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LA STRUTTURA DELL'ANAFORA
NELLE CATECHESI DI TEODORO DI MOPSUESTIA
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Per tutto il problema della datazione cfr.: WENGER A. (Ed.), Jean Chrysostome.. Huit catchses baptismales indites (= Sources Chrtiennes n 50 bis),
Pans 1970, p. 63-65.
lO SIMONETTI M., Teodoro di Mopsuestia , in: DI BERARDINO A. (Ed.), Dizionario patristico e di antichit cristiane, Casale Monferrato 1984, col. 3383.
11 Patrologia Orientalis IX, 5, p. 642.
12 R. Devreesse mostra una certa simpatia verso questa argomentazione, pur
senza darle pieno credito; cfr TONNEAU R. - DEVRESSE R., op. cit., p. XVI, nota 2.
13 MANSI, IX, p. 248.
14 BOTTE B., art. cit., p. 806.
15 Anche il rito. del battesimo
presenta qualche differenza (ad esempio,
l'unzione post-battesimale) che, meno rilevante quando viene considerata isolatamente, diventa un argomento importante se sommata alle varie differenze
che intercorrono tra l'anafora attestata da Teodoro e quella attestata da Crisostomo ad Antiochia.
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2.
Nelle catechesi di Teodoro, la parola mistero" indica sempre la celebrazione rituale della chiesa, ossia il sacramento inteso sia come celebrazione,
sia come contenuto della celebrazione stessa; tipo ", sia da solo che in congiunzione con segno" e con mistero ", usato soprattutto per designare
la sacramentalit del rito celebrato; tuttavia la sua area semantica, spesso,
coincide con mistero ,,; segno" sempre usato per indicare l'aspetto esterno
dei riti, in quanto sono visibili e tangibili.
22 Omelia 16; op. cit., p. 533; ripreso in Omelia 14, 16; op. cit., p. 555.
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I1i~~li"lllz,a
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angeli. Tutto viene interpretato in base a questo criterio, cosich la liturgia della chiesa direttamente in rapporto con la liturgia
ngelica. Il problema si pone quando si deve spiegare come si pu
onciliare questa interpretazione con il dato, tradizionale, dell'eucaistia anamnesi della morte del Signore; infatti liturgia angelica e liturgia della morte di Cristo sono due dati piuttosto dissimili tra loro.
.La soluzione di Teodoro un capolavoro di logica: certamente gli
angeli hanno vegliato il Cristo morto e, infatti, erano presenti al suo
sepolcro. Di questo fatto esiste addirittura la testimonianza della
Scrittura. Quindi il problema risolto: tutta la liturgia della prepal'azione dei doni rappresenta la morte di Cristo attraverso il comportamento dei diaconi che si avvicinano, portano e mettono sull'altare la "prosfor ", e poi si collocano presso l'altare. Ecco il testo,
pi chiaro di ogni commento: {( Bisogna ritenere che una certa
immagine (eikon) della liturgia di queste potenze invisibili che i
diaconi rappresentano. Ora essi hanno anche un ornamento (schema)
che conviene alla realt, dato che la loro veste esteriore pi sublime di loro. Sulla loro spalla sinistra essi gettano l'orarion, che
pende ugualmente dalle due parti. Dobbiamo vedere il Cristo che ora
condotto, se ne va alla passione; in un altro momento, egli di
nuovo steso per noi sull'altare per essere immolato. E' per questo
che alcuni diaconi, che stendono delle tovaglie sull'altare, presentano la similitudine dei lini della sepoltura; e quelli che stanno alle
due parti agitano l'aria al di sopra del corpo sacro. Ora questo ha
luogo finch il silenzio si spande su tutti. Come prima ha luogo lo.
preghiera, non pi in silenzio, ma proclamata dalla voce del diacono.
