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ILPONTE Anno LI n.10 ottobre 1995 IL PONTE Rivista di politica economia e cultura fondata da Piero Calaman Anno LI n. 10 AX Sobre i Giampaolo Calchi Novati La Jugoslavia di Tito & dav finita Giovanni Terranova Anche le reti transeurc emarginano il Sud (1 Etsuko Oshima Giappone anni nova C’e posto per le imprese italiane Fausto Bertinotti nuovo piano, un nuovo compromesso sociale Peter We Primarie e consenso [1 Mauro Stampacchia Dal proporzio al maggioritario, la difficile transizione Specialista piti politico Marcello R Enrico Ghidetti Parere su Malaparte 11 Goffredo Fofi dei giusti: Ignazio Silone Marco Marchi Il poeta cormorano. Ricordando Giuseppe Zagarrio Lino Micc Sugli schermi del Lido: delusioni, ma che evento Gi: Poli Spettacoli parigini e «francesi» Mario Materas: pappagallo di Hugh Nissenson 4 Passigli Editori Altri scritti di Luigi Anderlini, Paolo Bagnoli, Luigi Ballerini, Enrico Baraldi, Giancarlo Bérgami, Stefano Berni, Sergio D’Amaro, Giuseppe Favati, Libertario Fornaciari, Roberto Giovannelli, Giovanni Maccari, Giuseppe Marchetti, Ferruccio Monterosso, Alberto Romitti, Stefano Sanna, Pietro Scarpellini, Roberto Sciacchitano, Umberto Serafini, Mi- chele Serra, Roberto Serrai, Gilbert Vertigo. Passigli Editori, Firenze - Mensile - Spedizione in ab. postale 50% ISSN 0032-423 X L. 20.000 [...] HABERMAS E DEL PENSIERO NEOCONSERVATORE, Habermas, giunto ormai da tempo all’esplicita accettazio- ne, e legittimazione, del presente, in nome di una tradizione illuminista, soprattutto di matrice kantiana, critica pensatori quali Foucault e Adorno, e la loro ascendenza nietzschiana, perché sempre impigliati in una «teoria del soggetto» classica- mente intesa, dunque conservatrice. Diatribe di filosofi? Que- stioni astratte da addetti ai lavori? No, perché riguardano lo status del pensiero che cerca di cogliere il presente — il nostro presente — e di prendere posizione su di esso. Questioni quindi, nonostante l’apparenza, molto concrete e importanti. Innanzitutto ci troviamo calati nella distinzione, per niente chiara né illuminante, fra «modernismo» e «postmoderni- smo». Habermas (v. Il discorso filosofico della modernita, 1987) & postmoderno in quanto vuole superare la teoria del soggetto, ma @ moderno in quanto ripropone kantianamente un soggetto che si autopone a priori entro una comunita universa- le. Foucault e Adorno sarebbero postmoderni se inseriti nel tentativo di «decostruzione del soggetto», ma modemi in ogni caso perché attenti al presente come problema. Tuttavia, cid che viene definito postmodemo @ un residuo del modemo’ e difficilmente si pud applicare una netta distinzione; Foucault, giustamente, ne era perplesso e aspettava propri6’ su questo tema I’incontro con Habermas che non é mai avvenuto. Secondo Lyotard (v. La condizione postmoderna), per postmoderno si dovrebbe intendere cid che sta oltre le grandi narrazioni legittimanti e pretese totalizzanti di verita. In cid, allora, Foucault e Adormo sono senz’altro postmoderni. Ma se per postmoderni si allude alla piena accettazione dell’esistente, allora. Foucault e Adomo sono moderni, posto che con cid s’intenda la critica della modernita. Per usare le parole di Nietzsche: «grande @ la speranza di coloro che non si sentono 81 cittadini di questo tempo, perché se lo fossero concorrerebbe- ro ad ammazzare il loro tempo e a tramontare con il loro tempo — mentre vogliono piuttosto risvegliare il tempo alla vita per continuare essi stessi a vivere in questa vita»”. Il vero postmoderno & dunque Habermas, posto che la filosofia — come scrive Foucault (Che cos’é I'illuminismo) — sia «la problematizzazione di un’attualita ed esplorazione di questa attualita da parte del filosofo che a essa prende parte e attra- verso di essa deve situarsi: ¢ cid caratterizza la filosofia come discorso del Moderno ¢ sul Moderno». Ma entriamo in medias res. La teoria del soggetto, cosf come @ proposta nella linea Nietzsche-Adomo-Foucault, im- plica un paradosso, che Habermas coglie come aporia, deri- vandone la necessita logica del suo. superamento. Ecco- il paradosso: come pud un soggetto essere assoggettato e condi- zionato dal sociale e dal potere e