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UNIVERSITA DEGLI STUDI LA SAPIENZA - FACOLTA DI SOCIOLOGIA

ANNO ACCADEMICO 2002-2003 - CORSO DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

LE ISTITUZIONI LOCALI NELLITALIA FEDERALE


Le
amministrazioni comunali
come paradigma dellevoluzione della pubblica
amministrazione nella transizione del paese
Prof. Pietro Barrera

1. Premessa. 2. Che cosa il diritto amministrativo? 3. Qualche concetto di interesse


generale. 4. Pubblica amministrazione/pubbliche amministrazioni. 5. Com nata la
Repubblica delle autonomie 6. e come cresciuta. 7. La stagione delle riforme.
8. Rivoluzione nella funzione legislativa 9 . e rivoluzione nelle funzioni
amministrative. 10. La forma di governo locale. 11. Il Sindaco. 12. Il Sindaco, ufficiale
del governo e autorit locale. 13. Il Consiglio comunale. 14.
Funzioni politiche e
gestione amministrativa. 15.
Il sistema dei controlli. 16.I nuovi professionisti della
P.A. 17. I provvedimenti dellamministrazione comunale: deliberazioni e determinazioni
dirigenziali. 18. Il decentramento infra-comunale. 19. Roma Capitale.

PREMESSA.
Questo corso di diritto amministrativo ha un carattere monografico, e
concentra lattenzione soprattutto sugli assetti organizzativi e funzionali delle
amministrazioni locali, in particolare dei Comuni.
La scelta non ha motivazioni solo
didattiche: lindividuazione di un buon case work per verificare nel vivo di un contesto
amministrativo concreto nozioni, regole ed istituti di portata pi generale. Le istituzioni
locali sono infatti, da quasi un quindicennio, le amministrazioni pubbliche dove pi
profonde e radicali sono state le innovazioni, che hanno sperimentato nuovi modelli
organizzativi, che sono state chiamate ad occupare nuovi spazi e ad esercitare nuove
funzioni.
Sono una realt multiforme, dinamica, in continuo divenire, che spesso ha
anticipato processi che si sarebbero poi diffusi in altri settori pubblici. Sono al centro della
cosiddetta transizione federalista del paese (o, meglio, dellunico modello credibile di
federalismo italiano).
Sono insomma la cartina di tornasole per comprendere il
processo evolutivo della pubblica amministrazione italiana, e con questa attenzione le
vogliamo osservare.
Le dispense muovono naturalmente da alcune premesse di
carattere generale, e successivamente propongono in forma assai schematica regole
ed istituti specifici dellamministrazione locale.
I riferimenti normativi e giurisprudenziali
valgono, ovviamente, per assicurare completezza e puntualit allesposizione:

altrettanto vero, per, che lattenzione degli studenti sar concentrata sulle nozioni
fondamentali relative a ciascun istituto.

CHE COSA E IL DIRITTO AMMINISTRATIVO?


1. Si pu rispondere con assoluta semplicit, se ci si accontenta di un approccio
oggettivo-descrittivo: il diritto amministrativo sta alla pubblica amministrazione cos
come il diritto sportivo sta alle attivit sportive o il diritto agrario sta allagricoltura.
Oppure se si concentra lattenzione sul profilo giurisdizionale: il diritto amministrativo
1

il diritto la cui cognizione affidata ad un giudice speciale, che chiamiamo giudice


amministrativo, incaricato di presidiare il rapporto del tutto peculiare che si instaura tra
pubblica amministrazione ed altri soggetti dellordinamento.
2. Ambedue queste risposte contengono importanti elementi di verit.
inadeguate, insufficienti.

Eppure sono

Il diritto amministrativo vive (si identifica) nella contrapposizione con il diritto


privato: insomma, se il diritto sportivo linsieme delle regole giuridiche che
riguardano la pratica sportiva, il diritto amministrativo non (solo) il diritto della
pubblica amministrazione, ma un diritto speciale: il diritto speciale della
pubblica amministrazione

non neppure vero che la cognizione del diritto amministrativo sia tutta e sempre
affidata al giudice amministrativo:
da un lato infatti non sono affatto rari e
marginali i casi in cui la cognizione di quel diritto speciale affidata al giudice
ordinario (e vi sono paesi in cui esiste un corpus di norme che possiamo ben
definire di diritto amministrativo, eppure
non esiste alcun giudice
amministrativo!); dallaltro lapproccio giurisprudenziale porta inevitabilmente a
sottovalutare una parte essenziale del diritto amministrativo, che non riguarda i
rapporti esterni dellamministrazione (con i cittadini, con le imprese), ma
lorganizzazione interna e le regole di funzionamento della pubblica
amministrazione.

3. Convenzionalmente, si ritiene che latto di nascita del diritto amministrativo sia una
celeberrima sentenza del Tribunal des conflicts francese del 1873. Come spesso
accade, il caso umanamente drammatico era relativamente modesto: a Bordeaux,
nel 1872, una bambina di cinque anni, Agns Blanco, fu ferita gravemente, travolta da
un vagone carico di tabacco, condotto da quattro operai dellazienda statale delle
manifatture; i genitori si rivolsero al tribunale civile, chiedendo un risarcimento di
40.000 franchi, ma il prefetto della Gironda sollev un conflitto di giurisdizione dinanzi
al Tribunal des conflicts, ritenendo il giudice ordinario incompetente a giudicare le
attivit comunque riconducibili alla pubblica amministrazione. La decisione arriv l8
febbraio 1873. La responsabilit in cui incorre lo Stato per i danni causati a privati
dalle persone di cui esso si avvale nei diversi servizi pubblici spieg il Tribunal - non
retta dai principi stabiliti dallart.1382 e seguenti del codice civile per i rapporti tra
privati. Tale responsabilit, che non n generale n assoluta, ha le sue regole
speciali, che variano a secondo dei bisogni del servizio e la necessit di conciliare i
diritto dello Stato con quelli dei privati. Spetta dunque al giudice amministrativo e non
ai tribunali ordinari valutare tale responsabilit.
4. Si affermava cos il principio che la pubblica amministrazione proprio per i fini di
interesse pubblico e/o generale che persegue non pu soggiacere alle normali regole
giuridiche che disciplinano lattivit degli altri soggetti.
Il diritto amministrativo e,
nellesperienza francese, il giudice amministrativo sono dunque chiamati ad assicurare
il punto di equilibrio tra due opposte esigenze: i bisogni del servizio pubblico (cos si
esprime la sentenza Blanco), e le correlate prerogative, e la tutela dei diritti e degli
interessi dei privati. Il diritto amministrativo appare insomma, in quel contesto, come
un diritto tra soggetti diseguali.
5. Naturalmente non vero che il diritto amministrativo sia nato in un solo giorno, con
quella storica sentenza. Nellordinamento francese piuttosto il punto di arrivo di un
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percorso storico che si snoda nei secoli.


Del resto una diversa storia delle istituzioni
e dei rapporti tra potere pubblico e cittadini spiega la realt di quei paesi in
particolare i paesi anglosassoni che si usa definire come sistemi a normazione
comune (contrapposti appunto ai sistemi a diritto amministrativo).
6. Lesperienza francese (che per semplicit continuiamo ad assumere come paradigma
dei sistemi a diritto amministrativo) caratterizzata da una forte administration royale,
che si sviluppa nei secoli fin dai tempi di Filippo il Bello e, attraverso il consolidamento
dellassolutismo regio, giunge ad una moderna definizione nellimpero napoleonico. E
unamministrazione imponente, gerarchizzata, organizzata capillarmente, caratterizzata
da una posizione di evidente supremazia rispetto ai cittadini e dunque di unampia
discrezionalit.
Proprio per questo, progressivamente, si avverte lesigenza di
disciplinare con regole appropriate i rimedi che i cittadini possono esperire per tutelare
diritti ed interessi violati dallamministrazione, e di affidarne la cognizione a giudici
speciali.
7. La storia inglese ben diversa, anzitutto dal punto di vista ideologico (dei valori che
caratterizzano lordinamento).
Gi nella Magna charta liberatutm del 1215 si coglie
infatti il principio di un rapporto paritario tra amministrazione e cittadini, che si traduce
non tanto nei rimedi giurisdizionali riconosciuti a questi ultimi, ma nella definizione di
procedimenti che coinvolgono gli interessati prima di giungere a conclusione. Cos si
consolida un modello di organizzazione pubblica con unamministrazione di dimensioni
(relativamente) modeste, davvero esecutiva ed aperta. La legislazione che riguarda
lazione dei pubblici poteri molto dettagliata (riducendo pertanto il margine di
discrezionalit di cui gode la p.a.) e, al tempo stesso, il giudice ordinario lartefice del
diritto comune, del diritto di ogni soggetto che opera nellordinamento (the rule of law;
judge made law).
8. In verit i due sistemi sono ormai molto meno distanti di quanto possa apparire.
Infatti:

mentre nei paesi anglosassoni, gi nella seconda met del XIX secolo,
aumentava il peso e la complessit della pubblica amministrazione, si rafforzava il
ruolo della legge formale approvata dal Parlamento (rispetto al diritto comune
elaborato dai giudici), si moltiplicavano le sedi commissioni, autorit chiamate
a giudicare le controversie tra amministrazione e cittadini secondo criteri e metodi
sostanzialmente giurisdizionali

nei paesi di diritto amministrativo nel coso del 900 - si sono


progressivamente ampliati i settori in cui la p.a. opera con gli strumenti del diritto
privato, sono stati ricondotti alla cognizione del giudice ordinario settori importanti
delle controversie con lamministrazione, cambiata la stessa nozione del
principio di legalit che ha caratterizzato e caratterizza la posizione peculiare
della pubblica amministrazione nellordinamento giuridico

negli ultimi decenni, il diritto europeo ha accelerato enormemente questa


convergenza: direttive e regolamenti comunitari (ad esempio in materia di appalti
pubblici, di opere, servizi e forniture) hanno ormai definito un campo comune di
regole che coinvolge tutti i paesi dellUnione, prescindendo dalle diverse tradizioni
di cultura giuridica

9. Prima di procedere oltre, necessaria una parentesi, per chiarire un concetto di


fondamentale importanza che abbiamo appena richiamato: il principio di legalit. La
dottrina giuridica italiana dei primi del 900 riconduce il principio di legalit al principio
della separazione dei poteri, e dunque alla subordinazione della pubblica
amministrazione (potere esecutivo) alla legge: la pubblica amministrazione opera in
esecuzione, o almeno in fedele attuazione della legge; fa ci che la legge le impone di
fare, nei modi che la legge le impone di seguire.
Ma lenorme sviluppo delle
pubbliche amministrazioni e dei loro campi dazione, nei primi decenni del secolo,
pone inevitabilmente agli operatori (agli amministratori pubblici cos come agli studiosi
del diritto) un vistoso problema di praticit: come si pu concepire una nozione cos
rigida del principio di legalit quando, ad esempio, le pubbliche amministrazioni sono
ormai chiamate ad intervenire nelleconomia, nella produzione di beni e servizi, nella
gestione di sistemi aziendali?
Come potrebbe, oggi, operare un Comune, che la
legge definisce come lente locale che rappresenta la propria comunit, ne cura gli
interessi e ne promuove lo sviluppo (d.lgs.18.8.2000, n.267, art.13), entro la morsa di
quella vecchia nozione del principio di legalit?
10. Progressivamente laccento si sposta cos verso una nozione diversa (quasi opposta)
del principio di legalit: la pubblica amministrazione pu fare tutto ci che la legge non
le vieta, nelle forme e nei modi che preferisce, se la legge non le impone forme e modi
specifici.
La pubblica amministrazione si rapporta cos alla legge in modo non
dissimile da un qualunque soggetto privato: certamente sono molto pi numerosi e
penetranti i vincoli che la legge le impone, ma appunto si tratta di confini entro i
quali si pu muovere liberamente.
11. Rispetto ai comportamenti dei privati, resta per unaltra evidente differenza:
la
legge chiamata infatti ad indicare i fini che la pubblica amministrazione deve
perseguire (legge 7 agosto 1990, n.241, art.1: Lattivit amministrativa persegue i fini
determinati dalla legge).
E indispensabile che ci avvenga per la pubblica
amministrazione; solo eccezionalmente, invece, la legge si spinge fino a fissare le
finalit dellazione dei privati (accade, ad esempio, in ossequio allart.2 Cost., secondo
cui La Repubblica richiede ladempimento dei doveri inderogabili di solidariet
politica, economica e sociale).
12. Restano infine, a presidio del sistema, le riserve di legge stabilite dalla Costituzione (la
riserva di legge una precetto bifronte: da un lato consente solo alla legge di
disciplinare un determinato oggetto; dallaltro impone alla legge di farlo!).
Sono
riserve assolute quelle che impongono una compiuta definizione legislativa (art.97,
terzo comma: Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante
concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge); sono riserve relative quelle che impongono
alla legge di determinare gli aspetti essenziali di una disciplina, che potr essere
articolata anche da altre fonti, in primis dai regolamenti (art.97, primo comma: I
pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge .). Alcune riserve sono
peraltro rafforzate dalla puntuale indicazione, gi nella disposizione costituzionale, dei
contenuti e dei fini che la legge dovr perseguire (art.41, terzo comma: La legge
determina i programmi e i controlli opportuni perch lattivit economica pubblica e
privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali).
13. Torniamo allesperienza francese, per poter verificare se davvero lordinamento italiano
si sia pienamente conformato a quel modello, in particolare per quanto riguarda la
giurisdizione amministrativa.
In Francia la supremazia dellamministrazione
dellancien rgime era stata confermata, e diversamente motivata, nel vivo della
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rivoluzione in nome della separazione dei poteri (Costituzione del 1790: i giudici non
turbino lattivit dei corpi amministrativi).
La Costituzione dellanno VIII segn la
nascita del Consiglio di Stato, apparentemente con funzioni meramente consultive
(progettazione legislativa e consulenza sui ricorsi amministrativi: c.d. justice retenue).
In verit, fin dallinizio, il Conseil dEtat ebbe la sostanza di un vero giudice speciale (in
pi di settanta anni, il Governo, chiamato a decidere sui ricorsi amministrativi, si
discost solo due volte dal suo parere).
Con la rivoluzione del 1848 si giunse a
riconoscere esplicitamente al Conseil una funzione di giustizia delegata, ma il colpo di
Stato di Napoleone III lo riportava, tre anni pi tardi, alla posizione (apparentemente
solo) consultiva, fino a quando proprio a seguito del caso Blanco del 1872 - il
Consiglio di Stato fu costituito in giudice indipendente dal Governo, tutore delle
prerogative dellamministrazione pubblica, e al tempo stesso tutore dei diritti e degli
interessi dei privati dinanzi allamministrazione medesima.
14. Ed stata proprio la giurisprudenza del Consiglio di Stato a permettere la progressiva
identificazione delleccesso di potere tra i vizi che possono condurre allannullamento
dellatto amministrativo (accanto alla violazione di legge e allincompetenza):
unespressione che evidenzia in modo efficace la caratteristica intrinseca della giustizia
amministrativa. Una giustizia che muove dal riconoscimento di un potere che merita
di essere protetto e tutelato, e tuttavia deve essere ricondotto entro i binari della
correttezza per non sfociare in eccesso (cio in sviamento rispetto ai fini che la
legge gli ha assegnato e alle regole procedurali con cui la legge lo ha circondato).
15. Lesperienza italiana si intreccia con le vicende francesi, ma con qualche significativa
differenza. Il Consiglio di Stato viene istituito nel Regno di Sardegna da Carlo Alberto,
nel 1831, con funzioni meramente consultive.
Era articolato i tre sezioni (interni,
grazia e giustizia, finanze) e presieduto dallo stesso sovrano (nella sala delle adunanze
generali, a Palazzo Spada, sede romana del Consiglio di Stato, ancora visibile la
poltrona del re Carlo Alberto). Con la riforma del 1859, fu affidata alla III sezione anche
la competenza per il contenzioso amministrativo (di fatto, vera attivit giurisdizionale), e
si rafforz lindipendenza del Consiglio (il re rinuncia alla presidenza).
Il modello
francese fu per abbandonato con la legge n.2248, allegato E, del 1865, di abolizione
del contenzioso amministrativo, che avvicinava il giovane Regno italiano piuttosto alle
esperienze del Belgio o della stessa Gran Bretagna. Al Consiglio di Stato restavano
lattivit (effettivamente) consultiva e listruttoria sui soli ricorsi al Capo dello Stato.
Un nuovo radicale capovolgimento di impostazione si ebbe nel 1889, quando al
Consiglio di Stato fu riconosciuta la natura di (vero) giudice degli interessi legittimi, e a
tal fine fu istituita la IV sezione. Nel 1907 si riconosceva finalmente il carattere anche
formalmente giurisdizionale, e non amministrativo, delle sue decisioni.
16. LItalia aveva ormai imboccato decisamente la strada del sistema a giurisdizione
amministrativa. Progressivamente il Consiglio di Stato conquist campi nuovi, con
la competenza in alcuni ambiti di giurisdizione di merito e persino di giurisdizione
esclusiva (non solo per gli interessi legittimi, ma anche per i diritti soggettivi): del
1923 il riconoscimento della giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia di
pubblico impiego. Si dovette per attendere molti decenni, e il pieno consolidamento
della Costituzione repubblicana, per la definizione di un doppio grado di giudizio anche
nella giustizia amministrativa (legge n.1034 del 1971, istitutiva dei Tribunali
Amministrativi Regionali) e per assicurare effettivamente lindipendenza, lautonomia e
lautogoverno dei giudici amministrativi (legge n.186 del 1982, con listituzione, tra
laltro, del Consiglio di presidenza).
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17. La Costituzione ha peraltro fissato in modo chiaro e rigoroso le fondamenta del


sistema, riconoscendo:

allart.24, che Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e
interessi legittimi (dunque, anche dinanzi alla p.a., i cittadini non sono pi sudditi!)

allart.28, che I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono
direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti
compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilit civile si estende allo
Stato e agli enti pubblici (la p.a. fatta di persone, ma persona essa stessa)

allart.113, che Contro gli atti della p.a. sempre ammessa la tutela
giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione
ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non pu essere esclusa o
limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.
La legge determina quali organi di giurisdizione possono annulla gli atti della p.a.
nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa. (quanto lontana la sentenza
Blanco!)

18. Muovendo da questi principi, la Costituzione afferma:

allart.100, che
Il Consiglio di Stato e organo di consulenza giuridicoamministrativa e di tutela della giustizia nellamministrazione (lo Statuto albertino,
allart. 83, si limitava a dire: Il Re si riserva di fare le leggi sul riordinamento
del consiglio di Stato)

allArt.103, che Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa


hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della p.a. degli interessi legittimi e, in
particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi (dunque, vero
giudice; giudice degli interessi legittimi, ma non solo)

allart.111, ottavo comma, che Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della
Corte dei conti il ricorso in Cassazione ammesso per i soli motivi inerenti alla
giurisdizione (ma, al primo comma dello stesso articolo 111, dopo la revisione
costituzionale del 1999, si legge che La giurisdizione cio ogni giurisdizione,
ndr. - si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge).

QUALCHE CONCETTO DI INTERESSE GENERALE.


19. Fin qui abbiamo parlato di amministrazione. E giunto il momento di chiarire questo
concetto, che contiene in s una strutturale ambiguit. Infatti, anche nel linguaggio
corrente, per amministrazione si pu intendere un insieme di apparati (di persone, di
uffici, di risorse strumentali) e un insieme di attivit (lattivit di amministrare
unazienda, un condominio, un patrimonio). Anche nellart.97 della Costituzione, se le
amministrazioni del terzo comma sono certamente degli apparati burocratici,
lamministrazione del primo comma pu essere luna e laltra cosa: un soggetto e
unattivit.
Tra le due nozioni, come collante e fondamento delle due facce della
medaglia, ci sono le funzioni amministrative: il perch, le cose da fare.
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20. In questo senso possiamo dire che lamministrazione un insieme correlato di cinque
elementi parimenti essenziali:

le funzioni (pubbliche), e con esse gli obiettivi, i fini di interesse pubblico da


perseguire

lorganizzazione (pubblica): un insieme di uffici, enti, strutture diversamente


denominati e organizzati secondo regole predefinite (la riserva di legge, stabilita
al primo comma dellart.97 Cost., si sviluppa nel comma successivo imponendo di
predeterminare sfere di competenza, attribuzioni e responsabilit degli uffici e dei
funzionari)

il personale, comprensivo dei lavoratori pubblici (nel linguaggio della


Costituzione: funzionari, pubblici impiegati, dipendenti dello Stato e degli enti
pubblici:
milioni di uomini e di donne che lavorano per la pubblica
amministrazione) e delle migliaia di persone che amministrano in forza di un
mandato politico, di elezione o di nomina)
la finanza (pubblica): anzi, le risorse finanziarie e strumentali (con proprie
specialissime regole, per i beni demaniali e patrimoniali -, le entrate, le spese, la
contabilit)
le attivit (amministrative), anchesse con proprie regole (la disciplina dei
procedimenti amministrativi).
21. Lesperienza quotidiana di insegna quanto sia diverso il modo di agire della pubblica
amministrazione rispetto a quello di un privato cittadino: se vuole acquistare un bene,
affidare un lavoro, assumere un dipendente, una pubblica amministrazione (ad
esempio un Comune) deve soggiacere a regole particolari e complesse, che non
riguardano, normalmente, i soggetti privati. La ragione di tutto ci ben sintetizzata
dallart.97 della Costituzione: la pubblica amministrazione deve essere sempre guidata
dai principi di buon andamento e di imparzialit. Buon andamento, perch opera per
fini di interesse pubblico con risorse della collettivit, ed ha quindi un dovere di
efficienza, efficacia, economicit; imparzialit, perch opera al servizio di tutti i
cittadini, eguali dinanzi alla legge: siano essi i concorrenti che ambiscono ad un
impiego pubblico o gli imprenditori in gara per un appalto.
22. Per decenni la dottrina giuridica ha concentrato lattenzione soprattutto sugli atti
amministrativi:
il prodotto di unattivit amministrativa
caratterizzata da
discrezionalit.
Latto amministrativo apparso insomma come la pi evidente
estrinsecazione della potest amministrativa (una posizione di vantaggio rispetto agli
altri soggetti dellordinamento), di conseguenza
normalmente caratterizzato
dallunilateralit (ma occorre ricordare che negli ultimi decenni si sono diffusi anche nel
nostro ordinamento atti non unilaterali, come gli accordi di programma).
23. Sono definiti provvedimenti gli atti amministrativi senza dubbio pi importanti: sono
gli atti che hanno la capacit di modificare le posizioni soggettive di altri (beninteso:
modificandole davvero, o rifiutandosi di modificarle, come accade con un
provvedimento di diniego di unautorizzazione o una licenza).
Altri atti
amministrativi (non provvedimenti) sono invece gli atti preliminari al provvedimento, gli
accertamenti, le certificazioni, le notifiche, le pubblicazioni, ed altri ancora.

24. Il provvedimento amministrativo caratterizzato da una particolare forza, intesa come


autoritariet (si pensi ad un provvedimento di nomina), esecutivit (si pensi al
provvedimento di espropriazione), esecutoriet (si pensi alle c.d. ordinanze in danno),
inoppugnabilit (decorsi i termini stabiliti dalla legge). I provvedimenti amministrativi
sono peraltro caratterizzati anche da prescrizioni formali (la forma del
provvedimento), e, in ossequio al principio di legalit, da tipicit e nominativit.
Normalmente (ma con importanti eccezioni: si pensi agli atti dovuti) i provvedimenti
sono espressione della discrezionalit dellamministrazione; sono insomma una
manifestazione di volont.
25. Volendo operare una sommaria
amministrativi, possiamo distinguere:

classificazione

dei

principali

provvedimenti

i provvedimenti che operano su qualit giuridiche (creativi di status giuridici - come


la concessione della cittadinanza italiana - oppure modificativi o estintivi di status)
i provvedimenti che operano su diritti e doveri: sia in positivo (per concedere
beni, poteri o facolt, costituire diritti soggettivi, consentire lesercizio di diritti gi
esistenti, quando lesercizio condizionato alla verifica di particolari requisiti, ecc.),
che in negativo (provvedimenti ablativi di diritti, o creativi di obblighi)
provvedimenti che operano su altri atti amministrativi (revoca, modificazione,
integrazione, di altri provvedimenti)
provvedimenti organizzatori (di uffici, servizi, personale).
26. Ma sufficiente, per comprendere lattivit della pubblica amministrazione, concentrare
lattenzione sui suoi prodotti? E poi, forse che la pubblica amministrazione moderna
produce solo atti amministrativi?
Un approccio esclusivamente rivolto agli atti
amministrativi poteva (forse) essere giustificato nel contesto organizzativo e ideologico
dello Stato liberale ottocentesco, con una pubblica amministrazione che limitava la
propria attivit alla sfera autoritativa (eppure non mai stato del tutto cos).
Certamente non pi sufficiente quando si tratta di leggere le numerosissime,
multiformi e importantissime attivit delle pubbliche amministrazioni che erogano
servizi e talora producono beni materiali. E in ogni caso un approccio pi complesso
richiesto dalla stessa trasformazione organizzativa della pubblica amministrazione,
articolata in una molteplicit di uffici, preposti alla tutela di diversi interessi pubblici che
debbono essere valutati e contemperati per ladozione del provvedimento finale. Per
di pi le moderne scienze sociali hanno dimostrato, nel corso del 900, come anche
nelle attivit private si possono ottenere apprezzabili risultati solo con lattenzione
rivolta allintero processo produttivo.
Insomma, non basta pi concentrarsi sul
provvedimento amministrativo, ma indispensabile spostare lottica sul procedimento
amministrativo: la sequenza di atti e di attivit che si conclude con il provvedimento.
Solo cos si pu comprendere la realt della pubblica amministrazione, se ne possono
migliorare le performances, si possono raggiungere traguardi ambiziosi di efficienza,
efficacia, qualit.
27. In altri paesi europei si ritenne opportuno e necessario disciplinare per legge i tratti
essenziali del procedimento amministrativo molti decenni or sono (in Spagna,
addirittura alla fine ottocento; la legge austriaca, che per molto tempo ha fatto scuola,
risale al 1925).
In Italia si giunti ad una legge organica sul procedimento
amministrativo (cerano, ovviamente, molte leggi su molti diversi procedimenti) solo
8

tredici anni fa, con la legge 7 agosto 1990, n.241 (Norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso, con disposizioni in materia di motivazione dei
provvedimenti, termine dei procedimenti, individuazione del responsabile del
procedimento, partecipazione al procedimento, semplificazione, accesso).
Nel
linguaggio giuridico i criteri di economicit, efficacia e pubblicit cominciano a
diventare lasse interpretativo per giudicare ed orientare lattivit amministrativa: la
nuova e matura esplicitazione dei principi di imparzialit e buon andamento posti
dallart.97 della Costituzione a fondamento dellattivit amministrativa.
28. Abbiamo gi utilizzato pi volte lespressione interesse legittimo.
E giunto il
momento di chiarirne il significato. Di fronte alla pubblica amministrazione e allattivit
amministrativa, i cittadini si trovano in diverse possibili situazioni soggettive, di
vantaggio e di svantaggio. Talora si tratta di veri e propri diritti soggettivi: il diritto
soggettivo, com noto, una posizione di vantaggio che si concretizza nella pretesa di
un soggetto dei confronti di un altro, o nel potere nei confronti di un bene. Cos vi
sono diritti reali e diritti di credito, diritti patrimoniali e diritti non patrimoniali, diritti
assoluti e diritti relativi, e simmetricamente ai diritti vi sono le posizioni di
svantaggio: gli obblighi (obbligazioni, se patrimoniali).
Ovviamente il dipendente
pubblico ha diritto alla retribuzione, il vincitore di una gara dappalto ha diritto al
compenso per lopera o per il servizio che realizza, chi subisce una lesione ai propri
diritti da parte della pubblica amministrazione ( il caso di Agns Blanco!) ha diritto al
risarcimento dei danni.
29. Ma qual la posizione del concorrente in un concorso pubblico, dellimprenditore
turistico che vorrebbe avere in concessione un tratto di arenile, del proprietario che
confida che gli strumenti urbanistici del Comune rendano economicamente
interessante il proprio terreno?
Questi cittadini hanno certamente una posizione
specifica da tutelare nei confronti dellamministrazione, ma non hanno diritto a veder
soddisfatte le proprie speranze. O, meglio, hanno il diritto di pretendere che
lamministrazione si comporti correttamente: svolga il concorso in modo equo e
trasparente, affidi la gestione della spiaggia alloperatore pi capace, adotti le decisioni
urbanistiche nel rispetto delle leggi e dei parametri tecnici obiettivi.
In questo senso
linteresse legittimo certamente una posizione soggettiva di vantaggio nei confronti di
un pubblico potere, ma una posizione solo occasionalmente protetta. Lordinamento
non consente al titolare dellinteresse legittimo di tutelare fino in fondo la propria
aspettativa sostanziale (il posto ambito dal concorrente), ma gli permette di
pretendere dinanzi ad un giudice il buon funzionamento della pubblica
amministrazione.
30. In alcuni casi un pieno diritto soggettivo pu, in forza di un provvedimento
amministrativo, trasformarsi in interesse legittimo:
il caso del proprietario
espropriato. Parleremo in questo caso di affievolimento del diritto: il proprietario non
potr pi tutelare dinanzi al giudice il diritto di propriet, ma potr richiedere al giudice
di verificare la correttezza del procedimento espropriativo, la rilevanza dei motivi di
interesse generale, la congruit dellindennizzo. In altri casi un diritto soggettivo pu
sorgere sviluppando un pre-esistente interesse legittimo:
parleremo di diritti in
attesa di espansione a proposito dellimprenditore che si aggiudicato lappalto o del
concorrente che ha vinto il concorso pubblico.
31. Come si vede da questi esempi, per semplicistico descrivere linteresse legittimo
come una posizione debole a fronte del diritto soggettivo forte: per certi aspetti, al
contrario, solo linteresse legittimo consente di entrare nel vivo dellazione
9

amministrativa, fino al punto di pretendere la sospensione o lannullamento di un


provvedimento. Il titolare di un diritto soggettivo, rivolgendosi al giudice ordinario, pu
ottenere tuttal pi la disapplicazione del provvedimento nel suo caso concreto. Solo il
giudice amministrativo potr espungere dallordinamento il provvedimento viziato: cos
il concorrente che si ritenga leso nei suoi interessi potr far saltare tutto il concorso e
il proprietario potr far annullare lintero piano regolatore del Comune!
32. Segnaliamo infine la pi recente innovazione giurisprudenziale in tema di tutela degli
interessi legittimi: la Corte di Cassazione, con una sentenza davvero storica (la n.500
del 1999), ha finalmente riconosciuto la risarcibilit degli interessi legittimi (dinanzi al
giudice ordinario).
33. Diversi ancora sono i cosiddetti interessi semplici (ad esempio, linteresse di ciascun
cittadino ad una citt pulita, o ad autobus puntuali), assai difficilmente tutelabili, gli
interessi collettivi (specifici di un gruppo: per esempio di un ordine professionale; la
giurisprudenza amministrativa ne ammette ormai una larga tutela) e gli interessi diffusi
(per esempio per la qualit delle res communes omnium: laria, lacqua; in alcuni casi
la legge ha riconosciuto una specifica legittimazione ad agire in capo ad associazioni,
com il caso delle associazioni ambientaliste in forza dellart.18 della legge
n.349/1986; in altri stata la giurisprudenza ad individuare le vie per la tutela
giudiziale degli interessi diffusi).

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE/PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI.