E tutti tenendosi in piedi, in silenzio, il pontefice inizia l'ufficio della
protesi. Il pontefice dunque termina la preghiera}} 46. Il commento
di Teodoro uno sviluppo molto fedele. Possiamo dire che, per Teodoro, la sacramentalit dell'eucaristia in ordine alla morte di Cristo
viene sviluppata in modo tipologico e ha il suo momento specifico:
i riti preanaforici della presentazione dei doni. Con grande realismo
Teodoro dice che l effettivamente Cristo muore ancora una volta:
Il Cristo, che in cielo, che per noi morto, risorto ed salito
al cielo, lui stesso, ancora adesso, che per mezzo di queste figure
immolato 47. Ecco un testo ancora pi esplicito: {( Ora tutti noi,
in ogni luogo, in ogni tempo e continuamente, il memoriale di questo stesso sacrificio che facciamo, perch ogni volta che noi mangiamo di questo pane e beviamo di questo calice, la morte di nostro Signore di cui noi facciamo memoria finch egli venga. (...) lui
stesso, ancora adesso, che per mezzo di questi tipi immolato; in
modo che, considerando con i nostri occhi, per la fede, questi ricordi
che si compiono ora, noi siamo condotti a vedere che egli muore
ancora, risuscita e sale al cielo, - ci che una volta ebbe luogo
per noi 48.
46 Omelia 15; op. cit., p. 463.
" Omelia 15, 20; op. cit., p. 497.
48 Omelia 15, 20; op. cit., p. 495-497.
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Questi riti non sono solo una immagine che rappresenta la mott
di Cristo, come in una sorta di sacra rappresentazione pUramell1:
esteriore. Per Teodoro la liturgia la drammatizzazione della mor
di Cristo: a questa drammatizzazione viene attribuita piena efficac'
sacramentale, per cui dobbiamo concludere che questi riti, in quan
drammatizzazione, sono davvero il sacramento della morte di Crist
L'eucaristia non solo il mistero della morte di Cristo ma a
che della sua risurrezione; da questo, l'Ordo trae una conseguen
obbligata: come il Cristo morto, se pure in figura, nei riti preall
forici, cos anche necessario che egli risorga, proprio nell'azioIi
liturgica e in forza di essa, ossia in forza del suo carattere cl
immagine.
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2.
Alla fine della prima omelia sulla messa, Teodoro cos enunci
la questione: A causa di queste cose, necessario che essi gua
dino ci che si fa con raccoglimento e timore e perch ormai, i
questo momento, per la liturgia tremenda che si compie secondo l
regole (nomos) del sacerdozio, conviene che nostro Signore Crist
risusciti annunciando a tutti la partecipazione ai beni ineffabili}) 49
E' il testo del rituale che gli suggerisce questo concetto: Ma alloI"'
per virt di queste azioni (liturgiche), conviene che nostro Signor
il Cristo risusciti di tra i morti e spanda la sua grazia su tutti
E il pontefice chiede anche che su tutti coloro che sono
venga la grazia dello Spirito santo }} 50. Recepita questa linea di
siero, Teodoro pone il momento della risurrezione di Cristo in
diversi punti della liturgia: al momento dei riti che precedono
comunione e all'epiclesi.
a) Risurrezione e riti di comunione
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Risurrezione ed epiclesi
Teodoro colloca il momento della risurrezione anche nell'epicJesi.
un dato a s, basato su di una argomentazione puramente
quindi questa interpretazione dell'epiclesi non molto coecon la teoria del segno della risurrezione espressa nei riti di
comlmiiorle ad opera della teologia dell'immagine. I motivi sono
e diversi tra loro. Il motivo fondamentale credo che si trovi
stesso; infatti l'Orda parla del bisogno che Cristo risorga
in una frase che precede immediatamente il tema dell'epiclesi e
termina con la menzione del perch Cristo deve risorgere durante
liturgia 54. Da parte sua, Teodoro portatore di un argomento
in base al quale la risurrezione di Cristo operata dallo Spisanto 55. Ne segue che anche la sua risurrezione durante la litur
52 {( Nostro Signore dunque, consegnando i due (corpo e sangue) dice: questo
in effetti il mio corpo che per voi spezzato per la remissione dei peccati; e
questo il mio sangue che per voi stato sparso per la remissione dei peccati
(ICor 11, 24). Per la prima parola, rivela la passione; ma per la seconda, la
violenza e l'estensione della passione, dove fu sparso molto sangue (Omelia
16, 16; op. cit., p. 557). Di conseguenza: {( E anche noi, a giusto titolo, secondo
questa tradizione mettiamo i due sull'altare per rivelare ci che ebbe luogo
affinch ci sia noto che questi due sono uno in virt, poich appartengono a
colui che solo sub la passione, - la carne, dico, di nostro Signore il cui sangue
fu anche sparso (op. cit., p. 559).