nel contempo cercare di liberarsi? (Habermas ha in mente altri paradossi, quali quello del barone di Munchausen che si libera dalle sabbie mobili tirandosi su per i capelli o quello proposto da Neurath per cui si modificano. le parti dello scafo di una nave rimanendo in mare aperto). Ma Foucault e Adorno sono consapevoli di muoversi nel circolo della paradossalita. E sanno.che. essere all’interno di un linguaggio ¢ di un potere che imretisce, se non comporta imme- diatamente una liberazione, in ogni, caso ‘conduce alla consa- pevolezza di. abitarvici. Percid .permangono..nel paradosso ¢ non se ne vogliono liberare. E se a livello logico si riconosce il paradosso, nella pratica esso si supera facilmente. Come indi- ca Henri Lefebvre,.«per quanto riguarda questi circoli viziosi, questi circoli magici, é facile uscime quanto superare i limiti di un -circolo di. gesso. tracciato intorno..a voi da un bambino. Non @ forse facile astrattamente provare che non si potra mai imparare a nuotare? Per entrare neil’acqua senza annegare bisogna gia sapere nuotare. Bene. Eppure chi lo vuole, impara a muotare. L’azione, la pratica, spezzano i cerchi immaginati dal pensiero puro, compiendo cid che sembrava impossibile»’. i paradosso presente e consapevole di Foucault e Adorno rappresenta quindi una forza pratica. Anche se il famoso Epemenide cretese, che dice «tutti i cretesi sono bugiardi» risulta logicamente paradossale, sul piano pratico si possono dare effettivamente dei cretesi critici nei confronti dei loro 82 concittadini e di loro stessi. Cos{ Adorno e Foucault, seppure anche loro, in quanto pensatori, veicolatori di una tradizione e di un potere, non si esimono nel contempo dal criticarla. E infatti Foucault scrive: «colui che parla in qualita di pensato- re, di scienziato e di filosofo, & egli stesso parte di questo processo, ¢ — piti ancora — di come questi abbia un ruolo di questo processo nel quale egli si trova a essere nello stesso tempo elemento e attore»*. Anche di fronte a questo, Habermas perd, in una sua specie di epitaffio in omaggio a Foucault, rimane dello stesso avviso e non intende «come si concili l’autocomprensione di Foucault come un pensatore che si pone nella tradizione del- Lilluminismo con la sua critica, inequivocabilmente indirizza- ta proprio contro questa forma essenziale del Moderno»; come sia possibile uscire dall’aporia per cui «il soggetto cono- scente, divenuto autoreferenziale, si erge dalle rovine della metafisica per votarsi, nella consapevolezza della finitudine inerente alle Proprie forze, a un progetto che esige invece una forza illimitata»°. Ma della dialettica dell’illuminismo, non tisolta né risolvibile, Adomo e Foucault vogliono mantenere intima tensione, che sola pud salvaguardare dallo slittamento verso le pratiche della vita che finirebbero per coincidere con le stesse pratiche del potere e del dominio. Perché le forme della vita pratica — elemento che sfugge a Habermas — portano con sé anche la ragione distorta. L’illuminismo allora rimane quale progetto incompiuto: ma il progetto @ sempre di per sé incompiuto. E il progetto filosofico deve mantenere il pensiero in tensione, altrimenti si appiattisce sulle forme esi- stenti, La ragione @ tale solo se veglia su se stessa. Nel Discorso filosofico della modernita Habermas colloca Adomo e Foucault tra quei critici della modemité che chiama «anarchici» e «postmoderni»: pongono in questione la ragio- ne e l’illuminismo, smascherandone le commistioni col potere, eppure vogliono mantenere I’idea di razionalita forte, creden- do di riuscire ad affrancarsi dalle pretese della tradizione. Entrambi muoverebbero da Hegel, il primo, per Habermas, a usare il concetto di modemita e a porre la questione del soggetto: riconoscendosi come moderno, il soggetto riflette su se stesso e sulla societa che lo circonda, e 1a modernita condu- ce alla critica di se stessa esperendosi come mondo del progres- so, ma, nel contempo, dello «spirito estraniato»: il problema @ 83 latente nella pretesa di poter compiere una rottura radicale della tradizione®. Habermas indica tre punti cruciali della modemita: individualismo, diritto alla critica, autonomia del- Vagire. Hegel avrebbe rilevato, piti