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CORTE DASSISE DI ALESSANDRIA. 6 GIUGNO 2016. PRESIDENTE EST.

SANDRA CASACCI
Sentenza da impugnare. Ingiusta verso lambiente, le vittime e le generazioni future, squilibrata e
sbagliata sul piano tecnico giuridico, mortificante sul piano etico morale.
Sintesi. Omessa bonifica: il fatto non sussiste. Non riconosciuto il danno ambientale. Nessun
risarcimento per morti e malattie. I tre responsabili: assolti per non aver commesso il fatto. Quattro
piccoli capri espiatori: 2 anni e 6 mesi. Uno prescritto.
Segue analisi.
La sentenza condizionata dal pregiudizio che la pena prevista dallart. 439 estremamente severa: delitto
doloso a danno della collettivit.
Facile applicare il 439 ad atti di istantanea natura politico-terrorista, quale quello del sabotaggio mediante
versamento di veleno nelle condutture idriche. Altro coraggio giuridico ci vuole (e se non c, non te lo puoi
dare) per condannare finalmente, quasi per primi in Italia, permanenti condotte imprenditoriali di
avvelenamento delle acque di falda, quando manca lesibizione della pistola fumante, cio il morto,
anche se avvelenati e morti, lo sa bene Casacci, eppur ci sono, ma vanno ignorati perch non fanno parte
del capo di imputazione, che lavvelenamento delle acque di falda. Avvelenati e morti a cui questa
sentenza preclude il riconoscimento di giustizia e risarcimenti futuri.
La pregiudiziale di eccessiva severit sanzionatoria dellart. 439 porta la Corte, da un lato, a formulare una
interpretazione di questo articolo che, reato doloso, a tutela della salute pubblica, invece alla lettera
chiarissimo:
Chiunque avvelena acque o sostanze destinate allalimentazione, prima che siano attinte o distribuite per
consumo, punito con la reclusione non inferiore a 15 anni.
Dallaltro lato, a individuare in alternativa un reato pi lieve, colpa e non dolo, perch in coscienza
indubitabile che il disastro ecologico di proporzioni immense c, non solo rilevante ma difficilmente
reversibile (sic), dunque sarebbe clamoroso contravvenzionare o assolvere. Per bisogna eliminare,
sostituire la parola avvelenamento.
Come redatta da dottor Jekyll e mister Hyde, la sentenza per larghissima parte dimostra, con puntigliosa
analisi della vicenda storica allorigine del procedimento, dei dati di indagine e del percorso dei
contaminanti, del modello idrogeologico del sito, dimostra che la falda della Fraschetta, tanto quella
superficiale che quelle profonda, per chilometri a monte addirittura dello stabilimento di Spinetta Marengo
e fino al fiume Bormida, senza soluzione di continuit fra Ausimont e Solvay, fortemente e in progresso
inquinata (o avvelenata? n.d.r.) da un cocktail di sostanze tossiche e cancerogene immesse nel passato e/o
nel presente dallindustria chimica, con concentrazioni superiori ai valori di soglia di parecchie decine di
volte, di centinaia di volte, talvolta anche di migliaia di volte (sic).
La Corte dimostra inoltre, documentalmente, che i dati del grave inquinamento (avvelenamento) erano
conosciuti tanto da Ausimont che dalla subentrante Solvay, anzi nascosti agli Enti pubblici, edulcorati, in
doppia forma, contraffatti. Con altrettanta puntigliosit Casacci analizza le cause dellinquinamento
(avvelenamento) della falda, conosciute e nascoste e contraffatte tanto da Ausimont che da Solvay: le
discariche non autorizzate e gli stoccaggi tossico cancerogeni, le perdite di acqua di processo e di
raffreddamento (300 mc/h), le perdite di rete fognaria, lassenza di manutenzioni, il dilavamento e la
percolazione anche delle acque meteoriche, lalto piezometrico, quanto meno 800.000 metri cubi di
terreno contaminato pari a oltre 1.150.000 tonnellate. E dimostra, tanto per Ausimont che per Solvay, che
non solo linquinamento (avvelenamento) era conosciuto ma anche che dello stesso si ritardasse la bonifica

con diversioni, menzogne, silenzi strategici, inutili pozzi barriere, il tutto equivalente a produrre
contaminazione e ad aggravala (sic).
