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Giovanni Boccaccio

Giovanni Boccaccio nasce nel 1313 probabilmente a Firenze, da dove si sposterà con il padre per Napoli.
Qui farà pratica bancaria con il padre, ma potendo frequentare anche la vasta biblioteca del re Roberto
d’Angiò comincerà a sviluppare la sua ampia cultura, iniziano inoltre a scrivere le prime opere letterarie,
quali l’Elegia di Costanza, la Caccia di Diana e in rapida successione il Filostrato, il Filocolo, il Teseida e il
prosimetro Commedia delle Ninfe Fiorentine. Nel 1340 è costretto dopo una rottura con compagnia dei
Bardi a tornare a Firenze. L’intensa attività artistica dà vita ad opere come Amorosa Visione e Elegia di
Madonna Fiammetta. Altre opere in cui Boccaccio sperimenta sono il Bucolicum Carmen il Ninfale fiesolano
e il più tardo Corbaccio. L’opera più importante nella quale il poeta versa maggior attenzione è il
Decameron, scritto subito dopo l’epidemia di peste del 1348. Come il contemporaneo Petrarca, diventa
chierico nel 1360. Continuerà a scrivere in contemporanea con l’impiego diplomatico fino al 1375, quando
morirà a Certaldo.

-Cultura-
La formazione di Boccaccio è influenzata da due cause principali: la prima influenza culturale colta da
Boccaccio proviene dell’ambiente consueto della cultura classica e cortese, degli autori latini con un
percorso di studi tipicamente medioevale. Una diversa fonte di apprendimento è invece l’ambiente
mercantile che dà a Boccaccio un’ampia conoscenza degli uomini e delle usanze del Mediterraneo, che
diventa il centro di diffusione di un nuovo modo di narrare e di concepire la realtà.
Sono quindi diversi gli ambiti di interesse nei quali si inserisce Boccaccio:
- TRADIZIONE MEDIOEVALE E MODELLI CORTESI, che assimila soprattutto tra il 1320 e il 1350, ,
avvicinandosi anche alla borghesia mercantile dell’epoca. Riuscirà, soprattutto dopo il soggiorno a
Napoli ad unire omogeneamente soggetti cortesi e borghesi con un’originale stile narrativo.
- INSEGNAMENTO DANTESCO, che gli conferisce la dimestichezza e la capacità compositiva con il
volgare.
- STUDI CLASSICI, che intraprenderà dopo il 1350, anno ufficiale del primo incontro con Petrarca,
scrivendo opere in latino e gettando insieme appunto al Petrarca le prime basi del futuro
Umanesimo.
I suoi primi studi riguardano Exempla e letteratura dei Padri della Chiesa, che gli doneranno importanti
spunti per la stesura del Decameron. Si dedica poi a Ovidio, Virgilio, Lucano, Stazio e Apuleio, per passare
poi alla tradizione cortese e ai romanzo cavallereschi tornati in auge nel ‘300, sia per il carattere leggero e
d’intrattenimento di queste letture, sia per il modello di vita che rendevano popolare, anche se in leggero
contrasto con la nuova borghesia mercantile.

Il confronto con Dante è fondamentale per molti elementi che Boccaccio ricava dalla lettura del “De vulgari
eloquentia”, della “Vita Nova”, ma soprattutto della Divina Commedia e, in particolare, dell’inferno. Il dì
Dante comico dell’inferno è il metro di confronto per il registro comico realistico che Boccaccio utilizzerà
nel Decameron. D’altra parte. L’incontro con Petrarca del 1350 farà “cambiare rotta” a Boccaccio, che
lascerà sullo sfondo la linea comico realistica cominciando a dedicarsi allo studio dei classici e alla scrittura
di opere più erudite, in latino invece che in volgare. Nonostante le nuove tematiche affrontate con
Petrarca, Boccaccio porterà a termine il Decameron, del quale invierà una copia all’amico, che giudicherà
non troppo bene. La traduzione del’ultima novella di Griselda renderà lo stile della novella famoso anche in
Europa e fondamentale per le epoche successive.
-Opere-