o meno inconsapevolmen- te, quelle aporie presenti anche nei pensatori successivi che a lui si rifanno: da una parte la ragione deve intervenire come potenza riconciliatrice; dall’altra, presenta gravi lacune e pec- che. Hegel avrebbe gia posto la dialettica dell’illuminismo e il tentativo di superarla, rimanendo anch’egli. sempre e comun- que impigliato nei limiti della filosofia del soggetto. Ma Hegel mostrerebbe di aver gia compreso i limiti della sua filosofia tentando Ia riconciliazione degli opposti, quindi una «mitiga- zione della critica e una svalutazione dell’ attualita»”. Ad Habermas pare sfuggire che Hegel conclude la sua filosofia nella ‘conciliazione e° nel superamento (aufhebung) inteso in senso logico e formale, trascinando nella sua idea di Progresso, infine compiuto, il presente e la tradizione accettati e suggellati. Piuttosto @ Nietzsche che svaluta ’attualita ¢ vuole oltrepassarla (Uberwindung). Habermas mostra le dira- mazioni che da Hegel condurrebbero ai tentativi di supera- mento dell’aporia presente nella miodernita, aporia che, nel momento in cui si & riconosciuta, non @ piti in pace con se stessa: «Nel discorso della modernita’[...] l’accusa @ diretta contro una ragione che si fonda nel principio della soggettivi- ta»® e polemizza con questa stessa ragione che stravolge se stessa e imprigiona il soggetto. Di qui si diparterebbero due linee: i «critici” critici», che spingono in avanti il processo dell’illuminismo per liberare le masse, e si possono riconoscere in Horkheimer e in Adomo; e i “«metacritici», di derivazione nietzschiana “tra: cui anche Foucault, che criticano gli stessi intellettuali. Conclude“ Habermas: “«noi ci distinguiamo da questo discorso~nel-‘suo complesso,.e consideriamo obsoleta questa messa’ in-scena del XIX secolo»?. Habermas respinge dunque !’obsoleta teoria della soggetti- vita — per cui gli andrebbe benissimo considerarsi postmoder- no!®, anche se‘«cid non ci porter fuori dal discorso ‘della modemita» —-e vi contrappone la sua teoria dell’agire comu- nicativo (v. il’suo testo omonimo,. 1981): la ricerca di consenso universale attraverso il dialogo argomentativo, capace di espli- care e di comprendere meglio il comportamento in pubblico degli individui. 84 Ma non si pud respingere una teoria semplicemente perché se ne ha una che si crede migliore, senza motivare in modo adeguato le ragioni del rifiuto. Tanto piti che nella teoria dell’agire comunicativo cade ogni spiegazione psicologica ca- pace di comprendere le intenzioni dell’“agente”. Agente ap- punto ridotto esclusivamente al mero agire, come se dietro ogni azione non vi fossero anche delle intenzioni e dietro ancora delle motivazioni inconsce. I francofortesi avevano mostrato come il rapporto tra psicologia e sociologia — nella quale va intesa l’assunzione di Marx — dovesse muoversi all’unisono, e alla critica di psicologismo rivolta da Habermas alle teorie del soggetto @ del tutto legittimo controbattere criticandolo di piatto sociologismo. Mentre la ragione era nei francofortesi una categoria critica, in Habermas assume una valenza meramente propositiva e positiva, «insita nei rapporti di comunicazione»*’. Venendo a Nietzsche, che per Habermas rappresenterebbe la vera sfida al discorso della modemita, criticando la tradizio- ne, la storia, cid che noi siamo, mettendone in discussione le conquiste, egli si @ trovato di fronte a due alternative: o sottoporre a critica la ragione centrata sul soggetto, oppure abbandonare completamente tale programma. «Nietzsche si decide per la seconda alternativa — rinuncia a una rinnovata revisione del concetto di ragione e manda in congedo la dialet- tica dell’illuminismo»'*. E certo, come scrive Habermas, che Nietzsche si pone come inattuale solo perché vuole dare slan- cio vitale all’attualita stessa. Nietzsche — continua — sarebbe postmoderno perché vuole superare le teorie forti del soggetto, ma modemo (e illuminista) perché prosegue nel progetto di critica del moderno per un nuovo tipo di soggettivita. Comun- que, «con Nietzsche la critica della modemita rinuncia per la prima volta a mantenerne il contenuto emancipativo. La ra- gione centrata nel soggetto viene messa a confronto con il totalmente