34. Fin qui abbiamo parlato indifferentemente di pubblica amministrazione, quasi che
fosse un soggetto unitario e uniforme. Lesperienza ci mostra ogni giorno che cos
non : un Ministero ben diverso da unazienda speciale comunale, unUniversit ha
poco a che spartire (o, almeno, cos sembra) con unAmministrazione provinciale,
lInps non assomiglia molto ad un corpo armato dello Stato!
35. Certo, allorigine dellesperienza unitaria (grosso modo: 1848-1880), le cose erano pi
semplici. La p.a. appariva davvero come lapparato esecutivo dello Stato-persona
(amministrazione = autorit);
era unamministrazione governativa, esecutiva,
gerarchica (secondo il principio delle competenze concorrenti: il pi contiene il meno);
la soppressione delle vecchie aziende sabaude lasciava il campo ad un solo modello
organizzativo, il modello ministeriale inteso come insieme di uffici al servizio e sotto
limmediata autorit di un ministro, titolare primo e diretto delle competenze
amministrative.
I tentativi di riforma (in particolare, legge Ricasoli del 1866:
amministrazione per servizi, responsabilit dei dirigenti, salvo i casi di richiamo in via
amministrativa al ministro) non cambiarono radicalmente la situazione. Larticolazione
territoriale era assicurata da uffici periferici dello Stato (governatori, prefetti, ma anche
apparati militari, di polizia, finanziari, dei lavori pubblici), piuttosto che da istituzioni
autonome; lo stesso Sindaco come vedremo tra breve era un funzionario periferico
di nomina regia.
36. Le cose iniziano a cambiare, con velocit e radicalit, nei decenni dello Stato liberaldemocratico (1880-1922). Lampliamento e la diversificazione dei compiti attribuiti
allamministrazione pubblica in particolare per la produzione di beni e servizi
10

impone nuovi modelli organizzativi. Accanto allamministrazione per ministeri, torna


lamministrazione per aziende (simbolica listituzione dellazienda pubblica delle
ferrovie nel 1904, ma gi nel 1903 cera stato il testo unico per le aziende
municipalizzate); i Comuni e le Province crescono come enti autonomi (si allarga la
base elettorale dei Consigli, Sindaci e Presidenti divengono cariche elettive); si
moltiplicano i modelli di enti pubblici sotto la vigilanza dello Stato, anche per la
pubblicizzazione di organismi di origine privata (la riforma delle Ipab nel 1890). Tratto
caratteristico di questa fase lenorme espansione quantitativa degli apparati pubblici,
che cambia le caratteristiche e le esigenze del grande corpus dei dipendenti, dei
funzionari pubblici: ne cresce la sindacalizzazione, si avverte la necessit di
assicurare loro competenze autonome, si pongono per la prima volta interrogativi sul
potere delle burocrazie.
37. Il periodo fascista caratterizzato da una doppia tendenza, solo apparentemente
contraddittoria: da un lato il recupero della gerarchia, della verticalizzazione
dellamministrazione, con la soppressione delle autonomie locali, la fascistizzazione
di ogni apparato pubblico;
dallaltro la crescente diversificazione dei moduli
organizzativi, la nascita di nuovi enti pubblici (previdenziali, assistenziali, educativi),
limpetuoso sviluppo dello Stato imprenditore, con ladesione a modelli di sicura
derivazione privata (le partecipazioni in societ per azioni; lIri come holding delle
partecipazioni statali).
38. Le amministrazioni locali come vedremo tra breve si inseriscono in questo
processo evolutivo, nel quadro dei nuovi valori democratici e pluralisti consacrati dalla
Costituzione repubblicana. Anticipiamo per unosservazione indispensabile: il diritto
europeo, chiamato a misurarsi con tradizioni e modelli amministrativi assai diversi, ha
offerto un contributo decisivo per superare astratte dispute sulla nozione di pubblica
amministrazione.
Un esempio particolarmente chiaro: il d.lgs. 17 marzo 1995,
n.157, per dare attuazione alla direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di
servizi, giunto cos a considerare unitariamente, come amministrazioni pubbliche:
le amministrazioni dello Stato, delle regioni, delle province autonome, degli enti
locali, delle loro unioni, consorzi o associazioni
gli altri enti pubblici non economici
gli organismi di diritto pubblico dotati di personalit giuridica, istituiti per soddisfare
specifiche finalit di interesse generale non aventi carattere industriale o
commerciale, la cui attivit finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalle
regioni, dagli enti locali, da altri enti pubblici o organismi di diritto pubblico
o la cui gestione sottoposta al loro controllo
o i cui organi damministrazione, di direzione o di vigilanza sono costituiti, almeno
per la met, da componenti designati dai medesimi soggetti pubblici.

COME E NATA LA REPUBBLICA DELLE AUTONOMIE


39. Costantino Mortati uno dei massimi costituzionalisti italiani del 900, di certo uno dei
padri della Costituzione repubblicana osservava come la Costituzione abbia usato
con grande parsimonia il verbo riconoscere, che presuppone la scoperta di qualcosa
che c gi, di cui lordinamento prende atto, a cui si pu dare un nome e imporre
regole, ma che non creata dallordinamento medesimo. In particolare, allart. 2 si
11

legge che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili delluomo, allart.29


che la stessa Repubblica riconosce i diritti della famiglia, e allarticolo 5 che la
Repubblica, una a indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali. Insomma,
le collettivit locali, cos come le persone e le famiglie, non traggono origine dalla
Repubblica; al contrario la Repubblica ne riconosce lesistenza e i diritti, ne assicura
protezione e piena valorizzazione.
40. Nel disegno della Costituzione entrata in vigore nel 1948, il riconoscimento delle
autonomie locali si traduceva, in particolare, nellaffermazione che la Repubblica si
riparte in regioni, province e comuni (art.114): si delineava insomma un sistema
complesso e integrato, su tre livelli di governo locale. Tuttavia, mentre le Regioni
erano riconosciute come enti autonomi secondo i principi fissati dalla Costituzione
(art.115), il limite dellautonomia i Comuni e Province era stabilito dai principi fissati da
leggi generali della Repubblica (art.128).
Come vedremo in seguito, la legge
costituzionale n.3/2001 ha mutato il tenore di queste disposizioni: oggi, allart.114,
leggiamo che la Repubblica costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Citt
metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato (primo comma), e che i Comuni, le
Province, e Citt metropolitane e le Regioni sono enti autonomi secondo i principi
fissati dalla Costituzione.
41. Insomma, nel nuovo articolo 114 lo Stato non appare pi come il tutto (sia pure
ripartito in Regioni ed altre istituzioni locali), ma come una parte del tutto, con pari
dignit rispetto alle altre istituzioni rappresentative di collettivit locali. E queste ultime
in particolare le Regioni, le Province e i Comuni (e le Citt metropolitane, ancora da
istituire) sono poste davvero su un piano di pari valore. Ebbene, se vero che tutti
gli ordinamenti federali sono caratterizzati dal riconoscimento di pi collettivit che
concorrono a costituire la federazione (i cinquanta Stati degli Usa, i lander della
Germania), la peculiarit del federalismo italiano sta nel riconoscimento di collettivit
concentriche eppure equiordinate, in cui la differenza di funzioni tra i diversi livelli di
governo non di ostacolo al riconoscimento del valore costitutivo di ciascuno di essi
per il comune edificio della Repubblica.
42. Certo, questa una novit importante, per certi versi addirittura scandalosa, che ha
portato con s conseguenze rilevantissime sul riparto della potest legislativa (art.117),
sul regime delle funzioni amministrative (art.118), sul sistema dei controlli (art.120). Ma
altrettanto vero che la riforma del 2001 ha sviluppato e portato a radicali
conseguenze un principio, una filosofia istituzionale che era gi nella trama della
Costituzione del 48: non a caso la Corte costituzionale da molti anni ha riconosciuto
(si veda lesemplare sentenza n.829 del 1988) che, quando la Costituzione attribuisce
alla Repubblica o allItalia compiti, finalit ed obiettivi di particolare valore, non si
riferisce solo allo Stato e ai suoi organi, ma allintero sistema, intimamente coeso, di
istituzioni rappresentative dei cittadini: appunto, i Comuni, le Province, le Regioni, lo
Stato. Vale per lart.2 e per lart.3, secondo comma; vale per lart.9 e per lart.11, e
cos via. Ci non vuol dire, ovviamente, che ciascuna istituzione potr fare quel che
crede, senza limiti di competenza e di strumenti: ogni istituzione ha le sue funzioni
specifiche, ma tutte concorrono a realizzare gli obiettivi che la Costituzione assegna
alla Repubblica, perch tutte sono (gi nelloriginario disegno costituzionale) parte
costitutiva della Repubblica.
43. LItalia unita nata per, centocinquanta anni or sono, come Stato accentrato e
centralista. Non mancarono, neppure allora, progetti concreti di segno diverso (gi nei
governi Cavour, 1860-1861, Farini e Minghetti proposero un primo modello di
12

valorizzazione delle autonomie locali), e del resto il Risorgimento fu segnato anche da


importanti correnti di pensiero federalista, cattoliche (Gioberti) e laiche (Cattaneo).
Tuttavia prevalsero le ragioni del centralismo statale:
Per motivi culturali (lispirazione del modello francese, di derivazione
napoleonica)
Per motivi pratici (la difficolt di perseguire lunificazione amministrativa
giuridica e organizzativa a partire dai modelli tanto diversi degli Stati preunitari, affermata con la fondamentale legge n.2248 del 1865)
Per motivi politici (la fragilit del consenso attorno alla raggiunta unit
nazionale, reso evidente dal brigantaggio in tanta parte dellItalia centromeridionale)
Per motivi ideologici (acquisita faticosamente la sovranit condivisa della
monarchia costituzionale, appariva davvero difficile fare il passo ulteriore,
incrinando il principio della sacralit dello Stato, della sovranit della legge).
44.

Il perno dellorganizzazione territoriale dello Stato rest cos la legge Rattazzi


(legge 23 ottobre 1859, n.3702), emanata dal Governo con i poteri straordinari
conferitigli per la seconda guerra di indipendenza. Il territorio del Regno era suddiviso
in Comuni e Province (e Circondari), ma i vertici delle amministrazioni territoriali
compresi i Sindaci erano nominati con regio decreto, erano insomma funzionari
periferici dello Stato, rappresentanti dello Stato nel territorio del Comune. Il Consiglio
comunale era elettivo, ma di debolissima legittimazione elettorale (appena il 2% della
popolazione godeva di elettorato attivo) e di grande fragilit politica (il mandato
quinquennale comportava un rinnovo parziale, per un quinto dei componenti, ogni
anno).

45.

Tuttavia, la lunga marcia delle autonomie locali era partita.


Come la forma di
governo si trasform in poco tempo (gi nel corso del governo Cavour!) da monarchia
costituzionale in monarchia parlamentare, cos quei fragili enti territoriali cominciarono
rapidamente ad essere (e ad essere riconosciuti) come enti autonomi. Gi tra il 1888
e il 1890 il Sindaco diviene un organo elettivo, legittimato dal voto del Consiglio
comunale; si allarga progressivamente la base elettorale del Consiglio medesimo,
giungendo nel 1915 al suffragio universale (maschile); la sua stabilit (con il testo
unico approvato con R.D. 4 febbraio 1915, n.148) viene assicurata con un mandato
quadriennale, senza rinnovi parziali. Si sviluppano enormemente le funzioni e le
attivit dei Comuni, che pur nel vivo del clima ideologico dello Stato liberale
ottocentesco fondano le premesse del moderno Stato sociale (scuole pubbliche,
asili, assistenza agli indigenti) e cominciano a gestire in forma di azienda pubblica i
servizi locali (il testo unico sulle aziende municipalizzate, come abbiamo gi ricordato,
del 1903).

46.

LItalia delle autonomie subisce una brutale battuta darresto con il fascismo. La
prima istituzione locale a cadere sotto i colpi della dittatura il comune di Roma, nel
1923 trasformato in Governatorato; ma tra il 1925 e il 1926 gli organi elettivi di tutti
gli altri Comuni italiani sono sostituiti da podest di nomina governativa, e nel 1928
la volta delle Province (dove si insedieranno dei presidi, anchessi nominati e
controllati dal ministero dellinterno). La normalizzazione delle istituzioni locali si
completa con il ferreo controllo degli apparati professionali: del 1925 limposizione
del giuramento di fedelt al regime per tutti i dipendenti comunali e provinciali, e del
1928 la decisione di statizzare i segretari comunali e provinciali (i vertici degli
apparati burocratici, fino ad allora dipendenti degli enti locali, ed ora funzionari statali,
13

nelle mani dei prefetti). Nel 1934, un testo unico razionalizz le disposizioni in materia
di funzioni e organizzazione locale (RD 3.3.1934, n.383):
una modernizzazione
legislativa, ma certamente assai lontana da ogni ispirazione autonomistica.
47.

Finita la guerra, caduto il fascismo, restaurata la libert, le prime istituzioni


democratiche a riprendere il cammino furono proprio i Comuni. Le prime elezioni
locali sono del 1946 (le elezioni provinciali ci saranno nel 1951).
Il cammino delle
istituzioni locali ricomincia da dove la dittatura laveva interrotto, con le regole elettorali
del 1915 (per alcune parti risalenti addirittura al 1911), ma con il quadro organizzativo
e funzionale del 1934.

48.

Come abbiamo gi visto, la Costituzione, entrata in vigore il 1 gennaio 1948, radica


per un modo nuovo di concepire la Repubblica e le comunit locali. La novit pi
appariscente riguarda le Regioni, ente del tutto nuovo nellordinamento italiano. La
prima Regione ad autonomia speciale la Sicilia nasce addirittura prima della
Costituzione, nel 1946, per fronteggiare in modo intelligentemente democratico le
spinte separatiste. Nello stesso anno i capi del governo di due giovanissime
democrazie litaliano De Gasperi e laustriaco Gruber concordano sullistituzione di
unaltra Regione speciale in Trentino e in Alto Adige;
la Regione verr istituita
concretamente nel 1948, insieme alla Valle dAosta (dove era presente unaltra
importante minoranza linguistica) e alla Sardegna (anchessa attraversata da fermenti
separatisti). Solo per il Friuli-Venezia Giulia fu necessario attendere il 1963, quando
finalmente si consolidarono le delicatissime questioni del confine orientale.

49.

Con le cinque Regioni ad autonomia differenziata, le altre quindici Regioni (a


statuto ordinario) condividono alcuni attributi fondamentali, che consentono gi allora
di riconoscerle come soggetti costitutivi della Repubblica: le Regioni partecipano
allesercizio della funzione legislativa dello Stato (artt.75 e 121), allelezione del
Presidente della Repubblica (art.83), al procedimento di revisione costituzionale
(art.138). La Costituzione assicura loro una protezione forte, con laccesso diretto alla
Corte costituzionale.
E una vera rivoluzione copernicana, rispetto allordinamento
pre-fascista, a partire dal superamento del tab del monopolio statale della
legislazione. Sia pure circondata da molti limiti un elenco tassativo di materie, il
doveroso rispetto dei principi fondamentali stabiliti da leggi dello Stato, dellinteresse
dello Stato (e delle altre regioni) la potest legislativa regionale si afferma come
novit assoluta. E una strada senza ritorno.

E COME E CRESCIUTA.
50.

La radicalit del cambiamento non sfuggiva ai costituenti. Opportune disposizioni


transitorie fissavano per questo una tabella di marcia rigorosa: un anno per le prime
elezioni regionali e lavvio del decentramento amministrativo (VIII disposizione), tre
anni per adeguare la legislazione alle esigenze delle autonomie locali e alla
competenza legislativa attribuita alle regioni (IX disposizione). Purtroppo per la
speranza di dare rapida attuazione alla Repubblica delle autonomie era destinata a
rimanere a lungo delusa. Lostruzionismo di maggioranza lucidamente individuato
da Piero Calamandrei riusc a congelare i tratti pi innovativi della Costituzione, non
solo per quanto riguarda il sistema delle autonomie territoriali. Per istituire la Corte
14

costituzionale si attese il 1956; il 1958 per il Consiglio superiore della magistratura,


presidio essenziale per lindipendenza della funzione giudiziaria; addirittura il 1970 per
i poteri diretti dei cittadini: i referendum, liniziativa legislativa popolare. La Corte di
Cassazione offr un contributo fondamentale alla sterilizzazione delle novit della
Costituente, distinguendo in modo rigido (e arbitrario) tra norme precettive (di sicura
valenza giuridica) e norme programmatiche (rinviate ad unincerta futura attuazione).
Eppure si stava radicando nella coscienza degli italiani e nella vita concreta delle
istituzioni locali (quelle che gi cerano: i Comuni e le Province, e le Regioni ad
autonomia differenziata) un nuovo modo di concepire la Repubblica, fondato sul
riconoscimento del pluralismo politico, del policentrismo istituzionale, del mutuo
rispetto tra i diversi livelli di governo a prescindere dallorientamento delle
maggioranze pro-tempore.
51.

Davvero la strada per la Repubblica delle autonomie era una scelta irreversibile:
se ne poteva rallentare lattuazione, ma non bloccarne indefinitamente lespansione.
E cos nei primi anni 60 linnovazione riprende il cammino: nel 63 nasce la Regione
Friuli-Venezia Giulia, e si decide listituzione del Molise; nel 68 approvata la legge
elettorale; nel 70 si eleggono finalmente i Consigli delle quindici regioni ad autonomia
ordinaria.
In due anni tutte le Regioni riescono ad approvare i rispettivi statuti (a
norma dellart.123 Cost., allora vigente, sottoposti ad unapprovazione finale da parte
del Parlamento).

52.

Tra il 1972 e il 1977 si sviluppa un primo imponente processo di decentramento


amministrativo, che ha il suo punto pi alto con il DPR n.616 del 1977. Grandi
speranze, e tuttavia rapide delusioni: il decentramento di funzioni stenta a decollare,
le Regioni appaiono appannate, poco efficienti, poco credibili.
Certamente molte
sono le concause di questo (parziale) insuccesso, politiche e giuridiche.
Ne
dobbiamo per sottolineare due, particolarmente importanti: la tecnica del ritaglio
con cui sono segmentate le funzioni amministrative, distribuite in modo complesso tra
Stato, Regioni ed enti locali, che provoca nuove lentezze e inefficienze; la mancata
riforma degli apparati burocratici dello Stato che, insieme allinadeguato trasferimento
di risorse finanziarie e professionali alle Regioni, favorisce una inarrestabile tendenza
degli stessi apparati a riappropriarsi, nei fatti, di poteri e competenze trasferite.

53.

Comuni e Province erano intanto fermi allobsoleto quadro legislativo che abbiamo
gi descritto: una legislazione sugli organi di governo precedente addirittura alla
prima guerra mondiale, un assetto organizzativo e funzionale disciplinato nel pieno del
ventennio fascista. Certo, il Sindaco era ormai riconosciuto come il capo e il leader
di una comunit locale, restando del tutto accessoria la sua funzione di rappresentante
dello Stato (ufficiale del governo), ma tutto lordinamento locale era condizionato da
una fitta e penetrante rete di controlli tesi a frustrarne le potenzialit autonome.
Lunica riforma ordinamentale degna di questo nome la legge sul decentramento
infracomunale del 76 fu il frutto di coraggiose sperimentazioni di autoriforma, a
Bologna, a Roma e in molte altre citt, e della indispensabile reazione a pronunce
censorie del giudice amministrativo.
Fu necessario attendere ben 42 anni fino al
1990 perch il Parlamento riuscisse a modernizzare lordinamento locale,
adeguandolo ai principi della Costituzione.

LA STAGIONE DELLE RIFORME.


15

54.

La riforma del 90 legge 8 giugno 1990, n.142 fu davvero importante, anzitutto


perch, interpretando in modo nuovo lart.128 Cost. allora vigente, riconobbe
lautonomia statutaria di Comuni e Province, insomma il loro diritto-dovere di stabilire
in autonomia le norme fondamentali della propria organizzazione (sia pure nei limiti dei
principi stabiliti da leggi generali della Repubblica).
Era finalmente iniziata il
decennio delle riforme, che avrebbe cambiato il volto dellItalia. Un decennio ricco di
innovazioni, ma anche di tormenti e problemi, caratterizzato da un andamento
pendolare: riforme importanti, entusiasmo per le novit, ma anche delusione per le
nuove difficolt; e di nuovo lesigenza di altre pi incisive riforme, nuovo entusiasmo,
nuovi problemi, lattesa di ulteriori innovazioni.
Basta qui ricordare alcune date
essenziali, su cui dovremo tornare in altri paragrafi:
1990, con la riforma dellordinamento locale (n.142) e la legge sul procedimento
amministrativo (n.241)
1993, con la riforma elettorale per i Comuni e le Province (n.81) e la riforma
della dirigenza e del lavoro nella pubblica amministrazione (d.lgs. n.29)
1997, con la prima legge di semplificazione amministrativa (n.127) e la legge
che avvia il decentramento amministrativo (n.59: il cosiddetto federalismo a
Costituzione invariata)
2000, finalmente il nuovo testo unico delle leggi sullordinamento locale (d.lgs.
18 agosto 2000, n. 267).

55. La Repubblica delle autonomie aveva per bisogno, giunta a quel punto, di una nuova
stagione di innovazioni anche di rango costituzionale.
Si cominci con la legge
costituzionale n.1 del 1999, per lelezione diretta del presidente e il riconoscimento di
una pi forte autonomia statutaria.
Il procedimento statutario delineato ad
immagine e somiglianza del procedimento di revisione costituzionale (doppia
deliberazione del consiglio, a non meno di due mesi di distanza luna dallaltra;
maggioranza assoluta; referendum popolare su richiesta di un quinto del consiglio
regionale o di un cinquantesimo del corpo elettorale); non pi richiesta alcuna
approvazione da parte dello Stato, e il Governo pu intervenire solo sollevando
questione di legittimit dinanzi alla Corte costituzionale. Lautonomia statutaria si
invera anche nei contenuti, a partire dal superamento del limite dellarmonia con le
leggi della Repubblica previsto dal precedente art.123 Cost., e dalla possibilit di
disciplinare in modo originale la forma di governo (art.122, quinto comma: Il
presidente della giunta regionale, salvo che lo statuto regionale disponga
diversamente, eletto a suffragio universale diretto ).
56. Siamo ormai alla vigilia della nuova rivoluzione copernicana: quella stabilita dalla
legge costituzionale n.3 del 2001.
Linnovazione ha tre pilastri fondamentali: il
riconoscimento della pari dignit tra i diversi livelli di governo (art.114), il nuovo
riparto della potest legislativa (art.117), la nuova distribuzione delle funzioni
amministrative (art.118).
Altri contenuti importanti, che esamineremo di seguito,
riguardano il c.d. federalismo finanziario e fiscale (art.119), il regime dei controlli
sostitutivi (art.120), lordinamento di Roma, Capitale della Repubblica (art.114, terzo
comma).

RIVOLUZIONE NELLA FUNZIONE LEGISLATIVA


57. La rivoluzione investe anzitutto la funzione legislativa dello Stato e delle Regioni.
Abbiamo gi ricordato che, fino alla legge costituzionale n.3/2001, la potest
16

legislativa delle Regioni era limitata ad un elenco tassativo di materie, si svolgeva


secondo il modello della c.d. legislazione concorrente, nel rispetto dei principi stabiliti
dalle c.d. leggi cornice, o quadro dello Stato (solo le Regioni ad autonomia
differenziata erano titolari di potest legislativa esclusiva, pur sempre limitata ad
alcune materie tassativamente enumerate), si scontrava con il limite generale
dellinteresse dello Stato. Lasimmetria tra Stato e Regioni era consacrata nella
diversa disciplina per i giudizi in via dazione dinanzi alla Corte costituzionale. Con la
revisione costituzionale del 2001:
la potest legislativa dello Stato e quella delle Regioni incontrano i medesimi
limiti:
il rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dallordinamento
comunitario, e quelli derivanti dagli obblighi internazionali
lo Stato ad avere competenza legislativa solo per un elenco di materie
tassativamente indicate al secondo comma dellart.117
per altre materie (117, terzo comma), la potest legislativa spetta alle Regioni,
ma lo Stato si riserva la determinazione dei soli principi fondamentali
per ogni altra materia (non compresa negli elenchi del secondo e terzo comma)
la potest legislativa spetta alle Regioni (c.d. competenza generale e
residuale)
Stato e Regioni sono in posizione di assoluta parit dinanzi alla Corte
costituzionale
viene meno il limite generale (e indeterminato) del rispetto dellinteresse
nazionale.
58. La rivoluzione non si limita alla potest legislativa, ma investe altri ambiti della (anzi:
delle) potest normative. La potest statutaria riconosciuta con pari forza a Regioni,
Citt metropolitane, Province e Comuni (art.114, secondo comma).
La potest
regolamentare attribuita allo Stato solo per le materie di competenza legislativa
esclusiva; per tutte le altre spetta alle Regioni, ma riservata alle istituzioni locali in
ordine alla disciplina dellorganizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro
attribuite (art.117, sesto comma). Le conseguenze di questa nuova disciplina sono di
immediata rilevanza: il Consiglio di Stato non ha consentito al Governo di emanare un
regolamento sulla professione di odontotecnico, perch lordinamento delle
professioni ormai materia di legislazione concorrente (117, terzo comma)!
59. E tuttavia, nonostante le apparenze, superficiale la conclusione secondo cui lago
della bilancia si sarebbe irrimediabilmente spostato dalla parte delle Regioni, lasciando
lo Stato disarmato. Non solo, infatti, le materie di competenza esclusiva dello Stato
sono di enorme importanza; tra di esse se ne celano alcune che sono state
giustamente definite materie non-materie, insomma materie a vocazione trasversale,
capaci di incidere su una molteplicit di materie, per lo pi di competenza regionale.
Gli esempi pi evidenti:
1.
2.
3.
4.
5.

la lettera m), con la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni


concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale
la lettera p), per quanto riguarda la disciplina delle funzioni fondamentali di
Comuni, Province e Citt metropolitane
la lettera l), per quanto riguarda lordinamento civile
la lettera e), in particolare per quanto riguarda la tutela della concorrenza
la lettera s), in particolar per quanto riguarda la tutela dellambiente

17

Analoghe considerazioni si possono dedurre dalla disciplina dei poteri sostitutivi


stabilita allart.120, secondo comma: lo Stato (il Governo) potr sostituirsi agli organi
di Regioni e delle istituzioni locali nel caso di mancato rispetto di norme o trattati
internazionali o della normativa comunitaria, oppure di pericolo grave per lincolumit e
la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dellunit giuridica o
dellunit economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali.
60. La complessiva tenuta del sistema dovrebbe infine essere assicurata come in ogni
ordinamento federale da istituzioni di collaborazione tra i diversi livelli di governo. E
unanime la convinzione che il punto pi debole della revisione costituzionale del 2001
consista proprio nella mancata riforma della struttura del Parlamento, per raccordarlo
alle istituzioni territoriali autonome. La legge costituzionale in attesa di una pi
coerente ed ambiziosa riforma si accontentata di prevedere lintegrazione della
commissione bicamerale per le questioni regionali con i rappresentanti delle
autonomie, e di prescrivere agli statuti regionali di istituire, nellambito di ciascuna
Regione, il consiglio delle autonomie locali: due strumenti senzaltro utili, ancorch
parziali, rimasti per ancora sulla carta.
Il confronto e la collaborazione tra le
istituzioni sono dunque ancora affidati a strumenti fragili, istituiti e disciplinati da leggi
ordinarie: la Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, istituita nel 1988, la
Conferenza Stato-Citt e autonomie locali, istituita nel 1996, la c.d. Conferenza
unificata (dalla somma delle due precedenti Conferenze), istituita nel 1997, le
Conferenze tra Regioni ed enti locali (per il Lazio, istituita nel 1999).

E RIVOLUZIONE NELLE FUNZIONI AMMINISTRATIVE.


61. Il riparto delle funzioni amministrative tra i diversi livelli istituzionali investito, con la
legge costituzionale n.3/2001, da una rivoluzione di portata non minore, rispetto a
quella appena descritto per la funzione legislativa. Nella Costituzione del 48:
1.

spettavano alle Regioni le funzioni amministrative nelle materie in cui


esercitavano la funzione legislativa (principio del c.d. parallelismo)
2.
salvo quelle di interesse locale, che potevano essere attribuite agli
enti locali con leggi della Repubblica
3.
lo Stato (titolare pertanto della generalit delle funzioni
amministrative) poteva delegare alle Regioni altre funzioni
4.
le Regioni avrebbero dovuto esercitare normalmente le funzioni
amministrative delegandole agli enti locali o avvalendosi dei loro uffici.
La Costituzione indicava insomma una linea di tendenza, volta al decentramento delle
funzioni amministrative, ma secondo un processo discendente, che, partendo
dallattribuzione allo Stato (e limitatamente alle Regioni) della titolarit delle funzioni,
ne avrebbe potuto conferire lesercizio a livelli istituzionali pi prossimi ai cittadini.
62. Con la riforma (il nuovo articolo 118 della Costituzione):
le funzioni amministrative spettano, in linea di principio, ai Comuni ( spezzato,
evidentemente, il parallelismo tra funzioni legislative e funzioni amministrative)
le funzioni amministrative sono invece conferite alle Province, alle Citt
metropolitane, alle Regioni o allo Stato, quando sia necessario assicurarne
lesercizio unitario, sulla base dei principi di sussidiariet, differenziazione e
adeguatezza
18

i Comuni, le Province e le Citt metropolitane sono titolari di funzioni proprie, e


di altre che saranno conferite con leggi dello Stato e delle Regioni, secondo le
rispettive competenze (art.118, secondo comma).
63. Ad una lettura affrettata, sembrerebbe esserci una contraddizione tra il primo e il
secondo comma dellart.118: tra il primo, che pare attribuire (quasi) tutte le funzioni ai
Comuni, e il secondo, che distingue tra funzioni proprie delle istituzioni locali, e
funzioni successivamente conferite dallo Stato e dalle Regioni.
Le difficolt
interpretative aumentano, leggendo altre disposizioni costituzionali, laddove si parla di
funzioni fondamentali degli enti locali (art.117, secondo comma, lettera p), e di
funzioni loro attribuite (art.117, sesto comma).
La contraddizione per solo
apparente:
la Costituzione riconosce che le istituzioni locali hanno funzioni
(storicamente) proprie, ed impone allo Stato e alle Regioni (naturalmente secondo le
loro competenze legislative) di ridistribuire le funzioni amministrative da loro (finora)
esercitate, avendo come bussola come parametro di legittimit costituzionale delle
leggi di conferimento la regola per cui la redistribuzione deve privilegiare in via di
principio il livello istituzionale pi prossimo ai cittadini (il Comune), salvo che vi siano
ragioni concrete per attribuirne lesercizio ad istituzioni di dimensione pi ampia,
secondo i principi di sussidiariet, differenziazione e adeguatezza.
64. Spetta alla legge dello Stato in particolare alla legge prevista dalla lettera p)
dellart.117 il compito di identificare le funzioni fondamentali delle istituzioni locali.
Un disegno di legge ancora in corso di esame da parte del Parlamento (ma di cui
prevista la rapida definitiva approvazione) delega tale identificazione al Governo, a
norma dellart.76 Cost.: il Governo dovr procedere riconoscendo a Comuni e
Province la titolarit di funzioni connaturate alle caratteristiche proprie di ciascun ente,
essenziali e imprescindibili per il funzionamento dellente e per il soddisfacimento di
bisogni primari delle comunit di riferimento, tenuto conto in via prioritaria delle
funzioni storicamente svolte.
65. Ci attende dunque, in ossequio ai nuovi precetti costituzionali, una ulteriore fase di
conferimento delle funzioni amministrative al sistema delle autonomie territoriali. La
norma costituzionale non una bacchetta magica, non trasferisce ipso facto le
funzioni, n il sistema precipitato nel caos dellauto-attribuzione delle funzioni. Stato
e Regioni sanno cosa fare: la Costituzione indica il metodo, gli obiettivi, i parametri di
legittimit delle loro scelte.
Del resto la legge costituzionale n.3/2001 giunta a
suggellare (e in qualche misura a garantire) un processo che era stato gi avviato con
la legge n.59 del 97: non a caso, allora, si parl di federalismo a Costituzione
invariata. Il processo fu assai complesso: partendo da una legge di delegazione
(appunto, la legge 59/1997), il conferimento delle diverse funzioni fu stabilito da alcuni
decreti legislativi (tra tutti il pi importante, comprensivo di unampia gamma di
funzioni, fu il d.lgs. 112/1998); il disegno fu completato da un lato dalle leggi regionali
(nel Lazio, la pi importante fu la legge n.14/1999) e dallaltro da numerosi Decreti del
Presidente del Consiglio dei ministri.
66. Il legislatore si proponeva evidentemente di realizzare il massimo decentramento di
funzioni (a Costituzione invariata), senza per incorrere negli inconvenienti che
avevano frustrato laltra grande stagione del decentramento: quella culminata nel
d.lgs. 616 del 1977. In sintesi, la legge 59:
stabiliva per la prima volta il capovolgimento del criterio di attribuzione delle
funzioni amministrative, riservandone allo Stato solo alcune, tassativamente
enumerate: Sono conferiti alle Regioni e agli enti locali, nellosservanza del
19

principio di sussidiariet , tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla


cura degli interessi ed alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunit
(art.1.2); sono esclusi le funzioni e i compiti amministrativi riconducibili
alle seguenti materie: a), b), c) (art.1.3)
imponeva alle Regioni di procedere analogamente nelle funzioni di loro
competenza (era ancora vigente il principio del parallelismo!): Nelle materie di
cui allart.117 Cost., le Regioni conferiscono alle province, ai comuni e agli
altari enti locali tutte le funzioni che non richiedano lunitario esercizio a livello
regionale (art.4.1)
stabiliva il principio della contestualit tra il trasferimento delleffettivo esercizio
delle funzioni ed il concreto conferimento di congrue risorse finanziarie,
professionali e strumentali (art.7)
avviava, con la medesima legge, attraverso pi deleghe legislative, tanto il
decentramento di funzioni amministrative, dal centro alla periferia, quanto la
riforma degli apparati amministrativi centrali dello Stato.
67.