- LA CACCIA DI DIANA, è le prima opera letteraria in volgare (1334): poemetto in terzine dantesche
che celebra la nobiltà femminile angioina in scene quasi bucoliche di caccia. Oltre all’intenzione
celebrativa si trovano qui dei riferimenti a temi che saranno poi successivamente molto cari al
poeta, come la celebrazione del genere femminile e l’amore che ingentilisce e trasforma l’animo
degli uomini.
- IL FILOCOLO, è per la tradizione critica più antica il primo grande scritto napoletano del poeta, forse
composto nel 1336. Esso è un’unione di temi eterogenei provenienti dalla classicità, dalla tradizione
orale e dalla recente tradizione cavalleresca. E’ un romanzo basato su un cantare italiano dal titolo
Florio e Biancifiore, dal quale prendono il nome i protagonisti. In quest’opera l’amore è contrastato
da questioni di ceto (Florio è nobile, Biancifiore pare una serva) e religiose. I due vengono separati e
Florio, assumendo il nome di Filocolo, compie mirabolanti viaggi in oriente, ricreando quindi
condizioni per un romanzo d’avventura, ma anche di riflessione perché sono molto frequenti
riflessioni sull’amore e sulla fedeltà. Il viaggio di Florio viene “interrotto” da un aneddoto
importante per la futura stesura del Decameron, poiché una donna di nome Fiammetta comincia
un gioco detto delle “questioni d’amore” che, come impostazione, ricorda vagamente la cornice
esterna del Decameron. I risultati fondamentali di questa prima opera sono la consapevolezza del
carattere composito di ogni opera letteraria e la “nascita” del personaggio di Fiammetta che
accompagnerà quasi tutte le opere del poeta.
- IL FILOSTRATO, è un poema diviso in ottave che riprende argomenti dalla diffusa trattazione della
distruzione di Troia. Boccaccio dilata il tema amoroso della relazione tra Troiolo e Criseide,
lasciando sullo sfondo lo scenario bellico. IN questa opera in particolare il poeta si basa sulle
“istruzioni” della lirica d’amore di Ovidio nell’”Ars amandi”. Il Filostrato è un amante vinto, che
vede la sua amata allontanarsi per un altro uomo, tratto che lo distingue dal Filocolo. Altra
differenza è la composizione in versi, che “battezza” la lirica boccacciana ad uno stile alto.
- TESEIDA, primo poema epico della storia del volgare italiano, in ottava rima e diviso in 12 libri. La
scrittura di quest’opera è legata anche al “posto vacante” nel trattato dantesco sul volgare riguardo
ad un poema epico, tanto che Boccaccio afferma di aver colmato questo vuoto con la sua opera,
alla fine del XII libro, nonostante anche in questo caso la tematica d’amore prenda il sopravvento su
quella militare.
- COMMEDIA DELLA NINFE FIORENTINE, nuova elaborazione di un diverso stile letterario, il
prosimetro. In questa commedia è introdotto ancora una volta il tema e la struttura del
Decameron: il pastore Ameto, circondato da ninfe nei boschi di una mirabolante Etruria, assiste al
racconto di novelle che lo “purificano” da rozzo e sgraziato qual’era a uomo profondamente
mutato e migliorato dall’azione benefica dell’amore. In questo caso non è presente solo una
concezione spirituale dell’amore, ma anche un coinvolgimento erotico, che contratsa per esempio
con il canto dantesco di San Francesco, dove il corpo sarà totalmente sottomesso allo spirito.
- AMOROSA VISIONE, poemetto didattico-allegorico, dove Boccaccio cerca di lanciare una nuova
concezione dell’amore, sensuale terreno e carnale , allontanandosi dalla visione sublimata
dell’amore Dantesco. Il quest’opera il poeta si vede costretto a scegliere tra due porte: una piccola
e difficile e una ampia e facile: il poeta sceglie la strada più semplice e si ritrova a salire delle scale
affrescate che rappresentano ogni vizio terreno, fino a raggiungere una terrazza sulla quale cerca
insistentemente di unirsi a Fiammetta. A questo punto il sogno si interrompe. Nascono qui diverse
concezioni dell’amore, ampliate e più evidenti poi nell’ “Elegia di madonna Fiammetta”.
- ELEGIA DI MADONNA FIAMMETTA, immaginaria lettera che Fiammetta, la donna amata da
Boccaccio, scrive a Panfilo (lo stesso poeta)per raccontare il suo dolore per l’abbandono di lui e la
perdita della passione, motivo di un’effimera felicità. Quest’opera “inaugura” questo stile in
volgare, ma non lo inventa poichè già dalle Heroides di Ovidio era stato affrontato il tema
dell’elegia amorosa. La struttura e la complessità emotiva di quest’opera si fonda sicuramente sulla
tradizione letteraria, ma anche e soprattutto sull’esperienza personale del poeta. In ogni caso
Boccaccio reinventa la rappresentazione della donna, in quanto nell’immaginario cortese era la
donna musa e fonte di ispirazione, nonché lontana ed irraggiungibile mentre in quest’opera è il
contrario. La donna diventa l’”io narrante”, riconducibile in un certo senso anche alla Francesca di
Dante, che parla al posto di Paolo nel V canto. La concezione dell’amore di Boccaccio ritorna ad
essere quella cortese, dove l’amore è più forte persino della natura umana e l’uomo può solo
essere purificato da essso. Anche in questo caso c’è una vicinanza tra uomini e donne, che non
sono divisi nemmeno dalla sorte a causa dell’amore. L’amore non si ferma nemmeno dinnanzi a
divari sociali, politici o al matrimonio o precedenti legami.

Decameron

Il Decameron, scritto tra il 1349 e il 1351, inaugura un nuovo genere letterario, quello della novella, che
renderà quest’opera modello di prosa letteraria d’invenzione per molto tempo.
L’organizzazione dell’opera è proposta dall’autore sia all’inizio che alla fine, delimitandola con un incipit che
ne declama il titolo e il sottotitolo “…Decameron cognominato prencipe Galeotto” e un explicit che riprende
la prima espressione in forma chiastica. La struttura interna dell’opera è detta a cornice, poiché racchiude
in modo diverso autore, ambientazione, e diversi narratori interni.

N2=10 (Sia pubblico che narratore)


A=N1
N3
Orizzonte d’attesa

Il narratore uno, quindi lo stesso Boccaccio, partecipa attivamente al racconto in tre parti: l’incipit, dove
introduce appunto l’opera e ne spiega la nascita, l’”orrido cominciamento”, l’explicit, e l’introduzione della
quarta novella. Questa presenza del narratore esterno nel mezzo dell’opera fa pensare che parte di
quest’ultima fosse già stata scritta e redatta, perciò già circolante.

Si possiedono due codici del Decameron: l’Ottimo, circa del 1384, e il testo autografo, risalente circa al
1371. L’ideazione del Decameron risale però nelle date appena successive al 1348, dopo l’epidemia che
dilagò a Firenze.

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