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FONTI DEL DIRITTO

fonti di produzione del diritto, cio quegli atti idonei a creare diritto. Secondo Gaio, un giurista del II secolo
d.C., le fonti del diritto sono costituite:
dalle leggi
dai plebisciti
dai senato consulti
dalle costituzioni degli imperatori
dagli editti di coloro che hanno il diritto di emanarli
dai responsi dei giuristi.
LEGGE
Definizioni nelle fonti in ordine cronologico:
Ateio Capitone, vissuto in et augustea. La legge un comando generale del popolo o della plebe, con il
magistrato che interroga.
Gaio, La legge ci che il popolo ordina e stabilisce.
Ateio Capitone e Gaio puntano sul concetto di iussum, comando, ordine
Papiniano, La legge un precetto comune elaborato da uomini saggi e la coercizione dei delitti che sono
commessi volontariamente o involontariamente, un patto della repubblica comune. pone laccento sul
concetto di patto della comune repubblica, tra uomini, in particolare tra il magistrato e il popolo. Il magistrato
che chiede al popolo se vuole approvare quella norma, quella regola, e il popolo risponde: s o no
caratteri lex: La legge atto di comando ed di emanazione popolare, cio approvata dal popolo riunito nei
comizi, su proposta del magistrato, ordina di . La legge quindi promana dal potere del popolo. Il popolo
facendo uso della sua potestas, del suo potere innescato in questo dal potere magistratuale, comanda. In questo
si pu parlare di incontro di poteri: il potere del magistrato di riunire il popolo in assemblea, di proporre al
popolo una norma, e il potere del popolo di approvare la norma, farla diventare lex. Quindi non un patto ma una
estrinsecazione del potere del popolo.
-vincolativit: indicata lestrinsecazione del potere in forma di comando, di ordine, ordine al quale non si pu
non obbedire, se non si obbedisce si subiscono le conseguenze di vario tipo, a seconda della potest dalla quale
promana lordine.
-generalit. E un comando generale. Emerge soprattutto dalla definizione di Ateio Capitone,
-astrattezza. Non un ordine specifico diretto a una specifica persona onde imporgli uno specifico
comportamento, un ordine generale, un ordine che concerne un vasto numero di persone, pi o meno vasto,
ma non identificato nei suoi specifici componenti.
Questi sono i caratteri fondamentali della lex, nel diritto romano, ma attenzione, perch con il termine lex, nel
diritto romano sono designati anche i contenuti di patti fra privati. Per identificare la lex in quanto iussum
populi nel diritto romano si usa una ulteriore qualificazione. Questa ulteriore qualificazione nella parola
publico. La lex, in quanto iussum populi lex publica. Questo concetto di lex, come iussum populi, rogante
magistratu cio dietro proposta del magistrato, un concetto antichissimo, un concetto quasi originario. La
prova in un passo di Tito Livio parla dellapprovazione delle 12 Tavole, la normazione, di cui abbiamo
notizia, pi antica, di Roma, risalgono a circa il 450 a.C., venne istituita una magistratura speciale i decemviri
per provvedere alla emanazione di questa legge, che prese il nome dal numero delle tavole entro le quali le
norme vennero trascritte. Ci che il popolo abbia ordinato in tempi successivi, ci sia diritto. E ricaviamo un
altro principio: che qualunque statuizione del popolo, intervenuta in tempi successivi, in grado di modificare il
ius, abrogando la norma precedente, quindi il potere popolare non si esplica una volta soltanto.
PLEBISCITI
Una definizione giuridica di plebiscito la possiamo trarre da un passo di Gaio : Il Plebiscito ci che la plebe
ordina e stabilisce. Iussum plebis - anzich iussum populi, ma sempre un concetto di ordine, di esplicazione
del potere. La differenza quindi non nel valore dellatto, che lo stesso, ma nella sua formazione, perch la
lex approvata dal popolo, il plebiscito dalla plebe. Gaio definisce qualificandola ins enso negativo la plebe
La plebe si differenza in questo dal popolo: che con il nome di popolo si intendono tutti i cittadini. Si
intendono con il nome di popolo, quindi, tutti i cittadini, compresi i patrizi. invece con il nome di plebe si
intendono gli altri cittadini, esclusi i patrizi. La differenza questa: che il popolo comprende plebei e patrizi, e
quindi la definizione che Gaio d di plebe una definizione qualificata in negativo. Nel senso che la plebe il
popolo meno i patrizi. Non essendovi nella trattazione di Gaio una distinzione sostanziale si caratterizzano, i
due atti, esclusivamente sotto il profilo formale. Il plebiscito approvato dalla plebe. La lex approvata dal

popolo. Come il popolo esprime la sua volont nei comizi, quelle assemblee , cos la plebe esprime la propria
volont nel concilio.
Gaio un giurista del 2 secolo d.C. e il processo di maturazione della valenza costituzionale, con categoria
moderna, dei plebisciti giunta a compimento ormai da secoli. Troviamo traccia di questa discussione in 2 testi:
il testo di Pomponio; e un altro passo tratto dalle Istituzioni di Gaio.
Pomponio Avvenne che la plebe venisse a discordia con i senatori e si ritirasse e costituisse per s una specie
di diritto, che si chiamavano plebisciti, si ritira sul Monte Sacro e decide di autoregolamentarsi e cerca di
imporre il loro contenuto alr esto del popolo. Non una legge, perch come categoria giuridica la legge
approvata dal popolo, la plebe non il popolo. La plebe si ritir poich nascevano molte discordie intorno
alla forza di questi plebisciti. Quindi si parla di unulteriore secessione. sembra caratterizzata proprio da
questo problema giuridico, il valore costituzionale da dare ai plebisciti. Fu stabilito continua Pomponio con
la legge Ortensia, che essi si osservassero come leggi, ed avvenne cos che tra i plebisciti e la legge vi fosse la
sola differenza di formarli, che avessero poi la stessa forza. Discussioni, tra patrizi e plebei.
GAIO Un tempo, anticamente, i patrizi sostenevano di non essere tenuti, di non essere vincolati ai plebisciti.
La discussione di cui parlava Pomponio: i patrizi non vogliono obbedire ai plebisciti dei plebei, laltra parte del
popolo poich senza la loro autorit essi erano stati emanati, approvati. Continua Gaio: Ma
successivamente fu approvata la lex Ortensia (la legge Ortensia) con la quale fu stabilito che i plebisciti
vincolassero lintero popolo. E cos, in tal modo, i plebisciti furono equiparati alle leggi.
Sotto il profilo sostanziale non vi alcuna differenza, Sotto il profilo giuridico, interessante osservare che il
plebiscito un atto che proviene da una parte del popolo, e come tale, quindi, secondo le argomentazioni dei
patrizi, argomentazioni giuridiche, non poteva in alcun modo vincolare lintero popolo, non poteva cio, un atto
compiuto da una parte soltanto del popolo, esprimere i suoi effetti nei confronti dellintero popolo. Con la
Legge Ortensia, ma necessaria la legge, si raggiunge questo obiettivo e cos latto compiuto da una parte
soltanto del popolo esprime i suoi effetti nei confronti dellintero popolo. Non nascono come leggi, non hanno
lo stesso valore della legge, lo ottengono attraverso una legge. Il patriziato si assottiglia. La massa della plebe
sempre pi consistente.
COSTITUZIONI DEGLI IMPERATORI
Non esisteva in et repubblicana perch non esisteva limperatore. Scrive Gaio. La Costituzione
dellImperatore ci che lImperatore, con decreto o con editto, o con epistula (letteralmente sarebbe lettera)
stabilisce. non usa ordinare. Continua Gaio, E non mai stato posto in dubbio che le costituzioni ottengano
il valore della legge. La Costituzione dellImperatore non la legge, ma ha la forza della legge. La legge
approvata dal popolo E lImperatore non il popolo una persona, Cos come il plebiscito era stato equiparato
alle leggi attraverso una legge, la Legge Ortensia, cos anche lImperatore riceve il potere dal popolo attraverso
una legge, ma la differenza che Mentre nella Legge Ortensia si procedeva alla diretta equiparazione dei
plebisciti alle leggi, attraverso la legge di cui ci parla Gaio non si ha unequiparazione degli atti dellImperatore,
alle leggi, ma si ha il trasferimento del potere dal popolo allImperatore. Gli atti che lImperatore emana non
sono equiparati alla legge attraverso una legge. Quindi non il problema del valore che debbano acquisire gli
atti dellImperatore. lImperatore pu emanare atti che hanno forza di legge, perch il popolo ha trasferito il
suo potere. Questa caratteristica, delle Costituzioni Imperiali, la possiamo vedere ancor meglio in un passo di
un altro giurista Ulpiano. Ci che il Principe vuole, ha il valore della legge.E cos, con una legge regia, che
fu approvata sullImpero dellImperatore, il popolo a lui (cio allImperatore) e verso di lui, conferisce ogni suo
impero e potere. il popolo trasferisce allimperatore una volta per tutte i suoi poteri, se ne spoglia interamente,
Quindi connotava sotto il profilo cronologico, per sempre, e sotto il profilo spaziale, di oggetto, tutto il
potere. Attraverso una legge ultima, con questa immagine un po romantica - diciamo cos - il popolo rinuncia a
tutti i poteri, li d allImperatore e lImperatore li usa, a suo piacimento.
GIURISPRUDENZA ROMANA
Oggi noi per giurisprudenza intendiamo il complesso delle Corti che emanano giudizi, che emanano sentenze.
Nel caso dei romani, la giurisprudenza formata da persone che, per molti secoli, non sono state investite di
alcun potere, che studiano il diritto, per una scelta di vita, senza una remunerazione, senza che qualcuno li abbia
investiti di questo incarico, ma nonostante questo, nonostante siano semplici persone che dedicano la loro vita
al diritto, ugualmente hanno il potere di creare diritto. Per parlare di giurisprudenza bisogna, alle origini,
spiegare cosera il Collegio dei Pontefici. A Roma esistevano Collegi Sacerdotali. In particolare, il Collegio dei
Pontefici si occupava della corretta applicazione del diritto sacro, ed era un collegio composto da persone
nominate in vario modo, alle origini attraverso una cooptazione . E in et arcaica non vi era una netta
separazione tra diritto profano e diritto sacro, perch tutto era riconducibile al rapporto divinit uomo. Le

fonti del diritto nellet arcaica erano in parte diverse rispetto a quelle dellet pi avanzata. Le leggi e i
plebisciti si sarebbero formati in et repubblicana avanzata. Diciamo, allorigine dellet repubblicana, erano i
mores la fonte del diritto pi importante laconsuetudine, un diritto non scritto, tramandato oralmente; e i
depositari di questa tradizione erano appunti i Pontefici riuniti nel loro Collegio. Questo significa che loro
conoscevano il diritto, loro garantivano la migliore applicazione del diritto, e soprattutto loro potevano
interpretare il diritto. Anche per una certa sacralit della quale era rivestito il diritto stesso. La situazione cambia
leggermente, sempre in et arcaica, a partire dallanno 450 a.C., quando vengono emanate e pubblicate le 12
Tavole, una legge che prende il nome dal numero delle tavole dove questa legge venne trascritta. Fu creata una
magistratura speciale, i decemviri, per giungere allapprovazione di queste 12 Tavole, ci volle qualche anno per
arrivare a una versione definitiva: il diritto scritto. Pubblicate significa che venivano portate a conoscenza di
chiunque metteva comunque nella condizione di chi volesse di conoscere il diritto, le regole. Un testo scritto
con il quale confrontarsi
La lettera della norma. Il Collegio dei Pontefici mantiene la propria attivit sulla lettera della norma, quindi
garantisce la corretta applicazione della lettera della norma, il livello interpretativo, in queste condizioni,
molto basso, forse quasi inesistente. Mantiene per una sua caratteristica importante: quello della segretezza.
Ci che avviene allinterno del Collegio non pu essere conosciuto allesterno. Solamente chi interessato alla
corretta applicazione della norma queste persone possono conoscere come la pensa il Collegio dei Pontefici. s i
passa ad una attenzione maggiore alla lettura della norma. E da l alla interpretazione il passo breve.
Linterpretazione cui ricorrono i Pontefici ha pi di una funzione. Attraverso linterpretazione si vuole dare
chiarezza a norme non chiare. il diritto deve progredire, il diritto deve svilupparsi, ci sono nuove esigenze, la
citt muta, mutano le esigenze dei singoli e mutano le esigenze dei gruppi. Ci si rende conto che il diritto
necessita di studio, di unapplicazione ragionata e adeguata ai tempi, alle nuove esigenze che sorgono dalla
quotidianit. Ecco allora che il lavoro di interpretazione dei Pontefici si fa sempre pi vivo, pi elastico, con
il tempo. Si pensi che, molti istituti del diritto civile romano che hanno le loro radici nelle 12 Tavole non erano
disciplinati in modo esplicito , ma nascevano dalla interpretazione del Collegio dei Pontefici. Ad esempio:
ladozione. Non vi era una norma che dicesse ladozione si realizza attraverso ecc.. Cerano per delle
norme che se adeguatamente interpretate potevano portare alleffetto delladozione la filiazione non naturale filiazione legittima non naturale, per legge. E questo fecero i Pontefici, uniti nel loro Collegio. Svilupparono
cio una linea interpretativa, attraverso la quale ci che non era scritto nelle 12 Tavole poteva per essere
introdotto nel sistema giuridico, attraverso linterpretazione, che basandosi sulle 12 Tavole, travalicava il valore
letterale della parola scritta e giungeva al risultato di estendere il diritto. Estendere la portata della norma,
creando addirittura nuove figure giuridiche. Aveva un valore vincolante per tutti i una volta che il Collegio
aveva raggiunto una linea, essa doveva essere osservata., vincolante per chi laveva richiesto. Ma vincolante
anche per i chi avrebbe richiesto successivamente. Le 12 Tavole non possono cristallizzare la realt giuridica,
il Collegio dei Pontefici provvede, quindi a non cristallizzare il diritto attraverso le 12 Tavole, tramite
linterpretazione raggiunge questo obiettivo, ma vincola se stesso ai propri responsi. Vincolando se stesso ai
propri responsi si vincola anche il mondo esterno, perch solo i Pontefici sono depositari della conoscenza
giuridica, che rimane segreta, nonostante le 12 Tavole, rimane segreta. La modalit operativa quella della
unicit allesterno. Nessuno sapr mai il contenuto del dibattito che avviene allinterno del Collegio, per quel
vincolo di segretezza, ma una volta adottato il responso esso univoco e viene dallintero Collegio,
indipendentemente dai pareri che sono stati espressi nella discussione. La discussione lanima, quindi, della
giurisprudenza. Ed infatti intorno al 3 secolo a.C. che si rompe legemonia del Collegio dei Pontefici. Si
verifica quel fenomeno che nei trattati viene definito come laicizzazione della giurisprudenza, perch i giuristi
non debbono pi obbligatoriamente far parte di un Collegio Sacerdotale, non vi pi questobbligo. Qualunque
cittadino, che ritenga di farlo, pu occuparsi di diritto,c' la fine delle segretezza.

GIURISPRUDENZA LAICA et repubblicana


nel 3 secolo, il vincolo della segretezza dei responsi del Collegio Pontificale viene meno perch i responsi
vengono pubblicati. Nel momento in cui per poter emettere responsi su problemi di diritto non pi necessario
appartenere obbligatoriamente ad un Collegio Sacerdotale, appunto quello dei Pontefici, in quel momento ecco
che a Roma si viene sviluppando un modo nuovo di interpretare il diritto. Questo modo nuovo ha la
caratteristica della non segretezza gestito e sviluppato da persone non incaricate ufficialmente di questa
funzione da persone che non hanno ricevuto il potere di interpretare le norme e di creare diritto. sono persone
che decidono di dedicare la loro vita allo studio del diritto, sono persone che si sono specializzate negli studi
giuridici, cui i cittadini si rivolgono per trovare una soluzione ai loro problemi di tutti i giorni. Queste persone

sono appunti i giuristi. Il modello della discussione esce fuori dal contesto ristretto nel quale era appunto
confinato - il Collegio dei Pontefici - e coinvolge in un immenso dibattito tutti i giuristi. Ma questo dibattito
sul problema giuridico, sui singoli problemi giuridici, un dibattito che trascende il concetto di tempo e di
spazio per il semplice motivo che i giuristi discutono sul problema giuridico anche in epoche diverse. Quindi
era un dialogo ininterrotto, senza soluzione di continuit, senza spazio e senza tempo su problemi giuridici. La
soluzione individuata da un giurista in uno specifico tempo, poteva essere posta in discussione in un momento
successivo da un altro giurista, e superata. Questo modo di operare viene definito ius controversum, cio il
diritto dibattuto, il diritto controverso, i giuristi trovano la linfa vitale della loro opera. E nel dibattito, nella
discussione, nel continuo inseguire la soluzione migliore che trova anima la giurisprudenza romana.
Meccanismo: Il cittadino si rivolge al giurista ponendogli una questione giuridica. Ovviamente, alla base di
questa questione giuridica c un interesse privato - parliamo del diritto privato ovviamente, i rapporti tra gli
individui, tra i singoli. Il giurista posto di fronte al problema, inizia a svolgere il suo lavoro, riflette, studia,
analizza, consulta le fonti, e arriva a una conclusione. Questa conclusioni viene proposta, dal cittadino che lha
richiesta al magistrato che si occupa dei giudizi, perch il cittadino ha tutto linteresse a ch il suo diritto venga
tutelato nelle sedi giudiziarie. E allora, forte del consiglio del giurista, si rivolge al magistrato che amministra la
giustizia e gli chiede appunto giustizia, utilizzando il responso che il giurista gli ha dato. Il magistrato, di fronte
a questo responso, manifesta una grande sensibilit diffusa; e pi autorevole il giurista, pi possibilit vi sono
che il suo parere, il suo responso, si tramuti in una sentenza positiva. Ovviamente potr succedere che la
controparte in quel giudizio si rivolga a un altro giurista che analizzando il fenomeno, si trovi in disaccordo con
il giurista che aveva consigliato lattore. Ed ecco allora questo fenomeno di ius controversum, questa
discussione. O magari pu anche succedere che il cittadino, senza rivolgersi ad alcun giurista vivente, abbia
conoscenza di unopera scritta da un giurista del passato, nella quale analizzato un caso analogo a quello che
gli capitato; e allora possibile che questo cittadino produca di fronte al magistrato che amministra la
giustizia questa soluzione antica. cos ci si scontra idealmente anche nel dibattito giurisprudenziale. E tutto
questo favorisce la crescita del diritto. Perch questo modello permette alla citt prima, allimpero dopo, di non
rimanere ancorato su posizioni non pi attuale, ma di seguire lo sviluppo naturale che hanno tutte le societ. Ed
ecco che entra in campo lautorevolezza dei giuristi. Come dicevo, pi autorevole il giurista, maggiori
speranza di avere vittoria in giudizio si hanno. E il parere accolto dal magistrato un parere che fa diritto.
Perch altri magistrati lo accoglieranno. Fin quando non potr succedere che un altro giurista riesca, con un
ragionamento pi sottile, con strumenti dialettici e logici migliori, o perch no, solamente per il fatto che i
tempi son cambiati, riuscir a imporre la sua idea sul parere precedente.
i magistrati che amministravano la giustizia, parliamo del Pretore, a Roma, costituivano un consilium, un
consiglio, formato di giuristi, i magistrati avevano bisogno di un consiglio di cui facessero parte giuristi perch
il consiglio di giuristi potesse analizzare i pareri di altri giuristi e capirlo e capire quindi quale applicare al caso
concreto. Tutto questo lavoro della giurisprudenza linterpretazione. La giurisprudenza non scrive leggi. I
giuristi scrivono leggi, indubbiamente, a Roma i giuristi vengono consultati quasi sempre per la formazione di
una legge, di una proposta di legge, questo fuor di dubbio, ma la legge poi approvata dal popolo.

RESPONSI
In et imperiale le cose cambiano Augusto vuole portare a s i giuristi, in quella immensa operazione politica
condotta da Augusto per impadronirsi della Res Publica, Augusto coinvolge anche i giuristi e decide di attrarli
al potere imperiale ed ecco qui che subentra un concetto nuovo, il concetto di potere. Da Augusto in poi viene
attribuito ai giuristi il diritto di emanare responsi. il giurista poteva fondare il diritto, creare diritto solo se
avesse avuto questo potere attribuitogli dallImperatore. Ce lo spiega Gaio, I responsi dei giuristi sono le
sentenze e le opinioni di quelli cui stato permesso creare diritto.. Questo diritto di dare responsi non affossa
fin da subito lo ius controversum, lanima della giurisprudenza, non lo affossa, e ci spiega Gaio il perch Se le
opinioni di questi giuristi sono concordi, allora questa opinione diventa una e ottiene il valore della legge. Ci
sono categorie nuove: in et repubblicana nessuno avrebbe mai pensato di parlare dellattivit dei giuristi come
di un qualcosa che avesse valore di legge. In et imperiale questo possibile. Ricordiamo che anche le
costituzioni imperiali non sono leggi ma hanno valore di legge. Allora, se le sentenze, le opinioni dei giuristi
concordano sullo specifico problema, sullo specifico caso, allora ecco che lopinione come se fosse una sola e
ottiene il valore della legge, il giudice dovr applicarla nei giudizi. Ma se invero, continua Gaio, le opinioni
dei giuristi dissentono, ecco che il giudice potr adottare la sentenza che meglio crede. E quindi, lo ius
controversum non scompare. Pomponio scrive: Il diritto civile senza essere scritto consiste nella sola
interpretazione dei giuristi. In una parola, Pomponio ha spiegato mirabilmente come operano i giuristi. La

giurisprudenza per , anche a causa di questo permesso imperiale, entra in crisi grossomodo alla fine del 3
secolo d.C., perch il potere imperiale pi invadente nei confronti dei giuristi, si fa pi pressante, lImperatore
sempre di pi cerca di attrarre a s i giuristi e impedire loro di avere idee proprie, cerca sempre di pi di
controllarli, di impedire lo ius controversum, di uniformare il diritto, di normalizzare la discussione. E in pi
lImperatore, attraverso le proprie costituzioni - che hanno la forza della legge - sempre di pi intende risolvere
questioni giuridiche anche processuali. I giudici si rivolgono allImperatore per chiedergli di dirimere quella
controversia in modo risolutorio, definitivo. E lImperatore non se lo fa chiedere due volte! Ed per questo che
ha bisogno di affossare la giurisprudenza. I giuristi escono cos dalla vita attiva del diritto romano.
SENATO CONSULTI
Il senatoconsulto (in
latino senatusconsultum, parere del
senato)
era
una deliberazione del senato dell'antica Roma su un tema di politica statale. Con
l'evolvere della costituzione romana e dell'organizzazione istituzionale dello stato
(dalla monarchia al dominato passando per la libera Res Publica) mut radicalmente nel
valore attraverso i secoli, mantenendo per la forma di "decisione" o di "parere"
del senato, quindi dei "migliori" dello Stato.
Durante il periodo regio il senatoconsulto altro non era se non un parere fornito al
sovrano quando questi lo avesse esplicitamente richiesto; non aveva alcuna importanza
giuridica, era nulla in pi che un'autorevolissima opinione, probabilmente vincolante da
un punto di vista "sociale", fornita dal "consiglio dei saggi" (Consilium Patrum) in merito
a quanto il re chiedeva.
La situazione cambi in et repubblicana, periodo in cui il senato stesso raggiunge
l'apice del suo potere al comando dell'Urbe, salvo poi declinare con l'approssimarsi
dell'impero. La vicenda del valore dei senatoconsulti strettamente legata, nel periodo
repubblicano, al rapporto intercorrente tra senatori e magistrati; questo rapporto spiega
infatti come un semplice "parere" di un organo potesse reggere le sorti di tutta la politica
romana.
Innanzitutto bene notare come i membri della classe senatoria e coloro che ogni anno
assurgevano alle magistrature fossero legati, da un punto di vista sociologico, da una
ben radicata solidariet di ceto: erano sostanzialmente tutti membri della aristocrazia
romana, di cui il senato stesso era rappresentazione principale, quindi uniti nella difesa
dellostatus quo, dei privilegi e nella conservazione del potere. Per questo motivo era ben
difficile trovare un magistrato che negasse efficacia al senatoconsulto, sebbene il
senatoconsulto in s non fosse affatto precettivo e vincolante per i magistrati.
Posto questo, si pu anche riconoscere che il senato disponeva di numerosi mezzi
"politici" di coercizione e di indirizzo dell'azione dei magistrati; nei confronti di coloro che
si rifiutavano di attuare legalmente un senatoconsulto (per esempio ratificando iure
honorario le decisioni prese dal senato) il senato poteva richiedere l'intervento di un
magistrato dotato di maggiore potere, oppure delegare un legato od un tribuno, o
promuovere una quaestio contro il recalcitrante, nel caso in cui i diritti del senato fossero
protetti da una legge; in campo militare anche Polibio[1] affermava che il senato poteva
negare, ai magistrati con imperium militiae che si rifiutavano di eseguire i pareri
senatori, l'invio di vettovaglie o dello stipendio all'esercito, oppure poteva negare
la prorogatio della carica del magistrato dopo la scadenza o la celebrazione del trionfo.
In
ultima
analisi
va
aggiunto
che
non
basta
la
connivenza
politica
tra senato e magistrati a giustificare un'applicazione diretta e sempre puntuale di un
dispositivo non vincolante (anche se pochi sono i casi in cui i senatoconsulti non ebbero
seguito nella vita della Roma repubblicana); si deve aggiungere che al senatoconsulto
era comunemente riconosciuta una idea di vincolativit (potremmo dire, ma il paragone
non affatto perfetto, simile a quella dei nostri usi giuridici, che si basano sulla opinio
iuris seu necessitatis di un comportamento comune e ripetuto), come anche
dimostrato dalla lex de provinciis praetoriis del 101 a.C. o del 100 a.C. (legge comiziale,
quindi fonte del diritto), nella quale si prevede, in un contesto di relazioni internazionali,
che "[] compito di ogni magistrato o promagistrato [] curare che avvenga tutto ci
che il senato ha decretato in materia."

Se ne deduce perci che in et repubblicana il senatoconsulto godeva, anche se non in


via ufficiale, ma nei fatti, di una specie di "efficacia indiretta", che permise al senato di
dominare politicamente lo stato intero nel periodo della sua massima forza espansiva.
Con
lo
sgretolarsi
dell'apparato
istituzionale
repubblicano
e
l'avvento
del principato prima e dell'impero poi mut di nuovo l'importanza del senatoconsulto, di
pari passo con quella del senato stesso. in questo periodo che il parere del senato
acquist una "efficacia diretta" nei confronti dello stato e dei suoi magistrati, funzionari e
cittadini, diventando definitivamente fonte del diritto, accanto alle costituzioni
dell'imperatore. Attraverso la forma del senatoconsulto era l'imperatore stesso a far
valere la propria volont; egli, parlando in senato (oratio), raccoglieva l'adesione dei
senatori alla sua orazione e la promulgava nella forma stessa del senatoconsulto;
l'adesione dei senatori altro non era quindi che un banale riconoscimento di efficacia
delle volont dell'imperatore, nelle qualit di princeps senatus. Questo "manto"
tradizionale venne pian piano sempre meno col passare del tempo, mentre prendeva
viva forza la costituzione imperiale; sembra che il senatoconsulto come mezzo ufficiale
per promulgare norme esplicite e generali sia caduto definitivamente in disuso
con Nerva, sebbene esso restasse una fonte del diritto con pari dignit della lex
imperiale (e quindi fonte di ius civile). A testimoniare la sua importanza in et imperiale
Gaio, giurista del II secolo d.C., proprio nell'incipit della sua opera maggiore,
le Institutiones:
PRESUNTA LAICIZZAZIONE DIRITTO
Il problema principale nello studio della relazione tra religione e diritto costituito dalla polisemia del termine
laicit e dunque dalla sua ambiguit.
Max Weber sostenne che il rapporto tra religione e sistemi giuridici sarebbe stato da sempre caratterizzato dal
processo di sdivinizzazione.
Fritz Schulz, che aveva sostenuto che il rapporto tra il diritto profano e il diritto sacro sarebbe stato
caratterizzato dal passaggio dalla separazione allisolamento, afferm che la giurisprudenza romana avrebbe
subito un processo di secolarizzazione a partire dal 3 secolo a.C., quando si sarebbe gradualmente svolta una
scienza laica a lato di quella pontificale.
Weber e Schulz hanno avuto, e tuttora hanno, tanta influenza sugli studi umanistici, ma spesso le loro teorie
sono state portate a conseguenze estreme
Gabrio Lombardi, illustre romanista del 20 secolo, scriveva: Per riferirci a una data, possiamo dire che solo
con il cosiddetto Editto di Milano del 313 d.C. che la distinzione tra diritto e religione prende consistenza. Sino
ad allora si rileva una costante commistione tra quanto pi tardi si chiamer religioso e quanto pi tardi si
chiamer giuridico. Ora, religiosit del diritto e giuridicit della religione, sono concetti tra loro distinti,
se non addirittura contrapposti, ma possono condurre ad una concezione del sistema giuridico romano secondo
cui religione e diritto non sono separati, in quanto convergono in un unico sistema: il sistema giuridico religioso, appunto. Lombardi continuava e scriveva: Se questo vale per la Roma dei primi secoli, la successiva
esperienza ha portato a una progressiva laicizzazione dello ius, particolarmente per quanto attiene ai rapporti
nello ius privatum (nel diritto privato). Ecco che compare la laicit, seppure limitata, almeno fino a
Costantino, nellambito del diritto privato. Con lavvento del cristianesimo avrebbe perso consistenza la
distinzione tra religione e diritto e si sarebbe persa ogni traccia di commistione. E infatti Lombardi conclude:
In un mondo da sempre permeato di commistione, i cristiani chiedono la distinzione, libert religiosa e laicit
dello Stato, sono due aspetti della medesima realt.
Francesco Casavola, 1989 in quanto giudice relatore e redattore della sentenza n. 203 del 12 aprile 1989, con la
quale la Corte Costituzionale italiana ha dichiarato la emersione della laicit nella Costituzione,
Ma se noi guardiamo le fonti, andiamo alla ricerca, nelle fonti di elementi per capire la laicit troviamo dei testi
che non dimostrano assolutamente lesistenza di un concetto di laicit, di laicit dello Stato, di laicizzazione del
diritto.
Catone il Censore, tra il 3 e il 2 secolo a.C., orazione da Aulo Gellio e concerne lo studio del diritto
pontificale e del diritto augurale che erano parte del diritto sacro sono studiati anche da chi non Sacerdote.
Forse che anche il diritto pontificale e il diritto augurale sarebbero stati laicizzati
Ulpiano nel 1 libro del Digesto, la stretta relazione nella giurisprudenza tra la conoscenza delle cose divine e la
conoscenza delle cose umane.
et repubblicana: Cicerone Le medesime persone, presiedono alla religione e al governo della Res Publica. Si
poteva contemporaneamente essere magistrati e sacerdoti.In pi, tanto i sacerdoti, quanto i magistrati, e i

singoli cittadini, possono consultare gli dei. Tutti possono consultare gli dei, ciascuno secondo il proprio ruolo.
Il magistrato consulter gli dei nellinteresse della Res Publica. Il sacerdote consulter gli dei e nellinteresse
della Res Publica e nellinteresse dei privati. Il privato consulter gli dei per le proprie faccende. Tutti possono
prendere auspici, tutti possono interloquire con la divinit. E allora, ecco che termini e concetti moderni quale
laico, laicismo, laicit calati in contesti antichi conducono sempre e comunque a contraddizioni e, come le
chiamava Orestano, ad autoproiezioni. Autoproiezioni concettuali. Laicit, in verit, non un concetto romano,
ma moderno. Conseguentemente non attraverso la laicit che pu essere vista la relazione tra religione e
diritto nella Roma antica. Parimenti il razionalismo della giurisprudenza, cosiddetta laica, visto come un
fondamento della moderna laicit. Eppure non si pu negare che anche lelaborazione degli istituti giuridici da
parte della giurisprudenza pontificale provenga da processi razionali non si pu negare. Ladozione un istituto
introdotto nel diritto civile in virt di una interpretazione pontificale di una norma delle 12 Tavole. Ed
esattamente della norma relativa alla estinzione della patria potest dopo 3 vendite consecutive del figlio.
Ladozione proviene dalla interpretazione dei Pontefici su questa norma. I Pontefici applica questa regola a un
nuovo istituto. un processo razionale questa interpretazione pontificale. lattivit del Collegio dei Pontefici
definita scienza, al pari dei giuristi cosiddetti laici. Basta leggere Pomponio: La scienza di interpretare e le
azioni giudiziali erano allora presso il Collegio dei Pontefici. Era una scienza nel 5 - 4 secolo a.C., una
scienza nel 2 secolo d.C.. E razionalit. Le formule del diritto divino scompaiono dal vocabolario dei giuristi,
dagli studi dei giuristi. Eppure abbiamo testimonianza. Questi esempi dimostrano che la necessit di
puntualizzare i caratteri della relazione tra religione e diritto, permane e che soprattutto, tale puntualizzazione,
per ci che concerne il diritto romano ovviamente, deve essere effettuata sulla base di un rigoroso esame delle
fonti. E fintanto che questa operazione non sar compiuta persister il rischio di anacronismi e autoproiezioni
concettuali, e luso del termine laicit ne costituisce la causa principale.
CORPUS IURIS CIVILIS DI GIUSTINIANO- IL DIGESTO
LImperatore Valentiniano III, nellanno 426 d.C., emana una Costituzione molto particolare. Con questa
Costituzione, infatti, viene stabilito che i giudici possano utilizzare per maturare la loro convinzione, quindi
emanare la sentenza, esclusivamente i pareri di alcuni giuristi del passato I giuristi sono 5: Papiniano, Gaio,
Paolo e Ulpiano; Modestino. La Costituzione continua, con altre regole: se i pareri di questi giuristi sono
divergenti sul caso concreto, il giudice deve formare una maggioranza, deve cio contare la maggioranza dei
pareri. In pi, se vi parit fra i pareri di questi giuristi, va privilegiato il parere di Papiniano . E se vi parit e
in questa parit non entra Papiniano, ecco che il giudice poteva scegliere il parere che meglio gli sembrasse fare
al caso. Questa Costituzione fu adottata dallImperatore Teodosio II nel 438 che vi aggiunse anche altri giuristi .
Qualcuno, tra i contemporanei, ha definito questo curioso consesso dei giuristi il Tribunale dei Morti.
Quando Giustiniano, siamo agli inizi del 6 secolo d.C., decide di ricomporre il diritto romano, si trova di
fronte ad una situazione di questo tipo: nei Tribunali sono accettati soltanto i pareri di questi giuristi, bisogna
certificare gli originali, Giustiniano allora decise di mettere mano a unopera molto ambiziosa: raccogliere in un
solo libro le opinioni dei giuristi del passato distinguendoli secondo un ordine logico.
Nel 530 Giustiniano autorizza una speciale commissione a compiere questo lavoro, con la Costituzione Deo
Auctore, Appena 3 anni dopo, nel 533, con la Costituzione Tanta, viene pubblicato questo libro.
Il libro viene chiamato Digestum, o Pandecte (pandecte da pandecomai, sistemo tutto, digestum viene da
digero metto a posto, digerisco, assimilo). Il Digesto quindi unopera che raccoglie le opinioni dei giuristi
del passato. Il Digesto si divide in 50 libri. Ogni libro a sua volta diviso in titoli, tranne i libri 30 - 31 - 32 che
non hanno una suddivisione in titoli. Nellambito di ciascun titolo sono riprodotti i frammenti numerati
progressivamente che riportano nella inscriptio, (liscrizione iniziale) il nome del giurista autore del passo
riprodotto e riportano anche nella inscriptio il titolo dellopera da cui il passo stato tratto. Questo ovviamente
per non perder traccia dellopera originaria, per una sorta di attestazione di autenticit. I giuristi del passato
utilizzati nei 50 libri del Digesto sono appena 39, tra i quali, vi sono quei 5 del Tribunale dei Morti.
Il Digesto diviso in 7 parti: delle fonti del diritto e della giurisdizione (dei principi) ,sui giudizi (si occupa
dei processi e della tutela dei diritti reali).sulle cose( tratta delle obbligazioni e dei contratti), umbilicus,
(concerne le obbligazioni e il diritto di famiglia), sui testamenti (della successione testamentaria), la
successione pretoria il possesso i diritti reali e le obbligazioni, della stipulazione del diritto penale dellappello
e del diritto municipale.
Costituzione Deo Auctore: Quindi, noi vi comandiamo di leggere e di limare i libri relativi al diritto romano
degli antichi giuristi; Giustiniano sta dicendo ai Commissari di ritoccare i testi, di uniformarmi, di adeguarli, di
attualizzarli, di modificarli, di cancellarli. Guai a chi si permetter di dire che li abbiamo corrotti, perch il
testo che deve sortire da questa operazione il testo vero, il migliore. non si imputi ci ad una falsit dello
scritto, ma lo si ascriva alla nostra scelta. E nessun giurista (dice Giustiniano) deve osare in futuro accostarvi a

questo Digesto alcun commentario e con la sua verbosit alterare la compendiosit del menzionato codice
Costituzione tanta: Nel 1 capitolo si fanno dei numeri, sono riportati dei dati, molti interessanti. Perch
Giustiniano ci dice che la sua commissione gli aveva riferito che dallantichit erano stati scritti circa 2000 libri
di diritto, e che gli antichi avevano prodotto pi di 3 milioni di righe. Noi abbiamo effettuato solo questo
intervento, che se qualcosa nei loro testi sembrava superfluo o incompleto o poco appropriato, ricevesse le
aggiunte o i tagli necessari, e venisse tramandato con le regole pi corrette; e fra molte disposizioni simili,
oppure contrarie, al posto di tutte le altre stata inserita quella che appariva pi esatta e nessuno osi confrontare
quello che contenevano gli scritti degli antichi (e qu ritorna con il divieto che abbiamo gi visto nella
Costituzione De Auctore), e quello che ha introdotto la nostra autorit. In modo che le persone trovino
facilmente accessibile per pochissimo denaro lacquisto di questi libri, procurandosi a un prezzo minimo una
grande scienza. conoscenza giuridica diffusa, Ma poich, mentre le realt divine sono perfettissime, il diritto
umano ha la caratteristica di essere in infinito movimento Non dubitiamo allora che in futuro possano emergere
degli affari che non sono ancora stretti da vincoli giuridici (pensate al leasing, nellordinamento giuridico
italiano, ad esempio). Se dunque avverr qualcosa del genere, si implori rimedio allImperatore. E infine,
lultimo passaggio della Tanta, che andiamo ad esaminare, il trasgressore, incriminato di falso (lui s
incriminato di falso) subre gravissime pene, insieme con il giudice che acconsenta a prestare ascolto ad esse..
Punito il falsificatore e punito il giudice che gli abbia dato ascolto perch ormai esiste solamente il Digesto

CORPUS IURIS CIVILIS DI GIUSTINIANO IL CODICE


Quando Giustiniano decide, nellanno 528, di raccogliere in un solo testo Costituzioni Imperiali in vigore, onde
fornire ai giudici strumenti aggiornati di lavoro, nelle Corti vengono utilizzati Codici precedentemente emanati
e con caratteristiche diverse. Il primo codice, inteso come raccolta di costituzioni imperiali, di cui abbiamo
notizia, il Codice Gregoriano raccoglie costituzioni che vanno da Settimio Severo - la prima costituzione del
196 d.C. - fino a Diocleziano - 295 -. Codice Ermogeniano riparte da dove si era fermato il Codice Gregoriano
e raccoglie infatti costituzioni che vanno da Diocleziano (anno 293) a Valentiniano I (anno 365).La prima
raccolta ufficiale per quanto ne sappiamo del 438 ed il Codice cosiddetto Teodosiano, dal nome
dellImperatore Teodosio II, che lo approv appunto nel 438. vanno da Costantino (inizio del 4 secolo) fino a
Teodosio II, il giorno prima della pubblicazione di questo Codice. Nellambito di ciascun titolo venivano poi
allocate le Costituzioni. assorbiva ovviamente i Codici Ermogeniano e Gregoriano
Nel 528, Giustiniano allora, con una costituzione, la Costituzione Haec quae necessario, autorizza la
raccolta di costituzioni imperiali, la loro organizzazione e anche la loro eventuale correzione per attualizzare o
chiarire il testo, laddove fosse necessario. Nel 529, appena un anno dopo, con la Costituzione Summa rei
publicae, viene pubblicato questo primo codice. Unopera non nuova quindi, perch aveva alle spalle il Codice
Teodosiano, vecchio di circa 100 anni ormai, ma nuova per quanto ne sappiamo, nella impostazione perch
autorizzava la correzione dei testi originali. Perch pochi anni dopo, nel 534, quindi dopo la pubblicazione del
Digesto, un anno dopo, con la Costituzione Cordi, Giustiniano pubblica una nuova edizione del Codice che si
era resa necessaria dalla introduzione di nuove costituzioni . Giustiniano voleva un sistema coordinato di
costituzioni, un sistema armonico di costituzioni, che fossero organizzate allinterno di un testo facilmente
consultabile. Ecco perch anche un indice, ecco perch anche la divisione in libri, ecco anche perch la
divisione in titoli. Quindi sforzo di semplificazione. I 12 libri: ciascun libro diviso in titoli. Brevemente, gli
argomenti dei libri: il 1 libro dedicato alle fonti del diritto, al diritto pubblico e al diritto ecclesiastico; dal 2
all8 - materie di diritto privato; il 9 libro - materie di diritto penale; dal 10 al 12 - diritto pubblico. Il lavoro
era organizzato in maniera razionale e per ogni costituzione era conservato il nome dellImperatore che laveva
emanata e il nome del destinatario, nella parte iniziale della Costituzione, che prende il nome di prescriptio.
Oltre a questa prescriptio, in fondo alla costituzione era presente una subscriptio con il luogo e la data di
pubblicazione. Il codice essendo stato pubblicato in virt di una costituzione imperiale aveva il valore di una
costituzione e quindi aveva la forza di legge. Tutte le costituzioni inserite nel codice non avevano pi valore di
legge in quanto emanate da quellImperatore (dallImperatore che aveva emanato quella costituzione), ma
avevano valore di legge in quanto inserite in una costituzione di Giustiniano. Questo anche per giustificare sotto
il profilo della legittimit le modifiche apportate ai testi. Le costituzioni contenute nel Codice sono comprese in
unampio lasso di tempo. La prima costituzione, la costituzione pi antica dellImperatore Adriano. Siamo
quindi allinizio del 2 secolo. Lultima costituzione invece di Giustiniano avvenuta nel 534. 4 secoli di
Costituzioni Imperiali.

LE ISTITUZIONI di GIUSTINIANO
Le Istituzioni sono approvate da Giustiniano nel 533, quindi insieme al Digesto, con la Costituzione
Imperatoriam e confermate lo stesso anno con la Costituzione Omnem. Le Istituzioni sono una sorta di
manuale da utilizzare nelle Universit dellImpero per lo studio del diritto. Le Istituzioni sono distinte in 4
libri: nel 1 libro si tratta delle persone nel 2 libro si tratta insieme al 3 delle res, delle cose nel 4 libri delle
azioni. Ferma intenzione di Giustiniano fornire un testo ufficiale per lo studio e , per controllare lo studio
dei futuri giuristi o operatori di diritto, visto che la giurisprudenza non esisteva pi da tempo. Unesigenza di
organicit, unesigenza di autenticit, unesigenza di organizzazione, prima di Giustiniano vi erano altri giuristi
che avevano pubblicato Istituzioni. nel momento stesso in cui venivano pubblicate le Istituzioni Imperiali,
scomparivano dalle scuole le altri Istituzioni, scompariva soprattutto quella di Gaio e non se ne sapeva quasi pi
nulla, se non quei pochi frammenti che raccolti qua e l nel Digesto.
SISTEMATICA DELLE ISTITUZIONI PRIMA DI GIUSTINIANO
Istituzione viene da istituere, un verbo che significa piantare saldamente incardinare, inserire in modo che metta
le radici, che diventi un tuttuno. E ovvio che il concetto ha a che fare con linsegnamento, obiettivo del
docente quello di lasciare nel discente una traccia indelebile nellinsegnamento affinch il discente la faccia
propria e la maturi personalmente e con originalit la elabori ulteriormente e di l innesti ulteriori costruzioni
logiche. Le Istitutiones iuris, quindi hanno un profilo nettamente distinto sotto il profilo
dellinsegnamento. E un concetto che un tuttuno con linsegnamento. In et repubblicana le scuole di diritto
erano presso i giuristi pi famosi, che ospitavano presso la loro casa giovani discenti . Ma vere e proprie scuole
istituzionalizzate con una organizzazione soprattutto tale per cui la scuola non muore con il maestro si
avevano solo in et imperiale. Ed ecco che si affermano scuole di insegnamento, che non sono pi solo scuole
di diritto, ma scuole dove si impara, a vari livelli a gestire il diritto. Vi sono testimonianze, prima di
Giustiniano, della elaborazione di testi di istituzioni, quindi manuali destinati alla didattica, destinati nellintento dellautore - a radicarsi nella mente e nello spirito del discente. Forse gi Masurio Sabino fossero
dedicate al diritto ereditario, alle persone, alle cose e alle obbligazioni. Fino allinizio del 19 secolo lumanit
conosceva integralmente solo le Istituzioni di Giustiniano quanto ne sapevano allora gli studiosi, erano andate
perdute nel tempo. Se non ch nel 1816, uno studioso tedesco, Niebuhr, faceva una scoperta molto importante:
in un manoscritto della biblioteca capitolare di Verona, esattamente un manoscritto che riproduceva Le Lettere
di San Girolamo, il Niebuhr si accorgeva che in questo manoscritto, Le Lettere di San Girolamo, non erano il
testo originario del manoscritto, perch queste lettere erano state scritte su un testo pi antico. Il testo pi antico
che si celava sotto era un testo apparentemente scritto con caratteri del 5 secolo d.C., quindi un secolo prima di
Giustiniano. In questa Europa, alla ricerca di una propria identit dopo luragano delle guerre napoleoniche, gli
studiosi appunto viaggiavano, si incontravano, discutevano alla ricerca di nuovi modelli per una Europa in
ricostruzione. riferimento e il diritto romano. Fino a quel momento, lunico diritto romano conosciuto era il
diritto romano di Giustiniano, La scoperta di Niebuhr rischiava di mostrare che vi era un altro diritto romano,
un diritto romano che non era stato nascosto da Giustiniano che aveva sepolto tutto il diritto romano
antecedente, aveva fatto nsparire tutti i tetsi perch l'unico modello doveva essere le istituzioni imperiali. Ma la
gran parte del testo riemerse e Niebuhr si rese conto ben presto che il testo che era riemerso, era quelle
Istituzioni di Gaio che Giustiniano aveva espressamente utilizzato come modello per le sue Istituzioni. Si
cominci a studiare il diritto romano indipendentemente da Giustiniano, avendo tra le mani finalmente
un testo completo. Un ulteriore rinvenimento molto fortunato nel 1933, quindi pi di 100 anni dopo la scoperta
del Niebuhr, fu fatto da Arangio Ruiz, uno studioso italiano, che fu anche Ministro di Giustizia subito dopo la
2 guerra mondiale. Arangio Ruiz, in Egitto nel 1933 scopr che in alcuni papiri erano riportati dei testi
giuridici in lingua latina e si rese subito conto che si trattava di parti perdute delle Istituzioni di Gaio, perdute
per via dei solventi un po aggressivi utilizzati da Niebuhr. Quindi nel 1933 si riusc a integrare qualche lacuna
del testo scoperto da Niebuhr pi di 100 anni prima. In questo modo, dal 1933 noi abbiamo il testo pi
completo, ad oggi, delle Istituzioni di Gaio.
Libro delle Istituzioni di Gaio diviso in 4 libri, ma per stessa ammissione di Gaio i 4 libri sviluppano 3 parti
le persone o alle cose o alle azioni. Quindi Gaio insegna agli studenti il diritto secondo questo semplice schema.
Il diritto delle persone, il diritto delle cose, il diritto delle azioni. Il disegno di una semplicit disarmante. Ha
una logicit universale, perch tutto riconducibile alle persone, agli esseri umano, tutto ruota intorno alle
persone, tutto ruota intorno al bene delle persone e le persone quindi sono il riferimento di ogni attivit umana,
compreso il diritto; Le persone per vivere hanno bisogno delle cose e le persone sono litigiose e nonostante
regole elementari di convivenza entrano in conflitto fra loro soprattutto per le cose. La realt pi complessa e
allora ecco che il diritto elabora delle regole attraverso le quali litigare, per convivere pacificamente: le azioni
giudiziarie. Sistema semplici che ha funzioanto per secoli preso come modello da giustiniano altre codificazioni
e dalc odice civile italiano per esempio: 3 libri persone, benie modi di acquistare e trasmettere. Mancano le

azioni che sono regolamnetare nelc odice di procedura civile. Codice del 1942, :persone, cosw, propriet,
obbligazioni, lavoro, tuteladei diritti.

IUS PUBLICUM - ALLE ORIGINI DEL POPOLO ROMANO situazione nel 510 a. c.
510 a.C. a Roma passaggio dalla Istituzione Regnum alla Istituzione Res Publica. Tradizione vuole che
lultimo Re di Roma, Tarquinio detto il Superbo, abbia, con i suoi comportamenti, indotti il popolo romano alla
ribellione cui sarebbe appunto seguita la cacciata definita dellultimo Re etrusco e linstaurazione di una
nuova istituzione, la Res Publica. le genti patrizie della citt di Roma si sarebbero ribellate al potere del
monarca etrusco e avrebbero instaurato un nuovo ordine basato sul potere, appunto, delle genti patrizie.
La caratteristica fondamentale era essenzialmente il potere del Rex politico e il potere religioso. 1) Il Rex
sparisce o viene declassato a sacerdozio, e in luogo del Re, il potere politico viene condiviso tra il Senato, di
cui fan parte esclusivamente i patrizi, e le magistrature, esclusivamente patrizie. I magistrati supremi sono 2 si
controllano vicendevolmente. Le leggi vengono invece approvate dal popolo riunito nei Comizi Centuriati.
Sono 5 le classi censitarie: dalla pi alta alla pi bassa e il Comizio Centuriato strutturato in modo tale che le
unit di voto, dette CENTURIE, siano maggiori nelle prime 2 classi, quelle del censo pi alto, e un numero
minore di centurie invece nelle classi successive che racchiudevano cittadini con censi inferiori. Questo
significa che, le genti patrizie governavano la Res Publica, dalle sue origini. La governavano per quanto
concerne: lassemblea del Senato; le magistrature, che erano pressoch esclusivamente patrizie; nel popolo,
dove non cerano solo i patrizi, ma i patrizi avevano la maggioranza.
2)oltre ai patrizi il popolo si compone dei plebei. Che si presentavano secondo una maggiore articolazione
perch esistevano genti plebee che godevano di una maggiore importanza sotto il profilo economico rispetto ad
altre genti sempre plebee.c'era chi aveva fatto fortuna grazie ai traffici commerciali e chi invece in difficolt
non potevano accedere neanche allo strumento economico di produzione pi importante, la terra. La terra era
infatti quasi esclusivamente nelle mani delle genti patrizie, perch i romani erano soliti, effettuata una conquista
militare, lasciare una quota del terreno strappato ai popoli nemici in mano agli stessi nemici o ex nemici, e
unaltra porzione di questa terra conquistata, i romani erano soliti gestirla secondo un regime cui venne dato il
nome di Ager Publicus, Terra Pubblica, non veniva incamerata n da chi aveva materialmente conquistato quel
popolo nemico, n da altri privati; non veniva cio divisa fra i cittadini che avevano partecipato alle operazioni
militari e non veniva neanche divisa in patria ad altri cittadini che potevano permettersi lacquisto, ma veniva
conservata in un regime di Agro Pubblico, che poteva essere - almeno potenzialmente - sfruttato da chiunque,
avesse la possibilit concreta di sfruttarlo. questa regola che non era scritta ma era una regola
consuetudinaria. Loccupazione dellAger Publicus, non produceva lacquisto della propriet privata. Per
il meccanismo della progressione comunitaria produceva lacquisto di importanza sotto il profilo non solo
economico - grazie allo sfruttamento della terra - ma anche politico, terre sempre pi distanti dalla citt, ovvio
che in queste condizioni, chi non avesse avuto mezzi necessari per lintrapresa, non avrebbe neanche potuto
immaginare di iniziarla questa intrapresa. Solo i aptrizi avevano risorse tali d apoterlo fare. Per sopravvivere i
plebei devono legarsi alle genti patrizie attraverso rapporti di potere: Si pensi ai clienti, che erano persone
libere, non patrizie, che in qualche modo erano legate alla famiglia patrizia cui servivano, era un rapporto
simbiotico, nel senso che la famiglia patrizia aveva bisogno di questi clienti per coltivare e poi difendere le terre

occupate, ma contemporaneamente i clienti avevano bisogno della famiglia patrizia per sopravvivere, perch da
soli non ce lavrebbero mai fatta. Ecco che, per , questo rapporto simbiotico, era del tutto sbilanciato per quanto
concerne lo sfruttamento delle risorse, del tutto sbilanciato verso la famiglia patrizia, In pi lAger Publicus
veniva disciplinato, organizzato secondo le norme consuetudinarie patrizie, e gestito materialmente da
Senato e Magistrati. Neanche la plebe ricca poteva acquistare terrnei motivi non sono economici, ma
soprattutto politici in quanto il meccanismo produceva nelle famiglie patrizie lacquisto della terra e lacquisto
del potere; ovvio che le famiglie patrizie gestendo politicamente la terra e non soltanto economicamente,
non avrebbero mai permesso a plebei di acquisirla. perch la terra era lo strumento attraverso il quale
governare politicamente la Res Publica.
Per le facse + basse nasce il problema dei debiti usura interessi anche elevatissimi. Il plebeo costretto a
indebitarsi per sopravvivere, lui e la sua famiglia, sapeva che avrebbe dovuto restituire al proprio creditore
(chiamiamolo cos), non solo il capitale ma anche gli interessi, doveva trovare il sistema per poter rinvenire gli
uni e gli altri, senza avere accesso a quello strumento, a quel mezzo di produzione fondamentale per il tempo
che era la terra. Contro gli usurai la Res Publica interveniva, i Magistrati intervenivano, ma mai con quella
vigora che si ci sarebbe aspettati, perch la maggior parte degli usurai appartenevano a famiglie patrizie,
rappresentate in Senato, rappresentate nelle Magistratur. Il Nexum era un istituto per il quale colui che avesse
avuto bisogno di ricorrere a risorse altrui per sopravvivere avrebbe dovuto, sapendo di non poterle restituire,
pignorare se stesso o un componente della sua famiglia a lui sottoposto, in luogo delladempimento o in
garanzia delladempimento. Questo significava che il Nexus (Nexum listituto, Nexus la persona) viveva in
una condizione di semi-asservimento, semi-asservito al proprio creditore e doveva prestare attivit lavorativa in
suo favore a causa del debito che aveva contratto e non in base ad un contratto ma in base ad un potere dei
creditori.; pi alto era il debito, pi lungo era il periodo di semi-asservimento, Nexum, non poteva badare poi al
lavoro necessario per la sopravvivenza della famiglia ed ecco allora che sorse ben presto lusanza di asservire i
propri figli, Questa la situazione intorno al 510, quando il Regnum spar e la Res Publica divenne il nuovo
sistema, il nuovo ordine.
Ed ecco le forti resistenze dei plebei nei confronti dei patrizi, la necessit di una svolta.