Fino a questo punto della sentenza, la Corte di fatto ha dimostrato il dolo: Alla fine di questa parte
dellesposizione, pu affermare che, a fronte di un sito altamente contaminato, fonte di grave
inquinamento veicolato nella falda acquifera sottostante lo stabilimento e migrante allesterno, potenziato
nei suo nei suoi effetti di dispersione da ulteriori condotte attribuibili alla gestione industriale per
lesistenza di perdite che incrementavano il percolamento, la solubilizzazione, la lisciviazione dei
contaminanti di cui il terreno era intriso, nessun reale e serio intervento stato compiuto, nel periodo di
imputazione, per la rimozione delle fonti inquinanti (terreni contaminati), leliminazione delle perdite che
cagionavano la diffusione delle sostanze tossiche, il contenimento del flusso della sua espansione verso
lesterno. Pi dolo di cos! Eppure
A questo punto, se il pregiudizio laspra pena dellart. 439, occorre smontare due architravi del capo di
imputazione: il dolo e lavvelenamento.
Compito non facile in quanto la falda inquinata (avvelenata) qualificata espressamente riserva idrica dal
Piano regolatore comunale e dal Piano di tutela delle acque della Regione, dunque trattasi di acque
destinate allalimentazione (destinate, art. 439). Destinabili ma non destinate si interroga Casacci in
uno slalom di citazioni e soprattutto ripetendo la considerazione della pregiudiziale. E precisando (salvo
smentirsi poco appresso): va inteso acque esclusivamente destinate ad uso alimentare diretto e immediato,
insomma bevute direttamente dalluomo e giammai indirettamente ingerite consumando cibi avvelenati
quali verdure latticini animali che hanno assunto veleni tramite radici o abbeveramenti. Ad ogni modo la
Corte, elencando il numero dei pozzi privati e pubblici, conclude infine: In conclusione. Poich molteplici
sono le fonti di attingimento anche per uso alimentare dalla falda sottostante lo stabilimento e le zone
limitrofe, la Corte afferma che lacqua in esso [acquifero] contenuta era destinata (anche)
allalimentazione. Dunque art. 439. Per c un per.
Per acqua solo inquinata o anche avvelenata? Altro paletto di Casacci: lunico riferimento deve farsi al
D.Lgs 31/01 che prevede parametri meno severi del successivo D.LGS 152/06. Ebbene, secondo la Corte, dal
punto di vista qualitativo non c dubbio che trattasi di veleni tossico cancerogeni, senza considerare che
sono combinati in un cocktail con effetti probabilmente esponenziali. Veleni: daccordo, ma sotto laspetto
quantitativo? Altro paletto: non deve considerarsi lunicit della falda avvelenata, bens solo i pozzi che vi
pescano per uso alimentare, per i quali i superamenti delle acque sotterranee sono definiti modesti e
quindi il rischio accettabile degli effetti tossici e cancerogeni. E quando questi superamenti non sono
modesti bens palesemente abnormi? Allora i pozzi privati vengono declassati a pozzi irrigui per colture
e bestiame (chiss poi perch considerati non anche utilizzati per diretta alimentazione umana visto che
non vi erano allacciamenti con lacquedotto comunale?!).
Non solo, la sentenza si contraddice clamorosamente (pag. 222) quando ammette: Quanto allattingibilit,
baster evocare i pozzi della cascina Pederbona, investita in pieno dal pennacchio di contaminazione che
fuoriusciva dallo stabilimento, pozzi che, durante tutto il periodo di imputazione, hanno fornito acque
irrigue per le colture dellazienda agricola e per labbeverata degli animali da latte, quindi per scopi
strettamente connessi con la vita umana, anche sotto il profilo dellalimentazione, sia pure mediata,
attraverso i prodotti dellallevamento.