altro dalla ragione» Perché si tratti di «totalmente altro dalla ragione» e perché non possa presentarsi con. un suo «contenuto emancipativo» rimane oscuro. Nietzsche opererebbe un’estetizzazione della vita in quanto «il mondo pud essere giustificato soltanto come fenomeno estetico» e Habermas cerca di mostrare la contrad- dizione latente in quel pensiero, che attacca la metafisica volendo salvare l’arte e la filosofia. Habermas critica Nie- 85 tzsche ‘anche perché giustificherebbe un certo evoluzionismo espresso’ dalla «volonta di potenza», non comprendendo af- fatto come in Nietzsche si dia, con questa formula, e quelle connesse € contrastanti —- la «grande salute», «I’oltreuomo», — il disvelamento del’ potere costituito, cristallizzato, che blocea Ia vita, L’attacco contro il potere, in nome della riap- propriazione delle ragioni del corpo. Tale misconoscenza con- duce Habermas’ mostrare un Nietzsche che non riesce, mal- grado la “scoperta” del potere, a supetare la modernita: «egli deve il suo conceétto della modernita, sviluppato nel senso della teoria del potere, a una critica razionale smascheratrice della ragione, che pone se stessa al di fuori della ragione»"*; anche se suggestivi, «i disvelamenti operati dalla teotia del potere si impigliano* nel dilerama di una critica della ragione che: si tiferisce a se stessa ed @ divenuta totale». Di qui si diparti- rebbero, secondo Habermas, due linee divergenti. La prima condurrebbe a un atteggiamento scettico e critico che vorrebbe svelare le perversioni della volonta di potenza, assunto, tra gli altri, da Foucault. La seconda, che ricondurrebbe alle origini del pensiero occidentale, cioé ai presocratici, 2 ripresa da Heidegger ¢ Derrida. E il tentativo costante rimane quello di mettere a nudo il fallimento dell’opzione nietzschiana, la man- cata fuoriuscita dalla filosofia‘ del soggetto ¢ dunque della modernita. : Quanto: alla scuola di Francoforte, @ posta da Habermas come appendice agli stessi tentativi e agli stessi dilemmi di Nietzsche e Heidegger, con la differenza che questi ultimi «non soddisfano la ‘pretesa dell’oggettivita scientifica», men- tre Adorno e Horkheimer provvedono a mantenersi entro una dialettica dell’ illuminismo: «un ambiguo tentativo», «dilato- tio». Habermas analizza attentamente La dialettica dell’ illu- minismo per concludere che essa si volge verso un nichilismo esasperato, a Ja Nietzsche. I due criticherebbero astrattamente la ragione, la scienza e la tecnica e si trovano costretti a un doppio salto mortale sull’illuminismo: la critica all’ideologia borghese muove di per sé da un’attitudine illuministica che consente di svincolarsi dal mito, ma Adomo e Horkheimer criticano anché 1a critica cio& l’illuminismo stesso. «Perché Adormo e Horkheimer si vedono costretti a fare tale pas- so?» 1°, Habermas risponde investigando l’excursus storico ‘dei francofortesi in cui la fiducia, propria della filosofia della 86 storia, nel potenziale razionale della cultura borghese, «viene meno dopo che si era esaurita la critica marxiana dell’ideolo- gia». Habermas non afferra come una critica, che non sia anche autocritica, dunque ironica e scettica, non compia il suo per- corso completo. Per lui l’autocritica, l’illuminismo che deve compiere il famoso salto mortale, Nietzsche che conduce a fondo i risultati delle sue analisi, sono solo paradossali e contraddittori, anche se ne riconosce il carattere di consapevo- lezza. «La dialettica negativa di Adorno si legge come una continua spiegazione del perché dobbiamo ruotare, anzi dob- biamo persistere, in questa contraddizione performativa»'’. Adomo segue Nietzsche nello smascheramento dell’assimila- zione, compiutasi nella modemit&, della ragione al potere con una teoria della potenza che perd si mitologizzerebbe a sua volta: «la critica di Nietzsche divora lo stesso impulso critico». Ma Nietzsche ha appunto insegnato ai francofortesi che la critica deve rivolgersi anche contro se stessa; ha mostrato il carattere fittizio della morale, rivelando le sorprendenti e sconosciute risorse del corpo, la “grande ragione”; ha colto come dietro le pretese oggettive di verita si nascondano impe- rativi di dominio; ha denunciato il “sistema”, tendendo verso una conoscenza ricomposta e riconciliata con la vita concreta. Per Habermas il paradosso in cui si pone la linea Nie- tzsche-Scuola di Francoforte-Foucault sarebbe rivelato dallo scetticismo in cui cade, che cederebbe infine a una realta, a un «ultimo svelamento» capace «con uno strappo di fare cadere il velo della confusione tra ragione e potere», mostrando cosf il suo proposito purista, «analogo al proposito dell’ontologia, a dividere categorialmente, cio di colpo, essere € apparenza»!