato sul piano storico
rappresenta forse lattuazione pi matura dellidea di laicit, dallaltro non crediamo possa essere identificata come il modello ideale di
laicit dello Stato.
Ma quali sono le dimensioni ideali della laicit? Quali le caratteristiche universali del principio, che ha saputo essere nella storia fattoL. Diotallevi, op. cit., pp. 125 ss.
11
436
re di pacificazione sociale, emancipando la politica dalla conflittualit insita nel pluralismo religioso, nella diversit religiosa tout court?
Tracciare i contenuti e le dimensioni ideali del principio di laicit
come facile intuire operazione che richiederebbe uno spazio superiore a quello consentito al presente contributo, ma sia pur avvertendo il lettore dei pericoli insiti in ogni processo di semplificazione,
pu ben dirsi che le dimensioni ideali della laicit sono: la separazione della politica dalla religione, dimensioni distinte dellesperienza
umana, speculare peraltro alla distinzione tra ambito dellautorit e
ambito della libert; la neutralit della politica e del diritto rispetto
alla religione, tesa a evitare che si ingenerino nel cittadino-fedele
conflitti di coscienza tra rispetto della legge civile e osservanza delle
norme derivanti dalla propria appartenenza religiosa. Da ultimo, il rigoroso rispetto dei principi giuridici di libert e uguaglianza religiosa. Questi dunque i caratteri fondanti, ideali, del principio giuridico
di laicit dello Stato, che subiscono come vedremo una vera e propria
metamorfosi con lirrompere della multireligiosit e multiculturalit
e lavvento delle dinamiche interne al dialogo interreligioso e interculturale, il quale in qualche modo rappresenta un mutamento nella
struttura e nella dinamicit del diritto.
3. Il diritto deve, a nostro sommesso avviso, confrontarsi con il dialogo, con il concetto di dialogo e anzi deve farsi esso stesso in qualche
modo strumento di dialogo interculturale e interreligioso, in una societ caratterizzata da una diversit che investe la dimensione antropologica della diversit religiosa e culturale12.
Perch dialogare attraverso il diritto? Per rispondere a questo interrogativo di fondo, preme innanzitutto stabilire il significato della
parola dialogo e soprattutto il significato che lo stesso termine acquista nel linguaggio politico: un colloquio o una serie di colloqui
Sullimportanza del dialogo interreligioso come fattore di possibili soluzioni ai
conflitti nelle societ multiculturali, cfr. G. Dammacco, Il partenariato euro mediterraneo tra giustizia e dialogo, in Diritti umani, dialogo interculturale e interreligioso.
Dei delitti e delle pene, a cura di S. Giusti, Demograf, Roma, 2008, pp. 25 ss.
12
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438
Al termine del lavoro, attraverso lesame delle sentenze sulla Kafalah della Cassazione crediamo si chiarir meglio il senso di queste
nostre posizioni.
4. Prima di giungere allanalisi delle decisioni giurisprudenziali sulla
Kafalah islamica, ci pare opportuno fare alcune sia pur brevi considerazioni sulla laicit dello Stato e il suo carattere di principio costituente, intendendo per tale un principio che stato il formante principale del processo di unit politica e giuridica dello Stato moderno.
noto che la laicit stata il frutto di un percorso filosofico, giuridico e
politico compiuto primariamente dal giusnaturalismo moderno. Protagonisti indiscussi di questo straordinario processo sono stati Ugo
Grozio e Thomas Hobbes, luno sul versante propriamente giuridico
e laltro su quello politico.
Grozio, nella sua monumentale opera sul diritto della guerra e
della pace14, compie quello che stato definito come uno dei pi
importanti processi di ingegneria giuridica mai compiuti nel corso
della storia delloccidente e del diritto europeo in modo particolare.
grazie allopera di Grozio se le verit teologiche del cristianesimo
furono inscritte, attraverso un processo che emancipava la ragione
dalla fede (etsi Deus non daretur), nella struttura culturale e poi politica e giuridica delloccidente europeo15. Quello stesso riferimento
alla ragione consent a Hobbes di razionalizzare completamente lo
Stato, costruito attorno al concetto di patto fondativo (il contratto
sociale) tra gli individui, che cedevano la loro sovranit al sovrano,
da quel momento unico e solo soggetto autorizzato a emanare norme
giuridiche vincolanti. Auctoritas non veritas facit legem, fu questo
il punto terminale del percorso che condusse alla razionalizzazione
alterit. Sulle implicazioni giuridiche della traduzione semiotica e interculturale, cfr.
M. Ricca, Oltre Babele. Codici per una democrazia interculturale, Dedalo, Bari,
2008, pp. 249 ss.