Il decreto legislativo 112 del 1998 ebbe un ruolo decisivo nel disegno di
decentramento amministrativo: in alcuni casi limitandosi ad indicare le funzioni
riservate allo Stato, ed affidando alla legge regionale il compito di distribuire il
lavoro tra le diverse istituzioni locali (per fare un esempio, la tecnica utilizzata
allart.60 in tema di edilizia residenziale pubblica);
in altri casi stabilendo
chiaramente i compiti delle Regioni, delle Province e dei Comuni (valga lesempio
degli artt.138 e 139 in materia di istruzione scolastica); altre volte ancora,
inventando nuovi moduli organizzativi, per lesercizio efficiente e razionalizzato di
funzioni ancora imputabili a diversi uffici, statali, regionali e locali ( il caso degli
sportelli unici delle attivit produttive di cui allart.23).

68.

Il processo di decentramento amministrativo ancora in corso. Certo, oggi gode di


una solida copertura costituzionale che ha trasformato una (libera) scelta del
legislatore in un percorso obbligato. Tuttavia non mancano gli ostacoli concreti, per
rendere efficiente lintero sistema. E noto, infatti, che il decentramento costa: la
maggiore efficienza, che si realizza spostando lesercizio delle funzioni ad un livello
di prossimit, si paga con la necessit di una rete pi diffusa di uffici, di personale
specializzato, di strumentazioni tecniche. Di qui limportanza di una scelta pi volte
ribadita dal legislatore, tesa allindividuazione, volta per volta, dellambito territoriale
adeguato per il migliore esercizio delle funzioni. Ladeguatezza, di cui oggi parla
lart.118 Cost., va dunque intesa come concreta capacit di esercitare le funzioni in
modo efficace ed efficiente. Per quanto riguarda i Comuni, il Testo unico del 2000
offre unindicazione precisa e preziosa: Il Comune, per lesercizio delle funzioni in
ambiti territoriali ottimali, attua forme sia di decentramento che di cooperazione con
altri Comuni e con la Provincia (art.13.2). Insomma, decentramento infra-comunale
e associazionismo inter-comunale sono due facce della stessa medaglia, per
raggiungere comunque un ambito adeguato per ciascuna funzione.

69.

Al tempo stesso, la riforma costituzionale del 2001 consente di superare il tab della
(sostanziale) uniformit organizzativa e funzionale dei Comuni, affermato gi dalla
legge Rattazzi del 1859, confermato dallart.128 della Costituzione del 48 e dalla
legislazione successiva. Ferma la pari dignit delle istituzioni locali, e la riserva di
legge statale per la determinazione delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e
Citt metropolitana, oggi il principio piuttosto quello della differenziazione, che
consente di diversificare tra enti a partire dalle concrete caratteristiche demografiche,
territoriali, socio-ambientali.
20

70.

La triade dei principi-guida della distribuzione delle funzioni amministrative, come


abbiamo gi sottolineato molte volte, si completa con il riferimento alla
sussidiariet. E un concetto complesso, che trae origine dal pensiero sociale
cattolico, ma che ha avuto una prima importante formulazione giuridica nel Trattato di
Maastricht del 1992. Si legge infatti allart.8 del Trattato: Nei settori che non sono
di sua esclusiva competenza, la comunit interviene secondo il principio di
sussidiariet, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dellazione prevista non
possano essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri, e possano dunque, a
motivo delle dimensioni o degli effetti dellazione in questione, essere realizzati
meglio a livello comunitario. La sussidiariet insomma al pari delladeguatezza
un parametro concreto, che impone di verificare in primis se una funzione possa
essere efficacemente esercitata al livello istituzionale di maggiore prossimit agli
interessi dei cittadini (dunque: al Comune), e successivamente, salendo la scala,
quale sia il livello di governo obiettivamente idoneo ad esercitare la funzione, in
ragione delle sue caratteristiche intrinseche.

71.

Questa dunque la sussidiariet richiamata al primo comma dellart.118. Ma quale


significato assume la stessa parola al successivo quarto comma? Leggiamo in
questa disposizione costituzionale che Stato, Regioni, Citt metropolitane, Province
e Comuni favoriscono lautonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo
svolgimento di attivit di interesse generale, sulla base del principio di sussidiariet.
Evidentemente il significato diverso, non fosse altro perch riferito in blocco a tutti
e cinque i livelli di governo. Parleremo allora di sussidiariet orizzontale accanto
alla sussidiariet verticale proclamata al primo comma: questultima si riferisce alle
relazioni tra i diversi livelli di governo; quella orizzontale alle relazioni tra il potere
pubblico (quale esso sia) e la societ.
E per arbitrario leggere il principio di
sussidiariet orizzontale con la stessa logica della sussidiariet verticale: non vero
che le istituzioni pubbliche possano esercitare le funzioni solo se e in quanto i
cittadini singoli o associati non siano in grado di farlo. Non vero, ad esempio,
che lo Stato debba intervenire in campi decisivi come la scuola o la sanit solo se le
imprese private che operano in tali settori si dimostrano inadeguate a coprire i
fabbisogni dei cittadini. E vero invece che ormai superata lequazione funzioni
pubbliche = amministrazioni pubbliche; ci sono molte funzioni di interesse generale
che possono essere esercitate con maggiore efficacia con lautonoma
organizzazione dei cittadini; sta alle istituzioni favorire e valorizzare tali iniziative.

LA FORMA DI GOVERNO LOCALE.


72. Per forma di governo si intende la risultante degli assetti, le funzioni e le relazioni
reciproche degli organi di vertice di un determinato ordinamento giuridico.
Lesperienza storica ha permesso di mettere a fuoco molte diverse forme di
governo:
la monarchia costituzionale, il governo parlamentare, il governo
presidenziale, con molte varianti ciascuna.
Per noi, si parva licet componere
magnis, si tratta di individuare i tratti caratterizzanti della forma di governo del
Comune e per rapidi cenni della Provincia.
73. La forma di governo del Comune, come oggi la conosciamo, il risultato di una
lunga evoluzione istituzionale, tuttaltro che lineare. E importante volgere, sia pure
21

rapidamente, lo sguardo allindietro, per avere una nozione storicizzata, e dunque


equilibrata, degli istituti giuridici: le forme di governo, non sono il frutto di unastratta
razionalit giuridica, ma la risultante di fenomeni sociali e politici. Sono insomma
forme in divenire, che sono mutate nel passato e potranno cambiare nel futuro.
Correndo il rischio dello schematismo, possiamo allora riassumere la storia della
forma di governo comunale in cinque fasi successive:
gli inizi: la legge Rattazzi prevede, nei Comuni, un consiglio elettivo, chiamato
ad eleggere la giunta nel proprio seno, ed un sindaco di nomina regia; il sindaco
ufficiale di governo nel Comune: una qualifica che manterr fino ai giorni
nostri (ma in ben altro contesto istituzionale)
lordinamento liberale (1890-1922):
successive riforme consentono il
progressivo allargamento della base elettorale, fino al riconoscimento del
suffragio universale maschile; il sindaco, nellultimo decennio del secolo, diventa
finalmente un organo elettivo, scelto dal consiglio comunale al proprio interno;
lequilibrio tra gli organi di vertice del Comune fortemente spostato a favore
della giunta che pu adottare in via durgenza le deliberazioni di competenza del
consiglio, salvo ratifica (senza alcun termine n sanzioni); nel 1923, il RD n.2839
consentir inoltre al consiglio unampia facolt di delega alla giunta: questultima
avr solo lonere di comunicare al consiglio lavvenuta adozione degli atti
la dittatura fascista (1922-1945): lazione del fascismo fu rapida e risoluta nella
soppressione di ogni forma di autonomia delle comunit locali; gli organi elettivi
dei comuni sono soppressi: al posto del sindaco insediato un podest di
nomina governativa, coadiuvato da una consulta municipale, anchessa nominata
con decreto prefettizio; stessa sorte avranno, nel 1928, gli organi delle province,
con i presidi al posto dei presidenti;
il TU del 1934 offre infine una
sistemazione organica alla nuova realt degli enti territoriali (non pi autonomi)
la Repubblica (1946-1990): la forma di governo locale riprende il suo cammino
dove laveva lasciato nel 1923, con gli elementi essenziali gi descritti; il tratto
caratterizzante della forma di governo sar il sistema elettorale, differenziato
secondo la consistenza demografica del comune; nei comuni maggiori (dopo
diverse oscillazioni, la soglia fissata a 5.000 abitanti) il sistema elettorale
proporzionale, con scrutinio di lista e preferenze plurime nellambito della lista
prescelta; nei comuni pi piccoli, il sistema elettorale privilegia la scelta dei
singoli candidati, anche nellambito di pi liste, fino al massimo dei 4/5 dei
consiglieri da eleggere; questultimo sistema produce effetti sostanzialmente
maggioritari solo in presenza di un forte e radicato sistema di partiti contrapposti;
nei comuni medio-grandi il sistema proporzionale, in assenza di correttivi,
causa nel tempo di una crescente instabilit e fragilit dei governi locali
la riforma del 1990:
la legge 8 giugno 1990, n.142, si propone con
quarantadue anni di ritardo! di dare attuazione al disegno costituzionale,
superando il TU del 1934 e riconoscendo lautonomia statutaria di comuni e
province, gi prevista in nuce dallart.128 della Costituzione; la forma di governo
locale viene razionalizzata, in particolare con nuove modalit per lelezione del
sindaco e della giunta (scrutinio palese, sulla base di un documento
programmatico sottoscritto da almeno 1/3 dei consiglieri) e con la disciplina della
c.d. sfiducia costruttiva; in mancanza di una riforma elettorale, levoluzione
della forma di governo segnata, inoltre, dalla previsione di alcuni assessori
esterni al consiglio e, soprattutto, dal capovolgimento dei rapporti tra consiglio e
giunta; allassemblea elettiva organo di indirizzo e controllo politicoamministrativo riservata la deliberazione di alcuni atti fondamentali, mentre la
competenza generale e residuale posta in capo alla giunta; la giunta peraltro
22

non pi titolare di potest deliberative durgenza (salvo che per le variazioni di


bilancio), n il consiglio pu delegarle atti di propria competenza.
74.

Attraverso questa complessa evoluzione si giunge


cos alla forma di governo comunale delineata dalla legge 25 marzo 1993, n.81,
che, in una fase storica cruciale (referendum elettorali, Tangentopoli, crisi della c.d.
prima Repubblica), rompe la tradizione parlamentare-consiliare, scegliendo
piuttosto la via della elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia.
Descrivendo qui di seguito la nuova forma di governo locale, cos come oggi si
sperimenta nei Comuni italiani, terremo per conto anche delle successive parziali
evoluzioni (in particolare la legge 3 agosto 1999, n.265, fino al TU 18 agosto 2000,
n.267), ricordando che il quadro costituzionale definito dalla legge costituzionale
n.3/2001 riserva in ogni caso alla legge dello Stato la disciplina della forma di
governo di comuni, province e citt metropolitane (art.117, secondo comma, lettera p:
legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali).

75.

Il tratto caratterizzante della forma di governo locale,


cos come delineata dalla legge n.81/1993, la pari legittimazione elettorale diretta
dellassemblea rappresentativa (il consiglio) e del vertice dellesecutivo (il sindaco); i
due organi sono parimenti legittimati dal corpo elettorale, e tuttavia, a differenza dalla
forma di governo presidenziale pura (ad esempio, quella statunitense), il sistema
elettorale congiunge le due elezioni in un sistema complesso. Non si tratta insomma
di due elezioni, distinte seppure contestuali, ma di un unico procedimento, in cui gli
elettori sono chiamati ad esprimersi tanto sulluno quanto sullaltro organo da
eleggere, e in cui le opzioni degli elettori interagiscono luna con laltra per
determinare il risultato complessivo.
Se dunque certamente la forma di governo
locale non ha pi i tratti tipici della forma di governo parlamentare, non si pu
neppure definirla come presidenziale, ed un esercizio defatigante e tutto
sommato inutile cercare unanaloga definizione generale. E una forma del tutto
peculiare, che ha permesso al legislatore di introdurre nellordinamento lelezione
diretta del sindaco, senza per questo accettare una eccessiva personalizzazione
della contesa elettorale, e di coniugare le esigenze di stabilit con il rispetto del forte
pluralismo politico culturale del paese.

76.

Questo tratto caratterizzante emerge gi nella fase di


avvio della competizione elettorale, che prescrive indefettibilmente la presenza di tre
elementi tra loro connessi: un candidato alla carica di sindaco; una lista o (nei
comuni con oltre 15.000 abitanti) pi liste a lui collegate, per concorrere al consiglio
comunale; un programma amministrativo condiviso tanto dal candidato sindaco
quanto dalle liste di candidati consiglieri.
Nessun cittadino pu candidarsi come
sindaco, se non in collegamento con uno schieramento politico che ambisca alla
maggioranza in consiglio comunale; nessun partito o movimento politico pu
concorrere alle elezioni, se non in grado di indicare un candidato alla carica di
primo cittadino. Il programma il pegno, il legame sostanziale tra tutti i candidati:
prezioso nel rapporto tra il sindaco e la sua lista, addirittura essenziale quando al
candidato non collegata una sola lista (magari una lista di coalizione), ma una
coalizione di liste: pi liste, evidentemente portatrici di culture e valori diversi, ma
unite dinanzi agli elettori da un programma amministrativo comune.

77.

Il legame intrinseco tra gli elementi fondativi della


forma di governo locale sindaco e consiglio, stretti da un patto programmatico si
riverbera dallatto di nascita a quello di morte dellamministrazione locale:
il
23

principio simul stabunt aut simul cadent comporta che il voto di sfiducia del consiglio
verso il sindaco avr comunque leffetto di provocare nuove elezioni generali, per
ambedue gli organi (sfiducia distruttiva!) e che le dimissioni del sindaco, (o
comunque la cessazione del suo mandato per altra causa) trascinano con s anche il
consiglio verso lapprodo elettorale.
Quando viene meno, per un qualsivoglia
ragione, uno dei termini del binomio istituzionale del Comune, la parola non pu
che tornare al corpo elettorale.
78.

Nei Comuni fino a 15.000 abitanti gli elettori sono


chiamati ad un comportamento semplice e lineare: scegliere il candidato alla carica
di sindaco, e con lui lunica lista collegata, potendo esprimere un voto di preferenza
allinterno della lista medesima.
Nei Comuni maggiori, sono invece possibili ben
quattro comportamenti elettorali diversi. Lelettore infatti:
pu scegliere un candidato alla carica di sindaco ed una lista a lui collegata
pu disgiungere il voto, scegliendo un sindaco ed una lista collegata ad altro
candidato
pu limitarsi a scegliere una lista (ma il voto sar automaticamente esteso al
candidato sindaco collegato: gli effetti sono dunque identici alla prima opzione)
pu al contrario scegliere solo un candidato sindaco, e in tal caso il voto non si
estende alle liste collegate, ma vale solo per lelezione del primo cittadino.
Ogni elettore potr inoltre, nellambito della lista prescelta (ovviamente, nelle prime
tre opzioni), esprimere un solo voto di preferenza.
Assai pi semplice il secondo
turno di votazioni, quando allelettore sar consentito solo di scegliere tra i due
candidati giunti al ballottaggio, senza poter esprimere altre opzioni sulle liste o sui
consiglieri.

79. Il sistema pu apparire bizzarro, e persino contraddittorio rispetto allintento di


valorizzare la responsabilit di programma di candidati, partiti ed elettori. La ratio
della norma che consente il c.d. splitting, cio il voto disgiunto tra sindaco e lista,
pu essere per colta nellintento di incentivare liste e partiti ad una appropriata
selezione delle candidature per la massima carica di governo: un candidato poco
credibile pu essere insufficiente anche per una coalizione forte.
Del resto
lesperienza ha dimostrato che mentre sono rari (ma non insignificanti) i
comportamenti elettorali strabici (una lista ed un candidato sindaco di altro
schieramento) sono invece sono frequentissimi spesso oltre il 20% dei voti
espressi i voti limitati al solo candidato sindaco: questa opzione non sembra il
frutto di una deriva superficialmente personalistica, ma piuttosto il segno di una
evoluzione coalizionale dei comportamenti elettorali (che del resto dal 1994 - si
registrata anche nei, pur diversissimi, sistemi elettorali per la Camera dei Deputati e il
Senato della Repubblica).
80. Fin qui, i comportamenti elettorali dei cittadini. La traduzione di questi comportamenti
nel risultato elettorale segue regole piuttosto complesse:
nei Comuni fino a 15.000 abitanti eletto sindaco il candidato che ottiene il
maggior numero di voti; si torner a votare in un secondo turno di ballottaggio
solo se due o pi candidati avranno ottenuto esattamente lo stesso numero di voti
per la composizione del Consiglio, la lista collegata al sindaco ottiene i due terzi
dei seggi disponibili; la parte restante distribuita proporzionalmente tra le altre
liste

24

nei Comuni maggiori, eletto


sindaco il candidato che ha ottenuto la
maggioranza assoluta dei voti validi; qualora nessun candidato abbia superato
tale soglia al primo turno, si svolger un turno di ballottaggio dopo due settimane,
tra i due candidati che hanno conseguito il miglior risultato
la ripartizione dei seggi in consiglio comunale segue un criterio proporzionale sulla
base dei risultati del primo turno di votazioni, corretto da un premio di
maggioranza eventuale
entro una settimana dal primo turno, si possono stabilire nuovi collegamenti tra i
candidati ammessi al ballottaggio e singole liste collegate a candidati ormai
sconfitti: i collegamenti sono ovviamente possibili solo con il reciproco consenso,
ed hanno effetto sulla complessiva ripartizione dei seggi nel consiglio comunale
qualora il sindaco sia stato eletto al primo turno, alla lista (o alla coalizione di liste)
collegata assegnato il 60% dei seggi, a condizione che la lista (o la coalizione)
non abbia gi conseguito altrettanti seggi con il computo proporzionale, che la lista
(o la coalizione) abbia comunque superato il 40% dei voti validi, e che nessunaltra
lista (o coalizione) abbia superato il 50% dei voti validi
qualora il sindaco sia stato eletto al secondo turno, alla lista (o alla coalizione)
collegata assegnato il 60% dei seggi, a condizione che nessunaltra lista (o
coalizione) abbia superato al primo turno il 50% dei voti validi
lelezione dei consiglieri avviene secondo lordine delle preferenze ricevute; i
candidati alla carica di sindaco sconfitti nel confronto diretto sono eletti consiglieri
comunali attribuendo loro tanti voti di preferenza quanti sono i voti della lista o
delle liste a loro collegate
la formula proporzionale (metodo dHondt) seguita per il computo di base dei
seggi spettanti a ciascuna lista o coalizione, e per lattribuzione dei seggi tanto
allinterno della coalizione vincente (tra le diverse liste collegate) quanto per la
distribuzione dei seggi residui tra le liste o le coalizioni sconfitte
91. Lassoluta peculiarit (tradizionale) del sistema elettorale per le Province invece la
suddivisione del territorio in collegi uninominali: il sistema elettorale analogo a
quello comunale, ma lindividuazione degli eletti avviene ordinando i candidati del
medesimo gruppo (partito) secondo i migliori risultati ottenuti nei rispettivi collegi.
Si deve inoltre sottolineare che, a differenza delle elezioni comunali, nelle elezioni
provinciali non ammesso lo splitting, cio il voto per un candidato presidente non
collegato al candidato consigliere per cui si espresso il voto.
92. I rapporti tra il sindaco-vertice del governo locale e il consiglio-assemblea
rappresentativa risentono, ovviamente, della simmetrica legittimazione elettorale
diretta. Il sindaco presenta al consiglio le linee programmatiche relative alle azioni
e ai progetti da realizzare nel corso del mandato (art.46), e il consiglio diviene cos il
custode e dominus del programma, che potr essere integrato o corretto nel corso
del mandato, e costituir il parametro per lesercizio delle funzioni, anche non
tipizzate, di indirizzo e controllo.
Tuttavia il sindaco non ha pi bisogno, per
governare, di una esplicitazione del rapporto di fiducia con il Consiglio: la fiducia
glielha gi accordata il corpo elettorale.
Il consiglio pu per votare la sfiducia al
sindaco (c.d. sfiducia distruttiva: art.52) con una mozione motivata sottoscritta da
almeno i 2/5 dei consiglieri, e sottoposta al voto non prima di 10 e non oltre 30 giorni
dalla presentazione; lapprovazione della mozione a maggioranza assoluta comporta
la cessazione del sindaco dalla carica e il contestuale scioglimento del consiglio e
della giunta; lamministrazione sar guidata da un commissario fino a nuove elezioni
in caso di approvazione della mozione di sfiducia e di dimissioni volontarie del
sindaco.
Gli organi collegiali restano invece in carica fino alle elezioni, con
25

lamministrazione guidata dal vice sindaco, nei casi di morte, impedimento


permanente, decadenza o rimozione del sindaco. In ogni caso le elezioni si svolgono
nel primo turno utile (regola del c.d. election day, stabilita dalla legge n.120/1999).

IL SINDACO.
93. Il ruolo centrale del Sindaco nellordinamento locale non certo una novit. Il primo
cittadino, divenuto organo elettivo agli albori dellesperienza comunale, sempre
stato il punto di sintesi e di visibilit dellAmministrazione locale, il perno di un
complesso sistema di relazioni inter-organiche e inter-istituzionali, e, spesso, il
leader della comunit locale, con un grado di popolarit (e di connessa
responsabilit politica) difficilmente riscontrabile in altre posizioni istituzionali. La
storia del nostro paese segnata dalle figure di grandi sindaci.
Qualsiasi elenco
farebbe torto a moltissime personalit di eccezionale rilievo: accontentiamoci, a mo
di esempio, di ricordare Ernesto Nathan, sindaco di Roma agli inizi del XX secolo, o,
nel secondo dopoguerra, La Pira a Firenze, Dozza a Bologna, Aniasi a Milano. E
spesso i sindaci dei piccoli centri, se ovviamente meno noti sul piano nazionale,
hanno avuto la capacit e la responsabilit di guidare la comunit locale con una
forza, un prestigio e una longevit istituzionale ancora maggiori.
94. Non c dubbio tuttavia che la riforma elettorale del 1993, esplicitando la legittimazione
popolare diretta del sindaco, ne ha rafforzato enormemente il ruolo istituzionale e,
ancor pi, il legame fiduciario e identitario con i cittadini. Dal punto di vista delle
dinamiche politiche, il sindaco nel precedente ordinamento, sintesi degli equilibri
della maggioranza consiliare diventa il trascinatore del risultato elettorale, in
qualche misura artefice (e dunque legittimamente capo) della maggioranza.
Laccresciuta visibilit politico-istituzionale grava il sindaco di enormi responsabilit.
Se apparentemente la riforma del 1993 non ne muta le principali attribuzioni rispetto
al precedente ordinamento, lelezione diretta provoca un sisma destinato a
sconvolgere tutti gli equilibri, nei rapporti con gli organi, con gli apparati professionali,
con le altre amministrazioni che operano nel territorio locale.
95. Larticolo 50 del Testo unico riassume con efficacia la centralit del sindaco,
descrivendone il ruolo istituzionale come colui che:
responsabile dellamministrazione del comune
rappresenta lente
convoca e presiede la giunta (e, in alcuni limitati casi, anche il consiglio)
sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e allesecuzione degli atti
esercita le funzioni attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti
sovrintende allespletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate
esercita le funzioni attribuitegli quale autorit locale nelle materie previste da
specifiche disposizioni di legge.
96. A queste funzioni, come vedremo oltre, si aggiungono quelle esercitate dal sindaco
quale ufficiale del governo (art.54 TUEL). Una posizione che certamente affonda le
radici nella fase pi remota dellesperienza comunale, quando lente locale era
concepito come articolazione decentrata dellamministrazione statale, ente
autarchico piuttosto che autonomo, ma che ha trovato nuove ragioni (e nuove
caratteristiche) nellordinamento repubblicano, e si trova oggi a fare i conti dopo
26

lentrata in vigore della legge costituzionale n.3/2001 - con uno quadro costituzionale
radicalmente mutato.
97. In sindaco ci appare dunque come la sintesi di quattro distinte figure istituzionali: il
capo dellamministrazione comunale (dei suoi apparati, delle sue funzioni), il
rappresentante dello Stato nel territorio comunale, lautorit locale, che riconduce a
sintesi unitaria la molteplicit delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche che
operano nel territorio, il leader dellente esponenziale della comunit locale (in
qualche misura il portavoce delle esigenze e delle aspettative della comunit).
98. Fino alla riforma, il tratto caratterizzante della posizione istituzionale del sindaco stata
la doppia presidenza: presidente del consiglio comunale e presidente della giunta,
cos come recitava lart.151 del Testo unico del 1915. Questa duplicit di ruoli
garantiva e sottolineava la struttura monistica della forma di governo locale.
Evidentemente la stessa duplicit non poteva essere facilmente trasposta nella
nuova forma di governo, delineata dalla elezione diretta del sindaco e dalla
contestuale elezione del consiglio con la curvatura maggioritaria gi altrove
descritta.
La centralit del sindaco deve infatti fare i conti con un sistema di
leadership condivisa, in cui i due principali organi del governo locale il sindaco
medesimo e il consiglio comunale sono vigorosamente equiordinati, e tuttavia non
separati, anzi legati da meccanismi di partenariato, tanto nel momento della
legittimazione elettorale, quanto nelle successive fasi del governo locale (e della
stessa eventuale conclusione traumatica del mandato amministrativo).
99. E dunque indispensabile evidenziare anzitutto la nuova posizione del sindaco nel e
con il consiglio comunale:
la regola generale prevede che il consiglio sia guidato da un presidente eletto nel
suo seno, con il solo compito di guidare e rappresentare lassemblea; tuttavia nei
comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti il sindaco potr conservare la
presidenza del consiglio se lo statuto non avr disposto altrimenti (art.39 TUEL)
il sindaco peraltro a tutti gli effetti un componente del consiglio (lart.37 TUEL
cos recita: Il consiglio comunale composto dal sindaco e da n membri ); in
quanto componente del consiglio, come ha chiarito la Corte costituzionale con la
sentenza n.44/1997, esercita liniziativa su tutti gli atti di competenza del consiglio,
partecipa alle sedute con la pienezza dei diritti di parola e di voto, computato ai
fini delle maggioranze e della determinazione dei quorum di presenze, salvo i casi
espressamente stabiliti dalla legge
rappresentano dunque uneccezione alla regola generale, che assimila la
posizione del sindaco in consiglio a quella di qualsiasi altro consigliere, le
disposizioni che prescrivono di non computare il sindaco nel numero dei consiglieri
necessario (almeno un terzo dei componenti) per la validit delle sedute (art. 38),
per la presentazione della mozione di sfiducia (almeno due quinti dei componenti,
art.52), per lo scioglimento del consiglio comunale conseguente alle dimissioni
contestuali o contemporanee della met pi uno dei componenti (art.141)
altre eccezioni possono essere dedotte dalla logica intrinseca dellordinamento
locale: cos appare incongruo che il sindaco presenti interrogazioni (a se
medesimo o agli assessori suoi collaboratori!) o sottoscriva mozioni (se intese in
senso proprio, come atti di indirizzo rivolti al sindaco e alla giunta) (cfr. art.43)
100. La centralit del sindaco appare oggi anzitutto nella rete di relazioni istituzionali e
organizzative che a lui fanno capo. In questo senso vero che lelezione diretta ha
27

disegnato in modo del tutto nuovo gli equilibri dellAmministrazione locale:


la
legittimazione popolare consente al sindaco di costruire una squadra che, tramite
lui, esplicitamente orientata dallindirizzo politico del corpo elettorale.
La
distinzione di compiti e funzioni tra gli organi di governo e gli apparati professionali
trova qui la sintesi e lo snodo: il sindaco il culmine della parabola, il punto dove la
fase ascendente dellindirizzo si completa e si proietta verso linsieme degli uffici e
dei servizi dellAmministrazione, verso i bisogni e le attese della comunit locale. In
questo senso, quando la legge definisce il sindaco come lorgano che sovrintende al
funzionamento de servizi degli uffici e allesecuzione degli atti (art.50.2 TUEL),
coglie una nozione della sovrintendenza ben diversa da quella richiamata a
proposito del segretario (art.97.4) o del direttore generale (art.108):
la
sovrintendenza del sindaco si colloca nel contesto della funzione di indirizzo propria
dellorgano di governo; quella del segretario o del direttore comporta piuttosto una
sovraordinazione gerarchica ai dirigenti, e, tramite loro, allinsieme dei funzionari
dellamministrazione locale. E tuttavia lapparente confusione terminologica non
priva di significato: proprio nel binomio sindaco-segretario (o sindaco-direttore) che
si conchiude la fase ascendente e si avvia quella discendente della funzione di
indirizzo.
101. Lazione di governo del sindaco - il suo potere si concretizza allora anzitutto nel
controllo di un complesso sistema di relazioni inter-personali, in cui chiamato a
scegliere, nominare, conferire incarichi. In questo modo lindirizzo del sindaco si
irradia in ogni ambito dellamministrazione e si rende concretamente percepibile la
sua responsabilit di programma e di risultato nei confronti della comunit locale.
nella formazione della squadra del sindaco, c al primo posto, ovviamente, la
nomina dei componenti della giunta: gli assessori e, tra questi, il vice sindaco; il
principio di incompatibilit tra le cariche di consigliere e di componente della giunta
si applica solo nei comuni oltre i 15.000 abitanti (art.64) e tuttavia anche nei
comuni minori lo statuto pu prevedere la nomina ad assessore di cittadini non
facenti parte del consiglio (art.47.4)
nella nomina degli assessori e del vice sindaco, fermi in requisiti soggettivi e i casi
di incompatibilit (artt.47 e 64), il sindaco opera in assoluta libert, senza lobbligo
di motivare in alcun modo la scelta, legata essenzialmente ad un rapporto
fiduciario politico e personale; il sindaco tenuto semplicemente a darne
comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva (art.46.2)
il provvedimento di revoca comporta invece una comunicazione motivata
(art.46.4), e tuttavia la motivazione funzionale esclusivamente al controllo
politico che il consiglio potr/dovr esercitare sulloperato del sindaco; in alcun
modo la motivazione pu essere assimilata a quella propria del provvedimento
amministrativo, funzionale (anche) al controllo giurisdizionale
102. La giunta, nella configurazione conseguente alla riforma elettorale del 1993, vive
dunque di luce riflessa del sindaco, non avendo altra legittimazione, n popolare n
consiliare. La giunta:
collabora con il sindaco nel governo del comune (art.48.1) ed opera attraverso
deliberazioni collegiali
gode di autonomia organizzativa:
talora gli statuti prevedono un apposito
regolamento interno, approvato dalla medesima giunta (che rischia peraltro di
irrigidire i lavori di un organo caratterizzato opportunamente dalla grande
flessibilit); la giunta pu disporre di un proprio ufficio di collaborazione (cfr. il
successivo n.15)
28

nella determinazione dellindirizzo, opera in posizione certamente subalterna ed


ausiliaria:
il sindaco deve infatti semplicemente sentire la giunta prima di
presentare al consiglio le linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da
realizzare nel corso del mandato (art.46.3)
la collegialit rappresenta il valore aggiunto della giunta, che consente il
confronto tra diversi punti di vista (tecnici e politici) e la formazione della decisione
attraverso un processo esplicito, assistito e verbalizzato dal segretario
tuttavia la collegialit non esclude che il sindaco possa organizzare il lavoro tra
gli assessori, affidando loro funzioni di indirizzo e controllo per materie, per
programmi o per progetti, anche (ma non necessariamente) in relazione a parti
individuate dellapparato professionale del comune (dipartimenti, aree, uffici, ecc.);
il provvedimento del sindaco non pu essere definito come delega in senso
proprio, perch non spoglia il delegante, neppure precariamente, delle sue
attribuzioni; tuttavia la c.d. delega vale a legittimare gli atti conseguenti
dellassessore e ad escludere o limitare, per questi, la responsabilit del sindaco
alcune disposizioni di legge sembrano tuttavia attribuire, nel caso specifico, un
maggior peso alla delega del sindaco (cfr., ad esempio, lart.2 della legge 7
marzo 1986, n.65, a proposito dell assessore delegato per la polizia locale)
ben altro rilievo ha la nomina del vice sindaco, che consente a questultimo di
compiere tutti gli atti e svolgere tutte le funzioni del sindaco quando lo sostituisca
nei casi previsti dalla legge.
103. Completata la costituzione della giunta comunale, la formazione della squadra del
sindaco fa il passo successivo con la nomina dei vertici dellapparato professionale:
il segretario, scelto tra gli iscritti ad un apposito albo (artt.98-99); la disciplina dei
procedimenti di nomina e di eventuale revoca (che, decorsi 120 giorni
dallinsediamento del sindaco, potr avvenire solo per violazione dei doveri
dufficio) chiarisce senza alcun dubbio che la scelta ha natura eminentemente
fiduciaria

altrettanto pu dirsi per leventuale nomina del direttore generale (art.108): la


deliberazione della giunta comunale indispensabile ai fini di stabilire il rapporto di
lavoro dipendente (il direttore sempre scelto al di fuori della dotazione organica
e con contratto a tempo determinato), ma la nomina resta un atto formalmente e
sostanzialmente sindacale
la natura di rapporto fiduciario con queste due figure di vertice confermata dalle
disposizioni (artt.99.2 e 108.2) che collegano la durata dellincarico al mandato del
sindaco.