PRIMA SECESSIONE DELLA PLEBE 495


La situazione intorno intorno al 495 si era fatta pressoch insostenibile per la concomitanza di due fattori: il
peso eccessivo dellusura sulla plebe e la minaccia esterna dei nemici di Roma. Era necessario approntare
unarmata, ma il grosso dellesercito - in termini numerici - era fornito dai plebei perch erano pi numerosi
rispetto ai patrizi. Ma i plebei erano in subbuglio a causa dellennesima questione usura. Una fascia
importante della popolazione in sofferenza. Tanto bastava comunque perch i plebei minacciassero uno
sciopero militare, Si pens allora di nominare un dittatore. e durava in carica non pi di 6 mesi. Manio
Valerio Massimo, che era un patrizio s, ma ben voluto agli occhi della plebe. che promise immediatamente di
risolvere il problema dellusura in modo radicale, una volta che fosse stato allontanato il pericolo, la minaccia
dei nemici esterni. Questo port a una temporanea pacificazione; i plebei risposero alla chiamata alle armi,
furono arruolati, partirono per il fronte, difesero la Res Publica, vinsero la guerra e tornarono a Roma sicuri che
il dittatore avrebbe mantenuto le promesse. Il dittatore propose la cancellazione dei debiti ma il Senato non
diede il proprio nulla-osta. SI DEIMETTE
I plebei, esasperati dai debiti, senza alcuna soluzione,danno vita alla 1 Secessione. Siamo nellanno 494 a.C.
I plebei, appena tornati dalla guerra, quindi probabilmente ancora in possesso delle armi, abbandonano la citt
portandosi appresso le famiglie e vanno ad accamparsi non lontano dalle mura, ma ugualmente fuori dalle
mura, sul Monte Sacro. stato trascurato il ruolo di Manio Valerio dittatore ma anche augure interpretare la
volont di Giove e per primo ricevette onore spieciale di essere nominato maximun.
Manio Valerio Massimo era dittatore e ugure. Ma la storia lo ha nascosto. dalle fonti:
Livio lo menziona quale ugure, Dionigi di Alicarnasso lo inserisce in quei 10 cittadini ambasciatori che
sarebbero andati sul Monte Sacro a dialogare, in una epigrafe rinvenuta ad Arezzo nel 17 secolo, fu dittatore e
ugure e si dice ancora che port la plebe gi dal Monte Sacro, riconcili la plebe con i patrizi e con il Senato
concorde liber il popolo dal peso del debito.; Cicerone aveva sedato le discordie. Valerio Massimo era stato
colui che aveva sottomesso il popolo al Senato. Plutarco, un autore del 2 secolo d.C., fu colui che aveva
riconciliato il Senato alla plebe.
Manio Vlerio fu nascosto dalla storia in quanto si ritenuto, a cavaliere tra il 19 e il 20 secolo, che tutto ci

che riguardasse, nella storia di Roma, persone appartenenti alla gens Valeria fosse una falsificazione storica
dovuta agli annali di Valerio Anziate che avrebbe riscritto la storia di Roma per illustrare la gens Valeria. Ed
ecco che lunica tradizione valida era quella riportata da Livio e da Dionigi di Alicarnasso per la quale era stato
Menenio Agrippa a ricondurre la concordia fra patrizi e plebei. C un problema per: Cicerone quando parla
di Manio Valerio Massimo, ne parla negli stessi termini dellepigrafe, e non conosce Valerio Anziate. Non
sappiamo noi quando Valerio Anziate avrebbe pubblicato la sua opera di falsificazione, ma anche se lavesse
pubblicata prima di Cicerone, Cicerone non la conosce quindi significa che la fonte di Cicerone su Manio
Valerio Massimo era unaltra, ed era pi antica. Questo significa che la tradizione di Manio Valerio Massimo
era antica, molto pi antica di Valerio Anziate, questo significa che era una tradizione autentica.
Ritornare in citt con qualche garanzia? - che il debito sarebbe stato cancellato e con in tasca la promessa che il
Senato avrebbe approvato listituzione del tribuno della plebe? Perch in quellanno venne istituito anche il
tribuno della plebe, frutto di quella secessione che avrebbe difeso la plebe nei secoli successivi. Tutto questo
non bastava perch la secessione aveva prodotto una frattura istituzionale che non poteva essere ricomposta
semplicemente con un accordo politico. Era una frattura non solo per il mondo terrestre, ma anche per il
mondo celeste. Perch Roma era nata cos sotto gli auspici divini. Roma era cos perch gli Dei avevano
accettato che fosse cos. Non che gli Dei avessero voluto, ma avevano accettato, perch la volont era sempre
umana - il razionalismo dei romani, anche in questo caso evidente -. Roma aveva quel sistema giuridico
perch gli Dei avevano accettato che avesse quel sistema giuridico, e lo avevano appoggiato. Fratturare quel
sistema politica senza il consenso divino significava rompere la pace tra uomini e Dei. Era necessario che
quella secessione fosse ricomposta ma non solo sotto il profilo politico, ma anche giuridico e religioso. Era
necessario che qualcuno lo potesse fare. E chi se non sacerdoti? Manio Valerio Massimo era un ugure e
faceva parte della delegazione di 10 persone patrizie inviate dal Senato sul Monte Sacro a trattare il ritorno dei
plebei a Roma. Un ugure, labbiamo detto, linterprete della volont di Giove. Sappiamo dalle fonti che la
plebe, prima di abbandonare il Monte Sacro, dedic unara a Giove, il terrificante, sullo stesso Monte Sacro.
Avrebbe la plebe consacrato unara a Giove sul Monte Sacro secondo uno schema patrizio, perch i sacerdoti
erano patrizi, perch il patto con gli Dei era stato stipulato dai patrizi, con sacerdoti patrizi; come avrebbero
potuto i plebei consacrare a una divinit, dagli occhi dei plebei, patrizia - Giove - unara sul Monte Sacro, senza
laiuto di un Sacerdote patrizio? Come avrebbero potuto consacrare unara se prima non avessero chiesto a
Giove se era daccordo? E questo lo poteva fare solo unugure. Solo unugure avrebbe potuto provvedere alla
inaugurazione del luogo dal quale poi avrebbero potuto consacrare unara. La presenza dellugure era
indispensabile. per non violare la pace con gli Dei, e per fare in modo che i plebei potessero lasciare il Monte
Sacro senza aver fatto arrabbiare gli Dei. La presenza dellugure era imprescindibile per tutto questo. E i
plebei non avrebbero mai potuto abbandonare il Monte Sacro se prima non vi fosse stata una garanzia
che non avevano violato la pace con gli Dei, perch i patrizi non avrebbero mai potuto riprendere a Roma
persone che avevano fatto arrabbiare gli Dei. Perch gli Dei si sarebbero arrabbiati con tutti, a quel punto, anche
con i patrizi e avrebbero dato la citt in mano ai nemici. Perch si erano spaventati anche i plebei di quello che
avevano fatto, a un certo punto, perch per tornare a Roma era necessario ricostruire la pace con Giove. E
allora ecco che nella epigrafe scritto chiaramente: Manio Valerio Massimo, fu colui che condusse i plebei gi
dal Monte Sacro, senza di lui non potevano scendere; o se fossero scesi, scendevano con Giove arrabbiato.
POPULUS
Definizioni indirette ve ne sono pochissime, di alcuni giuristi. Ma una definizione diretta di populus non
possibile rinvenirla nelle fonti giuridiche, ma essa la si trova in una fonte non giuridica, tradizionalmente
definita una fonte letteraria, ed un testo di Cicerone tratto da una delle sue opere pi famose, il De Republica,
in particolare nel 1 libro del De Republica, si rinviene una brevissima definizione diretta di populus. La
traduco in lingua italiana, Il popolo una unione di una moltitudine, associata sulla base del consenso di
diritto, e di una comunanza o comunione di utilitnon una definizione eminentemente, esclusivamente,
filosofica, ma una definizione che ha degli spunti interessantissimi di natura giuridica
Il popolo una unione Si unisce solo ci che distinto, il popolo distinto in parti, altrimenti non vi sarebbe
senso parlare di unione.
Di una moltitudine: Non si parla espressamente di persone, di cittadini, una moltitudine
associata: deriva da societas, da cui deriva anche il socius. La societas nel diritto romano un contratto tra due
- almeno due, ma anche pi persone - attraverso il quale gli associati vogliono gestire in comune delle cose,
onde trarre una utilit dalla gestione. definizione diretta di populus da unistituto quale il contratto di societ.
Ci che il socio vuole per s, lo vuole anche per il socio, questa la societ.
sulla base del consenso di diritto: emerge chiaramente un fondo giuridico nella definizione diretta di popolo.

E un consenso che prestato secondo le regole del diritto, non in modo confuso, senza regole, caotico,. il
diritto entra sia come veste, che come contenuto. Sia come forma che come sostanza. La forma serve a dirci
come si esprime il consenso, la sostanza serve a dirci qual il contenuto del consenso.
e di una comunione di utilit: la moltitudine, in tutte le sue componenti, in tutte le sue parti, persegue una
comunanza di bene, di utilit, in questo senso bene, nel senso di utilit alla moltitudine, di cui fanno parte le
persone.
Quindi non ogni associazione porta al popolo, ma solo quelle che si fondano sul consenso di diritto, forma e
sostanza, e sulla comunanza di utilit. Questa associazione produce un bene che viene redistribuito nella
comunanza perch nella causa comune che trova il suo effetto. Qu non si dice che qualcuno fa e qualcuno
riceve, si dice che gli stessi che fanno, ricevono, perch sono tutti soci.
E nel modello di Augusto la voce del popolo, diciamo, lImperatore. Ma nel modello che conosce Cicerone ne conosce uno solo - il popolo ha voce e il popolo, la sua voce la esprime nei Comizi che non sono un
aggregato di moltitudine puro e semplice, ma sono un aggregato sulla base di tanti aggregati, a seconda delle
caratteristiche delle assemblee cui il popolo d vita Comizio Curiato, Comizio Centuriato, Comizio Tributo.
Delle aggregazioni che nella istituzione Comizio, fanno lunit di voto. E allora ecco che la maggioranza, nella
quale si esprime la volont del popolo non formata dalla somma dei voti delle singole persone, ma dalla
somma dei voti delle aggregazioni cui le singole persone danno vita. dalla maggioranza dei voti espressi dalle
aggregazioni. Quindi il popolo non una entit sola fine alla sua formazione, monolite, una somma di parti. Il
popolo non un concetto astratto, ma un concetto concreto una concreta somma delle sue parti.
CONCETTO POPOLO NEL DIRITTO ROMANO
il popolo una concreta complessit sommata nelle sue parti. Questo produce, molto presto, un concetto per il
quale ci che viene dal potere, o ci che nel popolo deve essere definito pubblico. E pubblico quindi ci che
viene dal popolo. E pubblico quindi ci che nel popolo. Pi tardi, si affiner il concetto in base al quale
pubblico anche ci che del popolo. E nel Comizio che si esprime la sovranit popolare,volont del popolo, o
imperium populi, potere del popolo - imperio del popolo. In questo senso allora, i magistrati, che sono eletti dal
popolo, sono definiti magistrati pubblici. leggi, che sono approvate dal popolo, sono definite leggi pubbliche. Il
Comizio, luogo dove il popolo esprime la propria volont, la riunione del popolo, nel Comizio, pu essere fatta
solamente in un luogo inaugurato e dopo che il magistrato abbia accertato il favore degli Dei per lo svolgimento
dellassemblea popolare. Il luogo inaugurato - che i romani definiscono templum - tempio, un luogo dal quale
possibile il contatto con la divinit. Il luogo inaugurato un luogo specifico, dai confini delimitati, e che viene
inaugurato secondo rigide procedure augurali. Lunico sacerdote che a Roma pu inaugurare luoghi, e perch
no persone, lugure, il Sacerdote che pu interpretare la volont di Giove Ottimo Massimo, il Re degli
Dei. Solamente lugure pu inaugurare i luoghi, quindi quando viene riunito il Comizio, esso deve essere
riunito in un luogo inaugurato, perch gli Dei devono assistere e devono dire la loro se sono o meno
favorevoli a quelli che il popolo sta per fare. Se la divinit favorevole o meno a ci che il popolo sta per fare,
questo lo deve stabilire il magistrato che riunisce il Comizio, perch i Comizi si riuniscono su convocazione del
magistrato presidente. Questo potere di interrogare la divinit sul proprio favore circa la riunione del popolo,
prende il nome di uspicio. Il potere di auspicare, a Roma, spetta anche ai magistrati, non spetta solo ai
Sacerdoti tutti i componenti del popolo, singolarmente intesi, hanno il potere di auspicare. Il potere di auspicio
un potere diffuso. Tutti i cittadini, presi singolarmente, possono interrogare la divinit. La riunione di un
Comizio in un luogo non inaugurato produce la nullit della riunione; se gli auspici non sono favorevoli il
Comizio non potr essere legittimamente riunito, bisogner rimandarlo ad altra data. Oltretutto il popolo pu
riunirsi soltanto in determinati giorni dellanno, nei giorni cosiddetti fasti, che vengono indicati in un
calendario, stilato allinizio di ogni anno dai Pontefici - Sacerdoti. Abbiamo, allinizio dellanno, i Sacerdoti
Pontefici che stabiliscono quando possa essere riunito il popolo, i giorni fasti, e abbiamo poi, di volta in volta,
gli uguri, che - deputati a interrogare, a interpretare la volont di Giove - potranno dare interpretazione a
determinati segnali da loro registrati per raggiungere la conclusione che quel Comizio debba o meno essere
tenuto., qualora avessero avuto qualcosa da eccepire sullinterpretazione del segno celeste dato dal magistrato,
lo potevano legittimamente fare e avrebbero avuto, probabilmente, la meglio in una discussione con il
magistrato. E soprattutto sulla regolarit della procedura Prima di iniziare losservazione, il magistrato doveva
sincerarsi, e non solo il magistrato, anche il sacerdote ugure, doveva sincerarsi che la quiete fosse totale, che
quindi vi fosse silenzio, che nulla intorno a lui potesse interferire tra lui e la divinit. Una volta appurato,
attraverso laiuto di assistenti - ci dice Cicerone - leffettiva esistenza di un silenzium augurale, di una quiete
totale, poteva iniziare la osservazione auspicale, e seguendo un rito ben preciso. Il magistrato - o comunque
lauspicante - avrebbe dovuto innalzarsi da una posizione di coricato, qualcuno discuteva se si dovesse trattare

di un letto o un qualunque tipo di giaciglio potesse andar bene, questo per capire quale tipo di raffinatezza
avesse raggiunto la giurisprudenza nella discussione di materie giuridico - religiose, e una volta innalzatosi dal
giaciglio avrebbe dovuto tracciare nel cielo il luogo dellosservazione. Avrebbe dovuto il tutto avvenire dopo la
mezzanotte, in un tempo giudicato congruo dallauspicante e finita losservazione avrebbe dovuto riprendere
posto nel suo letto, secondo altri invece, era sufficiente che dichiarasse chiusa losservazione. Il frutto
dellosservazione doveva poi essere interpretato dal magistrato che convocava i Comizi, o dallugure nel
caso in cui lugure avesse avuto uninterpretazione discordante rispetto a quella del magistrato. Questo
disegno, questo modello, in base al quale il popolo pu essere convocato esclusivamente in presenza di
segni divini favorevoli, e quindi auspici favorevoli, e in un luogo inaugurato, questo modello un modello
che getta le sue radici fin dalle origini di Roma. Il popolo romano, fin dalle sue origini, deve al volere
favorevole degli Dei, sia la sua localizzazione - Roma -, sia la sua organizzazione giuridica - il diritto romano -.
E evidente nelle fonti che lo stesso Romolo distinzione tra favore divino e volont divina. Perch nel sistema
razionale dei romani, assumere il favore degli Dei in relazione a determinate attivit umane, fosse anche
lattivit di un Comizio, non significava permettere alla volont divina di sovrapporsi alla volont umana,
significava esclusivamente interrogare la divinit sul favore accordato a quella attivit. Non sono gli Dei che
attraverso gli uomini dettano le leggi, sono gli uomini che approvano le leggi dopo essersi assicurati il favore
della divinit. Giuridico nella misura in cui il diritto sul quale si fonda lintera consociazione delle parti del
popolo, nella forma e nella sostanza. Ma la religione la base di partenza di tutte le attivit umane. A ragione, si
pu definire quello romano, un sistema giuridico religioso. Il potere legislativo appunto nel popolo.che se
vero che il popolo romano depositario del potere e che la sua volont non pu essere sovrapposta dalla
volont divina, e quindi una volont distinta rispetto a quella divina, che non si pu sostituire ad essa, vero
per - ed ecco laffermazione importante - che il popolo romano non pu esercitare il proprio potere veramente
su tutto. Vi sono (con termine generico) cose nelle quali il popolo romano non pu deliberare, non pu
esplicare il suo potere, proprio in virt di quella distinzione di piani tra potere divino e potere umano che
impedisce al potere umano di ingerirsi nelle cose del potere divino. Questo affiora nelle fonti, soprattutto in
et repubblicana, dove il dibattito fu molto pi forte rispetto allet imperiale dove la figura dellimperatore (in
quanto divinizzato addirittura dopo la morte) poneva un elemento di crisi di questo modello giuridico-religioso
- un elemento di crisi ma non decisivo in maniera totale -, comunque, in et repubblicana, appare nelle fonti, dei
riferimenti precisi a questa carenza di potere da parte del popolo. E scritto chiaramente, penso ad esempio ad
unespressione di Cicerone, nella quale appunto Cicerone scrive espressamente che il popolo, a causa della
religione, non pu mandare sacerdozia, non pu eleggere sacerdoti. A causa della religione.di Ciceronese vi
sia qualcosa in questa legge che non conforme al diritto, sia considerato come non approvata

MAGISTRATI
Il magistrato colui che, nella terminologia repubblicana, sovraintende, si occupa della gestione della Res
Publica, partecipa al governo della Res Publica, in qualche caso secondo specifiche competenze, in qualche
altro caso - parliamo dei magistrati supremi - assumendo su di s tutte le competenze. Le magistrature a Roma,
allinizio della Res Publica, sono molto contenute nel numero, anche perch fondamentalmente erano i Consoli
a occuparsi di tutto. Progredendo nel tempo, aumentando le necessit della citt, prima e dellImpero poi, il
numero dei magistrati venne aumentato e aumentate anche le loro specificit, le loro competenze. Il magistrato
eletto dal popolo. il magistrato uscente investisse del potere il magistrato entrante. C chi ha ritenuto che il
potere del magistrato fosse un potere originario. In questi disegni il ruolo del popolo allora, un ruolo molto
ridotto, in quanto il popolo si limiterebbe a designare la persona che in quellanno dovrebbe gestire il potere.
Ma vi sono anche teorie, sempre pi dominanti, secondo le quali il fondamento del potere dei magistrati nel
popolo nella misura in cui il popolo con la elezione attribuisce il potere al magistrato. Questo soprattutto
evidente nella attribuzione di auspici, al magistrato, Potere religioso: sostanzialmente il potere che il
magistrato ha di interrogare la divinit, nellinteresse della Res Publica. Gli auspici sono una proiezione sul
piano divino di poteri umani. Il magistrato, allatto della elezione deve assumere tutte e due i poteri: il potere di
interferire con gli umani, il potere di interloquire con gli Dei. Il potere di interferire con gli umani viene assunto
attraverso lelezione comiziale. Il potere invece di interloquire con le divinit viene assunto con una elezione
fittizia, che ha luogo dopo lelezione comiziale, da parte di Comizio Curiato uesistente in et arcaica, in et
storica, non pi esistente. Attestazione chiara della distinzione dei piani sui quali poggia il potere del
magistrato: piano umano e piano divino - piano civile e piano religioso, di un sistema giuridico - religioso,
appunto. La distinzione che i romani fanno, sotto il profilo istituzionale, dei magistrati tra magistrati

maggiori Consoli e i Pretori,che hanno gli auspici massimi e detengono - di regola - anche limperium, che
invece il potere civile e che consiste (grossomodo, per semplificare), nel potere di condurre il popolo in
battaglia o di riunirlo in assemblea. e magistrati minori che hanno gli auspici minori
Un magistrato a Roma non ha auspici, ed il Tribuno della Plebe. La verit che la plebe una parte del
popolo, non il popolo, una parte del popolo e, siccome non esiste unassemblea di patrizi, ma esiste il
popolo, ma esiste lassemblea dei plebei, occorreva dare una sistemazione istituzionale, coerente, logica e
razionale (come tipico dei romani), a questa nuova assemblea sorta allindomani della formazione della Res
Publica. E lunico modo per farlo era ragionare sul concetto di populus e pars. Il populus la somma concreta e
non astratta delle sue parti, e la plebe una parte del popolo, e quindi una parte del popolo non pu attribuire
ci che solo il popolo, nella sua interezza pu fare: gli auspici. La stessa cosa vale per i poteri civili. il
magistrato non pu assumere poteri che non gli vengano attribuiti dallintero popolo. Lo dice chiaramente
Cicerone I magistrati, dicevamo, gestiscono quindi potere civile e religioso, e il fondamento del loro potere,
sia di auspicare, sia di comandare, nel popolo.. Il magistrato romano dura in carica, per regola, solo 1
anno. Per regola perch vi sono magistrature che invece hanno una durata diversa; il Censore - magistratura
creata abbastanza presto, nellet repubblicana - dura in carica 18 mesi, ma viene eletto ogni 5 anni. Il dittatore
invece viene scelto alla bisogna ma a causa della vastit dei suoi poteri, una sorta di super-Console; esso pu
rimanere in carica al massimo 6 mesi. quello di evitare potentati personali . Altro obiettivo da conseguire
attraverso questa annualit delle magistrature, era il ricambio, la logica dellalternanza, per dare la possibilit a
pi famiglie di accedere alle magistrature. Ulteriori regole facevano s che i magistrati non potessero concorrere
alle magistrature pi importanti nel cursus honorum, se non decorsi un certo numero di anni dallultima
magistratura rivestita. Questo per impedire fulgide carriere, carriere troppo rapide, carriere non in linea con la
logica repubblicana dellalternanza e della condivisione massima . I magistrati romani dovevano giurare, si
discute se allinizio della carica o alla fine o in tutte e due le occasioni perch financo la stessa elezione del
magistrato non imposta dalla volont divina ma pu essere sostenuta dalla volont divina. magistrato esercita
contemporaneamente il potere religioso e il potere civile e che luno non pu sovrapporsi allaltro ma
ovviamente possono simbioticamente aiutarsi e tutto nella persona del magistrato. Quindi non solo la riunione
del popolo deve essere fatta in un luogo inaugurato, ma ogni attivit magistratuale deve essere svolta in un
luogo inaugurato e dopo aver preso gli auspici.
Pomponio parla delle magistrature e delle loro caratteristiche con una grande lucidit.
- furono costituiti due Consoli, perch non si arrogassero in tutto la potest regia, si provvide con una legge
che fosse permesso di appellare alle loro disposizioni . I Consoli sono i magistrati che hanno gli auspici
massimi e hanno anche limperium, sono eletti dal Comizio Centuriato e il loro mandato dura un anno; sono 2,
una magistratura collegiale .I romani ben presto, trovarono come sistema quello della gestione semestrale, una
distinzione semestrale del potere. Sono i Consoli i Magistrati Eponimi, cio che danno il loro nome allanno in
corso. Le loro competenze sono vastissime, senza limiti, senza confini, cos come lImperium. Infatti, perch
non si arrogassero in tutto la potest regia, si provvide che fosse permesso appellare le loro disposizioni. l loro
nome dovuto dal verbo consulo, cio occuparsi di - deliberare - determinare - stabilire. Siamo nellet pi
antica. I Consoli prendono il posto dei Re. I Consoli allinizio erano patrizi finch con una legge fu stabilito che
uno dei 2 Consoli dovesse obbligatoriamente essere plebeo.
- poi quando dovette formarsi il censo, che richiedeva lungo tempo, e non essendo i Consoli in grado di
prestarsi anche a questufficio, furono creati i Censori magistrati che si occupano del censimento della
popolazione e della individuazione dei cittadini e iscrizione nelle classi censitarie e in momento successivi
anche della cura dei costumi, la cura delle opere pubbliche. I Censori nati per la sistemazione censitaria della
cittadinanza, usurparono numerose competenze proprie dei Consoli. ai censori furono attribuiti incarichi
molti importanti per ci che concerne lamministrazione pubblica. essere eletti solo ogni 5 anni, in occasione
del censo - appunto - e duravano in carica di pi rispetto alle magistrature ordinarie: 18 mesi.
- essendovi spesso delle guerre furono nominati i dittatori fu concessa anche la facolt di dannare nel capo o
ritenere in carica al di l di 6 mesi . Persone eminenti della citt, scelte dai magistrati supremi, quindi dai
Consoli, su autorizzazione del Senato e si dovevano occupare soprattutto di problemi di pericolo per la citt
dovuto a guerre esterne ma anche di ordine publico intrno alle citt, condanna a morte. Ed per questo che il
loro mandato dura solo 6 mesi e quindi c un collegamento diretto fra la vastit dei poteri e la brevit del
periodo.
- 2 Questori magistrati minori trova la sua giustificazione non nello specifico e diretto aumento della
popolazione, quanto piuttosto nellaumento del fattore finanziario iIl Questore si occupa dei conti pubblici, si
occupa di conservare i beni dellerario, di gestirli, di ordinare le spese, di incassare le entrate e di tenere in
regola i conti. Una magistratura molto tecnica era unattivit molto materiale che doveva essere anchessa
compiuta in templo, cio in un luogo inaugurato Questo, a dimostrazione ulteriore - qualora ve ne fosse bisogno

- di quel fortissimo legame fra il diritto divino e il diritto umano, la sfera giuridico - religiosa dei romani
- Edili Curuli In base alla legge, Licinie-Sestie, obbligatoriamente uno dei posti del Consolato doveva essere
riservato ai plebei. Ecco che per riequilibrare un sistema apparentemente non pi riequilibrato, viene creata una
nuova magistratura. che ebbe una grandissima importanza a Roma, perch gli Edili Curuli fu riconosciuta loro
competenza molto presto sulla gestione dei mercati,
- Pretore Urbano, perch arendeva giustizia i
- Pretore peregrino : laumento dei forestieri genti straniere che entrano in citt per lordinario, amministrava
la giustizia fra i forestieri. Peregrinus in latino significa straniero, ecco perch Pretore Peregrino.
- 4 ufficiali che avessero cura delle strade, i Trimviri Monetali, incaricati di battere le monete di bronzo, di
argento, di oro, e i Trimviri Capitali, che avessero cura della prigione, onde in caso si dovesse eseguire una
condanna si facesse con il loro intervento. Erano magistrati minori
- i Tribuni della Plebe sono Magistrati, ma non sono magistrati pubblici del popolo romano, perch sono
esclusivamente plebei In et storica avanzata essi vengono eletti esclusivamente dal Concilio della Plebe, del
quale fan parte solo i plebei, e i plebei sono una parte del popolo romano, ecco perch i Tribuni della Plebe non
possono essere considerati magistrati pubblici del popolo romano, sono magistrati s, ma della plebe. non hanno
auspici perch solo lintero popolo romano poteva attribuire il potere. Ecco che allora, il Tribuno della Plebe,
che si occupava della difesa della plebe,

SACERDOZI
Il fondamento dei poteri magistratuali risiedeva nel popolo.
il rapporto tra Sacerdoti e Magistrati, stato studiato in vario modo dalla dottrina contemporanea e le
conclusioni raggiunte non hanno certo uniformit.
Sostanzialmente le teorie in ordine alla relazione tra sacerdozio e magistratura si restringevano a due
conclusioni: da una parte chi riteneva che vi fosse una separazione tra i poteri (la Grenzlinie di Mommsen) e
dallaltra invece chi riteneva che i poteri si incrociassero, grazie al fatto che poi le stesse persone
amministravano il potere civile e il potere religioso. Un punto di contatto fra le due teorie era, forse neanche
ben analizzato dallo stesso Pais - che successivo, rispetto a Mommsen ovviamente - consisteva nel fatto che
tra tutti i sacerdoti comunque ve nera almeno uno, il Pontefice Massimo, che godeva di poteri
magistratuali o simili a poteri magistratuali.
In realt le fonti non ci hanno tramandato molto sui caratteri dei poteri sacerdotali e quindi sul rapporto con il
potere magistrale. E non riusciamo a operare una ricostruzione organica e lineare per una serie di motivi.
Sostanzialmente due: il primo motivo che - e questo vale soprattutto per le fonti giuridiche - Giustiniano
nellaffidare alla speciale commissione imperiale il compito di raccogliere leggi (si pensi al Codex), istituzioni
(si pensi alle Istitutiones), e giurisprudenza (si pensi al Digesto), aveva dato espresso compito a questa
commissione di espungere il diritto pubblico. A Giustiniano interessava solo il diritto privato. Quel poco di
diritto pubblico che emerge nella compilazione giustinianea emerge da Costituzioni Imperiali o di poco
precedenti rispetto a Giustiniano, o di Giustiniano stesso, e queste gi flebili tracce, svaniscono del tutto nel
Digesto, dove la Commissione Imperiale, con una acriba tutta particolare, era arrivata a eliminare ogni
riferimento al diritto pubblico. Quel poco che rimane di diritto pubblico nel Digesto esclusivamente attinente
ai magistrati, scompaiono del tutto - dal Digesto appunto - i riferimenti al diritto sacro e ai poteri dei sacerdoti.
Riappaiono questi riferimenti un po nel Codice, e soprattutto nelle Novelle (una raccolta di costituzioni
emanate da Giustiniano dopo la pubblicazione del Codice) ma sono esclusivamente riferiti al rapporto tra il
potere imperiale e la Chiesa Cristiana - Riferimenti a: sacerdoti, loro poteri, comunque diritto divino, et
repubblicana o et imperiale sono stati quindi volutamente espunti dalla compilazione giustinianea. Ci si rif a
fonti extra compilazione giustinianea e alla giusrisrudenza anche se la dispersione massima quindi difficolt a
ricostruire logicamente tale rapporto.
Laltro fattore che ci porta poi a questa oscurit successivo a Giustiniano: le raccolte di testi, mi riferisco
soprattutto a testi giurisprudenziali, sono attinenti pressoch esclusivamente al diritto privato. E questa lacuna,
volutamente creata alla fine del 19 secolo, non stata pi colmata. Negli ultimissimi anni, ma parliamo di una
manciata di anni fa, stata progettata la ricostruzione del diritto sacro attraverso la raccolta delle formule
sacerdotali sparse qua e l nelle fonti. Unopera progettata e non ancora iniziata.
Nel mondo romano le stesse persone, si occupano della gestione della Res Publica e delle cose sacre e un altro
aspetto fondamentale nella relazione tra religione e diritto, la inesistenza di un monopolio degli auspici. I
magistrati traggono gli auspici dai segni divini nellinteresse della Res Publica. I sacerdoti fanno altrettanto ma

possono instaurare questa sorta di dialogo con la divinit attraverso linterpretazione dei segni, anche per
interessi pi prettamente privati. In queste condizioni abbiamo anche visto che il potere di prendere auspici da
parte dei magistrati proviene, appunto, dal popolo, come somma dei cittadini, ciascun cittadino ha il suo potere
auspicale, i cittadini sommati fanno il popolo, il popolo ha il potere di auspicare e lo trasmette (diciamo cos) al
magistrato. Il fondamento dei poteri magistratuali - anche attinenti alle cose religiose - sempre nel popolo. Ma
anche i sacerdoti hanno il potere auspicale. Hanno lo stesso fondamento?
SACERDOTI: A Roma vi sono sacerdozi organizzati in collegi e non (VESTALI, FLAMINI).
4 AMPLISSIMA COLLEGIA Ogni collegio era caratterizzato dalla propria specializzazione.
1 Collegio dei Pontefici: era depositario del sapere e dellinterpretazione giuridica. Nella regola del silenzio
questo Collegio usava dare responsi. La specializzazione dei Pontefici consisteva nella cura della osservanza
delle norme rituali e la spiegazione di queste norme al popolo. Dopo che il vincolo del segreto fu rotto, e dopo
che per gestire linterpretazione giuridica non era pi necessario appartenere obbligatoriamente a un collegio
sacerdotale, i Pontefici non potendo pi dare una interpretazione esclusiva, iniziarono a garantire la corretta
osservanza delle norme (di natura religiosa) e la loro illustrazione migliore al popolo romano, a tutti i cittadini. a capo del Collegio vi era il Pontefice Massimo, che aveva una grandissima autorit nel suo Collegio, presso il
popolo e presso i Magistrati.
2 Collegio degli Auguri. Gli uguri erano gli interpreti di Giove Ottimo Massimo attraverso i segni, erano loro
che nel caso di dubbio, sugli auspici, intervenivano per fare chiarezza e spiegare definitivamente quale
significato occorresse dare ai segni percepiti dagli osservatori
3 Collegio degli Epuloni. Gli Epuloni si occupavano di allestire i banchetti in favore di Giove. Banchetti
fondamentali anche sotto laspetto rituale per poter ingraziarsi la divinit e poterla convincere a sostenere il
popolo romano. I pranzi per Giove servivano a renderlo pi lieto e benevolo
4 Collegio degli Esperti e degli Interpreti Ufficiali dei Libri Sibillini. In questo Collegio i Sacerdoti si
occupavano della conservazione dei libri sibillini e della loro interpretazione, consultazione, conservazione. I
libri sibillini erano antichissimi testi sulla cui origine non vi era neppure chiarezza. in presenza di segni molto
particolari cui uguri, pontefici, non riuscivano a dare una risposta precisa, ecco che si chiedeva a questo
Collegio di intervenire, di consultare questi libri, di dare una risposta al segno registrato - una risposta
interpretativa - e soprattutto una soluzione al fine di evitare di rompere la pace tra uomini e Dei.
NOMINA:
SACERDOTI NON RIUNITI IN COLLEGI venivano solitamente scelti dal Pontefice Massimo, attraverso
procedure di cui non sappiamo molto.
SACERDOTI ORGANIZZATI IN COLLEGI sono scelti allinterno del Collegio stesso.
Ho gi detto che una caratteristica fondamentale dei Sacerdozi la perpetuit. Nel senso che, una volta
Sacerdote, lo si per tutta la vita, quindi il Sacerdozio si estingue con la morte del Sacerdote. Questo significa
che alla morte del sacerdote, si crea nel Collegio, un vuoto da colmare, perch il numero dei componenti i
Collegi Sacerdotali un numero fisso, che varia di epoca in epoca, ma non pu essere alterato da eventi come
la morte. Quindi, alla morte di un Sacerdote bisogna provvedere alla integrazione del Collegio. Se ne occupano
i Sacerdoti superstiti. Nulla avviene al di fuori del Sacerdozio. Questo significa che il popolo, che tanta parte
ha, parte fondamentale nella scelta dei Magistrati, non ha alcun ruolo nella scelta dei Sacerdoti. sacerdoti, una
volta scelti allinterno del Collegio, o scelti dal Pontefice Massimo si dicono creati, ma per poter esercitare
poteri sacerdotali, e poter entrare in contatto con la divinit e quindi svolgere la loro specializzazione, devono
anche essere inaugurati, investiti cio dei poteri sacerdotali auspicali, che sono quelli che permettono ai
sacerdoti stessi di entrare in contatto con la divinit. E linaugurazione di un sacerdote pu essere fatta
esclusivamente dagli Auguri I fondamenti dei poteri sacerdotali sono quindi esclusivamente divini, non sono
filtrati attraverso il potere del popolo. Il potere di auspicare, che proprio anche dei sacerdoti deriva ai
sacerdoti da altri sacerdoti, quindi direttamente dalla divinit.
CARATTERI POTERI SACERDOTALI
Sappiamo pochissimo, ma i poteri sacerdotali, da quel poco che sappiamo, sappiamo che erano importantissimi.
Perch non cera solo il potere di auspicare che permetteva ai sacerdoti - se volevano- anche di bloccare
unassemblea popolare, o di bloccare lattivit di un magistrato, o la sua elezione, ma vi erano anche altri
poteri. E rimasta celebre unorazione di Cicerone strappare la propriet dalle mani del singolo privato, per
motivi religiosi ovviamente. Pur sapendo poco su questi poteri, possiamo dire che erano poteri tanto
importanti quanto quelli magistratuali, proiettati sul piano divino; poteri umani proiettati sul piano divino,
un po come il potere di auspicare, che un potere umano proiettato sul piano divino. Perch sacerdoti e

magistrati concorrevano alla formazione dello ius publicum, che il diritto del popolo romano: sacerdoti e
magistrati. Ciascuno con le proprie caratteristiche, con i propri fondamenti.ondanne a multa o alla fustigazione,
che il Pontefice Massimo poteva mandare a morte la Vestale che avesse tradito il voto di castit e il suo
complice.

PONTEFICE MASSIMO
Il Pontefice Massimo il pi autorevole dei Sacerdoti, perch alla guida del Collegio che si occupa della
corretta osservazione delle norme rituali del diritto sacro spiega le interpretazioni dei segni divini fatte dagli
uguri, spiega i riti, quali comportamenti occorre tenere per preservare la pace fra gli Dei e gli uomini, e si
occupa della consacrazione delle cose, e quindi in grado di spostare una cosa, una res, dal mondo degli uomini
al mondo degli Dei, trasportare dal potere umano al potere divino, rendere sacra una cosa.
l'unico tra i sacerdoti ad avere poteri quasi magistratuali Noi sappiamo che i poteri magistratuali - a parte
lauspicium - consistono soprattutto nellimperium,e quindi nella possibilit di convocare il popolo. Ma il
Pontefice Massimo, aveva davvero limperium? Livio parla di imperium. Si opposero, i rispettivi imperia.
dimostra di usare la parola imperium secondo un uso improprio, come sinonimo di potere, in senso generico ma
la conclusione che non si pu ritenere che il Pontefice Massimo avesse imperium come altri magistrati
maggiori solo sulla base di questo piccolo testo, neanche chiaro. Non ci sono prove quindi, prove decisive, che
il Pontefice massimo avesse imperium.. si sa poco sui poteri perch le fonti sono sparite, le poche fonti rimaste
sono sparse e non raccolte in un unico corpus e ci si ricava da esse non neanche troppo certo. Non sappiamo
con precisione quali poteri potessero avere i Pontefici Massimi e i Pontefici in generale. possiamo fare delle
osservazioni sulla base di fatti narrati dalle fonti, inequivocabili, non contraddittori. Ci dicono innanzitutto
che il Pontefice Massimo, in quanto Pontefice e in quanto Pontefice Massimo, avevano un rapporto molto
particolare con il popolo romano. i Pontefici si occupavano di spiegare e, perch no, divulgare al popolo
romano le norme rituali. Una funzione didattica, di conoscenza degli elementi del diritto sacro. Un altro fatto
che ci fa riflettere che il popolo romano doveva organizzare le sue giornate e la propria attivit sia come
popolo che come somma di cittadini distinti luno allaltro, quindi come privati, doveva organizzare le proprie
giornate dicevo, la propria attivit, sulla base di elementi forniti esclusivamente dai Pontefici: parlo del
Calendario. Allinizio di ogni anno il Collegio dei Pontefici elaborava un calendario indicando al popolo
romano e ai singoli cittadini quali dovessero essere i giorni fasti e i giorni nefasti, cio i giorni nei quali fosse
lecito svolgere determinate attivit e giorni in cui non fosse assolutamente lecito, sotto il profilo del diritto
sacro, svolgere attivit. E i giorni fasti non eran molti e allora lattivit politica, pubblica, giuridica del popolo
romano era ristretta in pochi giorni, e quei pochi giorni dipendevano da Pontefici. E un gran potere quello di
costruire un calendario con queste caratteristiche. Altro elemento, altro fatto che ci fa riflettere molto nel
rapporto con il popolo, tra i Pontefici - il Pontefice Massimo e il popolo romano, nella storia stessa del
popolo. Perch per molti secoli la storia quotidiana del popolo romano era raccolta, tramandata e divulgata
dai Pontefici attraverso un testo - dei testi - cui venivano il nome di Annali. Gli Annali erano i testi nei quali i
Pontefici raccoglievano la storia dellanno appena passato, ma una storia precisa, puntuale, capillare, quasi
giorno per giorno; e questi Annali, raccolti faticosamente, quotidianamente dai Pontefici, venivano pubblicati
alla fine dellanno, perch il popolo romano potesse avere conoscenza di ci che era avvenuto durante lanno.
Una sorta di verbalizzazione delle attivit popolare, una verbalizzazione ufficiale. la possibilit da parte dei
Pontefici di riunire il popolo o sue parti. La secessione del 449 avrebbe trovato fine grazie al Pontefice
Massimo che avrebbe riunito la plebe che in quelloccasione sarebbe tornata a eleggere i suoi magistrati - i
Tribuni -. Pontefici possono - come anche altri Sacerdoti - riunire le cosiddette Contiones, cio riunioni di
popolo che per non hanno una funzione deliberante. convocare i Comizi a calata (questo il termine tecnico
utilizzato nel diritto romano) che sono comizi e che si occupano di materie molto importanti per il popolo
romano, ad esempio i testamenti. la possibilit da parte dei Pontefici di mettere a morte la Vestale e il suo
complice, in caso di violazione del voto di castit. Questi sono elementi che ci fanno riflettere attentamente sui
rapporti di poteri in questo caso tra popolo e Sacerdoti, in particolare Pontefici e Pontefice Massimo, perch i
punti di contatto sono a 360 gradi: di natura informativa: le Contiones, di natura documentale: gli Annali, di
natura organizzativa: i Calendari, di natura deliberante: i Comizi Calati, di natura di certificazione - potremmo
dire, probabilmente - e parliamo dellapprovazione delle 12 Tavole, di natura elettorale: i Tribuni della Plebe,
dal Concilio della Plebe convocato e presieduto dal Pontefice Massimo, e via discorrendo. I rapporti tra i
Pontefici e il Pontefice Massimo e il popolo sono strettissimi, Questo significa che il Pontefice Massimo pu

esplicare i suoi poteri nei confronti del popolo, ma non significa che il Pontefice Massimo avesse dei poteri da
magistrato.
CARATTERISTICA POTERE
ne sappiamo pochissimo. due riflessioni possiamo farle: nelle fonti sembra emergere una distinzione tra la
potestas e lauctoritas - il potere e lautorit, in capo ai Pontefici e al Pontefice Massimo. In particolare le
fonti fanno espresso riferimento al potere dei Pontefici con un concetto di diffusione, nel senso che ogni
Pontefice pu esercitare singolarmente il potere e fanno riferimento a auctoritas - lautorit nel senso
collegiale; i Pontefici hanno autorit in quanto Collegio. Dalle fonti invece, con riferimento al pontefice
Massimo, emerge chiaramente che il Pontefice Massimo ha potere e autorit in quanto tale. Nei confronti
del popolo, poteri tanti. E autorit? on chiaro riferimento al diritto sacro.era lunico sacerdote che
tradizionalmente aveva il potere di consacrare agli Dei le cose umane,
SCELTA
Innanzitutto il Pontefice Massimo era scelto tra i Pontefici. esclusivamente dallinterno del Collegioun
Sacerdote gi inaugurato, veniva scelto dallo stesso Collegio di appartenenza; quindi avanzate le
candidature allinterno del Collegio si provvedeva alla scelta. Non questo sistema identificabile con la
cooptazione, perch il Pontefice Massimo era gi un Pontefice, quindi gi apparteneva al Collegio, non poteva
essere cooptato, era gi stato cooptato quando era stato scelto come Pontefice, quindi non la cooptazione lo
strumento utilizzato, ma una sorta di elezione allinterno del Collegio stesso. Quindi i Pontefici, una volta morto
il Pontefice Massimo, provvedevano a reintegrare il Collegio attraverso la cooptazione, quindi provvedevano a
reintegrare il numero dei Pontefici con un nuovo Pontefice - questo s cooptato - e successivamente
provvedevano alla elezione del Pontefice Massimo. V da dire inoltre che il numero dei Pontefici era tale
per cui doveva garantire la parit fra gli ordini. Un certo numero di Pontefici doveva essere plebeo, un certo
numero doveva appartenere alle genti patrizie, nella parit. E probabile che questi numeri intorno al 3 secolo
fossero di 4 Pontefici plebei e 4 Pontefici patrizi. Ma a un certo punto, nellanno 212 a.C. Livio ci riporta una
notizia sorprendente, elezione comiziale del PM intorno al 220 AC ,Elezione popolare, comiziale, introdotto
cio il principio elettorale nella scelta del Pontefice Massimo. I Comizi sono investiti di questo potere fino a
quel momento il popolo nulla aveva a che fare con la scelta dei Sacerdoti non emerge quali Comizi fossero,
quali caratteristiche essi avessero. Emerge solo che i Comizi si sarebbero occupati della elezione di un
sacerdote, stravolgendo quindi i principi sui quali si basavano i fondamenti dei poteri dei magistrati e dei
sacerdoti. Un atto rivoluzionario, insomma, non solo politico, ma anche giuridico che avrebbe stravolto le basi
quelle quali si fondava il popolo romano stesso. La distinzione cio tra poteri sacerdotali e poteri magistratuali
relativi ai fondamenti e non alle caratteristiche. Eppure noi abbiamo questo testo di Cicerone che ci spiega
come invece questi fondamenti non fossero stravolti da questa novit, la introduzione del principio elettorale
nella scelta dei Sacerdoti. Cicerone infatti scrive, siamo nellanno 62, in relazione a una proposta di legge
agraria, che i Comizi che provvedevano alla elezione del Pontefice Massimo erano innanzitutto Comizi Tributi
strutturato per trib.( che i Comizi a Roma si distinguono in base alla loro struttura: il Comizio Centuriato,
strutturato in centurie e il Comizio Tributo, strutturato per trib che sono unit territoriali di voto, il Concilio
della Plebe anche era strutturato in trib, e poi il Comizio Curiato che era strutturato per Curie che erano
probabilmente anchessi strutture territoriali) Prima notizia allora che Livio non ci d: il Comizio un
Comizio strutturato per trib. Seconda notizia, ancor pi importante: il Comizio che provvede alla elezione del
Pontefice Massimo non comprende tutte le trib nelle quali riunito il popolo romano (che sono 35), ma
comprende la loro parte minore (17).
minor parte del popolo romano non intende assolutamente riferirsi al minor numero di cittadini, ma al minor
numero di trib, eppure Cicerone usa questa espressione minor parte del popolo romano Perch le parti che
compongono il popolo romano non sono solo i cittadini, ma sono anche aggregati superiori. Quindi
assolutamente legittimo per Cicerone parlare di minor parte del popolo romano con riferimento non al numero
di cittadini ma al numero delle trib, perch poteva anche darsi che le 17 trib comprendessero la maggior parte
dei cittadini, perch il numero degli iscritti alle trib non era fisso, ma variabile e quindi poteva anche darsi che
le 17 trib - che veniva tra laltro individuate per sorteggio - nelle 17 fosse compreso il maggior numero di
cittadini, ma questo non significava che era la maggior parte del popolo, perch essendo 17 trib, meno della
met di 35, era comunque quella minor parte del popolo, perch il popolo nel Comizio esprime la propria
volont e la sua organizzazione costituzionale per la espressione della sua volont o sovranit, che dir si voglia,
appunto fondata sullunit di voto, che non sono i singoli cittadini. Il voto del singolo cittadino serve per
raggiungere la maggioranza allinterno della unit di voto, ma il computo finale dei voti fondato sulle unit di
voto stesse, che nel nostro caso sono le trib. perch deve essere la minor parte del popolo a procedere alla
elezione di uno dei Sacerdoti pi importanti, non solo per prestigio ma anche per poteri giuridici, Perch il
popolo non poteva e non doveva assolutamente intervenire nella scelta dei Sacerdoti perch su queste basi era

fondato il popolo romano stesso. Il fondamento dei poteri dei magistrati doveva essere popolare, il popolo che
li elegge, ma il fondamento dei poteri dei Sacerdoti non poteva essere popolare, perch il potere del popolo su
un piano distinto rispetto al potere divino. E i piani non si potevano confondere, sotto il profilo giuridico. Ecco
allora che non era possibile che il popolo intervenisse nella scelta, nella elezione di un Sacerdote. E se non
poteva essere il popolo, ma si voleva comunque far intervenire una elezione comiziale, bisognava strutturare la
elezione comiziale in modo tale che non fosse il popolo a provvedere alla elezione, ma un qualche cosaltro.
Qualcosa che fosse popolo, ma non fosse popolo qualcosa che fosse Comizio ma non fosse popolo Occorreva
risolvere una questione che si era creata con il tempo e risolverla secondo la struttura costituzionale del popolo
romano.
soluzione migliore Rispettando i principi sui quali il popolo romano stesso si fondava. Non era possibile
coinvolgere il popolo nella sua interezza perch il Pontefice Massimo non era un magistrato, i fondamenti dei
suoi poteri non dovevano essere popolari, ma si sentiva ugualmente la necessit di coinvolgere i cittadini e
coinvolgerli non sotto il profilo di una elezione fattuale, ma unelezione giuridica, una elezione
costituzionalmente legittima, una elezione in linea con le regole della Res Publica. Non il popolo romano
nella sua interezza a scegliere il nuovo Pontefice Massimo, ma sono speciali Comizi strutturati come minor
parte del popolo romano. Il Comizio del Pontefice Massimo non crea un sacerdote, perch i candidati possono
espressi esclusivamente allinterno del Collegio. E un Sacerdote gi cooptato allinterno del Collegio, un
Sacerdote gi inaugurato quale Sacerdote, ha gi poteri sacerdotali, il popolo si limita a indicare chi di questi
Sacerdoti debba rivestire la carica di Pontefice Massimo.

PRINCIPIO ELETTORALE NELLA SCELTA DEI SACERDOTI


i romani arrivarono a definire 4 Collegi come Amplissimi,
dalle fonti: C una notizia, che neanche a farlo apposta Cicerone che ci d - di uno strano fatto avvenuto
nellanno 145 a.C.. Nel 212, a quanto ne sappiamo, c la elezione del Pontefice Massimo, nel 145 c un fatto
un po particolare. Cicerone parla di una proposta di Plebiscito, e nel 145 a.C. il potere di cooptare i Sacerdoti,
quindi allinterno dei Collegi, sarebbe passato al popolo. Licinio Crasso 145 a.C. era trasferita a beneficio del
popolo la cooptazione da parte dei Collegi: cooptatio sparita a favore di elezione popolare, evento rivoluzionale,
ma proposta respinta. Qui s siamo di fronte ad un evento rivoluzionario. Perch il modello non era pi quello
della minor pars populi, proprio del Comizio della elezione del Pontefice Massimo, ma il modello qui era il
modello magistratuale. Quindi dal modello strettamente sacerdotale sarebbe passati - con questa proposta di
legge, se approvata - a un modello esclusivamente magistratuale, dove il popolo avrebbe non solo eletto i
sacerdoti, ma sarebbe stato anche il fondamento dei loro poteri. Un modello - a giudizio dello stesso Cicerone
inaccettabile che avrebbe stravolto la relgio, i principi della relgio, i principi sui quali si fonda lo stesso popolo
romano e che vedono su piani distinti i poteri sacerdotali e i poteri magistratuali. Cicerone che ci d la notizia
nel 62 a.C. contro una proposta di legge, una proposta di plebiscito sulle materie agrarie; Questa proposta di
legge prevedeva la distribuzione dellager publicus, delle terre pubbliche, attraverso una particolare
magistratura, i decemviri, che sarebbero stati eletti non da i consueti Comizi Tributi che provvedevano a
eleggere i magistrati minori, tra cui appunto questi decemviri, ma da uno speciale Comizio formato
esclusivamente da 17 trib. Un Comizio con una struttura analoga a quella per lelezione del Pontefice
Massimo, ma non solo. Una struttura analoga a quella che nel 103 a.C. avrebbe adottato il Tribuno della Plebe
Domizio Enobarbo per la elezione di sacerdoti organizzati in Collegi. di privare del voto lintero popolo
romano.
Allora, per riassumere, sulla base di Cicerone, noi sappiamo che nellanno 103 a.C. un Tribuno della Plebe Domizio Enobarbo - fece approvare dal Concilio della Plebe un plebiscito, ormai equiparato alla legge, che
applicava il modello di elezione del Pontefice Massimo anche ai Sacerdozi riuniti in Collegio. Allora, dallanno
103, anche i Sacerdozi riuniti in Collegi, applicano come modalit di scelta quella della elezione. Elezione un
po particolare anchessa, perch il Comizio su fonda su 17 trib, constatata la impossibilit di adottare per i
sacerdoti lo stesso schema di elezione adottato per i magistrati, si provvede a diminuire il numero delle trib,
per arrivare al concetto di minor parte del popolo,
Sacerdozi riuniti in Collegi, quindi, sono strutturati su base elettorale
differenza elezione pomtefice massimo e sacerdoti
dal punto di vista strutturale non vi differenza. 17 trib nel Comizio che elegge il Pontefice Massimo. 17 trib
nel Comizio che elegge i Sacerdoti organizzati in Collegio. La differenza piuttosto nella fase successiva
Perch mentre il Pontefice Massimo era g gi inaugurato quale Sacerdote, gi cooptato allinterno del Collegio

Pontificale, nel caso dei Comizi approvati con la legge di Domizio Enobarbo, parliamo di persone che non sono
sacerdoti, ma che aspirano a diventare Sacerdoti e che faranno il loro ingresso nel Collegio Sacerdotale, anche
grazie alla elezione popolare, La elezione popolare, da s non sufficiente a introdurre la persona, il candidato,
allinterno del Collegio Sacerdoti colui che stato eletto dal popolo o meglio dai Comizi delle 17 trib, dalla
minor parte del popolo, cooptato dal Collegio. Senza cooptazione non possibile che il Sacerdote entri nel
Collegio e quindi non possibile che il candidato eletto diventi Sacerdote. mentre la cooptazione nel caso del
Pontefice Massimo era intervenuta prima della elezione, in questo caso la cooptazione interviene dopo la
elezione, perch il Sacerdote cooptato successivamente alla elezione comiziale. e i poteri sacerdotali non
possono essere attribuiti dal popolo ma hanno esclusiva origine e fondamento divino.

ELEZIONE SACERDOTI ORGANIZZATI IN COLLEGI


Innanzitutto certo che le 17 trib venissero individuate in virt di un sorteggio, soluzione razionale, ma nel
diritto romano aveva anche un fondamento divino. era comunque un chiedere alla divinit di sostenere lazione
umana anche laddove la volont umana non fosse palese, cio dove non vi fosse una decisione strettamente
umana. Sortessio in luogo inaugurat e sorvegliato dagl auguri. Quindi la sortitio - il sorteggio - aveva comunque
un fondo divino, un carattere divino da rispettare.
Da chi era convocato il Comizio per la elezione dei sacerdoti organizzati in Collegio? Qui non abbiamo
notizie, almeno fino allet di Cicerone In una lettera indirizzata a Bruto - ma siamo ormai negli anni 40 a.C. dice chiaramente che deve essere un magistrato patrizio, quindi un magistrato maggiore, o il Console o il
Pretore : convoca e presiede Quindi un magistrato convoca e presiede questi speciali Comiz, non popolo,
minor pars populi.
E le candidature? Beh, qui si assiste a un fenomeno curioso, che non appare nei Comizi che eleggono
magistrati, perch la candidatura deve comunque essere appoggiata dai membri del Collegio, attraverso
listituto della Nomina, in latino nominatio. uno e non pi di due componenti il Collegio pubblicamente in
una contio, cio in una assemblea non deliberante, appoggiassero, nominassero questa candidatura,
ufficialmente. Solamente i candidati nominati potevano essere votati, in et repubblicana il fenomeno della
nominatio, noi la vediamo esclusivamente nelle elezioni sacerdotali. La nominatio nelle elezioni magistratuali,
in et repubblicana, non c. Perch accadeva questo nei comizi che eleggevano magistrati: accadeva che
chiunque poteva candidarsi. Fare il proprio nome al magistrato presidente. Il magistrato presidente avrebbe
esaminato le candidature, avrebbe escluso quelle illegittime e avrebbe accettato quelle a suo parere erano
legittime. E quindi i candidati accettati sarebbero stati presentati in una contio, ma non nominati. mentre la
nominatio in et imperiale, per i magistrati, era fatta dallimperatore, qu la nominatio del sacerdote, non del
magistrato, fatta da semplici membri del Collegio che non sono magistrati e non sono neanche imperatori,
ovviamente, ma sacerdoti. Un curioso fenomeno, si realizzava, che era s il popolo (ovviamente il popolo
riunito, la minor parte del popolo riunita nei comizi delle 17 trib) che eleggeva il Sacerdote, ma sulla base di
una candidatura accettata dai membri del Collegio. Il Collegio, collegialmente quindi, avrebbe provveduto
alla successiva cooptazione del candidato nominato eletto.
Questo modello che venne introdotto, appunto, da Domizio Enobarbo nellanno 103 a.C. conobbe alterne
vicende, perch gi tra l82 e l81 a.C., quindi circa 20 anni dopo, veniva soppresso da Silla che ripristinava, ma
esclusivamente per la elezione dei Sacerdoti organizzati in Collegio, ripristinava la cooptazione pura. Nel
disegno di restaurazione Silla infatti abrogava la legge di Domizio Enobarbo e abrogando la legge di Domizio
Enobarbo ecco che riprendeva vita la cooptazione pura, quella cooptazione che era latto successivo alla
elezione comiziale riprendeva vigore come unico atto idoneo a creare Sacerdoti.
Comunque, intorno allanno 62 Tito Labieno, allora Tribuno della Plebe e allora amico di Cesare, pens bene di

far ripristinare la disciplina del plebiscito di Domizio Enobarbo e con il ripristino dei contenuti del plebiscito di
Domizio Enobarbo, ecco che riprendeva forza, vigore giuridico, anche il Comizio delle 17 trib.
anche Cesare fa approvare una legge sui Sacerdozi. Quindi alla fine dellet repubblicana, il Pontefice Massimo
era eletto dai Comizi delle 17 trib e i Sacerdoti organizzati in Collegi erano eletti dai Comizi delle 17 trib e
successivamente cooptati allinterno del collegio, secondo le procedure che per grandi linee abbiamo visto.
Augusto fu eletto dai Comizi delle 17 trib quale Pontefice Massimo. Era quindi un modello che si era radicato
nel sistema giuridico romano, nel sistema giuridico religioso romano. Da augusto Le massime cariche
sacerdotali e i massimi poteri magistratuali erano una persona sola. Ora per , mentre i poteri sacerdotali
derivavano loro dal modello come si era venuto a cristallizzare dopo Domizio Enobarbo, attraverso una
elezione comiziale, succeduta nel caso dei sacerdozi da una cooptatio, nel caso dei poteri (chiamiamoli cos)
magistratuali, il popolo, laveva detto Ulpiano, una volta per tutte aveva attribuito allimperatore ogni imperio,
ogni potere, tra cui anche quello di far leggi. Quindi il popolo era il fondamento dei poteri, per dir cos,
magistratuali degli imperatori, tra cui il potere di far legge e di amministrare giustizia, la divinit era il
fondamento dei poteri sacerdotali degli imperatori che derivavano dallo stesso modello: elezione e cooptazione.
Il modello repubblicano viveva allinterno della persona sola dellimperatore ma con nuove finalit. Ma la
distinzione tra potere divino e potere umano continuava a persistere.