53 Omelia 16, 17; op. cit., p. 559.
54 {( Ma allora, per virt di queste azioni (liturgiche), conviene che nostro
Signore il Cristo risusciti di tra i morti e spanda la sua grazia su tutti noi. E il
pontefice chiede anche che su tutti coloro che sono riuniti venga la grazia dello
Spirito santo (Omelia 15; op. cit., p. 533).
55 ({ "Ma bisogna quindi che nostro Signore il Cristo risusciti di tra i morti,
per virt di queste azioni, e che egli spanda la sua grazia su tutti noi", ci
che non pu essere altrimenti che per la venuta della grazia dello Spirito santo.
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gia sar operata dallo Spirito santo. E' evidente, quindi, che
clesi momento della risurrezione del Signore.
3.
IL TEMA DELL'EPICLESI
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2.
IL COMMENTO DI TEODORO
Dopo aver spiegato come l'epiclesi sia il momento della risurrezione di Cristo e il momento della trasformazione del pane e del
vino nel suo corpo e sangue, Teodoro prosegue cos: Quando dunque il pontefice dice che questo (pane e questo vino) sono il corpo e
sangue di Cristo rivela chiaramente che lo sono divenuti per la venuta dello Spirito santo, e che per lui sono divenuti immortali 63. Da
questa citazione emerge quanto segue: 1) la liturgia prevede un testo
in cui si dice che il pane e il vino sono il corpo e sangue di Cristo;
2) sufficiente che nel testo che il pontefice pronuncia ci sia un'affermazione che il pane e il vino sono il corpo e sangue di Cristo: non
necessario che ci sia l'intero racconto dell'ultima cena; 3) questo
viene detto dal pontefice in un momento imprecisato che, comunque,
61 Cfr.: VAN DE PAVERD F., Zur Geschitche der Messliturgie in Antiocheia un~
Konstantinopel gegen Ende des virten Jahrhunderts. Analyse der Quel1en bel
Johannes Chrysostomos, Roma 1970, p. 287-315.
62 Sul tradimento di Giuda 1, 5-6 (Patrologia Graeca 49, 379-382).
63 Omelia 16, 12; op. cit., p. 553.
c)
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rgia tremenda. Noi prendiamo il nutrimento immortale e spInle che il corpo e il sangue di nostro Signore, (noi) per i quali
stro Signore, sul punto di incamminarsi alla sua passione, (ne) fece
consegna ai suoi discepoli, in modo che, loro tramite, noi li ricessimo e li facessimo, noi tutti che crediamo al Cristo, e successivante facciamo commemorazione della morte di nostro Signore il
isto e di l riceviamo un nutrimento ineffabile, da dove abbiamo
a speranza capace di darci la comunione dei beni a venire 73.
Il tema della "tradizione" del corpo e sangue si configura come
embolismo del tema soteriologico del nutrimento ineffabile. L'istizione o, meglio, la "tradizione" dell'eucaristia viene commemota con sufficiente chiarezza, anche se in modo sintetico e sommario
~toche non vengono ripetute alla lettera le parole sul pane, sui
lice e sul mandato finale 74. La frase {( in modo che, loro tramite,
i li ricevessimo e li facessimo corrisponde al mandato istitutivo:
te questo in memoria di me " e chiude la menzione dell'istituzione.
i inizia l'embolismo anamnetico: {( Noi tutti che crediamo al Cri.tO' e successivamente facciamo commemorazione della morte di nofra Signore il Cristo . E' possibile che nel testo di Teodoro ci
'ano anche degli elementi appartenenti al testo liturgico effettivaente in uso; infatti, egli dice: {( E' questo e (altre cose) simili che
pontefice dice in questa liturgia sacra 75.