Di pi. Il pozzo dellacquedotto denominato Bolla, che pesca in falda profonda, stato addirittura chiuso
dallArpa, ma non farebbe testo perch i valori sono stati rilevati da apparecchiature particolarmente
sensibili (sic).
Di pi. Perfino per il pozzo 8, destinato ai lavoratori e ai cittadini del sobborgo, che gi nel 1988 lazienda
considerava pericoloso e da chiudere, che pesca a 100 metri dunque in falda profonda, posto addirittura

sotto lo stabilimento, vietato in zona di rispetto e tutela assoluta, addirittura tenuto in funzione anche dopo
lavvio 2001 della (presunta) bonifica, addirittura attivo fino al 2008 apertura processo, perfino per il pozzo
8 il rischio tossico e cancerogeno definito accettabile in quanto i superamenti dei limiti previsti per le
acque sotterranee sono definiti irrilevanti. Ma in altra parte della sentenza (pag. 157) se ne scritto le
concentrazioni di cromo esavalente e tetracloroetilene hanno superato e non di poco! anche i limiti del
D.Lgs 31/01 sulle acque potabili!
Clamoroso che la sentenza dimentichi la testimonianza della stessa teste della difesa: sui rubinetti dei
servizi dei dirigenti era apposto il cartello ACQUA NON POTABILE. Mentre tutti gli altri dipendenti e abitanti
erano tenuti alloscuro! La rivelazione viene attribuita in sentenza solo a Lino Balza.
Laltro pozzo, denominato 2, ad uso potabile dentro lo stabilimento, superficiale e sicuramente avvelenato,
viene chiuso solo nel 2001.
Sostituendo la dizione avvelenamento con inquinamento, eliminato cos lart. 439 severamente
sanzionatorio, doloso, scartata anche la severa Legge Ecoreati, alla Corte viene alluopo il solito art. 434:
lieve reato di disastro ambientale innominato, colposo, applicabile perfino per lacqua destinata al
riempimento delle piscine: non occorre neppure provare il danno, basta il pericolo per la pubblica utilit.
Conseguentemente alla derubricazione, gli imputati principali, gli amministratori delegati, diventano
ingombranti perch il reato di dolo emergeva volente o nolente da tutte le parti della sentenza. Servono
capri espiatori. A questo punto la sentenza introduce il concetto, anzi il principio di delega: gli
amministratori avrebbero delegato la gestione del disastro ambientale ai piani inferiori, a direttori e
responsabili sicurezza.
Qui la sentenza frana definitivamente: un disastro ambientale di portata nazionale, storico, conosciuto da
tutti, conosciutissimo dagli amministratori delegati che per esso avevano contrattato un forte sconto sul
prezzo di acquisto (sic), oggetto di interrogazioni parlamentari, di continue (e specifiche: sulle falde)
denunce pubbliche per le quali Lino Balza viene licenziato, di lettere aperte di Balza via fax e sui giornali, un
disastro ambientale che necessitava (e necessita) investimenti di risanamento miliardari, avrebbe dovuto
per delega- essere risolto con quattro soldi dai direttori!
Restiamo piuttosto nei limiti della logica, perbacco. Gli amministratori, Carlo Cogliati per Ausimont e Solvay,
Bernard de Laguiche e Pierre Jaques Joris per Solvay, secondo strategia aziendale hanno deliberatamente
scelto di minimizzare i costi e massimizzare i profitti, scelto di non investire miliardi per bonificare
lambiente coscienti che stava addirittura peggiorando. Ai sottoposti non restava altro che completare le
loro condotte omissive e commissive (compito svolto con diligenza). La Corte si rende conto di aver scritto:
Tutti gli amministratori sapevano -e questo lo si d per scontato- che il sito presentava problemi di gravi
inquinamento, ma non si pu affermare che essi avessero comunque il dovere di attivarsi e di risolverli, una
volta che esisteva una struttura articolata e deputata alla gestione di questi problemi, prima di tutto
attraverso il direttore di stabilimento e poi attraverso i responsabili della funzione ambiente? E con quali
soldi, di tasca loro!?