104. Lattivit organizzativa del sindaco prosegue con il conferimento degli incarichi
dirigenziali. Lart.50.10 TUEL dispone infatti che spetta al sindaco
nominare i
responsabili degli uffici e dei servizi, attribuire e definire gli incarichi dirigenziali e
quelli di collaborazione esterna, secondo le modalit e i criteri stabiliti dalla legge (in
particolare dagli artt.109 e 110), dallo statuto e dal regolamento (e, aggiungiamo, dai
contratti collettivi per larea della dirigenza, nazionali e integrativi):
il provvedimento di conferimento dellincarico, diretto senza alcun automatismo
alla individuazione della persona giusta per il posto giusto, non tuttavia
espressione di una scelta del tutto libera, guidata solo dal vincolo fiduciario (cfr.
Consiglio di Stato, sez. IV, n.875/1996)
non per neppure la conclusione necessitata di un procedimento di valutazione
comparativa tra i potenziali candidati a ricoprire la specifica posizione:
la
29

motivazione del provvedimento vale piuttosto ad evidenziare i criteri razionali della


scelta, sindacabili in sede giurisdizionale (Consiglio di Stato, sez. IV, n.260/1999)
il sindaco, nelloperare la scelta, tenuto pertanto a rispettare i criteri stabiliti dalla
legge, dai contratti, e dagli atti normativi interni dellamministrazione
in organizzazioni complesse, in presenza di una pluralit di dirigenti, legittimo il
provvedimento del sindaco che si limiti ad assegnare il dirigente ad un
dipartimento (area, settore, ecc.), lasciando al dirigente apicale del medesimo
dipartimento (il cui incarico sar stato conferito comunque dal sindaco) il compito
di assegnare al dirigente specifici compiti e funzioni: si pu in tal modo offrire una
interpretazione sistemica e coerente alle disposizioni degli artt. 50.10 (attribuzione
degli incarichi da parte del sindaco) e 107.1 (autonomi poteri di organizzazione
spettanti ai dirigenti).
105. In modo diverso concorre a delineare la squadra del sindaco anche il procedimento
di nomina o designazione dei rappresentanti del comune presso enti, aziende o
istituzioni (art.50.8). Trattandosi di atti formalmente e sostanzialmente sindacali (sia
pur sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio), i provvedimenti di nomina o di
designazione delineano un rapporto fiduciario del sindaco con i rappresentanti del
comune, tanto pi importante quando riguardino ruoli di amministrazione nelle
aziende e nelle istituzioni del sistema comune. Le (differenziate) caratteristiche di
tali organismi valgono peraltro a garantire ai loro amministratori uno statuto di
autonomia ben diverso rispetto alla posizione sia degli assessori che dei dirigenti
dellamministrazione comunale. Gli indirizzi di competenza del consiglio comunale
(art. 42.2., lett. m) sono un presupposto indefettibile del provvedimento sindacale;
tuttavia pacifico che la deliberazione di indirizzo possa limitarsi a definire criteri
procedurali per le nomine e le designazioni, non potendo in alcun caso comprimere
indebitamente lautonoma responsabilit (e dunque la libert di scelta) del sindaco.
Per la nomina degli amministratori o dei sindaci delle societ di capitali sempre pi
importanti in relazione al processo di trasformazione dei servizi pubblici locali
occorre distinguere il caso in cui latto costitutivo conferisca esplicitamente la facolt
di nomina al comune (art.2458 cc.) il procedimento di nomina seguir le regole gi
richiamate degli artt.42 e 50 TUEL e il caso diverso, in cui la nomina avvenga in
assemblea, nel libero confronto tra i soci (art.2383 cc.): in tale circostanza, il ruolo
del sindaco appare persino rafforzato, spettando a lui rappresentare il comune in
seno allassemblea, dove si former la volont sociale.
106. Per completare il quadro, occorre richiamare la peculiare realt degli uffici posti alle
dirette dipendenze del sindaco, della giunta o degli assessori (art. 90). Sono uffici
costituiti da dipendenti dellente e da collaboratori assunti con contratto a tempo
determinato, ma per la peculiare finalit che li caratterizza - coadiuvare gli organi di
governo per lesercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla
legge pacifico che tanto gli uni quanto gli altri siano individuati con criteri
squisitamente fiduciari.

IL SINDACO, UFFICIALE DEL GOVERNO E AUTORITA LOCALE.


108. Come si gi notato, il sindaco affianca alla sua responsabilit quale capo
dellAmministrazione locale quella propria di rappresentante dello Stato del territorio
comunale. Lart.54 TUEL lo definisce ufficiale del governo, in tale veste chiamato a
sovrintendere a delicate funzioni e ad adottare particolari atti.
Superate le fasi pi
30

remote dellesperienza comunale, tale qualifica appare senzaltro accessoria a quella


principale, che lega il sindaco anzitutto allente locale titolare di unautonomia
costituzionalmente garantita (come recitava lart.128 della Costituzione del 1948,
sviluppando coerentemente i principi degli artt.5 e 114). La revisione del Titolo V
disposta con la legge costituzionale n.3/2001 apre per nuovi interrogativi, che
debbono ancora trovare una risposta pienamente soddisfacente.
Il combinato
disposto dei nuovi artt.114 e 118 rende infatti evanescente il confine che distingue le
attribuzioni del sindaco-responsabile del comune e del sindaco-rappresentante dello
Stato: la stessa previsione di funzioni amministrative conferite al comune con legge
dello Stato, che si aggiungono alle funzioni proprie dellente locale, lascia ad
intendere che anche le funzioni amministrative statali saranno, nel caso, esercitate
dal comune (e dunque dal sindaco come capo del comune).
109. Le funzioni di competenza statale sono racchiuse in quattro sottoinsiemi:
la tenuta dei registi dello stato civile e di popolazione e gli adempimenti demandati
dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica
lemanazione degli atti attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in materia di ordine e
sicurezza pubblica
lo svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, delle
funzioni affidate dalla legge
la vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e lordine pubblico,
informandone il prefetto.
Tali funzioni:
sono esercitate da chi sostituisce il Sindaco (vice sindaco, commissario ex art.141
TUEL)
possono essere delegate, previa comunicazione al prefetto, al presidente della
circoscrizione ovvero, laddove non vi siano organi di decentramento, a un
consigliere comunale per determinati quartieri o frazioni
sono presidiate dal prefetto, che pu esercitare controlli ed ispezioni per
accertare il regolare funzionamento ed acquisire dati e notizie
consentono allo stesso prefetto di esercitare poteri sostitutivi, nominando un
commissario, con oneri a carico del comune.
110. Al cuore delle funzioni dellufficiale del Governo vi la facolt di adottare
provvedimenti contingibili e urgenti per prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano lincolumit dei cittadini (art.54.2). Il sindaco pu chiedere al prefetto
lassistenza della forza pubblica; ove il sindaco non provveda, il perfetto a
provvedere con propria ordinanza; il sindaco pu provvedere dufficio allesecuzione
di opere o comportamenti imposti a terzi che non vi ottemperino, ponendo le spese
degli interessati (c.d. ordinanza in danno). Giova sottolineare che:
la disposizione legislativa non richiama pi le materie che, nel vecchio Testo unico,
legittimavano ladozione dei provvedimenti contingibili ed urgenti (sanit ed
igiene, edilizia e polizia locale)
le ordinanze contingibili e urgenti in caso di emergenze sanitarie o di igiene
pubblica sono infatti adottate dal sindaco quale rappresentante della comunit
locale (art.50.5 TUEL) spettando negli altri casi provvedere allo Stato o alle
regioni a seconda della dimensione territoriale dellemergenza.
111. Lordinanza (provvedimento) contingibile e urgente:

31

un atto amministrativo con il quale il sindaco fa sorgere nei confronti di un


soggetto (o di una pluralit di soggetti) un obbligo di comportamento a contenuto
positivo (fare) o negativo (non fare), la cui inosservanza determina lapplicazione
di una sanzione a carico dellinadempiente
notificata con le modalit previste dal cpc, ovvero resa pubblica mediante
affissione allalbo pretorio (e in ogni altro modo idoneo) quando riguardano la
generalit dei cittadini o un numero vasto o indeterminato di persone
motivata, cio deve essere corredata da una motivazione ampia ed esaustiva,
tale da giustificare lesercizio di un potere extra ordinem (cfr. Cass.pen. III,
n.1907/1999)
incontra il limite insuperabile nel rispetto dei principi generali dellordinamento,
riconoscibili in quegli orientamenti e quelle direttive di carattere generale e
fondamentale che concorrono a formare, in un dato momento storico, il tessuto
dellordinamento giuridico vigente (Corte costituzionale, n.6/1956)
deve essere contingibile, cio occasionale, congiunturale, legata ad un particolare
evento o situazione imprevedibile: non rinviabile, per la concreta situazione di
pericolo che non sarebbe altrimenti fronteggiabile (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV,
n.467/1994); tuttavia la nozione di immediatezza non deve essere riferita al
pericolo in s, ma piuttosto alla conoscenza da parte del sindaco, e dunque alla
necessit di provvedere con mezzi eccezionali (Consiglio di Stato, sez. V, nn.
125/1998, e 443/1993)
deve essere teleologicamente tesa a prevenire o eliminare gravi pericoli per
lincolumit dei cittadini, non ad altri fini, pur meritevoli di apprezzamento, e deve
essere rigorosamente limitata alla finalit del momento, in un arco temporale
temporaneo ed eccezionale (Consiglio di Stato, sez. V, n.1164/1968)
deve essere preceduta, se possibile, da accertamenti tecnici, precisi e
inequivocabili, sulle caratteristiche del pericolo e ladeguatezza delle misure
stabilite per prevenirlo o eliminarlo (cfr. TAR Calabria, n.646/1994)
un provvedimento amministrativo, impugnabile dinanzi al giudice amministrativo,
anche quando sia derogatorio di leggi; contro tale provvedimento ammesso il
ricorso gerarchico (!) al prefetto.
112. Come si visto, nella rapida elencazione delle principali attribuzioni del sindaco nei
servizi di competenza statale, lart.54 TUEL richiama per ben tre volte le esigenze
della sicurezza e dellordine pubblico (primo comma, lettere b, c e d). La legge 1
aprile 1981, n.121, giunge a definire il sindaco autorit locale di pubblica sicurezza,
limitatamente ai comuni dove non sia istituito il commissariato della Polizia di Stato.
Altre leggi, peraltro, hanno modulato in modo pi spiccatamene operativo le funzioni
appena adombrate nellart.54 TUEL, accentuandone progressivamente limportanza
in un sistema integrato di sicurezza ed evidenziando il nesso inscindibile tra le
funzioni che il sindaco esercita quale ufficiale del governo e quelle che gli sono
proprie come responsabile dellamministrazione comunale, in specie della
sovrintendenza sui servizi di polizia locale (legge 7 marzo 1986, n.65, legge 12
luglio 1991, n.203, di conversione con modifiche del decreto legge 13.5.1991,
n.152, legge 26 marzo 2001, n.128).
113. Si gi fatto cenno alle ordinanze contingibili e urgenti che il sindaco adotta in caso
di emergenze sanitarie o di igiene pubblica quale rappresentante della comunit
locale. Del resto, in via generale, la disposizione dellart.50.4 fa cenno alle altre
funzioni attribuitegli quale autorit locale nelle materie previste da specifiche
disposizioni di legge. Siamo evidentemente dinanzi ad un tertium genus tra le
funzioni che il sindaco esercita come capo dellAmministrazione comunale e quelle
32

che gli sono attribuite quale ufficiale del Governo.


Sono i casi in cui emerge con
nettezza il profilo del sindaco come leader della comunit amministrata, chiamato ad
esercitare competenze diverse anche in relazione ad apparati amministrativi distinti
dalla macchina comunale.
114. Accanto alle disposizioni gi richiamate (art.50, quarto e quinto comma), si trovano
indizi di tale profilo nelle disposizioni in materia di coordinamento degli orari degli
esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici e degli uffici pubblici
aperti al pubblico. Alla norma generale (art.50.7), che attribuisce tale funzione al
sindaco sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nellambito di
criteri eventualmente indicati dalla regione, si aggiunge la previsione di
provvedimenti contingibili e urgenti, in casi di emergenza connessi con il traffico e/o
inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze
straordinarie si verifichino particolari necessit dellutenza (art.54.3: sembra davvero
inappropriata la collocazione di tale disposizione nellarticolo relativo ai servizi di
competenza statale); in tali circostanze il sindaco potr modificare gli orari degli
esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonch, dintesa con i
responsabili delle PA interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici localizzati
nel territorio.
115. In molte altre disposizioni legislative si possono rintracciare funzioni esercitate dal
sindaco quale autorit locale. A mo di esempio ricordiamo:
il d.lgs. 22/1997, laddove si prevede che, qualora si verifichino situazioni di
eccezionale e urgente necessit di tutela della salute pubblica e dellambiente, il
sindaco possa adottare ordinanze contingibili e urgenti per consentire il ricorso
temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti; le ordinanze, adottate su
parere degli organi tecnico-sanitari locali, devono esser comunicate entro 3 giorni
ai ministeri dellambiente e della sanit, non possono avere efficacia superiore a 3
mesi, e non sono reiterabili pi di due volte
il dPR n.470/1982, relativo ai provvedimenti di divieto di balneazione
i provvedimenti previsti dal codice della strada (art.7, d.lgs. 285/1992): chiusura al
traffico per motivi di incolumit pubblica o per urgenti motivi attinenti alla tutela del
patrimonio stradale, anche sotto il profilo tecnico; divieto temporaneo di sosta su
strade o tratti di strada
le decisioni (ordinanze) circa i trattamenti sanitari obbligatori (c.d. TSO) per
malattia mentale, su proposta del medico di base (art.35, legge n.833/1979); tali
ordinanze debbono essere notificate entro 48 ore allautorit giudiziaria.
116. Il ruolo del sindaco come rappresentante di una domanda sociale, portatore delle
attese e delle esigenze della sua comunit, emergono con nettezza dalla lettura delle
norme di legge che stabiliscono la posizione del sindaco nellambito del servizio
sanitario. Il d.lgs. 30.12.1992, n.502, pi volte modificato e integrato, prevede
infatti:
la presenza del sindaco nella conferenza permanente per la programmazione
sanitaria e socio-sanitaria regionale (art.2, comma 2 bis); quando lambito della
ASL non coincide con il territorio comunale, ne fa parte il presidente della
conferenza dei sindaci, ovvero il sindaco o i presidenti di circoscrizione .nei casi in
cui lambito territoriale dellunit sanitaria locale sia rispettivamente superiore o
inferiore al territorio del Comune
che il sindaco provveda alla definizione, nellambito della programmazione
regionale, delle linee di indirizzo per limpostazione programmatica dellattivit
33

(della ASL); esamini il bilancio pluriennale di previsione ed il bilancio di esercizio e


rimetta alla regione le relative osservazioni; verifichi landamento generale
dellattivit e contribuisca alla definizione dei piani programmatici trasmettendo le
proprie valutazioni e proposte al direttore generale ed alla regione (art.3.14)
che trascorsi 18 mesi dalla nomina di ciascun direttore generale, la regione
verifichi i risultati aziendale conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi sentito il
parere del sindaco o della conferenza dei sindaci (art.3 bis, comma 6)
che il comitato dei sindaci del distretto concorra alla verifica del raggiungimento
dei risultati di salute definiti dal programma delle attivit territoriali (art.3 quater,
comma 4).
Da queste disposizioni emerge un quadro coerente, che delinea per il sindaco un
ruolo fondamentale: a) come il portatore della domanda di servizi e di prestazioni;
b) per questo, come il titolare di una peculiare funzione di indirizzo (come definire,
altrimenti, i compiti attribuiti al sindaco dal citato art.3.14?), che si rivolge per a
pubbliche amministrazioni diverse dallamministrazione comunale; c) infine, come la
sola autorit che possa integrare i servizi resi dalle altre p.a. (le asl, le aziende
ospedaliere) con i servizi di competenza dellamministrazione comunale in una
coerente ed efficace politica di tutela della salute (cfr. in particolare, insieme al citato
art.2.2bis, lart.3 septies, a proposito dellintegrazione socio-sanitaria).
117. Considerazioni analoghe possono svolgersi per la posizione che il sindaco assume
nelle politiche per la sicurezza e lordine pubblico.
Non ci si riferisce,
evidentemente, n alle responsabilit che gravano in capo al sindaco in quanto
ufficiale del governo n alle sue attribuzioni per i servizi di polizia locale, riconducibili
a pieno titolo alla sua veste primaria, di capo dellamministrazione locale.
E
proprio lordinamento della pubblica sicurezza (legge 1 aprile 1981, n.121) a
suggerire un altro punto di vista, non coincidente con gli altri due, quando sottolinea
che le autorit provinciali di pubblica sicurezza sollecitano la collaborazione delle
amministrazioni locali e mantengono rapporti con i sindaci dei comuni (art.15.4).
Pi recente, il decreto legislativo n.279/1999, integrando lart.20 della legge
121/1981, ha formalizzato il coinvolgimento degli amministratori locali nel Comitato
provinciale per lordine e la sicurezza pubblica, gi sperimentata positivamente in
molti grandi centri urbani. Il sindaco del comune capoluogo e il presidente della
provincia fanno parte ormai a pieno titolo del Comitato presieduto dal prefetto. Anzi,
la convocazione (del Comitato) in ogni caso disposta quando lo richiede il sindaco
del comune capoluogo di provincia per la trattazione di questioni attinenti alla
sicurezza della comunit locale o per la prevenzione di tensioni o conflitti sociali che
possano comportare turbamenti dellordine o della sicurezza pubblica in ambito
comunale, e il prefetto tenuto ad integrare lordine del giorno del comitato
inserendo le questioni richieste dal sindaco.
118. Come abbiamo sottolineato a proposito del servizio sanitario, anche in questo caso il
coinvolgimento del sindaco (del comune capoluogo, con la presenza indefettibile nel
Comitato provinciale; di tutti gli altri comuni, per la disposizione di carattere generale
posta allart.15 della legge 121) ha tre diverse motivazioni. E infatti il sindaco che
pu:
promuovere lintegrazione tra le funzioni di competenza delle autorit di pubblica
sicurezza (prefetto, questore) e delle forze di polizia dello Stato e quelle proprie e
tipiche del comune, volte anzitutto a favorire lintegrazione sociale e a prevenire
situazioni di degrado sociale e ambientale
34

assicurare la reciproca collaborazione tra le forze di polizia dello Stato e la polizia


municipale
soprattutto, farsi promotore si potrebbe dire: portavoce delle esigenze e delle
attese di sicurezza della comunit locale nei confronti delle autorit e degli
apparati tecnici dello Stato che ne hanno la competenza primaria.
Il Sindaco, insomma, non pi spettatore passivo delle attivit dei corpi dello Stato
per la prevenzione e repressione dei reati, ma il portatore della domanda di
sicurezza ed corresponsabile delle risposte che le pubbliche amministrazioni
debbono offrire, ciascuna per le proprie competenze, svolgendo una peculiare
funzione di indirizzo e controllo verso tali apparati, nella sede propria del Comitato
per lordine e la sicurezza pubblica. In questo senso, il sindaco sempre pi
autorit locale, qualcosa di pi ampio e di pi forte rispetto alle tradizionali
configurazioni di responsabile dellamministrazione del comune e di
rappresentante dello Stato nel territorio del comune.

IL CONSIGLIO COMUNALE.
119. Le assemblee elettive, negli ordinamenti democratici moderni, sono chiamate ad
esercitare due compiti fondamentali:
rappresentare una comunit, darle voce,
forza, forma politica, ed assumere alcune decisioni importanti, legislative o
amministrative; insomma: governare. In modi diversi, con equilibri diversi, diversa
organizzazione, poteri e funzioni nella grande variet delle forme di governo, questi
due compiti ci sono sempre, perch sono co-essenziali alla democrazia, che al
tempo stesso rispetto e valorizzazione delle molteplici identit che concorrono a
costituire la comunit, e capacit di assumere decisioni efficaci.
120. La capacit delle assemblee elettive di rappresentare davvero le comunit una
conquista relativamente recente. Non sono passati molti anni dalla fine del regime
dellapartheid in Sudafrica, con il suo parlamento diviso per componenti etniche! E
la stessa esperienza italiana segnata dal difficile cammino verso il suffragio
universale. Allindomani dellunit, nel 1861, appena il 3 per cento della popolazione
poteva esercitare il diritto di voto, e nelle province dellItalia meridionale la
percentuale non raggiungeva l1 per cento. Solo nel 1946 il consiglio comunale
diventato a pieno titolo lorgano capace di rappresentare tutti gli uomini e tutte le
donne della comunit locale.
121. Altra questione, ben diversa, quella del sistema elettorale prescelto nellambito di
ciascun ordinamento, o, pi esattamente, della formula elettorale che consente di
trasformare i voti in seggi, le opzioni dei rappresentati in unassemblea di
rappresentanti.
La tipologia dei sistemi elettorali pressoch infinita: basta
passare in rassegna i sistemi oggi vigenti in Italia, per i Comuni, le Province, le
Regioni, la Camera dei Deputati, il Senato, il Parlamento europeo!
Tuttavia,
semplificando al massimo, i sistemi elettorali possono essere ordinati secondo due
principi fondamentali: i sistemi a vocazione (tendenzialmente) proporzionale, che si
propongo di esaltare la capacit dellassemblea di dare voce a tutte le (principali)
componenti della comunit, e i sistemi a vocazione (tendenzialmente) maggioritaria,
tesi piuttosto ad assicurare la capacit di decisione dellordinamento.

35

122. Non ci sono per sistemi giusti e sistemi sbagliati: ogni sistema elettorale deve
essere valutato in relazione al contesto storico, sociale e culturale, e ai fini che si
intendono perseguire.
Ad esempio, comprensibile (forse necessario) che sia
preferito un sistema elettorale proporzionale negli ordinamenti attraversati da forti
fratture, che contrappongono tra loro gruppi sociali, religiosi, culturali o linguistici; la
rappresentanza avr infatti anzitutto lobiettivo di consentire a ciascuna componente
della societ di riconoscersi in istituzioni comuni.
E probabile invece che si
scelgano sistemi a pi forte curvatura maggioritaria quando una comunit
sufficientemente coesa, e legata da valori comuni, abbia la necessit di esercitare in
modo pi efficiente ed efficace la capacit di decisione, cio di autogoverno.
123. In questo senso possiamo affermare che la riforma elettorale comunale e provinciale
del 1993 legge 25 marzo 1993, n.81 al tempo stesso la conseguenza dei limiti
del precedente sistema proporzionale (frammentazione della rappresentanza,
instabilit, difficolt dei processi decisionali) e del suo successo, cio del
consolidamento di una democrazia matura.
124. In base alla legge 81/1993, il consiglio comunale (nei comuni con popolazione
superiore a 15.000 abitanti) eletto con una formula sostanzialmente proporzionale
(metodo dHondt), corretta da una esplicita soglia di sbarramento (3 per cento) e da
un premio di maggioranza eventuale. Tali correzioni favoriscono la formazione di
coalizioni di liste, cos come il diverso sistema in vigore nei comuni fino a 15.000
abitanti (plurality con scrutinio di lista) tende a favorire la formazione di liste di
coalizione. La formula proporzionale la base del sistema elettorale: utilizzata
per il computo iniziale dei seggi spettanti a ciascuna coalizione, per distribuire tra le
diverse liste i seggi spettanti alla coalizione vincente, per assegnare gli altri seggi alle
coalizioni e/o alle liste di minoranza.
125. La legge disciplina con puntualit artt.55-70 del TUEL - lelettorato passivo, cio i
requisiti soggettivi per diventare (e rimanere) consigliere comunale. In particolare la
legge:
stabilisce il requisito di base per la candidatura (la maggiore et e il godimento
dei diritti elettorali in un qualsiasi Comune della Repubblica), riconosce
leleggibilit dei cittadini dellUnione europea residenti nella Repubblica, e pone
un limite alle candidature plurime (nessuno pu essere candidato in pi di due
comuni ) (artt. 55 e 56)
definisce le cause ostative alla candidatura (incandidabilit), in relazione a
gravi condanne penali o allapplicazione di misure di prevenzione (art.58)
fissa le cause di ineleggibilit (art.60), in relazione ad una molteplicit di ipotesi
riconducibile alla comune ratio di scongiurare lutilizzo di posizioni di vantaggio
derivanti da condizioni personali o professionali per alterare la libera
competizione elettorale
le cause di ineleggibilit rappresentano una (grave) eccezione al principio
costituzionale del pari accesso alle cariche elettive (art. 51 Cost.): per questo
debbono essere tassativamente indicate dalla legge e non ammessa
linterpretazione analogica o estensiva (ed bene che il legislatore verifichi
periodicamente la razionalit di ciascuna di tali cause!)
fissa altres le cause di incompatibilit (art.63), piuttosto connesse al conflitto di
interessi che pu insorgere tra le attribuzioni dellamministratore pubblico e le
funzioni, le responsabilit o comunque gli interessi connessi a condizioni
personali o professionali
36

il consiglio comunale chiamato a deliberare la sussistenza delle cause di


ineleggibilit o di incompatibilit, e leventuale conseguente decadenza del
consigliere; si tratta peraltro di una pronuncia di carattere paragiurisdizionale,
impugnabile dinanzi al giudice civile, che pu essere adito da qualsiasi
cittadino, dai contro interessati o dal prefetto (artt.69-70).
126. La legge definisce altres lo status le prerogative, i diritti degli amministratori locali
e, tra questi, dei consiglieri comunali (artt.77-86 del TUEL), secondo il principio
generale per cui lamministratore ha diritto ad espletare il mandato disponendo del
tempo, dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennit e di rimborsi
spese (77). In particolare la legge disciplina:
i doveri deontologici dellamministratore, comunque connessi ai principi
costituzionali di imparzialit e buona amministrazione, e i diritti fondamentali
connessi alla condizione di lavoratore dipendente o di militare di leva (art.78)
i permessi, le licenze e le aspettative di cui possono godere gli amministratori
(artt.79, 80 e 81)
i gettoni di presenza, le indennit di funzione, i rimborsi spese e le indennit di
missione (artt.82, 83 e 84)
la copertura degli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi (art.86)
il diritto di godere delle medesime prerogative connesse alle funzioni
istituzionali anche per la partecipazione alla vita delle associazioni
rappresentative degli enti locali (art.85).
127.

La funzione di rappresentanza comporta la valorizzazione della


posizione istituzionale di ogni singolo consigliere, che esercita le proprie funzioni
senza vincolo di mandato. Ne sono conseguenza: il diritto di ciascun consigliere di
essere informato sulle questioni sottoposte al consiglio (art.39.4);
il diritto di
iniziativa su ogni questione di competenza del consiglio nonch il diritto di presentare
interrogazioni e mozioni (art.43.1); il diritto di chiedere la convocazione del consiglio
(art.39.2); il diritto di ottenere informazioni dagli uffici del Comune e da aziende ed
enti dipendenti dal Comune medesimo.

128.

Tuttavia lordinamento valorizza con pari efficacia la forma della


rappresentanza organizzata in liste e partiti (e dunque in gruppi consiliari). Ne sono
un sisntomo, in particolare, le disposizioni per la formazione delle commissioni
consiliari con criterio proporzionale (art.38.6), quelle per assicurare ai gruppi
linformazione sulle questioni sottoposte al consiglio (art.39.4) e per assicurare ai
capigruppo linformazione sulle deliberazioni adottate dalla giunta comunale
(art.125).

129.