® In realt, Habermas non vuole riconoscere il progetto di una tagione che si accusa in quanto commista al potere, ma che nonostante cid prosegue la ricerca della verita. E proprio tale ticerca qualifica, secondo lui, a concludere che la linea Nie- tasche-Scuola di Francoforte-Foucault @ anche positivista, vol- ta a riproporre un’ontologia. Ma I’ontologia misconosce lo iato esistente tra ragione e realta, il che mal si concilia con la critica di scetticismo. Come gia diceva Berkeley, criticando gli scettici, costoro non negano l’esistenza di una realta, ma dubitano della possibilita di conoscerla. Percid non si pud imputare loro, né tantomeno a Nietzsche, a Foucault e ai 87 francofortesi di essere positivisti. I positivisti credono nella realta, ma non tutti quelli che credono nella realta sono positi- visti; lo scettico non ripropone un’ontologia — al contrario del positivista, che pone uno stretto parallelismo tra ragione realta —, ma separa distintamente linguaggio, ragione ¢ real- ta. : Habermas riconduce dunque Adorno nel presunto para- dosso, secondo cui «l’autocritica totalizzante della ragione si impiglia in una ‘contraddizione performativa, di poter. cio® convincere della sua natura autoritaria la ragione centrata nel soggetto solo ricorrendo ai mezzi-che le sono propri»’®. Per quanto riguarda, in particolare, Foucault (v. il capitolo «sma- scheramento critico-razionale delle scienze umane» ne II‘ di- scorso filosofico della modernita), viene criticato perché aveva ricercato nelle prime opere un’autenticita, «per decifrare nel parlato il non detto», alludendo alla presenza della follia. Foucault perd non pensa che il totalmente altro della ragione sia la follia ma soltanto il limite della-ragione: non sostiene di ricercare al di JA della ragione una pretesa «essenza» della malattia mentale, che dialetticamente si opporrebbe alla ragio- ne e alle sue interpretazioni; si muove invece negli interstizi del sapere, nel punto cieco, la dove la ragione non ha ancora colonizzato-soggetti, -opere, cose, e€ si pud ascoltare il mormo- rio indefinito della follia, il cui-balbettio mostra le distorsioni della ragione stessa. La follia non @ cid che resiste alla raziona- lizzazione del.Jinguaggio — come |’intende Habermas —, ma la “piega” del :linguaggio stesso; non: ragione da una parte e follia dall’altra, ma follia come prodotto stesso della ‘ragione. Percid Foucault — e cosf Adomo e Horkheimer — conduce a una critica radicale della ragione. E:di qui la critica: foucaultia- na delle scienze umane: falsificante possibilita della ragione di ricercare la follia, da rifiutare in toto in quanto, per Foucault, letteralmente in-significanti. Per quello che concerne la ricerca dell’autenticita (e della libert), in Adorno e Foucault la presupposizione di una realta non @ tale da schiacciare il linguaggio dell’essere sull’essere stesso, come avviéne, per esempio, in Heidegger. Non si re- spinge l’autenticita perché inesistente, bens{ la pretesa di co- glierla attraverso la messa a nudo del linguaggio. Sia il tentati- vo forte di affermare “questa & la verita”, sia il tentativo debole di affermare “niente @ vero”, conducono a una legitti- 88 Sate mazione dell’esistente, che fuoriesce dalla permanente tensio- ne critica che Nietzsche, Adorno e Foucault vogliono mante- nere all’interno della loro filosofia. Secondo Habermas, Foucault abbandonerebbe |’indagine ermeneutica cosf come l’esame del presente. Probabilmente Habermas ha dinanzi il Foucault archeologo piti che quello genealogista. Ma la genealogia foucaultiana non abbandona né l’attenzione al presente, né l’ermeneutica. E la genealogia & una via d’interpretazione del potere non astrattamente conce- pito. Habermas invece insiste nel mostrare come il potere per Foucault sia «un’attivitd puramente strutturalistica» in quanto postulerebbe un fondamento cos{ diffuso e ambiguo da appa- rire, a un tempo, un’analisi empirica, una critica e (come nel caso di Adorno) un paradosso. Ma cid che sembra particolar- mente irritarlo del discorso foucaultiano non @ tanto la sua vena positivistica quanto la critica alle scienze umane. «La genealogia delle scienze umane — scrive il sociologo tedesco — entra in scena in un irritante ruolo doppio. Da un lato resta il ruolo empirico di una analisi di tecnologie di potere [...]