Quindi, possiamo concludere che nella liturgia commentata da
eodoro esiste la narrazione della tradizione dei misteri, ossia delistituzione dell'eucaristia, anche se non viene riportata la narrazio evangelica dell'ultima cena, parola per parola 76.
Come non possiamo escludere che egli citi un testo realmente
istito, cos non possiamo escludere che questo testo possa essersi
ogressivamente arricchito fino a riportare anche le parole che il
ignare disse nella tradizione dei santi misteri. E' Teodoro stesso
e ci. mette su questa strada, ossia che ci suggerisce questo sviluppo.
fattI, quando parla della tradizione dei misteri, egli usa citare le
arole stesse del Signore, in un racconto formale e diretto. A titolo
i esempio: nostro Signore {( nella tradizione dei misteri parla cos:
rendete, mangiate: questo il mio corpo che per voi spezzato per
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pe.r
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v -
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TEODORO
Dialogo
Lode di Dio
({ Santo
onizione diaconale Monizione diaconale
Embolismo trinitario
Racconto dell'economia:
1)
2)
3)
tradizione
(sui fedeli)
Epiclesi
(sul pane e vino)
(sui fedeli)
(vivi e morti)
Intercessione
(vivi e morti)
so
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89 Agathetoti (...) ouch upereides; (...) ou perieiden" (Costituzioni apostoliche); ou pareides (...) agathe" (Anafora di Giacomo; Codice Vaticano Greco
2282).
. .
.,
90 METZGER M. (Ed.), Les ConstltutlOns apostollques. Llvres I et II (= Sources
Chrtiennes n 320), Tome I, Paris 1985, p. 30.
91 MAZZA E., Omelie pasquali e Birkat ha-mazon: fonti dell'anafora di Ippolito?", Ephemerides Liturgicae 97 (1983) 438-444.
.
92 HANGGI A. - PAHL L, Prex eucharistic,a. Textus e varzls ltturglls antlqulOrzbus
selecti, Fribourg 1968, p. 375.
93 MACOMBER W. F., TheMaronite and Chaldean Versions of the Anaphora
of the Apostles", Orientalia Christiana Periodica 37 (1971)61-6.4; per il testo
dell'anafora di S. Pietro, terza cfr.: RAEs A. (Ed.), Anaphorae syrzacae. Quotquot
in codicibus adhuc repertae sunto Cura Pontificii Instituti Studiorum Orientalium,
Roma 1939-1973, VoI. 2, Fase. 3, p. 293-29.
94 HANSSENS L M., Institutiones liturgicae de ritibus orientalibus, val. III / 2,
Roma 1932, p. 378-379.
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) La menzione dell'istituzione
Alla fine del settore dedicato all'economia, l'anafora commentata
da Teodoro ha la menzione dell'istituzione che, come tale, non identica al racconto dell'istituzione.
Nell'affrontare questo argomento, abbiamo due possibilit:
1) La prima sta nel considerare la menzione dell'istituzione
come una forma arcaica del racconto dell'istituzione. L'ipotesi sarebbe questa: quando essa si evolve e si sviluppa, attinge ai racconti
evangelici dell'ultima cena e si trasforma in " racconto dell'istituzion.e". Possiamo provare ad applicare questa ipotesi al nostro caso.
Se prendiamo la struttura dell'anafora commentata da Teodoro e inseriamo il racconto dell'istituzione al posto della menzione dell'istituzione, otteniamo, come risultato, la struttura dell'anafora antiochena, cos come. ci nota, ad esempio, dal testo bizantino di Basilio o
da quello di Giovanni Crisostomo.