PARS POPULI - MINOR PARS POPULI


Definizione popolo non giuridica. Cicerone definizione non prettamente filosofica ma con rilevanti contenuti
giuridici. Perch il concetto che scaturisce da questa orazione ciceroniana, siamo intorno al 62 a.C., un
concetto ancora privo del riferimento al consenso di diritto e alla comunanza di utilit, mentre ben preciso il
concetto di associazione, il concetto di complessit concreta del popolo, di somma delle parti, questo
sicuramente ben presente nellorazione ciceroniana, in quanto proprio attraverso questo concetto di popolo
distinto in parti, popolo composto dalla somma delle sue parti, che si regge il funzionamento stesso - sotto il
profilo istituzionale - dei comizi per la elezione del Pontefice Massimo prima e dei Sacerdoti organizzati in
Collegi, dopo.
E proprio questo il passaggio chiave attraverso il quale passa il plebiscito del Tribuno Domizio Enobarbo nel
103 ac, per far funzionare questo modello, ma solamente una parte di esso che partecipa alla elezione dei
Sacerdoti. Quindi i Comizi non devono essere gli stessi. nel senso della loro composizione. non il popolo che
elegge i Sacerdoti, ma una parte del popolo esattamente la minor parte del popolo che compone un
Comizio diverso, rispetto al Comizio che elegge i magistrati. Diverso perch la composizione diversa, e
quindi gli effetti della elezione da parte di una minor parte del popolo sono diversi rispetto a quelli cagionati da
una comizio in cui si riunisce lintero popolo. Gli effetti prodotti da unelezione comiziale piena li
conosciamo: la elezione dei magistrati, nel nostro caso specifico, e il fondamento dei loro poteri. Gli effetti
invece di una elezione da parte di una minor parte del popolo, quindi di un Comizio (diciamo cos)
modificato devono essere diversi. Nel numero quindi individuato il carattere fondante di questi speciali
Comizi. Come evidente, si tratta di una soluzione che passa obbligatoriamente sul piano costituzionale dal
momento che il popolo non pu utilizzare gli strumenti consueti che utilizza per la elezione dei magistrati,
bisogna individuare strumenti costituzionali idonei a eleggere Sacerdoti senza violare la religio deorm. Laltro
aspetto, sempre di natura costituzionale, cui tende la soluzione del Tribuno Domizio, quello della
impossibilit da parte del popolo di utilizzare strumenti cui il popolo non pu accedere, e questo un altro
tipo di carenza. Esistono e Cicerone li identifica con quella che lui chiama ius cerimoniarum, cerimonie
attinenti esclusivamente allo ius sacrum. Quindi il popolo non solo non pu ricorrere agli strumenti consueti
cui ricorre solitamente per eleggere magistrati, ma non pu ricorrere neppure a strumenti utilizzati nellambito
del diritto sacro per eleggere Sacerdoti. La soluzione di Domizio: la minor pars populi. non luniversus
populus - lintero popolo - che provvede alla elezione dei Sacerdoti, ma una parte di esso, una minor
parte. al lungo iter di equiparazione dei plebisciti alle leggi. Il discorso di fondo lo stesso. La plebe provvede
alla approvazione dei plebisciti. La plebe una parte del popolo romano, esattamente la parte priva dei patrizi.
Ecco quindi che nasce la discussione sul valore giuridico dei plebisciti e solamente nel 286 a.C. si raggiunge la
soluzione finale, definitiva, attraverso la quale si ha la equiparazione dei plebisciti alle leggi. Ma occorrer
una legge, votata dallintero popolo, che riconosce valore a una norma votata invece da una parte del popolo,

riconosce lo stesso valore, una equiparazione. La soluzione cui addiviene il Tribuno della Plebe Domizio
Enobarbo passa infatti attraverso lo strumento legge, una legge (un plebiscito ormai equiparato alla legge)
che autorizza un effetto da parte di chi per regola non potrebbe produrre effetti, che la minor parte del
popolo, perch qui subentra un altro problema giuridico che deve essere risolto. che poteva capitare che il voto
non fosse unanime ma fosse maggioritario e allora ecco un nuovo concetto: quello del major pars (maggior
parte) e qui vedremo poi nelle fonti (lo anticipo per brevemente) gli effetti sono gli stessi; gli effetti prodotti da
un voto di tutte le parti del popolo romano, sono gli stessi di quelli prodotti dalla maggior parte del popolo
romano. Ma se gli effetti di un atto di tutte le parti e della maggior parte sono gli stessi, la stessa cosa non si puo
dire della minor parte. Per evitare il rischio che fosse la maggior parte a votare ecco che la base di
partenza, il Comizio, il numero delle trib partecipanti al Comizio, gi allinizio minore della met - la
minor parte. Itnesa come unit di voto. Trib. Questo perch non detto che le 17 trib comprendano la minor
parte dei cittadini perch il numero degli iscritti alle trib non fisso ma variabile, ma certo che 17 trib
sono - considerato che il numero totale delle trib fisso, eterno - sono e rimarranno sempre la minor parte
del popolo, perch le trib ne sono parte. Questo emerge da Domizio e da Cicerone. Ma nelle fonti evidente, e
nelle fonti con riferimento ai giuristi, evidente che tra la fine della Repubblica e linizio dellet Imperiale,
una discussione sul concetto di pars e in particolare pars populi, presente. Lo possiamo rilevare qua e l, nelle
fonti, ricordo per lennesima volta che Giustiniano nel suo Digesto . Un primo esempio: Cicerone scrive che il
giurista Servio Sulpicio Rufo, suo contemporaneo, quando era Pretore aveva proposto una legge in base alla
quale i Comizi dovessero votare secondo quella che Cicerone chiama una confusio suffragiorum, una
traduzione letterale: una confusione dei voti. allora, la proposta di legge di Servio Sulpicio Rufo, sulla
confusione dei voti, probabile (qui ovviamente semplifico per arrivare alla conclusione) che volesse invece
ripristinare quellantica modalit di voto che era quella viritim, capo per capo, un uomo un voto; quindi la
maggioranza dovuta alla somma dei singoli voti, non dei voti delle unit di voto, dei collegi. La proposta di
legge di Servio Supicio Rufo porta a questa conclusione: le parti del popolo sarebbe solo i cittadini.
Alfeno Varo era un allievo di Servio Sulpicio Rufo. Il problema di Alfeno Varo quello del Collegio Giudicante
di fronte a un Collegio Giudicante in cui son mutati dei componenti, i giudici non sono pi gli stessi e allora
Alfeno Varo raggiunge questa conclusione: queste entit nonostante cambino i loro termini, sono sempre le
stesse, e fa alcuni esempi, fra cui il popolo.a parlando di persone. attirano lattenzione esclusivamente sulle
persone anzich sulle unit nelle quali esse si riuniscono.
In opposizione si trovano altri due giuristi: Ateio Capitone e Masurio Sabino. Ateio Capitone famoso per aver
dato quindi non sono solo le persone, ma sono anche le trib, le centurie, i patrizi, i plebei. Masurio Sabino
conclude il ragionamento analogo a quello fatto da Alfeno Varo, ponendo laccento pi sulla aggregazione
nellambito del popolo, piuttosto che sulle persone che lo compongono.
La definizione di pars risale al 1 secolo pieno a.C. - Quinto Mucio , sono stati conservati nel Digesto perch
fanno riferimento al concetto di Res e delle sue parti. E Res , una delle partizione del diritto privato: Persone
Res Actiones. Quinto Mucio si interroga sul concetto di pars e fornisce una soluzione sotto il profilo concettuale
molto interessante. In questa definizione il rapporto tra parte e tutto, pars e totum, in latino, appare
fondato sulla comprensione delluna nellaltro, della parte nel tutto. la parte, perde quella autonomia
concettuale per acquisire una propria identit rispetto al tutto. In altre parole, la parte esiste solo in quanto
componente del tutto.
Servio Sulpicio Rufo, con il nome di parte si possono intendere tanto luno quanto laltro Ora, in questa
definizione, a differenza della precedente, cio quella di Quinto Mucio, il rapporto tra parte e tutto molto pi
elastico, appare molto pi elastico, tanto da non dissolversi neppure a seguito della divisione, cio del distacco
dal tutto della parte, perch la parte continua a godere di unautonomia concettuale, anche quando il tutto perde
la propria entit. Ora, indubbiamente, questa definizione di pars una definizione attinente pi strettamente al
concetto di res, utilizzata molto nella discussione giurisprudenziale con riferimento soprattutto alla
rivendicazione delle cose, cio la rivendicazione che fosse necessario rivendicare anche le parti accessorie, e
cos via. questi due concetti, quello Mucio e quello di Servio, possono tranquillamente essere trasportati sul
piano dello ius publicum e sortire i loro effetti. E quale poteva essere il campo migliore se non quello della
composizione del populus con riferimento anche ai Comizi? emergono discussioni giurisprudenziali in ordine a
concetti di parte di popolo, maggior parte, minor parte di popolo, ma emergono anche con riferimento a altre
materie, anchesse forse pi attinenti al diritto privato, ma non solo, perch emerge un esito importante di
questa discussione anche nelle leggi, con riferimento agli effetti prodotti dalla maggior parte, o da tutte le parti,
di Collegi. Infatti i riferimenti pi precisi al concetto di major pars, appaiono in numerose leggi - di et
repubblicana - del primo secolo a.C., ma forse qualcosa anche al secolo precedente, con riferimento agli effetti
delle votazioni. Due soli esempi, voglio qui produrre, che sono per indicativi di quello che sto dicendo: il
primo esempio relativo alle votazioni che intervengono allinterno delle assemblee dei Decurioni delle

comunit locali, dei Municipi. non necessario che vi sia lunanimit per la votazione, sufficiente formare
una maggioranza - che pu essere anche qualificata - ma una major pars. Ma gli effetti sono gli stessi, sotto il
profilo giuridico ma ci che la minor pars ha stabilito non ha effetti, nessuno. E evidente. , gli effetti pratici
sono il Comizio delle 17 Trib,
Torniamo a noi: i Giudici. In alcune leggi si rinviene chiaramente che per poter avere una sentenza occorre che
la maggior parte dei giudici che compongono il Collegio giudicante, si esprima nello stesso modo. La maggior
parte. , la minor pars non produce effetti, dalla minor pars la possiamo trovare con riferimento soprattutto al
concetto di ereditas . Laddove la minor pars non emerge, nei Collegi di persone (il collegio dei giudici, le
assemblee dei municipi, perch non possono produrre effetto) ma nel caso delleredit anche la minor parte ha il
suo rilievo sotto il profilo giuridico. Anche il concetto di minor pars sotto il profilo giuridico nelle fonti ha una
sua importanza. Non nullo. E questo portava a ragionare sulla soluzione della elezione dei Sacerdoti: la
volont era quella di coinvolgere il popolo probabile che i Collegi sacerdotali avessero acquisito eccessivo
potere alcune famiglie probabile si fossero impadronite dei Collegi e provvedevano alla cooptazione di
persone amiche/parenti si voleva evitare una concentrazione di potere perch i Collegi sacerdotali avevano
potere (non per niente era un sistema giuridico-religioso, quello romano) ed ecco che si sentiva necessario
lintervento del popolo, Alla fine del 2 secolo, i ragionamenti sul popolo e su parte del popolo erano molto pi
affinati. La discussione si fa pi complessa e la soluzione pi giuridica che tradizionale, perch passa
attraverso queste categorie analizzate in modo nuovo: su un modello antico viene rimodellato un concetto pi
sviluppato di popolo e si arriva a riconoscere - utilizzando la tradizione - (abbiamo il modello dei Comizi del
Pontefice Massimo) la possibilit che la minor parte (del popolo) sviluppi effetti propri diversi da quelli
sviluppabili e sviluppati da tutte le parti e dalla maggior parte.

COOPTAZIONE
Per poter chiamare i cittadini nella scelta dei Sacerdoti organizzati in collegi necessaria unoperazione di
natura costituzionale. Non possono essere chiamati tutti i cittadini riuniti allinterno dei Comizi Tributi
comprensivi di tutte le 35 trib in cui organizzato il popolo romano, e allora chiamata una parte dei cittadini
riunita nella MINOR PARTE DEL POPOLO ROMANO. Il Comizio infatti formato solo da 17 trib su 35.
Ora, la composizione, molto particolare, dei Comizi delle 17 trib risolve il 1 problema, cio quello del popolo
che non pu ricorrere agli strumenti cui solitamente ricorre per eleggere i magistrati. Ma c' un s2 problema:.
Non si pu arrivare a creare un sacerdote se non attraverso lo ius cerimoniarum e quindi lo ius sacrum in mano
ai sacerdoti. Bisogna intervenire sui sacerdozi. Bisogna fare in modo che lo ius cerimoniarum mantenga la
propria sfera. Cicerone ci spiegacomeE colui che fosse stato eletto da quella parte, questi sarebbe stato
cooptato al Collegio. Alla elezione della minor pars populi succede la cooptazione del Collegio.
la cooptazione, prima che venisse approvato il plebiscito di Domizio Enobarbo - da sola era sufficiente a
creare sacerdoti . Non era possibile accedere al sacerdozio - quindi non il mero ingresso nel collegio, ma
accedere al sacerdozio e ai suoi poteri se non si era stati cooptati. La cooptazione quindi da sola era lo
strumento idoneo e del tutto sufficiente per poter investire il sacerdote dei suoi poteri. Perch, come il
magistrato veniva creato attraverso lelezione popolare, e quindi aveva nel popolo il fondamento dei suoi poteri,
cos il Sacerdote era creato attraverso la cooptazione, nel collegio, e quindi assumeva i poteri concepibili
allinterno del collegio (la possibilti di partecipare alel assemblee del collegio, di dare responso) ma attraverso
linaugurazione - che era comunque successiva alla cooptazione - questi assumeva i poteri religiosi. Un doppio
passaggio: creazione inaugurazione. Con il plebiscito di Domizio vediamo che le cose cambiano, perch la
cooptazione da sola non pi idonea a creare un sacerdote, perch necessita un atto presupposto che la
elezione da parte della minor pars populi.
Questo per non significa che la cooptazione perde la sua valenza giuridica, significa solo che i membri del
collegio hanno perso un potere, che quello di designare la persona da cooptare. E allora possibile fare una
distinzione, possibile cio distinguere tra FORMA e SOSTANZA e dire: sotto il profilo meramente formale
della cooptazione allinterno del Collegio, la cooptazione stessa non perde in alcun modo il suo valore. Sotto il
profilo sostanziale della scelta della persona da cooptare, il Collegio perde il suo potere, fuor di dubbio,
perch la elezione popolare si sostituisce pienamente alla discrezionalit dei sacerdoti riuniti in collegio, di
scegliere . La discrezionalit dei sacerdoti si limita esclusivamente nel nominare Ma poi la elezione fatta dal
popolo. E a quel punto il collegio deve cooptare. sotto il profilo giuridico non cambia assolutamente nulla,
perch la cooptazione rimane latto imprescindibile attraverso il quale il sacerdote creato. Diviene una sorta di
atto complesso composto da 2 atti distinti che passano attraverso strade diverse, ma che convergono verso un

obiettivo comune. Il 1 atto la elezione comiziale. Il 2 atto la cooptazione collegiale. Il valore giuridico
della cooptazione rimane pienamente, quindi lo IUS SACRUM regge, lo IUS CERIMONIARUM che parte
dello ius sacrum, regge. Quindi non creatus - creato ma factus fatto! Il sacerdote FACTUS non
CREATUS perch creatus sar solo dopo la cooptatio, che successiva alla elezione. Mentre il popolo da
solo crea magistrati, la minor parte del popolo da solo non pu creare sacerdoti (cooptatio). che nelle iscrizioni
celebrative non si fa riferimento alla elezione, ma esclusivamente alla cooptazione. La cooptazione la prova
decisiva, fondamentale, che il sistema giuridico-religioso romano regge anche di fronte alla introduzione
del sistema del principio elettorale nella scelta dei sacerdoti. E regge non solo sotto il profilo formale ma
giuridico-sostanziale, perch latto giuridico, ha un valore giuridico che non perde. Non si pu scegliere chi
dovr essere creato sacerdote, ma senza cooptatio non si ha creatio. lelemento supremo attraverso il quale
passa la distinzione dei piani del potere umano e del potere divino, perch i poteri dei sacerdoti derivano solo
dalla divinit.

COMIZI POPOLARI
assemblee popolari, luogo dove il popolo esprime la propria volont. Le assemblee popolari a Roma hanno
essenzialmente una duplice funzione, fondamentale: approvazione delle leggi elezione dei magistrati. Esistono
anche due particolari Comizi (particolari in quanto alla loro struttura) che provvedono anche alla elezione del
Pontefice Massimo e dei Sacerdoti riuniti in collegi.
Innanzitutto vi sono a Roma, vari tipi di assemblee: il Comizio Centuriato i Comizi Tributi il Concilio della
Plebe e molto pi anticamente i Comizi Curiati - il Comizio pi antico, era organizzato sulla base delle curie
COMIZIO CENTURIATO ha origini regie, fondato su base censitaria, quindi le centurie - che sono le unit
di voto in cui distinto, sono distribuite in numero vario nellambito di classi censitarie. La struttura tale per
cui le prime due classi - quelle di censo pi elevato - hanno il maggior numero delle centurie
COMIZIO TRIBUTO strutturato sulla base delle trib che sono unit territoriali di voto e la composizione
delle trib - varia, non fissa. In ciascuna trib sono iscritti tutti i cittadini romani. Il numero delle trib pari a
35.
CONCILIO DELLA PLEBE era probabilmente strutturato per trib e quindi, in questo, non era diverso dal
Comizio Tributo. Il Comizio tributo comprendeva anche i Patrizi per , il Concilio della Plebe solo i Plebei
COME FUNZIONANO Comizio Centuriato e del Comizio Tributo
Innanzitutto il magistrato che convocava questi Comizi doveva prendere auspici e organizzare la riunione in
un giorno fasto, quindi un giorno che nel calendario fosse indicato come fasto dai Pontefici, un giorno in cui si
potevano riunire i Comizi. Poi il magistrato doveva prendere gli auspici, doveva cio assicurarsi il favore degli
Dei nella riunione del Comizio. Se i segni fossero stati favorevoli, ecco che si poteva riunire il Comizio. Se i
segni fossero stati sfavorevoli, il magistrato ne avrebbe preso atto, probabilmente si sarebbe consultato con gli
Auguri, o perch no con i Pontefici, e avrebbe rinviato il Comizio. Ora lauspicazione doveva essere effettuata
in un luogo inaugurato, in templo. Anche la riunione del Comizio doveva essere effettuata in templo in un
luogo inaugurato. Limportanza del fattore religioso! Perch anche con il Comizio riunito un segno celeste da
chiunque rilevato e notificato al magistrato presidente pu impedire la prosecuzione dei lavori: Questo tipo di
osservazione in corso di lavori, cio dopo convocazione del Comizio, quando il Comizio gi riunito, si
chiama OBNUNTIATIO Comunque, una volta riunito il Comizio, si procedeva alle operazioni di voto. Le
operazioni di voto a Roma erano effettuate secondo due modelli: il modello pi antico: il voto orale il modello
pi recente: il voto scritto. Per il modello pi antico, il voto orale, succedeva questo: che doveva essere estratta
a sorte la trib o la centuria che avrebbe votato per prima, la centuria prerogativa, veniva chiamata. Questa
estrazione era molto importante - soprattutto quando il voto era palese, quindi orale - perch succedeva quasi
sempre (questo lo sappiamo dalle fonti) che il voto espresso dalla centuria prerogativa avrebbe poi influenzato
il voto delle centurie successive. Ed ecco perch lestrazione a sorte, perch non fosse sempre la stessa! Anche
nel caso della estrazione a sorte, poteva essere rappresentato al magistrato presidente un problema di natura
religiosa. Gli Auguri avrebbero potuto riscontrare un vizio nella procedura di sorteggio e chiedere quindi

lannullamento. fonti che viene narrato di elezioni mandate a monte, di cui viene dichiarata lillegittimit a
causa di un vizio nel sorteggio della centuria prerogativa. Quindi la presenza dei sacerdoti, la presenza degli
Auguri e dei Pontefici nei Comizi era fondamentale, essenziale. Fondamentale e essenziale che lAugure o il
Pontefice fosse nei pressi del Comizio. Ci sono narrazioni che parlano di Auguri nei pressi dei Comizi, non
lontani dal luogo dove si tenevano i Comizi, perch la loro presenza era fondamentale: il magistrato poteva aver
bisogno di una consulenza ad oram cio nellimmediato, di un Augure perch si era rivelato un problema
procedurale che solo gli Auguri avrebbero potuto correttamente interpretare o i Pontefici. La presenza del
Sacerdote, in fase di Comizio, era fondamentale per questo motivo: dalle sue parole poteva dipendere la
prosecuzione dei lavori. Il voto orale si esprimeva in modo semplicissimo: cera, nel luogo dedicato alla
votazione, una specie di corridoio entro il quale entrano i cittadini (quelli che vengono chiamati oggi tornelli,
per costringere i cittadini a essere soli) uno per uno e sfilano davanti al magistrato che prende nota - attraverso
funzionari - della espressione di voto. Approvo o Non approvo, se si trattava della elezione di un
magistrato era il nome del magistrato da eleggere e via discorrendo. Voto orale controllabile. Non solo ai fini
della legittimit del voto, ma a fini politici! Il magistrato presidente era in grado di sapere esattamente chi
aveva votato per chi o per cosa. A un certo punto siamo alla fine del 3 secolo, ma inizi del 2 secolo a.C., il
voto gradualmente diviene segreto. Diviene segreto e si usano le tabelle - le schede -. Il cittadino sfila in questo
corridoio, non pi per esprimere a voce il suo voto, ma per depositare nellurna la scheda che lui nel segreto ha
compilato.
E ovvio che in qualunque momento poteva intervenire la registrazione di un fenomeno celeste o terrestre che
per poteva dimostrare la volont non favorevole della divinit alla prosecuzione dei lavori. Una volta concluse
le operazioni di voto, una volta quindi che il risultato era stato notificato al magistrato presidente, a quel punto
il magistrato presidente avrebbe dovuto indicare lesito della votazione. Per quanto riguarda lapprovazione
delle leggi era abbastanza semplice: se non avesse raggiunto la maggioranza il voto sullapprovazione, la legge
non sarebbe stata approvata e quindi era stata rigettata e non entrava nel novero delle leggi pubbliche del
popolo romano, perch il popolo romano non laveva voluta. Per quanto riguarda invece le elezioni, la vicenda
era leggermente pi complessa: perch il magistrato presidente avrebbe dovuto effettuare quella che con
termine tecnico-giuridico veniva chiamata RENUNTIATIO (pron. renunziazio), che la proclamazione degli
eletti, per semplificare con una categoria moderna. Ma il magistrato presidente aveva ampi poteri discrezionali
in questa proclamazione perch avrebbe potuto ravvisare la illegittimit della candidatura a causa di un vizio
formale, o a causa anche di una incompatibilit, non rilevata prima ma rilevata solamente dopo il voto;
insomma il magistrato presidente aveva ampi poteri discrezionali di effettuare questa renuntiatio, era lui che
controllava lesito della procedura, non solo in termini di legittimit del voto e di raggiungimento di una
maggioranza, non solo in termini di conformit al diritto sacro, ma anche in termini di legittimit delle
candidature. Un episodio servir a chiarire il tutto: la proposta di legge agraria da parte di Tiberio Gracco, fu
osteggiata da un collega dello stesso Tiberio, un Tribuno della Plebe . Tiberio Gracco partendo dal presupposto
che la legge agraria era presentata alla plebe Tiberio Gracco chiese al Concilio della Plebe di deporre Ottavio
dalla carica di Tribuno. Cos come il Concilio della Plebe aveva eletto Ottavio al Tribunato lo poteva deporre in
nome della sovranit popolare, perch Ottavio aveva messo in opera unattivit contraria agli interessi della
plebe che lo aveva eletto. l magistrato - e non solo, vedremo anche il sacerdote, e vedremo perch e come poteva convocare una assemblea popolare che non era il Comizio, propedeutica al Comizio stesso, per svolgervi
una certa attivit funzionale alle attivit comiziali. Questa assemblea, che non era formalmente un Comizio,
prese il nome di CONTIO (pron. Conzio).

CONTIO una assemblea propedeutica al comizio


La contio un particolare tipo di assemblea che deve essere convocata obbligatoriamente dal magistrato o da un
sacerdote, che viene convocata per il compimento di determinate attivit che per non sono mai di natura
deliberativa. Cio la conzione non pu deliberare.e deve essere convocata secondo determinate procedura laspetto procedurale: pu essere covnocata da un magistrato o da un sacerdote. Il magistrato che convoca la
conzione lo fa quasi sempre per finalit propedeutiche al comizio che dovr essere da lui stesso convocato
successivamente alla conzione. Le attivit propedeutiche si restringono sostanzialmente a due: la presentazione
dei candidati nel caso di successiva riunione di comizi elettorali la presentazione e discussione della proposta
di legge nel caso di successiva convocazione di un comizio legislativo. Nel 1 caso il magistrato, prima di
procedere a chiamare i comizi elettorali, e quindi dare avvio al voto delle elezioni, convoca la concione, nella
quale appunto presenta lelenco dei candidati ammessi al voto. In questa conzione i candidati hanno
lopportunit - se vogliono - di presentarsi, di parlare appunto al popolo e perorare quindi la propria

candidatura. Una volta che i candidati avevano presentato la loro candidatura, se lo ritenevano opportuno, ecco
che il magistrato chiudeva la conzione e vocava il SUFFRAGIUM, cio chiamava i Comizi al voto, quindi con
tutte le procedure necessarie per la convocazione dei Comizi. Grossomodo lo stesso avveniva nellaltro tipo di
conzioni riunite dai magistrati, cio quelli relativi alla presentazione delle proposte di legge. Solitamente
accadeva questo: che il magistrato proponente provvedeva a far affiggere nel foro le tavole con su incisa la
proposta di legge in modo che ciascun cittadino potesse leggerle, esaminarle, studiarle, copiarle. Dopo qualche
giorno lo stesso magistrato che si era fatto portatore di questa proposta provvedeva a convocare, secondo quei
formalismi minimi di cui ho parlato, una CONZIONE. Non detto che la conzione si esaurisse in ununica
giornata, potevano essere necessari vari giorni, comunque, convocata la conzione il magistrato provvedeva ad
illustrare oralmente la sua proposta di legge. Potevano iscriversi a parlare i cittadini, secondo un ordine
cronologico di iscrizione;a volta chiusa in tempi ragionevoli la discussione, anche in questo caso il magistrato
poteva: o ritirare la proposta di legge o portarla avanti secondo le procedure previste per le varie epoche per
lapprovazione delle leggi.
Con quali forme il popolo si riuniva nelle conzioni
Nella conzione il popolo non si riuniva n per centurie, n per trib, n tantomeno plebei e patrizi. Il popolo si
riuniva nella CONZIO in modo confuso, senza un ordine di centurie, di classi, di trib, di ordini. Poteva
partecipare qualunque cittadino, chiunque volesse. Probabilmente lunico vincolo era la cittadinanza, cio
solamente gli iscritti nelle trib o nelle centurie, insomma cittadini romani non privati del voto. perch la
conzione comunque non avrebbe mai provveduto a una deliberazione. Il magistrato non avrebbe mai potuto
chiamare al voto deliberante la conzione. Finita la discussione, la conzione doveva essere chiusa e quindi
doveva aprirsi il comizio - VOCARE IN SUFFRAGIUM, chiamare al voto, questa era la terminologia tecnicogiuridica utilizzata. Quindi: forme s procedure s probabilmente anche procedure di natura religiosa, quindi
diritto augurale s ma assenza assoluta di funzione deliberante. Ma questo non significa che non producesse
effetti, una conzione. Basti pensare alle candidature: solamente i candidati, la cui candidatura era stata accettata
e esposta nella conzione, potevano essere poi votati nel Comizio - solamente una proposta di legge che fosse
passata attraverso la conzione poteva essere presentata al voto dei Comizi..
ed il sacerdote che ruolo aveva?
2 casi documentati nelle fonti
1 caso: la conzione convocata dal Pontefice Massimo per la estrazione a sorte dei nomi di fanciulle entro i
quali poi il Pontefice Massimo avrebbe dovuto operare la sua scelta per reintegrare il Collegio delle Vestali.
famiglie avrebbe proposto il nome delle proprie componenti, il Pontefice Massimo avrebbe dovuto convocare
una conzione. Una conzione allinterno della quale avrebbe dovuto procedere al sorteggio. Quindi i nomi delle
fanciulle candidate sarebbero stati posti in unurna e il Pontefice Massimo, nella conzione, avrebbe estratto un
certo numero di nomi ed nellambito di questi nomi estratti che poi il Pontefice avrebbe operato la sua scelta,
avrebbe scelto cio le Vestali da nominare. E sicuro per che il diritto augurale fosse applicato al sorteggio nella
conzione, I sorteggi erano sempre tenuti in un luogo inaugurato, o perch la divinit vi potesse in qualche modo
influire o perch la divinit facesse da spettatore, assistesse. Non vi era un effetto deliberativo perch la sortitio,
cio il sorteggio non era effettuato dalla conzione, ma era effettuato nella conzione, che ben diverso. E gli
effetti di questo sorteggio, nella conzione, vincolavano per lattivit successiva del Pontefice Massimo.
2 caso di conzione riunita dal Sacerdote si ha proprio nelle elezioni dei Sacerdoti organizzati in collegio,
perch accadeva che onde provvedere alla nominatio, quindi alla nomina dei candidati eleggibili, era necessario
che i sacerdoti che volessero effettuare questa nominatio - ricordo non pi di due per ogni collegio interessato erano tenuti a farlo in una conzione. E allora ecco che, un sacerdote, probabilmente un sacerdote scelto
nellambito del collegio che magari non era interessato ad effettuare una nominatio, convocava questa conzione
e in questa conzione i sacerdoti interessati a effettuare una nominatio, cio a nominare un candidato eleggibile,
lo potevano fare, ma solamente nella conzione. Ora, anche in questo tipo di contio, avviene che lattivit che in
essa si volge vincola lattivit successiva del comizio chiamato a eleggere, perch il comizio delle 17 trib, di
cui ormai sappiamo veramente molto, non poteva provvedere alla elezione di un candidato diverso rispetto a
quelli nominati nella conzione dai sacerdoti che intendevano farlo.
Quindi vero che la conzione - qualunque essa sia: o convocata dal magistrato, o convocata dal sacerdote,
quindi con finalit diverse - non ha mai una funzione deliberante, ma non assolutamente vero - come preteso
da una parte della dottrina - che la conzione non abbia alcun effetto.Ha effetti importanti, addirittura ostativi
dellattivit successiva svolta dai Comizi, che necessariamente devono essere tenuti: - nel caso delle conzioni
convocate per finalit legislative cio per prestare una proposta di legge, - delle conzioni riunite per finalit
elettive cio per presentare la lista dei candidati, siano essi magistrati, - o la nomina di candidati al sacerdozio,
al collegio sacerdotale. evidente che il diritto divino, il diritto sacro, cos come svolge la propria influenza
giuridica nelle attivit comiziali, svolge la propria influenza, anche qui sotto il profilo giuridico, nelle attivit

pi eminentemente delle contiones, perch il diritto augurale che si applica nelle contiones - si pensi al
sorteggio delle vestali - o nei comizi - si pensi allauspicazione e allinterpretazione dei segni celesti finalizzati
alla prosecuzione dei lavori - lo stesso, il diritto augurale lo stesso e viene gestito secondo le sue regole,
conosciute ai Pontefici e agli Auguri.
SCELTA SACERDOTI NELLE COLONIE ROMANE
Lunica notizia certa che abbiamo sulle modalit di scelta dei sacerdoti, in particolare Pontefici ed Auguri, nelle
colonie romane, labbiamo da un passaggio della cosiddetta LEX URSONENSIS, che la lex data al municipio
di Urso, nellet di Cesare. Qualunque Pontefice, qualunque Augure , sar eletto e cooptato nel collegio dei
Pontefici e degli Auguri, in luogo del Pontefice o Augure morto o condannato ... e via dicendo. : I Duoviri o il
Prefetto (sono cariche magistratuali del municipio) sar opportuno che convochino e presiedano i comizi dei
Pontefici e degli Auguri che appunto provvederanno a fare, a eleggere i Sacerdoti. la elezione svolta nei
Comizi del Municipio, gli stessi Comizi che eleggono i magistrati del Municipio, e la convocazione e
presidenza di questi comizi demandata ai magistrati del Municipio.
Elementi similitudine con modello di Roma: cooptatio segue elezione comiziale, convocazione e presidenza
magistrali
Elementi difformit apparente: non presenza minor pars Anzi detto espressamente che il Comizio che
provvede alla elezione di Pontefici e Auguri nella colonia genetiva Iulia, lo stesso comizio che provvede alla
elezione dei Duoviri. A Roma il comizio delle 17 trib non un comizio che scaturisce esclusivamente dalla
necessit di creare un comizio speciale diverso dal comizio che elegge i magistrati, solo per ragioni formali, ma
un comizio diverso per ragioni sostanziali, perch lintero popolo non pu procedere alla elezione di
sacerdoti nelle colonie: il vincolo della cooptazione osservato anche nella colonia genetiva Iulia, evidente,
e quindi il fondamento dei poteri sacerdotali sembrerebbe essere dipendente dalla divinit. Ma allora perch
appare il popolo nella sua interezza a procedere alla elezione dei Sacerdoti della colonia romana? l popolo
romano la somma di parti ma sono parti del popolo anche i coloni, erano cittadini romani, I coloni potevano
partecipare al Concilio della Plebe , al Comizio Centuriato,al Comizio Centuriato, per quanto grande possa
essere quella colonia sempre la minor parte del popolo romano, non solo una parte, ma la minor parte. E allora
poco importa che al Comizio di quella colonia intervengano tutti i cittadini riuniti in tutte le trib - e non una
parte di esse - perch comunque sia i membri di quella colonia sono una parte del popolo romano e esattamente
la minor parte.
Anche i Pontefici e gli Auguri sono dei sacerdozi eminentemente romani. Il modello viene esportato anche nel
caso dei sacerdozi nelle colonie di cittadini romani. Cos i Duoviri sono come le magistrature superiori della
citt di Roma, come i Consoli, sono 2 e sono i magistrati supremi, la stessa cosa i Duoviri nelle colonie. Il
comizio che li elegge, cos come a Roma, sono le assemblee popolari che eleggono, cos come a Roma
unassemblea popolare elegge (il Comizio delle 17 trib) i Sacerdoti, anche nella colonia di Urso (la colonia
genetiva Iulia) elegge i sacerdoti. Prima la elezione e poi la cooptazione.
RELAZIONE CON LE RES a relazione che ha lintero popolo romano con le RES, diversa rispetto alla
relazione che hanno i coloni - una parte del popolo romano - con le RES, perch mentre la relazione tra lintero
popolo romano e le res caratterizzata dal fatto che le res sono considerate publicae (pron. publice), cio del
popolo romano, perch il popolo romano intero, le res per le quali i coloni hanno relazioni non sono res
publicae, ma sono res private, perch i coloni non sono lintero popolo romano, ma una parte del popolo
romano; quindi una parte del popolo romano si relaziona con res, le res delle colonie, come se queste res
fossero private e non pubbliche - la relazione diversa tra quella che ha lintero popolo romano e quella che ha
una parte del popolo romano nei confronti delle res, gli effetti son diversi, la relazione diversa.
RAPPORTO DIRITTO E RELIGIONE fino a Giustiniano
lImperatore Giustiniano volle costituire principi di questa relazione, lImperatore che ci ha lasciato la
conoscenza del diritto romano; sui testi da lui fatti approvare, da lui fatti elaborare, si riformata la scienza
giuridica a partire dallanno 1000. LImperatore Giustiniano, nellanno 535, pubblic una Costituzione nella
cui prefazione scrisse parole importanti sul rapporto tra potere civile e potere religioso , che influenzarono sia la
prte orientale che occidentale dell'emisfero terrestre. Ad esempio il testo fu considerato come un fondamento
del cearopapismo.
Prefazione Tra gli uomini vi sono dei supremi doni che Dio ha voluto dare agli uomini stessi nella sua
infinita misericordia. Si tratta del Sacerdozio e dellImpero. necessario rileggere la prefazione sotto
aspetto giuridico: Il Sacerdozio e lImpero sono doni che Dio ha voluto fare agli uomini parlar di doni un
chiaro riferimento a un istituto - quale appunto la donazione . Il donante Dio, nella sua eterna misericordia. E i

doni son due: Sacerdozio e Impero. Ecco, il donatario, sono tutti gli uomini ma la formulazione tecnica
utilizzata non aderente a quella che le fonti usano per indicare il donatario in un normale contratto di
donazione, donatario non un uomo specifico ma sono gli uomini, tutti senza distinzioni. Sacerdozio e Impero
procedono da uno stesso identico principio. senso giuridico romano. amministrando il Sacerdozio, le cose
divine, e governando invece lImpero, le cose umane
anche in Gaio troviamo il concetto del principium le cose son perfette quando si compongono di tutte le loro
parti e che la parte pi importante il principium, perch da l prende vita tutto. E allora, ecco che nel senso
giuridico romano, principium un concetto, ha un significato che si relaziona con il tempo, nel senso di inizio e
come una realt collocata nel tempo, nel senso ordine, fondamento, lorigine, sopra di cui si fondano le altre
parti di un tutto. Il principium la parte pi forte, pi potente, pi importante. Dio quindi il principium
dellImperio e del Sacerdozio, e come principium la parte pi importante, quella fondamentale, e su questo
principio si incardinano altre parti quali sono: lImpero e la potest dellImperatore la Res Publica la potest del
popolo.
FINALITA SACERDOZIO E IMPERO
GIUSTINIANO: Entrambi procedenti da unidentico e uno solo principio abbelliscono al vita umana,
accrescono la vita umana. E un altro concetto giuridico. Questo significa che la finalit generale di Impero e
Sacerdozio labbellimento della vita umana, laccrescimento del Mondo, ma la finalit specifica ed esclusiva
dellImpero laccrescimento della Res Publica. visto che allImpero la Res Publica, l'organizzazione del
popolo, stata trasmessa dal popolo, trasmissione traditio come termine tecnico-giuridico e della quale
giustiniano mette in luce 2 caratteri: la traslazione e la definitivit che sono ben tracciati nelle fonti .
Giustiniano ci dice anche quali sono le azioni che Sacerdozio e Impero devono compiere per accrescere la
vita umana: Il Sacerdozio deve Amministrare le cose divine: Le cose divine sono gi perfette di per s,
devono solo essere amministrate fra gli uomini, ma non possono essere accresciute dallattivit degli uomini.
LImpero deve governare le cose umane, indica lattivit di organizzazione, amministrazione. Del resto, nelle
fonti giuridiche sono numerosi i riferimenti alla distinzione tra divina e umana Gaio Ulpiano. anche
Giustiniano quindi la trasmissione da parte del popolo,ma il popolo romano non il solo. Vi sono altri popoli,
ecco la vita umana. Quindi una visione universale che prende atto della particolarit del popolo romano che
aspira per alluniversalismo: dallaccrescimento della Res Publica - tipica del solo Impero - allaccrescimento
della vita umana che propria dellImpero e del Sacerdozio. Questo ci fa gi capire e fra poco lo metteremo
ancor meglio in luce come Giustiniano perseguisse un disegno di universalismo

CARATTERI SACERDOZIO E IMPERO - CONSONANZIA


GIUSTINIANO quali caratteri devono possedere Sacerdozio e Impero per svolgere al meglio le proprie attivit
strumentali alle loro finalit. Con riferimento al Sacerdozio esso deve essere senza colpa e pieno di fiducia
verso Dio. La parola senza colpa richiama il concetto della imputabilit secondo la prospettiva giustinianea
della responsabilit da ricondurre sempre alla volont del reo. LImpero invece deve dimostrare diligenza e
perseguire la sua finalit specifica con rettitudine e nella legittimit. Dunque, Sacerdozio e Impero, a
immagine delle persone, quindi come se fossero delle persone, devono comportarsi secondo tali principi; e nel
solo caso del Sacerdozio si abbandona la strada dellastrazione per far emergere le persone dei Sacerdoti che
devono infatti possedere onest.
Ora Giustiniano afferma la necessit di una loro buona armonia, per lutilit del genere umano, appunto la
consonanzia. La parola consonanzia infatti traduce il vocabolo greco sinfonia e indica in senso proprio
larmonia di suoni e in senso traslato la concordia tra persone o la concordanza tra cose. Nel linguaggio
giuridico luso di consonanzia non appare prima di Giustiniano. La prima volta che noi troviamo consonanzia
in una Costituzione di Giustiniano - anno 531, con riferimento a uomo e donna. Del 533 riferimento alla
consonanzia fra Costituzioni e fra diritto civile e diritto pretorio Al 535 risale la consonanzia tra Sacerdozio e
Impero 536 la consonanzia tra cose divine e cose umane In poco meno di 5 anni dal dicembre 531 allagosto del
536 in 6 testi viene utilizzato consonanzia per esprimere concetti eminentemente giuridici. Non v dubbio che
lImperatore voleva dare a questa parola,il valore giuridico che dalle fonti fino a quel momento non sembrava
emergere. E cos proprio per far maturare il suo valore giuridico, lImperatore avvert la necessit di qualificare
il vocabolo, allo stesso modo la consonanzia divenuta bona consonanzia. esprime il concetto di sistema
giuridicamente organizzato di poteri. Strettamente connesso alla bona consonanzia, il concetto di utilit,
perch Giustiniano dice che questa consonanzia tra Impero e Sacerdozio sar utile allintero genere umano. Il
richiamo alla utilit frequente nelle fonti romane Cicerone comune utilit pubblica Ulpiano cose

pubblicamente utili. Il valore giuridico di consonanzia prende vita da un contesto romano al quale si ispeira
Giustiniano e precisamente un contesto descritto da Ulpiano descrive la tripartizione del diritto pubblico: Il
diritto pubblico consiste nelle cose sacre, nei Sacerdozi, nelle Magistrature.Il loro essere parti rivelava una
distinzione che insisteva sui fondamenti dei loro poteri: nel popolo erano i fondamenti dei poteri magistratuali,
esclusivamente divino era invece il fondamento dei poteri sacerdotali. Giustiniano avvertiva la necessit di
definire il rapporto fra questi poteri secondo chiari principi giuridici ed adattare la situazione attuale di
Sacerdozio e Impero ai principi esposti da Ulpiano che poteva per costituire un problema dovuto al fatto che
questi poteri procedevano da un solo e identico principio e avevano incomune finalit generale; quanto alla loro
distinzione essa da ravvisare nelle azioni strumentali, nei caratteri, nella finalit specifica esclusiva
dellImpero e nella legale traslazione della Res Publica al potere imperiale. E ci porta la separazione tra
persone che esercitano il sacerdozio e le persone che esercitano lImpero. Non pi distinzione, separazione.
il potere umano era posto su un livello distinto rispetto al potere divino in quanto la volont divina non si
sovrapponeva mai alla volont umana. Il carattere popolare dellantica religione romana era dato dal fatto che il
popolo entrava nei meccanismi di scelta di Sacerdoti e Magistrati: nel caso dei magistrati in modo pieno e
sostenuto dalla volont divina attraverso gli auspici, nel caso dei sacerdoti in modo parziale e estraneo al
fondamento divino dei loro poteri. Nella vocazione di Dio dellImperatore, il fondamento divino del potere si
giustapponeva sempre pi a quello umano. Il trasferimento di ogni potere: dagli uomini consociati in popolo
alla potest imperiale unitamente al riconoscimento dellorigine divina dellImpero, comportava una spinta
verso lastrazione riscontrabile nella distinzione tra impero universale e potest imperatoria nonch del
passaggio dai Sacerdoti (di cui parlava Ulpiano) a sacerdozio e Impero di cui invece parla Giustiniano. Portava
ad avvertire la necessit di ricostruire un unico sistema organizzato di poteri fondati sullo stesso
principio divino ma distinti in quanto a finalit specifica; attivit e caratteri e ancor di pi separati
quanto alle persone che lo esercitavano. Un sistema strutturato appunto sulla bona consonanzia in nome
della quale lImperatore si occupava della onest dei Sacerdoti. Si riesce comunque a vedere ancora questa
distinzione nonostante lImperatore poi avesse assunto su di s il potere civile e il potere religioso . La crisi di
questo sistema di distinzioni basato sui fondamenti popolare il fondamento del potere magistratuale,
esclusivamente divino il fondamento del potere sacerdotale, arriva a farsi acuta e irreversibile intorno al 379
d.C. quando lImperatore Graziano - cristiano - rinunciava al Pontificato Massimo. Era venuto meno il fatto di
equilibrio fra poteri nel periodo in cui deciso riconoscimento della comune origine divina di Sacerdozio e
Impero. Sempre pi gli Imperatori vivono questa vocazione divina. La distinzione sta diventando
separazione. E allora, solo il concetto di bona consonanzia poteva risolvere questa crisi e ricomporre
Sacerdozio e Impero allinterno dello stesso sistema giuridico. Come sue parti Ed cos che Giustiniano,
accogliendo la ripartizione ulpianea di ius publicum, la distinzione ulpianea tra Sacerdozio e Impero e
affinandola allinterno del concetto dellarmonia nella bona consonanzia, persegue una finalit tutta romana,
quella di un unico sistema entro il quale vivono delle parti, distinte fra loro, magari anche separate ma in
armonia fra esse. LImperatore richiedeva una bona consonanzia fra Impero e Sacerdozio e chi amministrava le
cose divine e chi amministrava le cose umane, con lImperatore come centro di garanzia, garanzia di una buona
consonanzia.

DISTINZIONE LIBERI SERVI


fonte pi importante Gaio: Una somma distinzione sul diritto delle persone questa: che tutti gli uomini
sono liberi o sono servi.
sul diritto delle persone, la distinzione quindi di natura giuridica non una distinzione naturale, cio non
una distinzione che affonda le proprie radici nella natura stessa degli esseri umani. Infatti, nel Digesto di
Giustiniano sono raccolti i passi di giuristi contemporanei e successivi a Gaio, dai quali emerge chiaramente
che la schiavit non una distinzione naturale ma una distinzione che affonda le sue radici nel diritto delle
genti. Nel diritto naturale non vi alcuna distinzione fra liberi e schiavi, tutti gli uomini nascono liberi. Ma per
diritto delle genti, quindi per una necessit legata alla convivenza tra popolo che emerge listituto della
schiavit. La condizione originaria degli uomini quindi la libert: tutti gli uomini sono liberi per natura. La
condizione derivata dalla distinzione giuridica che affonda le sue radici nel diritto delle genti quella che
appunto distingue gli uomini tra uomini liberi e schiavi.
La seconda riflessione attiene al concetto di persona: ha un contenuto giuridico. Tanto i liberi quanto gli schiavi
sono persone; e questo risente ovviamente della loro comune origine libera, la distinzione tra persone libere e
non libere. Gaio fa riferimento anche a unaltra categoria, quella degli uomini tutti gli uomini sono liberi o
sono schiavi. ci si riferisce allessere umano, non al genere maschile. Le persone coincidono con gli esseri
umani, quindi solo ad essi si pu applicare il diritto delle persone. Il vero sforzo aver raccolto nella stessa
categoria giuridica persone tanto gli schiavi quanto le persone libere. Stiamo parlando di una societ
fortemente caratterizzata sotto il profilo gerarchico. Dove anche lo schiavo era persona. Questo sforzo
compiuto anche 2 SEC non solo le persone libere devono essere considerate sotto il profilo giuridico, ma
anche gli schiavi e non solo per delineare e disciplinare la loro condizione servile ma anche per permettere ai
padroni di agire attraverso gli schiavi stessi, si passa da un periodo di grande larghezza di poteri dei padroni
sugli schiavi a un periodo pi propulsivo di utilizzazione dello schiavo a fini produttivi e quindi per lo
sviluppo.
Altra difficolt: gli schiavi, a differenza degli uomini liberi, potevano essere venduti e acquistati, come le cose
E la difficolt grossa era proprio qui: cio arrivare a concepire la possibilit di ar commercio di una persona, di
un essere umano. Ora il problema era risolto sotto il profilo giuridico, perch il fatto di poter commerciare uno
schiavo nulla toglieva alla sua individuazione allinterno della categoria delle persone, proprio perch le
persone si distinguevano in 2 grandi gruppi: liberi e schiavi, con caratteristiche proprie. Cos Gaio dice
chiaramente che gli uomini liberi si distinguono, a loro volta in uomini nati liberi e libertini, cio dovenuti
liberi. Questa una sotto distinzione che ci fa capire la gerarchizzazione del mondo romano, ci fa capire che
anche tra persone libere vi sono delle distinzioni sopratutto sotto il profilo giuridico.
Il nato libero, in quanto nato da madre libera. E una regola abbastanza semplice che pu essere poi articolata
in vario modo, con casi anche complessi, si pensi alla donna libera che diviene schiava e poi torna libera e non

si completato il periodo della gestazione del figlio. Bisogner capire se il figlio che nasce libero o meno, e si
va a vedere il momento del concepimento. Se la madre libera al momento del concepimento, anche se la
madre fosse schiava al momento del parto, il figlio libero. le regole sono articolate in modo tale da favorire la
libert dellindividuo piuttosto che la sua schiavit. Se il figlio viene concepito da donna in schiavit che
diviene poi libera ci si chiede se il figlio debba essere considerato servo o libero come la madre. Le risposte dei
giuristi indirizzano inequivocabilmente verso questo concetto di favore della libert (interesse generale), dove si
preferisce, in casi articolati, riconoscere la libert della persona piuttosto che la sua schiavit contemperando
ovviamente gli interessi dei proprietari (interesse particolare) ; Ecco il favore della libert si manifesta anche
nella estrema generosit con cui i romani privati cittadini provvedevano a riconoscere la libert degli schiavi e
contemporaneamente, in certi casi, la cittadinanza, che veniva in questo caso riconosciuta alluomo libero,
allex schiavo, indipendentemente da un intervento della pubblica autorit. Ed ecco la distinzione tra i nati liberi
e i libertini. Il libertino colui che viene liberato da una giusta schiavit e praticamente nasce una seconda
volta, ma ha una capacit ridotta rispetto agli ingenui, non ha le stesse capacit, le stesse facolt, financo gli
stessi diritti del libero nato sia sotto il profilo del diritto pubblico che del diritto privato, perch la sua libert
dipende da un atto di volont del padrone e a costui, il diritto, riconosce un potere sul vecchio schiavo, il
rapporto tra il padrone ex schiavo permangono - pi sottili, molto pi sfumate - anche dopo la liberazione,
sostanzialmente per tutta la vita. I suoi figli nati liberi, non avranno pi questi ostacoli, ma il padre continuer
ad averli, per tutta la sua esistenza, perch la sua libert dipesa dalla volont del padrone. Quello che ci
interessa piuttosto porre in risalto come la volont del dominus di procedere alla liberazione dello
schiavo sia assolutamente libera da vincoli e da condizionamenti. Lo schiavo non pu imporre al proprio
proprietario la liberazione, non pu neanche pagarla. ma sotto il profilo giuridico nulla pu vincolare il
dominus nella espressione della sua volont nella liberazione del servo. Non esiste neanche unazione
giudiziaria per la quale il dominus possa essere trascinato in giudizio per concedere la libert al servo. Esiste
unazione giudiziaria per la quale viene convocato un particolare collegio giudicante per decidere se
quelluomo debba essere o no considerato schiavo. Perch la servit deve essere iusta, nel senso pi proprio
del termine:conforme al diritto, conforme alle regole vigenti. La vendita di un uomo libero non causa di giusta
servit. La guerra, la prigionia di guerra, la nascita da madre schiava sono una giusta causa di servit.
ULTERIORE RIFLESSIONE nella summa divisio gaiana, la connotazione positiva, nel senso che la
distinzione tra le persone non tra liberi e non liberi, ma tra liberi e servi, ciascuno con le proprie
caratteristiche. Non assenza di libert a caratterizzare globalmente la condizione del servo, ma la sua
condizione di servo che perde la libert a causa di una giusta causa, per cui non esclusivamente luomo libero
che attrae su di s la regola giuridica, ma anche lo schiavo;gli schiavi acquisiranno a un certo punto una
capacit negoziale che avr dei riflessi anche nellambito giudiziale, una capacit negoziale che permetter allo
schiavo di negoziare con luomo libero e di riflettere gli effetti della sua negoziazione presso il padrone; ci
permetter addirittura al diritto di interessarsi - sotto il profilo giuridico dei rapporti tra il padrone e lo
schiavo, non solo potestativi, ma anche negoziali, commerciali e di concepire ad esempio la possibilit che il
servo contragga un debito con il padrone.
Gli schiavi fanno parte della famiglia. Nellet pi antica vivono nella stessa casa, mangiano delle cose che
sono nella casa, sar molto pi tardi tra la fine della Repubblica e linizio dellImpero che si creer uno
scollamento anche spaziale tra servi e liberi, quando Roma - grazie alle guerre di conquista - conoscer grandi
masse di schiavi portate a Roma e poi commercianti anche nelle provincie. E sar allora, con un fenomeno di
urbanizzazione spinta, si creer questo distacco tra la famiglia libera e la famiglia servile; e lo schiavo che
solitamente abitava nella casa del padrone andr ad abitare altrove, si creeranno addirittura quartieri servili, la
schiavit era diventata un qualcosa di diverso sotto il profilo sociale Ma influenzava molto il diritto -Era
un distacco anche sotto il profilo spaziale, Ma rimanevano schiavi. Tutto ci che possiede, financo le cose che
mangia, che gli servono per sopravvivere, non sono sue, ma del dominus e se lui le maneggia, e se lui coltiva, e
se lui le commercia, perch il dominus glie lo permette E tutto ci che lo schiavo acquista facendo uso di
queste cose del dominus, ritornano al dominus, sotto il profilo giuridico Allora evidente che il rapporto tra
dominus e servo un rapporto potestativo, nel senso che tutto riconducibile al potere (nel senso di propriet)
del padrone sullo schiavo. Ed ecco qui che emerge la cosa, la res, lo schiavo una persona ma essendo in
propriet di unaltra persona anche cosa, ed ecco qui la complessit della schiavit, dovuta al fatto che nei
fenomeni giuridici lo schiavo appartiene a due grandi categorie: quella della persona in quanto schiavo e quella
della cosa in quanto commerciabile, in quanto oggetto di propriet. Il dominus esercita il potere sullo schiavo,
derivantegli dalla sua propriet. ed riconducibile al termine potestativo anche il potere appunto di liberare lo
schiavo. Dominica potestas rapporti di potere.

FAMIGLIA
I gruppi primordiali, nella storia di Roma, sono da identificare con le gentes di cui non si sa molt, erano gruppi,
pi o meno organizzati, che vivevano in un determinato territorio ed in cui la comunanza di vita era molto forte.
Lelemento comunque che sembra caratterizzare queste genti lelemento collettivo, nel senso di .
Comunanza,ed in questo contesto tutti i nati erano figli di tutti. Il sangue non aveva rilievo giuridico.
Ad un certo punto nella storia di Roma, emerge un fattore nuovo il valore del sangue, della discendenza. su
questo elemento si radicher il diritto. Stiamo parlando della famiglia che i romani chiamavano proprio iure di proprio diritto, quel nucleo fondato sulla unione non solo sessuale di un maschio e di una femmina con
nascita di nuove persone e che gira intorno a un unico asse. Dal punto di vista naturale lasse formato dalla
unione tra il maschio e la femmina, dal punto di vista giuridico lasse formato dal solo individuo maschio
pater - il padre che d origine al gruppo. Ed un potere che si riflette su tutti i componenti del suo gruppo in
modo pieno ma reversibile.
Gli altri componeni della famiglia sono sottoposti al potere del fondatore.
FEMMINA La madre di coloro che nascono da questa unione pu essere o pu non essere sottoposta al
potere del fondatore maschio. Se sottoposta al potere del padre, che il marito, che colui al quale lei si
unisce, fa parte del gruppo, di quella che i romani chiamano famiglia. Ma se non sottoposta al suo potere non
fa parte di quel gruppo cui fondamentalmente ha dato anchessa origine. E un assurdo sotto il profilo naturale
ma NON sotto il profilo giuridico. Perch la differenza il potere. Cio non sei sottoposto al potere del padre
che i romani chiamano manus in questo senso non fai parte del suo gruppo, ma vivi con lui, metti al mondo i
figli con lui. Lunione del maschio e della femmina - che il matrimonio - d origine al gruppo cui viene dato il
nome di famiglia, ma solo se questa unione prevede lacquisto del potere del marito sulla moglie ecco che
anche la moglie entra a far parte del gruppo; se non sottoposta al potere del marito rimarr sottoposta al potere
della famiglia di origine, quindi del di lei padre.
FIGLI sono la conseguenza dellunione e sono sottoposti al potere PATRIA POTESTAS dellunico maschio
fondatore: il padre. Se si nasce liberi da donna libera si sottoposti alla potest del padre, se la donna non
cittadina non si sottoposti alla potest del padre perch non vale il diritto romano. I figli possono anche non
provenire dalla natura, caso delladozione che il sistema attraverso il quale procurano figli al pater per diritto e
non per natura, ma sotto il profilo giuridico non ci sono distinzioni. Questo concatenarsi di regole che porta al
sistema, fa s che vi sia la possibilit che il figlio nasca dopo la morte del padre. I figli postumi. La regola
iniziale era molto semplice: diventano liberi: se viene meno la solo persona che esercita il potere sui figli viene
meno la famiglia e c' la formazione di pi famiglie con a capo i figli postumi. E anche i figli non nati postumi,
alla morte del padre saranno liberi da quel potere Anche un infante: sar sottoposto a un particolare potere cui
si d il nome di tutela, ; avr bisogno di una persona adulta, di fiducia, che faccia per lui, fin quando non sar
completamente autonomo, ma ci non toglie che esso un pater e nessuno esercita la patria potestas su di lui.
SCHIAVI sono nella famiglia e sottoposti al potere del pater dominica potestas.
ORGANIZZAZIONE FAMGLIA E RAPPORTI PATRIMONIALI
Il vertice uno solo, il potere uno solo ed lunico che pu gestire efficientemente, giuridicamente, con
effetti giuridici, rilevanti per s, per i componenti della famiglia e per i terzi, i beni appartenenti alla famiglia;
solo il padre pu esercitare azione dal punto di vista giudiziale. tutti gli atti che si rivolgono all'esterno della
famiglia sono gestiti dal padre: acquistare a vendere, a fare testamento
Va da s che il padre di famiglia, nellesternare il suo potere, incontra altri poteri di altri padri, uguali ed
opposti. Si devono articolare in un modo organizzato, ovviamente, per la pacifica convivenza. Perch il pater
non pu imporre a un altro pater il suo potere e neppure accettabile che entrino in conflitto fra loro i poteri,
perch altrimenti la citt non andrebbe avanti, altrimenti le persone non avrebbero convivenza civile e pacifica
tra loro. E necessario che vi sia una sinfonia, anche in questo caso, fra poteri - fra i poteri dei padri.
Una gestione prevede anche dei momenti patologici, cio di scontro tra poteri perch vi sono interessi
contrapposti e nello scontro fra poteri di patres di famiglie diverse la composizione rimessa al giudizio, a un
particolare complesso di norme che organizza la citt ai fini della pacifica composizione di controversie, di
scontri. Ecco allora che si affida a una terza persona, cui si riconosce autorit e potere, lo scioglimento di
questi scontri, che solo il padre di famiglia pu instaurare, solo il padre di famiglia pu chiamare di fronte a un
giudice un altro padre di famiglia, lamentando un torto, vantando una pretesa, agendo modo sensato, secondo
ragione, nel senso che il patrimonio della famiglia non va dilapidato in modo non ragionevole, non improntato a
razionalit. Ed ecco allora che se il padre non si attiva e non attiva il proprio potere per difendere il patrimonio

famigliare pu essere rimosso dal suo potere, anche solo temporaneamente, perch ad esempio riconosciuto
incapace, pazzo, prodigo, quindi eccessivamente generoso, alla follia ed il patrinomio verr gestito dai Curatori.
Ma se fossero i componenti a uscire dalla famiglia e incontrare il potere di altre famiglie, cosa accadrebbe?
Innanzitutto occorre riconoscere che sia gli schiavi che i figli sono persone e come tutte le persone possono
relazionarsi con gli altri esseri umani, un fatto naturale sposarsi e che da questa unione nascano dei figli
Il problema sorge per per quanto concerne gli effetti giuridici di questo uscire dalla famiglia e incontrare
altre famiglie. E qui ecco che emerge la regola che fa il sistema: la regola del potere. Sotto il profilo giuridico i
figli che nascono dallunione del figlio di famiglia ricadono sotto la potest del nonno, quando il figlio di
famiglia si sposa, mette al mondo figli, non d vita a unaltra famiglia, la famiglia la stessa perch il potere
uno solo e fin quando questo potere non si estingue il figlio di famiglia sottoposto al potere del padre. Se
questo vale per i rapporti personali e famigliari vale ancor di pi nei rapporti patrimoniali. Il figlio sicuramente
pu gestire di fatto i beni del padre. E di diritto? Nel diritto civile cera una regola antichissima, tutto ci che
fosse acquistato con qualunque tipo di attivit dal figlio di famiglia e dallo schiavo entrasse nel dominio del
padre o del padrone. Lo stesso diritto civile prevedeva per che solo gli acquisti potessero entrare nel
patrimonio del pater o dominus, non anche le perdite. allora nessun avrebbe avuto interesse a relazionarsi con
un figlio o con uno schiavo, perch nessuno avrebbe avuto la garanzia che lacquisto sarebbe stato definitivo e a
riparo da rischi.