. Dall’altro lato, la stessa genealogia riveste il ruolo trascenden- talen™, A tale doppio ruolo si aggiunge per Habermas la parados- salita delle affermazioni di Foucault: costituiscono aporie o non seguono la linea di una ragione comunicativa; inoltre, con il concetto fondamentale di potere, Foucault «non pud aprire una via d’uscita dalla filosofia del soggetto, perché il concetto di potere @ ricavato esso stesso dal repertorio della filosofia della coscienza»?1. E vero che Foucault, con Ia sua critica alle scienze umane e in particolare al linguaggio e all’ordine del discorso, ha regi- strato che il soggetto era nato proprio nell’interstizio formato dal discorso delle scienze umane: percid, come era sorto stori- camente, avrebbe potuto un giomo sparire, insieme alle scien- ze umane che lo avevano rappresentato. Mentre per Haber- mas, rimanere all’interno di una teoria del soggetto @ negativo, per Foucault @ positivo, non certo perché il soggetto si manter- rebbe in vita grazie (0 a causa) della sopravvivenza delle scienze umane, ma perché l’individuo costituisce 1’interesse primario. Se il soggetto @ il reticolo principale della veicolazio- ne del potere, & anche I’unica possibilita dell’emancipazione dal potere. La paradossalita @ apparente. Foucault non si 89 vuole liberare del soggetto, vuole liberare il soggetto. Eun soggetto molto diverso da quello adombrato dalla linea razio- nalistica Cartesio-Kant-Hegel. A un soggetto che afferma la teoria sulla pratica, la conoscenza sulla vita, la ragione sulla corporeita, si deve opporre un soggetto trasformativo e creati- vo. Sia Foucault sia Adomo vogliono mantenere la filosofia entro la crisi che le & propria, perché altrimenti si scivolerebbe nelle grandi ‘filosofie sistematiche e legittimanti, con un senso della storia lineare, cumulativo e~ progressivo, oppure si ca- drebbe in una sorta di estetizzazione delle forme esistenti, 2 la Heidegger, perdendo 1a carica critica. Si potrebbe parlare’ di un illuminismo ‘moderato, come sostiene Crespi a proposito di Adomo”, Per quanto sia ormai difficile lo stesso pensare una verita, anche l’abbandonarsi al flusso della storia ¢ all’accade- re senza mantenere il pensiero attento e vigile, significa giocare obbligatoriamente il gioco del potere. Foucault e Adorno assentono all’illuminismo pit di quanto dicano; sono illumini- sti e razionalisti fino al punto: pit estremo: «l’illuminismo si autodistrugge e si pud salvare da’ sé». Ma infine, chiede Habermas contro Foucault: «perché dovremmo opporre resistenza a questo potere onnipresente che circola nel'sistema sanguigno del corpo sociale moderno, anziché adattarvisin”? A questo punto, si pud a pieno affer- mare che Habermas si pone e si propone come conservatore € postmoderno, ‘con Vaggravante che si spaccia esplicitamente per illuminista. Nessun buon illuminista si adatterebbe ad alcun potere, nemmeno se questo apparisse un meccanismo perfetto. Adorno e Foucault hanno svolto il loro ruolo di intellettuali € filosofi cercando di: smascherare il conformismo, Passoggettamento. Certo, cid implica che si debba credere 0 perseguire un’idea di libert raggiungibile dall’uomo, un’idea del soggetto capace di trasformarsi, conoscersi e dunque, in definitiva, un’idea dell’individuo, questa sf classica 0, per meglio dire, illuminista che in’ tal senso segue una tradizione occidentale (iltuministica), rimasta perd a lato di quella impo- stasi come vincente. Habermas ne La teoria dell’agire comuni- cativo, dedicando all’idea di liberta presente in Horkheimer ¢ Adomo un paragrafo («La tesi della perdita della liberta»), ricostruisce