La funzione rappresentativa del consiglio comunale esaltata:


dalla possibilit di trasformare il gettone di presenza in indennit di funzione
(art.82.4), riconoscendo dignit istituzionale alle molteplici attivit di rapporto
con gli elettori proprie del mandato di rappresentanza politica
dal principio di pubblicit delle sedute (art.38.7), che vale a legittimare anzi, a
consigliare ogni ulteriore iniziativa per assicurare linformazione dei cittadini
sui lavori del consiglio (trasmissioni radiofoniche e televisive locali,
pubblicazioni periodiche, newsletters, ecc.)
dalla prassi di aprire il consiglio con audizioni, incontri pubblici, sedute
(informali) aperte alla partecipazione di rappresentanti delle formazioni sociali

37

dalla possibilit per i consigli di esprimersi liberamente su grandi questioni


politiche, con risoluzioni e ordini del giorno, raccogliendo aspirazioni, sensibilit
e aspettative della comunit locale (cfr. a questo proposito la sentenza
n.829/1988 C. Cost.).
130. Infine, a valorizzare e proteggere la funzione rappresentativa del consiglio,
lordinamento
dispone lautonomia organizzativa e funzionale del consiglio
medesimo. Leve dellautonomia organizzativa e funzionale sono:
lorganizzazione di specifici apparati professionali di supporto (ma solo nei
Comuni oltre i 15.000 abitanti: un limite di dubbia legittimit costituzionale)
(art.38.3)
la presidenza elettiva (necessaria nei Comuni oltre i 15.000 abitanti; possibile
nei Comuni minori: una distinzione costituzionalmente pi corretta) (art.39)
lautonomia regolamentare (38.2), a cui si riconducono decisioni fondamentali
sul funzionamento del consiglio, a partire dalle modalit per la convocazione
delle sedute, per la loro validit, per la presentazione, discussione e
approvazione delle proposte.
131. Tuttavia come si detto in apertura il consiglio non chiamato solo a
rappresentare, ma anche a decidere, a governare. Certo, questa funzione muta
con il mutare della forma di governo: radicalmente cambiata con la legge
n.81/1993 per lelezione diretta del sindaco. Da allora il consiglio non ha pi il
compito di legittimare con un voto di fiducia il governo locale. Tuttavia resta la
responsabilit dellorgano esecutivo nei confronti di un consiglio elettivo (come
recita la Carta europea delle autonomie locali, ratificata dallItalia con la legge
n.349/1989), tant vero che il consiglio pu esprimere la sfiducia (politica) al
sindaco, con una mozione dagli effetti dirompenti (art.52).
132. E indubbiamente vero che i consigli (e i consiglieri) comunali vivono tuttora una
sorta di crisi di identit derivante da tre successive sfide: la ripartizione della
potest deliberativa tra consiglio e giunta con la legge n.142/1990, lelezione diretta
del sindaco con la legge n.81/1993, la rivalutazione dellautonoma responsabilit dei
dirigenti, a partire dalla stessa legge 142/90, e poi con il d.lgs. n.29/1993.
Indubbiamente non stato (e forse non tuttora) semplice ridefinire con piena
consapevolezza la centralit del consiglio comunale nel nuovo ordinamento locale;
tuttavia unattenta lettura delle sue attribuzioni consente di contestare la tesi della
sua marginalit. E ben vero che il consiglio ha una potest deliberativa limitata ad
alcuni atti fondamentali (peraltro davvero fondamentali), ma la sua posizione
istituzionale anzitutto quella del massimo organo di indirizzo e controllo: lo snodo
essenziale tra la fase ascendente dellindirizzo politico-amministrativo (dalla
comunit locale allorgano della rappresentanza) e la sua fase discendente (dagli
organi di governo del Comune allinsieme degli apparati pubblici).
133. In modo sintetico, potremo allora classificare le principali funzioni del consiglio in
quattro sottoinsiemi: funzioni politiche, funzioni elettive, funzioni deliberative e
funzioni di controllo.
Non possibile isolare la funzione di indirizzo, perch
rappresenta il filo conduttore, la chiave di interpretazione di tutte le funzioni consiliari
(politiche, elettive e deliberative) e il presupposto indefettibile delle funzioni di
controllo. Tuttavia necessario in questa sede richiamare la disposizione posta al
terzo comma dellart.42 del TUEL: il Consiglio nei modi disciplinati dallo statuto
partecipa altres alla definizione, alladeguamento e alla verifica periodica
dellattuazione delle linee programmatiche da parte del sindaco o del presidente
38

della provincia e dei singoli assessori. Emerge con tutta evidenza la centralit che
lordinamento assegna alla funzione di indirizzo politico-amministrativo del consiglio,
e si pu intuire lampia gamma di strumenti che lo statuto potr individuare per
assicurare la massima efficacia a tale funzione.
134. Delle pi significative funzioni politiche abbiamo gi parlato nei paragrafi precedenti,
evidenziando la funzione rappresentativa del Consiglio.
Quanto alle funzioni
elettive, occorre anzitutto richiamare le disposizioni legislative relative al collegio dei
revisori (o al revisore unico, nei Comuni pi piccoli) e agli organi interni (presidente,
commissione elettorale, ecc.). Sono numerosi, inoltre, gli statuti che affidano al
consiglio lelezione del difensore civico e di altri organi di garanzia. Occorre infine
ricordare che lart.42.2, lettera m, pur riservando al Sindaco la nomina o la
designazione dei rappresentanti del comune presso enti, aziende e istituzioni, ha
mantenuto in capo al consiglio le nomine e le designazioni dei rappresentanti del
consiglio medesimo. Non semplicissimo, nel concreto, distinguere le due ipotesi:
in sintesi possiamo affermare che si pu parlare di rappresentanti del consiglio (e
non del Comune) ogni volta che sia indispensabile il coinvolgimento delle opposizioni
(ad esempio, quando si preveda una rappresentanza anche delle minoranze
consiliari) ovvero quando emerga con chiarezza la ratio dellesplicito riferimento
allorgano assembleare.
135. Larticolo 42, secondo comma, del TUEL definisce in modo puntuale gli atti
deliberativi fondamentali di competenza del consiglio, che schematicamente
possiamo raccogliere in quattro sottoinsiemi:
atti normativi:
statuti e regolamenti, ad eccezione del regolamento
sullordinamento degli uffici e dei servizi (lettera a)
decisioni sugli assetti istituzionali dellAmministrazione: convenzioni e forme
associative (c), istituti di decentramento e partecipazione (d), istituzioni, aziende
e societ (e)
fondamentali decisioni di bilancio e di politica economica:
relazione
previsionale programmatica, bilanci preventivi e consuntivi, piani finanziari (b),
tributi e tariffe (f), indirizzi per aziende ed enti dipendenti, sovvenzionati o
sottoposti a vigilanza (g), contrazione mutui e prestiti obbligazionari (h), spese
pluriennali, ad eccezione di quelle per la locazione di immobili o per i contratti di
somministrazione e fornitura (i), acquisti e alienazione di immobili, ecc. (l)
pianificazione territoriale ed urbanistica, piani di investimenti ed opere pubbliche
(b)
attenzione: fermo il principio della tassativit delle competenze deliberative del
consiglio comunale, non purtroppo vero che lelenco del secondo comma
dellart.42 sia esaustivo: occorre integrarlo, ad esempio, con la deliberazione
relativa allarmamento dei corpi di polizia municipale (art.17, comma134, della
legge 15 maggio 1997, n.127) o con la determinazione degli indirizzi sulla cui
base il Sindaco pu esercitare la funzione di coordinamento degli orari della
citt (art.50.7 del TUEL).
136. Il procedimento deliberativo si snoda lungo cinque fasi indefettibili:
la fase delliniziativa, che spetta alla giunta comunale (art.48.2), a ciascun
consigliere (art.43.1) e al corpo elettorale (art.8.3, laddove si prescrivono anche
le garanzie per il tempestivo esame delle proposte di iniziativa popolare); il
sindaco titolare del diritto di iniziativa in quanto componente del consiglio
comunale; lo statuto potr attribuire ad altri soggetti il medesimo diritto (ad
39

1.
2.

esempio, analogamente a quanto previsto dalla Costituzione per liniziativa


legislativa dei Consigli regionali e del Cnel, potr attribuire liniziativa delle
deliberazioni consiliari ai consigli circoscrizionali e a consulte rappresentative
delle formazioni sociali)
la fase dei pareri di regolarit tecnico-amministrativa e di regolarit contabile
(art.49), indispensabile per tutte le deliberazioni, salvo che non siano mero atto
di indirizzo
la fase dellesame-discussione della proposta (in commissione e in assemblea);
le commissioni (art.38.6: quando lo statuto lo preveda ) avranno i poteri
stabiliti dal regolamento consiliare; da ritenersi esclusa la possibilit di
attribuire alle commissioni la pienezza della potest deliberativa (analogamente
a quanto previsto per le commissioni parlamentari dallart.72 Cost.), mentre
nulla sembra escludere la previsione del procedimento c.d. misto
(commissioni in sede redigente)
la fase dellapprovazione, con le modalit e le maggioranze stabilite dal
regolamento, ferma la previsione di maggioranze qualificate gi stabilite dalla
legge o dallo statuto
la fase integrativa dellefficacia:
lart.124 prevede che ciascuna
deliberazione sia pubblicata sullalbo pretorio per almeno 15 giorni; la
deliberazione diverr esecutiva dopo 10 giorni dalla pubblicazione (art.134.3),
ferma la possibilit per il consiglio di deliberarne limmediata esecutivit
(art.134.4), con un voto distinto dallapprovazione del provvedimento.

137. Per meglio comprendere la funzione di controllo dellassemblea rappresentativa,


occorre affrontare preliminarmente un interrogativo che riguarda tutte le democrazie
moderne, in specie negli ordinamenti con spiccata propensione maggioritaria. Il
dualismo istituzionale che traduce nel concreto il principio della separazione dei
poteri si deve intendere come dialettica tra organo del potere esecutivo e organo
della rappresentanza, o piuttosto tra maggioranza ed opposizione consiliare,
considerando la prima in un continuum politico-istituzionale con lesecutivo?
Lordinamento locale valorizza con strumenti diversi luna e laltra concezione del
dualismo istituzionale (e del resto losservazione delle concrete dinamiche nelle
amministrazioni comunali dimostra che la dialettica maggioranza/opposizione, tipica
di ogni sistema maggioritario, non ha affatto cancellato una forte dialettica tra il
consiglio, nel suo insieme, e il governo locale rappresentato dal sindaco e dalla
giunta).
rispondono certamente ad una logica di dualismo tra consiglio e giunta le
disposizioni poste a protezione delle competenze deliberative del consiglio
(art.42.4), la sua autonomia organizzativa e funzionale, lelettivit del presidente
dellassemblea
al
contrario,
rispondono
alla
seconda
ipotesi
(dualismo
maggioranza/opposizione) gli istituti collegati allo statuto dellopposizione
evocati esplicitamente dallart.44 TUEL (che peraltro sembra confondere i due
concetti, ben distinti, di minoranza e di opposizione)
in particolare, si possono individuare elementi di statuto dellopposizione gi in
talune disposizioni di legge:
la maggioranza qualificata prevista per
lapprovazione dello Statuto (art.6.4), la possibilit per un quinto dei consiglieri
comunali di promuovere la convocazione del consiglio (art.39.2) e la possibilit
per due quinti dei consiglieri di presentare una mozione di sfiducia al sindaco
(art.52.2), lelezione dei revisori con voto limitato (art.234.1), la possibilit (ormai
decaduta, dopo lentrata in vigore della legge costituzionale n.3/2001) di attivare
40

il controllo preventivo di alcune deliberazioni della giunta, riconosciuta ad una


minoranza qualificata del consiglio comunale
altri istituti, come indica lart.44, possono (debbono) essere individuati dallo
statuto, e cos hanno fatto numerosi comuni, attribuendo allopposizione la
presidenza di commissioni di controllo e garanzia, la possibilit di promuovere
indagini consiliari (spingendosi oltre la disposizione dellart.44, secondo
comma) o la possibilit di attivare specifiche attivit di controllo da parte del
collegio dei revisori, oppure prescrivendo maggioranze qualificate per
lapprovazione di alcuni regolamenti (ad esempio il regolamento degli istituti di
partecipazione) o per alcune elezioni (a cominciare dallelezione del difensore
civico).

FUNZIONI POLITICHE E GESTIONE AMMINISTRATIVA.


138. Il Comune ogni Comune, ogni ente pubblico a base rappresentativa
costituito da due parti, due mondi, che necessariamente convivono e
collaborano: da un lato listituzione democratica, strumento di autogoverno
locale, ente esponenziale della comunit; dallaltro lapparato professionale,
linsieme di uomini e donne che, con diversi ruoli, sono operatori pubblici per
scelta professionale individuale, piuttosto che per mandato politico. Di questa
duplice natura del Comune era ben consapevole il regime fascista, che da un
lato si preoccup di sopprimere gli organi elettivi locali (il Governatorato di
Roma nel 1923, i podest negli altri comuni nel 1926) e dallaltro ag per
normalizzare gli apparati professionali (giuramento degli impiegati comunali
nel 1925, statizzazione dei segretari comunali nel 1928).
Mostra altrettanta
consapevolezza la Costituzione repubblicana del 1948, che fissa innovativi
principi fondamentali sia per lautonomia politica delle collettivit locali (cfr. in
particolare lart.5 e gli artt.114, 115 e 128 del testo ormai superato dalla legge
cost. n.3/2001) che per la dignit e lautonomia professionale dei funzionari
pubblici (cfr. in particolare gli artt. 51, 97 e 98).
139. In particolare, per i professionisti dellamministrazione, la Costituzione indica
sei fondamentali precetti:
ai pubblici impieghi si accede per concorso, salvo in casi stabiliti dalla
legge (art.97.3)
i cittadini possono accedere agli uffici pubblici in condizioni di eguaglianza,
in specie i cittadini delluno e dellaltro sesso (art.51)
i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione (art.98.1)
limiti alla loro libert di appartenenza politica sono possibili solo per
specialissime categorie di dipendenti pubblici (art.98.2)
i funzionari hanno diritto a che lordinamento degli uffici determini le loro
sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilit (97.2)
i funzionari e i dipendenti pubblici sono direttamente responsabili per gli
atti compiuti in violazione dei diritti (art.28).

41

140. Il cardine del rapporto tra questi due mondi proclamato per la prima volta con
chiarezza dalla legge 8 giugno 1990, n.142 si legge oggi in una disposizione
del Testo unico delle leggi sullordinamento locale:
Spetta ai dirigenti la
direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettate dagli statuti
e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e
di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo mentre la
gestione amministrativa, finanziaria e tecnica attribuita ai dirigenti mediante
autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e
di controllo (art.107).
141. E un principio fondamentale per ogni pubblica amministrazione. Tre anni dopo
la legge 142 del 90, il d.lgs n.29/1993 ha infatti richiamato il principio di
distinzione tra indirizzo e controllo da un lato e attuazione e gestione dallaltro
come regola di portata generale. Oggi il d.lgs. n.165/2001 spiega che gli organi
di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo definendo
gli obiettivi e i programmi da attuare e verificano la rispondenza dei risultati
dellattivit amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti, mentre i
dirigenti sono responsabili in via esclusiva dellattivit amministrativa, della
gestione e dei relativi risultati (art.4).
142. Il principio di distinzione tra funzioni politiche e funzioni di gestione
amministrativa senzaltro rilevante ai fini della definizione della forma di
governo locale. Prova ne era lart.35 della legge n.142/1990, che individuava
le funzioni della giunta, secondo la tecnica della competenza generale e
residuale, negli atti di amministrazione non riservati al consiglio n rientranti
nelle competenze del sindaco o del presidente della provincia, degli organi di
decentramento, del segretario o dei funzionari dirigenti (oggi lart.48 del TU
riferendosi esclusivamente alle funzioni degli organi di governo non indica
pi, giustamente, il segretario e i funzionari dirigenti nel novero dei soggetti le
cui funzioni determinano, per differenza, le competenze della giunta).
143. Occorre chiarire anzitutto la nozione di indirizzo politico. Lelaborazione della
nozione di funzione di indirizzo politico fu utilmente sistematizzata dalla
dottrina giuridica durante il fascismo, per superare levidente difficolt di
collocare la funzione costituzionale del Duce del fascismo nella tradizionale
tripartizione tra funzioni legislative, esecutive e giudiziarie. Lindirizzo fu cos
definito come funzione autonoma, di orientamento dellinsieme degli apparati
pubblici al conseguimento di fini ed obiettivi predeterminati.
Lo stesso
concetto stato rivisitato e riproposto nellordinamento costituzionale
repubblicano, con due rilevantissime differenze: lindirizzo politico, da funzione
esclusivamente discendente, dallalto verso il basso e dal centro alla periferia,
diventa un percorso circolare, che promana dal corpo elettorale e torna alla
societ attraverso la mediazione della rappresentanza politica e degli apparati
pubblici; allindirizzo politico dello Stato si affiancano, in autonomia, gli indirizzi
politici (o politico-amministrativi) delle collettivit territoriali autonome: le
Regioni, le Province, i Comuni.
144. In un ordinamento democratico, la distinzione tra le funzioni politiche (indirizzo e
controllo) e quelle professionali (gestione amministrativa) consente di conciliare
due modi di essere della PA apparentemente contraddittori: la sua politicit e
la sua imparzialit. Valgano gli esempi delle politiche urbanistiche (il rapporto
tra atti di pianificazione e singole concessioni edilizie o permessi di costruire)
42

o delle stesse politiche del personale (rapporto tra dotazioni organiche, piani
assunzionali e procedure concorsuali), in cui vengono alla luce due momenti
dellazione amministrativa in cui prevalgono, rispettivamente, le esigenze della
politicit (la dialettica tra posizioni diverse, la decisione politica) e quelle
dellimparzialit (il pari trattamento dei cittadini in un quadro di decisioni
pubbliche predeterminate).
145. C dunque una ragione di fondo, che ci consente di cogliere il fondamento
costituzionale di quella distinzione, al di l delle esplicite ed enfatiche
affermazioni delle leggi del 1990-93 (spiegabili invece per le note vicende
storiche legate a Tangentopoli).
La distinzione di ruoli, compiti e
responsabilit appare insomma necessaria al rispetto di tre valori
costituzionalmente protetti:
lautonomia politica delle amministrazioni locali
(artt.5 e 114), luguaglianza dei cittadini (a partire dallart.3), la libert e dignit
personale dei funzionari pubblici (dal giuramento al fascismo al servizio
esclusivo della nazione, art.98).
146. Il perno del disegno costituzionale nel binomio proposto dallart.97:
imparzialit e buon andamento della pubblica amministrazione.
A volte
possono sembrare obiettivi contrapposti, difficili da conciliare (le procedure
imparziali sembrano lunghe e inefficienti ...), ma sono - dovrebbero essere - due
facce della stessa medaglia (la concorrenza che stimola i migliori e produce il
risultato pi efficace per la pubblica amministrazione: negli appalti per opere o
forniture, o nei concorsi per il personale).
147. E sbagliato parlare di separazione tra le funzioni di indirizzo e controllo,
proprie degli organi di governo, e quelle di gestione amministrativa: si tratta
piuttosto di una distinzione di ruoli e compiti tra i due mondi in cui divisa la
PA, e lattenzione deve essere concentrata sugli strumenti di dialogo e
collaborazione tra le istituzioni della politica e gli apparati professionali pubblici.
Quando questa dialettica si inceppa, la politica rischia il vaniloquio e la
burocrazia lautorefenzialit: in ambedue i casi si incrina il fondamento stesso
della democrazia, intesa come capacit di autodeterminazione della collettivit.
148. La sfida pi importante dunque la corretta costruzione del patto tra le
istituzioni politiche e gli apparati professionali. Programmi, obiettivi, autonomia,
risultati, valutazioni, sistemi incentivanti. Una sfida difficilissima, che impone un
cambiamento di cultura in ambedue i versanti del rapporto.
Occorre
rivoluzionare la mentalit sia dei politici che dei funzionari pubblici; occorre
coinvolgere nel mutamento anche i controllori; occorre passare dalla cultura
dellamministrazione day by day alla cultura della programmazione; occorre
definire regole chiare e coerenti per il reclutamento, la formazione e la carriera
dei professionisti della PA.
149. Con ci non si vuol dire che i dirigenti i professionisti non partecipino mai
alla funzione dindirizzo. Sarebbe cos in due ipotesi (evidentemente assurde):
se si confina la funzione dindirizzo al solo momento formale dellapprovazione
dellatto dindirizzo (p.es. lapprovazione consiliare del PRG), oppure se si
immagina che gli organi politici possano elaborare e costruire in perfetta
solitudine quegli stessi atti. Sappiamo che non , e non pu essere cos. Una
parte consistente della struttura professionale dellamministrazione partecipa
pienamente alla funzione di indirizzo, sia pure con un ruolo propedeutico e
43

ausiliario.
Ci spiega e motiva la natura fiduciaria di (alcuni) incarichi
dirigenziali, e illumina di una luce speciale il conferimento di (alcuni) incarichi a
professionisti esterni all Amministrazione.
150. E altrettanto importante sottolineare che il principio di distinzione di ruoli e
funzioni tra organi politici e struttura professionale della PA una regola utile,
che aiuta tutti a lavorare meglio.
La difficile (e allinizio contestata)
implementazione del principio, nella concreta esperienza delle amministrazioni
comunali, ha consentito:
di alleggerire il lavoro dellorgano di governo, superando molte
deliberazioni inutili, permettendo in tal modo alla Giunta di recuperare uno
stile di lavoro pi collegiale, con la produzione di decisioni politiche
dindirizzo da tutti ponderate e condivise
di evitare la sovrapposizione tra le funzioni amministrative di continuit
(che la struttura burocratica dovrebbe gestire autonomamente e, direi,
automaticamente) e le innovazioni organizzative e progettuali (dove
dovrebbe risaltare limpegno politico di chi stato eletto dai cittadini
proprio per cambiare e innovare)
di superare linutile farraginosit e lentezza di molti procedimenti
decisionali (troppe volte la stessa questione tornava pi volte allesame
della Giunta, e dello stesso Consiglio comunale, in forme diverse programmi di opere pubbliche, bandi di gara, approvazione di progetti,
nomina di commissioni, ecc. aprendo irrazionali spazi alla interdizione
politica)
di avviare a risoluzione lincapacit, purtroppo assai diffusa nella PA, di
misurare effettivamente e oggettivamente le prestazioni dei dirigenti, e
dunque di assumere decisioni per il conferimento, la modifica o la revoca
di incarichi sulla base di criteri trasparenti (e in grado di passare indenni
al vaglio di un giudice!).
151. La funzione di indirizzo funzione complessa, che va sostanziata (anche) in atti
collegiali del consiglio e della giunta. Ci sono atti con un contenuto dispositivo, che
fissano regole precise e inderogabili, e in tal modo indicano i binari entro cui il
dirigente si pu muovere:
gli atti normativi
gli atti di pianificazione generale (ad es. gli strumenti urbanistici, le
dotazioni organiche, il piano investimenti, ecc.)
gli atti di bilancio, e in particolare il piano esecutivo di gestione (PEG),
che pi di ogni altro atto evidenzia la qualit della funzione di indirizzo
nellamministrazione locale, fissando nel medesimo atto gli obiettivi
assegnati a ciascun ufficio (centro di costo) e le risorse (finanziarie, ma
anche professionali e strumentali) per conseguirli
ci sono atti pur sempre collegiali - ma con un contenuto non dispositivo,
in cui si esplicita e si assolutizza la funzione di indirizzo, intesa come la
capacit di indicare obiettivi, priorit, linee guida per lazione
amministrativa:
gli atti programmatici (a cominciare dal programma approvato dal corpo
elettorale, monitorato, ed eventualmente integrato, dal Consiglio
comunale)
gli atti di indirizzo del Consiglio comunale (mozioni, risoluzioni, ordini del
giorno)
44

le c.d. memorie (atti di indirizzo collegiale della Giunta, con contenuto


non dispositivo).
152. Assumono per una grande rilevanza pratica gli atti di indirizzo monocratici, del
Sindaco o (per sua delega) dellassessore o del presidente di circoscrizione:
da un lato la determinazione degli obiettivi annuali, nel quadro (e con il
metodo) della direzione per obiettivi (c.d. DPO o, in inglese, MBO),
sviluppando il nesso gi contenuto nel PEG tra risorse, programmi ed
obiettivi assegnati a ciascun dirigente
dallaltro le direttive (che curiosamente la legge richiama solo in
negativo, consentendo la revoca degli incarichi dirigenziali in relazione
alla loro inosservanza), necessarie per fissare priorit, tempi e scadenze,
criteri metodologici, momenti e forme di verifica in corso dopera,
stabilendo in tal modo un metodo di leale collaborazione tra organo di
indirizzo e dirigente, che necessariamente va aldil del mero e freddo
conseguimento degli obiettivi stabiliti.
153. A valle della funzione e degli atti di indirizzo si colloca, in perfetta simmetria, la
funzione di controllo:
il problema centrale il pi difficile e delicato la
predisposizione di adeguati strumenti di valutazione e di misurazione delle
prestazioni. Non sono concetti equivalenti: la valutazione sullefficacia di un
servizio anzitutto orientata a consentire miglioramenti organizzativi;
la
misurazione delle prestazioni finalizzata a gestire in modo trasparente ed
equo le parti variabili della retribuzione. Il sistema di valutazione e misurazione
dunque rivolto:
alla comunit locale (elettori, cittadini, utenti), per poter rendere conto
dellefficace utilizzo delle risorse pubbliche e del grado di conseguimento
degli obiettivi programmatici
agli stessi responsabili (politici e manageriali) dei servizi pubblici, per poter
operare correzioni di rotta e miglioramenti organizzativi
ai dipendenti (dirigenti e non dirigenti), per poter collegare i livelli retributivi
a parametri certi e condivisi.

IL SISTEMA DEI CONTROLLI.

154. Lentrata in vigore della legge costituzionale n.3/2001 impone unattenta verifica della
legittimit di ciascuna delle disposizioni del TUEL che regolano le diverse fattispecie
dei c.d. controlli esterni e dei controlli interni.
La revisione del Titolo V della
Costituzione ci offre infatti nuove certezze e qualche interrogativo non semplice da
sciogliere. Per meglio comprendere i nuovi scenari che si stanno aprendo, allora
opportuno volgere lo sguardo allindietro, verso:
le fasi pi remote dellesperienza comunale e provinciale, quando la pervasivit
dei controlli gerarchici sugli organi e sugli atti degli enti locali era la logica e
45

coerente conseguenza della nozione di enti autarchici, propaggine periferica


dellamministrazione statale, momento di decentramento pi che di autonomia
la restaurazione autoritaria durante il ventennio fascista, che interruppe
levoluzione del sistema, con la soppressione degli organi elettivi e la
normalizzazione degli apparati professionali (giuramento di fedelt,
statizzazione dei segretari), e il complementare rafforzamento del sistema dei
controlli
la svolta epocale realizzata dalla Costituzione, con il pieno riconoscimento
dellautonomia politica di comuni e province (artt.5, 114 e 128), temperata in
parte dal mantenimento di controlli esterni, di legittimit e di merito, affidati ad un
organo della regione (art.130)
la difficile attuazione del disegno costituzionale: rapida ricostruzione del sistema
dei controlli (legge n.62/1953); lentissima attuazione della Repubblica delle
autonomie (le regioni ad autonomia ordinaria nel 1970, il nuovo ordinamento
delle autonomie locali nel 1990)
lo scongelamento dellart.128, con la legge 8 giugno 1990, n.142:
superamento di ogni controllo di merito; composizione tecnica dei comitati
regionali di controllo; significativo contenimento del numero e della tipologia
degli atti soggetti al controllo preventivo di legittimit; introduzione di forme di
controllo facoltativo (apertura ad una nozione collaborativa del controllo) e di
controllo eventuale ad iniziativa di minoranza (apertura ad una nozione di
controllo come garanzia per lopposizione); equilibrio del sistema assicurato dai
pareri preventivi (interni) di legittimit, regolarit tecnica e regolarit contabile
la riforma del 1997, quando la legge n.127 raccoglie la spinta dei nuovi
amministratori, figli dellelezione diretta disposta con la legge n.81/1993:
ulteriore riduzione degli atti soggetti al controllo; diversa efficacia del controllo
(richiesta di riesame); spostamento del controllo eventuale verso forme di
garanzia interna (difensore civico); esplicitazione dello spirito collaborativo
(servizi di consulenza attivati dai comitati regionali di controllo).

155. La legge costituzionale n.3/2001 cambia radicalmente il quadro: lattenzione non


deve essere concentrata sullabrogazione dellart.130, quanto piuttosto sulla
sostanziale equiordinazione dei diversi livelli di governo (art.114.1), sul
riconoscimento di poteri e di funzioni proprie degli enti locali (artt.114.2 e 118.1), sulla
tipizzazione dei poteri sostitutivi (art.120.2). N occorre preoccuparsi pi del dovuto
sulle conseguenze della scomparsa dei controlli esterni sugli atti: quale efficacia
hanno dimostrato, nei decenni passati, dinanzi al dilagare della corruzione nelle
amministrazioni locali? Possiamo allora concludere:
che non hanno pi fondamento costituzionale i controlli di merito, i controlli
preventivi di legittimit sugli atti (artt.124-134 TUEL) e lannullamento
straordinario degli atti (art.138: lopinione controversa, ma, a questo proposito,
cfr. la sentenza della Corte costituzionale n.229 del 21.4.1989)
hanno ancora un fondamento costituzionale i controlli sugli organi (artt.141-145
TUEL: cfr. la disposizione art.117, secondo comma, lettera p Cost.) e i poteri
sostitutivi (artt.136-137 TUEL, art.5 d.lgs. n.112/1998: cfr. art.120.2 Cost.); a
tale proposito ricco di suggestioni interessanti il recentissimo decreto legge 22
febbraio 2002, n.13
hanno probabilmente ancora un fondamento costituzionale anche i controlli
della Corte dei conti (art.148 TUEL: cfr. art.100 Cost.) e i controlli sugli atti nei
46

casi previsti dalla normativa antimafia (art.135 TUEL: cfr. art.117.2, lettera h,
Cost)
naturalmente, come non sono venuti meno gli efficaci controlli giurisdizionali
sulla legittimit dellazione amministrativa, nessuna riforma pu (e tanto meno
vuole) attenuare lesigenza di buona amministrazione richiamata
solennemente dallart.97 Cost. (e non si pu dimenticare che lart.127 era parte
del sistema di garanzie per lopposizione consiliare, oggi rinviato allautonoma
elaborazione statutaria: art.44 TUEL).
156. Lorganizzazione di un efficace sistema di controllo interno dunque unesigenza
dellAmministrazione oggi ben pi forte di quanto potesse apparire appena alcuni
mesi or sono (quando fu approvato lart.147 TUEL). Il controllo interno trova il suo
fondamento costituzionale proprio nellart.97, da cui discendono i concetti, ben
distinti, di efficacia (raffronto tra i risultati conseguiti e gli obiettivi programmati),
efficienza (raffronto tra le risorse impiegate e i risultati conseguiti) ed economicit
(ottimizzazione dei risultati in relazione ai mezzi a disposizione).
La legittimit,
beninteso, strumentale al buon andamento dellAmministrazione: non un valore in
s, ma un elemento che concorre a perseguire lefficacia, lefficienza e leconomicit
(cio il buon andamento) dellazione amministrativa.
157. Se per controllo interno dobbiamo intendere la capacit dellamministrazione di
controllare s stessa, secondo modelli largamente sperimentati nella cultura
aziendale (controllare lorganizzazione, i processi produttivi, i risultati della propria
azione), pur vero che nella pubblica amministrazione la nozione di controllo
evoca:
il controllo degli elettori sui propri rappresentanti
il controllo delle assemblee elettive sugli organi del potere esecutivo (art.42: il
consiglio lorgano di indirizzo e di controllo politico-amministrativo)
il controllo degli organi di governo sulla dirigenza (art.107: il principio per cui i
poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di
governo)
il controllo dei dirigenti (e anzitutto del segretario-direttore generale) sullinsieme
dellapparato professionale dellamministrazione locale.
158. Lart.147 TUEL indica quattro tipologie di controlli interni (il d.lgs. 30 luglio 1999,
n.286, per gli enti locali nulla di pi di una normativa di principio, e non ha neppure
tale efficacia per i profili organizzativi dei controlli):
controllo di regolarit amministrativa e contabile (cfr. art.2 d.lgs. 286/1999)
controllo di gestione (cfr. art.4)
valutazione della dirigenza (cfr. art.5)
valutazione e controllo strategico (cfr. art.6).
159. Non sono queste tipologie di controllo interno a dare forma ed efficacia al controllo
che il consiglio comunale esercita sul sindaco e sulla giunta. Per questa funzione,
essenziale al buon funzionamento dellordinamento democratico, la legge prevede
altri strumenti:
la verifica periodica dellattuazione delle linee programmatiche presentate dal
sindaco (cfr. artt. 42.3 e 46.3 TUEL)
47

gli atti del sindacato ispettivo (art.43.3), le commissioni aventi funzioni di


controllo o di garanzia (art.44.1), le commissioni di indagine (art.44.2)
la collaborazione dellorgano di revisione (art.239).
160. Evidentemente le forme del controllo interno non hanno nulla a che fare neppure con
la funzione di controllo che gli elettori esercitano sui propri rappresentanti: lefficace
dialettica democratica che si sviluppa con lesercizio delle libert costituzionalmente
garantite (anzitutto gli artt. 17, 18, 21, 39, 40, 49 Cost.) si rafforza, nellordinamento
locale, con gli istituti di partecipazione previsti dallart.8 TUEL e con le garanzie poste
al diritto di accesso e di informazione dei cittadini (art.10).
161. Si avvicina ad una nozione politica di controllo quello che la legge definisce
valutazione e controllo strategico, descrivendone cos la funzione:
valutare
ladeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed
altri strumenti di determinazione dellindirizzo politico, in termini di congruenza tra
risultati conseguiti e obiettivi predefiniti.
A questo proposito necessario
sottolineare:
che proprio il d.lgs, 286/1999 aiuta a coglierne la funzione ausiliaria agli organi
di indirizzo politico (gli uffici e si soggetti preposti allattivit di valutazione e
controllo strategico riferiscono in via riservata agli organi di indirizzo politico,
art.6.2)
che il parametro del controllo strategico lefficacia (raffronto tra i risultati
conseguiti e gli obiettivi programmati)
che il controllo strategico presuppone la previa definizione di chiare linee
programmatiche (non pu esserci controllo strategico nellamministrazione day
by day)
che il controllo strategico cosa ben diversa dalla rilevazione degli orientamenti
dellopinione pubblica; il controllo strategico sta ai sondaggi demoscopici come
la rilevazione della qualit erogata, secondo parametri e standard
predeterminati, sta alla rilevazione della qualit percepita
che il controllo strategico si struttura diversamente in relazione al raggio
dazione del programma (cd. programma strategico, programma di mandato,
linee programmatiche annuali)
162. Il controllo di regolarit amministrativa e contabile ha piuttosto lobiettivo di
permettere un raffronto tra la concreta azione amministrativa e i parametri generali e
predeterminati di correttezza formale e sostanziale. Numerosi sono gli strumenti a
disposizione dellamministrazione per un efficace controllo di regolarit (che
consentono, se ve ne fosse la necessit, di superare ogni preoccupazione per il venir
meno dei controlli preventivi esterni sulla legittimit degli atti):
i pareri obbligatori dei responsabili dei servizi e del responsabile di ragioneria
(art.49 TUEL)
la collaborazione e lassistenza giuridico amministrativa prestate dal segretario
in ordine alla conformit dellazione amministrativa alle leggi, allo statuto e ai
regolamenti (art.97)
i procedimenti (preventivi e successivi) di revisione economico-finanziaria
(art.239
lattivit dellufficio di ragioneria (che potr disporre rilevazioni e verifiche
periodiche) e la consulenza giuridica assicurata dallavvocatura comunale (nei
Comuni maggiori, che dispongono di questo strumento).
48