PERSONE SUI IURIS E ALIENI IURIS


Gaio,dopo aver presentato la suddivisione tra liberi e servi tratta di un'altra divisione relativa alla categoria degli
uomini liberi: sui iuris (di proprio diritto) oppure alieni iuris (soggette ad un altrui diritto).
COMPONENTI FAMIGLIA: Mentre per ci che concerne, il pater familias, la persona sui iuris per eccellenza
e che giuridicamente pu compiere tutti gli atti che le persone nel diritto romano possono compiere. Anche la
madre che stata sposata senza lacquisto della manus, quindi senza la sottoposizione al potere del marito, e
quando sia libera anche dalla potest del padre sui iuris. Tutti gli altri componenti della famiglia sono alieni
iuris gli schiavi e i figli.
DA ALIENI IURIS A SUI IURIS
E possibile per una persona alieni iuris rendersi autonoma rispetto alla persona sui iuris
MORTE lo strumento pi idoneo a questo scopo. Alla morte del pater familias, i figli sottoposti alla di lui
potestas divengono sui iuris e la moglie sposata con la manus diventa libera, ma se vivo il padre della moglie,
essa ricadr nella potest del padre. La morte del padrone di per s non conduce alla liberazione dello schiavo,
il servo passa di propriet, insieme a tutte le altre cose all'erede; per divenire sui iuris deve essere liberato: il
dominus pu , nel testamento, disporre la liberazione dei propri schiavi alla sua morte. Perch di regola, se il
dominus non dispone la liberazione dello schiavo allatto della propria morte.
EMANCIPATIO X FIGLI istituto antichissimo, risale infatti alle 12 Tavole, e costituisce una creazione
giurisprudenziale del Collegio dei Pontefici, strutturata sulla base di un antico divieto contenuto appunto nelle
12 Tavole, di vendere per tre volte il proprio figlio; come pena / punizione della mancata osservanza di questo
divieto vi era appunto la liberazione del figlio. Quindi da un istituto sanzionatorio nasce un istituto diretto alla
liberazione del figlio, attraverso delle vendite fittizie. In pratica significava che se il padre avesse provveduto a
una sola vendita, e se il figlio fosse stato liberato dallacquirente in un momento successivo, il figlio sarebbe
ricaduto nella potest del padre, perch la patria potestas non si sarebbe estinta con una semplice vendita. Lo
stesso schema si sarebbe riproposto con la 2 vendita, Ma una volta che il padre avesse venduto per la 3 volta
il figlio, costui sarebbe rimasto nella disponibilit dellacquirente il quale poteva liberarlo e questa liberazione
sarebbe stata per sempre, non sarebbe pi ricaduto nella potest del padre, ma sarebbe divenuto sui iuris.
MANUMISSIO strumento giuridico che i romani utilizzavano per liberare gli schiavi. Esso poteva essere di
vari tipi, testamento o stabilita in vita
DA SUI AD ALIENA IURIS
passaggio dalla libert alla schiavit.
Una persona pu essere fatta prigioniera in guerra e divenire schiavo. Pu trattarsi di una persona che era gi
alieni iuris (un figlio di famiglia) quindi rimane alieni iuris e diviene schiavo, quindi non pi libero; quindi
cambia la condizione della summa divisio, non quella successiva. Si pu trattare di una persona sui iuris reso
schiavo.

Persona libera sui a persona libera alieni


Persona libera sui iuris diventa alieni iuris mantenendo la libert:
la donna sposata con manus cio con un matrimonio che comportasse anche lacquisto del potere da parte del
marito,
arrogazione, speciale forma di adozione che veniva effettuata nei confronti delle persone sui iuris: mentre
ladozione che non fosse arrogazione comportava lacquisto della patria potestas su una persona che era gi
alieni iuris, nel caso della arrogazione, la patria potestas andava ad incidere su una persona che fino a quel
momento era un pater familias. E allora la citt avrebbe perso una persona sui iuris per acquistarne unaltra
alieni iuris. E ovvio che in queste condizioni la citt doveva esercitare un controllo su questo tipo di atti; e
infatti veniva chiamato il popolo a sancire queste adozioni di persone sui iuris. Quindi era un atto privato s ma
sottoposto a unapprovazione pubblica Lultimo atto che produce questo spostamento da persona sui iuris a
persona alieni iuris la cosiddetta mancipatio.

CARATTERISTICHE PERSONE SUI IURIS


Figli postumi nati dopo la morte del padre, nasce come persona sui iuris. Anche se la madre si fosse risposata
nel frattempo occorrerebbe adottarlo come arrogazione, per esercitare su di lui la patria potest.
Fanciullo, pur appena nato, e quindi incapace di fare qualunque cosa, sarebbe una persona sui iuris, un pater
familias con determinate caratteristiche, incapace di agire perch non ha le facolt richieste dal sistema
giuridico per poter gestire autonomamente i propri affari. Occorre che il sistema si occupi di lui. Qui il diritto
romano pone sostanzialmente una distinzione: in base allet.
<7 ANNI infante il sistema giuridico fa in modo che i familiari o il Pretore nominino un tutore che compia gli
atti per lui, si sostituisca, uno dei rarissimi casi nel diritto romano di rappresentanza diretta, in nome e per
conto, con una libert di manovra molto limitata per non compromettere gli interessi del fanciullo, quindi una
gestione diretta s, ma improntata esclusivamente alla conservazione del patrimonio.
COMPIMENTO 7 ANNI alla dimostrazione di una capacit di intendere e di volere il tutore non pi
rappresentante diretto del tutelato, ma lo assiste. Il tutelato compie gli atti in prima persona, gestisce il proprio
patrimonio nel proprio interesse in prima persona, ma con l auctoritas assistenza del tutore. lauctoritas del
tutore serviva al ragazzo sui iuris, per svolgere giuridicamente la propria attivit negoziale Latto del fanciullo
tutelato privo dellauctoritas del tutore appunto un atto privo di validit nel regime giuridico.
Il fanciullo deve avere lassistenza di un tutore nello svolgimento delle proprie attivit fino ai 14 ANNI finch
non dimostri di avere la capacit di metter su famiglia. In un momento successivo si ritenne che fino al 25
anno di et dovessero essere sottoposti a una sorta di curatore che avrebbe dovuto aiutarli nello svolgimento
delle proprie attivit dando loro i pi prudenti e i pi saggi consigli.
E interessante notare come avesse grande rilievo la tutela nel sistema giuridico religioso romano in quanto
addirittura vi era la possibilit di rimuovere il tutore dal proprio incarico attraverso unazione popolare.
TUTELA DONNE anche le donne erano sottoposte a tutela; ma mentre il fanciullo maschio si sarebbe
svicolato dalla tutela, grossomodo al 14 anno di et, la donna - che non fosse sottoposta ad altro potere, o
quello del padre o quello del marito - lo doveva essere per tutta la vita. Gaio dice: A causa della leggerezza
danimo delle donne, Una donna sui iuris che avesse ereditato dal padre, non avrebbe trasmesso ai propri figli
leredit, ma poteva in qualche modo - anche attraverso lo strumento della dote, o attraverso il testamento che
poteva tranquillamente fare - poteva far prendere altre strade al patrimonio famigliare. Era una finestra nel
sistema e andava in qualche modo corretta. attraverso la tutela.
PAZZI E PRODUGHI: non erano in grado - nonostante let, anche avanzata - di gestire autonomamente il
proprio patrimonio. Il pazzo, il furiosus, il malato di mente, colui che non in grado di articolare ragionamenti
nella media normalit; Anche se costui fosse stato sui iuris, un curatore in questo caso avrebbe dovuto
affiancarlo e sostituirsi, a seconda dei gradi della follia, nella gestione del patrimonio. La stessa cosa con il
prdigo, cio colui che sperperava il patrimonio famigliare in modo ingiustificato, disarticolato, irrazionale,
mettendo a rischio gli interessi della famiglia. Quindi il sistema giuridico-religioso romano poteva intorno alla
persona sui iuris che, o a motivo dellet, o a motivo del sesso, o a motivo di un vizio mentale, non fosse capace

di intendere e di volere, pi semplicemente di gestire autonomamente nella perfezione le proprie attivit.


LIBERTINO lex schiavo liberato da schiavit. Costui ad esempio aveva una limitata capacit di fare
testamento, nel senso che una parte dei beni doveva andare al suo vecchio dominus, costui non avrebbe potuto
esercitare unazione giudiziaria contro il patrono, perch farlo avrebbe dimostrato la sua ingratitudine nei
confronti di una seconda nascita Ed ecco che il libertino, avendo figli liberi, nati liberi, quindi ingenui, avrebbe
riposto nei figli quella capacit piena che lui non avrebbe mai avuto
INFAMI persone che esercitavano lavori esecrabili per la mentalit dei romani, ad esempio chi esercitasse il
meretricio o i lenoni, quindi gli organizzatori di postriboli o gli attori. Erano persone che esercitavano lavori
riprovevoli ma non tanto per il lavoro in s quanto per labitudine consumata, nella loro attivit, a mistificare la
realt, a omettere, a celare, a nascondersi dietro una doppiezza che pu essere comune a tutti, ma nel loro caso
era conclamata dallattivit che essi stessi svolgevano. Ecco allora che queste persone non potevano ad esempio
ricevere lasciti per causa di morte, quindi legati, o eredit, di persone di un certo censo, perch poteva generare
il sospetto, una liberalit nei loro confronti, che se la fossero guadagnata con raggiri, o con pressioni, o con
promesse di attivit illecite. Queste persone avevano anche una limitazione nei processi: non potevano cio
essere chiamate a testimoniare E allora ecco che gli infami non potevano svolgere queste attivit a causa del
loro lavoro.

IUS-DIRITTO E RAPPORTO CITTADINI ROMANI E STRANIERI


C una definizione di diritto, conservata nel Digesto, e appartiene al giurista Celso, della 1 et imperiale.
riportata dal giurista Ulpiano accolta da un Imperatore appunto Giustiniano,: il diritto larte del bene e
dellequo.
Il diritto unarte: nella misura in cui costituisce una esplicazione dellopera umana,
Del bene e dellequo Il diritto, come opera delluomo, disciplina la realt quotidiana degli uomini. un bene
che appartiene alluomo; ci che non bene per luomo non rientra nella definizione di diritto. Non equo ci.
che proviene da una realt esterna a quella umana, lequit una esigenza umana che viene accolta nella
definizione del diritto. E quindi il diritto tutto ci che bene per luomo, e tutto ci che deve essere ridotto a
equit.
Tutti gli uomini o una parte di essi? lessere umano qui considerato nella sua stretta entit, appunto, umana.
Questo concetto di diritto aderisce alla realt umana a 360 gradi, anche per quanto riguardail rapporto tra
romani e stranieri.
Il rpimo contattotraromani e stranieri si ebbe nell'et del regnum. Romolo, stando a quello che ci dice Livio,
avrebbe istituito il cosiddetto asilum, avrebbe dato cio lopportunit anche agli stranieir di entrare nella citt di
Roma, acquisirne la cittadinanza, indipendentemente dal loro passato. E vero che, dalle fonti emerge
chiaramente, come la prima parola che i romani hanno usato per indicare lo straniero una parola che in et
matura acquis il significato di nemico, HOSTIS e sostiuita da. Peregrinus d un senso di movimento E il
rapporto tra i cittadini e gli stranieri a Roma non un rapporto statico, immutabile nel tempo e nello spazio, ma
un rapporto in movimento, perch chi oggi straniero potr non esserlo domani. Chi oggi non ha la cittadinanza
romana, potr averla domani, acquisendola in vari modi: con la nascita, da madre romana, con i trattati, i
romani aprono sin da subito al concetto di trattato, che gestiscono ovviamente secondo un profilo religioso,
infatti il sistema romano un sistema giuridico-religioso. Sono dei Sacerdoti, i Feziali, che si occupano di
intrattenere per il popolo i rapporti con gli stranieri, perch il rapporto fra il cittadino romano e lo straniero
non pu prescindere dalla religione in quanto il cittadino romano deve agire nella realt umana senza turbare la
Pax Deorum, e i modi per turbare la Pax Deorum sono molteplici: la Pax Deorum non violata solo da
unoffesa nei confronti degli Dei direttamente, ma anche da unoffesa nei confronti degli altri uomini perch
offendendo in modo ingiusto, quindi non conforme a ius, quindi non al bene e allequit, gli esseri umani, si
possono offendere anche le divinit. Nei trattati appunto scritto quali rapporti si devono intrattenere con quel
popolo straniero Questa realt in cammino, questo rapporto in cammino tra cittadini e stranieri si riflette nel
lessico da hostis a peregrinus, e si riflette ovviamente anche nel campo del diritto. Ecco allora che ius est ars
boni et aequi applicabile a tutti gli esseri umani non solo quindi i romani. I romani per loro ritagliano una
parte di quella che concepiscono come il diritto romano, cui danno il nome, molto presto, di ius civile.
Pomponio sottolinea laspetto del diritto civile non scritto che nasce dalla interpretazione dei giureconsulti dalla
discussione nel Foro, . Papiniano scrive: Il diritto civile ci che proviene dalle leggi, dai plebisciti, dai senato
consulti, dai decreti dei principi, e dallautorit dei giuristi. Il diritto civile quindi si arricchisce di ulteriori

fonti ma non cambia nulla nel suo sostrato fondamentale; il diritto civile rimane quello applicabile
esclusivamente ai cittadini. Compone lo ius romano non solo lo ius civile, ma anche lo ius gensium, il diritto
delle genti. Abbiamo una definizione di Ulpiano Il diritto delle genti quindi come diritto delle genti umane
quando non si trovano in un territorio sottoposto al potere di Roma e si applica anch e laddove due stranieri
litighino a Roma o in un territorio sottoposto al potere politico e militare romano, Vi un ultimo segmento ed
quello dello ius honorarium, di cui ci parla sempre Papiniano,ci che i Pretori con lausilio dei giuristi
introdussero per aiutare oppure supplire, oppure correggere il diritto civile a causa di utilit pubblica. E che
matura attraverso o sviluppo, linterpretazione, di categorie e concetti dello ius gensium - la buona fede, ad
esempio
IUS HONORARIUM nel 366 a.C., il Pretore quindi amministra la giustizia non si fa molta differenza, tra
Pretori che si occupano dei litigi tre cittadini romani e litigi fra stranieri.
Ora, nel caso di litigi fra cittadini romani diritto civile basato sulle 12 Tavole e sulla interpretazione dei
giuristi. E a mano a mano che maturavano le discussioni giurisprudenziali, maturava anche il cosiddetto Editto
del Pretore il Pretore scriveva ogni anno come avrebbe amministrato la giustizia
controversie fra stranieri e fra romani e stranieri non potevano essere risolte in via di diritto civile.
Probabilmente in un primo momento il Pretore avr cercato di adattare alcune regole proprie del diritto civile a
esigenze di stranieri, avr cercato di modificare qualche regola del diritto civile applicandola al caso concreto
del litigio fra stranieri o fra romani e stranieri e in un secondo momento avr elaborato con maggior attenzione,
con maggiore esperienza regole proprie, e cos sarebbe maturato lo ius honorarium, cio il diritto basato
sullEditto del Pretore. E quindi molto probabile che il Pretore, in una parte del suo Editto, abbia inserito
regole che prometteva di applicare in caso di litigio fra stranieri. la pi equa e la pi buona possibile. .
Pomponio a causa di una gran moltitudine di forestieri che affluiva nella citt fu creato un altro Pretore,
Peregrino amministrava giustizia fra i forestieri siamo nellanno 242 a.C., Roma sta diventando un Impero
una potenza in espansione, ttraverso la violenza attraverso i commerci, attraverso il diritto Roma attrae stranieri
confrontandosi con il potere romano dovevano essere in qualche modo tutelate nei loro interessi. Ecco allora
242 a.C. in questa situazione viene creata una magistratura vecchia e nuova, vecchia perch la sua funzione e il
suo compito quello: di amministrare la giustizia nuova perch si occupa espressamente ed esclusivamente dei
litigi fra forestieri o fra forestieri e romani cui non si pu applicare il diritto civile. Il diritto che si applica lo
ius honorarium,
Ed ecco allora che il Pretore Urbano si occupa dei litigi fra cittadini che rimer con il ricorso al diritto civile e al
diritto onorario, che in grado - ricordiamolo - di aiutare, supplire, correggere il diritto civile e il Pretore
Peregrino applicher agli stranieri e a stranieri e romani, il diritto onorario del suo editto maturato attraverso
laiuto, la supplenza, la correzione del diritto civile o attraverso lo sviluppo, linterpretazione, di categorie e
concetti dello ius gensium - la buona fede, ad esempio -. Quindi ecco le regole che si applicano ai non cittadini.
Sono regole ricche delle esperienze molteplici del diritto civile, del diritto delle genti, si arricchiscono
quotidianamente della esperienza che il Pretore matura allinterno dei tribunali di fronte a nuove fattispecie,
sempre diverse, sempre pi ricche, sempre pi articolate. maturano nellEditto del Pretore.
In tutto questo discorso vanno considerati anche gli schiavi. Lo schiavo innanzitutto uno straniero che
possono per , con la libert, acquistare la cittadinanza attribuoita da un privato cittadino. Quindi il rapporto tra
cittadini e stranieri articolato anche sotto il profilo della concessione della libert La cittadinanza romana
una cittadinanza in continuo sviluppo, in continua crescita. Pomponio, parla di civitas augescens, una citt che
cresce, dal di dentro non dal di fuori. Certo, la moltitudine entra in citt, ma larricchisce dallinterno perch
nella citt vive e opera. Finanche opera giuridicamente, la tutela dei diritti degli stranieri applicata a Roma
secondo leggi non romane, ma leggi comuni a tutte le persone. Questo produce, dicevo, una certa astrazione
del concetto di Roma. Roma non solo una citt, un Impero!Lesempio di San Paolo: che era nato cittadino
romano senza aver mai visto Roma, aveva acquisito la cittadinanza con la nascita. Cosicch si poteva avere una
doppia cittadinanza, essere cittadini di Tarso ed essere cittadini di Roma; quale cittadinanza valeva di pi a quel
tempo? San Paolo evita una solenne bastonatura da parte del Procuratore romano quando viene denunciato dagli
efesini Perch cittadino di Roma. Questo il rapporto tra cittadini e stranieri, finch nel 212 d.C. Imperatore
Antonino Caracalla decide di emanare una Costituzione che concede la cittadinanza romana a tutti gli abitanti
dellImpero, tutti potevano vivere secondo le regole del diritto romano Giustiniano Impero romano coincider
con il Mondo, questo dice Giustiniano; non esistono pi gli stranieri.
PERSONE GIURIDICHE
Il percorso di maturazione un percorso molto lungo in quanto i romani non ebbero mai il concetto di persona
giuridica,La maturazione del concetto di persona giuridica per proviene dalle fonti romane.

Partiamo dal diritto contemporaneo e ci fermiamo al diritto italiano: nella Costituzione della Repubblica
Italiana, nello specifico allart. 18 si parla di libert di associazione. vecchio art. 12 del Codice Civil Le
associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalit giuridica mediante
il riconoscimento determinato dalla iscrizione nel registro delle persone giuridiche. la libert di associazione
prescinde dalla persona giuridica ma la persona giuridica non prescinde dalla libert di associazione
Il primo esempio che abbiamo di intervento del potere pubblico sulla libert degli individui di associarsi
addirittura nellet regia, quando il Re Numa volle istituire dei Collegi Professionali composti da persone che
esercitano lo stesso mestiere
Roma repubblicana non poteva che essere la negazione di questo principio. abbiamo traccia di una norma
delle 12 Tavole che si occupa della libert di associazione, I sodali sono coloro che appartengono allo stesso
Collegio. La legge attribuisce potere ai singoli di fare patti fra loro con qualunque contenuto Purch non volino
la legge pubblica. Famoso rimasto il caso dei Collegi dei Baccanali, nel 180 a.C., ., non erano proibiti questi
Collegi, solo che a un certo i magistrati si resero conto che violavano la legge perch erano sospettati gli adepti
di commettere delitti, crimini, omicidi, stupri, violenze di ogni tipo e quindi si provvide allo scioglimento.
Questa la prospettiva della Roma repubblicana, i Collegi non avevano bisogno per esistere di essere
riconosciute era sufficiente che dei singoli patteggiassero fra loro lassociazione; non era stabilito neanche il
numero, discuteva la giurisprudenza: che il numero dovesse essere dispari perch il numero dispari garantiva la
funzionalit i Comizi provvedono al voto, e il voto espressione di una maggioranza. Tali entit associative
avevano caratteristiche Disparate: erano associazioni di persone povere, c'erano associazioni pi ricche, si
associavano perchaccomunati da stesso mestiere o culto. Sotto il profilo giuridico la caratteristica era quella
che NON ci fosse scollamento concettuale tra lente i soci componenti. quindi una totale identificazione tra
lente e i suoi componenti. E questo ovviamente si rifletteva sulla organizzazione dellassociazione stessa e
soprattutto sulla gestione dei beni che sappiano erano caratterizzati dallessere considerati come una sorta di
condominio. Sul bene cio si instaurava un condominio, una comunione che rendeva partecipi della propriet
tutti i soci. E la compropriet la ovvia negazione della persona giuridica, della terziet dellente rispetto ai
suoi componenti.
In et imperiale Con Augusto le cose cambiano o perlomeno cominciano a cambiare, perch Augusto
dimostra di voler esercitare un controllo sulla libert di associazione degli individui. Lex Iulia de Collegis
imponesse un controllo da parte del Senato per le nuove associazioni con qualunque finalit, dovevano essere
autorizzate preventivamente dal Senato per esigenza di ordine pubblico, fatte salve quindi le associazioni pi
antiche, quelle testate ormai nel loro funzionamento e nella loro innocenza nei confronti del potere imperiale,
Ma ben presto questo riconoscimento, questa autorizzazione alla esistenza, assunse connotati nuovi, ben diversi
rispetto Non pi solo unattivit di controllo preventivo sulla libert di associazione, ma un riconoscimento
da parte sempre del Senato di una sorta di terziet dellente rispetto ai suoi soci. Ecco quello scollamento
concettuale tra i componenti di un Collegio e il Collegio stesso, si leggerezza in riferimenti abbastanza chiari
allappartenenza dei beni collegiali non pi ai soci come condominio, come comunione, ma al Collegio in
quanto tale.
Et imperiale si trovano epigrafi nelle quali si scrive chiaramente che la cosa di propriet del Collegio,.
I Collegi della matura et imperiale - 2 secolo d.C. - son cosa ben diversa rispetto ai Collegi che animavano le
realt associative della Roma repubblicana. La Roma repubblicana sono associazioni di povera gente. Nel 2
secolo d.C. i Collegi hanno connotati diversi emergono anche Collegi che svolgono un ruolo molto pi
connotato sotto il profilo commerciale, e sono questi Collegi che meglio rendono lidea dellinizio di questo
scollamento concettuale tra lentit e i suoi componenti. Una immagine, un rapporto visivo con questa nuova
realt la si pu avere nelIl Piazzale delle Corporazioni di Ostia sui quattro lati di questo piazzale sono collocati
piccoli ambienti a catena che erano adibiti a rappresentanze commerciali di associazioni di mestiere che
riunivano persone che esercitavano mestieri redditizi, quindi non pi povera gente ma collegi ricchi. La
ricchezza, non solo finanziaria ma anche di rapporti e di traffici, dimostrata da queste associazioni produce una
spinta, unaccelerazione ulteriore verso la maturazione di questo concetto di terziet tra lente e i suoi
componenti. Questo vale soprattutto per un particolare tipo di societ: la societ di pubblicani. Una
caratteristica della societ romana quella di non essere terza rispetto ai soci che la compongono.
Il Collegio rappresentato in giudizio non rappresentata dai suoi organi, ma da da una persona che ha
il potere di farlo perch sono i soci che lo investono di questo potere, ma lui non rappresenta i soci,
rappresenta il Collegio in quanto tale, in quanto terzo rispetto ai soci. La societ eisste solo per i soci non,
esite il socio che ha gestito un affare per il quale si rende ecessaria un'azione giudiziaria. Pensiamo ad un
inadempimento di unobbligazione da parte di un socio, viene chiamato in giudizio il socio che ha contratto. In

alcuni casi per nel diritto romano avvertita la necessit di creare intorno a determinate societ un concetto
diverso rispetto a quello del modello di societ dominante,per cui la societ terza rispetto ai suoi
componenti perch necessario individuare sempre correttamente il responsabile della societ al fine di
garantire ladempimento delle obbligazioni. Si tratta delle SOCIETA DEI PUBBLICANI. I pubblicani
erano persone che godevano di una certa mobilit finanziaria mettevano in comune i propri beni attraverso la
stipula di un contratto di societ per partecipare a gare di appalto che prevedevano la gestione di opere e servizi
talmente maestosi da non poter essere garantiti dal capitale di una sola persona. c'era la necessit per di
riconoscere in qualunque momento i componenti e i responsabili, senza dover inseguire i soci contraenti, che
magari potevano cambiare di volta in volta e potevano essere utilizzati dei prestanome, che non avrebbero
garantito il popolo romano di fronte a un eventuale inadempimento. Perch la societ era terza nella misura in
cui in giudizio sarebbe stato citato il socio magister, in rappresentanza degli altri. La societ quindi aveva un
suo capitale, rispondeva con il capitale della societ, rispondeva con i beni che i soci avevano conferito
nella societ. Quindi non rispondeva il socio contraente con il proprio patrimonio, ma rispondeva la societ in
quanto tale con il patrimonio conferito dai soci. E una figura che troviamo oggi nella categoria delle persone
giuridiche,
vi sono altre figure incui si sviluppo questo scollamento, ad asempio nelle citt. Qui adesso affrontiamo il
discorso sotto il profilo della terziet tra la citt e i suoi abitanti. Per molto tempo questa terziet non si
avvertita tanto che i beni erano beni privati, non erano beni pubblici. In et imperale matura, 2 - 3 secolo
d.C., a concepire i municipi, le citt, come terzi rispetto ai suoi abitanti.
Un altro discorso che viene fatto dalla giurisprudenza romana in relazione a questi concetti attinente alla
Eredit giacente.leredit che non ha pi un proprio referente nella misura in cui non stata accettata ancora
dallerede ma non c pi neanche il de cuius .E uneredit che quindi stata delata ma non stata ancora
accettata, giacente. E il problema era quello di imputare incrementi e decrementi. Al de cuius o allerede
futuro? Due persone che non esistono. Il de cuius non esiste proprio pi in vita, lerede non esiste nella misura
in cui non ha ancora accettato, E allora i romani cominciano a ragionare e arrivano a soluzioni diverse a
seconda delle epoche, si arriva a pensare di addossare al de cuius incrementi e decrementi, fingendo che sia
ancora in vita, si arriva ad addossare allerede incrementi e decrementi una volta che abbia accettato, taluno
addirittura immagina che debba essere leredit giacente a sopportare decrementi e incrementi perch da
considerare come se fosse una persona. Non avendo intenzione di risolverla una volta per tutte, ecco che - di
volta in volta - dovevano affrontare il problema. E anche il peculio costituivaun problema sotto questopunto di
vista: Era una parte del patrimonio del padrone che il padrone stesso affidava in gestione al proprio schiavo o il
padre di famiglia affidava in gestione al proprio figlio. Il peculio rimaneva in propriet del Dominus, o del
pater, a seconda dei casi, il figlio o lo schiavo non avevano n la propriet n il possesso, non potevano, erano
persone alieni iuris, ne avevano la gestione; ma in qualunque momento il Dominus o il pater avrebbero potuto
riappropriarsi del peculio, confonderlo con il patrimonio personale. Gli incrementi e i decrementi del peculio a
chi dovevano essere attribuiti? Al Dominus, al servo o al peculio stesso?
Sono queste le basi sulle quali la scienza giuridica nei secoli ha lavorato per dare una risposta unitaria al
problema dello scollamento tra lentit e i suoi componenti. Un primo passo fondamentale verso questa
soluzione unitaria, che i romani non diedero mai, si realizza nel Medioevo, ad opera di un canonista Innocenzo
III - Sinibaldo De Fieschie, fu anche Papa, che ragionando sul corpo mistico della Chiesa, sul corpo di Cristo e
sullo scollamento tra i fedeli che compongono il popolo della Chiesa e lEcclesia intesa come istituzione
arrivava a dare una risposta che molto si avvicinava alle soluzioni moderne. Uno scollamento inteso come
categoria. Fu la pandettistica tra fine del 700 e 800 a elaborare il moderno, contemporaneo concetto di persona
giuridica, e lavorando sulle fonti romane. Quello che i romani non riuscirono mai a fare e cio creare la
categoria della persona giuridica - in tutti i casi in cui esseri umani danno vita a entit diverse da quelle
umane che quindi si fondano su unaggregazione umana, ecco che si ha uno scollamento concettuale tra lentit
e i suoi componenti ed ecco che, a queste situazioni tutte si pu applicare il concetto di persona giuridica, una
maschera che distingue chiaramente e nettamente i componenti dallente cui essi danno vita. Una persona
giuridica per che in questo inizio di millennio entra in crisi per gli stessi motivi per cui i romani non avevano
provveduto alla creazione di una categoria perch lessere umano, per quanto sviluppato possa essere il suo
senso di astrazione, a un certo punto avverte il bisogno di concretezza.

LE AZIONI GIUDIZIALI
partizione Gaio: persone, cose,azioni
La pi antica forma di processo che conosciamo impermeata sulle LEGIS ACTIONES - Azioni di legge.
Che non superarono mai il numero di 5, basate su uno schema immutabile, su rigido formalismo, che veniva
pronunciato dalle parti processuali al fine di perfezionare lesercizio dellazione. Ogni legis actio aveva le sue
caratteristiche e aveva un fascio di diritti da tutelare. Si distinguevano in 2 grandi gruppi:
le legis actiones dichiarative; la cui funzione era quella di dichiarare lo ius.
le legis actiones esecutive.utilizzate per dare esecuzione alle sentenze emanate a seguito dellesercizio di legis
actiones dichiarative
AZIONI DICHIARATIVE: 1. legis actio sacramenti 2. postulatio 3. condictio
1. La legis actio pi antica la LEGIS ACTIO SACRAMENTI. si basava essenzialmente su un giuramento
IL SACRAMENTUM : le parti cio giuravano che avrebbero pagato allerario una certa somma di denaro se
non fossero riusciti a provare il loro buon diritto.
2 forme di sacramentum: il sacramentum in rem il sacramentum in personam.
Mentre le azioni in rem erano quelle azioni dirette alla rei persecuzione cio al riottenimento, alla riconsegna di
una cosa, e pi genericamente al riconoscimento di un diritto reale, le actiones in personam erano invece quelle
azioni intentate da una persona contro unaltra persona al fine di far riconoscere lesistenza di unobbligazione
fra le parti, per cui una potesse dirsi a buon diritto creditore e laltra debitore.
Il cuore della legis actio era appunto il sacarmentum, nella misura in cui dopo aver avviato il giudizio, di fronte
al magistrato dotato di giurisdizione,a Roma di regola il Pretore, le parti si sfidavano a questo sacramentum. Il
valore del sacramentum variava a seconda del valore della res controversa:inferiore ai 1000 assi il sacramentum
avrebbe avuto un valore di 50 anni, pi di 1000 assi, 500 assi. Somma fissa quindi, dipendente dal valore della
controversia. Nella legis actio sacramenti in rem, accadeva che colui che voleva riottenere la cosa chiamava in
giudizio chi, a suo dire, la possedeva illegittimamente e dichiarava la sua propriet sulla cosa. Lo stesso
atteggiamento, le stesse dichiarazioni pronunciava la controparte, tanto che si arrivati a considerare come
questo particolare tipo di procedimento non fosse strutturato in un attore e in un convenuto, ma
sostanzialmente in 2 parti uguali e contrapposte fra di loro. Negli altri casi di legis actiones, vi era invece
sempre un ACTOR e un REUS, un attore colui che agiva,e un convenutoolui che negava la pretesa dellattor; .
Esaurita con il sacramentum la fase di fronte al magistrato giusdicente, le parti si riconvocavano nel Tribunale
e, passato un certo numero di giorni, perch il magistrato giusdicente concedesse loro il giudice che avrebbe poi
emanato la sentenza e che era un privato cittadino investito del potere di emanare la sentenza dal Pretore
giusdicente. La prima fase era detta FASE IN IURE. La seconda fase era detta APUD IUDICEM.
2. La 2 legis actio in ordine di tempo, dichiarativa LA POSTULATIO. Consisteva nel fatto che lattore

chiedeva al magistrato giusdicente la fissazione di un giorno determinato per lassegnazione di un giudice


privato che sentenziasse su cause particolari cio cause in cui si chiedesse il riconoscimento di una obbligazione
scaturente da una STIPULATIO. Anche in questo caso vi era la distinzione tra fase IN IURE e fase APUD
IUDICEM, con il giudice che avrebbe emanato la sentenza.
3. Lultima legis actio dichiarativa LA CONDICTIO fattispecie molto simile a quella della postulatio, perch
lattore anche in questo caso chiedeva al Pretore lassegnazione di un giudice che riconoscesse la stipulatio, ma
da altre fonti
AZIONI ESECUTIVE: 1.addictio-2.apprensione di un pegno
1. la pi antica ADDICTIO. Esse si svolgevano IN IURE, la fase APUD IUDICE non era prevista, e infatti
erano solo esecutive, non erano dichiarative. A seguito di una sentenza dichiarativa, il creditore non avendo
avuto entro un determinato periodo di tempo soddisfazione dal debitore - riconosciuto tale - poteva trascinarlo
fisicamente davanti al Pretore e dichiarare davanti al Pretore lesistenza di questa obbligazione e lammontare
del debito . Verificata sommariamente la pretesa del creditore il Pretore concedeva un certo numero di giorni al
debitore perch trovasse di che pagare il debito. In questo periodo di tempo (30 giorni) il debitore poteva fare 2
cose: o cercare di pagare oppure poteva cercarsi un garante VINDEX, cio una persona della stessa
condizione sociale che garantendo per lui avrebbe riaperto il giudizio, avrebbe cio trasformato il giudizio da
esecutivo in dichiarativo. ma avrebbe subito lui le conseguenze di una sconfitta. Non trovando un vindex, e non
avendo neanche di che pagare, trascorsi questi 30 giorni, il debitore malcapitato sarebbe stato ADDICTUS da
parte del Pretore al creditore il quale avrebbe potuto trarre in prigionia il debitore addictus, portarlo con s,
dove meglio gli aggradava, farlo vivere a pane e acqua, incatenarlo persino, portarlo a 3 mercati consecutivi
per dichiarare la consistenza del debito, dare pubblicit alla vicenda. Trascorsi 3 mercati consecutivi, senza
buone notizie per il debitore addictus, la sua sorte poteva essere duplice o triplice; sicuramente poteva essere
venduto come schiavo, ma al di l del Tevere, quindi fuori dal territorio romano ,oppure ucciso.
2.apprensione di un pegno. La dazione di una res come garanzia delladempimento di unobbligazione che
avveniva appunto attraverso una forma processuale qualera la legis actio. Era utilizzata soprattutto nei
confronti gestiti dai publicani. Il publicano poteva prender pegni attraverso le forme della legis actio pignoris
capionem. Siamo gi in una fase pi avanzata del diritto, perch mentre laddictio si riflette sulla persona del
debitore, rendendolo addirittura un semi-asservito al creditore , la pignoris capio invece concerne le cose,
quindi non si riflette il potere del creditore sulla persona del debitore, ma su un suo bene. E sicuramente un
diritto pi sviluppato nel senso della patrimonialit.
PROCESSO FORMULARE
Forma di processo civile che segue al regime delle legis actiones e che durer molto tempo in quanto
affacciatosi nei Tribunali romani tra il 3 e il 2 secolo a.C., e affermatosi come forma esclusiva tra la fine del
1 secolo a.C. e inizio del 1 secolo d.C.; durer fino al 4 secolo d.C. quando verr definitivamente abrogata.
Si fondava su un numero elevatissimo di formule processuali: ad ogni diritto corrispondeva pressoch una
formula. E evidente che il sistema si prestava a concetti molto pi elastici e al passo con i tempi, rispetto la
procedura per legis actiones perch nuovi rapporti, nuovi negozi in qualunque epoca fossero sorti, avrebbero
trovato nel processo formulare la loro disciplina, la loro sistemazione, la loro tutela in dipendenza della
invenzione di una formula intorno ad essi.
La figura centrale il Pretore con il suo potere di IUS EDICERE cio di emanare editti. Il Pretore, che era
gi presente nel processo per legis actiones, si svincola dalla rigidit delle forme e da semplice spettatore nella
fase IN IURE nel procedimento per legis actiones, dove sostanzialmente assisteva ad atti recitati, compiuti
dalle parti, valutandone la corretta lettura e la corretta applicazione, nel processo formulare diviene un
protagonista che individua lo strumento giuridico migliore per le pretese dellattore e le contropretese del
convenuto.
Il Pretore ascoltava l'attore ma anche il convenuto cercando appunto di capire quale fosse il rapporto sostanziale
fra i due e quali fossero i diritti in campo. Una volta che aveva - o credeva di aver capito - cosa era avvenuto e
quali erano le pretese dellattore e le difese del convenuto, individuava la norma processuale pi consona al
caso concreto (i romani usano delle espressioni per indicare lattivit svolta dal Pretore nel processo formulare
IUDICIUM DARE concedere il giudizio), la indicava nel suo Editto e la proponeva allattore e al
convenuto che lavrebbero prodotta come tale al giudice privato su questa formula si basasse per emanare la
sentenza una volta valutate le prove prodotte dalle parti (fase APUD IUDICEM - IUDICARE IUBERE ordinare al giudice di emanare la sentenza). Il giudice privato veniva investito dal Pretore del potere di
giudicare, ottemperava all'ordine del pretore, all'ordine di giudicare. In questo modo con IUDICIUM DARE e
IUDICARE IUBERE si chiudeva la fase IN IURE del processo formulare. Chiusa la fase IN IURE, si

procedeva alla fase APUD IUDICEM, e il momento di transito i romani lo identificavano con la cosiddetta
LITIS CONTESTATIO la contestazione della lite, nella quale appunto avveniva formalmente la trasmissione
della formula al giudice e lordine di giudicare. Con la fase IN IURE nasceva sostanzialmente e giuridicamente
lobbligo delle parti di sottostare al contenuto che avrebbe avuto la sentenza. I romani sintetizzavano questo
obbligo con lespressione CONDENNARI (essere condannato) OPORTERE (esprime il senso del dovere
giuridico, dellobbligazione) Quindi OBBLIGARE AD ESSERE CONDANNATO. Si apre una nuova fase
nella quale si giudicher non pi sulla base di quello che le parti pretendono, ma sulla base di quello che stato
scritto, e quindi contenuto nella formula. Si potranno valutare le prove davanti al giudice, si potr dare un
peso specifico a ciascuna prova, ma ci che cristallizzato nella formula non potr essere revocato.
Con la concessione dellazione della formula, poteva intervenire sul diritto civile creando un nuovo diritto che
appunto il diritto Pretorio, detto anche IUS HONORARIUM.
Tipi di azioni:
1.azioni utili, cio il Pretore facendo ricorso alla sua IURISDIZIO, al suo imperium poteva adottare azioni
civili, nate ad esempio da una lex, estendendone la portata a fattispecie che a rigore non sarebbero state
comprese in quellazione.
2.FORMULE FITTIZIE zioni in cui viene posta una finzione al fine di dare tutela a vicende non protette dal
diritto, in modo analogo a come vicende simili sono tutelate invece dal diritto civile. Esempio: Lactio
publiciana, azione che permette al Pretore di tutelare la posizione del possessore di una res mancipi quando
labbia acquistata attraverso uno strumento non idoneo a trasferire il dominium ex iure Quiritium, purch ne
abbia pagato il prezzo e sia in buona fede.
3.AZIONI IN FACTUM, fondate non su un presupposto di diritto ma su un presupposto di fatto. Queste azioni
non erano basate su un presupposto di diritto, perch non esisteva una regola del diritto civile tale per cui questi
atteggiamenti erano vietati e repressi, esisteva un ordine pretorio, cio unazione pretoria che portava alla
repressione di un comportamento siffatto ma non sulla base di una regola di diritto civile ma esclusivamente
come regola del diritto pretorio e quindi sotto forma di fatto. Esempio: azioni del contratto di deposito: Se
appare che .. ha depositato una mensa dargento presso ..., e quella mensa con dolo non stata restituita, giudice
condanna a pagare ad AULO AGERIO, tanto denaro quanto ne vale la mensa, se non appare assolvi.Il giudice
deve verificare due presupposti: che vi sia stato il deposito e che dolosamente il depositario non labbia
restituita al depositante. E evidente che si tratta di una formula in factum perch in nessun punto della formula
si richiama il dovere giuridico di restituzione. Si tratta allora di un negozio giuridico non del diritto civile ma
nato nella pratica quotidiana e tenuto in considerazione da parte del Pretore.
4.giudizio DI BUONA FEDE, considerata - in et storica - un istituto del diritto civile. Esempio deposito nato
come presupposto di fatto con la buona fede entra nel diritto civile: Poich A ha depositato presso B, B
tenuto a dare e fare ad A sulla base della buona fede, il giudice condanna se non restituisce, se ci non appare,
assolvilo.

EDITTO DEL PRETORE


PREMESSA sul concetto della certezza del diritto, con specifico riferimento al diritto romano. Per fare questo
necessario prendere come riferimento la prima esperienza complessa, articolata e sistematica di diritto scritto
che incontriamo nella storia del diritto romano, la legge delle 12 Tavole sono una legge, approvata infatti dal
popolo - riunito nei Comizi Centuriati, nel 450 a.C. e che costituiscono una espressione della societ entro la
quale esse sono state approvate - la societ romana quindi del 5 secolo a.C..
Sono punto nella misura in cui i privilegi che appaiono nelle 12 Tavole sono quelli fissati in quel tempo, sono i
privilegi dei patrizi e in quanto sono presenti norme che appalesano nuove conquiste politico sociali, sono
frutto di lotte decennali; sono punto di partenza in quanto organizzazione del diritto stesso, il diritto si

esprime per iscritto e soprattutto ha una nuova logica che fino a quel momento evidentemente non era sentita
cos pressante, qual era appunto quella di avere certezza del diritto, nel senso di conoscenza del diritto stesso.
Fino a quel momento c'erano i mores erano una tradizione orale rimessa alla buona memoria e alla buona
organizzazione di chi doveva effettuare questa tradizione, che si tramandava probabilmente nellambito dei
collegi sacerdotali, di anno in anno. Nel momento in cui la societ - siamo appunto alla met del 5 secolo avverte come non pi procrastinabile lesigenza di vivere secondo un diritto certo nel senso di un diritto
conoscibile, ecco che allora matura lidea di dare vita a un sistema di norme posto per iscritto e soprattutto
pubblicato, cio reso pubblico e quindi noto a tutti. Lorganizzazione del diritto, che appare allinterno delle 12
Tavole, che appunto sono un sistema organizzato di norme, il punto di partenza del diritto privato romano e
non solo. ma la certezza del diritto ha doppia valenza, una valenza di conquista, laddove non esisteva prima,
ma contemporaneamente una prigionia della stessa organizzazione del diritto.
Ora, tutte le societ mutano, con il tempo sotto vari aspetti, sociali - politici - economici. E evidente che la
pretesa di ingessare lorganizzazione del diritto, allinterno di una legge emanata in un certo periodo per
obbedire a certe logiche, con la pretesa della immutabilit, non poteva essere considerato un atteggiamento
perseguibile da una societ in continuo sviluppo, qual era appunto quella romana. Si avverte presto, molto
presto, una esigenza di nuove regole; le 12 Tavole sono una legge che espressione di una societ con
determinate caratteristiche, le caratteristiche della met del 5 secolo: un popolo di agricoltori e di pastori, un
popolo in cui le relazioni con lesterno erano piuttosto ridotte. Sono regole che non si adattano ai nuovi rapporti
(nascono le fmaiglie) e alle nuove figure elaborate nella pratica quotidiana dei mercati, dei commerci. E il
diritto civile non aveva risposte a tali mutamenti, occorre trovare gli strumenti giuridici necessari per registrare
il cambiamento e per governare il cambiamento.
Attraverso la legge: strumento giuridico di grandissima importanza ma prevedeva una procedura particolare,
prevedeva accordi, e non era sempre semplice mettere daccordo tutti. Occorrevano strumenti agili, rapidi, che
fossero in grado di dare una efficace risposta giuridica immediata a problemi immediati.
Lo strumento migliore era il diritto pretorio, il cui strumento processuale era lEditto.
Il Pretore - il Pretore Urbano dal 366 a.C. e anche Peregrino dal 242 a.C. - erano i magistrati giusdicenti di
Roma, cio magistrati che dovevano amministrare la giustizia. Il Pretore Urbano tra cittadini - il Pretore
Peregrino fra cittadini e stranieri o fra stranieri. Molto presto, nel Tribunale del Pretore, matur luso di
pubblicare allinizio della carica, un Editto nel quale il Pretore esplicitava come avrebbe amministrato nel suo
anno di carriera, la giustizia. LEditto sostanzialmente un libricino, allinterno del quale il Pretore indica le
formule giudiziarie che il Pretore prometteva di concedere ai cittadini, cosicch quando il cittadino ritenesse di
dover ricorrere al giudice per dirimere una controversia, doveva trovare nel libricino lazione che pi rispettava
le sue pretese. Leditto era probabilmente strutturato in modo organizzato, esso si articolava a seconda dei
caratteri delle azioni in esso poste, quindi si potevano trovare formule in factum, formule in ius, formule fitticie,
formule arbitrarie, formule petitorie, ecc. ecc., ognuna con le proprie caratteristiche, in riferimento ovviamente
ora alle res ora alle persone.
E ovvio che i primi editti contenevano poche formule e che il resto fosse tutto un rimando a leggi, al diritto
civile,col tempo per il Pretore dimostr di avere una grande capacit di registrare i mutamenti, le istanze
sociali, e grazie alla sua opera quotidiana di amministrazione della giustizia che lo poneva come un osservatore
privilegiato, facendo uso del suo potere che era proprio limperium inserisce allinterno dell'editto nuove regole
al passo coi tempi, ogni Pretore avrebbe potuto cambiare lEditto emanato lanno precedente dal collega,
perch era libero.LEditto era uno strumento molto agile di governo del quotidiano, attraverso il processo,
perch ogni anno poteva mutare.
Ma la tendenza alla conservazione - che era tipica dei romani - evitava che vi fossero stravolgimenti eccessivi
nellEditto. Si veniva creando insomma allinterno dellEditto un nucleo fondamentale di norme (Editto
Tralaticium che poteva comunque essere mutato) che si tramandavano, di Pretore in Pretore, quindi accettate da
anni e testate che potevano esseremodificate solo in caso di superamento delle stessa dovuto al mutamenti
sociali economici o politici. Nel lessico giuridico il concetto di Edittum Perpetum, editto immutato e
immutabile che per intero si tramandava di Pretore in Pretore.Vi era poi Editto Repentinum che con il tempo si
arricchiva di nuove parti.
E ovvio che gli interventi alle origini erano molto pi massicci, e di anno in anno erano sempre meno forti, fino
ad arrivare appunto allinizio dellet imperiale in cui lEditto risponde comunque alla esigenza di certezza del
diritto e soprattutto costituiva lo strumento migliore per governare i mutamenti in quanto strumento giuridico di
grande agilit, che veniva composto non a seguito di procedure farraginose, o complesse, ma a seguito delluso
dellimperium da parte di un Pretore.
Il Prerore che non essendo un magistrato di carriera,quindi non essenso esperto di diritto, si avvaleva del
Consiglio di Giuristi al quale chiedere aiuto per lamministrazione della giustizia. Era formato in buona misura

da giuristi che prestavano la loro opera per indirizzare leditto verso le soluzioni migliori (quelle pi eque,
quelle pi conformi) sotto il profilo giuridico. Il rapporto quindi tra lo ius honorarium e la giurisprudenza
si giocava allinterno dellEditto, la giurisprudenza, lavorando in questo modo sullEditto raggiungeva risultati
sorprendenti che permettevano quindi al Pretore di elaborare costantemente il diritto adattandolo a tutte le
esigenze. Ed ecco allora che le vecchie norme delle 12 Tavole non avevano bisogno di essere abolite, avevano
bisogno solo di essere aggiornate.
Il modus operandi attraverso il quale i Pretori operavano e intervengono sullo ius civile ce lo descrive
Papiniano, giurista della fine del 2 secolo d.C. parlando dello IUS PRETORIUM o IUS HONORARIUM, dice:
Il diritto pretorio quello che introdussero i Pretori per aiutare, supplire, o correggere il diritto civile, ai
fini di utilit pubblica. Questi tre verbi: aiutare, supplire, correggere sono autorizzati dalla utilit pubblica,
per finalit di utilit pubblica, che la giustizia del caso concreto. E il richiamo alla equitas che il Pretore
realizza in questo modo, intervenendo sul diritto civile, aiutandolo laddove necessita, supplendo le sue carenze
laddove il diritto civile non arrivato, o correggendolo laddove il diritto civile non pi applicabile perch
iniquo, laddove sono cambiati i tempi ed il contesto . Il Pretore prende atto dei mutamenti e riversa gli effetti
dei mutamenti, filtrati attraverso la visione della giurisprudenza, sul diritto civile. E la equit cui si richiamava
Celso che precede Papiniano nella definizione che questi dava di IUS: il diritto larte del bene e dellequo. E
allora il Pretore, nellesercizio di questa arte del bene e dellequo, riduce a a equit ci che era diventato iniquo.
Esempio danneggiamento: aiutare: prescrizioni della Lex Aquilia, non erano abbastanza chiare e non erano
sufficienti per le nuove fattispecie che si erano venute realizzando
Esempio azioni fittizie:supplire: alle carenze del diritto civile
esempio figli emancipati: correggere per rimuovere cause di iniquit, non potevano succedere al padre Era
necessario quindi, da una parte ammettere il figlio emancipato alla successione paterna - per motivo di equit ma sempre per motivo di equit era necessario bilanciare gli interessi dei fratelli che erano rimasti sotto la
potest del padre fino alla di lui morte.
I romani hanno unaltra idea del diritto, del diritto sostanziale e del diritto processuale, che non sono distinti, n
tantomeno separati, ma sono perfettamente coesi fra loro. Nel senso che non nasce prima il diritto sostanziale e
poi viene tutelato attraverso la norma processuale. Ad esempio Il deposito nasce nella pratica quotidiana, viene
valutato e ritenuto degno di protezione giuridica dal Pretore, che lo include nel suo editto e lo tutela in via
processuale. E allora ecco il rapporto che c fra IUS CIVILE e IUS HONORARIUM. E ovvio che quando a
un certo punto, nella storia di Roma, venne meno il Pretore e la novit dellEditto e tutto venne assorbito
allinterno del potere imperiale, ovvio che in queste condizioni la distanza tra diritto civile e diritto onorario
doveva cadere.

REI VINDICATIO
La rivendicazione della res da parte di chi ritiene di essere proprietario. Il proprietario agisce quindi non tanto
per il riconoscimento del proprio dominium, perch quello il presupposto, ma lobiettivo immediato che
persegue attraverso questa azione il reivindicante, il recupero di un possesso perduto quando questi voglia
reintegrare il possesso con la propriet.
Legittimato attivo, allora chi vanti la propriet solamente chi ritiene di essere proprietario.
La legittimazione passiva: nei tempi pi antichi si riteneva che legittimato passivo dovesse essere il possessore

ad interdicta, cio colui che aveva uno stato di appartenenza pari al possesso tutelabile attraverso gli interdetti
possessori, in et pi sviluppata legittimato passivo non chiunque avesse la cosa con s. Quindi non tanto il
possessore ad interdicta, quanto piuttosto chi in base al proprio possesso, aveva lo ius restituendi, solo coloro
che avrebbero potuto restituire il possesso della cosa, potevano essere chiamati in giudizio con la rei vindicatio.
La rei vindicatio viene svolta a Roma secondo le varie forme processuali che si susseguono nel tempo: 1.legis
actio sacramenti in rem 2. formula petitoria - 3.cognitio extra ordinem
1.forma pi antica la legis actio sacramenti in rem. caratteristica fondante il sacramentum. Non siamo di
fronte ad un attore e a un convenuto, ma a due avversari, posti sullo stesso piano, perch ambedue effettuano la
stessa rivendicazione in modo uguale e contrario, luno nei confronti dellaltro, vantano lo stesso diritto sulla
cosa, la stessa propriet. Non essendo la propriet duplice, in questo caso un unum dominium, e va da s che
uno dei due non il proprietario. E proprio questo si tende a stabilire, chi dei due sia il proprietario e quindi a
reintegrare nel possesso il legittimo proprietario. Il Pretore ordinava, ad entrambe le parti, di lasciare la cosa
perch doveva stabilire a chi dei due concederla provvisoriamente,cio a chi dei due cio concedere il possesso
interinale. Questo avveniva perch era necessario che una delle parti prestasse garanzia al fine
delladempimento della sentenza, non potendo concedere il possesso interinale a tutte e due le parti, al fine di
avere garanzia da ambedue, doveva concederlo a chi apparentemente sembrava godere del miglior diritto, o
forse a chi sembrava dotato di maggiori mezzi. Quindi la sentenza non poteva vincolare a una restituzione che
non poteva essere effettuata forzosamente, ma il vincitore avrebbe avuto soddisfazione verso i predes, qualora il
soccombente avesse materialmente restituito la cosa controversa
2.nellultimo secolo della Repubblica, si venne affermando una formula cosiddetta petitoria, la formula di
richiesta, da petere - chiedere, che aveva questa struttura se appare che la cosa di cui si tratta sia di..in virt
del diritto dei quiriti e non sia stata restituita condanna a pagare tanto denaro quanto ne varr la cosa, se non
appare tu giudice, assolvi. E una formula petitoria, basata su un presupposto di fatto ma su un presupposto di
diritto, il dominium ex iure Quiritium. Se la prova riesce, ecco che appare l'obiettivo dell'attore, avere il
possesso della cosa: il giudice deve invitarealla restituzione; non lo pu condannare alla restituzione perch il
processo formulare romano si fonda sulla collaborazione fra le parti e sulla ricomposizione pacifica della
controversia. Ora, linvito il presupposto della condanna. Nel senso che, senon restituisce e quindi non
accoglie linvito viene condannato ad una condanna pecuniaria, a pagare la somma di denaro computata sul
valore della cosa come calcolato nella litis estimatio che viene formalmente effettuata dal giudice ma
sostanzialmente dall'attore che solitamente per scoraggiare il convenuto dal trattenere la cosa fissa un prezzo
elevatissimo. Ha la possibilit di una scriminante, nel caso in cui riesca a dimostrare che la restituzione gli
stata impossibile o gli impossibile per forza maggiore o caso fortuito, ma la distruzione della cosa dovuta alla
forza maggiore o al caso fortuito deve avvenire obbligatoriamente prima della litis contestatio, altrimenti la
restituzione, pur essendo impossibile sostituita dal prezzo della condanna.
3.et molto pi avanzata ormai il processo formulare sparito, la nuova forma processuale la cognitio extra
ordinem basata sul potere imperiale che concede appunto all'attore di riottenere militarmente, per la forza
pubblica, la cosa. La condanna non prevede le spese. E interessante notare come ilc onvenuto purch in buona
fede, potesse ritenere la cosa nonostante la condanna, qualora l'attore non avesse provveduto a indennizzarlo
delle spese affrontate per la manutenzione della cosa stessa. Linvito alla restituzione doveva comprendere
anche i frutti e cos anche la condanna pecuniaria doveva comprendere eventualmente anche i frutti: il
possessore di buona fede posto sullo stesso livello del possessore di mala fede, quanto ai frutti percepiti prima
della litis contestatio, dopo la litis contestatio il possessore in malafede tenuto addirittura a restituire i frutti
che avrebbe potuto percepire e che non ha percepito per sua colpa. E ovvio che in questo modo si vuole punire
il possessore in malafede nel caso in cui avesse tenuto un comportamento doppiamente lesivo nei confronti
dell'attore.