la concezione pessimistica dei francofortesi sul- T’assoggettamento, che rivelerebbe al fondo un pensiero ro- 90 mantico, una sorta di credenza nelle capacita del soggetto di emanciparsi per riguadagnare la liberta perduta; e cid rivele- rebbe altres{ il conservatorismo dei francofortesi, ancora impi- gliati in una idea del soggetto ottocentesca. Ma come si pud tacciare di conservatorismo chi insegue un’idea di liberta, per il semplice fatto che @ un “concetto vecchio”? Al limite la critica che si pud muovere ad Adorno e Foucault non si fonda sulla domanda, come fa Habermas, del perché, ma semmai del come opporsi. Proponendo la sua teoria, incentrata sulla ragione comuni- cativa che si compenetra e fa tutt’uno con le forme della vita, Habermas supera forse la teoria del soggetto, ma cade in una sorta di oggettivismo e descrittivismo, che legittima la tradi- zione e l’esistente. La ragione di Habermas si appiattisce sulla Prassi corrente, mentre si vuole di derivazione teoretica e si crede gid’ emancipata. 1 «tu devi» kantiano si risolve e scom- pare nel cid che é di cid che c’é. A ragione Habermas sostiene che «nella ragione comunicativa non risorge il purismo della ragione pura»: scolasticamente la forma kantiana @ opposta al contenuto habermasiano, e tuttavia si deve dire che gli somi- glia. Alla ragione pura pratica di Kant, Habermas oppone una ragione pratica pura le cui forme trovano il loro consenso per il fatto solo di esistere. La ragione di Habermas si libera del soggetto, espungendo da essa il corporeo: il desiderio kantiano di assoggettare la corporeita attraverso la supremazia della ragione, di supporre la ragione oggettiva come universalistica- mente praticata da tutti con gli uguali risultati, di ritenere esperienza, per quanto secondaria, fondata sulle stesse leggi universali, trova in Habermas una sua significativa traduzio- ‘ne. «La critica radicale della ragione paga per il congedo della modemita un alto prezzo», conclude Habermas, in quanto dialettica negativa, genealogia, decostruzione si sottraggono alla possibilita di essere comprese: «non le si pud classificare né come filosofia né come scienza»*°. Habermas vi contrappo- ne, da una parte, le «discipline classiche»”*; dall’altra, la prassi quotidiana, che sfuggirebbe alle interpretazioni della critica della ragione, e il flusso della storia, come se questa fosse in grado da sé di trovare la via piti razionale. Habermas ci propone una ragione intra-mondana nel senso letterale del termine, che si installa nella completa identificazione con la 91 realt& stessa; I’intesa tra i soggetti, dato a priori della raziona- lita immanente alla’ prassi quotidiana, @ svuotata del suo contenuto soggettivo per diventare piega formale delle forme dell’esistente €'l’intesa linguistica connette necessariamente «i testi di’ modo che'si collegano fra di loro’e le tradizioni — che vivono appunto della forza della convinzione»”’, Adorno ¢ Foucault proponevano al contrario una ‘rottura. con la tradi- zione per un soggetto a’ venire, certo utopico, ma libero e scevro da pregiudizi. Le difficoltd di tale tentativo non esimo- no dal provare, né comportano la caduta della sua. carica vitale: come scrive ancora Crespi, tali ‘difficolta non possono «segnare la fine “di-ogni- prospettiva di una radicale emancipa- zione collettiva».” . 7 : STEFANO BERNI 1 A Zanini, I moderno come residuo;- Roma, Pellicani, 1989. Zanini, affrontando anche le posizioni di Habermas, rileva che l'agire discorsivo avrebbe forti affinit€ con la posizione di Lyotard e che, se Habermas non vede Ia realizzazione del postmodemo preconizzata dal filosofo francese, & perché, con a sua. teoria dell2agire comunicativo,,egli vi. si @, suo, malgrado, gia posto interamente. ?'F. Nietzsche, «Schopenhauer come educatore», in Considerazioni inattua- i, Torino, Einaudi, 1981, p. 167. 2H.’ Lefebvre, “Linguaggio e societa,, Firenze, Valmartina,. 1971, p. 59. Colgo l'occasione qui, di ringraziare !’amico Mario Monforte, profondo conosci- tore del pensiero lefebvriano (€ nietzschiano), al quale devo preziosi suggerimen- ti. 4M. Foucault, I problema del presente, «Il centauro», 1984, p. 230. 