163. Il controllo di gestione ha lobiettivo di verificare lefficacia, lefficienza ed


economicit dellazione amministrativa, al fine di ottimizzare,anche mediante
tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati. Occorre allora
sottolineare:
che il controllo di gestione una funzione tipica di chi sovrintende alla gestione
(il direttore generale, che sovrintende alla gestione dellente, perseguendo livelli
ottimali di efficacia ed efficienza, art.108 TUEL, o il segretario, quando assume
le funzioni di direttore generale, art.97.4, lettera e)
che il controllo di gestione supporta la funzione dirigenziale (cos art.4 d.lgs,
286/1999)
che il controllo di gestione deve essere disciplinato e organizzato nellambito
dello statuto e del regolamento di contabilit (art.196 TUEL)
che il controllo di gestione si articola necessariamente in tre fasi: a)
predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi; b) rilevazione dei dati relativi
ai costi e ai proventi nonch rilevazione dei risultati raggiunti; c) valutazione dei
dati in rapporto al piano al fine di verificare il loro stato di attuazione e di
misurare efficacia, efficienza ed economicit (art.197 TUEL)
che il controllo di gestione ha evidentemente una duplice funzione, tanto vero
che il conseguente referto come recita lart. 198 TUEL - diretto sia agli
amministratori politici (ai fini della verifica dello stato di attuazione degli
obiettivi programmati) che ai responsabili dei servizi (per valutare landamento
della gestione dei servizi di cui sono responsabili).
164. E davvero singolare che lart.147 del TUEL definisca la quarta specie dei controlli
interni come valutazione delle prestazioni del personale con qualifica dirigenziale.
Ormai, almeno a partire dai CCNL del comparto regione-enti locali sottoscritti il 31
marzo e il 1 aprile 1999, il sistema della valutazione coinvolge necessariamente tutti i
dipendenti dellamministrazione locale: insieme ai dirigenti, i funzionari della
categoria D interessati alle c.d. posizioni organizzative, e tutti i dipendenti, senza
esclusione alcuna, interessati alla progressione orizzontale nellambito delle quattro
categorie.
165. Fine ultimo del sistema di valutazione naturalmente lefficacia dellazione
amministrativa, nella convinzione che si potranno rendere ai cittadini servizi e
prestazioni migliori solo se miglioreranno le condizioni di lavoro e il partecipe
coinvolgimento dei professionisti della pubblica amministrazione. Tuttavia non si
pu sottovalutare:
la necessit di valorizzare nellorganizzazione della p.a. (che troppo a lungo lo
aveva dimenticato, con una prassi di sostanziale appiattimento retributivo) il
principio costituzionale (art.36) secondo cui ciascun lavoratore ha diritto ad una
retribuzione proporzionata alla quantit e alla qualit del proprio lavoro
lesigenza (assolutamente fondamentale, se si vuole assicurare coerenza e
razionalit al principio di distinzione tra le funzioni degli organi di governo e
quelle dei dirigenti) di ancorare il conferimento degli incarichi a parametri
quanto pi possibile obiettivi, legati alle capacit e al merito professionale.
166. La cultura della valutazione prende le mosse, in particolare, dal decreto legislativo
n.29/1993, che ha aperto la via alla contrattualizzazione (non alla privatizzazione)
del rapporto di lavoro pubblico. I rinnovi contrattuali degli anni successivi hanno
segnato svolte fondamentali nei rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici e, in specie,
49

dei dirigenti. Possiamo ora raccogliere i frutti di un percorso che si consolidato con i
contratti stipulati nel corso del 1999 (quadriennio 1998-2001) per il comparto regioni
enti locali:
il CCNL per larea della dirigenza, firmato il 23 dicembre 1999
il CCNL per il personale del comparto, firmato in due parti, il 31 marzo 1999
(ordinamento professionale) e il 1 aprile 1999 (ordinamento contrattuale).
167. Per i dirigenti, sviluppando un modello gi sperimentato nel precedente contratto, la
retribuzione si articola ormai in tre distinte componenti: la c.d. retribuzione tabellare
(art.24 CCNL), la retribuzione di posizione (tenendo conto di parametri connessi
alla collocazione nella struttura, alla complessit organizzativa, alle responsabilit
gestionali interne ed esterne; art.27) e la retribuzione di risultato (al fine di
sviluppare, allinterno degli enti, lorientamento ai risultati, anche attraverso la
valorizzazione della quota della retribuzione accessoria ad essi legata; art.28). La
retribuzione di risultato erogata annualmente solo a seguito di preventiva
definizione degli obiettivi annuali - e della positiva verifica e certificazione dei risultati
di gestione conseguiti in coerenza con detti obiettivi, secondo le risultanze dei sistemi
di valutazione (art.29).
168. Per il personale delle qualifiche non dirigenziali le disposizioni del CCNL del 1999
sono assolutamente innovative:
si istituisce larea delle posizioni organizzative, per lo svolgimento di (a)
funzioni di direzione, caratterizzate da elevato grado di autonomia gestionale e
organizzativa; (b) attivit con contenuti di alta professionalit e specializzazione
correlate a diplomi di laurea, iscrizione ad albi professionali; (c) attivit di
staffe/o di studio, ricerca, ispettive, di vigilanza e controllo caratterizzate da
elevate autonomia ed esperienza; per le posizioni organizzative il trattamento
accessorio (straordinari, incentivi di produttivit, ecc.) assorbito da una
retribuzione di posizione e una retribuzione di risultato
i dipendenti possono accedere alla c.d. progressione verticale, per il passaggio
da un categoria allaltra, ma soprattutto sono tutti coinvolti in processi di
progressione orizzontale (progressione economica allinterno della categoria),
che consente loro di migliorare la propria posizione economica non per un
cambiamento di mestiere (come accade necessariamente nel passaggio ad
una categoria superiore), ma per le capacit professionali dimostrate nel
mestiere (competenza, impegno individuale, risultati)
la progressione orizzontale legata ad elementi di valutazione sempre pi
complessi, via via che cresce la posizione del dipendente nellorganizzazione
amministrativa, fino a comprendere - per i gradini pi elevati nelle categorie B
e C, e per tutte le posizioni nellambito della categoria D (a) il diverso impegno
e qualit delle prestazioni svolte, con particolare riferimento ai rapporti con
lutenza;
(b) il grado di coinvolgimento nei processi lavorativi dellente,
capacit di adattamento ai cambiamenti organizzativi, partecipazione effettiva
alle esigenze di flessibilit; (c) liniziativa personale e la capacit di proporre
soluzioni innovative o migliorative dellorganizzazione del lavoro
conseguentemente, In ogni ente sono adottate metodologie permanenti per la
valutazione delle prestazioni e dei risultati dei dipendenti, anche ai fini della
progressione economica di cui al presente contratto; la valutazione di
competenza dei dirigenti, si effettua a cadenza periodica ed tempestivamente
comunicata al dipendente (ar.6).
50

169. Con il rinnovo contrattuale del 1999, anche i c.d. premi (o incentivi) di produttivit
precisano la loro natura, ed assumono le caratteristiche di compensi diretti ad
incentivare la produttivit e il miglioramento dei servizi attraverso la corresponsione di
compensi correlati al merito e allimpegno di gruppo per centri di conto e/o
individuale, in modo selettivo e secondo i risultati accertati dal sistema permanente di
valutazione di cui allart.6 (art.17).
170. Per i dirigenti come per gli altri dipendenti, per il conferimento degli incarichi come per
lattribuzione della parti variabili della retribuzione, per la progressione di carriera
come per lattribuzione di compensi incentivanti, individuali e collettivi, il cuore del
sistema dunque linsieme degli strumenti e delle metodologie di valutazione. In
questo senso appare davvero inadeguata la previsione dellart.147 TUEL, primo
comma, lettera (c), laddove si indica tra le tipologie dei controlli interni la
strumentazione volta a valutare le prestazioni del personale con qualifica
dirigenziale. Il sistema permanente di valutazione piuttosto lo snodo fondamentale
per consentire allAmministrazione di sviluppare una moderna cultura della qualit,
che non pu prescindere da una accurata valorizzazione di tutte le proprie risorse
professionali.

I NUOVI PROFESSIONISTI DELLA P.A.

171. Larticolo 97 della Costituzione stabilisce che agli impieghi nelle pubbliche
amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge (e,
aggiunge lart.51, tutti i cittadini, delluno e dellaltro sesso, possono accedere agli
uffici pubblici in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge ).
Gi nel 1948, dunque, era previsto che, negli apparati professionali pubblici,
potessero essere coinvolte figure in qualche modo diverse (almeno nelle procedure
di reclutamento) dal tipico funzionario di ruolo: assunto per concorso, titolare di un
rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato, normalmente destinato a
completare la propria vita lavorativa nellimpiego pubblico.
Nella disposizione
costituzionale tale ipotesi pare comunque configurarsi come uneccezione alla regola
generale dellassunzione mediante concorso, identificato come lo strumento
organizzativo per tradurre i principi-guida del buon andamento e dellimparzialit
dellamministrazione. nel concreto dei procedimenti di reclutamento del personale.
Per decenni la legislazione ordinaria e la prassi interpretativa hanno confermato
questo giudizio, limitando le assunzioni con procedure diverse dal concorso a
particolari fenomeni stagionali (le assunzioni a tempo determinato nelle localit
turistiche), o alle patologie organizzative di particolari settori della p.a. (il precariato
nei servizi scolastici ed educativi).
172. Un cambiamento significativo si ebbe nel 1990, proprio a partire dal sistema delle
autonomie locali.
Lart.51, quinto comma, della legge 8 giugno 1990, n.142,
consentiva infatti agli statuti di prevedere che la copertura dei posti di responsabili
dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione potesse
avvenire con assunzioni dallesterno con contratto a tempo determinato (di diritto
pubblico o eccezionalmente di diritto privato). Anche allora, per, nonostante la
legge non stabilisse alcun limite quantitativo per la stipula dei contratti a tempo
51

determinato, la prima interpretazione che fu data della nuova potenzialit


organizzativa fu nel senso di consentire iniziative eccezionali, volte a colmare
improvvisi vuoti di organico in figure professionali di alta qualificazione (lingegnere
capo che va in pensione) o a coinvolgere per un periodo limitato di tempo
nellapparato del Comune professionisti di particolarissima specializzazione,
normalmente non disponibili negli organici del personale di ruolo. Cos, ad esempio,
il Comune di Roma decise di
assumere un valente archeologo, docente
universitario, come Sovrintendente ai beni culturali del Campidoglio.
173. La legge n.81 del 1993, per lelezione diretta del Sindaco e del Presidente della
Provincia, formalmente non port alcuna innovazione alle regole per lassunzione dei
dirigenti (ma, quasi negli stessi giorni, lart.21 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n.29,
socchiudeva la porta alle assunzioni di dirigenti generali a tempo determinato anche
nelle amministrazioni dello Stato).
Tuttavia il terremoto provocato dalla
legittimazione popolare diretta del vertice dellAmministrazione locale era destinato a
cambiare, nei fatti, la logica e la finalit del reclutamento dallesterno. Non a caso
per restare allesempio del pi grande comune italiano - la prima assunzione
deliberata dalla nuova Giunta di Roma riguard il Capo di Gabinetto: una figura
tipicamente di cerniera tra politica e amministrazione, legata da uno speciale
rapporto fiduciario con il Sindaco.
Le assunzioni di dirigenti a tempo determinato
diventavano dunque, almeno in alcuni casi, lo strumento per collocare in posizioni
strategiche tecnici e professionisti di fiducia del Sindaco, o che comunque ne
condividevano limpostazione programmatica.
In molte amministrazioni locali in
specie di medio-grande dimensione - professionisti esterni vengono chiamati a
coprire posizioni-chiave dellapparato organizzativo:
la direzione del personale,
lufficio piano regolatore, la direzione del dipartimento per le politiche della mobilit, il
comando del Corpo della Polizia municipale. Il rapporto quantitativo con i dirigenti di
ruolo non super mai una percentuale modesta, inferiore ad 1/10, con punte in
alcune amministrazioni comunali del centro-nord.
Tuttavia la novit determin
inquietudini e tensioni: alcuni innesti si rivelano eccellenti; altri meno; in alcuni
casi il rapporto fiduciario si coniug perfettamente con lalta professionalit, e in altri
sembr lunica ragione per la scelta dallesterno.
174. La vera svolta normativa si ebbe per con la legge 15 maggio 1997, n.127 (le cui
linee sono perfettamente rintracciabili nel testo unico del 2000). La legge stabiliva
infatti:
la possibilit di collocare al vertice dellapparato professionale un
manager di fiducia del Sindaco, assunto con contratto a tempo
determinato (il Direttore generale, il c.d. city manager), e di legare al
Sindaco, con un peculiare rapporto fiduciario, lo stesso Segretario, sia
pure vincolandone la scelta con tempi certi e procedure rigide, allinterno
di un albo predeterminato
la possibilit di assumere con contratto a tempo determinato (con retribuzioni
sostanzialmente di mercato) dirigenti e tecnici di alta specializzazione (e, nei
comuni minori, anche funzionari dellarea direttiva: oggi potremmo dire di
categoria D), ma nel rispetto di (ampli) limiti quantitativi stabiliti dalla legge
la possibilit - per rafforzare la distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo,
proprie degli organi di governo, e le funzioni di gestione amministrativa, proprie
dellapparato professionale di costituire uffici di staff per coadiuvare il
sindaco e gli assessori nelle loro funzioni, anche con il ricorso ad assunzioni a
52

tempo determinato (in questo caso, evidentemente, con lassoluta prevalenza


proprio il tratto fiduciario del rapporto con lorgano di governo).

175. Il Testo unico delle leggi sullordinamento locale (d.lgs. 18 ottobre 2000, n.267)
propone cos unampia gamma di figure di esterni, a diverso titolo coinvolti
nellapparato professionale dellamministrazione locale.
E opportuno
riassumerne i tratti fondamentali.
176. I contratti stagionali (ex art.92 TUEL):
lipotesi pi tradizionale, e tuttavia regolata dalla legge con profili
innovativi
si sostanziano con provvedimenti di assunzione di competenza
dirigenziale
la legge esplicita una previsione di carattere generale (primo comma:
possono costituire rapporti a tempo parziale e a tempo determinato,
pieno o parziale, nel rispetto della disciplina vigente in materia) e la
completa con uno specifico richiamo ai comuni interessati da mutamenti
demografici stagionali in relazione a flussi turistici o a particolari
manifestazioni anche a carattere periodico (secondo comma)
in questo caso la legge dispone una esplicita riserva di regolamento, in
relazione a particolari modalit di selezione secondo criteri di rapidit e
trasparenza ed escludendo ogni forma di discriminazione
in base allaccordo Aran/oo.ss. del 14 settembre 2000, gli enti possono
stipulare contratti individuali a termine nei seguenti casi:
per la sostituzione di personale assente con diritto alla
conservazione del posto (es. distacco sindacale); lassunzione pu
essere anticipata fino a 30 gg. per assicurare laffiancamento
per la sostituzione di personale assente per gravidanza e puerperio
(astensione obbligatori a facoltativa previste dal TU sulla tutela della
maternit e paternit, d.lgs. 151/2001)
per esigenze organizzativa nei casi di trasformazione temporanea di
rapporti di lavoro da tempo pieno a parziale, per un periodo massimo
di sei mesi
per lo svolgimento di attivit stagionali
per esigenze straordinarie, anche derivanti dallassunzione di nuovi
servizi o dallintroduzione di nuove tecnologie, non fronteggiabili con
il personale in servizio (limite massimo nove mesi)
per attivit connesse allo svolgimento di specifici progetti o
programmi, quando alle stesse non sia possibile far fronte con il
personale in servizio (limite massimo dodici mesi)
per la copertura temporanea di posti vacanti nelle diverse categorie,
purch siano state avviate le procedure per la copertura dei posti
(limite massimo otto mesi)
bene peraltro ricordare che, per le medesime fattispecie, le
Amministrazioni locali possono fare ricorso a forniture di lavoro
temporaneo (il c.d. lavoro interinale), comparando i vantaggi delluna e
dellaltra forma di flessibilit (la possibilit di valutare le attitudini e le
capacit del singolo lavoratore in sede di procedura assunzionale, nel
caso dei rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato; la pi
53

semplice gestione delle tensioni che sovente accompagnano i rapporti di


lavoro precario, in specie nella p.a., nellipotesi alternativa del contratto
con una impresa di fornitura di lavoro temporaneo)
ciascuna Amministrazione libera nellindividuare le forme pi appropriate
per il reclutamento del personale a tempo determinato (ovviamente con
procedure ragionevolmente coerenti con la breve durata del rapporto di
lavoro); tuttavia fermo il rispetto dei principi stabiliti dalla legge (in
particolare quelli richiamati dallart.35 del d.lgs. 30.3.2001, n.165):
adeguata pubblicit della selezione e modalit di svolgimento che
garantiscano limparzialit e assicurino economicit e celerit
meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei
requisiti attitudinali e professionali
rispetto delle pari opportunit
composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di
provata competenza
per i profili professionali per i quali richiesto soltanto lassolvimento
dellobbligo scolastico, stabilita la procedura di reclutamento tramite i
centri per limpiego
la proroga del contratto a tempo determinato consentita una sola volta,
con il consenso dellinteressato, e per un tempo non superiore alla durata
del contratto iniziale; la proroga comunque eccezionale, in relazione
ad esigenze contingibili ed imprevedibili, e per lo svolgimento delle
medesime attivit del contratto iniziale
il lavoratore a tempo determinato non pu essere riassunto se non siano
trascorsi almeno 10 gg. dalla data di scadenza del precedente contratto
(20 gg. se il contratto era superiore a 6 mesi); in nessun caso il rapporto a
termine pu trasformarsi legittimamente in rapporto a tempo
indeterminato.
177. I c.d. uffici di staff (uffici alle dirette dipendenze del Sindaco, del Presidente,
della Giunta o degli assessori, ex art.90 TUEL):
il regolamento pu prevedere uffici posti alle dirette dipendenze del
sindaco, della giunta o degli assessori
tali uffici debbono essere impegnati esclusivamente a supporto delle
funzioni di indirizzo e controllo attribuite dalla legge agli organi di governo
(esclusa dunque ogni funzione di gestione amministrativa)
gli uffici possono essere costituiti (sono normalmente costituiti) da
dipendenti dellente (comunque individuati intuitu personae) o da
collaboratori assunti dallesterno con contratto a tempo determinato
(questultima possibilit preclusa agli enti dissestati o strutturalmente
deficitari)
la legge non indica alcun limite numerico per le assunzioni a tempo
determinato (ma spesso un limite stabilito dal regolamento), n
richiesta la previsione dei posti in organico (anzi, per definizione si tratter
di posti al di fuori della dotazione organica)
non vi sono limiti ex lege neppure per la qualifica o categoria in cui
inquadrare il personale assunto a tempo determinato (ma se gli assunti
saranno inquadrati in qualifiche dirigenziali, concorreranno a determinare
le quote massime stabilite dal successivo art.110)

54

quando negli uffici di staff sono coinvolti dipendenti di altra p.a., questi
sono posti in aspettativa senza assegni
i contratti a tempo determinato non possono in alcun caso avere una
durata superiore al mandato dellorgano di governo
le assunzioni sono autorizzate con deliberazione della Giunta comunale;
agli assunti si applica il trattamento previsto dal CCNL del comparto,
eventualmente integrato da un trattamento economico accessorio
onnicomprensivo che valga ad assorbire le quote di retribuzione altrimenti
dovute per lavoro straordinario, produttivit collettiva, qualit prestazione
individuale
lart.14 del d.lgs. 165/2001 indica unanaloga possibilit per il trattamento
economico dei dipendenti di ruolo inclusi negli uffici di diretta
collaborazione dei ministri: si deve ritenere che tale strada sia praticabile
anche negli enti locali, in sede di contrattazione decentrata integrativa,
178. I dirigenti, funzionari dellarea direttiva e tecnici di alta specializzazione assunti
a tempo determinato (ex art.110 TUEL):
lart.110 sembra indicare due distinte fattispecie, peraltro non sempre
facilmente distinguibili: da un lato la copertura dei posti di responsabili
dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione
(comma 1), mediante contratto a termine di diritto pubblico o,
eccezionalmente di diritto privato; dallaltro la stipula di contratti a tempo
determinato al di fuori della dotazione organica (comma 2)
per la prima fattispecie c una riserva statutaria (lo statuto pu
prevedere ); per la seconda, una riserva regolamentare (il
regolamento stabilisce i limiti, i criteri e le modalit ); c da
domandarsi se davvero si tratti di due riserve alternative; appare
ragionevole riconoscere invece per ambedue le fattispecie una
complementariet delle due fonti:
la previsione statutaria e la
conseguente disciplina regolamentare
nellipotesi del primo comma, il contratto di diritto pubblico parifica a tutti
gli effetti (salvo che per la temporaneit del rapporto di lavoro) il dirigente
esterno a quello di ruolo; il contratto di diritto privato disposto con
deliberazione motivata, e presuppone una valutazione attenta delle
necessit di regolare diversamente il rapporto (nei termini giuridici ed
economici)
restano fermi i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire
la fattispecie senzaltro finalizzata allobiettivo di coprire il posto con la
persona pi adatta (cfr. Tar Lombardia, 20.6.1996, n.826), in relazione
alla responsabilit di risultato assunta dal Sindaco di fronte al corpo
elettorale); tuttavia il sindaco non completamento libero nella scelta,
dovendo di regola riferirsi ai dirigenti provenienti dalle carriere comunali e
potendo attingere allesterno, motivando congruamente a riguardo, solo
nel caso in cui le particolari professionalit ed esperienze richieste non
siano riscontrabili nel personale gi in servizio (cfr. Tar Lazio, II,
16.5.1997, n.927)
per i contratti al di fuori della dotazione organica, la legge dispone un
rigido limite quantitativo, fissato in misura diversa per gli enti in cui
prevista la dirigenza (5% del totale della dotazione organica della
dirigenza e dellarea direttiva) e per gli enti che ne sono privi (5% della
55

179.

dotazione organica dellente, arrotondata allunit superiore, o ad una


unit negli enti con una dotazione organica inferiore a 20 unit)
sono dunque possibili assunzioni di dirigenti a tempo determinato anche
nei piccoli comuni (cfr. Tar Lombardia, III, 23.9.1998, n.2174)
il trattamento economico quello previsto dal CCNL del comparto,
integrato da una indennit ad personam, riferita a parametri di mercato
(commisurata alla specifica qualificazione professionale e temporanea,
anche in considerazione della temporaneit del rapporto e delle condizioni
di mercato relative alle specifiche competenze professionali)
le spese relative a questo personale non sono comunque imputate al
costo contrattuale del personale
i contratti a tempo determinato sono risolti di diritto nel caso in cui lente
dichiari il dissesto o venga a trovarsi in situazione strutturalmente
deficitaria
nessuno dei contratti previsti dallart.110 pu eccedere la durata del
mandato del sindaco (ci si domanda se la disposizione si riferisca al
mandato teorico o al mandato effettivo, con la conseguente risoluzione
del contratto in caso di cessazione anticipata dalla carica; la concreta
ratio dellassunzione a tempo determinato sembra indicare la seconda
soluzione; nellambito del contratto individuale di lavoro sono peraltro
possibili clausole volte ad indennizzare il dirigente in caso di risoluzione
anticipata del rapporto di lavoro per cause indipendenti dalla sua volont)
lAmministrazione libera nella scelta delle procedure di reclutamento: la
chiamata diretta, intuitu personae, o il ricorso ad una procedura di
evidenza pubblica, pur semplificata; la prassi applicativa indica esempi
delluno e dellaltro tipo; bene che la scelta sia dunque guidata dalle
caratteristiche dellincarico da ricoprire, limitando le chiamate intuitu
personae agli incarichi ad alto profilo politico-programmatico, e ricorrendo
piuttosto alle procedure selettive dei dirigenti tipiche delle organizzazioni
aziendali private per gli incarichi di pi spiccato profilo tecnico-gestionale
non stato facile chiare la nozione di alta specializzazione,
evidentemente nel contesto dellart. 110 un tertium genus rispetto ai
dirigenti e ai funzionari dellarea direttiva; un parere del Dipartimento per
la funzione pubblica chiarisce che per alte specializzazioni possono
intendersi i professionisti inclusi in albi od ordini professionali, o gli esperti
di nuove tecnologie o di professionalit innovative non previsti nelle
dotazioni organiche dellente
il contratto di lavoro dei dipendenti di altre p.a. assunti ai sensi dellar.110
con contratto a tempo determinato risolto di diritto, con la possibilit di
riassunzione (subordinatamente alla vacanza del posto in organico o
dalla data in cui la vacanza si verifica), su richiesta del dipendente entro i
30 gg. dalla cessazione del rapporto a tempo determinato, o dalla
disponibilit del posto in organico
lassunzione a tempo determinato autorizzata con deliberazione della
Giunta, cui fa seguito la stipula del contratto individuale, e, per i dirigenti,
lordinanza sindacale di conferimento dellincarico

Il direttore generale (il c.d. city manager, ex art.108 TUEL):


il direttore generale assunto con contratto a tempo determinato, secondo
i criteri stabiliti dal regolamento, al di fuori della dotazione organica, con un
contratto di durata non eccedente il mandato del sindaco
56

il contratto certamente di diritto privato (e i suoi contenuti sono rimessi


salvo il rispetto di eventuali previsioni regolamentari alla libera volont
delle parti); in questo senso, a proposito delleventuale cessazione
anticipata dalla carica del Sindaco o del Presidente, valgono a maggior
ragione - le considerazioni esposte nel precedente paragrafo
ci si domandanti se per il direttore generale valgano i i requisiti richiesti
di cui allart.110; insomma, il direttore generale un dirigente? In tal
senso si pronunciato il Consiglio di Stato, che ha riconosciuto al direttore
generale la qualifica, e dunque i requisiti, tipici del dirigente pubblico; un
autorevole commento ha espresso un parere opposto, escludendo
lobbligatorio requisito della laurea (salvo che, ovviamente, non sia
imposto dal regolamento), ritenendo che i compiti di sovrintendenza alla
gestione siano nettamente distinti dalle funzioni gestionali di cui allart.107
TUEL.
180. Le figure previste dalla legge 7 giugno 2000, n.150 (Disciplina delle attivit di
informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni):
la disciplina legislativa riguarda senzaltro anche i Comuni e le Province
(che peraltro potranno esercitare anche in questa materia la potest
regolamentare sullorganizzazione e lo svolgimento delle funzioni, di cui
allart.117, sesto comma, della Costituzione)
la legge prevede anzitutto la figura del portavoce (art.7), assunto anche
esterno allamministrazione; il portavoce (del Sindaco, del Presidente)
non pu esercitare, per tutta la durata del relativo incarico, attivit nei
settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni
pubbliche, e ha diritto ad una indennit determinata dallorgano di
vertice nei limiti delle risorse disponibilit appositamente iscritte in bilancio
per le medesime finalit
gli uffici stampa dellamministrazione (art.9) dovranno essere costituiti
da personale iscritto allalbo nazionale dei giornalisti dipendenti delle
amministrazioni pubbliche, anche in posizione di comando o fuori ruolo, o
da personale estraneo alla p.a. in possesso dei titoli individuati dal
regolamento; si dispone anche in questo caso che i coordinatori e i
componenti dellufficio stampa non possono esercitare per tutta la durata
del relativo incarico, attivit nei settori radiotelevisivo, del giornalismo,
della stampa e delle relazioni pubbliche
si stabilisce inoltre che negli uffici stampa lindividuazione e la
regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione
collettiva nellambito di una speciale area di contrattazione, con
lintervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei
giornalisti
si pone un problema di coordinamento di questultima disposizione con le
norme degli artt.92 e 110 TUEL, che fanno esplicito riferimento al CCNL
del comparto regioni-enti locali: si pu ritenere, tuttavia, che nel caso di
specie prevalgano le disposizioni della legge 150 secondo il criterio
ermeneutico della prevalenza della lex specialis.
181. Gli incarichi di collaborazione professionale (art.110 TUEL, c. 6):
a queste diverse tipologie di assunzione che comunque stabiliscono un
rapporto di lavoro subordinato, ancorch a tempo determinato si debbono
57

aggiungere le molteplici forme di coinvolgimento di singoli professionisti nelle


attivit e nelle funzioni della p.a., in forma di lavoro autonomo
il conferimento di tali incarichi professionali un atto di competenza
dirigenziale (nellambito delle risorse assegnate, per il conseguimento degli
obiettivi stabiliti)
la legge dispone confermando una previsione dellart.51 della legge
n.142/1990 una riserva di regolamento, e stabilisce i parametri che debbono
guidare il conferimento degli incarichi profesisonali (obiettivi determinati,
convenzione a termine, alto contenuto di professionalit)
noto che si tratta di una materia che in pi occasioni ha attirato lattenzione
critica del giudice contabile (e spesso un fronte critico anche nelle relazioni
sindacali e nei rapporti politici con lopposizione consiliare); la giurisprudenza
della Corte dei conti aiuta peraltro ad individuare i parametri di valutazione
della legittimit dei provvedimenti di conferimento degli incarichi:
competenza e interesse dellente per lattivit affidata al consulente
impossibilit di svolgere adeguatamene lattivit con il personale in
servizio
comprovata professionalit e competenza specifica del consulente
congruit del compenso
caratteri di temporaneit e concretezza (contratto dopera)
in sintesi: il ricorso alla attivit di soggetto esterno allente pubblico pu essere
effettuato quando non presenti carattere di generalit e indeterminatezza,
quando sia circoscritto nel tempo, quando non comporti impegni di spesa
particolarmente rilevanti e quando, pure in presenza di un ufficio con specifiche
competenze nellorganizzazione dellente, le unit di cui questo ufficio disponga
siano manifestamente insufficienti rispetto alle eccezionali esigenze da
soddisfare (Sezione Puglia, 5.10.1994, n.93)