2) La seconda maniera di considerare l'argomento consiste nel
ritenere la menzione dell'istituzione e il racconto dell'istituzione come due realt diverse. In questo caso, il racconto non nasce per sostituire la menzione, ma per aggiungersi ad ess.a e completarne 11
tema. In tal caso, la menzion~ dell'istituzione serve ad introdurre
il racconto dell'ultima cena. Questa non un'ipotesi puramente teoOmelia 16, lO; op. cit., p. 551.
Questa affermazione limitata alla famiglia antiochena. Fa eccezione
'l'anafora alessandrina di Gregorio Nazianzeno (HANGGI A., op. cit., p. 362), che
composta di citazioni tratte dai grandi cappadoci, soprattutto dal Nazianzeno.
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g) L'epiclesi
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"su tutti coloro che sono riuniti ", che Teodoro commenta usa
la teologia dell'unit.
3.
CONCLUSIONE
TEODORO
Dialogo
Dialogo
Lode di Dio
Lode di Dio
Introduzione al {( Santo
Introduzione al {( Santo
Santo
{( Santo
Embolismo trinitario
Racconto dell'economia
(molto ampio)
Racconto dell'economia
Racconto dell'istituzione
Anamnesi
Epiclesi
(sul pane e vino)
(unit dei fedeli)
Epiclesi
(sul pane e vino)
(unit dei fedeli)
Intercessioni
vivi e morti)
Intercessioni
(vivi e morti)
Dossologia
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l1
2.
133 Non sono molte le testimonianze dei vari momenti dello sviluppo dell
struttura anaforica, dato che a noi sono rimasti i testi consacrati dall'us
ossia i testi giunti all'ultimo stadio della loro evoluzione. Per conoscere quale
tappa intermedia di questa lunga evoluzione, dobbiamo avere la fortuna
ritrovamenti archeologici di manoscritti arcaici, oppure dobbiamo accedere
testi che non hanno seguto l'evoluzione liturgica della chiesa, cio a tes
estranei ai libri liturgici.
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Ivi.
Ivi.
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LA
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CATECHESI QUINTA
Fin dall'inizio delle sue cinque omelie, Cirillo esprime l'intenziodi commentare, passo passo, i riti dell'iniziazione. Effettivamente
segue questo progetto esaminando tutti i riti secondo la loro
ccessione, cosa molto evidente nel commento ai riti battesimali e
el commento all'anafora, contenuto nella catechesi quinta. L'unica
cezione la catechesi quarta che tratta, come abbiamo visto, non
un rito, ma della dottrina eucaristica.
Nella quinta catechesi Cirillo inizia il commento a partire dal
alogo introduttorio e prosegue con il tema dell' azione di grazie, il
I1to, l'epiclesi e le intercessioni 148. E' la stessa successione rituale
e troviamo nell'Orda contenuto nelle catechesi di Teodoro di
opsuestia, ivi compresa l'assenza della dossologia finale dell'anafora.
Posso concludere che l'Orda di Teodoro e le catechesi di Cirillo si
()nfermano a vicenda nell'attestarci una struttura anaforica priva del
locco racconto dell'istituzione - anamnesi. Dobbiamo ricordarci di
uesto fatto, per avere una miglior comprensione della genesi e dello
iluppo dell'anafora antiochena.
In Teodoro abbiamo visto che l'Ordo citato gi arcaico, dato che
nafora in uso nella sua chiesa notevolmente evoluta rispetto ad
so. Anche l'anafora attestata dalle catechesi di Cirillo evoluta rietto all'Ordo di Teodoro, pur conservandone pienamente la strutra. Infatti, quando egli commenta l'epiclesi, ci mostra un testo epitico che ha come oggetto i doni proposti {( affinch faccia del
ane il corpo di Cristo, del vino il sangue di Cristo; infatti, tutto ci
e lo Spirito santo tocca viene santificato e trasformato)} 149. Il testo
icletico di Teodoro conserva il tema arcaico dell'unit dei fedeli,
a subisce un'evoluzione rispetto all'Orda. Infatti si arricchisce del
invocazione dello Spirito santo sul pane e sul vino perch siano traformati. Non bisogna dimenticare che, nella storia dell'epiclesi, il
ma della santificazione dei doni evolutivo ed acquista sempre mag'or importanza 150, mentre il tema dell'unit dei fedeli recessivo 151.
