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DIO E L'UOMO NELLA DIVINA COMMEDIA Lussuriosi (Inferno, V). Xilografia (particolare)
dall'edizione della Commedia stampata "in Bressa per Boninum de Boninis di Raguxi" il 31
maggio 1487. Roma, Casa di Dante.
di Piero Coda*
Nella sua Commedia Dante concentra e dispiega una possente e caleidoscopica visione
delluomo: dei suoi mille volti, delle sue imprevedibili vicende, dei suoi misteriosi destini. Il tutto
muovendo da unintuizione che coglie nella libert delle opzioni, pur intrinsecamente segnate
dalle circostanze e dalle passioni, il fulcro dellesistenza umana nel suo prodursi storico e nel suo
eterno perpetuarsi. In ci Dante erede creativo della tradizione del pensiero ebraico e cristiano
che riprende e riplasma alcuni decisivi vettori della civilt classica greca e latina.
La vera radice della libert
In effetti son proprio lesperienza e la concezione di Dio della fede cristiana a determinare
laffresco dintensa e spesso persino sorprendente umanit dipinto nella Commedia. Senzaltro, il
protagonista di essa Dante stesso, luomo cio che alla ricerca della verit e del sapore
definitivo del suo destino. E con lui via via si fanno coagonisti, in svariate forme, coloro chegli
incontra scendendo gli abissi dellInferno, scalando le balze del Purgatorio, ascendendo di cielo
in cielo nel Paradiso. Dramma dunque delluomo, senza dubbio, quello descritto nelle rime di
Dante. Ma di un uomo ch stato raggiunto da Dio per primo nel bel mezzo del cammino del suo
cercare. Il che non significa che il divino venga da Dante sperimentato e raffigurato come una
presenza ingombrante o soffocante o persino castrante la giocosit inventiva e rischiosa della
libert umana. Tuttal contrario. Dio , per lui, il garante ultimo e insieme prossimo della libert
delluomo. Se, paradossalmente, Dio pi non vi fosse o fosse cacciato ai margini dellesistenza
umana e cosmica come tragicamente viene ad accadere nei gironi oscuri e penosi dellInferno
allora s che la libert delluomo girerebbe a vuoto, senza pi direzione e bussola, senza senso
e bellezza.
Il perno teologico attorno a cui ruota la gran macchina della Commedia pertanto la libert
delluomo in quanto originata e garantita dalla libert di Dio. Libert, quella di Dio, che accende
alla responsabilit la libert delluomo e che dunque anche lultimo criterio di verit e giustizia di
essa. Ma che prima di tutto ed essenzialmente libert dellamore.
Lamore, principio del cosmo e della storia
Non Dio quello "amore che muove il sole e laltre stelle" cui non a caso consacrato quasi a
sigillo lultimo verso della Commedia? Sappiamo che proprio in ci, nella confessione di fede
che risponde stupita allevento del donarsi di Dio, sta lo specifico dellesperienza e della
concezione di Dio della rivelazione cristiana. Cos la descrive il Nuovo Testamento: "Dio amore,
e chi rimane nellamore rimane in Dio e Dio rimane in lui" (1 Giovanni 4,16). questa
unintuizione di Dio, e della sua presenza al cosmo e alla storia, che rovescia lintuizione che
Aristotele esprimeva dicendo che il sommo Dio, il motore immobile, tutto muove ma come
oggetto di desiderio amoroso (eros) e non dunque come libera e gratuita sorgente che su tutti e
su tutto effonde amore e solo amore. Dante non misconosce i meriti n sottovaluta gli inestimabili
apporti della civilt classica al pensiero e alla citt degli uomini. Ma li immerge a nuovo nel fonte
battesimale della Grazia di Cristo. Dio diventa cos ai suoi occhi il principio incandescente e
iridescente da cui scaturisce ogni vero, ogni bene, ogni bello: nel segno dellamore. Tanto che
quando infine egli giunge a fissare gli occhi nella divina essenza contempla al suo cuore "legato
con amore in un volume / ci che per luniverso si squaderna". Tutto quello che esiste, esistito
ed esister raccolto nella sua radice originaria e nella sua meta definitiva in Dio, quale libero
frutto del suo amore. Da Dio, infatti, per amore liberamente proiettato fuori di s nel cosmo e
nella storia, da dove a sua volta, per libera scelta, chiamato a ritornare in patria. Certo, tra il
principio e la fine c di mezzo lenorme travaglio storico dellavventura umana: la lotta, il vizio, la
sconfitta, ma anche il perdono, la virt, la vittoria sul male. E Dio come giustizia e come

misericordia mai si rende estraneo a tale calvario che pure irrefutabilmente anela alla luce della
risurrezione.
Leffige delluomo "pinta" in Dio
Ma dove sta la chiave di volta di questindissolubile congiunzione del divino e dellumano? Una
congiunzione tanto forte che anche quando lumano si stacca dal divino e lo rigetta, anche allora
in s ne porta per sempre la ferita: s che da essa sempre di nuovo ripullula il desiderio che
linestinguibile pungolo persino della sua dannazione. La chiave di volta Dante la scopre
quandormai giunto alla fine del suo pellegrinaggio fissa gli occhi sul Dio che Cristo ha rivelato
Padre, Figlio e Spirito Santo; lAmante, lAmato e il loro reciproco Amore, come aveva intuito
SantAgostino e allora vede la seconda persona della Santissima Trinit, il Figlio, "dentro da s,
del suo colore stesso / () pinta de la nostra effige". In Dio, nel Figlio del suo amore, da
sempre e per sempre figurato il volto delluomo. Se dunque il destino delluomo
indubitabilmente Dio, e Dio soltanto, ci perch, primancora, il destino di Dio luomo, Ges
Cristo. E cio il Figlio di Dio fatto uomo affinch come insegnavano i Padri della Chiesa dei
primi secoli luomo a sua volta possa divenire partecipe della vita di Dio.
Luomo per Dio perch Dio per luomo
Cos la Commedia di Dante divina perch umana, e umana perch divina. La straordinaria
forza con cui il Poeta scende negli anfratti pi tenebrosi e si eleva agli slanci pi celestiali del
cuore umano, scaturisce dalla consapevolezza che luomo per Dio perch Dio per luomo. E
dunque che seguendo la via delluomo, anche quandessa sembra da Dio allontanarsi, e sino
allestremo della sua assenza, anche allora dice qualcosa di Dio nella carne e nel sangue
delluomo. Grazie a questa superba intuizione Dante tiene insieme, in una polarit altrimenti
impossibile a sostenersi, il divino e lumano, in ci divenendo il cantore per eccellenza
dellintuizione del mondo che prende forma nella pittura di Giotto, nella sequela sine glossa di
Francesco dAssisi, nella Summa di Tommaso dAquino. Di qui avr da nascere la modernit. E
infinela tensione sembra spezzarsi, forse per invitare a fissare ancor pi a fondo lo sguardo nel
segreto della "nostra effige" figurata nel volto del Figlio che al culmine del suo destino da Dio
stesso abbandonato per amore alla morte della croce.
*Preside dellIstituto Universitario Sopha (Loppiano Incisa in Val dArno) e Presidente
dellAssociazione Teologica Italiana; tra le sue recenti pubblicazioni: Il Logos e il Nulla, Roma
2004; con G. Filoramo, Dizionario del cristianesimo, 2 voll., Torino 2006.
Pubblicato il 4/4/2008

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