182. La molteplicit delle esperienze descritte consente di trarre alcune, pur provvisorie,
conclusioni. Il tema oggi obiettivamente caldo in relazione alle polemiche che
hanno accompagnato la prima attuazione della legge 15 luglio 2002, n.145, che
modificando il d.lgs. 30 marzo 2001, n.165, ha introdotto, secondo alcuni
commentatori, un generalizzato spoil system per gli incarichi dirigenziali nello Stato.
Si teme insomma che la temporaneit e revocabilit degli incarichi, e a maggior
ragione la diffusione delle assunzioni di dirigenti a tempo determinato, consentano
obiettivamente di arrecare un serio vulnus al principio di distinzione tra funzioni
politiche e gestione amministrativa.
In verit limitando le nostre osservazioni
allamministrazione locale le innovazioni che, a partire dal 1990, hanno ampliato la
gamma dei casi stabiliti dalla legge (97 Cost.) per le assunzioni a tempo determinato
rispondevano a due distinte esigenze e ragioni: da un lato la ricerca di una maggiore
flessibilit dellamministrazione, a fronte della lentezza e farraginosit degli ordinari
procedimenti assunzionali, per reagire tempestivamente ed efficacemente al rapido
mutare della domanda di servizi, attivit, prestazioni; dallaltro la necessit di una pi
forte affidabilit programmatica degli apparati professionali, in ragione della
crescente responsabilit di risultato dei governi locali dinanzi alle rispettive
comunit. Evidentemente solo questultima esigenza postulava una sorta di spoil
system, da ben calibrare proprio per non invadere impropriamente la sfera
dellautonomia (e della imparzialit) della dirigenza pubblica.
Ma un convincente
punto di equilibrio tra le molte ragioni in campo si pu trovare solo tenendo nel giusto
conto tutte le esigenze. E allora:
58

Non c dubbio che lapertura a nuove e diverse forme di assunzione a tempo


determinato consente di colmare, almeno in parte, una delle pi vistose cause
del gap di efficienza tra le organizzazioni aziendali di tipo privato e la P.A.,
derivanti dalla difficolt di adeguare tempestivamente lorganizzazione e i profili
professionali degli operatori pubblici al mutare delle esigenze. E se per le
imprese il mercato ad imporre una crescente velocit nei cambiamenti
organizzativi, la sottovalutazione di una simmetrica esigenza nelle
amministrazioni pubbliche rischia di indurre inevitabilmente ad una fuga
dallamministrazione, con processi di privatizzazione ed out-sourcing non
motivati in s, quanto piuttosto giustificati dalla mancata modernizzazione degli
apparati pubblici.
altrettanto vero, per, che leggi e contratti consentono oggi il ricorso ad una
vasta gamma di strumenti per assicurare flessibilit agli apparati pubblici, in
specie nelle amministrazioni locali, cos come certamente possibile innovare
radicalmente le procedure di assunzione del personale a tempo indeterminato.
Flessibilit nel e del rapporto di lavoro e innovazione nei metodi di selezione del
personale sono dunque possibili (e necessarie), ma nulla hanno a che fare con
lesigenza altrettanto rispettabile di individuare negli apparati pubblici alcune
figure (di vertice) legate da un rapporto fiduciario con gli organi di governo.
In questo senso, solo per alcune tipologie di rapporto si pu parlare sia pure
per lontana assonanza di uno spoil system di derivazione statunitense,
connesso al rapporto fiduciario tra professionista e organo di governo, ed
opportuno che, nellesercizio dellautonomia normativa e organizzativa di
ciascun ente, si espliciti il confine che distingue gli incarichi di natura
prettamente fiduciaria, intimamente connessi al profilo politico-programmatico
dellAmministrazione, da quelli pi direttamente coinvolti in attivit gestionali, che
sono necessariamente presidiate dal principio di imparzialit (evidentemente il
confine importante sia nel conferimento di incarichi a dirigenti o dipendenti dei
ruolo, sia nellassunzione di dirigenti o funzionari con contratto a tempo
determinato).
E dunque ai fini tanto delle procedure di reclutamento, che di conferimento e
revoca degli incarichi, che di valutazione dei dirigenti e dei quadri intermedi occorre fare riferimento ai concreti contenuti professionali dei singoli incarichi,
nel loro rapporto con la politicit e con limparzialit dellamministrazione, con
le funzioni di indirizzo e con quelle di gestione.
Peraltro, ingenua e superficiale la convinzione di poter produrre miglioramenti
nellefficacia dei servizi pubblici solo attraverso linnesto di professionalit
maturate allesterno; al contrario, i risultati migliori si ottengono con la
contaminazione tra culture professionali diverse, e dunque con la
collaborazione tra professionisti formati e cresciuti nella P.A. ed altri con un
diverso bagaglio di esperienze (imprese private, libere professioni, universit e
ricerca).
Ad oltre un decennio dalla legge 142/90 comincia peraltro ad essere necessaria
una riflessione, con lapproccio tipico delle scienze sociali, su una nuova
tipologia di professionisti dellamministrazione pubblica: dirigenti o tecnici di
alta specializzazione che solo per un periodo limitato della propria vita lavorativa
sono funzionari pubblici, e sviluppano conseguentemente un profilo
professionale e attitudinale integrato.
E nato insomma un nuovo mercato
delle professionalit pubbliche di cui occorre tenere conto, sia sul versante delle
amministrazioni (perch con quali limiti e quali esigenze - si ricorre a
professionisti esterni?) che su quello degli operatori (perch con quali
59

aspettative e quale bagaglio professionale si compete sul mercato delle


professionalit qualificate nella p.a.?).
Tuttavia, in questo percorso evolutivo dei modelli organizzativi della p.a. occorre
ancora fare i conti con la cultura di alcuni organi giurisdizionali, che stenta
talvolta ad accettare come fisiologico, ed anzi positivo, questo intreccio di
percorsi professionali, e sembra ancorata alla convinzione che debba comunque
essere una (rara e) motivata eccezione rispetto alla normalit di
unorganizzazione integralmente fondata sul rapporto di impiego pubblico (a
tempo indeterminato).

I PROVVEDIMENTI DELLAMMINISTRAZIONE COMUNALE:


DELIBERAZIONI E DETERMINAZIONI DIRIGENZIALI.
183. i pi importanti provvedimenti dellAmministrazione comunale sono le deliberazioni
degli organi collegiali la Giunta ed il Consiglio e le determinazioni dei dirigenti. Il
quadro dovrebbe essere completato con le ordinanze del Sindaco (o del Presidente
di Circoscrizione); tuttavia nella consapevolezza che molti aspetti che verranno
trattati riguardano anche i provvedimenti dellorgano monocratico di governo
appare preferibile, per le specifiche caratteristiche di questi ultimi, rinviare alle
puntuali riflessioni svolte nelle lezioni riservate alle funzioni del Sindaco.
E
indispensabile infine ricordare che, per le pi diverse tradizioni locali, talora gli stessi
provvedimenti assumono una denominazione differenziata: delibera piuttosto che
deliberazione, determina (o ancora disposizione) piuttosto che determinazione,
decreto piuttosto che ordinanza. Le espressioni che utilizzeremo sono quelle
proprie del legislatore, ma evidentemente la sostanza non cambia.
184. Deliberazioni e determinazioni sono atti amministrativi motivati ed impugnabili: cio
motivati perch impugnabili. E se lart.3 della legge 241/90, al secondo comma,
esclude lobbligo di motivazione per gli atti normativi e quelli a contenuto generale,
possiamo ritenere, senza tema di smentite, che nello specifico contesto
dellAmministrazione locale ciascun provvedimento che assuma la forma della
deliberazione o della determinazione debba essere motivato: anche la deliberazione
di approvazione di un regolamento (con una distinzione logica tra deliberazione di
approvazione ed atto normativo).
Pu probabilmente sottrarsi allobbligo di
motivazione la deliberazione statutaria, per la peculiare posizione che lo statuto
assume nel sistema delle fonti, dopo lentrata in vigore della legge costituzionale
n.3/2001.
185. E evidente, peraltro, che determinazioni e deliberazioni non sono le uniche vesti
che possano assumere le decisioni rispettivamente degli organi collegiali o dei
dirigenti dellamministrazione locale. Per gli organi di governo, sono ben noti gli atti
di indirizzo che assumono la forma di mozioni, risoluzioni, ordini del giorno o
memorie, n si possono trascurare gli atti di direttiva assunti collegialmente dalla
Giunta, o individualmente dal Sindaco o dallAssessore.
Sono atti che non lecito
banalizzare, perch costituiscono una forte esplicitazione della funzione di indirizzo:
nel circuito della responsabilit politica, tra Sindaco (Giunta) e Consiglio, e in quello
60

della responsabilit dirigenziale, tra Giunta (Sindaco, Assessore) e dirigenti, ma che


non hanno la capacit di incidere sulla sfera giuridica di altri (se non, appunto,
nellambito del rapporto di direttiva, nel caso previsto dallart.109, primo comma,
Tuel). Lo stesso potr dirsi, ovviamente, per le disposizioni comunque denominate
(indirizzi, circolari, ecc.) diramate dal Segretario o dal Direttore generale nei confronti
dei dirigenti, o dal dirigente preposto ad una struttura complessa dipartimento, area
verso i dirigenti subordinati. Sono atti che assumono una enorme importanza
nella vita concreta dellamministrazione e costituiscono un parametro di correttezza
per lazione dei destinatari (con la capacit di incidere sulla stessa retribuzione di
risultato), ma che in nessun caso possono derogare deliberazioni o determinazioni
assunte in modo formale.
186. Ciascuna deliberazione sia essa di competenza della Giunta o del Consiglio
comunale (o del Consiglio circoscrizionale) deve poter evidenziare:
un soggetto, competente ad adottare latto e ad assumere, nel concreto, quella
decisione
un oggetto, identificabile fin nel titolo dellatto (e si evitino le formule criptiche, o
di mero rinvio ad altri atti: Modifiche ed integrazioni alla deliberazione n. xxx
del yyy!)
un nomen juris che valga ad identificare la tipologia dellatto (con le avvertenze
richiamate fin nel primo paragrafo, sulle minime differenze che tradizioni locali
possono comportare)
la data ed il numero progressivo, su base annua (rilevanti ai fini
dellaccessibilit dellatto, anche nel futuro, e a definirne i termini di efficacia e di
impugnazione
la motivazione (su cui converr soffermarsi tra breve)
il dispositivo (cio la decisione concreta)
limpegno di spesa, con la correlata copertura finanziaria)
leventuale decisione di immediata eseguibilit.
187. A proposito di questultimo elemento. Lart.134 Tuel depurato dai riferimenti ai
controlli esterni, superati con lentrata in vigore della legge costituzionale n.3/2001
dispone che la deliberazione diventa esecutiva dopo il decimo giorno dalla loro
pubblicazione sullalbo pretorio (salvo termini diversi stabiliti dalla legge (cfr., ad
esempio, lart.6 Tuel, per le deliberazioni statutarie). Tuttavia nel caso di urgenza
le deliberazioni del consiglio o della giunta possono essere dichiarate
immediatamente eseguibili con il voto espresso dalla maggioranza dei componenti.
La decisione relativa alla immediata eseguibilit deve essere assunta con votazione
separata rispetto allapprovazione del provvedimento, restandone logicamente
distinta, anzitutto perch presidiata dalla maggioranza qualificata (ma comunque
perch ciascun componente dellorgano collegiale potrebbe ben esprimere
valutazioni differenziate sul merito del provvedimento e sulla opportunit della sua
immediata esecuzione).
Lapprezzamento della urgenza resta peraltro confinato
nellambito della discrezionalit politica, non dovendo essere motivato n potendo
essere impugnato per ragioni di merito.
188. La motivazione, come si gi avuto modo di accennare, assume una importanza
fondamentale nella struttura dellatto, anzitutto ai fini della sua impugnabilit e del
conseguente giudizio. Elementi essenziali della motivazione sono: a) la causa; b) i
pareri; c) i riferimenti normativi.
La motivazione carente, illogica o contraddittoria
non pu essere integrata successivamente, se non in tempi davvero brevi, e
61

comunque prima che la deliberazione sia stata impugnata in sede giurisdizionale (cfr.
Cons. Stato, sez.V, 23.5.1984, n.396). Qualora, per esigenze di autotutela, o per
qualsiasi altra ragione, lorgano intenda revocare la deliberazione gi assunta, la
decisione dovr assumere la medesima veste di deliberazione, congruamente
motivata in ordine alle ragioni della revoca (cfr. Cons. Stato, V, 29.10.1994, n.1150).
Quanto ai tre elementi pocanzi richiamati:
la causa deve evidenziare il percorso logico che ha condotto lorgano ad
assumere la decisione: muovendo dallinteresse pubblico perseguito, si
dovranno richiamare i fondamenti della competenza (dellente e,
successivamente, dellorgano) ed esplicitare le valutazioni anzitutto nella
comparazione con altre possibilit che hanno guidato la scelta;
lo
svolgimento della causa del provvedimento, pur sintetico, deve insomma
consentire di cogliere in modo inequivoco i presupposti giuridici e di fatto, le
ragioni sostanziali e la comparazione degli interessi in campo;
i pareri che debbono essere esplicitamente inseriti nel corpo della motivazione
possono essere distinti in obbligatori e facoltativi. Tra i primi, ricordiamo: i
pareri dei responsabili dei servizi (regolarit tecnico-amministrativa e regolarit
contabile), nei modi e nei casi previsti dallart.49 Tuel;
il parere del
segretario, nel caso previsto dallart.97, quarto comma, lettera b, ma anche nei
casi ulteriori eventualmente stabiliti dallo statuto o dai regolamenti ai sensi della
successiva lettera d (cfr. a questo proposito, la circolare Min.Interno, 15.7.1997,
n.1);
il parere dellorgano di revisione, nei casi previsti dallart.239, lettera b,
del Tuel; gli eventuali pareri di altre amministrazioni prescritti dalla legge (per i
quali valgono le regole del silenzio assenso disposte dallart.16 della legge
n.241/1990, esplicitamente richiamate dallart.139 Tuel).
Tra i pareri facoltativi, giova ricordare:
i pareri dellavvocatura comunale
(competente per legge a svolgere unattivit consultiva per conto dellente di
appartenenza), i pareri che esprimeva il Co.Re.Co. ai sensi dellart.129 Tuel
(alcune regioni sembrano orientate a rimodulare gli organi di controllo, ormai
superati, proprio in questa direzione), i pareri pro veritate richiesti
dallAmministrazione ad esperti di chiara fama, i c.d. pareri di congruit
richiesti ad un dirigente diverso dal responsabile del servizio in ragione della
sua specifica competenza tecnica (tale potr essere, ad esempio, il parere del
responsabile dei servizi tecnologici inserito in una proposta di deliberazione,
predisposta dal dirigente responsabile di altro ufficio, per lacquisizione di
apparati informatici).
i riferimenti normativi completano il percorso logico della motivazione,
esplicitando, sia pure sinteticamente (nomen juris, data e numero) le fonti su cui
si fondato il ragionamento causale; giova ricordare che come ha
recentemente sottolineato la Corte dei conti - nel delineare il quadro normativo
si deve aver riguardo ai diversi livelli di normazione con riferimento a tutti, e
non a uno solo, degli ordinamenti coinvolti, e pertanto essenzialmente
dallordinamento autonomo del Comune che devono essere estratti i parametri
alla cui stregua valutare la conformit al diritto delloperato
dellAmministrazione (C.Conti, sez.II giur.centr., 22.4.2002, n.137).

189. Molti aspetti del procedimento deliberativo sono gi stati trattati nelle lezioni relative
alle funzioni degli organi collegiali di governo. In questa sede bene richiamare le
fasi essenziali del procedimento:
62

La fase delliniziativa.
Molti sono i titolari delliniziativa deliberativa.
Limitandoci ad esaminare le deliberazioni di competenza consiliare, ne sono
titolari ciascun consigliere (art.43 Tuel), la Giunta (art.48), il Sindaco (in quanto
consigliere: art.37), i cittadini singoli o associati, secondo le previsioni statutarie
(art.8), gli altri soggetti eventualmente indicati dallo statuto (ad esempio, i
consigli circoscrizionali, le consulte, ecc.), gli altri organi indicati dalla legge in
casi particolari (il Prefetto, art.70; i commissari, nelle diverse fattispecie di cui
allart.141; lorgano di revisione, art.239).
Normalmente le proposte sono libere e non vincolanti: talora la legge impone
peraltro un dovere di proposta (cos per la Giunta, in materia di bilancio e di
rendiconto, ex art.141;
analogo il dovere spettante al commissario ex
art.141, secondo comma, e quello proprio dellorgano di revisione, ex art.239);
in altri casi ancora, la proposta determina, in capo al Consiglio, un dovere di
decidere (cfr. ancora una volta, gli artt.141 e 239 in materia di bilanci e
rendiconti, lart.52, per la mozione di sfiducia; lart.8, terzo comma, per le
proposte di iniziativa popolare, in relazione alle garanzie per il loro tempestivo
esame disposte dallo statuto).
Sovente, nellelaborazione delle proposte di deliberazione, concorrono lazione
di organi politici (lassessore, il consigliere) e quella degli apparati professionali,
chiamati non solo ad esprimere i pareri obbligatori, ma a dare forma ad un
impulso dellorgano di indirizzo: in questa convergenza non vi , naturalmente,
alcuna impropria commistione tra funzioni di indirizzo e funzioni di gestione,
essendo piuttosto doveroso, da parte degli apparati, prestare la propria
collaborazione agli organi, secondo diligenza e correttezza, senza interferire in
valutazioni propriamente politiche.
La fase dellesame. Vale in materia il principio della libert del procedimento,
disciplinato in tutte le sue parti salvo casi eccezionali dalle fonti di
autonomia.
E in particolare il regolamento consiliare (art.38 Tuel) a
disciplinare il procedimento di esame delle proposte di deliberazione, in
commissione e nel plenum del consiglio, con pochissimi vincoli (quale ad
esempio il numero minimo dei componenti per la validit della seduta in
seconda convocazione). La disposizione transitoria dellart.273.6 Tuel vale a
sottolineare lautonomia degli enti nellorganizzare il procedimento deliberativo.
Quanto alla disciplina della partecipazione al procedimento, giova ricordare che
lart.10 Tuel si pone come lex specialis rispetto alla disciplina generale posta al
Capo III della legge n.241/1990.
La fase della votazione.
In principio tutte le deliberazioni sono assunte a
scrutinio palese (salvo, probabilmente, per lelezione della commissione
elettorale, ex art.41 Tuel).
E peraltro legittimo anzi, consueto che il
regolamento preveda lo scrutinio segreto per le votazioni riguardanti persone
(cfr. a tale proposito Cons.Stato, sez.V, 27.5.1991, n.846). Quanto al numero
legale per la validit della seduta, avendo gi ricordato il limite minimo posto per
la validit della seconda convocazione, giova sottolineare come gli astenuti
concorrano alla sua determinazione (cfr. Cons.Stato, V, 21.6.1985, n.242).
Le decisioni sono normalmente assunte a maggioranza semplice, salvo i
(peraltro numerosi) casi in cui la legge, lo statuto o il regolamento prescrivano
maggioranze qualificate (cfr., ad esempio, artt. 6, 8, 4.2, 52.2, 127.2, 134.4,
234.3 Tuel).
Quanto alle maggioranze qualificate prescritte da fonti di
autonomia, bene ricordare: a) che ci possibile solo in fonti a loro volta
presidiate da maggioranze qualificate (anzitutto lo statuto e il regolamento
consiliare); b) che comunque improprio dilatare il ricorso a maggioranze
63

qualificate quasi a confondere il piano delle regole condivise e quello della


doverosa dialettica tra maggioranza e opposizione.
In questo senso, nulla
potr obiettarsi a quei Comuni (e sono molti) che hanno previsto in statuto la
maggioranza assoluta per lapprovazione di regolamenti a carattere
spiccatamente ordinamentale (istituti di partecipazione, difensore civico,
decentramento, ecc.).
In caso di parit tra i voti favorevoli e quelli contrari, la proposta non si intende
approvata, ma paradossalmente neppure respinta, nel senso che sar
possibile sottoporla nuovamente al voto del consiglio, anche a brevissima
distanza di tempo (cfr. Cons.Stato, V, 14.6.194, n.672; cfr. inoltre sez.IV,
n.916/82). Il Segretario (art.97.4, lettera a) dovr porre particolare cura nella
verbalizzazione delle votazioni, essendo il verbale lunico atto pubblico valido a
documentare lesito della votazione e, soprattutto, a determinare la
responsabilit dei componenti dellorgano (sono infatti responsabili solo i
componenti della Giunta o del Consiglio che hanno concorso
allapprovazione della deliberazione con il voto favorevole).
La fase della pubblicazione. La legge prescrive che tutte le deliberazioni siano
pubblicate mediante affissione allalbo pretorio per quindici giorni consecutivi
(art.124 Tuel), salvo specifiche disposizioni di legge (ad esempio, come si gi
notato, le deliberazioni statutarie dovranno essere affisse allalbo pretorio per
30 gg.; altra eccezione alla regola generale riguarda la pubblicazione degli
strumenti urbanistici).
Per ovvie ragioni di praticit, la pubblicazione potr
riguardare il provvedimento in senso stretto, senza includere il verbale della
discussione ed approvazione, conoscibile dagli interessati con il normale
esercizio del diritto di accesso (Cons.Stato, IV, 21.1.1987).
La pubblicazione
deve essere intesa come momento integrativo dellefficacia (salvo nel caso, gi
illustrato, dellimmediata eseguibilit deliberata ai sensi dellart.134.4 Tuel). In
ogni caso la pubblicazione vale a determinare il termine a quo per
limpugnazione (decorrente dallultimo giorno della pubblicazione).
Leventuale ritardo nellattivare la pubblicazione responsabilit propria del
Segretario comunale non produce alcun effetto sulla validit dellatto:
semplicemente, sar ulteriormente differita lefficacia, cos come il termine per
limpugnazione (altra cosa , ovviamente, la responsabilit che graver sul
Segretario in caso di gravi e reiterate inadempienze, che potrebbero giungere a
costituire violazione dei doveri dufficio ai sensi dellart.100 Tuel, tanto pi
quando vi siano atti statuto, regolamento, direttive del Sindaco che
stabiliscano dei termini per gli adempimenti connessi alla pubblicazione).
E bene infine richiamare lattenzione sulla evidente distinzione tra pubblicit
legale pubblicit sostanziale: certamente laffissione allalbo pretorio non il
modo migliore per far conoscere ai cittadini il contenuto di una deliberazione!
La legge peraltro impone di adottare ogni iniziativa opportuna per rendere
effettiva la conoscenza dei provvedimenti dellAmministrazione: dai mezzi pi
tradizionali (il manifesto murale), fino alluso di tecnologie informatiche (internet)
o dei mezzi di comunicazione di massa, stampati o radiotelevisivi.

190. Molte delle considerazioni sinora svolte potrebbero essere replicate, senza differenze
significative, per le determinazioni dirigenziali: gli atti con i quali i dirigenti esercitano
gli autonomi poteri di spesa e di organizzazione ed impegnano lamministrazione
verso lesterno, a norma dellart.107 Tuel. Il nomen juris del provvedimento
dirigenziale trae origine dallart.4 del d.lgs. n.29/1993 (ora art.5, secondo comma, del
64

d.lgs. n.165/2001), riferito peraltro solo ai c.d. poteri di organizzazione. La stessa


denominazione fu indicata come propria dei provvedimenti di competenza
dirigenziale dalla circolare del Ministero dellInterno n.6 del 2.6.1993. E stato per il
d.lgs. n.77/1995 (norme in materia di contabilit) ad indicare senza possibilit di
equivoci la necessit di adottare tale terminologia: la disposizione ora rintracciabile
allart.183 Tuel, il cui nono comma cos recita: Il regolamento di contabilit disciplina
le modalit con le quali i responsabili dei servizi assumono atti di impegno. A tali
atti, da definirsi determinazioni, e da classificarsi con sistemi di raccolta che
individuano la cronologia degli atti e lufficio di provenienza, si applicano .
191. Un delicatissimo problema si pone oggi per gli atti di gestione che larticolo 29,
comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n.448 (legge finanziaria 2002) consente di
assegnare alla competenza del Sindaco e degli assessori, nei Comuni inferiori a
5.000 abitanti, quando lo preveda il regolamento.
Non questa la sede per un
giudizio sul merito e lopportunit di tale innovazione (e persino su alcuni profili di
legittimit: pare almeno improprio il rinvio al solo regolamento, senza un passaggio
nello statuto, la fonte dove si dovrebbero stabilire le norme fondamentali
dellorganizzazione dellente), che ha sviluppato (e reso ancor pi contraddittoria)
una disposizione gi presente nella legge n.388/2000.
E per necessario
sottolineare che lattribuzione ad un organo politico di competenze normalmente
dirigenziali non vale a modificare la natura dei provvedimenti conseguenti, che
resteranno a tutti gli effetti determinazioni.
192. In ciascuna determinazione deve esser chiaramente indicato il soggetto che adotta
latto nellesercizio delle funzioni e delle responsabilit che gli sono attribuite con il
provvedimento formale di conferimento dellincarico dirigenziale. Il soggetto (persona
fisica) da cui latto promana deve apporre, ad substantiam, la propria firma
(sottoscrizione) corredata dallindicazione della qualifica ricoperta. Anche la data, il
numero e lufficio (provenienza) costituiscono elementi essenziali delle
determinazioni, che dono essere emesse in ordina cronologico e in tale sequenza
numerate. La numerazione deve essere riferita allufficio di provenienza: non ci
sar una numerazione complessiva per lente n, ovviamente, una numerazione
riferita alla persona fisica del dirigente che adotta latto (insomma, ci sar la
Determinazione n.1 del 1 gennaio 2001 del Direttore del Dipartimento risorse
umane). Lesemplare originale (salvo necessit di disporre di esemplari in copia
conforme per tutti gli altri effetti) conservato in appositi classificatori.
193. Loggetto della determinazione precisa in modo sintetico (anche al fine di rendere
agevole la ricerca dellatto) quanto con essa disposto. Il preambolo (o parte
narrativa) riporta la motivazione del provvedimento (valgono a tale proposito le
considerazioni al n.8). E peraltro necessario che siano evidenziati nelle motivazioni
i presupposti di competenza, a cominciare dai riferimenti nel PEG e nel piano
dettagliato degli obiettivi, cos come i riferimenti ad atti generali di indirizzo o a
specifiche direttive degli organi di governo.
Altrettanta attenzione dovr essere
posta in sede di motivazione, quando la disposizione comporti unautorizzazione di
spesa, per esplicitare non solo la corretta imputazione della spesa al relativo
capitolo, e la conseguente copertura finanziaria, ma anche la sua utilit e idoneit al
raggiungimento dei fini coincidenti con gli interessi della comunit.
La carenza
assoluta di motivazione della determinazione pu integrare una presunzione di
inutilit o addirittura di mera liberalit, con la conseguente responsabilit
amministrativa in capo al dirigente che lha adottata (Corte Conti, I sez.giur.centr.,
3.7.1998, n.208).
65

194. Ovviamente, rispetto alle deliberazioni, ben diverso - per le determinazioni - il


regime dei pareri. Non c non avrebbe senso il parere di regolarit tecnicoamministrativa (che dovrebbe essere apposto dallo stesso dirigente che adotta il
provvedimento: cfr. a questo proposito circ.Min.Interno FL 25/97 del 1.10.1997).
Non vi neppure, in senso proprio, il parere di regolarit contabile, che finirebbe per
sovrapporsi inutilmente al visto di regolarit contabile attestante la copertura
finanziaria, che rende esecutiva la determinazione di spesa (art.151.5 Tuel): del
resto la legge esplicita nel contrapporre i pareri di regolarit contabile sulle
proposte di deliberazione e il visto di regolarit contabile sulle determinazioni
(art.153.5 Tuel). Il visto contiene peraltro in s una duplice natura: unattestazione
di giudizio, in relazione alla regolarit contabile dellatto controllato, e una
dichiarazione di scienza, con riguardo alla esistenza o meno della copertura
finanziaria.
In altre parole, il visto deve contenere, o comunque contemplare,
limporto della spesa, limpegno contabile su un determinato e pertinente capitolo di
bilancio sufficientemente capiente, la valutazione di incidenza sullequilibrio
finanziario della gestione. E ben possibile che vi siano, nella premessa della
determinazione, pareri facoltativi, del tutto analoghi a quelli citati sub 8 (in particolare,
pareri pro-veritate e pareri di congruit).
Alcuni enti hanno previsto nel
regolamento sullordinamento degli uffici che alcune determinazioni dei dirigenti in
posizione sub-apicale debbano recare un visto o parere del dirigente sovraordinato,
come direttore del dipartimento o dellarea: tali pareri acquistano, ovviamente, il
tratto dellobbligatoriet.
195. Il dispositivo, con il quale si concretizza e viene espressa la manifestazione di
volont che rappresenta la decisione del soggetto che lha adottata, reca il contenuto
della determinazione. In particolare le determinazioni a contrarre (art.192 Tuel)
indispensabili per distinguere e distanziare lattivit provvedimentale, di diritto
pubblico, e la conseguente attivit negoziale, di diritto privato - debbono contenere i
seguenti elementi: a) il fine che si intende perseguire con il contratto; b) loggetto del
contratto, la sua forma, e le clausole ritenute essenziali; c) le modalit di scelta del
contraente, e le ragioni che ne sono alla base.
196. Se lesecutivit delle determinazioni esplicitamente disciplinata dalla legge
(art.151.4 Tuel), nulla previsto per la pubblicit del provvedimento. Non sembrano
affatto convincenti le interpretazioni che hanno preteso di imporre anche alle
determinazioni il regime di pubblicit legale (affissione allalbo pretorio) previsto per
le deliberazioni degli organi collegiali. E, ovviamente, valgono per le determinazioni
le regole generali sulla conoscibilit degli atti amministrativi, a cominciare dallart.10
Tuel e dalla consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo in materia (cfr.,
Cons.Stato, V, 15.1.1997, n.38). Tuttavia il problema c, ed importante, se si
consideri che progressivamente, con il pieno dispiegarsi del principio di distinzione
tra le funzioni di indirizzo e quelle di gestione amministrativa, molte delle decisioni pi
rilevanti per la vita dellamministrazione e dei cittadini sono ormai assunte dai
dirigenti, in forma di determinazione.
In questione non c, evidentemente,
laffissione allalbo pretorio.
Si tratta piuttosto di cogliere le conseguenze del
progressivo spostamento del baricentro delle decisioni su un insieme di istituti,
concepiti quando la deliberazione collegiale era ancora il provvedimento per
eccellenza, chiamato ad occupare gli spazi pi importanti dellattivit
provvedimentale dellAmministrazione locale: si pensi alla trasmissione dellelenco
delle deliberazioni della Giunta ai capigruppo consiliari e la messa disposizione dei
loro testi a tutti i consiglieri (art.125), o alla possibilit prevista da molti statuti
comunali e provinciali di sottoporre alcune tipologie di deliberazione a referendum
66

consultivo o addirittura abrogativo (art.8).


E dunque assolutamente opportuno che
lAmministrazione affronti con efficacia questo nodo, anzitutto disponendo forme di
pubblicit sostanziale per le pi importanti determinazioni dirigenziali, e
preoccupandosi di consentirne limmediata conoscenza da parte degli organi titolari
delle funzioni di indirizzo e controllo.