TUTELA DEL POSSESSO INTERDICTUM


non lazione lo strumento giudiziario utilizzato per tutelare il possesso, ma linterdictum uno strumento
giudiziario di creazione pretoria attraverso il quale il Pretore stabilisce con un ordine rivolto a una persona o a
pi persone, quale debba essere il comportamento da tenere nel caso specifico. Linterdetto non conduce di per
s ad un processo a differenza dell'azione. Perch si abbia un processo necessario che chi ha chiesto
lemanazione dellinterdetto, non abbia avuto soddisfazione dallordine del Pretore, e quindi abbia chiesto al
Pretore la concessione di unazione per avviare appunto il processo contro il destinatario dellinterdetto.
Il processo, a seguito di un interdetto, pu essere di 2 tipi: cum pena , + PERICOLOSO sine pena
CUM PENA: non avendo avuto soddisfazione attraverso linterdetto, con la formula concessa le parti si
sfidano al pagamento di una somma di denaro qualora non riescano a provare il loro buon diritto. Ecco la pena.
Una volta stabilito chi dei due debba pagare la oena, se il destinatario dell'interdetto cui non aveva prestato
obbedienza, laltra parte pu anche non accontentarsi della pena, e chiedere attraverso quello che i romani
chiamavano iudicium cascellianum, di verificare il merito della controversia: quindi chi perde nel processo
interdittale cum pena, perde due volte perch viene condannato a una pena pecuniaria e contemporaneamente
attraverso iudicium cascellianum costretto anche a tenere un certo comportamento; quindi potr essere
condannato a ripristinare lo stato dei luoghi, a abbandonare loggetto, altrimenti dovr risarcire il danno
SINE PENA: quello che richiede una formula arbitraria ordinaria senza appunto la pena, ma con una semplice
condanna in tantam pecuniam.
Per quanto riguarda gli interdetti propriamente possessori, cio quelli utilizzati per tutelare il possesso, GAIO: 3
tipi di interdetti: 1.acquisizione di un possesso - 2.trattenimento 3.recupero (ci occupiamo di 2 e3)
2.TRATTENIMENTO
sono 2 a seconda se si tratti di beni immobili (interdetto ut possidetis) o mobili (interdetto utrupi).
Beni immobili: Pretore: vieto che sia fatta violenza affinch quegli edifici siano posseduti in modo diverso da
come sono ora un interdetto proibitorio, E duplice, perch indirizzato a entrambi sia quello che ha il
possesso attuale, sia quello che non ce lha. La difesa nei confronti dellattualit del possesso.
Beni mobili: Vieto che sia fatta violenza a chi di voi... una difesa specifica per uno scopo specifico da chi
ritiene di essere disturbato nel possesso attuale contro chi lui ritiene lo stia disturbando per trattenere il possesso
attuale. Si fa l'esempio dello schiavo: Vieto che sia fatta violenza a colui che ha posseduto nel corso dellanno
pi a lungo lo schiavo
ECCEZIONE di possesso viziato. La caratteristica dellinterdictum utrubi proibitorio come luti possidetis,
duplice, ma il gioco del calcolo del tempo di possesso dello schiavo nel corso dellanno fa s che linterdetto
non sia esclusivamente per il trattenimento del possesso attuale, perch se dimostrato che la maggior parte
dellanno, lo schiavo stato posseduto da chi non ha il possesso attuale, ecco che questo interdetto funge da
interdetto per il recupero di un possesso perduto.
3.RECUPERO
beni mobili: lINTERDICTUM UTRUB
beni immobili: vi sono 2 tipi di interdetto che i romani chiamano:
UN DE VI: un interdetto restitutorio, non proibitorio
DE VI ARMATA. : un interdetto restitutorio Restituisci quello che stato tolto a una persona con la forza
(qualificata da due elementi: la presenza di pi persone riunite allo scopo, armate); penale, quindi d lavvio a
quel processo che potr sfociare nello iudicium cascellianum; Chi perde - perde due volte. E annuale. Pu
essere richiesto questo interdetto solo entro lanno dal fatto. Manca la cosiddetta exceptio viziose possessionis.
Significava immettere lexceptio viziose possessionis autorizzare lesercizio della violenza come autotutela, il
ch per i romani non era concepibile, in nome della pacifica convivenza. ARMATA: non si devono intendere
per armi solamente quegli oggetti che nascono, vengono edificati, costruiti dalluomo con la funzione di arma,
ma sono armi anche gli oggetti che comunque possono - con il loro uso - arrecare offesa allaltrui bastone, sassi.

DIRITTO COMMERCIALE ROMANO


Lo schiavo una figura centrale nel diritto commerciale romano, viene definito da alcune fonti, della fine della
Repubblica - inizio dellImpero, come INSTRUMENTUM VOCALE, la pertinenza di una cosa principale, era
quindi a servizio di qualcosa, in particolare di attivit legate al concetto di imprenditorialit, volta allo scambio,
alla produzione organizzata, e spesso anche di grande volume, ma dalle fonti emerge molto spesso, anche
unattivit imprenditoriale indirizzata alla prestazione di servizi, oltre che alla produzione di beni. Dalle fonti
non emergono solo schiavi che prestano la loro manodopera, ma si trovano riferimenti chiarissimi anche a
schiavi che organizzano queste attivit. Quindi le attivit imprenditoriali vedono gli schiavi non solo quali
protagonisti di basso profilo, dalla manovalanza spicciola, ma schiavi anche dotati di una capacit organizzativa
non indifferente. Ma sappiamo anche dalle fonti che non era certo il diritto civile che poteva aiutare lo sviluppo
di attivit imprenditoriali basate sulla collaborazione degli schiavi, perch il diritto civile scaturiva - per ci che
concerne il rapporto tra lo schiavo e il padrone - in unepoca in cui la schiavit era ben poca cosa. La figura
dello schiavo, nellepoca in cui il diritto civile prende un corpo di certezza grazie alle 12 Tavole 5 secolo a.C,
un fenomeno molto limitato, lo dimostra il fatto che in una norma delle 12 Tavole lingiuria commessa ai danni
di uno schiavo altrui produce la pena al pagamento di una somma di denaro che lesatta met rispetto a quella
che avrebbe pagato il reo se il fatto fosse stato commesso contro un uomo libero.
Appena due secoli dopo 3 secolo, il danneggiamento dello schiavo altrui comporta come pena pecuniaria il
pagamento di una somma di denaro commisurato al valore dello schiavo. Ora, linizio dello sviluppo delle
attivit imprenditoriali a Roma, si colloca proprio in quel 3 secolo, periodo in cui i romani iniziano rapporti
commerciali, economici con il resto del mondo, e avevano a disposizione - sotto il profilo giuridico - uno ius
civile estremamente lacunoso, perch lo ius civile poneva dei limiti nei rapporti tra persona sui iuris e persona
alieni iuris tanto da non creare i presupposti per un loro impiego nel campo degli affari e delle attivit
impreditoriali.
OSSERVAZIONI: 1: rapporto tra persona sui iuris e alieni iuris, non si esauriva nel rapporto tra padrone e
schiavo, ma si estendeva anche nel rapporto tra padre e figlio, 2: gli acquisti operati da persone sottoposte schiavi o figli non aveva importanza - ricadevano nella disponibilit / nellappartenenza del loro padre o
dominus. 3: lo stesso non avveniva con riguardo alle posizioni debitorie, un debito contratto dal figlio e dallo
schiavo non poteva essere azionato nei confronti del pater che ricordiamolo era lunica persona legittimata
processualmente. Questo significava che il creditore dello schiavo o del figlio non aveva gli strumenti idonei
per poter rientrare nel proprio credito in quanto la persona alieni iuris - il figlio e lo schiavo - non avevano la
legittimazione processuale n passiva n attiva.
Tali ostacoli forniti del diritto civile non erano sufficienti a impedire uno sviluppo dell'attivit imprenditoriale.
Ma bisognava risolvere tali problemi, possibilit di rilevare su pater/dominus i debiti di figli/schivi, bisognava
superare anche la mancanza nel diritto romano del concetto stesso di rappresentanza diretta, che fa s che il
rappresentante possa agire in nome e per conto del rappresentato. Quindi la mancanza del concetto stesso di
rappresentanza diretta favoriva per certi versi lutilizzazione dello schiavo o del figlio per la gestione di
attivit financo imprenditoriali e tale utilizzazione era favorita anche dalla particolare conformazione della
societ romana (intesa come contratto)in quanto di regola era priva di rilevanza esterna, nel senso che le attivit
svolte dai componenti la societas producevano effetti esclusivamente in capo a chi le aveva svolte per quanto
concerne i rapporti con i terzi. Quindi il terzo che avesse contrattato con un socio, non avrebbe potuto azionare
il suo diritto contro i componenti la societas se non addirittura contro la societas stessa, ma esclusivamente
contro il socio con il quale aveva interloquito, con il quale si era relazionato e quindi lo strumento societas
non era il migliore per gestire le attivit imprenditoriali dei cittadini romani,
Mentre vi erano altri istituti che erano estremamente interessanti lungo la strada che si poteva percorrere per
affidare a servi e figli la gestione di attivit imprenditoriali, questi due strumenti erano: il condominio e il
peculio. Nel condominio il bene comune era diviso in quote, la gestione poteva essere invece unitaria, nel senso
che uno solo dei comproprietari avrebbe potuto gestire il bene comune dividendo per secondo quota i profitti.
Il peculio ,quella massa patrimoniale separata dal patrimonio del dominus o del pater, poteva essere importante
ai fini dello sviluppo delle attivit imprenditoriali perch il dominus o il pater poteva affidarlo in gestione al
figlio o al servo potendo in ogni momento revocarlo. Gli elementi importanti sono: la separazione si tratta di

due patrimoni separati e il fatto che il figlio e il servo non hanno un diritto reale su questo peculio ma hanno
esclusivamente la gestione del peculio. Il peculio era un istituto antichissimo, che aveva preso vita nel rapporto
tra padroni e clienti laddove i padroni erano soliti concedere al cliente una parte del gregge affinch questi
potesse gestirla in autonomia ricavandone i frutti. il peculio simile alluomo in quanto nasce, cresce, decresce
e muore, ma questa assimilazione alla persona umana, ci fa capire che il peculio era concepito dai giuristi pi
che come una massa patrimoniale dipendente in tutto e per tutto dallappartenenza del dominus, come piuttosto
una massa patrimoniale autonoma che era in grado come una persona umana di nascere dallatto di
conferimento del dominus o pater, crescere perch destinato, decrescere nella misura in cui potrebbe anche
diminuire nella sua consistenza fino a morire anche per volont stessa del dominus che effettivamente pu
ritirare il peculio stesso dalla disponibilit della persona cui era stato precedentemente attribuito.

AZIONI COMMERCIALI: sono 5


1 e 2 PECULIO E ACTIO TRIBUTARIA: con queste due azioni era caratterizzata la responsabilit limitata
del dominus e limitata al peculio
3 lACTIO QUOD IUSSU in cui emergeva invece la responsabilit illimitata del dominus nel senso che questi
rispondeva con tutti i suoi beni
4 e 5 lACTIO EXERCITORIA e lACTIO INSTITORIA in cui emergeva la responsabilit illimitata del
dominus attraverso latto di prepositio nei confronti del servo.
1. ACTIO DE PECULIO
Probabilmente la prima azione che il Pretore elabora al fine di far emergere la responsabilit della persona sui
iuris nei confronti di attivit svolte dai sottoposti l'actio de peculio. Lactio de peculio era strutturata in modo
tale che il terzo che si relazionava con il figlio e il servo dotati di peculio, avrebbe potuto agire in giudizio per
far valere il suo diritto contro il dominus o pater - che aveva affidato il peculio al figlio o al servo gerente - nei
limiti della consistenza del peculio stesso. 1 nel peculio cera lelemento che faceva emergere la responsabilit
del padrone, 2 il peculio permetteva al creditore di conoscere la consistenza della responsabilit del padrone,
perch appunto la responsabilit era limitata alla consistenza del peculio. Bisognava calcolare la consistemza
del peculio. Bisogna tenere in considerazione che nellactio de peculio, il padrone era come un creditore
privilegiato nei confronti del servo. Si dava per assunto che il padrone rivalersi sul peculio del proprio servo al
fine di soddisfare propri crediti nei confronti del servo stesso prima della soddisfazione del terzo creditore.
Quindi questo gioco permetteva al proprietario, di decurtare dal peculio determinati beni al fine di soddisfare il
proprio credito. Tanto che il terzo creditore che originariamente pensava di poter contare su una certa
consistenza del peculio, alla fine si trovava di fronte a un peculio ridotto rispetto alla sua presunzione perch
appunto il padrone era intervenuto per soddisfare il proprio credito e questo era inevitabile. Il creditore poteva
solamente sperare di provare che il padrone aveva agito con fronte inventandosi un credito inesistente. Per
avrebbe potuto far rilevare larricchimento del padrone dovuto allattivit gestionale del servo. Nel senso che
poteva anche darsi che laccrescimento dovuto a una gestione del peculio avesse prodotto beni che erano stati
direttamente presi dal padrone e riversati nel suo patrimonio personale. Quindi la gestione produttiva del
peculio poteva anche non essere computata al peculio, ma arricchire direttamente il patrimonio personale del
dominus. Ecco, in queste condizioni, adeguatamente provate ovviamente, il terzo creditore avrebbe potuto
aggredire anche il patrimonio del padrone nei limiti dellarricchimento. E evidente che questa gestione
peculiare non fosse talmente protettiva degli interessi dei terzi creditori che ovviamente sarebbero stati
molto attenti a fare credito al servo . Quindi non erano certo le attivit commerciali quelle meglio protette
dallazione del peculio.
2. AZIONE TRIBUTARIA
Introdotta dal Pretore proprio per garantire le operazioni commerciali condotte attraverso il peculio. Lazione
tributoria consisteva in questo, che nel caso in cui il peculio fosse stato gestivo commercialmente, i terzi
creditori del servo peculiare avrebbero potuto trascinare in giudizio il padrone impedendogli di sottrarre dalla
consistenza del peculio i suoi crediti nei confronti del servo. Lazione tributoria era quindi unazione che
poneva tra i creditori, compreso il padrone, una par condicio, in modo da essere soddisfatti, secondo la propria
quota, sul peculio.

I presupposti che il Pretore ritiene essere cos importanti ai fini dellesercizio della ACTIO TRIBUTORIA: 1)
La gestione commerciale del peculio, una gestione diretta a un lucro, a un vantaggio, a un guadagno,
economicamente valutabile, con lassunzione di rischio Che pu coincidere con lintero peculio, o con una
parte. Ora, la responsabilit del padrone sar limitata in questo caso non allintera consistenza del peculio, ma a
quella parte del peculio gestita commercialmente 2) la conoscenza del dominus: presupposto soggettivo il
creditore deve dimostrare anche che il padrone era a conoscenza della gestione commerciale del peculio. Ecco,
una volta provata lesistenza di questi due presupposti, si apre il regime dellactio tributoria, che comporta la
responsabilit del padrone per lattivit gestionale del servo, limitata non al peculio nella sua intera
composizione, ma a quella parte del peculio gestita commercialmente. E ovvio che lazione tributoria
unazione pi vantaggiosa rispetto allazione de peculio perch pone nella stessa condizione tutti i creditori,
compreso il padrone nei confronti del servo.
3. ACTIO QUO IUSSU
Si poteva verificare e si verificava spesso che il terzo che venisse a contrattare con lo schiavo dotato o meno di
peculio chiedesse una sorta di garanzia non reale, la garanzia che il dominus fosse a conoscenza dellattivit
svolta dal servo. Si venne sviluppando una figura nuova autonoma rispetto a quella dellactio tributoria,anche
perch i terzi sempre pi chiedevano questa sorta di avallo anche nei casi in cui il servo non fosse dotato di
peculio. In questo caso si era arrivati a elaborare una nuova azione giudiziaria: lACTIO QUOT IUSSU
appunto che poteva essere intentata dal terzo, che avesse contrattato con il servo laddove il dominus del servo
fosse intervenuto nella contrattazione o fisicamente o attraverso un simbolo attraverso lo Iussum lordine, il
comando; in pratica il terzo faceva valere lattivit di comando svolta dal padrone verso il servo, comando
diretto a far agire il servo cos come questi aveva agito verso il terzo. Quindi una sorta di assunzione diretta
di responsabilit non pi filtrata attraverso il peculio ma emergente direttamente dalla volont del dominus
attraverso lordine impartito allo schiavo. Le fonti riportano spesso vicende legate a un intervento del dominus
in una contrattazione avviata dal servo, talvolta fisicamente, talvolta per iscritto, per autorizzare il servo, ad
agire proprio in quel modo. Lintervento del dominus, sotto forma dello iussum, faceva s che emergesse
innanzitutto la responsabilit diretta del dominus, e illimitata. Nel senso che il dominus rispondeva con tutti i
suoi beni, dellattivit gestita dal servo dietro iussum. E ovvio che costituiva una grande opportunit per i terzi
che non avrebbero pi dovuto rincorrere le prove della scientia domini o vedere limitata la responsabilit del
dominus alla merx peculiaris, o peggio ancora, assistere impotenti o pressoch impotenti alle sottrazioni
peculiari nellactio de peculio. Quindi il servus non era altro che una la gestione di quei particolari tipi di
attivit allinterno di quel posizionamento PREPOSITIO che aveva la funzione di fare emergere la
responsabilit illimitata e diretta del dominus; la prepositio rendeva chiaro che responsabile di tutte le attivit
imprenditoriali svolte dal servo sulla base di quella prepositio, erano riconducibili al dominus che aveva emesso
la prepositio. Quindi doveva essere la pi chiara e dettagliata possibile, e doveva essere portata chiaramente a
conoscenza dei terzi: linteresse del dominus era nel fatto che la prepositio indicava in maniera chiara per quali
tipo di affari e di atti emergeva la responsabilit illimitata del dominus, ma perch fosse utilizzabile in sede di
giudizio, il dominus doveva fare in modo che la prepositio stessa fosse portata a conoscenza dei terzi ecco
quindi che la prepositio veniva scritta, d era esposto nel posizionamento
4. ACTIO EXERCITORIA attivit gestita via mare
5. ACTIO INSTITORIA. Attivit gestita via terra
In tutte e due le azioni non vi era differenza in relazione alla responsabilit del dominus che era sempre e
comunque illimitata, per quanto concerne la patrimonialit della condanna, ma per quanto concerne la
rilevazione delle fattispecie concrete di responsabilit essa era limitata al contenuto della prepositio.
Queste 5 azioni vennero chiamate - tra 18 e 19 secolo AZIONI DI UNA RESPONSABILITA AGGIUNTA.
La fonte che veniva utilizzata per trarre questa definizione, era un passo del giurista Paolo contenuto nel 14
Libro del Digesto che scriveva che alla responsabilit del figlio e del servo che avevano gestito laffare si
doveva aggiungere la responsabilit del dominus. non voleva creare una categoria giuridica. La responsabilit
solo del dominus, perch la responsabilit solo quella che emerge in sede processuale e lunico legittimato
passivo poteva essere il dominus. Oggi la definizione di ACTIONES ADIECTICIAE QUALITATIS, non regge
pi per due motivi: 1 perch impropria, 2 perch gli studi negli ultimi anni, hanno dimostrato che queste 5
azioni venivano effettivamente utilizzate dai romani per la gestione degli affari commerciali nei quali vennero
costruite azioni volte alla tutela dei terzi.
Vennero cos definite azioni commerciali.
GESTIONE ATTIVITA COMMERCIALE
Lo schiavo era lo strumento utilizzato dalle persone sui iuris per gestire attivit imprenditoriali. Ora bisogna

capire quale era lo strumento giuridico che i romani utilizzavano per gestire lo schiavo eventualmente con il
suo peculio. Si pensato che fosse la societas lo strumento giuridico utilizzato dai romani, perch la societ
permette la creazione di vasti capitali, perch la societ fa s che la responsabilit possa essere condivisa tra pi
persone. Ricordiamo che un carattere fondante, peculiare della societ romana, era la mancanza di rilevanza
esterna. Significa che il contratto di societ, valido esclusivamente fra i soci; quando il terzo si relaziona con
lo schiavo, andr poi a far emergere attraverso le azioni commerciali, la responsabilit dei suoi domini,
indipendentemente dal fatto che siano dei soci. Una volta intentata lactio pro-socio anche da un solo socio nei
confronti degli altri, la societ si estingueva.
Pi idoneo il condominio. era unimpresa singola: un dominus e pi servi, unimpresa collettiva: pi
domini e un servo - o pi domini e pi servi dove la compropriet dei servi ed eventualmente del peculio,
faceva s che i domini fossero tutti chiamati in giudizio attraverso una delle 5 azioni commerciali, in quanto
comproprietari, ciascuno per la propria quota, dello schiavo imprenditore. Era un imprenditore palese, incapace,
vero, perch era una persona alieni iuris, ma era lui che gestiva, Il dominus era una sorta di imprenditore pi o
meno occulto, nella misura in cui le attivit venivano svolte effettivamente dal servo ma poi alla fine le pagava
il dominus. Ed ecco allora che se i domini erano pi, era il condominio la regola alla quale essi si
assoggettavano. E questo aspetto porta a una grande articolazione delle imprese romane, perch dal modello
semplice di un solo schiavo che gestisce unattivit commerciale, dovendo rispondere a uno o pi padroni, si
pu immaginare una complessit pi articolata della gestione imprenditoriale, laddove uno schiavo ha a sua
volta a disposizione altri schiavi, ha nel suo peculio altri schiavi che si dimostrano capaci a loro volta di andare
a gestire attivit imprenditoriali altrove magari di diverso tipo. E a un certo punto poco importer che
limprenditore fosse un servo o un liberto, soprattutto in certe imprese legate a una prepositio. E in pi il liberto,
essendo una persona libera, avrebbe potuto partecipare alla societas insieme allex dominus o gli ex domini, in
modo tale da avere anche lui una parte nella gestione sociale e nella regolamentazione dei rapporti.
I romani, nellambito dei commerci, si erano avventurati in definizioni
- TABERNA INSTRUCTA: Ulpiano consta di cose e uomini organizzati per limpresa
Nel codice civile si parla solo di beni, non si parla di persone
CARDINI IMPRESA ROMANA:
1.presenza del dominus, al quale ricondotta la responsabilit
2.presenza del servo o del liberto
3.il peculio con la sua autonomia rispetto alla res domini, pur essendo riconducibile al dominio del padrone,
separato rispetto ai beni del padrone
4.responsabilit del dominus, limitata o illimitata

AZIONI E INTERDETTI POPOLARI


Lespansione urbanistica di Roma conosce un momento di accelerazione, di grande accelerazione, tra il 3 e il
2 secolo a.C., quando Roma proietta se stessa nel mondo mediterraneo, con potenza, si arricchisce, si
arricchisce anche di schiavi, e va da s che la citt si ingrandisce a livello esponenziale. Nelle citt romane
ligiene era qualcosa di importante, sia a livello di igiene personale che di igiene collettiva. Ma era la grande la
massa di persone e la povert di certi quartieri a creare problemi ed erano anche il proliferare di officine che
sorgevano qua e l, senza un piano ben preciso, che creavano problemi alla convivenza cittadina, perch oltre al
problema che era dovuto ai rifiuti prodotti dalle abitazioni, si aggiungeva in molti quartieri della citt, anche il
problema dei rifiuti degli insediamenti produttivi. Le discariche era talvolta improvvisate, non erano molto
lontane dalla citt lEsquilino, Quindi questa urbanizzazione importante unita al problema dello smaltimento
dei rifiuti poneva problemi soprattutto con riferimento alle strade, alla loro fruibilit, alla salubrit dellaria e
alla purezza delle acque.
Quali erano le forme di tutela per impedire che le citt fossero discariche a cielo aperto, per impedire che laria
venisse impestata da immissioni massicce e per impedire che le acque della citt fossero in qualche modo
inquinate?
lo strumento giuridico di tutela, l'interdetto, un ordine che il Pretore emana e diretto a imporre un
determinato comportamento al destinatario. Gli interdetti che vengono utilizzati per tutelare la citt romana da
forme di inquinamento sono interdetti popolari. Nel senso che possono essere richiesti al Pretore da qualunque
cittadino.
Gli interdetti si distinguono in interdetti relativi alla tutela degli spazi pubblici delle citt romane in materia di
acqua, di salubrit dellaria e dellingombro delle strade, si distinguevano in:

interdetti proibitori divieto comportamento. hanno ad oggetto i canali degli acquedotti, le fonti dacqua, le
cloache, i fiumi delle citt (Roma era attraversata dal Tevere) affinch la sua navigabilit non fosse minacciata,
gli interdetti sulle rive dei fiumi, gli interdetti sui luoghi pubblici in generale, e interdetti sulla via pubblica.
interdetti restitutori. Restituzione in pristino dei luoghi inquinati. sono in numero minore linterdetto sulle
cloache - che quindi pu essere proibitorio o restitutorio linterdetto ci che pu essere stato fatto con violenza
o di nascosto linterdetto che nulla sia fatto sul fiume pubblico o nella riva di esso che possa peggiorare la
navigazione - che quindi anche proibitorio linterdetto sullimmissione illegittima nelle vie pubbliche - che
proibitorio e anche restitutorio.
Linterdetto popolare quindi uno strumento giudiziario utilizzato per la tutela delle res publicae.
azionabile dal cittadino in quanto appartenente al popolo, quindi non dal cittadino in rappresentanza del popolo,
ma dal cittadino in quanto componente del popolo. Il legislatore contemporaneo ha una visione diversa in
materia di tutela dei beni pubblici, perch ricollega la tutela del bene pubblico allappartenenza e siccome i beni
pubblici appartengono alla persona giuridica pubblica, che pu essere lo Stato, la Regione, il Comune, la
Provincia, finanche un Ente, ecco che dalla protezione - tutela dei beni pubblici tagliato fuori il cittadino, nelle
fonti romane, azioni e interdetti popolari hanno un grandissimo rilievo, addirittura un titolo intero del Digesto il 23 del libro 47 - dedicato alle azioni popolari. ci fa capire quanto grande dovesse essere il suo impiego
nelle et precedenti, soprattutto nellet repubblicana, perch il concetto di azione popolare passa attraverso il
concetto di populus e il concetto di populus, pur non tramontando mai, ha comunque un significato diverso in
et repubblicana rispetto allet imperiale. Ma perch il populus nellet repubblicana aveva una funzione
politica ben precisa. in et imperiale nulla di tutto questo, il popolo non approva pi le leggi, e neppure elegge i
magistrati, le cose son cambiate. un certo smarrimento anche nella dottrina contemporanea, laddove da una
parte alcuni autori ritengono che dalle fonti emerga un concetto di popolo concreto, nel senso di somma
concreta dei cittadini che lo compongono e unaltra parte invece degli studiosi contemporanei ritiene che dalle
fonti emerga una concezione pi astratta del popolo. La verit che lazione popolare, linterdetto popolare,
proprio perch azionabile da un cittadino qualsiasi si presta meglio allidea della concretezza del popolo,
laddove il popolo la somma dei suoi cittadini e ciascun cittadino contribuisce a comporre il popolo e ciascun
cittadino, preso nella sua individualit, pu esercitare lazione popolare nella misura in cui unazione popolare
non pu essere intentata dallintero popolo. Ulpiano in un passo raccolto nel Digesto ci parla della competenza
dei magistrati sulle vie pubbliche urbane, in etaimperiale comptenzaesclusiva. Dei magistrati.Laddove il
modello repubblicano insisteva sulla concorrenza tra i poteri del magistrato e i poteri dei cittadini, laddove i
poteri dei cittadini non potevano mai essere compressi a favore dei poteri dei magistrati. Il modello imperiale
invece imperniato sulla esclusiva competenza dei magistrati
Ho detto che la dottrina contemporanea silenziosa circa le azioni popolari, quando invece le fonti romane
sono ricchissime di riferimenti. Le
Le ragioni del silenzio degli studiosi, sono essenzialmente due: la prima ragione passa attraverso il concetto di
persona giuridica proprietaria del bene pubblico, e a lei per sistema rimessa la tutela del bene pubblico
stesso; il suo compito; laltra ragione una ragione pi culturale ed rimessa a una corrente storicogiuridica tedesca che tra 18 e 19 secolo si occup della fondazione di un nuovo diritto tedesco, sulla base delle
fonti romane, la PANDETTISTICA, cos si chiamava. Gli studi della pandettistica hanno portato a queste
sovrapposizioni concettuali, laddove nelle fonti giuridiche romane vi era un espresso riferimento al potere del
cittadino per ci che concerne la tutela delle res publicae e soprattutto delle res in usu publico, la pandettistica
aveva trasformato il riferimento in una chiara indicazione di una competenza magistratutale sulle stesse
vicende. laddove era scritto nelle fonti cittadino doveva diventare persona giuridica - Stato o Comune o
Provincia ma comunque non pi una persona fisica - il cittadino appunto - ma una persona giuridica.

RES E SUE PARTES


Res in lingua latina significa cosa. Il significato che dalle fonti emerge in relazione a Res un significato
concreto e al contempo astratto. Con res infatti non si indica solo la cosa tangibile, visibile, apprensibile, dai
sensi, ma si indica anche un concetto astratto e quindi non apprensibile ai sensi umani. Ci interessiamo delle
resperch seguiamo la sistematica gaiana, persone - res actiones. Le res sono quindi ad uso degli uomini,
direttamente o indirettamente. La parola res assume connotati giuridici in determinate condizioni, quando cio
connotata di determinate caratteristiche per lo pi spaziali.
1. SINGOLARITA: consiste nel fatto che la res deve essere ben identificata nei suoi contorni, nei suoi
limiti spaziali nei suoi confini, deve essere identificata con esattezza.
2. UTILITA: connotato giuridico deve esprimere la sua utilit
3. ACCESSIBILITA: Oltre ad essere determinata e utile, deve essere accessibile. Laccessibilit si misura
ovviamente con le capacit umane di apprensione della cosa. L'accessibilit relativa: nella misura in
cui - va da s - ci che oggi non accessibile potrebbe essere accessibile in futuro risente dei tempi e
delle eventuali innovazioni tecniche
4. VALENZA ECONOMICA: Il carattere che oggi noi riconosciamo alle cose, perch siano beni la
valenza economica, cio la possibilit di misurare economicamente il bene, la cosa, perch diventi bene.
Ha un valore relativo nel diritto romano.sono oggetto di diritto anche cose non facilmente o
immediatamente misurabili economicamente; es. aria. Se ne occup la giurisprudenza, sempre pi siamo intorno al 3 secolo d.C. - si interessava (ovviamente sotto il profilo giuridico) a cose che non
erano misurabili sotto il profilo economico, come anche in questo caso laria. Si vedr parlando delle
cosiddette res communes omnium, cio le cose comuni di tutti.
CLASSIFICAZIONE RES
i romani usano distinguere le res in base a una classificazione che trae le sue origini da unaltissima antichit.
1. MANCIPI E NEC MANCIPI classificazione pi antica
RES MANCIPI sono quelle res considerate dai romani le pi preziose per la vita della famiglia., sono quelle res
che non possono essere fabbricate dalla mano delluomo e che esistono in natura e costituiscono la materia
prima per la sopravvivenza degli esseri umani stessi. Furono catalogate dai romani, (in et arcaica era gi
definito lelenco delle res mancipi che rimase immutato fino alla soppressione di questa distinzione) e lelenco
consisteva: nei fondi delimitati poi in et pi avanzata nei fondi esclusivamente italici (il mezzo di produzione
pi sfruttato, pi utilizzato nellantichit, il fondo pu essere coltivato, utile alla pastorizia, allagricoltura, e
sar utile anche allindustria) - negli animali, ma solo quelli da lavoro cio quegli animali che sono utilizzati ai
fini del fondo- negli schiavi (la forza lavoro dellantichit: nella pi alta antichit erano tra le cose preziose,
nella misura in cui non erano molti ma erano di grandissimo aiuto, perch pi schiavi si possedevano e pi terra
si poteva coltivare).Lespressione res mancipi trae origine dal mancipium, che era la pi antica forma di potere
del pater familias, sotto la quale erano accomunate le persone e le cose
Tutte le altre res erano considerate nec mancipi, cio una categoria connotata in negativo.
RIFLESSI PRATICI: La distinzione viene posta in funzione dei modi di acquisto delle res.
Per le res mancipi, i romani apprestano degli strumenti di acquisto altamente improntati sotto il profilo formale;
sono negozi formali, in cui la forma portata alla sua conseguenza estrema nel senso che il negozio non esiste
senza la sua forma, oggi diremmo la forma ad substantia - per la sostanza dellatto. Questi beni infatti
possono essere trasferiti a terzi solo attraverso particolari strumenti giuridici, particolari negozi, la mancipatio e
la in iure cessio.
Le res nec mancipi, potevano essere informalmente trasferite attraverso un atto che i romani dicevano di diritto
naturale, la traditio, anche la in iure cessio pot essere utilizzata per lacquisto delle res nec mancipi.
2.IN NOSTRO PATRIMONIO E EXTRA NOSTRO PATRIMONIUM:distinzione di Gaio. per nostro si
intendono gli esseri umani, le cose che sono nel patrimonio dei privati, oggetto di scambio, di acquisto e di
cessione, e le cose che sono fuori dal patrimonio dei privati, non possono essere scambiate.
3.IN COMMERCIO E EXTRA COMMERCIUM: classificazione POMPONIO nel senso di
commerciabilit. Le cose in commercio sono quelle cose che possono essere scambiate fra i privati, le cose
extra commercium sono le cose che non sono oggetto di scambio, non possono essere cedute, non possono
essere acquistate. Classificazione pi dinamica rispetto a quella di Gaio. Si pensi infatti alle res nullius, cio
alle cose di nessuno come ad esempio oggetti smarriti. In Gaio le res nullius dovevano essere considerate
probabilmente come extra nostrum patrimonium, ma una volta apprese diventavano res in nostro patrimonio. In
Pomponio le res nullius potevano essere, a seconda delle loro caratteristiche, o res in commercio o res extra
commercium

4.HUMANI IURIS E DIVINI IURIS: cose di diritto divino e cose di diritto umano.
Le cose di diritto umano sono le res in commercio, tendenzialmente, non tutte.
Le res divini iuris sono tutte extra commercium. Le res divini iuris sono le cose quindi relative al diritto divino,
esse a loro volta si distinguono in res sacre - religiose - sante.
Le res sacre sono le res solitamente consacrate agli Dei dellOlimpo, un tempio ad esempio,. Lulla base di una
consecratio effettuata da un sacerdote sulla base di un atto presupposto di fondamentale rilievo nel diritto
romano, che la dedica del tempio stesso che deve essere compiuta dal popolo; vi allora un atto complesso in
base al quale il popolo autorizza la consacrazione che viene compiuta dal sacerdote su ordine del magistrato in
ottemperanza alla deliberazione popolare.
Le cose religiose sono le cose dedicate agli Dei inferi, agli Dei sottoterra. Il diritto di seppellire una res
religiosa, un sepolcro una res religiosa. Le res sante, sappiamo poco. Un esempio di res santa: le mura della
citt
5.PUBLICAE, PRIVATAE, COMMUNE OMNIUM: sotto profilo appartenenza (VEDI SOTTO) le res sono
private in quanto appartengono ai singoli.
Publicus quindi nel senso di popolo, vuol dire allora che la cosa pubblica in quanto ha come riferimento tutti i
cittadini nella loro concreta somma. Privato invece il cittadino privato degli altri concittadini, quindi non il
popolo, un singolo individuo senza gli altri, nei quali si riconosce come pubblico - popolo. i singoli
indipendenti tra di loro, perch i singoli legati tra loro sono il popolo.
6.CORPORALES E INCORPORALES: La distinzione apparentemente semplice,
le res corporales sono quelle res che sono apprensibili dai sensi umani, che si possono toccare
le res incorporales sono quelle res - Gaio scriveva - qui tangit non possut cio le cose che non possono
essere toccate.
Detta cos la categoria molto semplice da comprendere, ma apparentemente priva di senso. Che senso
potrebbe avere distinguere tra cose che si possono toccare e cose che non si possono toccare? Senza considerare
poi che occorre capire cosa possano essere e quali possano essere le cose che non si possono toccare. Anche qui
le cose corporali sostanzialmente sono semplici da intuire: le cose del mondo fenomenico, le cose che esistono
in rerum natura, le cose che si possono vedere, che si possono toccare. Le cose incorporali che hanno appunto
una connotazione in negativo perch non si possono toccare, diventa anche difficile da concepire non possono
essere toccate ma possono essere colte con il pensiero, con il ragionamento, con lintelletto. E quali potrebbero
essere queste cose colte con lintelletto? Gli esempi posti dalle fonti sono: le obbligazioni, le servit, sono
diritti, concetti astratti che non si possono toccare. Ma quale rilievo poteva avere nella sistematica gaiana questa
distinzione fra res corporales e res incorporales? La distinzione una distinzione di sistema, o meglio una
distinzione sulla quale poggia il sistema gaiano. Gaio inserisce nello stesso concetto res appunto, tutte queste
cose, sia quelle apprensibili con i sensi sia quelle non apprensibili con i sensi, ma attraverso unastrazione
intellettuale. Ecco allora che la distinzione fra res corporales e res incorporales trova un senso nella sistematica
gaiana anzi d senso alla sistematica gaiana.
7.MOBILI E IMMOBILI: ambito delle Istituzioni di Gaio E la distinzione principe del nostro ordinamento
contemporaneo, le cose immobili sono trasferite attraverso determinati negozi, le cose mobili presentano una
forma diversa in quanto al trasferimento. usucapione. Tale distinzione concerne l'usucapione. Dal diritto antico,
le cose mobili e le cose immobili, entrambi usucapibili, sono per usucapibili in tempi diversi. Le cose
immobili in tempi pi lunghi, le cose mobili in tempi pi brevi.
8.COMSUMABILI E INCONSUMABILI: Istituzioni di Giustiniano (e non in quelle di Gaio) La distinzione
ha riflessi pratici per quanto concerne la sistemazione dogmatica di queste cose stesse: si pensi al denaro, il
denaro un bene consumabile, come le derrate alimentari, ma la consumabilit del denaro coincide con la
perdita della disponibilit, non nella distruzione. Mentre la consumabili delle derrate alimentari coincide con la
loro distruzione. Riflessi pratici su lusufrutto, dove appunto si distingue tra beni di questi tipo proprio perch
tendenzialmente lusufrutto di beni consumabili non era concepibile
9.FUNGIBILI E INFUNGIBILI: si fonda sulla possibilit di sostituire il bene, se quindi un bene possa essere
sostituito o meno con un altro, indipendentemente poi dalla simiglianza tra i beni stessi. Il riflesso pratico
quello ad esempio di un contratto di mutuo laddove venga dato a mutuo un bene come il denaro e la parte che
riceve il denaro e che vincolata alla restituzione dello stesso sar obbligata a restituire il cosiddetto tantundem
cio il corrispettivo, non le stesse identiche monete ricevute
10.FRUTTIFERE E INFRUTTIFERE:cose che generano frutti e cose non generano frutti. Nelle fonti
romane presto si fa la distinzione tra frutti civili e frutti naturali. Frutto naturale ad esempio la mela in un
albero. Frutto civile ci che proviene dallo sfruttamento del bene come ad esempio il canone di locazione di
una casa. Risvolti pratici usufrutto: Le opere dei servi sono considerate frutti, n pi e n meno delle mele dagli
alberi, quindi per un istituto come lusufrutto, ha una fondamentale importanza questa distinzione perch non si

pu procedere alla concessione di usufrutto di una cosa infruttifera, nella misura in cui non avrebbe senso lo
sfrutto di una cosa infruttifera. Discussione molto antica tra giuristi romani se il fanciullo nato da una schiava
potesse o meno essere considerato un frutto, alla stregua di un vitello nato da una mucca o di un pulcino da una
gallina. Si impose molto presto lopinione che il parto della schiava non dovesse essere considerato frutto
perch sarebbe stato ignobile considerare lessere umano un frutto.
11.DIVISIBILI E INDIVISIBILI: Fondamentalmente tutto divisibile, ma ci sono cose in cui la loro
divisione porta alla loro distruzione e quindi non possono essere considerate divisibili(essere umano).
Le cose divisibili sono quindi quelle cose per le quali si pu provvedere alla divisione senza compromettere la
destinazione della cosa stessa, quindi terreni (possono essere divisi), generi alimentari come una certa quantit
di grano, una certa quantit di vino e via discorrendo. Ora per i romani maturarono presto il concetto di
divisione ideale, quella che ho descritto una divisione concreta, effettiva che prevede appunto una partizione
della cosa nella effettivit. Una partizione ideale consiste invece nel dividere idealmente la cosa in quote.
Quindi non era necessario che la cosa fosse divisibile fisicamente, ma in molti casi era sufficiente che lo fosse
idealmente
12.SEMPLICI, COMPOSE E UNIVERSITA DI COSE:
Vi potevano essere cose semplici cio composte da un solo spirito, come dicevano i romani - ad esempio
lessere umano, lo schiavo, e queste non sono divisibili. Cose composte ma di vario tipo ad esempio composte
in modo tale che le cose componenti siano tra loro oramai cos legate da comportare con il loro distacco la
distruzione della cosa. Si pensi ad una nave che composta di tante parti e se noi togliamo lalbero alla nave, la
nave non serve pi come tale. Vi sono delle cose che risultano composte da altre cose che mantengono per la
loro individualit quindi non si collegano fra loro, esempio quello del gregge .
RES PUBLICAE SOTTO PROFILO APPARTENENZA
Le res publicae - le cose pubbliche - i beni pubblici, sono delle cose che hanno come riferimento il popolo e per
le quali solamente intorno al 2 secolo d.C. si sent lesigenza di spiegare sotto il profilo dellappartenenza.
Definizione Gaio delle res publicae sotto il profilo dellappartenenza. Gaio in un passaggio delle Istituzioni,
esattamente nel 2 libro, paragrafi 10 e 11, parlando dellappartenenza delle res, distingue tra res publicae e res
private, laddove le res private sono dei singuli homines - le res publicae, dice: Sembra che non siano di
nessuno, in quanto si crede che siano della universitas. Sotto il profilo dellappartenenza quindi le res
publicae non si differenziano dalle res privatae, hanno un proprietario;
laddove nelle res privatae i proprietari sono i singoli uomini,
nelle res publicae sono luniversit dei cittadini - universitas civium.
Non vi era quindi bisogno di connotare dogmaticamente lappartenenza di queste res in quanto non era
lappartenenza a collocare nellambito del diritto queste res, ma era piuttosto la loro funzione. Infatti nelle
fonti noi troviamo, gi di una certa antichit, riferimento alle res publicae che esprimono un uso pubblico. Si
tratta di cose connotate sotto il profilo degli usi, appunto pubblici, e questo intendere le res publicae affiora
anche in alcuni passi della giurisprudenza, nei quali pur emergendo laspetto dellappartenenza, esso viene
comunque assorbito dal concetto di funzione; e allora, in un passo del giurista Pomponio, 2 secolo d.C., noi
troviamo che le res publicae sono distinte in res in usu publico e res in patrimonio populi.
Res in usu publico: sono le cose pubbliche per luso, la cui funzione quella di servire il popolo. Un esempio
molto chiaro: la strada
Un esempio invece delle res in patrimonio populi sono le miniere. Non ha le stesse caratteristiche della strada,
non pu essere utilizzata diffusamente da chiunque, non a uso del popolo, che la percorre per dirigersi verso
una destinazione; la miniera un bene economicamente fruibile e sfruttabile perch la miniera un bene
produttivo. quindi oggetto di sfruttamento e non da parte del popolo, ma da partedi terzi: il magistrato infatti
provvede a concedere a terzi, privati, i PUBBLICANI, lo sfruttamento della miniera dietro pagamento di un
canone. Ecco perch una res in patrimonio populi, perch produce al popolo, un introito finanziario. Infatti il
canone locatizio pagato dai pubblicani incassato nellerario del popolo romano, la cassa del popolo romano attraverso lopera dei magistrati, che anchessi sono magistrati pubblici populi romaniLappartenenza quindi non fondamentale, non necessaria ai fini della comprensione delle res publicae lo
diviene, a un certo punto, tra 1 e 2 secolo d.C., quando si ha difficolt a indicare le res publicae
esclusivamente sotto il profilo della funzione. E allora, quello che potevano essere le res che fungevano di uso
del popolo, fungevano di arricchimento del popolo (appunto in uso pubblico e poi successivamente in
patrimonio populi), vengono viste adesso sotto il profilo dellappartenenza e una volta che il concetto di
appartenenza entra nella definizione di res publicae non ne esce pi, tanto che una volta che provato che
esistono cose pubbliche in quanto allappartenenza, in patrimonio populi, bisogna spiegare allora le res che

non appartengono al popolo di chi sono. Ed ecco il problema che cerca di risolvere Gaio: le cose pubbliche
che sembrano essere di nessuno (la strada) perch appartengono alluniversit dei cittadini; sono di nessuno in
quanto son di tutti. E in questa definizione entra sicuramente la strada, la res in usu publico, ma entra anche la
miniera, la res in patrimonio populi. Il populus quindi, che era il riferimento funzionale della res publica
diviene il riferimento di appartenenza della res publica. Il populus fruitore della res publica ne diviene
anche proprietario.
Ora, bisogna chiedersi per quale motivo la giurisprudenza, intorno al 2 secolo d.C., abbia sentito la necessit di
interrogarsi sullappartenenza delle res pubicae, interrogarsi e dare una risposta in chiave dogmatica a quello
che evidentemente era avvertito come un problema da risolvere.
PRIMO FATTORE: lassottigliamento dellager publicus (terre pubbliche) quelle terre frutto della conquista dei
romani che non venivano assegnate ai singoli cittadini, ma venivano considerate res publicae, ager publicus,
terre pubbliche. Nella pi alta antichit le terre pubbliche erano moltissime., ci non poneva il problema della
loro appartenenza nella misura in cui quasi tutte le terre erano pubbliche e venivano concesse allo sfruttamento
dei privati senza per il trasferimento della propriet. Andava da s che era ager publicus e aveva il populus
come riferimento. In pi le opere pubbliche, le strade, gli acquedotti,venivano edificate su terre gi pubbliche.
Lassottigliamento dellager publicus porta con s appunto anche la necessit di dare una collocazione
dogmatica allager publicus, alla res publica in generale, quanto allappartenenza.
SECONDO FATTORE: emersione di criteri di pubblicit di talune res al di l dei fenomeni umani. nello
specifico, ai criteri di pubblicit dei fiumi. I fiumi potevano essere pubblici o privati. Un dato certo che i fiumi
perpetui, cio quei fiumi in cui garantita una costante massa dacqua in ogni stagione dellanno, questi fiumi
erano considerare tutti pubblici, La pubblicit del fiume perenne prescindeva da ogni altro carattere che non
fosse quello naturale della sua perpetuit
TERZO FATTORE: Altro fattore che porta allappartenenza, a dare importanza allappartenenza, ad esempio il
caso delle rive dei fiumi. Le rive del fiume erano considerate dai romani cose private, quanto a propriet, ma
pubbliche in quanto alluso. Es navigazione fiumi-. avrebbero agganciato la barca e trasportato la barca lungo
lacqua e lanimale lungo la riva, luso doveva essere garantito come pubblico.
QUARTO FATTORE: emersione del Principe, dellImperatore; laddove in et repubblicana era il populus
romanus il centro di tutte le attivit. con la emersione del Principe, dellImperatore tutto cambia, perch mentre
il populus era una somma dei cittadini, il Principe era una persona (oggi diremmo una persona fisica), ma una
persona che assommava in s anche i poteri che un tempo erano del popolo. In queste condizioni in Principe
arrivava anche ad appropriarsi del beni del popolo, a farli propri, a costruirli. Augusto edific degli acquedotti,
delle strade, teatri, citt intere. Strade, teatri, acquedotti, piazze, vie urbane, sono res publicae, ma erano
costruite da un uomo solo, non da magistrati che si succedevano di anno in anno., che a un certo punto si
accorse che era necessario avere una cassa propria, non controllata da altri, come ad esempio il Senato,
sullErario, una cassa propria dalla quale attingere per continuare a edificare opere pubbliche. Nasceva il
FISCO: patrimonio personale dellimperatore che talvolta assorbiva addirittura cose che un tempo
appartenevano allerario, le res publicae.
Era necessario trovare un punto di distanza tra le res fiscali e le res publicae. Un punto di distanza dal quale non
si potesse tornare indietro e anche in questo caso, lappartenenza era la risposta giusta. Come le res publicae
appartenevano alluniversitas dei cives, le res fiscales appartenevano allImperatore.
RES PUBLICAE AGER PUBLICUS
Lager publicus, era il regime territoriale dato dai romani alle terre conquistate. Fin dalla pi alta antichit i
romani, una volta conquistata la terra, una parte la lasciavano al nemico stesso, per le sue necessit per la sua
sopravvivenza, una parte veniva invece destinata alluso pubblico, nel senso che qualunque cittadino avrebbe
potuto occupare una porzione di questo territorio per sfruttarlo, quindi per la coltivazione per lallevamento.
Alle origini il regime occupatorio dellager publicus era tale che qualunque cittadino avrebbe potuto occupare
tanto ager publicus quanto in concreto avesse potuto sfruttarlo e questo significa che occorreva una concreta
corrispondenza fra i mezzi utilizzati e la quantit di terreno occupata.
In un momento successivo ebbe il sopravvento un altro uso, cio quello di occupare tanto ager publicus quanta
speranza si avesse di sfruttare. E ovvio che questo secondo uso si prestava meglio dellaltro ad abusi. Perch
mentre nel primo caso era abbastanza facilmente verificabile quanto ager publicus si era occupato in conformit
con i mezzi messi in campo, nel secondo caso era pi difficile dimostrarlo. Va da s quindi che le persone pi
agiate a Roma, con questo secondo uso avessero una vita pi facile, un modo pi semplice per occupare
maggiori porzioni di ager publicus. Chi erano costoro? Quelli che avevano i mezzi necessari per poter sfruttare
la terra. Si potrebbe pensare che le famiglie numerose sarebbero state pi facilitate, famiglie numerose = pi

braccia, maggior quantit di sfruttamento, ma molto spesso le famiglie numerose non avevano poi i mezzi
necessari per poter provvedere allo sfruttamento in sicurezza, occorrevano capitali le sementi, per gli attrezzi,
per gli animali e occorreva anche garantire la difesa del terreno, molto spesso si trattava di zone non del tutto
pacificate.
E evidente che il regime occupatorio dellager publicus era un regime appannaggio dellordine patrizio, che era
quello che disponeva delle maggiori risorse. A un certo punto, grossomodo alla met del 4 secolo, nel 367, una
legge, la Lex Licinia-Sexstia de modo agrurum, sulla misura dei campi, prevede un limite massimo allo
sfruttamento di ager publicus. il difetto di questa legge nella sanzione, che era esclusivamente pecuniaria.
Sotto il profilo giuridico qual era il regime delloccupazione di ager publicus? Non si trattava di propriet.
Perch la sua situazione non era definitiva ma provvisoria. Perch il popolo romano, che era il vero riferimento
allager publicus, avrebbe potuto in qualunque momento destinare quellager publicus ad altro. Era una
situazione precaria quella delloccupazione dellager publicus, perch il rapporto di signora tra il popolo
romano e lager publicus non era sciolto per il semplice fatto che questager era stato occupato da privati. E
allora, lordine patrizio, che era lordine che governava nella Roma pi antica, non pretendeva la definitivit del
titolo, non arrivava a pretendere questo ma perch in fondo non aveva convenienza a farlo, nella misura in cui come la accusavano i plebei - lordine dei patrizi possedeva la terra, possedeva la res publica. Il Senato era
composto da patrizi, i magistrati erano patrizi, le assemblee popolari - al di l del Concilio della Plebe - erano
dominate dai patrizi e quindi possedevano la res publica e non avrebbero mai posto leggi, norme, ordini, divieti,
che potessero nuocere in qualche modo questo regime occupatorio. Un regime occupatorio che funzionava
perch permetteva lo sfruttamento della terra, perch era interesse anche di chi occupava la terra sfruttarla al
meglio, al massimo, per avere maggiori guadagni, per avere un controllo pi capillare, era un sistema di
controllo del territorio che funzionava perch legava gli interessi di coloro che occupavano il territorio agli
interessi della comunit. La comunit aveva interesse che il territorio fosse pacificato e produttivo e controllato,
e chi lo occupava aveva interesse a controllarlo, a farlo produrre e a difenderlo. Pur tuttavia il sistema
presentava dei rischi, soprattutto nelle zone non del tutto pacificate, era forte il rischio che i nemici tornassero
e si riprendessero ci che era stato loro tolto. E non era sempre facile per questi patrizi difendere la terra, e
trattenere il nemico fin quando le armate romane non fossero giunte, senza contare poi che le armate romane era
formate in buona parte da plebei, che spesso sentivano di non avere interesse a difendere la terra altrui. Ecco
allora che molto presto, si affacci nei mores romani (negli usi, nei costumi romani), quindi nel diritto, un altro
modo di sfruttamento dellager publicus che consisteva nella fondazione di colonie. Roma decideva spesso attraverso legge - di destinare quote di ager publicus (ben delimitate) alla fondazione di colonie. Dei
magistrati ricevevano allora dai cittadini la iscrizione in speciali liste; questa iscrizione faceva dei cittadini dei
coloni; in una data prefissata i coloni sarebbero partiti da Roma alla volta di questo territorio e vi avrebbero
fondato una colonia. E la colonia sarebbe diventata una citt. Ora qual era il regime giuridico della terra
destinata a colonia? Veniva tracciato sul terreno un reticolato, una scacchiera di fondi e i lotti venivano
assegnati alle famiglie iscritte nelle liste dei coloni. Il regime non era lo stesso dellager occupato, che
prevedeva un possesso provvisorio, perch il colono affidatario avrebbe potuto contare sullappartenenza
definitiva. lassegnazione poteva essere fatta singolarmente ai cittadini, senza fondazione di colonia che i
romani chiamavano viritana, uomo per uomo - probabilmente veniva fatta in terreni non particolarmente
pericolosi dal punto di vista della sicurezza, dellordine pubblico, dalla salvaguarda delle pretese dei nemici.
Mentre il sistema delle colonie era maggiormente utilizzato in caso di terreni non del tutto pacificati, laddove
era necessario un agglomerato facilmente difendibile con una coesione che producesse la maggior difesa
possibile degli interessi di Roma. E allora anche in questo caso il sistema funzionava in modo eccezionale,
perch si otteneva la coincidenza eccezionale di interessi tra la pacificazione del controllo del territorio da
parte del popolo romano e Lo sfruttamento dei territori da parte dei coloni. Il colono doveva la sua vita a quella
terra e con la vita lavrebbe difesa. Questo era per un sistema di sfruttamento dellager publicus che portava
alla negazione di se stesso perch mentre loccupazione di ager publicus non produceva alcun mutamento del
regime giuridico dellager publicus stesso, nella misura in cui rimaneva pubblico e poteva essere in qualunque
momento destinato ad altro, nel caso invece della fondazione di colonie, o assegnazioni viritane, lager publicus
cedeva di fronte alla propriet dei singoli. Il popolo si spogliava del dominio in favore dei singoli che
avrebbero acquistato il dominio, appunto - la propriet individuale, che unappartenenza definitiva,
assoluta, difendibile contro chiunque;
Quali erano gli strumenti giuridici utilizzati dai romani per gestire in questo duplice modo lager
publicus? Per quanto riguarda loccupazione di ager, era sostanzialmente il Senato che lasciava libera
loccupazione, dallaltra parte invece, ben presto si impose il diritto da parte del popolo di provvedere con
legge, perch ci che era pubblico, per non essere pi tale, doveva prevedere la pronuncia del pubblico, del
popolo. Queste erano le leggi agrarie argomento di lotta politica fortissima soprattutto dal 2 secolo fino alla

fine della Repubblica. Perch attraverso lo strumento della legge agraria che si decideva il regime dellager
publicus, eche si ledevano gli interessi di chi lager publicus occupava.Vi una legge del 5 secolo a.C.,
esattamente del 456, che prevedeva la lottizzazione dellAventino in favore dei plebei che vi avrebbero potuto
costruire ivi la casa. La legge la Lex Icilia de Aventino: si rendeva pubblico lAventino e si concedeva
probabilmente in propriet privata ai plebei lotti perch i plebei non vi provvedessero a coltivare la terra ai fini
della loro sussistenza, ma costruirvi la casa,