Il principio della delega, cara Corte, sarebbe valido se il delegante fornisse al delegato i mezzi per
raggiungere gli scopi. Invece i poteri di spesa dei direttori per la gestione ordinaria erano (sono) ridicoli
rispetto agli investimenti necessari alla risoluzione del disastro ambientale: unicamente gli amministratori
potevano decidere i finanziamenti. Come fa la Corte ad affermare che gli amministratori non erano stati
informati della necessit di tali spese, richiesti di autorizzarle e perci non le avevano autorizzate? E perch
mai, un direttore avrebbe dovuto assumersi un tal mal di pancia. Ma se poche pagine prima proprio la
Corte aveva scritto che gli amministratori sapevano e questo lo si d per scontato!

E poche pagine dopo la sequenza logica della sentenza invece scorre cos: 1) i vertici aziendali avevano
convenientemente e correttamente delegato la gestione dellintera problematica, 2) la problematica
stata oggetto di colpevole sottovalutazione da parte dei soggetti che erano stati investiti dal potere/dovere
di intervenire, 3) tale sottovalutazione stata trasmessa dai responsabili anche ai vertici aziendali.
Conclusione: i vertici assolti per non aver commesso il fatto e i pesci piccoli, nulla pi che pasticcioni e
imbroglioni, sui capri espiatori non si pu infierire, condannati per colpa, lievissima colpa. 2 anni e 6 mesi
per Luigi Guarracino, Salvatore Boncoraglio, Giorgio Canti e Giorgio Carimati, prescrizione per Giulio
Tommasi. Lievi pene perch in fondo, scrive la sentenza, essi hanno sottovalutato, trascurato, male
interpretato tutti i segnali di allarme che si andavano manifestando da molto tempo, dallinquinamento
della falda profonda, allespansione dei contaminanti fuori dal sito industriale senza segnalarli alle
autorit in modo completo e chiaro, senza predisporre adeguate misure, senza [sic] proporre agli
amministratori dellazienda idonee azioni di contrasto. Insomma, pi realisti del re, hanno imbrogliato il
povero re. Lievi condanne compensate da adeguati stipendi ma che comunque i quattro in appello
cercheranno di scrollarsi di dosso affermando che avevano funzioni meramente consultive, senza procure,
senza poteri di spesa significativi. Non solo, malgrado la beneficenza di pena goduta, potranno addirittura
impugnare la diversa qualificazione giuridica della sentenza rispetto al capo di imputazione.
Per quanto riguarda il secondo capo di imputazione, reato di omessa bonifica, in due paginette la sentenza
assolve tutti gli imputati perch il fatto non sussiste. Conclude la sentenza non riconoscendo al Ministero
dellAmbiente in sede penale il danno ambientale (richiesti 100 milioni di euro come provvisionale) per
omessa bonifica, avvelenamento della falda profonda e del territorio, e del fiume Bormida, n il danno alla
salute dei cittadini. Viene invece riconosciuto, fa un po ridere, il danno allimmagine del Comune. No
comment sui risarcimenti morali agli Enti esponenziali. Nessun risarcimento alle parti civili a titolo dei
decessi e delle malattie, di cui il processo non si occupato. Una sottolineatura al ruolo svolto
ininterrottamente da Medicina democratica (le rappresaglie a Balza, compreso il licenziamento) da 40 anni
a denunciare ci che solo nel 2008 diventato capo di imputazione del processo. Capo di imputazione che,
per quanto sopra tutto dimostrato, deve essere indubbiamente impugnato in Appello.

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