14
Cfr. U. Grozio, Il diritto della guerra e della pace. Prolegomeni e Libro primo,
a cura di F. Acri e F. Todescan, Cedam, Padova, 2010, p. 226.
15
Su questi aspetti, cfr. da ultimo, M. Ricca, Pantheon, Torri del Vento, Palermo,
2012, pp. 15 ss. e 49 ss.
439
Paolo Stefan
complessiva del sistema giuridico e politico16. La legge, quale comando del sovrano, era formalmente e sostanzialmente astratta e in
questo modo tutti potevano essere e sentirsi cittadini a prescindere
dalla propria appartenenza alle diverse confessioni religiose sorte a
seguito della rottura dellunit cristiana. Tutti erano cio uguali dinanzi alla legge a prescindere dalla rispettiva appartenenza di fede
religiosa. Lesito ultimo di questo straordinario processo fu il riconoscimento dei principi di uguaglianza e libert religiosa, che divennero anchessi principi costituenti, posti a presidio della sistematizzazione dei rapporti tra lo Stato e le Chiese, tra la politica, la religione
e il diritto. Divennero principi di pacificazione sociale e risolsero la
conflittualit insita nella diversit di religione. Ma fu una straordinaria finzione, che resse per lunghi secoli e resse sostanzialmente
sulla continuit culturale tra religione, cultura e sistema giuridico.
Il sistema giuridico parlava una lingua continua rispetto alla cultura religiosa, cultura e religione non erano elementi conflittuali, non
generavano conflitti di coscienza nei consociati, i quali si riconoscevano nei comandi normativi. Su queste basi funzion la separazione
tra politica e religione, funzion articolandosi dentro la separazione
tra dimensione pubblica e dimensione privata dellagire umano, che
rifletteva la separazione tra dimensione della religione, intesa nel suo
ambito fideistico e confessionale, e dimensione della religione come
fattore antropologico e di costruzione della cultura dei popoli.
Tutto ci oggi non funzione pi, entrato in crisi, perch la diversit religiosa appare sotto le sembianze della diversit culturale e antropologica. Il soggetto non si riconosce nei comandi normativi, non
riconosce in essi quella continuit con la sua cultura, che segnata in
modo indelebile dalla sua appartenenza religiosa. Lappartenenza religiosa, quindi, gli provoca esclusione, il sistema giuridico lo respinge, frapponendo alle sue istanze il crisma dellilliceit. Ci lo induce
a ripiegare sulla sua identit, dalla quale si sentir in qualche modo
protetto. Il sistema giuridico gli appare estraneo, se non addirittura
16
Cfr. M. Tedeschi, Potest civile e potest ecclesiastica nel pensiero di Thomas
Hobbes, in Il diritto ecclesiastico, 1989, I, pp. 109 ss.
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441
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poich nellintegrare uguaglianza e differenza la laicit ha una funzione costituente []. La mimetizzazione culturale della religione
nella sfera pubblica rappresenta la mossa con la quale il potere costituente integra la religione nella sfera pubblica e preordina, simultaneamente, le condizioni per dislocare la dimensione confessionale
nellarea privata24. Il dialogo tra le culture e le religioni non pu
non intercettare anche la dimensione del diritto, non pu non trasformarsi anche in un dialogo attraverso il diritto, rivalutando da un
lato la centralit del diritto e dallaltro la capacit dello stesso diritto
di integrare la diversit, riconoscendo che la funzione del diritto
la costruzione di un lessico giuridico utile a strutturare il dialogo
politico25. Torna, cos, la dimensione del dialogo nel linguaggio politico, la capacit di creare una posizione terza rispetto alle posizioni
iniziali, apparentemente irriducibili luna allaltra.
Come si detto, la parte finale del nostro contributo dedicata
allanalisi della giurisprudenza sul riconoscimento degli effetti giuridici dellistituto della Kafalah islamica. Sulla questione si ormai
formata una copiosa giurisprudenza dei tribunali italiani sparsi su
tutto il territorio nazionale26. La nostra analisi si appunter su due
decisioni della Suprema Corte di Cassazione, le quali appaiono essere esempi emblematici di come si possa o non costruire sul piano
metodologico percorsi di riconoscimento giuridico della diversit
sul piano religioso e culturale, di integrazione in ottica interculturale
delluguaglianza e della diversit religiosa.
La prima decisione la numero 7472 del 20 marzo 2008. La
questione sottoposta allesame della Suprema Corte concerneva il
riconoscimento della Kafalah islamica come presupposto per il riIvi, p. 110. Sul rapporto tra eguaglianza e diversit religiosa, cfr. N. Colaianni,
Eguaglianza e diversit culturali e religiose. Un percorso costituzionale, il Mulino,
Bologna, 2006, p. 243.