AQUA PUBLICA
I fiumi perenni erano considerati dai romani res publicae, cio quei fiumi che garantissero una costante massa
dacqua durante tutte le stagioni dellanno.
Ma gli altri fiumi? I romani riconoscevano che gli altri fiumi potessero essere, talvolta pubblici, talvolta privati.
l'elemento in base al quale si potesse stabilire se il fiume era pubblico o era privato era La natura del suolo sul
quale essi scorrevano.
La natura del suolo attrae la pubblicit di altre res. Faccio riferimento agli acquedotti pubblici. Lacquedotto
pubblico era tale per cui doveva essere tutto pubblico, doveva essere pubblica la fonte cui lacquedotto
attingeva, doveva essere pubblica la condotta lungo la quale lacqua captata correva, dovevano essere pubbliche
le fontane che erogavano lacqua, dovevano essere pubbliche le piscine di decantazione, doveva essere pubblico
il serbatoio di distribuzione, insomma dalla captazione dellacqua fino al tratto finale delacquedotto stesso,
tutto doveva essere pubblico. lacqua un elemento naturale, le condotte sono un elemento artificiale, opera
delluomo. lelemento naturale e lelemento artificiale erano accumunati sotto il profilo giuridico dallessere
entrambi appartenenti alla stessa natura giuridica: la natura pubblica
Ma se lacquedotto avesse captato acqua privata, una fonte privata, un fiume privato, ecco che anche lacqua
doveva essere resa pubblica. Come? Acquistando. I romani non conoscevano lespropriazione per pubblica
utilit..
Il primo acquedotto pubblico di Roma della fine del 4 secolo a.C., Appio Claudio, quando era Censore. Era
necessario portare ai cittadini di Roma acqua maggiormente salubre, pi pulita, perch lacqua aveva una sola
destinazione ed era una destinazione di uso pubblico, quindi il sistema di erogazione, abbastanza capillare per i
tempi, era quello delle fontane, dove chiunque si poteva recare con un recipiente e attingere acqua, senza pagare
nulla e senza che qualcuno gli e lo potesse impedire.Narrano le fonti che una quota di quellacqua venisse
concessa anche a privati ma che comunque lacqua concessa dovesse in ogni caso servire ad usi pubblici e i soli
privati cui era riconosciuta lacqua erano i lavandai e i gestori di bagni. Ligiene, la salute pubblica, la pulizia
delle vesti e la pulizia del corpo che garantisce benessere e garantisce salute e igiene. Erano usi pubblici
anchessi, quindi un concetto molto esteso di uso pubblico, non un uso pubblico in categoria, in un elenco
preordinato, prefissato, chiuso, un uso pubblico esteso che comprende non solo luso dei singoli cittadini - per
bere, per cucinare, per lavarsi in casa, ma prevede anche Luso pubblico delligiene, della salubritas sotto forma
di costante pulizia dei corpi, costante pulizia delle vesti. Lacqua intesa come res publica poteva essere resa
privata ma solo ed esclusivamente con un atto del populus,
Per let repubblicana quindi, la regola era proprio che luso dellacqua pubblica fosse pubblico.
In et imperiale le cose cambiano perch lImperatore usa lacqua come uno strumento politico e provvede a
beneficiare dellacqua sempre maggiori quantit di soggetti privati per usi privati. Scompare in pratica la regola
della esclusivit degli usi pubblici e laumento importante di concessioni a privati per usi privati Tuttavia la
tutela dellacqua pubblica continua ad essere rimessa al popolo e ai magistrati.
Ed ecco allora che si ponevano 3 livelli di tutela dellacqua pubblica:
la tutela del popolo sotto forma di azione popolare, per la integrit dellacqua e delle sue strutture: qualunque
cittadino avrebbe potuto agire giudizialmente contro linquinatore, lazione avrebbe previsto il pagamento di
una multa da parte dellinquinatore, molto elevata, e parte della multa sarebbe stata incassata dal cittadino
agente, unaltra parte sarebbe entrata nellerario del popolo romano e con questi soldi probabilmente si sarebbe
provveduto alla riparazione dei guasti. Quindi lazione popolare a difesa di un bene pubblico per luso. Tra la
fine della repubblica e inizio et imperiale -, una legge, la Lex Quinctia, venne approvata per la tutela degli
acquedotti di Roma.
lazione di ingiurie, individuale, che tutelava luso pubblico, normale ma individuale della cosa pubblica,
dellacqua; tutela usi singoli in caso di impedimento da parte di un terzo Lazione popolare non poteva essere
utilizzata, linterdetto davanti al Pretore non poteva essere utilizzato, perch il privato non era concessionario
per un uso esclusivo lazione che i romani utilizzavano era unazione personale di fronte al giudice ordinario in
questo caso, perch la minaccia era recata alla persona, nei suoi interessi che erano quelli di usare normalmente

la cosa pubblica
linterdetto di fronte al Pretore per la tutela delluso privato ed esclusivo da parte dei concessionari. allinizio
dellet imperiale che viene introdotto uno strumento giudiziario di difesa degli interessi dei privati
concessionari di acqua a fronte di danneggiamenti e di minacce dei loro interessi. Nel caso in cui il privato
concessionario avesse registrato una minaccia al proprio diritto, a prendere lacqua cos come gli era stata
concessa, avrebbe potuto azionare lui stesso in quanto privato concessionario questo strumento giudiziario di
fronte al Pretore (si trattava di un interdictum) e azionarlo come privato per tutelare un proprio interesse privato
AQUA PROFLUENS
si riferisce alle acque intese come res communes omnium - cose comuni di tutti, elevate a categoria dal
giurista Marciano nellet dei Severi, grossomodo nella prima met del 3 secolo d.C.. Per diritto naturale
sono comuni di tutti quelle cose come laria, lacqua corrente, il mare, e attraverso il mare, i lidi del mare. Vi
discussione fra gli studiosi circa lidentificazione dellacqua cosiddetta profluens e anche circa il valore da
attribuire alle res communes omnium. La dottrina prevalente ritiene che questacqua non fosse quella condotta
artificialmente ma quella che scorreva naturalmente, che era allaperto, e soprattutto che tale classificazione di
origine filosofica non avesse un chiaro valore giuridico. Che lo scorrimento dellacqua avvenga allaperto
nelle caratteristiche stesse dellacqua corrente in quanto res communes omnium, se cos non fosse infatti
lacqua non sarebbe accessibile a tutti (res commune omnium). Diversa invece la questione se si trattasse di
scorrimento naturale o indotto dalluomo. Dalle fonti emerge che profluens indicava tanto lo scorrimento
naturale quanto quello indotto. Dal momento che queste res sono essenziali alla vita degli uomini evidente
che alla base della loro individuazione e della loro elevazione a categoria, vi fosse la preoccupazione di
garantire a tutti gli esseri umani, la soddisfazione di bisogni primari. Gli uomini dovevano avere la libera
disponibilit di un minimo che avrebbe permesso loro di vivere: laria, che nessuno avrebbe mai potuto negare,
cos lacqua profluens, cio lacqua che scorre sempre; e lacqua corrente nelle pubbliche fontane era spesso la
sola risorsa idrica per moltissime persone che popolavano le citt. Non vi allora impedimento a riconoscere
che Marciano possa aver considerato communes omnium, poich profluens, anche lacqua delle fontane dei
pubblici acquedotti. Non chiusa e condotta in tubazioni, ma corrente e allaperto, e quindi fruibile da parte di
tutti. Nonostante ci in et imperiale gli usi pubblici non avevano pi le caratteristiche della esclusivit rispetto
agli usi privati e le concessioni per gli usi dei privati crescevano in modo importante, supportate dalla migliore
tecnica di distribuzione attraverso appunto quelli che venivano chiamati castelli dacqua. Un autore del 1
secolo d.C., Frontino, lo storico degli acquedotti di Roma, tramanda che intorno allanno 100 d.C., gli
acquedotti pubblici di Roma, davano ai privati circa il 39% della loro portata. E alluso pubblico il 44%. E
quindi un fatto incontestabile che alla fine del 1 secolo d.C., gli usi pubblici e gli usi privati esclusivi, quasi si
equivalevano sul piano della politica di distribuzione idrica imperiale. Marciano scrive nella prima met del 3
secolo d.C. - quindi pi di 100 anni dopo E probabile quindi che nel secolo di Marciano la maggior parte degli
abitanti di Roma e non solo Roma, avesse a disposizione per le necessit vitali - dipendenti dallacqua - quasi la
stessa quota di acqua corrente attribuita in forma esclusiva alla minor parte dei cittadini per le necessit varie.
La categoria delle res communes omnium - le cose comuni di tutti, fu dunque una risposta da una
prospettiva giuridica, non filosofica. allaffermata politica di concessioni di res publicae e in particolare
di acqua pubblica. Giustiniano recepiva la classificazione di Marciano sulla base di 2 elementi importanti per
Giustiniano stesso: da una parte mettiamo la concezione universale dellImpero che questo Imperatore
cristiano aveva, e quando dico concezione universale non alludo esclusivamente allaspetto spaziale ma anche a
quello temporale. altro elemento sonoi precedenti vi sono delle Costituzioni in cui scritto innanzitutto
dovete garantire labbondanza dacqua per tutti i cittadini, se avanza qualche cosa potete pensare agli usi dei
singoli - agli usi privati, esclusivi.
DAL MEUM AL DOMINIUM
DOMINIUM PROPRIETA
Per parlare di questo modo di appartenenza, identificato presto dai romani con la parola Dominium e dal diritto
romano al diritto contemporaneo traslato attraverso la parola propriet, occorre fissare un presupposto: che la
propriet cos come noi oggi la intendiamo, come diritto reale, pieno e assoluto delluomo - inteso come singolo
- sulla cosa, non originario nel diritto romano.
E molto probabile che nellet pi antica, coincidente con una parte del Regnum, il modo di appartenenza
tipico dei romani fosse un modo di appartenenza che pi si avvicina al nostro concetto di propriet collettiva,
piuttosto che a quello di propriet individuale. Lappartenenza era piuttosto, nei confronti della res, in capo

a tutti i membri della comunit cui i romani davano il nome di GENS chenon era fondata sui legami parentali.
Tutti i componenti della comunit proprietari della cosa, della terra, pressoch per lintero. Alcuni studiosi
hanno parlato allora di PROPRIETA GENTILIZIA. Presto per innestato in questo schema un elemento
destinato a rompere lo schema e a permeare di s lintera vita giuridica dei secoli successivi. NEL PRIMO SEC.
D.C. Varrone narra di una tradizione antichissima in base alla quale il primo Re di Roma, Romolo, avrebbe
concesso a ogni singola persona del gruppo, una certa quantit di terreno che poteva essere trasmessa al suo
erede.
2 OSSERVAZIONI:
La 1 osservazione che questa quantit di terreno attribuita individualmente non esisteva fino a quel momento
Lheredium di Romolo un istituto che non ha precedenti e si innesta in una situazione per la quale tutti sono
proprietari del tutto e con lheredium il meccanismo del tutti proprietari del tutto interrotto perch vi sono
delle cose (i cosiddetti bina iugera) che non sono di tutti ma sono nellappartenenza individuale.
2 osservazione: sulla quantit di terra, bina iugera (2 iugeri). Lo iugerum era ununit di misura adottata dai
romani in riferimento alla terra. Due iugeri sono circa 5.000 metri quadrati, ben poca cosa, non idonea a
garantire la sopravvivenza di una famiglia media durante larco dellanno, quindi un terreno veramente a uso
individuale
CARATTERI BINA IUGERA
dalla fonte sappiamo solo che essa era trasmissibile allheres, al discendente. si trattava di un terreno in
godimento esclusivo da parte del concessionario che poteva probabilmente sfruttarlo a suo piacimento e poteva
impedire ad altri di ingerirsi.
E una scintilla dalla quale esploder il concetto di propriet individuale. Emersa la famiglia allinterno
della gens, e quindi frantumata la gens in tante famiglie, era evidente che gli stessi schemi sui quali la gens
poneva la propria esistenza, erano destinati allesaurimento, e lo schema dellappartenenza collettiva doveva
cedere il passo a uno schema che meglio si adattasse al nuovo istituto della famiglia basata sul potere esclusivo
del solo soggetto maschio, il pater. E lheredium, meglio della propriet gentilizia, si prestava agli usi e alle
necessit di questi nuovi gruppi le famiglie.
Gi nella prima et repubblicana gli individui, i singoli, i privati, chiedono insistentemente lattuazione piena di
questo modello di appartenenza. Lager publicus era sostanzialmente un retaggio dellager gentilicius, se lager
gentilicius era concretamente nellappartenenza di tutti, lager publicus era nellappartenenza del populus, ma il
populus era concretamente la somma degli individui che lo componevano. Ora, gli individui che componevano
il populus chiedevano insistentemente che lager publicus o parte di esso fosse destinato a ciascuno di loro con
caratteri analoghi a quelli che abbiamo riscontrato nellheredium, cio in modo definitivo, traslatizio, e tanto da
permettere al concessionario di usare questo appezzamento come meglio credeva e difenderlo di fronte a tutti,
contro tutti.
Ebbene che le assegnazioni viritane di terra pubblica o fondazioni di colonie, furono il fattore di sviluppo della
propriet individuale, perch gli assegnatari di ager publicus avevano nei confronti del lotto di terreno loro
affidato. un modo di appartenenza definitivo, perch non poteva essere revocato, tralatizio, perch lo potevano
trasmettere agli eredi, e pieno nella misura in cui su questo lotto potevano fare pressoch quello che ritenevano
opportuno fare, e assoluto nella misura in cui contro chiunque potevano opporsi, contro chiunque volesse
ingerirsi in questo rapporto. Questo modello applicabile - e i romani se ne rendono conto fin da subito - a ogni
tipo di relazione fra lindividuo e una qualunque res. Nato sullheredium e quindi sulla terra, questo modo
di appartenenza, fin da subito si estende a tutte le altre res.
CARATTERI
pienezza del rapporto, nella misura in cui lindividuo, il singolo si atteggia nei confronti della res in modo pieno
nel senso che pu fare di essa ci che ritiene pi opportuno.
assolutezza, nel senso che chi ha lappartenenza della res pu escludere chiunque altro dallo stesso modo di
appartenenza. E se qualcuno avr lardire di immischiarsi o minacciare laltrui nella sua appartenenza ecco che
costui - il minacciato - potr rivolgersi ai giudizi predisposti dalla civitas per impedire allaltro ogni ingerenza
I romani comunque non giunsero mai a definire questo modo di appartenenza
Lunica definizione che noi troviamo nelle fonti, una definizione Medioevale. La definizione Medioevale che
insiste su alcuni aspetti di questo modo di appartenenza: il diritto di usare, di percepire i frutti, financo di
abusare. Nel nostro codice civile (quello approvato nel 1942), non vi la definizione di questo modo di
appartenenza pieno e assoluto che identificabile nel nostro codice con la parola propriet, vi la definizione
di proprietario, ma non vi quella di propriet, scegliendo quindi una soluzione gi adottata dalle fonti romane.
Nella definizione di proprietario sono comunque insiti quegli elementi che ben presto i romani fecero emergere
nello studio di questo istituto, che era s pieno e assoluto ma che comunque nasceva gi limitato nella misura in
cui la pienezza e assolutezza dellappartenenza, incontrava il suo limite nella pienezza e assolutezza

dellappartenenza altrui su unaltra res. Perch questo era lo schema di quel modo di appartenenza, appunto,
individuale, per definizione pieno e assoluto ma limitato.
PROPRIETA
Modo di appartenenza pieno e assoluto limitato,perch la pienezza e lassolutezza si fermano di fronte alla
pienezza e assolutezza che, sulla res, pu vantare un altro individuo. Non esiste definizione, bisogna rendere
chiari i limiti e non eccedere in essi. LIMITI
La legge pu in qualche caso limitare la pienezza e lassolutezza che possono essere autolimitate
Non esistono limiti temporali
limiti spaziali invece s:considerato che questo di appartenenza pieno e assoluto nasce sulla terra,
evidente che il terreno su cui insisteva questa appartenenza doveva essere limitato dalla presenza di altri
terreni con analoghe caratteristiche nei confronti di altre persone.
Gli atti di disposizione: lindividuo che gode di questa appartenenza, pu accordarsi con altre persone per
limitare la disponibilit stessa che esso ha nei confronti della cosa.
Molti Limiti anche nella gestione Nellet pi antica di meno, nellet pi sviluppata nellet imperiale di
pi: un divieto antichissimo si trova nelle 12 Tavole (450 a.C.) il divieto di ustrinam facere, cio il
divieto di bruciare cadaveri nellambito della propria propriet sul suolo urbano.
Problema nome di questa appartenenza:
La prima testimonianza noi labbiamo nella formula della legis actio sacramenti in rem, unazione giudiziaria
che poteva essere utilizzata per rivendicare lappartenenza piena e assoluta nei confronti di una res. Nella
formula di questa legis actio si legge che il dichiarante doveva di fronte al magistrato pronunciare una
dichiarazione solenne: Dichiaro che questa cosa mia. Non un sostantivo: frase per qualificare modo
appartenenza pieno e assoluto, individuale. Perch nella legis actio sacramenti in rem non vi era un attore, colui
che agisce in giudizio, che chiama in giudizio unaltra persona, e non vi era un convenuto. Perch chi interviene
per primo, pronunciando per primo la formula Dico che questa cosa mia non assiste a una difesa della
persona contro la quale lui agisce, ma assiste a una controindicazione uguale e contraria, uguale perch anche
laltra persona - quella presso la quale si vuole rivendicare la cosa - dichiara questa cosa mia contraria perch
ovviamente delle due luna esclude l'altra. E allora, lassenza di un convenuto e la presenza di due attori un
chiarissimo indice dellassolutezza del rapporto. E allora sar compito del giudice riconoscere chi dei due abbia
legittimamente dichiarato la cosa mia. Laltro elemento: la pienezza. Da cosa lo ricaviamo? La
dichiarazione: dichiaro che la cosa mia lelemento sufficiente per innescare il giudizio, quindi rivendicare
la pienezza perch se questa appartenenza non fosse stata piena, la parte non avrebbe potuto dire mia,
avrebbe dovuto dire mia ma ...
Nelle fonti in et repubblicana gi pi avanzata, troviamo un sostantivo adatto a qualificare questo rapporto
pieno e assoluto, DOMINIUM. molto probabile derivi da Domus, dalla casa riferimento spaziale della
famiglia romana. E siccome questo modo di appartenenza pieno e assoluto ha connotati spaziali, ecco che il
nome che a un certo punto i romani decisero di dare a questo modo di appartenenza pieno e assoluto doveva
rappresentare lo spazio della famiglia, la DOMUS..
A un certo punto - alla fine della repubblicama parve necessario aggiungere una ulteriore espressione: ex iure
Quiritium - dal diritto dei Quiriti, gli antenati dei romani,
Quindi da MEUM EST a DOMINIUM. Da DOMINIUM a DOMINIUM EX IURE QUIRITIUM
MODI DI ACQUISTO
Quali sono i modi attraverso i quali i romani acquistano il dominium ex iure Quiritium? I romani elaborano
molto presto atti attraverso i quali procedere al trasferimento delle cose. Gaio nelle sue Istituzioni distingueva
tra atti di trasferimento del dominio dipendenti dal diritto naturale e atti dipendenti dal diritto civile.
Allinterno di questa distinzione poi si provvedeva a distinguere i modi di acquisto a seconda delle
caratteristiche delle res. Le res mancipi, le cose pi preziose MANCIPATIO (atto solenne fortemente connotato
sotto profilo formale). Per le res nec mancipi LA TRADITIO, il passaggio di mano in mano (riconducono al
diritto naturale non formale pu essere effettuato inq ualunque modo una consegna)
Tardi si arrivati a distinguere i modi di acquisto del dominio sotto il profilo della originariet o della
derivativit.
Oggi infatti si usa distinguere i modi di acquisto del dominio in questo modo: con atti a titolo originario e a
titolo derivativo, dove la differenza posta dalla relazione tra lindividuo che trasferisce e la res. Laddove si ha

una relazione in cui il precedente dominus della res la trasferisce al nuovo dominus, ecco che siamo di fronte a
un modo di acquisto a titolo derivativo. A titolo derivativo la mancipatio, il negozio infatti prevede la
compresenza di ambedue le persone, il dominus che cede e il dominus che acquista. La traditio, ovviamente,
per definizione perch consiste nella consegna e quindi luno deriva dallaltro il proprio titolo. Gli acquisti
invece a titolo originario sono modi di acquisto che trascendono ovviamente dalla derivazione. Il dominus che
acquista non deriva il suo titolo dal dominus precedente, per vari motivi: o perch si perduta memoria del
dominus precedente o perch un dominus precedente non ravvisabile.
CASO USUCAPIONE non siamo in grado di stabilire se lusucapione appartenga al titolo degli originari e dei
derivativi. Tutti gli atti traslativi - mi riferiscono in particolar modo a quelli che vengono definiti atti traslativi a
titolo derivativo - producono nel mondo fenomenico e giuridico effetti reali, nel senso che la traslazione
produce lacquisto del dominio da parte dellacquirente che un effetto reale, nel senso di res. E leffetto reale
si distingue nel diritto romano in modo chiaro e incontrovertibile dalleffetto obbligatorio, leffetto obbligatorio
appunto la genesi del dovere giuridico, dellobbligazione, del dover tenere un comportamento; leffetto reale
non prevede il dover tenere un comportamento perch leffetto appunto reale, immediato.

POSSESSO
una chiara invenzione romana che nasce dallo scollamento concettuale tra il concetto di appartenenza piena e
assoluta e il concetto di appartenenza non piena e non assoluta che possono insistere sulla stessa cosa.
Il fenomeno dal quale trae origine il possesso quello della occupazione dellager publicus. I patrizi (e dopo di
loro anche i plebei) che provvedevano a occupare ager publicus, non potevano vantare nei confronti di questo
ager unappartenenza piena e assoluta per un semplicissimo motivo: che il popolo - che aveva in verit il
dominio di queste terre - non aveva contratto lelemento pubblico. Avrebbe potuto farlo con legge, a questo
punto avrebbe attribuito ai singoli, agli individui i lotti. Ora, sotto il profilo giuridico, loccupazione di ager
publicus, cos strutturata, produceva come conseguenza il fatto che loccupante non aveva pienezza e
assolutezza dellappartenenza, aveva luso, usava la res come il dominus usa la res che pu dire sua. Sotto il
profilo delluso non vi era nessuna differenza, tra un modo di appartenenza pieno e assoluto e un modo di
appartenenza non pieno e assoluto quale quello delloccupazione di ager publicus. Quindi originariamente
possiamo dire che loccupazione di ager publicus identificava luso con il potere su questa terra e da
potere viene infatti la radice della parola possesso. Possesso si identifica originariamente con luso, perch
non pu identificarsi con la res. Mentre il dominium si identificava con la res . Il possesso si poteva identificare
nel potere di usare la res, ma non nella res. Questa connotazione originaria emerge dalla definizione che viene
data da Elio Gallo, attraverso lopera di FestoIl possesso luso del terreno o delledificio, non lo stesso fondo,
lo stesso terreno Infatti il possesso non c in quelle cose che non possono essere toccate (quelle che Gaio
chiamer res incorporales) n chi dice di possedere pu dire res mea est.
Ora per si possono usare anche res incorporales Chi potrebbe mai dire che non si usa una servit? La servit
insiste sulluso! del bene altrui, al servizio del bene proprio. I romani nella coscienza di non potere attribuire al
possessore la res, ne identificano il diritto con la disponibilit del corpus della res stessa.
Ulteriore distinzione: Laddove originariamente il possesso si identificava con luso della res, individuando un
corpus della res sul quale insiste il possesso, si poteva arrivare ad ammettere il possesso del corpo
indipendentemente dalla utilizzazione dello stesso, perch non era luso a qualificare il possesso, ma era la
disponibilit del corpus, al di l delluso. Ed ecco che i romani arrivavano a considerare possesso anche casi
in cui non solo non era prevista la possibilit di usare la res, ma casi in cui fosse addirittura proibito usare la
res, ad esempio nel sequestro un istituto in base al quale una res oggetto di giudizio viene sequestrata alle parti,
affidata a un terzo - il sequestratario - che la conserver nelle more del giudizio per restituirla poi al vincitore
della controversia su indicazione del giudice. Il sequestratario non pu utilizzare la cosa, se lo facesse
commetterebbe un furto, il suo compito un altro, quello di conservare, ma i romani arrivano a concepire
questa conservazione come un possesso perch pongono a tutela del sequestratario gli stessi strumenti giuridici
che pongono a difesa delloccupante lager publicus - che pure usa, deve usare. TUTELA POSSESSO : Lo
strumento linterdetto, che uno strumento giudiziario che non coincide con lazione e che permette al
possessore di difendere la propria posizione non nei confronti di tutti, perch non un diritto pieno e assoluto,
ma nei confronti di chi in quel momento lo sta disturbando, purch non sia il proprietario, ovviamente. E il
sequestratario si trover di fronte al proprietario solo quando il giudice lo decider, solo quando il giudice dir:
questi il proprietario, ecco in quel momento il sequestratario sar tenuto a restituire di fronte al proprietario,
ma fino a quel momento chiunque potr essere allontanato dal corpus perch non ha diritto di mettervi le mani
sopra. Questo il possesso che i romani definiscono INTERDITTALE perch accomunato dalla

disponibilit del corpus - indipendentemente dallusus che vi sia o no - e accomunato dai mezzi posti a tutela
del possessore (gli interdetti appunto).
I romani per si rendono conto che il fenomeno del possesso non pu essere semplicemente risolto attraverso la
disponibilit del corpus, perch la semplice disponibilit del corpus avrebbe potuto generare difetti nellistituto
in quanto avrebbe potuto far comprendere allinterno dellistituto stesso fenomeni nei quali era carente un
elemento soggettivo tale per cui emergesse la volont da parte del possessore di escludere chiunque altro
negando cos la presenza del possesso stesso. E allora laddove i romani identificavano la disponibilit del
corpus ma non individuavano la volont di escludere altri dal possesso, ecco che negavano la presenza del
possesso stesso. Ecco, vi sono casi in cui pur avendo la disponibilit del corpus colui che ne ha la disponibilit
non vuole tenerla per s, non pu tenerla per s, perch perfettamente cosciente che altri ha la res, il caso
dellusufruttuario, il caso del depositario. Nel deposito, il depositario vero che ha la disponibilit del
corpus, che non la possa usare non ci importa nulla perch il suo compito un altro, lui sa che la tiene per altri,
e ad altri la restituir, manca al depositario lanimus, pur essendoci il corpus. Ed era quello che i romani
definirono presto possessio naturalis, e che noi chiamiamo detenzione, per distinguerla dal possessoVi era un
altro fenomeno legato al possesso: questaltro fenomeno era quello che i romani chiamarono presto possessio
civilis, (possessio in latino femminile, la possessio). La disponibilit del corpus, la presenza dellanimus,
quindi disponibilit della cosa e volont di tenerla per s, potevano in presenza di determinate condizioni
produrre lacquisto del dominio. Lusucapione quel modo di acquisto della propriet attraverso il possesso
prolungato nel tempo: animus e corpus, insieme al tempus, sono le condizioni necessarie perch dal possesso si
passi alla propriet.
DIFESA POSSESSO:INTERDETTI
Gli interdetti sono cosa diversa rispetto alle azioni giudiziarie, perch mentre lazione astrattamente contro
tutti - un modo di difesa di una appartenenza piena e assoluta - linterdetto non ha le stesse caratteristiche, pu
essere infatti adottato contro specifiche persone, non contro il proprietario. Il possessore non pu dire res mea
est, non identifica il suo possesso con la res, ma con il corpus e quindi non pu usare lazione, perch lazione
pu essere usata solo da chi pu dire meum est; usa linterdictum, uno strumento giudiziale, pi rapido, pi
agile ma che non difende la pienezza e lassolutezza dellappartenenza
MANCIPATIO
La mancipatio il modo di acquisto del dominium delle res mancipi. un istituto antichissimo, ne troviamo
traccia nelle 12 Tavole, ma molto probabile che fosse pi antico. La mancipatio descritta da Gaioche nel 2
secolo d.C., descrive una mancipatio cos come si realizzava grossomodo ai suoi tempi. Quindi noi non
sappiamo con certezza quale fosse la forma Gaio ci fa capire la complessit dellatto e lestremo formalismo e
solennit, dovuti al suo oggetto: si tratta di un atto attraverso il quale si acquistano le res mancipi, le cose pi
preziose, le cose che fanno sopravvivere la famiglia e quindi fanno sopravvivere il popolo La forma
immutabile la scena deve essere osservata, altrimenti latto nullo, perch la sostanza dellatto coincide
pienamente con la sua forma. Una qualunque variante produce la inesistenza del negozio e quindi il mancato
passaggio del dominium. Un vizio nella mancipatio fa s che la mancipatio non possa produrre gli effetti
lacquirente non acquista il dominium, ma il possesso , quindi non si producono effetti reali e lusucapione il
rimedio, evitare che cada tutto nel nulla.
Nella scena compaiono 9 PERSONAGGI: 8 PERSONE + 1 HOMO CHE RES
5 TESTIMONI di et pubere e della stessa condizione: testimoni che latto avvenuto cos come doveva
avvenire. Nel caso in cui le cose non vadano bene e bisogna ricorrere al giudice, ecco che potranno essere
chiamati testimoni che racconteranno come sono andate effettivamente le cose, ed ecco perch devono essere
della stessa condizione,
ACQUIRENTE: - mancipio accipiens Lunico personaggio parlante colui che acquista. Dichiaro che
questuomo mio per il diritto dei Quiriti, e lo compro con questo bronzo su questa bilancia e poi dava il
bronzo a colui dal quale riceveva il mancipio, in luogo del prezzo. Innanzitutto colpisce il fatto che
lacquirente parli al presente, come se avesse gi acquistato, mentre lo sta facendo. I romani usano la stessa
formula per acquistare una res e per rivendicarla. Attraverso questa scena trasmesso il dominium.
CHI CEDE -macipio dans: In verit anche il mancipio dans pu parlare nella scena della mancipatio. Nella
descrizione di Gaio ci non appare ma che il mancipio dans possa parlare noi lo sappiamo in modo chiaro da una
norma delle 12 Tavolecome la lingua abbia pronunciato, cos sar il diritto. E evidente che qualcun altro pu
parlare. E non il libripens che si limita a certificare la bont del prezzo, non sono i testi perch quelli
eventualmente parleranno di fronte al giudice, Rimane il mancipio dans, cio colui che concede il mancipio. Ma
cosa potr mai dire costui? Quali aspetti potr mai chiarire parlando che gi non sappiamo? Ma se il mancipio

dans parla, se pu parlare, e se tutto ci che lui dir sar diritto, quindi sar legge fra le parti, non sar una
inutile ripetizione, ma sar necessario e utile ai fini della definizione del negozio. Dalle parole del mancipio
dans noi finalmente capiamo qual la causa cui dirige la forma della mancipatio, !
il mancipio dans ha interesse a parlare ed ecco la sua posizione privilegiata uti lingua nuncupassit cos come
lui ha detto cos sar diritto. Ecco la mancipatio attraverso uti lingua nuncupassit Ora questo modo di operare
attraverso uti lingua nuncupassit, aveva il nome di NUNCUPATIONES, attraverso le nuncupationes veniva
esplicitata una causa che non poteva emergere da una forma fine a se stessa. A dimostrazione del fatto che anche
in un negozio formale quale la mancipatio, una causa poteva comunque emergere, non ai fini della efficacia
intrinseca dellatto, ma ai fini della sua validit, perch latto sviluppava i suoi effetti per il fatto di esser
perfetto nella sua forma, ma se non si fosse rispettata la nuncupatio, che ricordiamoci lex esto, legge tra le
parti, si poteva impugnare latto. Ed curioso e importante al contempo verificare come il linguaggio delle fonti
- una fonte legislativa quale le 12 Tavole - adotta la parola lex per indicare il contenuto pattizio della
mancipatio.lnel cc contratto ha luogo di legge fra le parti,
LIBRIPENS personaggio un po particolare, che sta l, Percuote la bilancia. Lui l perch deve pesare il
bronzo che chi riceve la res dovr dare a chi concede la res, in luogo del prezzo. Il prezzo si pesa, non si conta
(dimostrazione che la mancipatio un istituto antico). La moneta coniata ci sar tra il 4 e il 3 secolo. In un
momento successivo, sempre molto antico, si arriva a confezionare lingotti di bronzo con un peso specifico.
percuote la bilancia con il bronzo E una finzione, evidente. Il libripens colui che pesa il prezzo, ha una
funzione originaria, effettiva, reale, concreta, la pesata del prezzo, certifica il prezzo. Ma quando il prezzo non
viene pi pesato, ma viene contato il libripens continua a mantenere la bilancia, il prezzo non pi un elemento
necessario e fondamentale ai fini della legittimit della mancipatio, perch sparisce dalla scena, quindi dalla
forma e va dietro le quinte, il prezzo viene pagato fuori dalla scena.
EVIZIONE. Cio della possibilit che terzi rivendichi vittoriosamente il dominio o un altro diritto reale sulla
cosa trasferita attraverso una mancipatio
OBLIGATIO AUCTORITATIS, nel senso che colui che cedeva il mancipio doveva prestare la propria
autorit acch nessuno avrebbe evitto quella cosa, quella res. Si impegnava a garantire, e nel caso in cui
nonostante la garanzia, qualcuno avesse evitto vittoriosamente la res, questi avrebbe dovuto sopportarne le
conseguenze, quindi avrebbe dovuto pagare il prezzo della cosa, raddoppiato, triplicato, a seconda delle
caratteristiche dei casi specifici. OBLIGATIO AUCTORITATIS, nel senso che colui che cedeva il mancipio
doveva prestare la propria autorit acch nessuno avrebbe evitto quella cosa, quella res. Si impegnava a
garantire, e nel caso in cui nonostante la garanzia, qualcuno avesse evitto vittoriosamente la res, questi avrebbe
dovuto sopportarne le conseguenze, quindi avrebbe dovuto pagare il prezzo della cosa, raddoppiato, triplicato, a
seconda delle caratteristiche dei casi specifici. Nei confronti dello straniero, lauctoritas deve essere eterna senza limite, senza scadenza, perch lo straniero non soggetto al diritto civile, e lusucapio un istituto del
diritto civile.

TRADITIO
atto per acquistare dominium res nec mancipi, atto di diritto naturale, di diritto delle genti - secondo Giustiniano
- perch esso non nasce nel diritto civile, la traditio pu essere utilizzata da tutti gli esseri umani per trasmettere
cose e per i romani essa produce effetti civili - il dominium appunto - se utilizzata nei confronti delle res nec
mancipi e in presenza di altre condizioni. Ma in s, la traditio altro non che un mero atto traslativo di una cosa,
senza causa. Consiste nella dazione immediata, uno spostamento della cosa, una mano che passa ad unaltra
mano un oggetto, non sappiamo la causa. La traditio di una res mancipi non potr comunque mai produrre
lacquisto di un dominium, perch di per s non idonea a produrre lacquisto del dominium sulle res nec
mancipi, necessaria una mancipatio, o una in iure cessio. Al massimo la traditio di una res mancipi potr
produrre in capo a chi riceve, lacquisto del possesso ma mai lacquisto del dominium.
La traditio pu produrre lacquisto del dominium solo in presenza di determinate condizioni.
1. si deve trattare di una res nec mancipi. Gaio nel 2 libro delle Istituzioni
2. si deve trattare di una res corporalis perch solo le res corporalis accettano la traditio, perch un atto
meramente traslativo, una consegna di una cosa.
3. il tradente sia dominus. Non pu il tradente trasmettere allacquirente un titolo che lui stesso non abbia.
4. Gaio parla di un altro elemento: la causa. sia per vendertelo, sia per donartelo, sia per qualunque altra

causa.. Da queste parole sembrerebbe che una causa sia necessaria. Gaio non chiaro, Sembrerebbe introdurre
il principio della necessit di una causa lasciando per ampiamente libera la causa stessa.
Vi sono dei testi di giuristi nei quali sembrerebbe emergere la necessit di una causa ai fini del trasferimento del
dominium in caso di traditio di una res nec mancipi. Se non vi ha causa o se la causa non univoca, il
dominium non passa. Un esempio che ricorre nelle fonti: ti ho dato quel vestito con lintenzione di vendertelo,
ma tu hai pensato che te lo volessi donare. Venditionis causa per luno, donationis causa per laltro . Donationis
causa non prevede il pagamento di un prezzo, a diferenza della vendicationis causa. In questo caso per alcuni
giuristi la propriet, il dominium non sarebbe passato. Per altri invece, quellatto incolore che la traditio, in
presenza degli altri requisiti cio il dominium da parte del tradente e la res nec mancipi corporalis erano
sufficienti di per s a trasmettere il dominium. Quindi chi avesse ricevuto per traditio, ritenendo di ricevere in
donazione, avrebbe ricevuto il dominium e non avrebbe dovuto a questo punto pagare nulla allaltro che avendo
effettuato la traditio contava invece di avere del denaro perch lo faceva venditionis causa. In verit anche in
questo secondo caso, anche i giuristi di questa seconda ipotesi potevano per lutilit del tradente un rimedio
giudiziario che era quello della conditio cio davano al tradente nel caso di causa inesistente o errore nella
causa, unazione giudiziaria attraverso la quale potesse ripetere la propriet del bene quando il trasferimento
fosse avvenuto in difetto di causa.
Non possibile effettuare una traditio immaginaria, una traditio data per fatta, la traditio va fatta, altrimenti
non si ha trasferimento. Ed ecco la necessit di una materialit della traditio, una traditio effettiva, materiale,
corporale, come le cose. Ben presto per i romani si rendono conto che non sempre una traditio nel senso
materiale del termine possibile, e ammettono delle eccezioni, delle figure di traditio ficta, di tradizioni
fittizie. Ad esempio la traditio simbolica, si d come avvenuta come una traditio materiale: la traditio longa
manus consiste nelleffettuare la traditio della res non nella materialit effettiva ma indicandola o sul territorio
es effettuando unindicazione su una mappa. Laddove si poneva pi fortemente il problema era invece nel caso
del traditio brevi manu e del c.d. costitutum possessorium, perch qui una vera e propria traditio non cera. Si
poteva verificare infatti che chi fosse possessore attraverso questa traditio ficta, divenisse proprietario o chi era
proprietario attraverso questa traditio ficta divenisse possessore. Non cera una traditio vi era una traditio
immaginaria, assolutamente fittizia, inesistente, talmente astratta da essere inesistente
Il pericolo insito in queste traditiones consisteva nel negare la distinzione fondamentale per il diritto romano tra
atti che generano effetti obbligatori e atti che generano effetti reali. Perch attraverso una traditio ficta come
questa, o una traditio brevi manu, o un costitutum possessorium, in fondo in fondo la propriet del bene passava
non tanto in dipendenza di una traditio che non esisteva ma quanto in dipendenza dellatto presupposto che
poteva essere un contratto di compravendita. che ha solo effetti obbligatori, non c'era traditio ma si dava per
fatta col rischio che l'atto non idoneo a generare effetti reali, a trasmettere la propriet. Ed ecco perch alla fine
del 3 secolo vengono emanate Costituzioni - Diocleziano - nelle quali scritto chiaramente che il dominium
non si trasmette attraverso i contratti ma attraverso traditio, usucapio, ecc. ecc.. Si rivendicava insomma con
queste Costituzioni la distinzione tra atti a effetti reali e atti a effetti obbligatori
IN BONIS HABERE - PROPRIETA PRETORIA
A Roma il concetto di dominium, non era un concetto unitario, per i romani non aveva senso parlare di una
propriet, ma era piuttosto pi logico parlare di propriet al plurale, perch il sistema giuridico romanistico era
strutturato in modo tale da permettere la coesistenza finanche sulla stessa res di pi forme di dominium,
ugualmente connotate sotto il profilo della pienezza e assolutezza, ma diversamente connotate sotto il profilo
della protezione in quanto dipendenti da presupposti diversi.
Gaio presenta questo duplice dominio in due punti delle sue Istituzioni: nel 2 libro e nel 1 libro, noi partiamo
dal 2 libro: taluno poteva essere dominus per il diritto dei Quiriti tal altro poteva invece avere in bonis..
Da una parte c un dominium qualificato anche sotto il profilo sostantivale dominus ex iure Quiritium,
dallaltra abbiamo un dominium che sotto il profilo delle espressioni dipende da una espressione appunto in
bonis habere e secondo Gaio il concetto unitario della propriet stato presto abbandonato dai romani per un
concetto duplice, laddove vi pu essere un dominus ma vi pu essere anche chi ha in bonis. Non ha ancora detto
nulla, ovviamente, sulla sostanza. In bonis habere significa letteralmente avere tra i beni, ma anche il
dominus ha tra i beni!Ma qui, con questa espressione in bonis habere, si vuole pi puntare sulla concretezza
dellistituto pi che sulla sua sistemazione dogmatica.
Ma facciamo continuare Gaio, che chiarisce. Presso i cittadini romani il dominium duplex (duplice) infatti
una cosa o in bonis o nel dominio ex iure Quiritium o luno e laltro e fa lesempio del servo, che pu
essere dek dominus ex iure quiritium e di chi lo ha in bonis , qiundi sulla stessa res pu insistere questo duplice
dominium, sche non dipende tanto dalle res, quanto dai presupposti.

Cominciamo a capirne di pi su questo duplex dominium. Si pu dare il caso in cui taluno abbia il dominium ex
iure Quiritium e abbia anche il servo in bonis. A questo punto, nulla quaestio, dominus, non ci sono problemi,
esercita la potest, ma si potrebbe anche dare il caso in cui le due figure siano scisse, cio il caso in cui abbia il
dominium nudum ma non abbia il servo in bonis, non ne abbia quindi la disponibilit. Allora in questo caso, chi
ha il nudum dominium ex iure Quiritium non ha anche la potest sul servo. Il potere sul servo ce l'ha Chi ce lha
in bonis. E allora: noi siamo di fronte a una situazione nella quale un servo pu essere in dominio nudo di uno e
in bonis di un altro e chi ha il nudum dominium non esercita il potere sullo schiavo perch il potere pu essere
esercitato solamente da chi ce lha in bonis. si tratta di una persona che ha s il possesso ma ha qualche cosa di
pi.
Se quindi un servo, che una res mancipi, fosse stato trasmesso attraverso mancipatio o in iure cessio, non vi
sarebbe problema, perch chi lo acquista, acquista il dominium ex iure Quiritium, non il nudum dominium, il
dominium!
Se lo schiavo viene trasmesso attraverso un atto di per s inidoneo a trasmettere il dominium ex iure Quiritium,
quindi attraverso la traditio, succede che colui che ha acquistato lo schiavo attraverso la traditio ne diviene
possessore, colui che ha trasmesso lo schiavo attraverso la traditio ne mantiene il dominium ex iure Quiritium,
ma nudum.
Ora colui che ha ricevuto il servo attraverso la traditio, avrebbe un solo strumento giudiziario per difendere il
suo buon diritto, che lINTERDICTUM ma pu essere utilizzato contro chi disturba il possessore che non sia
per il proprietario. Il possessore dello schiavo non avrebbe alcuno strumento per resistere in giudizio, perch
non pu negare lesistenza di un dominium ex iure Quiritium. Ecco quindi che sorgeva la necessit di tutelare
questi casi.,agendo nel campo del processo, assegnando al possessore dello schiavo acquistato tramite traditio
in buona fede una eccezione valida a resistere in giudizio di fronte a uneventuale pretesa del nudus dominus EXCEPTIO REI VENDITAE ET TRADITE - con la quale era sufficiente dimostrare che la cosa era stata
venduta, quindi era stato pagato un prezzo
Ma se fosse stato un terzo a rientrare in possesso del servo, perch nel frattempo il dominus avesse effettuato
una mancipatio dello stesso servo nei confronti di una terza persona. E allora ecco che il PRETORE mette a
disposizione di costoro, cio di coloro che avevano acquistato uno schiavo, una res mancipi attraverso traditio,
avendola pagata, metteva a disposizione unazione, AZIONE PUBLICIANA, con la quale si permetteva al
nostro acquirente di difendersi contro chiunque avesse minacciato il suo buon diritto, con unazione basata su
una finzione. Il magistrato, in pratica, con questa formula giudiziaria, invitava il giudice a verificare lesistenza
dei presupposti, cio - che fosse stato pagato un prezzo (quindi che fosse intervenuta una compravendita); - che
fosse stato tradito lo schiavo e in presenza di questi presupposti avrebbe invitato il giudice a sentenziare come
se fosse trascorso il tempo utile per usucapione. Ed ecco che la sentenza sarebbe stata favorevole al nostro
acquirente tramite traditio, con una finzione giudiziaria.
Allora s duplex dominium, ma fondato su un inceppo del sistema. Un duplex dominium per il semplice fatto
che contemporaneamente cera un nudus dominus e chi aveva la cosa in bonis, ma ugualmente si atteggiava a
proprietario, en on era proprietario per un difetto del sistema. Va da s che questo actio publiciana e questo
exceptio rei venditae et tradite valevano giusto il tempo dellusucapione. Perch una volta intervenuto il tempo
utile per usucapione, ecco che il nostro possessore, in buona fede, dello schiavo ceduto attraverso traditio,
poteva vantare il titolo di dominus ex iure Quiritium. Trascorso il periodo dellusucapione era sufficiente
provare che era trascorso questo brevissimo periodo per poter vantare il titolo di Dominus.
Quindi possiamo dire, a buon ragione, che la differenza tra lin bonis habere, anche propriet pretoria e il
dominium ex iure Quiritium, una differenza sostanzialmente formale, perch si fonda su una diversit di
assetto normativo, tra lo ius civile - cio lex iure Quiritium - e lo ius honorarium, che si fonda sullEditto del
Pretore, dal quale scaturisce lactio publiciana e exceptio rei venditae et tradite. La differenza formale tra
dominium e in bonis habere si riflette in una analogia sostanziale tra dominium ex iure quiritium e in bonis
habere perch lappartenenza di chi ha in bonis la res unappartenenza piena e assoluta, come il dominium;
quindi unanalogia sostanziale, ma ridotta nel tempo, perch chi ha in bonis la res mancipi avr interesse a far
valere il suo diritto attraverso lactio publiciana e exceptio rei venditae et tradite solo nel tempo in cui non
maturata ancora lusucapione.
Lunica differenza sostanziale, se vogliamo, tra dominium ex iure Quiritium e lin bonis habere quella che si
spiega Gaio: Chi ha il nudum dominium sul servo non esercita su di lui la potestas non ha il potere. Cosa vuol
dire non avere potere su uno schiavo? Non lo pu liberare! Se lo libera, questa liberazione non ha gli stessi
effetti che avrebbe se fosse effettuata nel pieno diritto. Era per pur sempre un duplex dominium.

PROPRIETA A ROMA Altre forme di appartenenza a Roma connotate sempre sotto il profilo della pienezza e
dellassolutezza.
PROPRIETA PROVINCIALE
Gaio - le Istituzioni 2 libro Nel suolo provinciale il dominium del popolo romano o dellImperatore
(Cesare dice, Cesare era sinonimo di Imperatore). Noi invece sembra che abbiamo solo il possesso e
lusufrutto. Gaio quando usa la parola dominio intende parlare di propriet, intende parlare di
quellappartenenza piena e assoluta connotata appunto in questo modo e definita quale dominium. La propriet
del popolo romano o di Cesare fa questa distinzione perch le province venivano distinte in et imperiale a
seconda se si trattassero di province senatorie o imperiali. Le province senatorie erano amministrate secondo
regole dettate dal Senato, o meglio ancora, i cui governatori erano nominati dal Senato. Le province imperiali
invece erano quelle province direttamente amministrate dallImperatore. Il problema capire quale tipo di
relazione giuridica vi possa essere fra il provinciale che sfrutta quella terra e il popolo romano o Cesare che
sembrerebbero essere proprietari. Per qualificare questo rapporto, Gaio utilizza istituti tipici del diritto
romano: possesso e usufrutto, lo fa esclusivamente per finalit di esemplificazione, non lo fa per fare in
modo che questi istituti vengano calati nella realt provinciale, il diritto romano non si applica nelle province, si
applica ai cittadini, ai cittadini romani, ma le province vivono secondo i loro usi.
Vuol dire che il rapporto giuridico che intercorre tra il provinciale e il fondo che egli occupa, lo stesso che vi
potrebbe essere fra un cittadino romano e un fondo che egli possiede o di cui ha lusufrutto. I caratteri del
possesso li conosciamo: animus e corpus. Lusufrutto un diritto di godere e di usare e di percepire i frutti del
bene altrui tenendo inalterata la destinazione economica del bene usufruito. Il proprietario non ha il possesso, il
proprietario non ha lusufrutto, perch il possesso e lusufrutto sono stati ceduti a terzi. Quindi chi usa del
terreno, chi ne percepisce i frutti, chi lo sfrutta insomma, non il proprietario, il dominus, ma il possessore lusufruttuario. Attenzione per, perch il possesso pu essere revocato. Lusufrutto ha una durata, che non pu
eccedere la vita dellusufruttuario. La forma di tutela del provinciale non la stessa che ha il possessore o
lusufruttuario nei confronti di una res, ma analoga di quella che ha il dominus nei confronti della res.
Gaio in pratica ci vuole solamente far capire che il provinciale non pu essere definito pienamente dominus
perch il dominus Cesare o il popolo romano e il proprio titolo pu essere revocato dal popolo romano, in
preesnza di determinate condizioni e quindi lusufruttuario non pu trasmettere lusufrutto ai propri eredi
perch esso cede con la fine della sua vita. Ed ecco perch allora Gaio usa anche il possesso e 'usufrutto, come
esempio. Lusufrutto meglio del possesso rende lidea dello sfruttamento del fondo - uso e percezione dei frutti
- il possesso meglio dellusufrutto rende lidea della trasmissibilit del diritto stesso. Infatti, il provinciale
tenuto al pagamento di una tassa per luso che fa del terreno. La deve pagare o a Cesare - tributum - o al popolo
romano - stipendium . Il mancato versamento del tributo pu autorizzare Cesare o il popolo romano a revocare
il titolo del provinciale. Per sotto il profilo della tutela, la difesa del diritto del provinciale ha gli stessi identici
caratteri della difesa messa in atto dal cittadino romano nei confronti del proprio dominium. Ed ecco in che
cosa consiste la pienezza e lassolutezza, perch il provinciale pu agire contro chiunque lo disturbi, attraverso
unazione, cos come il cittadino romano pu agire contro chiunque lo disturbi attraverso unazione per
appunto rivendicare il proprio dominium - ma non contro il popolo romano, non contro Cesare.
PROPRIETA PEREGRINA
si differenzia dalla propriet provinciale per il fatto che il provinciale proprietario di una res a Roma o un
fondo italico, fuori dalle province. Ovviamente non si pu applicare al provinciale il diritto civile romano,
perch il provinciale non cittadino romano. Non si pu applicare al provinciale il suo diritto perch si trova a
Roma (o comunque in Italia, il fondo italico). Il fondo italico non pu essere sottoposto a un regime giuridico
che non sia lo ius romanum.
Come allora lo straniero a Roma pu tutelare il suo buon diritto su questo tipo di res? Soccorre anche in questo
caso lo ius honorarium - il diritto pretorio. Non potendo applicarsi il diritto civile si applica il diritto pretorio
che attinge allo ius gensium e allo ius civile contemporamente, creando un diritto nuovo, lo ius honorarium. In
questo caso allora lo straniero sar tutelato nel suo buon diritto, attraverso la stessa azione che il civis romanus
utilizza per difendere la sua propriet quiritaria: la rei vindicatio, ma la rei vindicatio, a rigore di regola
accessibile solo ai cittadini romani perch un istituto dello ius civile, Ecco la finzione invece in questo caso
quella di invitare il giudice a giudicare come se non fosse uno straniero lattore, ma come se fosse un cittadino
romano..
Ora, di tutte queste propriet cosa rimane dal post classico allet giustinianea? Cosa rimane nel diritto romano
di Giustiniano, di queste forme di propriet? Innanzitutto la propriet peregrina la prima che cade, nel 212
d.C. - lo sappiamo gi - lImperatore Antonino Caracalla della dinastia dei Severi, concede la cittadinanza a tutti

(quasi tutti), alla stragrande maggioranza, degli abitanti dellImpero. In queste condizioni nessuno pi
straniero nellImpero Romano e non si pu pi verificare che un peregrino abbia dei beni a Roma, sono tutti
cittadini romani e quindi la propriet peregrina viene meno. Per quanto concerne la cosiddetta propriet
bonitaria, in bonis habere, la propriet pretoria, essa sostanzialmente cade quando nel 531 Giustiniano abolisce
definitivamente la distinzione tra res mancipi e res nec mancipi. E quindi non ha pi ragione di esistere la
distinzione dei modi di acquisto: traditio - mancipatio, la mancipatio Rimane in vita per lactio publiciana con
Giustiniano, ma esclusivamente in quanto considerata un mero strumento processuale per tutelare la posizione
di chi avendo acquistato da chi non era il dominus non abbia ancora compiuto il periodo utile per usucapionePer quanto concerne la propriet provinciale, nel 292 lImperatore Diocleziano sottopone tutte le terre a
unimposta fondiaria e quindi viene meno la differenza sostanzialmente fra dominium ex iure Quiritium e
propriet provinciale. Questo ovviamente avvicina il dominium ex iure Quiritium alla propriet provinciale,
viene mai considerata dai giuristi quale un canone di locazione e quindi in pratica non viene negata la propriet
privata. Insomma con Giustiniano si ha quel ritorno allunum dominium che come dice Gaio era il carattere del
dominium pi antico. Giustiniano utilizza maggiormente il termine di proprietaras per indicare questa forma di
appartenenza piena e assoluta che con lui tornata ad essere definitivamente unitaria.
COMDOMINIO COMPROPRIETA
vi sono varie fasi nello sviluppo del concetto di compropriet.
Nella fase pi matura possiamo analizzare il fenomeno della comunione, cio di una compropriet, intendendo
come propriet il dominium.
Ma nella fase pi antica le forme di compropriet sostanzialmente coincidono con il concetto stesso di
appartenenza gentilizia- parliamo dellet pi antica, coincidente grossomodo con una parte dellet regia, che
caratterizzata dalle gentes, gruppo sociale strutturato in comunit, perch aveva una base che appunto
accomunava tutti i suoi componenti. Questa base forse era il territorio nei quali i componenti vivevano, forse
era un culto religioso cui i componenti della gens erano particolarmente dediti, non era sicuramente il sangue.
Ora una comunit strutturata in questo modo rifletteva ovviamente la sua struttura stessa anche nei fenomeni
economici e patrimoniali, quindi anche lappartenenza delle cose , laddove lappartenenza individuale ricordiamo lheredium - era ben poca cosa, lappartenenza gentilizia nel senso unappartenenza collettiva era
invece la regola. Finch lheredium con Romolo, o comunque in et antichissima, non viene inventato,
lappartenenza individuale inesistente, ma allinizio non costituisce un momento importante nella vita
economica della gens perch si tratta di un esiguo appezzamento di terreno - ricordiamo le bina iugera, 5.000
mq. - che non sono sufficienti alla sopravvivenza di una famiglia, neanche troppo numerosa. Quindi come
fenomeno economico pressoch insignificante. Come fenomeno giuridico invece molto importante perch
rompe sostanzialmente lunit della gens e fa emergere un aspetto individualista. Quindi essendo pressoch
ininfluente lappartenenza individuale, ecco che i fenomeni economici vengono gestiti attraverso unaltra forma
di appartenenza strutturata come la gens., la terra non apparteneva ai singoli individui ma apparteneva al gruppo
nel senso di collettivit,.ciascuno poteva essere considerato proprietario dellintero. Quindi unappartenenza
collettiva per intenderci che attestata dalle 12 Tavole nelle quali si prevendeva che dovessero essere chiamati
alla successione in prima istanza i sui (coincidono quasi del tutto con i discendenti, comunque sono quelle
persone libere, sottoposte alla potest del pater al momento della sua morte), in mancanza di sui gli agnati
prossimi (sono i parenti in linea maschile per sangue, prossimi quindi di grado pi vicino), e in mancanza anche
degli agnati prossimi, le 12 Tavole concludono appunto dicendo che il patrimonio andr ai gentiles habento,
perch anche in epoca pi sviluppata il retaggio delle gentes era presente ed era rappresentato nel nome del
cittadino romano appunto dal 2 nome, quello che i romani chiamavano il nome gentilizio; il nome del
cittadino romano era formato da 3 parti: il prenome: che era il nome affidato al momento della nascita (es.
Marco); il nomen: gentilizio, che era la 2 parte del nome (es. Tullio) e rappresentava lappartenenza (di
questo Marco alla gens Tullia); il cognomen: indicava lappartenenza alla famiglia (es. Cicerone - Marco
Tullio Cicerone). e 12 Tavole infatti non dicono: gens habeto, la gente prender, la gente avr, ma gentiles
habento, i gentili, uno per uno. Questo un chiaro indizio, se non una prova addirittura, di unappartenenza non
individuale ma in comune, collettiva.
A un certo punto, e siamo ancora in et regia, lappartenenza gentilizia comincia a cedere il passo di
fronte al nuovo modello della famiglia. Lemersione della famiglia porta con s la disgregazione della gens, la
formazione di tanti piccoli nuclei che a loro volta poi si costituiscono in nuclei pi grandi, fino a formare
nellinsieme di tutti componenti, il populus. La gens viene sgretolata dalla presenza delle famiglie, sempre pi
numerose, e ogni famiglia pretende di avere il suo per la sopravvivenza. Lheredium deve crescere in
proporzioni per permettere alle famiglie di poter sopravvivere. Si addiviene molto probabilmente a una

divisione delle cose, questa divisione delle cose precedentemente appartenenti alla gens. Ecco che appare
lagricoltura, gestita dalle singole famiglie e questo fenomeno poi si moltiplicher a cascata verso il regime
dellager publicus, sotto forma di occupazione da parte delle famiglie pi abbienti e sotto forma di richiesta
insistente di assegnazione in appartenenza piena e assoluta, definitiva, da parte delle famiglie prive di mezzi. In
questo disegno ha un ruolo decisivo e di grande importanza la famiglia. Ma i romani avevano 2 concetti di
famiglia: 1. vi era la famiglia nucleo, quella originaria, quella primordiale, quella che aveva favorito lo
sgretolamento della gens, che il nucleo fondamentale basato sullunione delluomo con la donna finalizzato
alla procreazione e educazione della prole che pu essere articolato in modo pi ampio nella misura in cui il
pater familias sia longevo. E a quel punto ecco che la famiglia nucleare pu essere pi vasta perch pu
comprendere i figli dei figli, proprio iure. 2. Laltro concetto di famiglia un concetto pi esteso communi iure
che comprende tutti gli agnati (gli agnati sono i parenti di sangue per linea maschile che sarebbero stati sotto
potestas di un unico padre se questo nno fosse defunto. Questo gruppo cementato da un elemento a met via tra
il fittizio e il reale, (reale il sangue - fittizio che un capostipite sia ancora vivo), unalternativa seria, sotto il
profilo economico soprattutto ma alle origini anche politico, rispetto alla gens, perch questo gruppo pi vasto
rispetto alla piccola famiglia e meglio della piccola famiglia pu gestire economicamente i beni nella citt,
perch i beni sono di pi, la forza maggiore, la forza di contrattazione pi forte, la potenza economica e
consistente in un numero pi vasto di beni pi importante. E la grande famiglia il supporto alla piccola
famiglia soprattutto sotto laspetto economico, sar la grande famiglia lelemento di gestione economica
allinterno della citt laddove la gens aveva perso ogni potere propulsivo. unemersione sociale della famiglia
communi iure. La grande famiglia costituisce allora la risposta allappartenenza gentilizia e per essa si crea
un modo di appartenenza che non pi collettivo, ma gi una compropriet, ma una compropriet
diversa rispetto alla comunione che emerger in epoca repubblicana avanzata come atteggiamento tipico della
piccola famiglia. La compropriet invece della grande famiglia si identifica con quello che i romani
chiamarono consortium ercto non cito di Ce la descrive Gaio nel 3 libro delle Istituzioni, non ne sapevamo
nulla fino al 1933, notizie sul consortium ercto non cito ci provengono da un papiro egiziano rinvenuto da
Arangio Ruiz, nel quale appunto riportato un passo delle Istituzioni di Gaio riferito proprio al consortium
ercto non cito. La descrive molto bene, lelemento fondante nella morte del pater familias., i suoi figli, i sui
heredes, i sottoposti alla sua potest, danno vita a questa societ legittima e naturale. Naturale: evidente che
non si tratta di una societ esclusivamente disciplinata dalla legge; Legittima: perch la legge la disciplina in
un momento successivo, le 12 Tavole. I figli del morto anzich dividersi i beni del padre decidono di mantenere
una unit per essi: ma complessit persone sono + persone. Quindi si tratta di un dominio non diviso, comune
(Gaio usa la parola comune) ma ancora non sappiamo quali sono le caratteristiche della disponibilit, della
disposizione della gestione di questi beni. Anzi, a riguardo Gaio aggiunte unulteriore notizia, e ci dice che
Anche coloro, pur non essendo legati dal sangue (quindi non essendo tra loro fratelli) potevano dare vita a una
societ di questo tipo attraverso un atto volontario (la morte del padre non un atto volontario). questo ci dice
che si trattava di una societas importante, di grande spessore, sociale ed economico, perch altrimenti non
avrebbero provato interesse le persone che non erano legate fra loro dal sangue a dare vita a una figura
analoga.Nel passaggio successivo Gaio ci spiega qual la relazione che si pone fra i componenti il consortium e
le res, e dice che latto di disposizione di una res communis compiuto anche solo da uno dei soci esplicava i
propri effetti nei confronti di tutti, quindi per liberare il servo comune, non era necessario la presenza di
altrettanti atti di liberazione quanti fossero i soci, era sufficiente un atto solo di liberazione.
In et repubblicana avanzata, appare un nuovo modello. Quando Gaio scrive il consortium ercto non cito
non esiste pi. l'unica forma di comunione, di propriet che conosce Gaio la cosiddetta communio. Appare
quando il modello della grande famiglia ha perso la sua spinta propulsiva verso la gestione economica della
citt. La communio nasce da il principio della quota,ignoto alla Roma arcaica, Che le cose fossero divisibili
in partes, questo i romani lavevano capito sin da subito, ma da subito avevano capito che le partes dovevano
essere concrete, una pars quanta, e quindi ecco la distinzione tra cose divisibili e indivisibii sotto il profilo
naturale, quindi concreto: La pars quota ovvia a tutto questo, supera il concetto concreto di pars quanta e
idealizza la pars. Si arriva cio a immaginare che una cosa, qualunque cosa a questo punto, possa essere distinta
in partes immaginarie, astratte, appunto la pars quota. E allora ecco che tutti i beni possono essere divisi,
nellimmaginario, astrattamente, divisi in quote, ecco allora che anche un uomo - lo schiavo - pu essere diviso,
in quote, senza perdere la sua funzionalit. La pars quota una vera e propria rivoluzione perch supera il
problema delle divisioni concrete, e supera anche un certo immobilismo cui probabilmente il consortium ercto
non cito era caduto, dal momento che il consortium ercto non cito fondato s sulla solidariet dei
compartecipanti, dei consorti, ma fondato anche sugli atti di disposizione unitari, che coinvolgono per con i
loro effetti tutti i componenti, ecco che a un certo punto si sar cercato di impedire aprioristicamente che un
solo componente potesse disporre dei beni allinsaputa degli altri, mettere in opera atti di disposizione della res

communis contro la volont degli altri consorti. Questo strumento fu il diritto di proibire. allaltro socio di
compiere atti, con il problema per che se lavesse gi compiuto, bisognava capire quale potesse essere il regime
per ripristinare, eventualmente, la situazione. La situazione poteva essere sbloccata attraverso la pars quota,
perch attraverso la pars quota la disposizione da parte del socio, era solamente per la sua quota, non era per
lintero. Quindi nella communio - basata sul concetto di quota - sparisce latto di disposizione unitario e
totalizzante, per fare spazio a un atto di disposizione fondato sul principio della quota. Queste sono chiare prove
del fatto che la communio pu essere considerata una propriet plurima parziaria. Plurima perch plurime
sono le persone che compongono la comunione. Parziaria perch ciascuna di queste persone parzialmente
domina della res, appunto per quota.
Ma vi sono altri elementi che si scontrano con questo principio della propriet plurima parziaria. Ad esempio la
gestione. Regole che disciplinano la gestione di una res communis nella communio per quota: la gestione pu
essere fatta da chiunque e per lintero. Non sempre facile gestire la propria quota della res senza coinvolgere il
resto - uno schiavo,cosa pi facile con un terreno ad esempio.
Un altro effetto di questa caratteristica unitaria che riemerge anche nella communio, il diritto di
accrescimento. Lo ius adcrescendi. la manomissione dello schiavo compiuta da uno solo dei soci non produce
la sua liberazione, ma produce in capo al socio che ha manomesso lo schiavo la perdita della sua quota. Ora, se
il socio vende la sua quota a un terzo, ecco che lui sparisce dalla comunione e subentra il nuovo acquirente per
quella quota; ma se il socio libera il servo lui rinuncia alla sua quota, ma lo schiavo non sar libero per un terzo
e schiavo per due terzi, sar ancora schiavo, ma si accresceranno le quote dei soci residui.
E allora, nello ius proibendi, nello ius adcrescendi, sono evidenti indizi - se non prove - di una propriet
plurima integrale. Plurima perch i soci sono pi di una. Integrale perch la gestione fatta da uno solo, lo ius
adcrescendi permette appunto di eliminare uno dei soci e di riportare verso lunit lintegrit del bene, verso i
soci superstiti.