'epiclesi di Cirillo in funzione della trasformazione dei doni e non
[48 CUTRONE E. J., Cyril's Mystagogical Catecheses and the Evolution of the
rusalem Anaphora , Orientalia Christiana Periodica 44 (1978) 58; questo dato
a gi stato segnalato da A. Pidagnel (op. cit., p. 155, nota 1), ma Cutrone
he si impegnato a fondo per mettere in piena luce questa struttura dell'ana6ra, confortato dall'argomento filologico di G. Dix (The shape of the liturgy,
ondon 1964, p. 197-198).
149 Omelia 5, 8; op. cit., p. 154.
[SO L'epiclesi arriva a suddividere !'invocazione in due settori, uno sul pane
uno sul vino, in modo da creare un'evidente analogia con la bipartizione del
cconto dell'istituzione.
151 L'anafora bizantina di Basilio ne l'ultimo testimone e cede il posto al
ma della santificazione dei fedeli, che si sviluppa in un lungo elenco di
enefici, dono dello Spirito, tutti descrittivi degli aspetti particolari della santicazione, che il tema principale dal quale essi derivano.
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a guidare anche Cirillo nella sua catechesi quinta. Tuttavia c' una
verso la presenza del racconto istitutivo nell'anafora; que
o cammmo ancora in corso ai tempi di Cirillo e non cos orno
neo come si potrebbe pensare. Qualche chiesa ancora con il vecio ardo, altre chiese hanno gi adottato il racconto dell'istituzione
perando anche la fase della semplice menzione dell'istituzione 155.
irillo deve tener conto di tutto questo.
In tal modo egli compone la quinta catechesi, fedele alla struttura
tuale classica, e la quarta catechesi (inspiegabilmente corta rispetto
tutte l~ a~tre), che s~iluppa la teologia eucaristica in base alle pa
ole dell ultIma cena, CItate non secondo uno dei quattro racconti del
uovo Testamento, ma secondo la loro redazione liturgica che va
lnponendosi: il racconto dell'istituzione.
oluzion~
Se
3.
IL RACCONTO DELL'ISTITUZIONE
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VIII - CONCLUSIONE
Dall'esame delle Omelie catechistiche di Teodoro di Mopsues
emersa l'esistenza di un rituale: un Orda che, citato frase
frase, il punto di partenza del commento che Teodoro costrui
sull'anafora della sua chiesa. L'Orda e il testo commentato da T
doro sono due diverse tappe dell'evoluzione dell'anafora, sia co
contenuti che come struttura.
Riveste un particolare interesse il confronto tra l'Orda e il co
mento di Teodoro. In tal modo, infatti, riusciamo a cogliere il p
saggio da un'anafora senza racconto dell'istituzione a un'anafora c
la menzione o, forse, con il racconto stesso dell'istituzione; ugri<\.
interesse suscita il passaggio dall'epiclesi per la santificazione cl
158 In questo punto F. van de Paverd di avviso contrario, dato che semb
dare maggior rilievo agli elementi che accomunano Teodoro e Crisostomo, pi
tosto che agli elementi che li differenziano, cfr.: PAVERD (van de) F., Z
Geschitche der Messliturgie in Antiocheia und Konstantinopel gegen Ende
vierten Jahrhunderts. Analyse der Quellen bei Johannes Chrysostomos,
1970, p. 373-376.
159 Cfr. BROCK S. P., The Transition to a Post-baptismal Anointing
Antiochene Rite", in: SPINKS B. D., The Sacrifice of Praise. Studies on
Themes of Thanksgiving and Redemption in tlte Centrai Prayers of the
ristic and Baptismal Liturgies. In Ronour of A. R. Couratin, Roma
215-225; e anche: LIGIER L., La confirmation, Paris 1973.
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