25
M. Ricca, Oltre Babele cit., p. 23.
26
Una ragionata e commentata rassegna della giurisprudenza sulla Kafalh islamica si rinvine in A. Fuccillo, Giustizia e religione, vol. II. Matrimonio, famiglia e
minori tra identit religiosa e rilevanza civile, Giappichelli, Torino, 2011, pp. 169
ss. Ivi, le dizioni oggetto della nostra analisi.
24
443
Paolo Stefan
lascio del visto ai fini del ricongiungimento familiare. Prima di passare allanalisi della sentenza, occorre sia pur brevemente accennare
allistituto islamico della Kafaklh. Secondo il diritto islamico i figli
concepiti fuori del matrimonio non possono essere considerati parti
della famiglia, non godono di diritti successori: in uno, non vi equiparazione tra figli legittimi e figli naturali.
Al fine di garantire assistenza morale e materiale ai bambini che
non godono delle garanzia della famiglia legittima, garantire cio
linteresse del minore allassistenza morale e materiale, nel diritto
islamico previsto listituto della Kafalah, secondo cui il minore in
stato di abbandono (makful) viene affidato, in via giurisdizionale o
negoziale, ad una persona (Kafil) che assume il compito di provvedere
al sostentamento dello stesso sino al compimento della maggiore et.
Il quesito in diritto formulato dal Ministero della Giustizia riguardava la rilevanza o meno dellistituto di diritto islamico ai fini
del ricongiungimento familiare del minore al soggetto che lo aveva assunto in custodia. Siamo quindi dentro luniverso giuridico e
culturale islamico, unistanza normativamente fondata e proveniente
dallappartenenza di un soggetto alla religione e alla cultura islamica
posta a fondamento dellistituto del ricongiungimento familiare.
Lamministrazione aveva fondato il diniego di riconoscimento della rilevanza della Kafalah islamica ai fini del ricongiungimento familiare del minore su parametri tratti in via esclusiva su unanalisi
meramente formalistica dellistituto del ricongiungimento familiare:
il carattere eccezionale dellistituto rispetto alle politiche del contenimento dellimmigrazione e la non riconducibilit dellistituto della
Kafalah ad alcuno degli istituti tassativamente previsti dalla legge a
garanzia delleccezionalit dellistituto stesso.
In realt, il non detto di tipo formale al quale si era fermata lanalisi del giudice di I grado poggiava anche su una dimensione tacita
dellesperienza giuridica, sulle parti mute sottese alle dinamiche di
attuazione del diritto27: il concetto di famiglia che nellordinamen27
Su questi aspetti, cfr. La dimensione tacita del diritto, a cura di R. Caterina,
ESI, Napoli, 2009, p. 157; dello stesso autore, cfr. inoltre, I fondamenti cognitivi del
444
to italiana caratterizzato in modo pregnante dalla cultura cristiana. Contro questa dimensione tacita dellesperienza giuridica si era
scontrata quindi, in un conflitto che andava assumendo le sembianze
del conflitto culturale, religioso e di civilt, la questione del riconoscimento dellistituto di diritto islamico della Kafalah.
Ci che rileva, in chiave interculturale, di costruzione e articolazione della fattispecie in ottica di attuazione della laicit interculturale
e di possibile legame tra laicit e dialogo interreligioso e interculturale
la soluzione data dalla Corte al quesito giuridico. Partendo dal dato
costituzionale, dai valori costituzionale, la Corte individua nella tutela
del minore un valore di tendenziale prevalenza rispetto a quello della
tutela del territorio e di contenimento dellimmigrazione. Su questa
base perviene ad una considerazione di rilevante importanza, secondi
cui una pregiudiziale esclusione [] del requisito per il ricongiungimento familiare per i minori affidati in Kafalah penalizzerebbe [anche
con vulnus al principio di eguaglianza] tutti i minori, di paesi arabi,
illegittimi, orfani o comunque in stato di abbandono, per i quali la Kafalah [] lunico istituto di protezione previsto dagli ordinamenti
islamici. Dopo aver posto a fondamento della decisione i principi/
fini costituzionali, la Suprema Corte opera un viaggio allinterno
delluniverso culturale e giuridico islamico, per cercare di cogliere dal
di dentro dello stesso sistema normativo religioso un valore di riferimento, che potesse essere utilizzato per costruire consonanze e conformit rispetto al valore di fondo posto a fondamento dellistituto del
ricongiungimento familiare. Lo rinviene nella necessit di garantire
al minore abbandonato la fratellanza e la solidariet, elementi posti a
base dellinteresse del minore anche nel sistema normativo islamico.