IURE IN RE ALINEA- SERVITU PREDIALI


diritto su cosa altrui indica il diritto da parte di una persona di svolgere una qualche attivit o avere un
determinato comportamento incisivo verso una cosa che non gli appartiene ma appartiene a un terzo. Si
riconoscono sostanzialmente due tipi di iura in re aliena:
diritti su cose altrui impermeati sul godimento della cosa altrui;
diritti su cose altrui impermeati sulla garanzia che la cosa altrui ci offre.
Il godimento implica talvolta un uso, La garanzia lo esclude quasi, praticamente, di regola. Ma anche nel
godimento non detto che sia luso il principio cardine dello ius in re aliena. E anche nel caso della garanzia
non detto che non vi possa essere uso.
Difficolt a creare categorie non esiste una categoria unitaria: unico tratto comune che si tratti di una res aliena.
NEL CC 1942: definizione servit consiste in un peso imposto su un fondo a favore di un altro fondo. Si tratta
quindi di rapporti fra fondi. E insito nella stessa parola: praediorum - servitutes praediorum - prediale.
Praedium per i romani era considerato una propriet immobile, un bene immobile, tante volte fungeva da
sinonimo di edificio, talvolta da sinonimo di fondo, ma intendeva sempre un bene ancorato al suolo.
Sostanzialmente si tratta - essendo un diritto su cosa altrui - di un peso che per regola di fondo non dovrebbe
avere, e se ha perch il proprietario del fondo ha accettato di averlo o perch gli stato imposto dalla legge.
Peso appunto consiste nella diminuzione della funzionalit del fondo, che ovviamente non tale da deprimerla
in modo totale, ma tale da aggravarlo impedendo al fondo di esprimere totalmente la propria potenzialit, la
propria funzionalit.Il fondo a vantaggio del quale il peso imposto viene definito fondo dominante. Mentre il
fondo che subisce il peso viene definito come fondo servente.
La servit quindi consiste nella imposizione, accettata volontariamente o meno, di un peso su fondo altrui a
vantaggio di un altro fondo. Ora il peso che grava sul fondo e che ne limita le potenzialit e funzionalit deve
essere di vantaggio non esclusivamente alla persona deve obbligatoriamente passare attraverso linteresse del
fondo,deve essere vantaggio del fondo, Quindi il rapporto insiste fra fondi e nello sfondo rimangono i
proprietari dei fondi, un fondo si avvantaggia, laltro fondo ovviamente vede limitate le sue potenzialit.
ES SERVITU DI PASSAGGIO: Una servit di passaggio: la servit di passaggio consiste appunto del diritto

che ha il proprietario di un fondo di passare attraverso il fondo altrui. Ovviamente luomo che passa attraverso
il fondo altrui, ma il vantaggio del fondo per il quale imposto il peso, dovuto appunto al fatto che il
proprietario pi celermente si sposta dal suo fondo
la servit cosi come descritta nel cc matura nel diritto romano nell'ultimo secolo delle repubblica, tra la fine del
secondo sec a.c. E il primo secolo a.c. Fino a quel momento la struttura della servit era ben altra. Perch
solamente in quel periodo che i romani riescono a operare uno scollamento concettuale, fondamentale per la
servit, tra il concetto di dominio e il concetto di diritto sul dominio. Il dominus colui che pu dire la cosa
mia, perch quello che noi chiamiamo il suo diritto, il diritto di propriet, appunto, coincide con la cosa.. E un
altro fattore che ci serve per spiegare il motivo per cui i romani vi arrivarono tardi, capire quale fosse la
struttura del territorio romano. Lager publicus veniva occupato dai cittadini che ritenevano di poterlo fare. E
ovviamente ogni occupazione era limitata dalle occupazioni altrui. In modo analogo lassegnazione di terreni in
propriet, attraverso quello che era lager publicus, portava a tanti lotti quanti erano gli assegnatari e ogni lotto
era limitato da altri lotti. soprattutto in questo secondo caso, i romani si guardavano bene dal far confinare i lotti
fra loro; lasciavano cio una striscia di terreno non molto ampia cui davano il nome di limes o di ambitus, a
seconda se si trovasse in realt agresti o urbane, una striscia di terreno comunque che separando i singoli lotti
manteneva la propria natura pubblica. Servivano a usi pubblici: strade - acquedotti. Questo reticolato ci spiega
come non si avvertisse subito la necessit di invadere i fondi altrui a utilit del proprio. Tali striscie vennero col
tempo occupate, i terreni si incontrano. . E allora s che cominci ad esservi necessit di passare attraverso il
fondo altrui, con canali, con bestiame, a piedi, col carro. La prima soluzione che venne data come appare nelle
fonti fu una soluzione in linea con il concetto di dominium, nel senso che il proprietario del fondo dominante
che aveva appunto bisogno di passare attraverso il fondo altrui per raggiungere la strada pubblica, era costretto
a acquistare la propriet della striscia di terreno necessaria per lui per raggiungere la strada pubblica, pagandola
come si acquista la propriet. E allora il proprietario del fondo servente, in questo modo avrebbe avuto la
compropriet insieme al proprietario del fondo dominante. Cos nascono le servit. Che non sono servit! Sono
compropriet
Fu appunto tra la fine del 2 secolo a.C. e il 1 secolo a.C., che la giurisprudenza riusc a elaborare un concetto
diverso, che si staccava finalmente dalla rigidit dello schema del dominium. E allora i giuristi, con un
ragionamento pi astratto rispetto a quello precedentemente fatto, arrivarono a concepire la possibilit che il
proprietario del fondo dominante non fosse costretto ad acquistare il dominio sulla striscia di terreno creando
quindi una compropriet con il proprietario del fondo servente, ma potesse acquistare dal proprietario del fondo
servente il diritto di compiere quellattivit, pagandolo indubbiamente, un prezzo che di mercato sarebbe stato
minore rispetto a quello dellacquisto, e che non avrebbe fatto perdere la propriet al proprietario del fondo
servente.
4 CARATTERI servit:
Il primo carattere la realit il rapporto tra fondi e non tra persone
1 conseguenza la vicinanza fondi vi deve essere una relazione spaziale per cui tra un fondo e laltro non vi
pu essere un eccessivo intervallo,o se vi deve essere mediato da un fattore in grado di ravvicinare i fondi che
naturalmente non lo sono. In una servit di passaggio il fattore di avvicinamento la strada.
Altro carattere la utilit oggettiva E nella definizione il concetto di utilit, di vantaggio. Un peso imposto
su un fondo a utilit, a vantaggio di un altro fondo detto appunto dominante. Lutilit non deve essere esclusiva
del proprietario del fondo dominante, ma deve essere principalmente del fondo.
. Lambulatoriet.
una volta stabilito il peso sul fondo servente a vantaggio del fondo dominante questo
peso non pu pi staccarsi dal fondo sul quale insiste e laltro fondo per il quale esprime il vantaggio, se non
per determinati motivi espressi categoricamente dal diritto. Lo deve vendere insieme alla servit. Il fondo e la
servit sono un tuttuno (ecco il carattere reale), lambulatoriet consiste appunto nel fatto che il peso, la
servit, segue il fondo nei trasferimento che nel tempo eventualmente dovessero essere fatti da un proprietario
allaltro.
2 TIPI DI SERVITU
I romani conoscono due tipi di servit, le distinguono in:
servit rustiche
servit urbane.
Le servit pi antiche sono considerate dai romani servit rustiche e sono il passaggio e lacquedotto. Non che
il passaggio e lacquedotto non possano insistere in realt urbane, ma i romani avendo come cristallizzato al
momento iniziale linsorgenza delle servit, quelle pi antiche, le abbiano collocate nella realt nelle quali essi
erano nate: i campi.

Lalta antichit di questa distinzione, provata essenzialmente dal fatto che i romani avevano assimilato le
servit rustiche alle res mancipi e le servit urbane alle res nec mancipi.
In quanto res mancipi, ovviamente, le servit rustiche potevano essere costituite tramite mancipatio o in iure
cessio.
Le servit urbane possono essere costituite con gli strumenti idonei a trasmettere il dominium sulle res nec
mancipi, con esclusione della traditio! rimane la in iure cessio. Perch esclusione della traditio? Per un
principio fondamentale che accompagna la traditio, la necessit di una traditio materiale. Fa s che la traditio
non possa essere utilizzata se non per le res corporales. E la servit negli elenchi esemplificativi che Gaio fa
delle res incorporales.
Il concetto giuridico di servit, lo esportarono nelle province. Era effettivamente uno strumento di grande
comodit. lacquisto solamente del diritto. potevano essere utilizzate le pactiones e stipulationes per la
costituzione di servit. Erano patti che avevano, sembra, effetti reali. Addirittura queste pactiones e
stipulationes ebbero cos tanta fortuna che una volta sparita la mancipatio, una volta sparita la in iure cessio
(che anzi sparisce prima), fermo restando che non poteva essere utilizzata la traditio perch le servit erano e
rimanevano res incorporales, ecco che le pactiones e stipulationes potevano essere utilizzate - siamo gi al
tempo di Giustiniano - non solo nelle province, ma anche sui fondi italici, che tanto ormai differenza non cera
pi, al tempo di Giustiniano perch erano tutti cittadini e tutti i fondi, dal tempo di Diocleziano in poi erano
sottoposti a un tributo.
ESTINZIONE SERVITU
1. Innanzitutto si pu avere estinzione per confusione. Quando il proprietario del fondo servente viene a
coincidere con il proprietario del fondo dominante, quando il vicino vende, il vicino dominante o servente
vende al vicino servente o dominante, il fondo.
2. Il perimento del fondo va proprio in linea, perfettamente in linea con quella caducit delle cose umane.
Perimento del fondo: non c da stupirsi. Basti pensare ai fenomeni alluvionali, basti pensare al mutamento del
corso dei fiumi, tutti i fiumi cambiano corso nei secoli. un terremoto devastante, un fenomeno di bradisismo. il
perimento del fondo porta al perimento anche della servit che su esso insisteva.
3. Unaltra causa di estinzione rimessa alla volont del fondo dominante. Il proprietario del fondo
dominante decide di rinunciare alla servit a suo vantaggio e la cede al fondo servente. E un atto di rinunzia
4. Il non uso il fattore pi importante di estinzione delle servit. ovviamente il non uso deve essere
prolungato nel tempo e il tempo quello previsto dallusucapione. Se non viene usata la servit, vuol dire che
cade uno dei caratteri fondanti: lutilit.

ORIGINI OBBLIGAZIONI
Sistematica gaiana: persone, res, obbligazioni
Si sa cosa sono le obbligazioni oggi, ma come si sia arrivati alla genesi dellobbligazione, sostanzialmente
rimane ancora un mistero.
Nel senso che ad oggi gli studi non hanno raggiunto una parola conclusiva sullargomento. Sappiamo come si
sviluppate le obbligazioni, il punto in cui son giunte - ovviamente - ma non sappiamo esattamente il punto da
cui son partite. Ancora si discute, a distanza di tanto tempo se la scintilla da cui le obbligazioni sono scoccate
sia da ricercare nei fatti illeciti o sia piuttosto da ricercare tra i fatti leciti. Ci che si cercato di stabilire
soprattutto negli ultimi anni, lidentificazione del concetto di obbligazione matura con un analogo istituto nei
tempi pi arcaici. nostra ricerca va indietro nel tempo fin quando non troviamo qualcosa di analogo. E l ci
fermiamo. E allora la ricerca si deve fermare presto, perch qualcosa di analogo noi lo troviamo tra la fine
dellet repubblicana e inizio et imperiale, ma la repubblica finisce nel 1 secolo a.C. mentre il diritto romano
nasce con Roma - 8 secolo -. Ci sono circa 7 secoli di storia che procedendo in questo modo sarebbero
trascurati, sarebbero obliate cos le vere origini delle obbligazioni. E allora bisogna fare uno sforzo per capire
davvero come possono essere nate le obbligazioni e capirlo calando ogni ragionamento nel contesto arcaico, del
quale non si sa molto. Una cosa sappiamo per certa del diritto della fase pi arcaica di Roma: che esso ha un
assetto formale molto pronunciato, il formalismo uno dei cardini sui cui si basa il diritto. Si pensi alla
mancipatio atto formale e solenne, nel senso che la sua forma coincide con la sostanza stessa dellatto.
Questo il punto da cui occorre partire per cercare di capire come possa aver avuto origine il concetto di
obbligazione nel senso molto semplice di valore giuridico di accordi fra persone. Quale valore potevano avere
gli accordi tra persone in un mondo governato dal formalismo e dominato dal concetto di potere delluomo su
un altro uomo o verso una cosa?
Dalle fonti ricaviamo che il formalismo si calava anche nel contesto dei rapporti fra persone inquadrati
sotto forma di accordi. La struttura dei trattati internazionali che sono gli accordi di cui abbiamo migliore
notizia, proprio riferiti allet arcaica, una struttura formale in cui il valore giuridico dellaccordo fra popoli
prende forma nellambito di una rigidit formale che prevede lintervento umano supportato dalla volont
divina. Tale accordo riveste una funzione di pacificazione in luogo di un conflitto, di pacificare i rapporti umani
sotto legida della volont divina (molto spesso Giove).
Laccordo presuppone una realt fatta di scambi, come laccordo uno scambio di volont esso presuppone
alla sua base la necessit di tutelare giuridicamente gli scambi. Nellet pi arcaica molto probabile che gli
scambi fossero ben poca cosa nella vita sociale perch il tutto avveniva allinterno del gruppo, i rapporti fra
gruppi erano per lo pi conflittuali. In pi a fronte di una violazione del rapporto pacifico - pensiamo al
trattato - si innescava il meccanismo della vendetta. quale regola nella ricomposizione della pace con dei e
uomini. La necessit di scambi prima pressoch inesistente a un certo punto si fa pi insistente e
necessaria ed il Formalismo chiude a ogni possibilit di valenza giuridica degli accordi. Le nuncupationes
sono per la prima scintilla. Ma siccome i rapporti economici non erano fondati sullo scambio monetario, ma
probabilmente su quello che noi oggi chiamiamo permute, allora ecco colui che necessitava di strumenti, ma
non aveva nellimmediato la possibilit di pagarli, probabile che si impegnasse in qualche modo a farlo in un
momento successivo. E quello che viene chiamato mutuo informale, cio il prestito informale, un prestito
alla buona, fatto di parole, di strette di mano, un accordo. Ora nel caso in cui colui che aveva ricevuto
delle cose non avesse restituito quello che doveva restituire, molto probabile - e abbiamo tracce nelle fonti,
soprattutto nelle 12 Tavole - che venisse considerato alla stregua di un ladro, cio colui che sottrae al legittimo
proprietario una cosa senza che lui lo voglia. Essere considerato un ladro lo rimetteva ovviamente alla
vendetta delloffeso. Quindi la vendetta la risposta a tante situazioni lecite o illecite che siano. la vendetta ha
la funzione di infliggere una pena al reo, punitiva ovviamente, e allora questa sua caratteristica cio lessere
punitiva, afflittiva, non fa emergere la responsabilit del reo a fronte di unaspettativa delloffeso, la pena
afflittiva, non satisfattiva, punisce il reo ma non soddisfa laspettativa delloffeso. E allora ecco di fronte a
questo ragionamento logico, razionale, possiamo vedere che vi fondamentalmente una scissione concettuale
fra il dovere di restituire da parte di chi ha preso in prestito nel mutuo informale e la responsabilit conseguente
alla mancata restituzione. che non ci permette di valutare la valenza giuridica degli accordi sotto il profilo del
dovere giuridico a tenere un comportamento con soddisfazione da parte di chi aspetta questo comportamento
nel caso in cui il comportamento non sia
Gi nelle 12 Tavole possiamo vedere che la realt in movimento, perch ci sono delle norme che ci
permettono di fare altri ragionamenti sulla introduzione anche allinterno del meccanismo punitivo del concetto
di accordo. Un accordo che comincia a vestirsi giuridicamente. e soprattutto inizia a rompere la rigidit del
concetto di vendetta - pena - afflittivit. Stiamo parlando del cosiddetto ius paciscendi. Nel momento in cui si

espone il reo alla punizione da parte delloffeso, ecco che si d lopportunit al reo di venire a patti con
loffeso per evitare la pena. ha degli effetti giuridici, perch se laccordo raggiunto, il reo non sar sottoposto
alla pena e loffeso finalmente potr dirsi soddisfatto, al di l della pena, perch la soddisfazione delloffeso non
passa attraverso la pena ma passa attraverso il soddisfacimento della sua aspettativa, totale o parziale che sia.
Appare nel contesto giuridico la figura dellostaggio, i vades, i praedes, allora fruendo dello ius paciscendi, il
nostro reo avr promesso alloffeso di dare qualche cosa in cambio anzich subire la pena. Un esempio: liniuria
offese anche corporali, anche gravi, come la rottura di un osso, prevedeva la vendetta, pi tardi il taglione.
Allora, lo ius paciscendi, faceva s che il reo potesse venire a patti con loffeso promettendo di pagare qualche
cosa in luogo della rottura del suo braccio ( un esempio). Sotto il profilo giuridico noi assistiamo a questo
fenomeno, che il reo colui che ha il dovere di onorare il patto, lostaggio il responsabile che subisce le
conseguenze del mancato onore del patto.
Si ha quello scollamento concettuale fra dovere e responsabilit I vades e i praedes sono responsabili ma presto
da ostaggi si trasformeranno in garanti-responsabili, cio persone che garantiscono laltrui dovere e che
assumono su di s le conseguenze del mancato adempimento del dovere essendone responsabili.
NEXUM
Il nexum un istituto antichissimo in base al quale colui che avesse dovuto tenere un comportamento nei
confronti di unaltra persona, al fine di garantire lonore di questo comportamento, concedeva se stesso alla
persona a cui doveva il comportamento e con la propria attivit onorava limpegno. E il caso di quelle persone
che non avendo grandi mezzi di sussistenza li cercavano presso chi invece li possedeva in prestito mutuo
informale delle cose ma poi, sapendo di non poterle restituire perch probabilmente si trattava di mezzi per la
stretta sopravvivenza della famiglia, ecco che davano se stessi o un proprio sottoposto nella potest di colui che
aveva fatto il prestito. NELLA STORIA si intravedono lamentele per durezza comportamento patrizi: causa
prima secessione plebe. per quanto riguarda il discorso delle origini delle obbligazioni, qui abbiamo il
superamento della responsabilit . D soddisfazione immediata alla pretesa, allaspettativa di colui che ha
prestato. E allora ecco che si supera il problema della scissione concettuale fra chi deve e chi responsabile,
perch qui, quando soprattutto nexus colui che deve e non un suo sottoposto - il che fondamentalmente
sarebbe la stessa cosa quasi - ecco che coincide il dovere nella responsabilit
SPONSIO
La sponsio originaria ha un elemento nuovo e uno antico: lelemento antico consiste nel fatto che si continua a
scindere il dovere dalla responsabilit, addossandola a persone diverse; lelemento nuovo consiste nel fatto
che la persona che responsabile del dovere altrui assume volontariamente su di s le conseguenze di un
mancato onore al dovere. Lelemento nuovo importante perch il diritto di venire a patti indipendente dalla
commissione di un delitto;
Ora, la sponsio prende il posto del nexum, nella misura in cui pi comoda rispetto al nexum per due motivi:
perch si tiene indenne laspettativa di chi ha prestato senza essere costretti a darvi soddisfazione subito
attraverso un auto-impegno di se stesso; perch anche chi si assume la responsabilit della mancanta
osservanza del dovere, non concede se stesso come garanzia di ostaggio, ma si fa garante nella misura in cui
sar lui poi a pagare in luogo dellosservanza del dovere dellaltro. E questo ci porta a un ulteriore elemento che
a quanto ne sappiamo appare per la prima volta nellambito dei delitti, ed la valutazione pecuniaria della pena.
La valutazione pecuniaria della pena, a quanto ne sappiamo, precede la valutazione pecuniaria della mancata
osservanza del dovere. ecco che lo sponsor, colui che si impegnato ad assumere la responsabilit quindi le
conseguenze della mancata osservanza del dovere, pu tenere anche un comportamento diverso: anzich
restituire potr pagare una somma di denaro.
Nelle 12 Tavole il processo a met - 450 a.C. - nel senso che appare ancora in certi casi la vendetta pur
temperata dalla legge del taglione, ma appare contemporaneamente la possibilit di addivenire ai patti e
contemporaneamente anche appare lemersione di una pena pecuniaria o come alternativa alla vendetta o come
esclusiva rispetto alla vendetta. valutazione pecuniaria della pena supera innanzitutto la logica dello ius
paciscend che unalternativa alla vendetta
Quindi lo ius paciscendi superato da una pena pecuniaria. la composizione pecuniaria della pena allora
coincide con laspettativa delloffeso perch laddove lafflizione che passava attraverso la vendetta non poteva
essere satisfattiva, una somma di denaro pur mantenendo lassetto afflittivo, ugualmente per corrisponde
allaspettativa delloffeso. In questo quadro, tracciato ovviamente nelle sue grandi linee, emerge un dato
definitivo: che insieme alla valutazione pecuniaria, sconvolge il sistema e lo indirizza verso una direzione dalla
quale non torner pi indietro che appunto quella della sistemazione delle obbligazioni secondo concetti di cui
oggi noi ancora ci valiamo. anche la sponsio muta alla radice la sua composizione, il suo assetto in quanto lo
sponsor non pi un terzo che si impegna a subire le conseguenze giuridiche della mancata osservanza del

dovere da parte di un altro, ma lo sponsor la stessa persona che ha su di s il dovere giuridico. Potr essere un
terzo, ma sar una scelta, non sar pi un obbligo, non sar pi necessario scindere chi deve da chi
responsabile, sar una facolt, ed ecco che nasce il concetto di GARANZIA PERSONALE, ma la regola sar
unaltra, sar piuttosto che chi ha su di s il dovere di tenere un certo comportamento assumer attraverso la
sponsio - e sar detto quindi sponsor - assumer anche la responsabilit delleventuale mancata osservanza di
quel dovere. E allora si ha in questo modo, in modo totale e definitivo, quella separazione tra i delitti e le
pattuizioni e gli accordi, attraverso questo meccanismo della sponsio: i delitti prenderanno la via delle pene
pecuniarie e del dovere di essere assoggettato alla pena come contenuto del dovere giuridico; nelle pattuizioni
il dovere giuridico sar invece attinente a ci che stato promesso, a ci che si impegnati a a fare, a dare, a
prestare, laddove chi deve anche responsabile, per regola.
DEFINIZIONE OBBLIGAZIONI
Nellordinamento attuale non vi una definizione di obbligazione,la si desume dalle regole che la disciplinano,
dalle sue caratteristiche. Vi invece nelle fonti romane, nelle Istituzioni di Giustiniano e nel giurista Paolo,
quindi prima met del 3 secolo d.C
GIUSTINIANO: Lobbligazione (e finalmente si usa il singolare) quel vincolo di diritto per il quale siamo
tenuti dalla necessit di pagare qualcosa a qualcuno secondo i diritti della nostra citt. In latino la parola
vincolo letteralmente indica concretamente e materialmente la catena e concettualmente, astrattamente indica
un dovere. Il punto di vista quello del debitore che si ferma esclusivamente allaspetto del dovere . Qui
emerge esclusivamente il momento del dovere, siamo tenuti dalla necessit., non emerge laspetto della
responsabilit. Altro aspetto un po singolare di questa definizione (ed anche improprio) il riferimento al
contenuto del dovere pagare qualcosa a qualcuno. Questa una visione esclusivamente patrimonialistica che
sembrerebbe escludere, assolutamente, tutti gli altri comportamenti di cui legittimamente le obbligazioni
possono essere assunte. Lultimo aspetto secondo i diritti della nostra citt Detto cos si potrebbe riferire allo
ius civile E Le obbligazioni sono di diritto civile. Ma al tempo di Giustiniano non aveva senso perch erano
tutti cittadini romani! Ed ecco anche in questo caso, probabilmente risente di un retaggio pi antico laddove ci
si riferisce a iura e non ius e noi sappiamo appunto che ius romanum si si compone di: ius gensium ius civile
ius honorarium che insieme fanno IURA. E probabile anche questo, che appunto la fonte di Giustiniano
volesse dire qualche cosa che non aveva pi senso al tempo di Giustiniano.
PAOLO DEFINIZIONE PIU PRECISA USA IL PLUARELA
la sostanza delle obbligazioni non consiste in ci che faccia nostro un qualche corpo o faccia nostra una
servit, ma in ci che costringa laltrui verso di noi a dare qualcosa o a fare o a prestare. La definizione di
Paolo pi precisa. Perch innanzitutto definisce in maniera precisa e corretta il contenuto dellobbligazione:
dare - fare - prestare. - Paolo parla al plurale - obligationes -. obbligazioni ce ne sono pi di una ma il concetto
uno solo. Allora qual la sostanza delle obbligazioni? Paolo per spiegarlo procede da un ragionamento in
negativo, ci dice prima che cosa non e poi ci dice che cos: la sostanza, il concetto delle obbligazioni non
consiste tanto nella soddisfazione immediata che ha il proprietario nellavere la cosa o il proprietario del fondo
dominante nellavere la servit sul fondo servente, ma - ed ecco la parte positiva della definizione di Paolo nel costringere laltrui a dare - fare - prestare, verso di noi. il punto di vista quello del creditore perch
lattivit compiuta dal creditore, L'obbligazione consiste nellassunzione di un dovere giuridico cui risponde
una responsabilit nel caso in cui chi debba quel dovere non vi abbia ottemperato. Il debitore non pu essere
costretto a dare - fare - prestare fin quando sia possibile da parte sua dare - fare - prestare. Il debitore costretto
a dare - fare - prestare quando inadempiente la sostanza dellobbligazione non nellimmediata
soddisfazione, ma la soddisfazione del creditore non proviene dallobbligazione in s ma dal comportamento
del debitore. Il creditore non soddisfatto per il fatto di avere un debitore, ma per il fatto che il debitore abbia
tenuto il comportamento che si aspetta il creditore. E qui unulteriore novit di Paolo: che se il debitore non
tiene il comportamento cui si impegnato ecco che il creditore pu costringerlo. Ed ecco la responsabilit; al
dovere corrisponde la responsabilit. E ovvio che il creditore non ha soddisfazione nel chiamare in giudizio il
debitore, perch la soddisfazione verr nel momento del dare - fare - prestare, ma nella costrizione a dare - fare
- prestare, nel chiamarlo in giudizio, vi sar una condanna per il risarcimento del danno e se laltro non paga,
nelle cose, nel gioco delle cose.

FONTI DELLE OBBLIGAZIONI


Fonti delle obbligazioni sono tutto quel complesso di atti idonei per il diritto a generare una obbligazione. fonti
ritenute idonee al diritto che ha una valenza appunto per il diritto privato.
Gli effetti cagionati da una fonte di obbligazioni sono ovviamente di natura obbligatoria. Quindi quel dovere
giuridico che diviene obbligazione attraverso la sua fonte appunto un effetto obbligatorio. Fondante nel diritto
romano la distinzione - quanto appunto agli effetti - tra effetti reali e effetti obbligatori. Una mancipatio che latto formale e solenne di alta antichit idoneo a trasmettere il potere su cose e persone - non svolge
assolutamente effetti obbligatori, ma esclusivamente effetti cosiddetti reali, nel senso che latto idoneo a a
trasmettere il dominium Lo stesso discorso pu essere fatta la in iure cessio, che un altro atto idoneo a
trasferire il dominium sulle cose - sia res mancipi che res nec mancipi - e anche per esso possiamo raggiungere
la stessa conclusione; esso genera un effetto reale, lacquisto appunto del dominium.
Ad esempio le servit prediali si distinguono dalle obbligazioni ambulatorie fa s che il debitore - colui cio
che deve osservare un certo dovere giuridico - nel caso dellobbligazione ambulatoria si impegna (ha il dovere
quindi) di trasferire insieme alla cosa anche un certo peso su di esso ma il peso non insiste realmente sulla
cosa, ma sulla persona che assume su di s il dovere giuridico di comportarsi in quel determinato modo, cio
permettere al vicino il passaggio, cio al momento del trasferimento della cosa impegnare il cessionario allo
stesso comportamento. In questo caso quindi non si tratta di una servit prediale, di un diritto reale e quindi ius
in re aliena, si tratta di unobbligazione e anche gli strumenti posti al diritto a tutela degli interessi del creditore
sono diversi rispetto agli strumenti posti a tutela del proprietario del fondo dominante perch il proprietario del
fondo dominante potr agire direttamente per il riconoscimento della servit, appunto nel caso della servit
prediale, mentre nel caso delle obbligazioni ambulatorie il creditore, cio colui che ha unaspettativa dal
comportamento del debitore potr agire contro il debitore per inadempimento e quindi per il risarcimento del
danno. Questo significa che nel caso delle servit prediali una sentenza favorevole riconoscer lesistenza e
lattualit della servit prediale. Nel caso delle obbligazioni ambulatorie invece una sentenza favorevole al
creditore non comporta per ci stesso, da parte sua, il suo buon diritto a vedere che il debitore tenga quel
comportamento, ma comporta un risarcimento del danno per linadempimento da parte appunto del debitore.
Gli effetti obbligatori sono unaltra cosa e sono altre le fonti idonee per il diritto a generare questo tipo di
effetti.
GAIO: OGNI OBBLIGAZIONENASCE DA CONTRATTO O DELITTO
La prima fonte in ordine cronologico nella quale sono elencate le cause delle obbligazioni un passo di
Gaio tratto dalle Istituzioni. Nel 3 libro delle Istituzioni, esattamente al capitolo 88, Gaio non d definizione
di obbligazione avverte solo che tratter di obbligazioni e anzich cimentarsi in una definizione di obbligazione
passa immediatamente a discorrere delle fonti delle obbligazioni facendo una distinzione sistematica: ogni
obbligazione nasce o da contratto o da delitto. Ma Gaio allora mantiene questo concetto di pluralit. Non vi
una sola obbligazione, vi sono varie obbligazioni. , ecco che di fronte a una pluralit di obbligazioni, si va alla
ricerca di una unitariet e l'elemento di regime di sistema di questa pluralit nella tipologia delle obbligazioni
distinte in base alla alla idoneit degli atti presupposti a generarle. E allora Gaio distingue questi atti
presupposti in due grandi gruppi, le obbligazioni sono tante ma gli atti che le possono generare sono solo di due
tipi, di due specie il contratto il delitto. Ed ecco allora che dalla pluralit di obbligazioni deriva, attraverso
questo filtro di Gaio, una unitariet negli atti idonei a generare obbligazioni. Quindi la distinzione gaiana una
distinzione basata sul concetto di conforme al diritto - lecito; contrario al diritto - illecito.
Gaio si rende conto che non esaustiva la sua distinzione, analizza un particolare istituto giuridico ricondotto ai
contratti ma con forti perplessit che possa essere rincondotto ai contratti, listituto della indebiti solutio, che
consiste nel fatto del terzo che erroneamente credendosi debitore di una persona a questa persona paga. Ora
per siccome la persona che ha ricevuto il pagamento non il creditore del terzo, ecco che nasce per lui
lobbligazione di restituire lindebito, cio quello che non era dovuto. Gaio continua: Ma questa specie di
obbligazione non sembra scaturire dal contratto, poich colui che d con lintenzione di pagare vuole pi
sciogliere un negozio piuttosto che contrarlo.
Gaio parte dalla figura del creditore apparente, in quanto lui lobbligato alla restituzione e quindi il debitore
nella indebiti solutio, per passare poi a osservare latteggiamento mentale, lanimus, del debitore apparente,
cio colui che erroneamente ha pagato.
E allora il nostro Gaio in questa operazione scopre che esiste una obbligazione che fa capo al creditore
apparente ( una obbligazione che essendo lecita essendoci buona fede riconducibile alla categoria dei
contratti e non a quella dei delitti) ma non vi alcuna intenzione di crearla come tale, da parte del debitore
apparente. Quindi il creditore s obbligato, ma non per volont del debitore che infatti - scrive Gaio - voleva
pi chiudere un negozio, cio estinguerlo con il pagamento, il debitore apparente non voleva contrarre, non

voleva stipulare un contratto, ma voleva sciogliere un contratto ed questa la perplessit del nostro Gaio, cio
Gaio riconosce lesistenza di unobbligazione in capo al creditore apparente ma contemporaneamente una sorta
di contraddizione nellambito del sistema in quanto non era volta lattivit e lanimus piuttosto del debitore alla
costituzione di un contratto quanto al suo scioglimento.
La perplessit di Gaio quindi indice di una discussione giurisprudenziale. basata su un doppio fronte,
basata su due problematiche distinte ma non scollegate fra loro. La problematica delle fonti delle obbligazioni e
la problematica dellassetto di una delle due fonti, appunto il contratto, allora alcuni istituti basati su liceit ma
non sulla volont devono uscire dalla specie contratto. Es indebiti solutio. Quindi i contratti vengono affinati
sotto il profilo concettuale perch si trovano elementi ulteriori di loro comunanza e contemporaneamente dando
questa soluzione al problema si deve arricchire la partizione delle fonti delle obbligazioni.
GAIO tripartizione RES COTTIDIANE: CONTRATTO, EX MALEFICIO O DA UN PROPRIO
DIRITO DA VARIE FIGURE DI CAUSE (PROPRIO QUODAM IURE EX VARIIS CAUSARUM
FIGURIS)
lo stesso Gaio a dare una risposta Le obbligazioni nascono o da contratto o ex maleficio o proprio quodam
iure ex variis causarum figuris.. questa nuova specie di fonte delle obbligazioni on comprende solo fattispecie
lecite, ma comprender anche fattispecie non lecite e quindi precedentemente riconducibili tra i delitti.
Si tratta di varie figure di cause che hanno autonomia concettuale rispetto a maleficia e contratti, ovviamente, e
che sono idonei a generare unobbligazione proprio quodam iure, sulla base di un proprio diritto. E bisogna
capire i motivi. 1. vi sono proprio atti che - come la indebiti solutio - non hanno tra i loro presupposti, tra i loro
elementi fondanti, la volont di contrarre un negozio. 2. gli atti cosiddetti illeciti, non vi sono molti appigli in
Gaio per capire quale potesse essere una delle radici per cui lo stesso Gaio si era sentito di ampliare la specie
delle fonti includendovi anche atti non leciti ma non riconducibili ai malefici. Esempio :caso molto antico
questo, tra 2 e 1 secolo a.C., qualcuno addirittura reputa ancor precedente, ma comunque molto pi antico di
Gaio, di unazione pretoria che puniva il comportamento non volontario del HABITATOR - per comodit - del
proprietario di un palazzo, quando da una delle finestre del palazzo fosse stato rovesciato un oggetto sulla
pubblica via che avesse colpito qualcuno, recandogli un danno, o avesse colpito una cosa di propriet altrui,
arrecandogli un danno. Il Il Pretore condannava lhabitator alla pena, nonostante non fosse questi il reo. Quindi
lhabitator assumeva su di s la responsabilit di un atto da lui non voluto. Viene condannato lhabitator al
pagamento della pena - quindi lui ha lobbligazione di sottostare alla pena - indipendentemente dalla sua
volont. Manca la volont in queste variis causarum figurae, ed ecco allora che potrebbe essere spiegato anche
quel proprio quodam iure, non nasce lobbligazione dalla volont dei contraente, del contraente, del reo (nel
caso dei contratti, dei malefici) ma per il proprio fatto cio per il fatto che si realizzato.
GIUSTINIANO: E SPECIE: CONTRATTO, QUASI CONTRATTO, MALEFICIO, QUASI
MALEFICIO
Siamo nel 6 secolo, esattamente nella 1 met del 6 secolo d.C., quindi quasi 4 secoli dopo Gaio,
La prima specie - il contratto, rimane inalterato, almeno nel nome: contratto nel Gaio delle Istituzioni
contratto nel Gaio delle res cottidianae contratto nelle Istituzioni di Giustiniano.
Proprio quodam iure ex variis causarum figuris di Gaio viene suddivisa in due specie: quasi ex contractu - quasi
ex maleficiu, laddove il quasi nella lingua latina significa come se - in modo analogo, e allora la traduzione
quasi da maleficio - quasi da contratto, come se fosse da contratto - come se fosse da maleficio, in modo
analogo, del tutto identico. Un qualche cosa di analogo, un qualche cosa di non totalmente riconducibile, eccola
ragione della 3 e 4 specie. Quegli atti fuoriusciti dalle obbligazioni contrattuali perch nonostante la loro
liceit non erano riconducibili alla volont, e tutti quegli atti fuoriusciti forse dai delitti perch non ad essi
riconducibili pienamente confluiti nella 3 grande specie delle varie causarum figurae, vengono ulteriormente
sistemati e definitivamente, da Giustiniano sulla base di questa distinzione tra leciti e illeciti. Sostanzialmente
erano quelle figure che si erano venute sviluppando nei secoli che gi riempivano la specie delle varie causarum
figurae oppure nuove che si erano venute sviluppando nei secoli successivi e che comunque la giurisprudenza
non era stata in grado di ricondurre ai contratti o ai malefici ne aveva inserito sicuramente in quella 3 specie
che appunto, per un dovere maggiore di precisione, Giustiniano amplia in 3 e 4.
Con Giustiniano si conclude il discorso. Ma non si conclude in modo definitivo. Per un semplice motivo: che la
giurisprudenza moderna e contemporanea ha continuato a lavorare.
E nellet della codificazione si sono raggiunge varie soluzioni sulla base delle fonti romane. Andando a
vedere il codice civile, il 1 codice civile post unitario, codice civile del 1865, allart. 1097 - che larticolo
compreso nel libro 3, nel titolo 4, nel capo 1, la cui rubrica Delle cause delle obbligazioni, leggiamo in
questo articolo 1097 che Le obbligazioni derivano dalla legge, da contratto o quasi contratto, da delitto o
quasi delitto.
Leggiamo larticolo 1173 del codice civile attualmente vigente ed larticolo di apertura del libro 4,

dedicato alle obbligazioni, titolo 1 delle obbligazioni in generale, lart. 1173 ha come rubrica Fonti delle
obbligazioni e recita: Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito o da ogni altro atto o fatto
idoneo a produrle in conformit dellordinamento giuridico. Non c chi non veda un richiamo - pur con
caratteristiche nuove - in parte, alla tripartizione gaiana delle res cottidianae, laddove abbiamo: il contratto il
fatto illecito (e vedremo poi in che cosa si differenzia dal maleficio), atti o fatti idonei a produrli una 3 specie
calderone anchessa atipica
NOZIONE DI CONTRATTO
Fonte posta al primo posto sia da Gaio che da Giustiniano
Dalle 12 Tavole emerge un quadro di negozi giuridici, come sappiamo, basato essenzialmente se non
esclusivamente sul formalismo. Il formalismo tale per cui gli atti vivono esclusivamente in virt della loro
forma, nel senso che la forma coincide con latto, con la sua efficacia, con la sua validit. Le cause che
generano l'atto sono poste in secondo piano. Come esempi abbiamo visto il perfetto esempio della
mancipatio, Il formalismo quindi assorbe ogni altro elemento utile a qualificare un atto giuridico. Era
irrilevante fondamentalmente la causa del NEXUM o nella SPONSIO atto formale orale. La causa non
emergeva perch il diritto dava valore esclusivamente alla forma, permettendo alle parti di ricorrere al giudizio
del Pretore solamente in presenza di questa forma. E indubbiamente unobbligazione, ma unobbligazione
priva di causa e scaturente da un atto meramente formale.
LA sSPONSIO E UN CONTRATTO?
Era la sponsio un atto volontario nel senso che volontariamente il promittente si impegnava di fronte alla
persona che gli chiedeva la promessa. Era sicuramente un atto lecito nella misura in cui si poteva promettere
solo ci che era lecito. Non si poteva promettere la commissione di un fatto che violasse il patto uomini-Dei,
quindi la pace con gli Dei. Quindi sicuramente lecito e sicuramente volontario. Ma mentre la liceit emergeva,
nella misura in cui non si poteva promettere qualcosa di non lecito, non emergeva la volont, perch la volont
in s non aveva alcun valore ai fini della validit e dellefficacia della sponsio,
Laddove invece comincia ad emergere la volont delle persone, essenzialmente in atti provenienti dallo
IUS GENTIUM. Siamo ancora nel 3 secolo a.C., quindi unepoca abbastanza antica, quando il Pretore
comincia ad interessarsi a certi atti che emergono nellambito della pratica commerciale quotidiana. Ricordiamo
che il Pretore Peregrino viene creato nel 242 a.C., pieno 3 secolo, ed probabilmente nel Tribunale del Pretore
Peregrino che si prende atto della emersione di questi atti IURIS GENTIUM, che tendenzialmente vogliono
impegnare le persone a determinati comportamenti, e soprattutto atti di per s privi di forma. Privi di forma e
quindi nei quali la volont emerge pienamente, la causa emerge pienamente ed reso evidente quindi quali
risultati vogliono perseguire le persone attraverso questi atti e viene reso altres evidente il contenuto della loro
volont, perch il tutto non viene trasferito allinterno di un atto rigidamente delimitato dai suoi requisiti
formali. Erano sostanzialmente 3 questi atti: un atto attraverso il quale si trasferivano definitivamente le cose,
che presto prese il nome di EMPTIO VENDITIO - compravendita; un atto attraverso il quale si trasferisce
luso non gratuito delle cose, che presto prese il nome di LOCATIO CONDUCTIO - locazione conduzione;
un atto attraverso il quale le persone mettevano insieme proprie cose al fine di gestirle in comune per il
raggiungimento di obiettivi comuni. Venne chiamata SOCIETAS - la societ. E dal Tribunale del Pretore
Peregrino confluirono presTo nel Tribunale del Pretore Urbano. E diventarono di diritto civile. Ma
ancora non incontraimo nelle fonti il concetto di contratto perch fondamentalmente la parola
CONTRACTUS o meglio ancora, rispetto al sostantivo il verbo CONTRAERE, lo incontriamo
relativamente tardi.
Tra la fine della Repubblica e linizio dellImpero. Incontriamo questo verbo soprattutto con riferimento
alla volont di legare tra di loro le persone ad espressioni di volont libere da forme. a tenere nella dovuta e
necessaria considerazione non pi solo la forma ma la causa che le parti intendevano e intendono perseguire e
la volont delle stesse parti di perseguirla. E in queste condizioni ecco che assumono rilievo i vizi della volont
- e quindi lerrore ad esempio, o il dolo di una delle parti, i vizi della volont riflessi sulle cause degli atti stessi,
un vizio tale per cui chi voleva raggiungere un effetto e chi voleva invece raggiungerne un altro e credevano di
aver trovato una sintesi quellatto e non era cos, bisognava assolutamente rivedere le cose e lintera questione.
Ecco che nelle fonti giuridico incontriamo per la prima volta tracce di discussione su come debbano essere
intesi gli atti che comunque generano obbligazioni. Una prima traccia di discussioni in questo senso noi la
incontriamo tra la fine dellet repubblicana e linizio dellet imperiale proprio quando la giurisprudenza si
interroga in modo sempre pi massiccio e attento sul contenuto del contraere, sul senso da dare a contractus, sul
senso da dare anche ad altri termini che pure vengono utilizzati per definire queste vicende, ad esempio ACTUS
e allora abbiamo la probabile emersione di una discussione giurisprudenziale al tempo sul valore da dare a

termini come appunto ATTI e CONTRATTI


Il primo passo da analizzare un passo riconducibile a LABEONE, giurista della primissima et imperiale
(fine della Repubblica - inizio et imperiale) come riportato dal giurista Ulpiano che era un giurista della fine
del 2 secolo - inizio 3 secolo d.C.. Scrive Labeone - nel 1 libro dedicato al Pretore Urbano: D efinisce ci
che AGITO (AGANTUR) ci che GESTITO (GERANTUR), ci che CONTRATTO (CONTRARTUR).
Quindi 3 verbi che definiscono altrettante azioni: agire gestire contrarre.
E passa dai verbi ai sostantivi:
Atti che si agiscono: li distingue in 2 specie: atti che si concludono attraverso le parole; atti che si
concludono attraverso la cosa e fa l'esempio della stipulazione (sponsio) o della numerazione (mutuo)Nasce
quindi unobbligazione e nasce con lausilio delle parole, o della cosa. Va da s che il formalismo molto pi
rigido nelluso delle parole che nellimpiego della cosa, perch nellimpiego della cosa il formalismo si
restringe alla necessit che la cosa sia stata trasmessa al debitore.
Il mutuo consiste nellobbligazione che sorge in capo alla persona che riceve dei beni fungibili, di restituirli
alla scadenza preordinata o a richiesta, a seconda degli accordi. Per Labeone un atto che si conclude attraverso
la cosa, perch lobbligazione sorge nel momento in cui il debitore riceve la cosa, quindi diviene debitore in
quel momento, perch la deve restituire.
Continua il nostro Labeone: Invece il contratto si realizza con unobbligazione da entrambe le parti, ci che i
greci chiamano sinallagma. Come nel caso della EMPTIO VENDITIO, la compravendita, della locatio
conductio, la locazione-conduzione e la societas, la societ. lobbligazione sorge in capo ad entrambe le
parti, quindi vuol dire che reciprocamente, ed ecco il sinallagma, luno debitore nei confronti dellaltro e
contemporaneamente creditore; esempio: venditore: obbligati nei confronti del compratore a trasmettere la cosa
e creditore nei confronti del compratore (prezzo); vompratore: debitore per il prezzo nei confronti del venditore
e creditore nei confronti del venditore della cosa. Non emerge la forma perch la distinzione tra atti e contratti
non era nella forma ma negli effetti obbligatori. Ed per questo allora che non parla del modo attraverso il
quale si stringono i contratti, invece abbiamo una posizione ben diversa con GAIO.
Nel 3 libro delle Istituzioni, capitolo 89, cio il capitolo immediatamente successivo a quello in cui GAIO
espone le fonti delle obbligazioni. E innanzitutto andiamo a vedere di quelle obbligazioni che nascono dal
contratto, poich di questi vi sono 4 generi (4 generi di contratto). Infatti lobbligazione o contratta
attraverso la cosa, o contratta attraverso le parole, o contratta attraverso gli scritti, o contratta attraverso
il consenso. Gaio pone un altro punto di vista e si ferma sulla forma attraverso la quale viene stipulato il
contratto. E allora non importante tanto lassetto dellobbligazione, essa univoca verso una sua parte bilaterale verso ambedue, ma importante piuttosto il momento genetico dellobbligazione. per Gaio
appartengono al genere dei contratti consensuali - come vedremo - non solo la emptio venditio, la locatio
conductio e la societas, ma vi aggiunge il MANDATO. Non incluco in Labeone in quanto genera obbligazione
in capo ad una sola persona il mandatario colui che si impegna a svolgere una certa attivit in favore dell'altro.
Gaio riesce a includere nella categoria dei contratti un numero maggiore di atti rispetto a quello che riusciva a
fare Labeone, perch essendo il contratto un atto lecito, un atto in cui si incontrano le volont, diretto alla
genesi di unobbligazione, di almeno unobbligazione, e basta, ovvio che ricomprende un pi elevato numero
di casi rispetto alla pi ristretta,visione di Labeone, laddove i contratti erano solo quelli che generavano
obbligazioni reciproche, quindi atti leciti in cui la volont poteva produrre esclusivamente obbligazioni
reciproche.
Ma la soluzione di Gaio una soluzione che, lo sappiamo, genera in Gaio stesso dubbi perch laddove
Gaio scrive: ci son problemi per ad includere fra i contratti la indebiti solutio non pu essere
identificata con i contratti, perch manca espressamente la volont di contrarre. Ebbene questo dubbio che
poi porta Gaio a individuare una 3 specie di fonti delle obbligazioni, le varium causarum figurae, era
fondamentalmente gi stata risolta da Labeone quando scrive ci sono atti e ci sono contratti, ci sono atti in cui
lobbligazione unilaterale, e contratti in cui lobbligazione bilaterale perch Gaio espone la bipartizione che
probabilmente era precedente rispetto a lui, e pone poi dei dubbi che non ci sarebbero stati in buona misura se
limpostazione di Labeone fosse stata accolta a suo tempo, le fonti delle obbligazioni sarebbero gi state
tripartite in: fonti contrattuali (obbligazioni reciproche); fonti da delitto; fonti da atti (obbligazioni
unilaterali). Gaio cerca di semplificare con una bipartizione problemi sugli atti non riconducibili ai contratti
perch i contratti hanno l'elemento della volont inparte diverso rispetto a quello che individua Labeone. Vi
sonoatti dove la volont non emenrgema necessitano di essere enucleati tra le fonti delle obbligazioni. LA
SOLUZIONE di labeone. La sistematica gaiana una sistematica diversa e per certi versi contraria a quella di
Labeone ma che alla fine, soprattutto nelle res cottidianae, emerge per lanalogia della soluzione adottata da
Labeone stesso. Gaio distingueva sul valore stesso da dare alle obbligazioni, Gaio distingue sul valore degli atti
dipendenti o meno dalla volont. E allora ecco che a una nozione di contratto labeoniana, che non era basata

esclusivamente su fattori volontari ma anche sulla natura degli effetti cagionati dal contratto, ecco che abbiamo
una nozione di contratto, per Gaio, in cui invece la volont ha s un rilievo ma viene fondamentalmente
assorbita allinterno delle cause che generano lobbligazione. problema in quanto ai 4 generi di contratto deve
corrispondere un numero limitato di figure contrattuali specifiche. E qu subentra in parte il concetto di causa. E
in parte no. Perch non emerge nei contratti verbali e neanche nei letterali, emerge fondamentalmente nei
contratti reali e nei contratti consensuali.
NEL CC: Il contratto laccordo di due o pi parti per costituire regolare o estinguere tra loro un rapporto
giuridico patrimoniale. Anche in questo caso indipendente dalla nozione la natura dellobbligazione, o
meglio il suo assetto, se esso debba essere bilaterale o unilaterale, mentre fondamentale laspetto dellaccordo,
quellaccordo che emerge di forza dalla definizione gaiana e in parte labeoniana ma viene ricacciato
sostanzialmente indietro per Labeone dalla presenza di obbligazioni reciproche e per Gaio dai modi diversi con
i quali si viene a far generare unobbligazione che possono essere appunto basati sulle parole, sugli scritti, sulla
cosa o su consenso fra le parti.

TIPI DI CONTRATTO
la tipicit si basa sulla impostazione gaiana. Tipizzare vuol dire che vi una categoria ristretta ma non chiusa a
priori che pu essere allargata allingresso di nuove figure, Nel caso nostro specifico quindi, le 12 Tavole
essendo immutabili, ecco che subentra la giurisprudenza attraverso leditto del Pretore. E lunico sistema
attraverso il quale pu essere arricchito lelenco dei contratti che fanno parte di questi tipi. La tipologia
contrattuale cos come emerge dalle fonti, una tipologia che deriva dal momento genetico dellobbligazione.
Sostanzialmente i tipi contrattuali a Roma sono 4 e ci vengono esposti da Gaio nel capitolo 89 del 3 libro.
Lobbligazione pu essere contratta o attraverso la cosa, o attraverso le parole, o attraverso gli scritti o
attraverso il consenso.
E i contratti si distinguono in:
contratti reali
contratti verbali
contratti letterali
contratti consensuali.
Va da s che allora sar la giurisprudenza e leditto del Pretore che provvederanno ad ampliare i singoli tipi
facendo in modo che nuove figure vengano ricomprese allinterno delluno piuttosto che allinterno dellaltro.
La tipicit dei contratti per i romani irrinunciabile - a parte quella finestra che vedremo nel sistema costituita
dai contratti cosiddetti innominati . la causa non ha lo stesso rilievo perch nellambito della tipologia
contrattuale vi sono tipi di contratto in cui la causa non rileva affatto. E sono quei tipi di contratto in cui la
genesi dellobligatio rimessa a un dato formale. Al dato formale qual appunto la pronuncia di parole o la
confezione di scritti. Si vedr in questi casi il livello formale del contratto tale per cui lelemento causa non
emerge affatto Negli altri invece vedremo che lelemento causa ha il suo rilievo nella misura in cui le varie
figure contrattuali che emergono allinterno di ciascun genere, hanno bisogno di ricorrere al concetto di causa,
per poter essere correttamente identificate e correttamente sistemate allinterno di ciascun genere.