IL DECENTRAMENTO INFRA-COMUNALE.
197. Come abbiamo gi notato, lestrema diversit dei Comuni italiani (anzitutto per
popolazione e territorio) pone inevitabilmente problemi di efficienza e di efficacia, in
particolare in un quadro di progressivo enorme decentramento delle funzioni
amministrative. A fronte della difficile praticabilit delle ipotesi pi radicali (funzione
dei Comuni pi piccoli, disarticolazione dei Comuni troppo grandi), lordinamento
indica una duplice strada, per la ricerca di dimensioni ragionevoli: Il Comune
recita lart.13.2 TUEL per lesercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati attua
forme sia di decentramento sia di cooperazione con altri Comuni e con la Provincia.
Per lovvia ragione che lUniversit La Sapienza ha sede in Roma, concentriamo
allora lattenzione sul primo aspetto del problema - il decentramento dei Comuni pi
grandi consapevoli peraltro che Roma, in quanto Capitale della Repubblica,
presenta problemi (e possibili soluzioni) diversi ed ulteriori anche rispetto alle altre
grandi citt del paese.
198. Le prime norme relative al decentramento infracomunale risalgono ai pi remoti
vagiti dellordinamento delle autonomie locali: gi nel 1865 era stato infatti previsto
che i Comuni di maggiori dimensioni potessero agevolare laccesso dei cittadini ai
servizi amministrativi istituendo uffici decentrati nei quartieri (agglomerati in cui si
riparte il centro urbano), nelle borgate o nelle frazioni (agglomerati distanti dal centro
urbano e differenziati dal capoluogo).
199. Queste remote disposizioni hanno costituito la sola base normativa su cui, nel
secondo dopoguerra, si sviluppata una ricca sperimentazione comunale. Furono
le maggiori citt dellItalia centro-settentrionale, in particolare negli anni sessanta, ad
avviare larticolazione dei rispettivi territori in quartieri, circoscrizioni, zone o
aree. Esemplare, a questo proposito, lesperienza di Bologna, che nel 1964,
ripartito il territorio comunale in quartieri, deliber listituzione di due organi
decentrati:
il Consiglio di quartiere, nominato dal Consiglio comunale in misura
proporzionale ai gruppi politici che lo componevano, con funzioni propositive e
consultive per i principali atti comunali
lAggiunto del Sindaco, presidente del Consiglio di quartiere, delegato dal
Sindaco per lesercizio locale di alcune sue funzioni, compresa la direzione
degli uffici comunali decentrati (insomma, con funzioni di amministrazione
locale, e non solo di esercizio delegato delle funzioni di ufficiale di governo).
200. Anche a Roma - fallito nella prima legislatura repubblicana il tentativo di disciplinarne
per legge il decentramento in circoscrizioni si imbocc la strada del fai da te. Nel
1966 il territorio comunale fu ripartito in 12 circoscrizioni (che diverranno 20 nel
1972);
lassetto organizzativo era analogo a quello bolognese (Consiglio
circoscrizionale eletto dal Consiglio comunale; aggiunto nominato dal Sindaco), ma
67

ben maggiore era lambito di competenze degli uffici decentrati: dai servizi
demografici allesazione dei tributi locali, dalle attivit connesse ai lavori pubblici e
alledilizia ai servizi di beneficenza e assistenza, fino alla Polizia municipale,
organizzata in gruppi circoscrizionali. Nel 1971 il Comune di Roma si sarebbe fatto
promotore persino di un progetto di legge per regolare il decentramento nelle
maggiori citt, facendo perno sulle competenze consultive dei Consigli (pareri
obbligatori e facoltativi).
201. Nel volgere di un breve periodo, le esperienze di decentramento si diffondono,
concentrandosi, prevalentemente, in Lombardia, Toscana ed Emilia-Romagna. Anche
le funzioni dei Consigli di quartiere si ampliano: cresce il numero dei pareri obbligatori
su materie delegate dal Consiglio Comunale, le competenze diventano anche
deliberative, dal centro sono trasferiti inoltre compiti di gestione dei servizi locali ed
il Consiglio, in alcune citt pilota gi eletto direttamente dai cittadini, cessa di essere
il riflesso speculare del Consiglio comunale.
Gli obiettivi che si intendono
raggiungere sono essenzialmente tre:
favorire laccesso agli sportelli e ai servizi comunali, tradizionalmente
concentrati nel centro cittadino, a vantaggio dei cittadini residenti nei quartieri
pi periferici
recuperare, allinterno di una unit elementare pi semplice della disgregante
dimensione cittadina, il rapporto di solidariet e coesione tipico delle realt rurali
di provenienza di larghi strati della popolazione urbanizzata
dare cittadinanza istituzionale ad esperienze di comitati e gruppi spontanei
che, in nome di modelli pi avanzati di partecipazione e democrazia diretta, si
proponevano quali titolari della rappresentanza di intere zone o quartieri.
202. Inevitabilmente la nuova fisionomia e vitalit delle istituzioni di decentramento doveva
entrare in rotta di collisione con il quadro legislativo ancora immutato. E cos, se le
prime esperienze sperimentali erano state confortate dal consenso degli organi di
controllo (dai segretari comunali, custodi della legittimit, ai comitati regionali di
controllo), la maturazione dellordinamento circoscrizionale subir una dura battuta
darresto con lintervento del giudice amministrativo. Clamorosa fu la bocciatura del
Regolamento del Comune di Torino, istitutivo dei Consigli di Quartiere: il TAR
Piemonte (25 giugno 1975, n. 128) rileva linesistenza dellatto per assoluta carenza
di potere, trattandosi di materia coperta da riserva di legge. Posizione analoga
assunta dal Consiglio di Stato (parere 31 ottobre 1975, n. 2242/1975): In base
allordinamento vigente non ammissibile la creazione, ad opera dei Comuni, di
speciali organismi di decentramento, non previsti dalla legge, che abbiano rilevanza
esterna e competenze che incidano, sul piano giuridico, su procedure amministrative
normativamente disciplinate.
203. Lintervento del legislatore non era pi rinviabile. Si giunge cos allapprovazione
della legge 8 aprile 1976, n. 278, recante Norme sul decentramento e sulla
partecipazione dei cittadini nella amministrazione del Comune. La disciplina del
decentramento come recita lart.1 era esplicitamente destinata a valere fino
allentrata in vigore di un nuovo ordinamento delle autonomie locali, fondandosi
finalmente sul riconoscimento dellautonomia organizzativa di ciascun ente locale,
nella corretta interpretazione dellart.128 Cost. allora vigente. I tratti essenziali della
legge furono:
la riconosciuta possibilit per i Comuni di deliberare la ripartizione del territorio
in circoscrizioni comprendenti uno o pi quartieri o frazioni contigui,
68

esercitando il potere di organizzazione secondo principi di ampio


decentramento
la previsione, quali organi della Circoscrizione, di un Consiglio e di un
Presidente
del Consiglio circoscrizionale, questultimo chiamato a
rappresentare le esigenze della popolazione della Circoscrizione nellambito
dellunit del Comune (riecheggiando lart.5 Cost.!)
lelezione popolare diretta del Consiglio circoscrizionale nei Comuni che
abbiano ad esso conferito poteri anche deliberativi e che abbiano una
popolazione non inferiore ai 40.000 abitanti (il regolamento potr prevedere
lelezione diretta anche nelle frazioni dei Comuni di minore dimensione)
204. La legge 278 nel cuore di una stagione politico-istituzionale dominata dallobiettivo
di estendere la partecipazione democratica (art.3 cpv. Cost.) in ogni ambito della vita
politica e sociale propone sin dal titolo un nesso organizzativo e teleologico tra
decentramento e partecipazione.
Non a caso, accanto alle funzioni pi
propriamente amministrative, la legge riconosce ai Consigli la facolt di convocare
assemblee per la pubblica discussione di problemi del territorio, e disciplina in modo
puntuale tanto liniziativa popolare delle deliberazioni di competenza circoscrizionale,
quanto la proposizione di petizioni popolari al Consiglio comunale .
La legge,
sviluppando le premesse della fase sperimentale (cfr. n.7), si propone insomma di
perseguire due distinti obiettivi: da un lato promuovere lefficienza e lefficacia
dellamministrazione locale, decentrandone i
servizi su scala infracomunale
(quartieri, frazioni, borgate); dallaltro (ri)vitalizzare la partecipazione democratica dei
cittadini. Il primo obiettivo impegna ovviamente i Comuni maggiori (per dimensione
demografica o anche solo per territorio); il secondo riguarda senza dubbio ogni
comunit ed ogni ente. Lorganizzazione circoscrizionale pensata come canale di
scorrimento e di comunicazione biunivoca tra i cittadini e gli organi centrali del
Comune funzionale ad ambedue le esigenze.
205. Con questa duplicit di ruoli, di funzioni e di intendimenti, si giunge alla riforma delle
autonomie locali del 1990. Larticolo 13 della legge 142 definisce le Circoscrizioni
quali organismi di partecipazione, di consultazione e gestione dei servizi di base,
nonch di esercizio delle funzioni delegate dal Comune. Tuttavia non privo di
significato il fatto che tale disposizione trovi collocazione nel Capo IV (Il Comune),
mentre altri istituti le petizioni, liniziativa popolare, i referendum e le consultazioni,
e gli stessi organismi di partecipazione su base di quartiere o di frazione sono
disciplinati nel Capo III (Istituti di partecipazione). Il quadro normativo ora assai
pi ricco e articolato:
larticolazione del territorio comunale in Circoscrizioni obbligatoria nei Comuni
con popolazione superiore a 100.000 abitanti (e, fino alla legge n.81/1993,
anche nei Comuni capoluogo di Provincia, senza limiti di popolazione)
il decentramento circoscrizionale invece facoltativo
nei Comuni con
popolazione tra i 30.000 e i 100.000 abitanti
tutti i Comuni, prescindendo dalla dimensione demografica, possono valutare
lopportunit di disciplinare nei rispettivi statuti organismi di partecipazione su
base di quartiere o di frazione
nei Comuni nati per fusione di Comuni minori pu essere inoltre prevista
listituzione di Municipi con il compito di gestire i servizi di base nonch altre
funzioni delegate dal Comune

69

206. La disciplina legislativa del decentramento infracomunale rimasta sostanzialmente


inalterata con il Testo unico del 2000, che peraltro riprendendo una disposizione
della legge n.265/1999 arricchisce la gamma delle forme di decentramento con uno
spazio pi avanzato per le citt con oltre 300.000 abitanti. Il Testo unico completa
inoltre levoluzione istituzionale delle Circoscrizioni riconoscendo al Presidente e ai
Consiglieri uno status (cause di ineleggibilit e incompatibilit, permessi , indennit,
ecc.) del tutto analogo a quello degli amministratori comunali. Il quadro legislativo si
presenta cos articolato:
per i Comuni nati per fusione di Comuni minori pre-esistenti, senza limiti di
popolazione, facolt di istituire Municipi nelle comunit di origine (art. 16)
per tutti i Comuni, senza limiti di popolazione, possibilit di valorizzare libere
forme associative e organismi di partecipazione popolare su base di quartiere o
frazione (art. 8, c. 1)
per i Comuni con popolazione tra 30.000 e 100.000 abitanti, facolt di istituire le
Circoscrizioni di decentramento (art. 17, c. 3)
per i Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, obbligo di istituire le
Circoscrizioni (art. 17, c. 1)
per i Comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, facolt di prevedere
particolari e pi accentuate forme di decentramento (art. 17, c. 5: disposizione
derivante dalla legge n.265/1999, di non facilissima interpretazione, alla luce
della autonomia statutaria di cui godono tutti i Comuni!)
lautonomia organizzativa infatti ormai ben pi ampia di quanto la stessa
legge 142/1990 riconoscesse (lo Statuto e il regolamento comunale sono le
sole fonti che disciplinano lorganizzazione e il funzionamento delle
Circoscrizioni, ivi compresa la disciplina degli organi, delle loro modalit di
elezione, delle funzioni e dei compiti loro attribuiti)
e tuttavia le Circoscrizioni continuano ad essere definite come organismi di
partecipazione, di consultazione e gestione dei servizi di base, nonch di
esercizio delle funzioni delegate dal Comune: questo il loro orizzonte, il loro
limite, la loro natura istituzionale.
207. Qualche nota infine necessaria a proposito delle Citt metropolitane. La nozione
di citt metropolitana entra per la prima volta nellordinamento con la legge
142/1990, che ne prevede listituzione nelle aree comprendenti i Comuni di Torino,
Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri Comuni i
cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione in ordine alle attivit
economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonch alle relazioni culturali e alle
caratteristiche territoriali.
Lobiettivo del legislatore era quello di delineare gli
strumenti per una governance metropolitana a fronte del paradosso tipico dei
maggiori Comuni urbani: da un lato troppo grandi, e perci obbligati ad un forte
decentramento, in particolare per la gestione dei servizi alla persona, e dallaltro
troppo piccoli, e perci interessati a specifiche politiche di area vasta per
governare, oltre gli angusti confini comunali, la mobilit, i servizi a rete, le iniziative di
tutela ambientale e del territorio, i grandi sistemi infrastrutturali. E tuttavia ormai
un dato obiettivo la scommessa metropolitana non ha avuto successo: forse a
causa delle resistenze che si annidavano in ogni livello istituzionale (nelle regioni,
nelle province, degli stessi apparati comunali), forse per il procedimento farraginoso
previsto dal legislatore, forse per lo schematismo con cui si era immaginato lo stesso
modello di citt metropolitana per realt cos diverse, da Roma a Venezia, da
Milano a Firenze.
70

208. Com noto, lart.114 Cost., nel testo novellato dalla legge costituzionale n.3/2001, ha
per indicato le Citt metropolitane tra i soggetti costitutivi della Repubblica, accanto
a Comuni, Province, Regioni e Stato. Un chiarimento allora necessario nel
confronto tra il vecchio e il nuovo 114. A suo tempo la norma costituzionale fu
interpretata nel senso che nessuna porzione del territorio nazionale potesse sottrarsi
al triplice livello di rappresentanza: il Comune, la Provincia e la Regione. Non a
caso la legge 142, disciplinando per la prima volta le Citt metropolitane, fu costretta
a ricondurle allo schema generale della Provincia. Sotto questo profilo, come deve
essere interpretato il nuovo 114? Sembra assurdo restare nella vecchia logica: il
sistema a cerchi concentrici si arricchirebbe di un gradino, con il risultato
paradossale di rendere ancora pi complicato e inefficiente il sistema di governo
nelle grandi aree urbane. Lesatto contrario di ci che si desiderato e cercato con
lelaborazione del concetto di citt metropolitana. Province e Citt metropolitane
hanno qualcosa di simile collettivit di area vasta, che comprendono una pluralit
di Comuni una differenza di fondo. Nelle Province larea vasta comprende un
territorio solo parzialmente urbanizzato, e disseminato di Comuni medi o piccoli
chiaramente identificabili come comunit distinte.
Il tratto identificativo delle Citt
metropolitane invece piuttosto la conurbazione un vasto territorio urbanizzato e
integrato dove i Comuni (siano essi originari, o evoluzione delle circoscrizioni di
decentramento infracomunale) sono strutturalmente connessi sul piano delle
infrastrutture, delle dinamiche sociali ed economiche, della identit culturale. Non a
caso le Citt metropolitane e le Province sono gli unici due enti che non hanno, gi
in Costituzione, attribuzioni inequivocabilmente proprie. Dei soggetti costitutivi della
Repubblica, ex art.114, lo Stato (ovviamente), le Regioni e i Comuni (nel 118, primo
comma) hanno competenze esclusive e costituzionalmente protette.
Citt
metropolitane e Province le debbono conquistare sul campo in virt dei principi di
sussidiariet, differenziazione e adeguatezza.
209. In altre parole, il riconoscimento costituzionale delle citt metropolitane, alla luce dei
principi di differenziazione e adeguatezza, consente di distinguere lordinamento
delle maggiori realt urbane, per ci che esse gi sono: in ragione della complessit
funzionale e sociale tipica delle grandi citt (principio di differenziazione) e al tempo
stesso della dimensione territoriale, demografica e organizzativa che consente loro di
gestire con efficacia politiche di area vasta (principio di adeguatezza).
E se
larticolo 118, primo comma ricorda che allinterno delle Citt metropolitane dovranno
comunque continuare ad esistere (o nascere) i Comuni, titolari della generalit delle
funzioni amministrative, la stessa disposizione costituzionale consente di chiarire che
quei Comuni non saranno affatto identici, per funzioni e competenze, a quelli collocati
nei diversi contesti provinciali.
210. Certamente la disciplina legislativa delle Citt metropolitane (rectius: del processo
costitutivo delle citt metropolitane) proposta dagli artt.22-26 del Testo unico dovr
essere rivisitata a fronte della novit costituzionale. Lo scoglio maggiore riguarda
ancora lidentificazione concreta delle realt metropolitane.
Ogni criterio
imperfetto e criticabile.
Il criterio demografico impone di fissare una soglia
comunque arbitraria: la soglia simbolica del milione di abitanti coinvolgerebbe solo
Roma, Milano e Napoli; lelenco proposto dalla legge 142 ed ora dal Testo unico del
2000 porta la soglia assai pi in basso, sfiorando i 300.000 abitanti con Venezia. Si
aggiungono comunque le Citt identificate nelle Regioni a statuto speciale (Palermo,
Catania, Messina, Trieste e Cagliari).
Del resto facilmente prevedibile che la
definizione dellordinamento differenziato per le Citt metropolitane favorir il
maturare di processi aggregativi nei Comuni di cintura: ci che nel 90 era un
71

presupposto delle Citt metropolitane, diventer insomma conseguenza del loro


riconoscimento, comunque nel rispetto della libera volont delle diverse collettivit
locali.
211. Larticolo 117, secondo comma, lettera p), attribuisce alla legge dello Stato la
competenza in materia di funzioni fondamentali anche per le Citt metropolitane. Tale
competenza dovr per fare i conti sia pure con il limite pocanzi indicato (principio
della differenziazione tra Comuni) con lattribuzione della generalit delle funzioni
amministrative ai Comuni. Certamente un primo punto di riferimento potr essere il
quadro funzionale proposto dallattuale articolo 24 del Testo unico, e tuttavia, per
prendere sul serio il principio di differenziazione nella grande variet di contesti
metropolitani che la realt del paese ci offre, opportuno che il legislatore faccia
piuttosto leva sulla potest normativa: la potest statutaria, richiamata anche per le
Citt allart.114, secondo comma, e la potest regolamentare, che ha finalmente
conquistato la copertura costituzionale al sesto comma dellart.117. Lordinamento
funzionale delle Citt metropolitane pu essere insomma caratterizzato da una pi
ampia sfera di autonomia normativa, che consenta loro di organizzare in modo
autonomo ed appropriato lo svolgimento delle funzioni pi strettamente connesse
alla oggettiva specialit del contesto urbano: il governo del territorio; le procedure
per la progettazione e realizzazione delle opere pubbliche, in particolare per le
infrastrutture di trasporto urbano;
la disciplina del traffico veicolare pubblico e
privato; la promozione dello sviluppo economico, nella prospettiva della competizione
globale tra sistemi citt; lorganizzazione dei servizi e delle politiche sociali;
lordinamento della polizia locale.
212. Pu essere utile, infine, indicare un esempio concreto per dare corpo al principio di
differenziazione, in particolare nel metodo sulla ripartizione dei trasferimenti statali.
Il decreto ministeriale di riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali per lanno
2002, fa salva, per una quota relativamente modesta (86 miliardi di lire su 3.122), la
decisione gi assunta in attuazione della legge 285/1997, di destinare direttamente a
quindici grandi citt, dichiarate Comuni riservatari, le risorse per linfanzia e
ladolescenza. Le altre risorse giungeranno agli enti locali attraverso il filtro delle
Regioni e del Dipartimento politiche sociali. La peculiarit organizzativa del fondo
per linfanzia e ladolescenza nasceva proprio dalla consapevolezza che nelle grandi
aree urbane il disagio dei ragazzi e dei giovani ha dimensioni pi vaste ed acute e si
scontra purtroppo con comunit locali che hanno minori capacit di coesione ed
inclusione. Lindividuazione di quindici comuni riservatari era insomma la giusta
conseguenza del principio di differenziazione.
Lo stesso principio che dovrebbe
guidare lo Stato nel disporre risorse aggiuntive, a norma dellarticolo 119, quinto
comma, per promuovere la coesione e la solidariet sociale.

ROMA CAPITALE.
213. Il terzo comma del nuovo articolo 114 della Costituzione recita solennemente: Roma
la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.
Non sfugge ad alcuno il rischio di una mera declamazione retorica. Tuttavia la
disposizione costituzionale c, ed ricca di implicazioni.

72

214. Gi lespressione Roma la Capitale significativa: Roma non ospita la Capitale,


non il luogo fisico sede della Capitale della Repubblica (cos la legge 28 febbraio
1953, n.103, che per la prima volta dispose un contributo di parte corrente per il
Comune di Roma, legato agli oneri gestionali della Capitale). Lasciamo pure da parte
il dibattito, assai nominalistico, sulla definizione giuridica di citt Capitale (cfr. le voci
Capitale in Enc.dir. e in Enc.giur.it.): prendiamo per atto che il titolare delle funzioni
della Capitale proprio la citt, cio una collettivit locale che si esprime attraverso
i suoi enti esponenziali.
215. Le funzioni costituzionali della Capitale, che ne giustificano un ordinamento
differenziato presidiato dalla riserva di legge statale, possono allora essere cos
riassunte:
soddisfare le esigenze logistiche e funzionali degli organi costituzionali,
assicurando loro le migliori condizioni di libero esercizio delle rispettive
attribuzioni
assicurare simmetricamente alla nazione, e alle formazioni sociali che la
compongono, il diritto di partecipare alla vita politica del paese e di interagire
con gli organi costituzionali
mantenere cos vivo il rapporto tra istituzioni e paese (la moderna Capitale
democratica forse nata il 5 ottobre 1789, quando il Re e lAssemblea
nazionale furono riportati a furor di popolo da Versailles al cuore di Parigi!)
assicurare al paese coesione ideale, identit, visibilit internazionale (quante
volte, nel linguaggio politico-giornalistico, la citt Capitale sintesi dellintera
nazione? Washington tranquillizza gli alleati...), se ancora si pu dire che
senza Roma capitale dItalia lItalia non si pu costruire (Cavour alla Camera
dei Deputati il 25 marzo 1861)
tenere fede infine agli impegni assunti con i Patti lateranensi e, da ultimo, con il
Concordato del 1984, quando la Repubblica ha reiterato il riconoscimento del
particolare significato che Roma ha per la cattolicit.
216. In moltissimi ordinamenti contemporanei la citt Capitale gode di uno statuto
speciale, sia per le funzioni (spesso intrecciate con le competenze degli organi
costituzionali dello Stato) che per le risorse finanziarie. In Italia, dopo lesperienza del
Governatorato (e a causa di quella), la Repubblica ha stentato a definire uno statuto
per la sua Capitale. E cos gli unici strumenti normativi, in cinquantanni di
Repubblica, sono stati la gi ricordata legge n.103/1953, con il contributo di parte
corrente per gli oneri che la citt sostiene come Capitale, e la legge 15 dicembre
1990, n.396, con gli interventi per Roma Capitale. Insomma, una legge per
assicurare (modeste) risorse gestionali, ed una legge di investimenti: nessuna norma
ordinamentale. La scommessa di oggi di riuscire l dove altri hanno fallito,
assicurando un armonico equilibrio tra le esigenze della comunit locale e quelle
dellintera comunit nazionale, in coerenza con i principi democratici e autonomisti
della Costituzione cos come il Governatorato fu un modello coerente con la cultura e
i valori del regime fascista.
217. Il dovere costituzionale di una legge speciale sullordinamento della Capitale deriva
naturalmente dalla nuova disposizione dellart.114, terzo comma (Roma la
Capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento). La
legge potr pertanto derogare lordinamento normale degli enti locali, oggi
disciplinato dal Testo unico d.lgs. n.270/2000, cos come le disposizioni delle altre
leggi che disciplinano le funzioni dei comuni e delle province.
Tuttavia la legge
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dovr preservare una coerenza sistemica con linsieme delle disposizioni della
Costituzione, considerando in particolare:
che lart.117, secondo comma, lettera p), riserva allo Stato la competenza
legislativa esclusiva, oltre che per la legislazione elettorale e gli organi di
governo, anche per le funzioni fondamentali degli enti locali
che lart.117, secondo comma, riserva allo Stato la determinazione dei principi
fondamentali nelle materie di competenza legislativa concorrente delle regioni
che, per il combinato disposto dellart.114, secondo comma, e 117, sesto
comma, sono riservate alle fonti di autonomia statuti e regolamenti la
disciplina dellorganizzazione e dello svolgimento delle funzioni degli enti locali
che, a norma dellart.118, i principi di sussidiariet, differenziazione e
adeguatezza sono la bussola per attribuire le funzioni amministrative ai diversi
livelli di governo
che lart.119 prevede esplicitamente risorse aggiuntive e interventi speciali
dello Stato in favore di singoli enti territoriali per provvedere a scopi diversi dal
normale esercizio delle loro funzioni
che rimasto inalterato larticolo 131, e dunque non in discussione lunit
della regione Lazio, comprendente Roma.
218. Insomma, una doppia scelta fondamentale gi stata fatta. Roma non si separa dal
Lazio, e rimane cuore e parte fondamentale della Regione, pur essendo evidente, e
finalmente costituzionalizzata, la sua funzione di Capitale della Repubblica. Ancora:
la specialit della Capitale sar definita da una legge ordinaria. La riserva di legge
supera alla radice i dubbi di legittimit di un ordinamento differenziato per la citt
capitale, che potevano essere proposti in relazione alla nozione di legge generale
richiamata dal precedente art.128, ma le linee fondamentali del riparto di funzioni tra i
diversi livelli di governo sono gi fissate dalla Costituzione.
219. Modelli istituzionali diversi - il distretto federale, di ispirazione nord e sud americana,
o la citt regione, propria di altri ordinamenti europei - restano cos mere ipotesi di
studio, per quanto affascinanti, almeno nella premessa di secessione dal territorio
regionale. Eppure non mancavano le ragioni per costituire Roma in distretto federale
- territorio autonomo, con speciali funzioni e competenze riservate agli organi dello
Stato federale - oppure in citt regione - comunit autonoma, equiordinata alle altre
componenti della federazione. E infatti un tratto proprio di molti ordinamenti federali
uno statuto della Capitale che la ponga come segno simbolico dellunit, al servizio
dellintera federazione; in questo senso la Capitale non dovrebbe soggiacere ad
alcuna delle componenti - stati, regioni, lander - della federazione. Per questo
nacque il District of Columbia nel 1801. E una diversa configurazione costituzionale
avrebbe consentito di modellare con pi incisivit la specialit della Capitale, ad
esempio riconoscendole unautonoma potest legislativa.
220. Hanno prevalso la pigrizia intellettuale e il conservatorismo istituzionale? Forse, ma
comunque solide e forti erano le ragioni di segno opposto. Pu infatti il Lazio vivere
senza Roma? che ne sarebbe di una regione privata del 72.5% della popolazione, il
77.9% del reddito prodotto, il 73.7% degli occupati (dati riferiti allarea metropolitana
romana secondo una recente ricerca della Fondazione Einaudi: Il Lazio senza
Roma)? E dunque, ragionevole frantumare il Lazio (e forse altre regioni; se si
avvia il domino delle scomposizioni, quante regioni reggeranno alle spinte
secessioniste?), proprio mentre la riforma federale postula regioni forti dal punto di
vista demografico, territoriale e socio-economico? Infine, poich gli assetti
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istituzionali non possono mai trascurare la dimensione di identit collettiva, che


trasforma una ripartizione amministrativa in una comunit, come trascurare i legami
plurisecolari tra Roma e il suo territorio regionale?
221. E possibile in conclusione fissare alcuni punti irrinunciabili, da cui muovere nello
spirito di una saggia convergenza politica e istituzionale:
se Roma non fugge dal Lazio, e non ha alcuna ragione di temere la sua
permanenza nellambito della Regione, altrettanto vero che non pu reggere
ulteriormente la compresenza/competizione tra Comune e Provincia; non un
problema di status, un problema di funzioni, e dunque di semplificazione e di
efficienza (aggravato dal processo di decentramento avviato dalla legge
59/1997); il modello della citt metropolitana - quale ne sia lampiezza - indica
gi questa prospettiva
grandi capitali - da Washington a Parigi - hanno atteso decenni per ottenere il
riconoscimento del diritto allautogoverno locale (Washington nel 1975, Parigi
un anno pi tardi); un modello di Capitale federale che subordinasse la vita e le
istituzioni della citt al governo nazionale sarebbe antistorico, e comunque
inaccettabile
la duplicit tipica di ogni Capitale (citt normale con funzioni di interesse
nazionale) si arricchisce a Roma con due caratteristiche assolutamente
peculiari: la presenza di uno Stato sovrano (e che Stato sovrano!) nel cuore
della citt, insieme ad importanti istituzioni internazionali, e un patrimonio
storico-artistico unico al mondo, davvero patrimonio dellumanit;
lordinamento di Roma, nella parte organizzativa come in quella finanziaria, non
pu non tenerne conto.
222. Lungo tutta la sua storia Roma stata chiamata a svolgere funzioni - simboliche e
organizzative, ideologiche e politiche - che trascendevano la sfera territoriale: i limiti
e gli interessi della comunit locale. E gli amministratori della citt ne hanno sempre
tenuto conto: la sola citt dItalia che non abbia memorie esclusivamente
municipali, sono ancora parole di Cavour. Centro pulsante dellimpero e della civilt
romana, sede del Pontificato e cuore universale della Chiesa cattolica, Capitale
ideale, e finalmente istituzionale, dellItalia unita, Roma e i romani hanno tratto
vantaggi e svantaggi da questa realt: grandi opere e grandi oneri (e disagi)
organizzativi, limiti alle potenzialit di sviluppo autocentrato, e opportunit di
proiezione internazionale.
223. Non ha senso pesare sulla bilancia le due partite. E piuttosto necessario affrontare
questo equilibrio instabile nel nuovo contesto politico-istituzionale che si sta
determinando con la riforma federalista dello Stato. Senza dimenticare lenorme
impegno finanziario che altri Stati europei dalla Germania alla Francia, dalla Gran
Bretagna alla Spagna destinano alla vetrina della Capitale.Ci si deve porre
dunque, anzitutto, il doppio interrogativo: quanto costa lessere Capitale? e chi deve
sostenere quei costi? La condizione del Comune di Roma aggravata dal
persistente squilibrio dei trasferimenti erariali pro-capite, e dallinveterata abitudine di
affidare ai grandi eventi (le Olimpiadi del 60, i mondiali di calcio del 90, il Giubileo
del 2000) le chances di sviluppo della citt. Tuttavia il nodo strutturale, comune a
tutte le Capitali, un altro: come si pu superare lobiettiva iniquit di far pesare solo
su una comunit locale funzioni e costi che riguardano lintera collettivit nazionale. Il
tema diventa ineludibile quando lintero sistema degli enti locali sospinto verso una

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piena autonomia finanziaria e tributaria: pu essere lIci dei romani a pagare il conto
della Capitale?
224. Riassumendo. La specialit dellordinamento della Capitale deve rispondere ad un
generale criterio di razionalit e ragionevolezza, nel senso di
differenziarsi
dallordinamento delle altre grandi citt (citt metropolitane, nel nuovo contesto
costituzionale) in ragione delle assolute peculiarit della citt di Roma, che derivano:
dalla presenza degli organi costituzionali dello Stato e dalle correlate funzioni
tipiche di ogni Capitale moderna e dalla funzione che la Capitale chiamata ad
assolvere in questa fase della storia nazionale, come simbolo di unit del paese
dalla presenza della Santa Sede e dalle pi importanti istituzioni internazionali
impegnate nella lotta alla fame e alla povert (Fao, Ifad, Wfp-Pam)
da un patrimonio storico-artistico davvero unico per valore, complessit ed
estensione territoriale.
Lordinamento della Capitale sar dunque teso allarmonizzazione degli interessi della
comunit locale e gli interessi dellintera collettivit nazionale, e dunque alla
collaborazione tra le istituzioni locali e le istituzioni dello Stato e della Regione Lazio,
per assicurare:
lo sviluppo economico e sociale della Capitale della Repubblica; la qualit del
suo sviluppo urbano; la tutela e la valorizzazione del suo patrimonio storico,
artistico e ambientale; il rafforzamento del suo prestigio e della sua identit
internazionale
i servizi urbani necessari alla funzionalit degli organi costituzionali dello Stato
e degli uffici ed enti pubblici nazionali, anche al fine di favorire la partecipazione
dei cittadini e delle formazioni sociali alla vita istituzionale, politica, economica e
sociale del paese, e i servizi necessari alla funzionalit delle rappresentanze
estere e delle istituzioni internazionali con sede in Roma, anche in relazione allo
Stato della Citt del Vaticano
laccesso ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali per i
residenti e per quanti ad altro titolo ne debbano fruire nella citt di Roma
lindividuazione di risorse finanziarie aggiuntive per la citt di Roma.

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