Su queste basi afferma che non si vede [] come possa quindi pregiudizialmente escludersi, agli effetti del ricongiungimento familiare,
lequiparabilit della Kafalah islamica allaffidamento []. Atteso
[] che [] tra la Kafalah islamica e il modello dellaffidamento
nazionale prevalgono sulle differenze i punti in comune.
diritto. Percezioni, rappresentazioni, comportamenti, Bruno Mondadori, Milano,
2008, p. 250.
445
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Partendo da una base di assoluta inconciliabilit e passando attraverso i valori costituzionali e il diritto islamico, anchesso riletto alla
luce di categorie valoriali di fondo, emergono consonanze a prima
vista non rilevate, sugli elementi di divergenza prevalgono quelli di
convergenza. La diversit religiosa e culturale appare meno radicale,
stata tradotta in modo tale che essa possa trovare cittadinanza nel
sistema giuridico. Ma a trovare cittadinanza sono i soggetti che appartengono alla cultura e alla religione islamica, inizialmente respinti
in ragione della loro diversit. In tal modo sia loro appariranno sotto
nuova luce sia il nostro sistema giuridico apparir loro meno estraneo. Le differenze sono entrate in un percorso di negoziazione che
ha reso possibile non isolare le persone in ragione della loro diversit religiosa e culturale. Come stato detto in modo assolutamente
condivisibile, nel dipanarsi della motivazione pu cogliersi la risonanza contestuale e interculturale che innesca il processo di auto
trasformazione del diritto positivo [] a subire una metamorfosi
sono lo spazio tanto dei principi in materia di tutela del minore enunciati dalla Costituzione [] quanto la cornice assiologia e sociologica della Kafalah coranica [] il dichiarato viatico della traduzione
interculturale, consistente nel principio della prevalenza di quanto
comune sulle differenze, dissimula invano un atto creativo28. La laicit diviene interculturale, poich riesce a farsi nuovamente principio
costituente, a sistematizzare sotto la rinnovata luce della neutralit
attiva, attiva perch dinamicamente indotta a mimetizzare i valori
religiosi dentro la sfera pubblica del diritto e della politica, a governare la nuova complessit del rapporto tra il diritto e la religione. I
soggetti possono transitare dalla dimensione dellidentit culturale e
religiosa a quella pi laica dellidentit personale, frutto di dialogo,
traduzione, transazione e negoziazione delle loro diversit.
A ben diverso risultato giunge la sentenza 1 marzo 2010, n. 4868,
della stessa Corte di Cassazione, che, muovendo dal criterio della
cittadinanza e obliterando totalmente e oseremmo dire grossolana28
M. Ricca, Lombra del diritto. Le parti mute dellagire sociale e la traduzione interculturale, in E/C, Rivista italiana di studi semiotici, 2011, pp. 32 ss.
446
29
30
447
Gli Autori
Autori
Giancarlo Anello
Universit degli Studi di Parma
Pasquale Annicchino
European University Institute
Luigi Barbieri
Universit degli Studi di Teramo
Maria Gabriella Belgiorno De Stefano
Universit degli Studi di Perugia
Rinaldo Bertolino
Universit degli Studi di Torino
Germana Carobene
Universit degli Studi di Napoli Federico II
Pierluigi Consorti
Universit degli Studi di Pisa
Cristina Dalla Villa
Universit degli Studi di Teramo
Fabiano Di Prima
Universit degli Studi di Palermo
Alberto Fabbri
Universit degli Studi di Urbino Carlo Bo
449
Gli Autori
Gabriele Fattori
Universit degli Studi di Siena
Mario Ferrante
Universit degli Studi di Palermo
Giuseppe Gullo
Universit degli Studi di Palermo
Chiara Lapi
Universit degli Studi di Pisa
Maria Luisa Lo Giacco
Universit degli Studi di Bari
Gianfranco Macr
Universit degli Studi di Salerno
Francesco Margiotta Broglio
Universit degli Studi di Firenze
Manlio Miele
Universit degli Studi di Padova
Luciano Musselli
Universit degli Studi di Pavia
Marco Parisi
Universit degli Studi del Molise
Grazia Petrulli
Universit degli Studi di Palermo
Paolo Picozza
Universit degli Studi di Macerata
450
Gli Autori
Mario Ricca
Universit degli Studi di Parma
Giuseppe Rivetti
Universit degli Studi di Macerata
Paolo Stefan
Universit degli Studi di Bari
Marta Tigano
Universit degli Studi di Messina
Valerio Tozzi
Universit degli Studi di Salerno
Giovanni B. Varnier
Universit degli Studi di Genova
Enrico Vitali
Universit degli Studi di Milano
451