CONTRATTI VERBALI
genere di contratto forse pi antico, nella storia del diritto romano, che viene sistemato da Gaio allinterno del
genere VERBIS. Parliamo della SPONSIO che in et storica appare meglio identificata come STIPULATIO
consiste nella promessa concludente che una persona fa su richiesta espressa da parte di unaltra persona. La
formula era pressappoco questa: Prometti che sar dato? Prometti che sar fatto? . Il formalismo insiste nel
fatto che si devono usare per forza quelle parole, addirittura ci sono tracce di discussione giurisprudenziale
sulluso di parole diverse, tra il promissario - promittente, nasceva infatti la disputa nel caso in cui il
promittente avesse usato un verbo diverso rispetto a quello usato dal promissario, cosa sarebbe capitato? Le
discussioni portavano a diverse soluzioni ma evidente che il fatto stesso che la discussione nasca, indica
chiaramente come la forma avesse il valore assoluto che poteva rivestire in un negozio di ben altra natura e con
ben altri effetti quali ad esempio la mancipatio. Ma la presenza di una forma rigida, e rigidamente impostata,
non era lunica conseguenza del formalismo. Unaltra conseguenza lassenza assoluta del valore della causa
allinterno della sponsio o stipulatio. CASO COMPRAVENDITA SCHIAVO: poteva accadere che fra le parti
vi fosse un accordo in base al quale Tizio avrebbe dovuto dare a Caio una certa somma di denaro per pagare la
compravendita di uno schiavo. E se le parti avessero invece trasfuso questo loro accordo allinterno di una
stipulatio o una sponsio ecco che il rapporto intercorrente in verit fra le parti sarebbe stato celato
definitivamente dietro la pronuncia della formula prescritta per la sponsio o la stipulatio. Questo vuol dire che
spariva la compravendita. Ed emergeva esclusivamente la stipulatio. Spariva in un certo senso la ragione ultima
della dazione ai fini della genesi dellobbligazione era fondamentale e sufficiente che la scena della stipulatio
fosse avvenuta come il diritto richiedeva, e ai fini della estinzione dellobbligazione, delladempimento, che
appunto il debitore pagasse la somma per la quale si era impegnato. Ora, in un contratto come quello di
compravendita, le obbligazioni sono reciproche :io mi obbligo a trasmettere il bene, e tu ti obblighi a
trasmettermi il prezzo. Io venditore sono debitore della cosa, ma creditore del prezzo. Viceversa tu compratore
sei creditore della merce e debitore del prezzo. Ora in queste condizioni, il collegamento sinallagmatico delle
obbligazioni fa s che emergano, sorgano azioni giudiziarie in dipendenza di questa caratteristica. Questo
significa che il compratore che non abbia ricevuto la merce agir di conseguenza e cos anche il venditore che
non abbia ricevuto il prezzo, agir di conseguenza contro il compratore. Perch le obbligazioni sono
funzionalmente collegate. Ora per , nella sponsio, lobbligazione una sola Essa nasce in capo al promittente,
ora se alla radice della sponsio o stipulatio vi una compravendita evidente che rimane fuori dal negozio il
comportamento dovuto da parte di uno dei due. Se quindi il promittente il compratore ovviamente questi
prometter il pagamento di un prezzo al compratore dopo essersi impegnato con una sponsio a effettuare il
pagamento del prezzo, avr chiesto a sua volta al venditore di impegnarsi alla consegna della cosa attraverso
una sponsio. Conseguenza, la duplicazione delle stipulazioni, con due promittenti diversi, e la duplicazione
delle azioni con due azioni - sempre ex stipulato - uguali ma contrarie luna rispetto allaltra . Il vantaggio era
quello di un assetto formale alla propria attivit negoziale che mancava sostanzialmente per definizione
allassetto tipico della compravendita.
Altro problema poteva sorgere, nel caso in cui, sempre di fronte ad una obbligazione unilaterale comera quello
del MUTUO le parti avessero deciso di trasfondere, quindi riversare il mutuo attraverso una stipulatio. A quel
punto lobbligazione era sempre unilaterale, rimaneva unilaterale, ma si poteva dare il caso in cui latto
presupposto, fondamentale ai fini del contratto di mutuo qual era quello della dazione della cosa al debitore,
acciocch questi fosse obbligato, poteva mancare nella sponsio o nella stipulatio, perch il debitore mutuatario
si impegnava alla restituzione di una somma ma magari non laveva ancora percepita. A quel punto poteva
essere chiamato in giudizio per la restituzione di una somma che non aveva mai visto, con la possibilit da parte
del promissario di avere vittoria in giudizio pur di fronte a una palese iniquit.
CONTRATTI LETTERALI
contratti per i quali il momento genetico dellobbligazione la confezione di uno scritto dai quali emergessero
obbligazioni certe. SI SA pochissimo. grazie a questi rinvenimenti di papiri in ville soggette alla tristissima
sciagura del 79 d.C., quando appunto citt come Pompei e Ercolano vennero nel giro di poche ore distrutte e
seppellite dalla lava, e attraverso questi rinvenimenti fortunati, ne sappiamo di pi, perch abbiamo trovato
contratti di questo tipo, vergati su papiri, che ci fanno capire come essi funzionassero. La cosa pi sorprendente
che questi scritti erano il pi delle volte confezionati come una sorta di libro contabile nel quale venivano
apportati movimenti di entrate e movimenti di uscita, dare e avere, una sorta di partita doppia, e si pensava che
la partita doppia fosse stata creata in et medioevale. Ora in questi fogli erano riportati movimenti di affari tra
persone, tra padri di famiglia, talvolta addirittura tra schiavi per con un processo autorizzativo complesso con

tanto di firme e sigilli che rendessero il tutto ovviamente autentico. Ecco, abbiamo sotto gli occhi, finalmente,
esempi concreti di quei contratti letterali di cui ci parla Gaio e che tanta difficolt avevano dato agli studiosi
fino a qualche decennio fa, di comprensione. Si trattava di movimenti di dare-avere, registrati allinterno di
elenchi, che venivano il pi delle volte sottoscritti dagli interessati ovvero dai loro rappresentanti, erano molto
CONTRATTI REALI
Lelemento che fa il genere, che fa la categoria, LA COSA. Nel senso che, il contratto reale si perfeziona nel
momento in cui viene consegnata la cosa - oggetto del contratto - al debitore perch questi la restituisca, o alla
scadenza del contratto o a richiesta del creditore a seconda dei patti intervenuti fra le parti. la consegna della
cosa, non rientra negli obblighi contrattuali. La persona che consegna la cosa lo fa indipendentemente dagli
obblighi contrattuali che sorgono da un contratto reale, potr farlo in adempimento di unaltra tipologia
contrattuale, potr farlo come adempimento di un patto, ma non lo far mai - cio la consegna della cosa al
debitore - in adempimento di un contratto reale perch la consegna della cosa che innesca il meccanismo
contrattuale, che perfeziona il contratto, che costituisce il momento genetico dellobbligazione, che torno a
ripetere nasce di regola esclusivamente in capo a chi riceve. E infatti si dice che i contratti reali, di regola (vi
sono delle eccezioni), sono unilaterali, cio lobbligazione sorge solo in capo ad una parte del contratto;
debitore uno solo. Non vi reciprocit di rapporti debitori e creditori
MUTUO
Il mutuo quel contratto reale in base al quale il debitore deve restituire al creditore la somma di denaro che
questi gli ha riversato o quella quantit di beni fungibili che il creditore gli ha dato. aspetto del mutuo il titolo
gratuito che caratterizza il mutuo romano. Nel senso che il mutuo di per s non prevede il pagamento di
interessi, ma prevede esclusivamente come obbligo contrattuale, la restituzione di quello che fu dato, la esatta
restituzione, o meglio, la restituzione del TANTUDEM. E un modo di misurare i beni fungibili il
corrispondente; quindi non saranno le stesse identiche monete attribuite dal creditore mutuante, ma il
mutuatario il debitore potr restituire la stessa quantit di monete, lo stesso vale per le altre cose fungibili come
le derrate alimentari, ad esempio. I romani gli interessi li prevedevano . Ci che invece dimostravano di non
amare e nel contempo per dimostravano lesistenza di persone che invece amavano, erano le usure. Vi sono
numerosissime leggi nel diritto romano dirette a proibire lusura, dirette a stabilire i tassi usurari, diretti a punire
seriamente gli usurai. non era nel contratto di mutuo che poteva essere calata la previsione di un obbligo di
pagamento di interesse. Questo evidente dallazione processuale che il Pretore metteva a disposizione
del mutuante creditore nel caso in cui il mutuatario non avesse adempiuto alla propria obbligazione.
Lazione che prendeva il nome di ACTIO CERTE CREDITE PECUNIE, prevedeva esclusivamente la dazio,
il pagamento della somma esattamente corrisposta al debitore. Il pagamento di un interesse nella sua legittimit
e nella liceit - purch quindi non fosse un interesse usurario - era necessario comprenderlo in un contratto
diverso rispetto a quello di mutuo. Magari un contratto accessorio, ma distinto rispetto al mutuo, con unazione
giudiziaria quindi diversa, distinta, con le proprie caratteristiche: i romani ricorrevano alla stipulatio. .
Succedeva questo: che il creditore dopo aver attribuito il capitale al debitore, e averlo con ci impegnato alla
restituzione alla scadenza pattuita fra le parti, imponeva al debitore una stipulatio con la quale il debitore
appunto prometteva che avrebbe pagato una determinata somma di denaro. Questa somma di denaro era il
calcolo degli interessi sul capitale del mutuo. Ora, il capitale veniva recuperato dal mutuante creditore
attraverso lactio certe credite pecunie che era appunto lazione del mutuo, gli interessi erano recuperati dal
mutuante creditore attraverso lactio ex stipulato che era appunto lazione che nasceva dal contratto di stipulatio
con il quale il debitore mutuatario si era impegnato a pagare gli interessi sul capitale ricevuto. Un contratto di
mutuo speciale per il quale era invece previsto il pagamento di un interesse in dipendenza di un contratto
principale di mutuo - quindi non accessorio, ma direttamente dipendente - era il cosiddetto FENUS, con
particolare riferimento al FENUS NAUTICUM, era un particolare contratto di mutuo avente ad oggetto il
commercio per via di mare. Nel senso che il debitore prendeva in carico su di s il capitale assumendo
contemporaneamente lobbligo di restituire non solo il capitale ri da imprese marittime, altissimo era il
guadagno che il mututatario riceveva da un affare andato in porto.
DEPOSITO
contratto reale in base al quale il debitore detto depositario si impegna a restituire una cosa affidatagli dal
depositante dopo averla tenuta presso di s per un certo periodo di tempo. Ora, tra i caratteri del deposito - e
qui, come si vede, emerge la causa, che lo differenzia dal mutuo - che il depositario non pu usare di regola la
cosa data in deposito perch la causa del deposito diversa rispetto a quella del mutuo, dove il debitore trae il

suo interesse dalluso della cosa, in questo caso il depositario non ha linteresse delluso della cosa, il suo
interesse potr essere quello di una remunerazione dovuta alla sua attivit conservativa della cosa. Il deposito in
pratica si sostanziava in questo: nel fatto che il depositante in prossimit di un lungo viaggio, o temendo per la
sicurezza della propria vita e dei propri beni, affidava a un terzo i propri averi - o tutti o parte, non ha
importanza - affinch questi li custodisse e, una volta che venisse fatta richiesta - perch magari passato il
pericolo o finito il viaggio - il creditore potesse tornare in possesso dei suoi beni. Il debitore depositario non
poteva usare - e se avesse usato avrebbe snaturato il contratto venendo meno ai suoi obblighi contrattuali, tra
cui appunto era quello del non uso e come conseguenza poteva subire la pena prevista per il furto. Lobbligo
del debitore depositario era quello di restituire la cosa nella consistenza e integrit con cui laveva ricevuta.
obbligazione eventuale che sorga in capo al depositante quando il depositario abbia incontrato delle spese per la
conservazione della cosa. In questi casi poteva sorgere in capo al creditore, il depositante, unobbligazione di
tenere indenne il depositario delle spese e dei danni eventualmente arrecati dalla cosa depositata, quando
ovviamente questi non dipendessero dal suo fatto.
DEPOSITO IRREGOLARE
Laddove lobbligo del non uso viene meno e il depositario pu , anzi deve, usare la cosa. Attenzione perch
luso della cosa non snatura il contratto, E il caso delle banche, degli antichi banchieri, degli argentari, che
ricevevano in custodia somme di denaro e si impegnavano a restituire le stesse somme di denaro con un
interesse dovuto alluso che essi stessi del denaro facevano: usavano il denaro altrui investendolo. Una
caratteristica di questo contratto che la remunerazione del depositario era nel fatto delluso del denaro altrui
COMODATO
consiste nellobbligo da parte del comodatario che ha ricevuto la cosa dal comodante, di restituirla al
comodante stesso, nella sua integrit, nella sua consistenza, ma dopo averla utilizzata, ovviamente secondo la
propria destinazione economica. Quindi il comodato quello che con linguaggio un po famigliare viene
qualificato come prestito duso, perch il comodatario usa la cosa e la vuole per s, per usarla, la chiede al
comodante per impiegarla, per farne uso, luso ovviamente dipendente dalla sua destinazione economica, dalla
quale il comodatario non pu assolutamente prescindere, ma usa. Il comodato quindi comporta di regola
lobbligo solo in capo al comodatario di restituire la cosa nelle stesse condizioni in cui essa gli era stata
concessa. Pu anche in questo caso sorgere lobbligo da parte del comodante di tenere indenne il comodatario
di danni eventualmente arrecati senza sua colpa dalluso della cosa. Per ci che concerne luso, occorre dire che
il comodato un contratto essenzialmente gratuito, linteresse del comodatario ovviamente nelluso, ma
coincide con linteresse del comodante che ha appunto interesse a ch la cosa venga usata o da lui stesso o
perch no dal comodatario; ecco perch essenzialmente gratuito.
CONTRATTI CONSENSUALI
Contratto consensuale per Gaio, quel contratto in cui il consenso in qualunque forma prestato, elemento
necessario e sufficiente perch nasca unobbligazione lelemento fondante, senza il quale non si avrebbe il
contratto. il contratto esprime i propri effetti - che sono appunto obbligatori - nel momento in cui le parti
prestano il consenso, reciproco consenso, in qualunque forma non rigido schema formale. La libert di forma
quindi la caratteristica principale di questi contratti, del resto i contratti consensuali nascono dal diritto delle
genti. Lelemento causale ben marcato in questi contratti perch gli scopi che essi perseguono sono
rigidamente fissati dal diritto.
COMPRAVENDITA
il venditore si impegna a trasmettere la res al compratore e a garantirne il pacifico godimento. Questa
lobbligazione del venditore: trasmettere la res. Ci si interrogati sulle modalit attraverso le quali potesse
adempiere alla sua obbligazione il venditore, su quale atto il venditore dovesse mettere in essere per poter
adempiere alla propria obbligazione, ci si interrogati insomma se fosse necessario da parte del venditore
trasmettere il dominium o se semplicemente la trasmissione del possesso fosse sufficiente ai fini
delladempimento della propria obbligazione. Dalle fonti rileva come non fosse contenuto dellobbligazione del
venditore la trasmissione della propriet, la quale dovesse essere contenuto di un apposito accordo allinterno
del contratto, in mancanza di questo apposito accordo, il contenuto dellobbligazione del venditore era appunto
quella di trasmettere il possesso della res. Ecco quindi che lo strumento giuridico utilizzato, lo strumento
tipico per la trasmissione delle cose iuris gentium o iuris naturalis, era la traditio. Il problema poteva
sorgere per le res mancipi, laddove appunto la loro semplice traditio mai e poi mai avrebbe potuto comportare
lacquisto del dominium, occorreva attendere il tempo utile per usucapione, perch il compratore potesse dirsi

proprietario. Questo distacco temporale fra la trasmissione della cosa e lacquisto della res mancipi e lacquisto
della propriet in capo ad essa, faceva s che il Pretore si interessasse di queste vicende cio di res mancipi
acquistate attraverso il contratto di compravendita e successivamente da traditio, per disciplinare, regolare e
tutelare la posizione dellacquirente in buona fede. Siamo di fronte a un istituto che gi conosciamo, gi
abbiamo analizzato, ed quello dellin bonis habere, detto anche propriet pretoria. La propriet pretoria nasce
proprio dellesigenza di tutelare la posizione di quelle persone che avendo acquistato res mancipi attraverso
contratto di compravendita e quindi successiva traditio, dovevano essere protette nella loro posizioni di
possessori privilegiati della cosa. Laltro contenuto dellobbligazione del venditore quello di garantire il
pacifico possesso della res; quindi non sufficiente - al fine delladempimento - la trasmissione del bene, la
traslazione, ma necessario che il venditore ne garantisca il pacifico possesso. Siamo di fronte a un istituto le
cui origini abbiamo gi visto nella mancipatio, nella cosiddetta obligatio auctoritatis, e che nel nostro
ordinamento contemporaneo prende il nome di garanzia per levizione. Levizione consiste nella rivendica
vittoriosa di tutto o di parte o di un diritto su un bene oggetto di compravendita e ovviamente una rivendica da
parte di terzi vittoriosa nuoce allacquirente. E allora ecco che il veditore si deve impegnare con lacquirente,
per garantire che nessuno lo disturber nel possesso. E una garanzia specifica, che viene attuata attraverso patti
accessori e che permette al compratore che si visto la cosa evitta, di avere il risarcimento del danno a fronte
della responsabilit per inadempimento da parte del venditore. a tutela contro i vizi occulti della cosa venduta.
eventuale emersione di un vizio occulto non nuocesse agli interessi dellacquirente in buona fede. Erano vizi
che potevano esser fatti valere di fronte agli Edili. si garantiva al compratore - che non conoscesse il vizio
occulto, una sorta di restituzione in luogo della ripetizione del prezzo oppure un risarcimento per il minor
valore delloggetto. a compravendita, era tutela sotto il profilo giudiziale da 2 azioni specifiche: una a
disposizione del venditore laltra a disposizione del compratore. Va da s - lo ricordo per lennesima volta, se
ve ne fosse bisogno - che in un contratto come quello di compravendita le obbligazioni erano reciproche, Luna
(obbliazione) non ha senso senza laltra, allobbligazione del venditore corrisponde sempre e comunque
lobbligazione del compratore. Quindi, tale questo contratto per cui il venditore sia debitore e creditore al
contempo nei confronti del compratore e viceversa.
LOCATIO-CONDUCTIO
Anchessa come tutti i contratti consensuali stipulata attraverso la reciproca prestazione del consenso, in
qualunque forma. La causa della locazione-conduzione quella della trasmissione della cosa da parte del
possessore - locatore al conduttore affinch questi la usi pagando un canone remuneratorio per luso della cosa
altrui. Le obbligazioni sono : da parte del conduttore, sono quella del pagamento della mercede, e da parte del
locatore la trasmissione della res e il mantenimento nello stato finch dura il contratto. i romani enucleavano tre
tipi di contratto di locazione - conduzione: la locatio conductio rei la locatio conductio operis la
locatio conductio operarum.
La locatio conductio rei il locatore che concede una propria cosa al conduttore affinch questi la usi pagando
un canone
operis,: la locazione verte sempre su una cosa ma affinch su essa il conduttore operi unattivit pattuita con il
locatore dietro pagamento di una mercede.- contratti appalto
locatio conductio operarum: la locazione conduzione che ha ad oggetto una res in senso astratto. La res in
questo caso consiste, coincide con le opere lavorative di un minor livello di qualificazione rispetto alla locatio
conductio operis. lopera prestata non rivolta a un obiettivo specifico ma viene considerata nella sua struttura
di forza lavoro generale, non distinta quindi.
Questi due contratti, compravendita e locazione conduzione, sono caratterizzati dal fatto che - come ci
dice Labeone - lobbligazione generata da questi contratti unobbligazione sinallagmatica nel senso che
le obbligazioni sono funzionalmente collegate fra loro. Sorgono cio obbligazioni in capo ad entrambe le
parti contrattuali
MANDATO:
Il mandato: una parte detta mandatario si impegna a svolgere per il mandante una certa attivit, non esiste nel
diritto romano il principio della rappresentanza diretta, nel senso che chi agisce per altri non agisce in nome e
per conto di altri ma agisce in nome proprio e per conto di altri. Questo significa che gli atti prodotti dal
mandatario producono effetti di regola nei confronti del mandatario stesso, che dovr poi trasferirli al proprio
mandante attraverso appositi atti. Il mandante eccezionalmente pu essere obbligato nel caso in cui debba tenere
indenne il mandatario di spese indispensabili affrontate nellesercizio del mandato. Quindi lobbligazione , di
regola, unilaterale, potenzialmente eccezionalmente bilaterale

CONTRATTO DI SOCIETA E LA BUONA FEDE


La buona fede uno dei cardini sui quali sono incentrati i contratti consensuali e corrisponde a un generale
dovere di correttezza nei confronti dellaltra parte contrattuale. La fides, che potremmo tradurre
semplicisticamente e approssimativamente con FEDE o FIDUCIA un istituto antichissimo nel diritto romano.
Ne prova il fatto che se ne rinvengono tracce esplicite nelle 12 Tavole, traccia che risponde alle esigenze dei
rapporti personali, quindi rapporti fra persone, ma rapporti fra persone calati in un preciso contesto potestativo,
come tipico dellet arcaica. Vi un versetto delle 12 Tavole, in una norma delle 12 Tavole, nella quale
scritto espressamente che se il patrono froda il cliente, vienemeno alla fides che legava il cliente al padrono e il
aptrono al cliente: il cliente era in pratica una persona libera che si legava attraverso la fides ai destini del
proprio patrono, nel senso che il cliente si doveva adoperare in favore del patrono quando questi gli e lo avesse
richiesto e quando le circostanze lo avessero indicato: aiutarlo in una vendetta, aiutarlo nel momento del
bisogno, fare da codazzo elettorale. La stessa cosa per bisogna pensare anche per il patrono nei confronti del
cliente perch era un rapporto bilaterale. La fides era bilaterale, non era unilaterale. Questo significa che anche
il patrono era legato attraverso la fides al proprio cliente, e se il proprio cliente avesse avuto bisogno il patrono
non avrebbe mai potuto sottrarsi. Quindi ciascuno secondo la propria forza, avrebbe contribuito al
rinforzamento del rapporto attraverso la fides. Venire meno alla fides aveva un significato profondo per la
violazione della pax deorum, e la pena era adeguata - alla colpa e quindi era inevitabile che fosse cos grave
perch molto grave era loffesa agli Dei. Si parla di fides anche nel rapporto tra popoli. Trattati internazionali,
anche i pi antichi, sono strutturati in modo tale da richiamare la fides del popolo romano alla fides del popolo
con cui stipulato il trattato. Anche questa fides ha valore religioso nella misura in cui una sorta di garanzia
per la pace degli uomini e degli Dei, allo stesso modo la fides nei trattati una garanzia per il mantenimento
della pace fra i popoli e gli Dei.
In un momento ugualmente arcaico ma pi maturo, successivamente alle 12 Tavole, appare una sorta di
fides sempre intesa come atteggiamento della persona, quindi lelemento soggettivo, ma con riferimento
allappartenenza dei beni, allappartenenza delle cose. E in questo senso incontriamo la fides con
riferimento alla usucapione. Uno degli elementi fondanti lusucapione appunto la fides perch la fides
consiste in questo caso nella ignoranza di ledere il diritto altrui. Allora, il possessore potr, attraverso il proprio
possesso prolungato nel tempo, acquisire il dominium sulla res posseduta ma solo se questi sar in buona fede,
cio ignorante del tutto di ledere un diritto altrui, quindi non deve sapere che la cosa non gli appartiene, non
deve sapere che la cosa appartiene a unaltra persona, non deve sapere che c un altro proprietario. La fides che
lega il cliente al patrono una fides connotata sotto il profilo positivo. Mentre il criterio della fides nel caso
degli acquisti attraverso lusucapione, un criterio tutto connotato al negativo.
A un certo punto, siamo intorno al 3 secolo a.C., il Pretore Peregrino gi una realt dei tribunali romani e
sono una realt anche i commerci che nei mercati avvengono quotidianamente. La vittoria contro i cartaginesi e
la successiva conquista della Grecia portano a Roma un florido benessere, Roma non pi minacciata
duramente nei propri interessi, nei propri confini (vista linvasione dellItalia fatta da Annibale) e la sua forza
propulsiva verso lesterno si manifesta in tutta la sua potenza. Questo produce una progressione rapida nei
rapporti tra il popolo romano e altri popoli che non sono solo rapporti conflittuali, ma sono anche e
soprattutto rapporti pacifici di commerci, ulteriormente intensificati da una maggior sicurezza nei trasporti.
Roma non ha pi rivali nel Mediterraneo, forti quanti i cartaginesi e pu organizzare una rete di mercati che
la porter poi ad essere uneconomia Mondo.Cera bisogno - in queste condizioni - di organizzare i
rapporti fra cittadini e stranieri o anche fra stranieri nel territorio romano secondo canoni che fossero al
contempo antichi perch gi testati nel diritto romani e nuovi in quanto era nuova la situazione che si era venuta
sviluppando, qual erano i rapporti fra romani e stranieri e fra stranieri nel territorio romano. Era quindi un
criterio, quello della fides ad ampio raggio che poteva essere utilizzato nei rapporti personale ed anche nei
rapporti tra uomo e cosa. Ma era necessario per che questo antico criterio, qual era appunto la fides, si
rinnovasse in qualche modo, non poteva essere applicata la fides che cera fra patrono e cliente cos demble,
ai rapporti tra uomini liberi e non solo. E allora ecco che la fides doveva essere ricoperta di nuovi elementi che
potessero quindi renderla apprensibile e comprensibile alle genti straniere. La fides sub quindi un processo di
qualificazione che la port ad essere una BONA FIDES, non era sufficiente definirla fides per questi fini, era
necessario qualificarla, per dare unulteriore forza positiva a un istituto che gi era positivo di per s e
soprattutto era necessario accentuare la connotazione positiva e non negativa in modo da improntare alla fides
divenuta BONA ogni elemento del rapporto tra cittadini e stranieri o tra stranieri nel territorio romano. Nei
mercati e nei commerci.

La fides si apriva ad una casistica vastissima.


E la buona fede reciproca portava, nel rafforzamento della casistica, quotidiana a fare in modo che essa - la
fides bona appunto - sfociasse addirittura nel concetto di fraternitas. Questo avveniva soprattutto nel
contratto di societ. Il contratto di societ uno dei contratti consensuali, insieme a compravendita, locazioneconduzione e mandato. Come la compravendita e la locazione-conduzione aveva la caratteristica che le
obbligazioni che nascevano dal contratto di societ erano obbligazioni reciproche, sinallagmatiche e dal
momento che il contratto di societ, per definizione, era impostato su una condivisione di appartenenza, di
gestione e di ricavi e perdite (di risultati della gestione), il concetto di fides bona si allungava nella sua grande
elasticit fino ad arrivare al concetto di fraternitas. la conseguenza massima della fides bona calata in un
contesto societario. E questa fides bona calata in un contesto societario faceva s allora che i rapporti fra i soci fossero essi romani, fossero essi romani e stranieri - fosse tale per cui ogni socio desiderava per laltro socio
quello che desiderava per se stesso. Perch questo era il valore della fraternitas CONSORTIUM ERCTO
NON CITO quella societ legittima e naturalis (cos la chiama Gaio) in base alla quale, morto il padre i fratelli
non si dividevano fra loro il patrimonio paterno, ma continuando lappartenenza del patrimonio in comune lo
gestivano appunto sotto forma di consorzio. questo tipo di consortium poteva essere costituito non solo tra
fratelli ma anche tra persone non legate tra loro da vincoli di sangue, ma che ugualmente volevano porre in
comune i beni per la loro gestione comune al fine di avere risultati sicuramente pi vantaggiosi rispetto alle
singole gestioni.

SOCIETAS
fides sia elemento fondante della societas intesa quale fraternitas. un contratto consensuale. Scrive Gaio
definizione attenta alla tipologia e non all'essenza: la societ un contratto consensuale con cui due o pi
persone - un tipico esempio di contratto pluripersonale - si obbligano a mettere nella disposizione comune
tutti o parte dei rispettivi beni ed eventualmente anche le proprie attivit per uno scopo comune e a dividere
quindi i profitti e le perdite. non sufficiente la prestazione iniziale del consenso perch il contratto si
perfezioni, ma al fine del perfezionamento del contratto necessario che il consenso sia costantemente e
ininterrottamente prestato. E un corollario della fraternitas, non si pu pensare a un contratto di societ senza
pensare al consenso continuo.prestato in qualunque forma. ibert di forma piena.
TIPI SOCIETA
La societas totorium bonorum: la societ di tutti i beni, cio quella societ in cui le parti conferiscono il loro
intero patrimonio. Gestisce se stessa non attivit commerciale
La societ pi prettamente commerciale la societ unius negotiationis ex quaestu - unius negotationis dove
oggetto della gestione il singolo affare
Vi un terzo tipo di societ, definita dalle fonti societas ex quaestu, relativa alla ripartizione degli acquisti
futuri, cio la societ viene costituita per gestire gli incrementi futuri, gli acquisti futuri.
Grande rilievo ebbe la societas unius negotiationis perch era il tipo di socit che meglio si prestava alla
gestione di attivit comerciali in quanto i soci si impegnano,conferendo beni in comune a gestire un'attivit o un
fascio di attivit finalizzato ovviamente al guadagno.
Nella definizione i soci si obbligano a mettere nella disposizione comune tutti o parte dei rispettivi beni o
delle attivita
Nella disponibilit comune: vi un grande problema nello studio della societas romana; questo grande
problema consiste nel fatto che dalle fonti sembrerebbe che il semplice accordo fra i soci produca lacquisto
della propriet dei beni in capo a tutti. Quello che viene chiamato in alcune fonti transitus legalis. Un atto che
cagiona effetti obbligatori, quale appunto un contratto, un contratto di societ non pu dare vita anche a effetti
reali. Per poter avere effetti reali occorrer allora ricorrere a atti idonei come traditio, ecc., quindi probabile
che quando nelle fonti si parla di transitus legalis non si voglia intendere laccordo in quanto tale fra i soci, che
produce la propriet comune su tutti i beni, sui beni della societ comunque, ma si voglia intendere per transitus
legalis, una forma di traditio adatta al traferimento in comune dei beni senza ricorrere a mancipatio o in iure
cessio. Tra i conferimenti vi sono anche le opere, anche opere qualificate lapporto del socio dopera ha il suo
rilievo come lapporto del socio che porta con s beni materiali.
La ripartizione di profitti e perdite nella societ romana tendenzialmente alla pari, nel senso che se le
parti non stabiliscono nulla si d per presunta una ripartizione in parti uguale, senza tener conto dei
conferimenti. Non c spazio nel diritto romano per la cosiddetta SOCIETA LEONINA, cio quella societ
in cui taluno sopporti per intero le perdite. Leonina in questo senso, nel senso di chi fa la parte del leone,
lasciando ad altri nulla, le perdite. Per ci che concerne la possibilit di istituire societ in cui taluno possa

accedere alla maggior parte degli utili e alla minor parte delle perdite, vi era discussione in giurisprudenza, e ce
ne d contezza Gaio quando nelle Istituzioni, nel libro 3, capitolo 149, ci dice: Per vi fu una grande questione
(siamo in et repubblicana, verso lultimo secolo della Repubblica) se cos si possa istituire una societ tale che
qualcuno partecipi alla maggior parte del lucro e qualcuno invece si accolli la minor parte del danno. Quinto
Mucio (Quinto Mucio Scevola, giurista del 1 secolo a.C.) stabil che questo tipo di societ fosse contro natura.
Servio Sulpicio Rufo (che invece un contemporaneo di Cicerone, qualche tempo dopo rispetto a Quinto
Mucio) di cui prevalse la sentenza riteneva invece che cos potesse essere fatta la societ.
CARATTERISTICHE FONDANTI SOCIETA
Due caratteristiche fondanti della societ sono appunto la fraternitas, e la mancanza di rilevanza esterna,
ma chiudiamo con la fraternitas. La fraternitas fa s che questa comunanza - comunanza di beni, comunanza di
scopi, comunanza di gestione - si rifletta nel momento genetico cio richiedendo una costanza ininterrotta nella
prestazione del consenso e nel momento risolutivo; dal momento che la venuta meno anche di uno solo dei soci
rompe quella fraternitas originaria sotto la quale la societas si fonda producendo come conseguenza ultima
lestinzione della societ - la risoluzione della societ. Nulla toglie che fra i soci superstiti si ricostituisca la
societ ma necessario un nuovo contratto, sempre con la libert di forma che conosciamo. Quindi la morte del
socio produce lestinzione, la capitis deminutio maxima, cio la perdita della libert produce la venuta meno
della societ, il consenso contrario, cio la risoluzione unilaterale comporta lo scioglimento. Insomma, ogni
fattore che produca la frattura della unitariet del consenso reciproco costantemente prestato tra le parti,
comporta la venuta meno della societ stessa. Ogni socio ha a disposizione unazione giudiziaria - actio prosocio - da far valere contro gli altri soci per regolare giudizialmente il rapporto sociale. Lactio pro-socio una
volta intentata porta comunque allo scioglimento della societas e la condanna, a seguito di unactio pro-socio,
(ad esempio la condanna a pagare una somma di denaro a titolo di conguaglio o a titolo di risarcimento danni ai
soci) questa condanna produce come effetto accessorio, linfamia. Il socio condannato a seguito dellactio prosocio dichiarato infame quindi vede la propria capacit personale in qualche modo depressa nella misura cui
inconcepibile che venga tradita in qualche modo la fides fra i soci e chi se ne reso responsabile deve subire
una conseguenza sotto forma di una limitata capacit, nellambito del sistema giuridico. Linfame avr delle
limitazioni nel campo successorio e anche nella prestazione di testimonianze giudiziali.
Cio la carenza di rilevanza esterna. Significa che il contratto di societ rileva esclusivamente fra i soci,
portando alla sua estrema conseguenza una regola che ci proviene dal diritto romano, cio che il contratto ha
forza solo fra le parti, il contratto di societ ha valore esclusivamente fra i soci. I terzi anche coinvolti negli
affari della societ non vedono applicare a se stessi gli effetti del contratto di societ e questo un elemento che
caratterizza fortemente la societ romana e la differenzia in modo molto forte dalla societ moderna,
contemporanea. Che vuol dire manca la rilevanza esterna? Significa che gli atti di gestione compiuti allinterno
della societ dai soci rilevano allesterno esclusivamente per quelle persone che li hanno compiuti, quindi un
atto di gestione che coinvolga terzi d la possibilit al terzo di agire in giudizio non contro la societ in quanto
tale ma contro chi dei soci si con lui relazionato. A sua volta il socio che stato chiamato in giudizio dal terzo
creditore, ed eventualmente anche condannato al risarcimento del danno, avr come rivalsa nei confronti degli
altri soci, qualora questi non provvedano ovviamente a una composizione bonaria, lactio pro socio, che in
questo caso tende a regolare i rapporti fra i soci e a fare in modo che la perdita subita da uno solo dei soci,
venga equamente distribuita fra tutti gli altri soci. La mancanza di rilevanza esterna chiarissimo indice di
mancanza di personalit giuridica da parte della societ. Le uniche eccezioni relative a questo rigoroso
principio, si rinvengono soprattutto in particolari societ che venivano istituite da persone facoltose, cui si dava
il nome di PUBLICANI, che mettendo in comune patrimoni gi cospicui, ne costituivano uno attraverso la
societ ancor pi cospicuo, immenso, per poter garantire la gestione di importanti affari e intraprese, soprattutto
commissionate dal magistrato. Parliamo delle grandi opere pubbliche romane, come la costruzione di un
acquedotto o la sua manutenzione, e parliamo anche della gestione della riscossione delle imposte. E ovvio che
affari di questo tipo, prevedevano necessariamente la costituzione di immensi patrimoni, che una persona sola
spesso non poteva possedere. Allora ecco che i publicani costituivano fra loro una societ diretta a questo tipo
di gestione, la differenza nelle societ ordinarie consisteva nel fatto che i publicani davano vita a un corpus
diverso rispetto al loro corpus, e allora la societ era un ente diverso rispetto ai suoi componenti. Un ente con
un corpo che poteva essere chiamato in giudizio come tale e quindi la necessit era proprio quella di avere una
solvibilit la pi coprente possibile proprio per via della natura pubblica degli affari.

CONTRATTI INNOMINATI
atti che sembravano avere tutta lapparenza dei contratti ma che poi alla fine, per la mancanza di un elemento o
di un altro - qualsivoglia esso fosse - i giuristi romani propendevano alla fine, dopo discussione (ovviamente
discussione che durava anni), per linclusione o per lesclusione di questa figura nel novero dei contratti
tipizzati.
PERMUTA
Lesempio pi eclatante. si discuteva presso i giuristi se dovesse essere considerata una compravendita o altro.
Sembrava avere tutti i connotati della compravendita: cera infatti una parte che voleva cedere una propria cosa,
e voleva ricavarne un utile, il prezzo. Cera laltra parte che voleva acquistare quella cosa, ed era pronta a
pagarla. nella permuta non si in grado di stabilire con certezza quale delle res funga da prezzo. quindi
non si in grado di stabilire con certezza chi sia il compratore. La mancanza del prezzo fu largomento
decisivo, da parte di certa giurisprudenza, perch lintera giurisprudenza arrivasse a negare alla permuta natura
di contratto di compravendita.
Ma queste figure proliferavano nel diritto romano. Occorreva in qualche modo sistemare queste figure al fine di
creare per loro categorie giuridiche e conseguentemente un modello apprezzabile di tutela. Una discussione
giurisprudenziale in tal senso, la possiamo rinvenire in un passo di Ulpiano (giurista dei primi decenni del 3
secolo d.C.). Ulpiano, parlando di 2 giuristi della prima et imperiale (Aristone e Celso) ci manifesta questa
discussione circa tali figure. Elegantemente Aristone rispose a Celso che si trattava di unobbligazione. io ti ho
dato una cosa affinch tu ne facessi unaltra, entriamo in un campo nuovo. Allora, le fattispecie regolate sulla
base di: Io ti do affinch tu dia - la permuta - Io ti do affinch tu faccia - che non permuta, generano
unobbligazione civile. Sono rapporti sinallagmatici in cui le obbligazioni dovrebbero essere funzionalmente
collegate. E evidente che la giurisprudenza discuteva, e discuteva in vari secoli: 1 secolo d.C. - Aristone e
Celso; 2 secolo d.C. - Giuliano e Mauriziano e il motivo della discussione era lo stesso: dare una collocazione
giuridica ad atti che sfuggivano alla tipizzazione contrattuale - per un motivo o per un altro - e stabilire per essi:
1 se fossero idonei a dare vita a obbligazioni; 2 se, in quanto idonei a dare vita a obbligazioni, potessero
essere considerati contratti.
Ora, noi abbiamo lopinione di Aristone e di Mauriziano che unopinione importante - ci dice Ulpiano che
fu quella accettata, perlomeno da lui - in base alla quale queste figure, che vengono identificate un po
sommariamente (Come? Io ti ho dato una cosa affinch tu me ne dessi unaltra! o Io ti ho dato una cosa affinch
tu ne facessi unaltra!?) vengono sintetizzate come aventi i requisiti dei contratti. Perch da loro nasce
unobbligazione civile e la natura loro sembrerebbe appunto contrattuale perch sinallagmatica cio dove
le obbligazioni sono reciproche e in questo anche Labeone avrebbe dato loro ragione - forse - non sappiamo,
in quanto per Labeone il vero contratto era quello che generava obbligazioni reciproche, sinallagmatiche. Ora
per , a leggere bene, un problema si coglie: che il richiamo al sinallagma un richiamo fondamentalmente
improprio rispetto al concetto di sinallagma che emerge dalle parole di Labeone che scriveva a proposito di
quelli che lui definiva contratti, contratto era quello in cui lobbligazione nasce reciprocamente e richiamava
il sinallagma. In questo caso per non tanto lobbligazione ad avere natura sinallagmatica la prestazione: io d
affinch tu dia - il dare; io d affinch tu faccia - il fare, sono contenuto della prestazione non dellobbligazione.
Il rapporto sinallagmatico in questo caso si esprime fra le prestazioni non fra le obbligazioni, nella misura in cui
lobbligazione nasce solo dal comportamento concludente di una delle parti. Io d affinch tu dia, il mio dare
innesca il meccanismo obbligatorio che porta poi alla prestazione di dare altrettanto o di fare, ma finch non
viene dato (io d ) finch non viene fatto (io faccio9 non si pu parlare di un rapporto obbligatorio, non si pu
parlare appunto di obbligazione e di reciprocit dellobbligazione.
Scrive Paolo: O infatti io d affinch tu dia, o io d affinch tu faccia, o io faccio affinch tu dia, o faccio
affinch tu faccia. In queste vicende ci si chiede quale obbligazione nasca. Paolo sembrerebbe interrogarsi
sulla natura dellobbligazione e considerato che al tempo di Paolo molto probabile fossero 3 le fonti delle
obbligazioni - quelle enucleate qualche anno prima da Gaio, in contratti, delitti e varie causarum figurae, si
domandi esclusivamente a quale tipo di obbligazione occorra fare riferimento. Lo sforzo di Paolo, bisogna
notare, uno sforzo di fondamentale tipizzazione, cio il tentativo di ricondurre il pi possibile ad unit e
quindi a categorie, il pi possibile ristrette, vicende obbligatorie che di per s fuggivano dalle categorizzazioni e
davano vita ad atti che si fondavano sullattivit di una parte che generava obbligazione nellaltra, si fonda sul
nudo consenso, non tipizzato, quindi non riconducibile alal compravendita, alla societ, al mandato, alla
locazione conduzione. Un patto - quindi non abile a generare obbligazioni - in base al quale Tizio si impegna a
dare una cosa e Caio si impegna a dare unaltra cosa. Ora, il patto non genera obbligazioni. Ladempimento a
un dovere non sancito dal diritto - perch non unobbligazione - da parte di Tizio porta per alla genesi delle

obbligazioni in capo a Caio. era unobbligazione che proveniva da un comportamento qual era appunto quello
di colui che dava o di colui che faceva in attesa di avere unaltra cosa o che laltro facesse un qualche cosa, era
unobbligazione che proveniva da un comportamento qual era appunto quello di colui che dava o di colui che
faceva in attesa di avere unaltra cosa o che laltro facesse un qualche cosa, e i primi tentativi di soluzione della
vicenda passarono attraverso la categoria del contratto. in nome della volont che era alla base della loro
vicenda. La permuta non era una compravendita, le altre figure non erano riconducibili ad altri contratti - con la
breve parentesi forse dei contratti reali - per essi venne coniata unespressione che rende bene lidea del loro
isolamento rispetto alla tipicit dei contratti romani: il contratto ANONIMON, senza nome, cio quel contratto
che pur essendo contratto senza nome, non rientra nei tipi previsti dal sistema. Paolo cerca di recuperare
attraverso la creazione di 4 categorie.
NEL CC:Lart. 1322 la cui rubrica Autonomia Contrattuale, recita - al comma 2: Le parti possono anche
concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare purch siano diretti a
realizzare interessi meritevoli di tutela secondo lordinamento giuridico. Ecco, la storia dei contratti innominati
porta, nel nostro codice civile, alla formulazione dellart. 1322 ove appunto si riconosce la possibilit ai privati
di concludere contratti non tipici, che non appartengono ai tipi, e anonimi, innominati, senza un nome, senza un
tipo, aventi appunto una disciplina particolare non dipendente dai tipi singoli, purch appunto siano diretti a
realizzare interessi meritevoli di tutela secondo lordinamento giuridico.

DELITTI fonte obbligazione


Per delitto, nel nostro ordinamento, si intende un reato perseguibile attraverso le procedure della legge penale. I
reati nel nostro ordinamento si distinguono in delitti e contravvenzioni, laddove i delitti prevedono pene pi
severe rispetto alla contravvenzioni, quindi potremmo dire anche che i delitti sono fattispecie di reato pi gravi
rispetto alle contravvenzioni - almeno per regola, poi ci sono delle eccezioni nellordinamento -. Ma i delitti
sono quindi perseguiti in base alla legge penale. Reati come il furto, come il danneggiamento, come la rapina,
come le ingiurie vengono appunto perseguiti con la legge penale e rimessi a una sanzione - la pena - di natura
appunto penale che nel caso dei delitti pu essere la reclusione o la multa. Nel caso delle contravvenzioni:
larresto o lammenda
Per i romani i delitti non sono la stessa cosa dei delitti penali, non perch il delitto non preveda una pena,
anzi, prevede una pena, ma la persecuzione della pena attuata attraverso le forme del processo civile. Il
delitto nel diritto romano si differenzia dai crimini la cui pena perseguita invece attraverso processi criminali
che non seguono gli schemi del processo ordinario civile, ma schemi diversi appunto relativi esclusivamente ai
processi criminali. I crimini a Roma sono tipici, nella misura in cui vengono puniti crimini ritenuti gravi per la
minaccia della pace tra uomini e Dei. Non che il delitto non minacci la pace tra uomini e Dei ma pu essere
composto senza lausilio del popolo, quindi con giudizi privati; mentre i crimini sono talmente gravi e talmente
minacciosi per la pace tra uomini e Dei appunto - non solo tra uomini - che devono essere ricomposti attraverso
il popolo, attraverso giudizio pubblici. Ma la natura della pena la stessa afflittiva, non ha come funzione
quella di soddisfare il bisogno delloffeso, la pretesa delloffeso, ma di affliggere il reo, nellinteresse
delloffeso. Si va dalla vendetta indiscriminata prevista appunto come pena per specifici delitti al taglione che
una forma di vendetta misurata, limitata. Perch il taglione, pur nella sua elementarit, consistendo infatti nella
reciprocit del danno, per intenderci occhio per occhio - dente per dente, pur in questa sua elementarit il
taglione pur sempre una limitazione della vendette indiscriminata. E evidente, nel caso dellingiuria sotto
forma di un osso rotto, che le 12 Tavole permettono il taglione. Ma come sappiamo nelle 12 Tavole appare un
indizio di compensazione, soprattutto nel caso della frattura di un osso, previsto indubbiamente il taglione, ma
con la possibilit alternativa di una composizione pacifica fra il reo e loffeso : ius paciscendi - il diritto di
venire a patti. Ovviamente lo ius paciscendi un diritto che pu essere riconosciuto al reo e che permette
alloffeso di trarre soddisfazione dal comportamento che il reo terr a seguito del patto. Perch mentre il
taglione afflittivo, il diritto di venire a patti permette al reo di evitare la pena, e permette alloffeso di trarre un
vantaggio molto spesso patrimoniale, dal danno ingiusto. Il diritto di venire a patti ovviamente non una pena,
ma anzi evita la pena. Ed un inizio del concetto di obbligazione, ma il diritto di venire a patti comunque
ancorato alla commissione di un delitto e solo come alternativa a una pena prevista come certa. Ora, nel sistema
delle 12 Tavole evidente che dal vecchio ordine, dal vecchio regime, in base al quale la pena era rimessa alla
vendetta o al taglione - con lalternativa del patto -, si passati / si sta passando per quasi tutte le forme di
delitto allora conosciute, a un concetto di pena molto diverso. Non diverso sotto il profilo della natura giuridica,
perch la pena conserva e conserver sempre la sua natura afflittiva, ma sotto il profilo della configurazione
della pena. Nelle 12 Tavole evidente il passaggio dalla pena - vendetta o taglione alla pena pecuniaria

lunica pena prevista, con leccezione appunto del taglione, nel caso dellosso fratturato e della possibilit di
apprensione fisica e riduzione in semi servit del ladro colto in flagrante. Al di l di queste due figure tutte le
altre figure di delitto presenti nelle 12 Tavole portano a una pena pecuniaria, segno evidente che il
processo ormai quasi del tutto maturo per la trasformazione della pena in pagamento di una somma di denaro
e quindi totale vittoria del principio del patto alternativo alla vendetta o al taglione. Quindi lo ius paciscendi
ha una ragion dessere sotto il profilo patrimoniale, economico. Ed ecco in quale senso dico la vittoria del
patto sulla vendetta, perch porta a una composizione pecuniaria, che per mantiene sempre e comunque la sua
natura afflittiva; ma una pena.
E lobbligazione consiste in questo: nellobbligazione di sottostare alla pena.
Ora, questo il sistema delle 12 Tavole, che conosce 2 delitti,
il furto: nelle sue forme di furto in flagrante e furto non sul fatto;
liniuria: sotto le sue varie forme di ingiuria verbale, oppure uningiuria fisica sottoforma di un colpo al corpo
o addirittura, fino alla frattura di un osso o alla perdita di un organo.
Dalle 12 Tavole, attraverso 2 strumenti giuridici, si arriva ad ampliare la rosa dei delitti del diritto civile;
attraverso una legge - probabilmente del 3 secolo a.C. (una Lex Aquilia) - fu introdotto un delitto nuovo che
venne chiamato DAMNUM INIURIA DATUM, traducibile grossomodo con danneggiamento.
Il Pretore intervenne nel 1 secolo a.C. - negli ultimi decenni della Repubblica romana - per individuare una
nuova fattispecie di delitto che non poteva essere punita pi attraverso il furto perch i tempi erano maturi
affinch si prevedesse specificamente una pena per questo tipo di delitto: LA RAPINA.
Lopera del Pretore quindi ha un grande rilievo anche - e non solo - per lemersione di nuove figure di delitto
del diritto civile. Ma non solo Perch lopera del Pretore soprattutto volta a reprimere o meglio a punire
fattispecie che non sono riconducibili agli atti leciti ma che comunque si preferisce tenere fuori dal novero dei
delitti. Lopera del Pretore derivava dallacuta attenta osservazione dei fenomeni soprattutto urbani : volassero
dalle finestre dei palazzi delle cited era molto difficile stabilire da quale finestra fosse piombato loggetto, era
praticamente impossibile risalire al responsabile del lancio. e il Pretore invent unazione che era diretta a
sancire una pena nei confronti dellHABITATOR del palazzo, che grossomodo corrispondeva con il
proprietario. il Pretore creava una sorta di codice complesso di atti illeciti, non riconducibili ai delitti in senso
proprio, ma che comunque individuavano appunto fatti illeciti e stabilivano una pena;E la differenza era questa
che i delitti erano istituti del diritto civile, le norme processuali che perseguivano fatti illeciti erano invece di
diritto pretorio - ius honorarium. Lunico caso che noi sappiamo di allargamento della sfera processuale pretoria
al diritto civile, attraverso i consueti mezzi, relativo alla rapina. Tutti gli altri casi non vennero mai assimilati
ai delitti del diritto civile, tutte le nuove figure di illecito individuate dal Pretore nel lungo lavoro di secoli, non
confluirono mai allinterno dellelenco dei delitti del diritto civile che rimasero inalterati una volta che essi
furono considerati dal sistema giuridico chiusi, con la elaborazione del delitto della rapina. Quindi a un numero
chiuso di delitti del diritto civile, si opponeva un codice aperto di illeciti che potremmo dire pretori. Ciascuno
con le proprie caratteristiche, ciascuno con le proprie pene, pene riconducibili al concetto della patrimonialit,
ma collegata a figure diverse.
FURTO il furto consiste nella sottrazione di una cosa contro la volont del padrone. nelle 12 Tavole, 2 erano i
delitti del diritto civile, fino allora affinati: liniuria e il furto. Il furto si distingueva in manifestum e nec
manifestum. E si distingueva in questo modo perch le pene erano diverse. IL furto nec manifestum, cio
quando il ladro non fosse stato colto in flagranza di reato, invece il furtum manifestum era invece quello in cui
il ladro fosse stato colto in flagranza di delitto. Le pene erano diverse, erano pi gravi, nel caso della flagranza e
soprattutto della flagranza notturna. E se il ladro fosse stato addirittura a mano armata sil derubato avrebbe
potuto ucciderlo, impunemente. larma era unaggravante della sua posizione, ma gi era grave la posizione del
ladro colto flagrante notturno, anche non armato. regime analogo a quello della servit - ma per certi versi
diverso - da parte delloffeso. Per il resto le pene erano pecuniarie - fatte quindi queste eccezioni, la morte o la
caduta in semi asservimento che i romani chiamavano ADDICTIO - per il resto previste per il furto erano
pecuniarie. Una pena che poteva essere un multiplo nei casi pi gravi. Un aspetto curioso del furto era la
possibilit da parte del derubato di perquisire la casa del sospettato e produceva una conseguenza analoga a
quella della flagranza, se loggetto o gli oggetti rubati fossero stati trovati a seguito di questa perquisizione, che
doveva avvenire secondo un rigido schema formale per garantire ovviamente tutti, compreso il sospettato, che
non detto fosse stato lui. Quindi non lo si poteva condannar prima! La perquisizione, particolare curioso,
consisteva in questo: che il derubato si presentava alla casa del sospetto autore del furto vestito di una semplice
camicia - probabilmente una tunica leggera, nullaltro - e con un piatto in mano perch evidente che la tunica
leggera non doveva nascondere nulla, il piatto in mano serviva per depositare la cosa / le cose che
eventualmente fossero state trovate nella casa del sospettato.

INGIURIA conosce varie esplicazioni, vari eventi: si va dallevento meno pericoloso per lincolumit fisica
come probabilmente era il MALUM CARMEN INCANTARE - il malocchio, unoffesa quindi pi verbale che
altro - fino alla frattura di un osso o la perdita di un organo (cavare un occhio per esempio, rompere un braccio)
passando attraverso una semplice percossa del volto o di altra parte del corpo. Anche in questo caso abbiamo
visto che nellet pi antica la pena era la vendetta, mitigata dal taglione, successivamente una pena
esclusivamente pecuniaria con un altro particolare importante da tenere a mente: che nel caso di iniuria contro
un uomo libero la pena pecuniaria era prevista in una certa somma di denaro, ma se oggetto delliniuria fosse
stato uno schiavo, la pena pecuniaria alla quale il reo poteva essere condannato - ovviamente il pagamento
doveva avvenire al padrone dello schiavo - era nella esatta met del valore della pena prevista per lo stesso
delitto commesso contro un uomo libero
DANNEGGIAMENTO Ora, il delitto aggiunto nel 3 secolo attraverso una legge - la Lex Aquilia - il
DAMNUM INIURIA DATUM, che potremmo tradurre con danneggiamento. Le figure di danneggiamento eran
quelle relative al danno arrecato a schiavi e animali altrui. Il danneggiamento doveva essere fisico e arrecato
con il fisico, arrecato al corpo con il corpo. Quindi le omissioni sarebbero rimaste fuori. per essere condannati
di danneggiamento, quindi il ferimento o luccisione di uno schiavo o di un animale non fosse necessario
dimostrare il dolo da parte del reo, ma fosse sufficiente dimostrare la colpa. Ora, non si capito bene dalle fonti
se per colpa si intendeva quello che in un diritto romano pi maturo era limperizia, limprudenza, la
negligenza, che connaturavano il comportamento del reo tale da produrre un evento non voluto, oppure per
colpa si intendeva semplicemente il nesso causale tra levento e il reo - quella che noi oggi chiamiamo
responsabilit oggettiva. Dalla pena pecuniaria, calcolata in forma fissa - pur la met di un uomo libero - si
passa invece a una pena variabile a seconda del valore.
RAPINA BONA VI RAPTA - cos la chiamavano le fonti. I beni strappati con la violenza. La differenza tra il
furto e la rapina era proprio in questo: che la rapina era compiuta con violenza, in particolare con bande di
uomini, riunite per commettere questo tipo di delitti, con luso delle armi. Perch esigenza di separarla dal furto.
Perch i torbidi dellet repubblicana vi erano aRoma, Torbidi e violenze di grande rilievo, addirittura intere
citt saccheggiate, da bande armate, situazioni pericolose, scorrere continue, paura da parte delle persone,
episodi inauditi, tutto questo port il Pretore a creare questa nuova fattispecie e fu lunica invenzione nel campo
dei fatti illeciti del Pretore ad essere accolta nel novero dei delitti del diritto civile, proprio per il fatto che era
avvertita come unaggravante del furto, ma era divenuta una figura specifica di delitto.
Solo questi 4 erano i delitti del diritto civile, e tali rimasero fino a Giustiniano. Tutti gli altri illeciti
individuati dal Pretore arricchivano le fila di quel codice complesso - come lo ha chiamato - degli illeciti che
per erano puniti sulla base di unazione pretoria, non sulla base del diritto civile. erano formule IN FACTUM,:
sono quelle formule giudiziarie basate non su un presupposto di diritto, ma su un presupposto di fatto Le pene
erano comunque sempre pecuniarie, e avevano la stessa natura delle pene dei diritti civili, cio una natura
afflittiva.
CARATTERI AZIONI PENALI azioni che venivano intentate per la persecuzione della pena - ecco perch
penali, non risarcitorie perch la pena afflittiva. CUMULABILITA si crea una sorta di solidariet fra i rei, nel
caso in cui sia pi di uno, in quanto alla pena. Vuol dire che la pena non frazionata fra i rei CONCORRENZA
DELLA AZIONI PENALI CON LE AZIONI REI PERSECUTORI la pena non soddisfa loffeso. E allora ecco
che i romani immaginarono come eccezione del sistema giuridico che loffeso potesse cumulare lazione penale
con lazione rei persecutoria, cio quella diretta a perseguire la res. TRASMISSIBILITA Il sistema giuridico
prevede la intrasmissibilit passiva nel caso dei delitti del diritto civile, mentre per quanto riguarda gli illeciti
pretori era possibile agire contro gli eredi del reo per larricchimento, per la differenza insomma. La
trasmissibilit attiva era regola. IL TEMPO, LA PRESCRIZIONE le azioni civili erano perpetue, quindi furto,
iniuria, rapina e danneggiamento non conoscevano prescrizione. Potevano essere intentate per sempre. La stessa
cosa non vale per le azioni pretorie e questa una differenza importante. Perch le azioni pretorie essendo
fondate sullimperium, sulla giurisdizione del Pretore che le ha emesse, avevano valore esclusivamente annuale.
NOSSALITA alternativa che ha lavente potest del reo, tra pagare la pena prevista per il fatto illecito
commesso dal reo o liberarsi da questa obbligazione concedendo appunto a Nossa il reo sottoposto,vuol
direTrasferire il potere alloffeso. A quel punto il reo entrava nella disponibilit fisica delloffeso che avrebbe
potuto comportarsi nei suoi confronti come un padrone si comporta nei confronti dello schiavo. C una regola
particolare in base alla quale la nossa segue il capo; vale la pena di ricordarla, consiste in questo: che nel caso in
cui il sottoposto dopo aver commesso il delitto fosse stato trasferito a terzi - si pensi alla vendita di uno schiavo

- non sarebbe stato il padrone originario ad essere perseguito, ma il nuovo padrone, perch la nossa segue il
capo.
Ci si interroga su quale fosse lelemento comune dei quasi delitti (codice del 1865). Alcuni studiosi hanno
ritenuto che fosse il dolo - nel caso delle azioni civili, e la colpa - nel caso delle azioni pretorie.

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