5 J. Habermas, Una freccia scagliata al cuore del presente, «Il centauro», 1984, p. 240. E ilcommento di Habermas al ‘testo di Foucault incentrato sul problema del presente in cui permangono i fraintendimenti. a J. Habermas, Il discorso filosofico della -modernita, Bari, Laterza, 1987, Pp. &, 7 Ib, p. 45. . 57. 1075. 4 J., p. 85. Marx si era mosso dalla rottura politica con Hegel intorno alla tesi dello’ Stato, da cui via via emersa nel suo pensiero la prospettiva -di ‘un’autorganizzazione, della societa che supera Ja scissione tra uomo “pubblico” € “privato”. Qui, per“ "Habermas, si rivelerebbe I’utopia marxiana, per cui nella partecipazione ‘alla‘vita: publica di tutti i cittadini si coglierebbe, nonostante tutto, la, matrice: comune a Marx ¢ Hegel: la realizzazione di-una prospettiva etica totale. E Marx rimarrebbe invischiato, come Hegel, nel tentativo di fondare un soggetto produtiore e non conoscente, ponendo pid attenzione al lavoro che all'autocoscienza.-Di qui la “classica” critica al marxismo che, per affrancare il 92 soggetto dal lavoro, avrebbe concesso tropa fiducia a tecnica e scienza. Al di 1d dell’opinabilita di tale critica, rimane oscuro come mai debba mettere in crisi anche Ia teoria del soggetto. B vero che in Hegel il lavoro, di per sé etico, rnta il supporto all’etica stessa. Ma Marx non lo coglie pitt come essenza dell’etica, bens{ come medium e strumento del soggetto, finalizzandolo, tramite suo superamento come lavoro sub capitale, alla realizzazione creativa ed estetica, cio’ fuori dall’alienazione. Se in Hegel il lavoro @ un passaggio obligato logic tazionale per raggiungere I’etica, in Marx non vi 2 etica, se non nel senso che Ia si raggiunge dopo T’emancipazione umana. Quando Habermas scrive che «la filo- sofia della prassi si trova di fronte allo stesso compito con cui ebbe a che fare la filosofia della riflessiones, secondo la quale «il processo di formazione del genere umano @ determinato dalla tendenza per cui gli individui che lavorano acquistano la loro identita, nella misura in cui dominano la natura estema, soltanto al_prezzo della repressione della loro natura interna», non coglie la questione. Torando en passant sulla connessione attuata da Marx tra privato e pubblico — sollevata, in modo éclatant da Popper ne La Societa aperta e i suoi nemici — ® un dato di fatto che il liberalismo non condivide questo impegno dell’individuo, il quale occuperebbe la propria vita a “interessarsi” del sociale: il soggetto deve salvaguardare la sua sfera privata, non permettendo l’intrusione del sociale nella vita di tutti i giomi. Per i marxisti invece cid legittima lo Stato, demandando entro la sua sfera tutte le decisioni importanti (come teorizzava Hegel). E ironico constatare come la societ& liberalistica faccia entrare comun- que la «sfera pubblica» nel privato ¢ in un senso ben diverso da quello auspicato da Marx. Il liberalismo, sotto i suoi principi di liberta © di privato, priva letteralmente Vindividuo della consapevolezza e delle relazioni sociali, normaliz- zandolo e isolandolo nel contempo. I “pubblico” — e cio’ lo statale, ancor pid che il sociale — @ gid tutto all’intemo del privato, lo controlla ¢ ltassoggetta entro, una serie di comportamenti stereotipati ¢ imperativi, 32°}. Habermas, op. cit., p. 88. 1 Ib, p. 97. % Tb, p. 99, 18 Ib., p. 100. 16 Ib, p. 119. Assumendo che il lavoro conduca alla formazione dell’identi- 18 ¢, nel contempo, alla repressione della natura interna, Horkheimer e Adomo intervengono su questa aporia non per uscime, ma per svilupparla e radicalizzar- la fino a mostrarne la paradossalit’ ¢ dunque Vassurdit’. Invece la critica di Marcuse, Adorno, Horkheimer al paradigma della razionaliti nei termini della produzione & per Habermas obsoleta e deve essere soppiantata dalla sua teoria dell’agire comunicativo (verso T'intesa). Th. p. 122. Tb, p. 133. 19 1h. p. 189. 2° Ih, p. 278. 2" Jb. Habermas critica Foucault perché «vuole eliminare la problematica ermeneutica», ma non distingue in Foucault Varcheologia dalla genealogia, e critica poi quest’ultima citando passi dell’Archeologia del sapere; la confusione & ancora piti palese quando aggiunge che «i punti di vista in base ai quali cgli intraprende dei confronti sono inevitabilmente connessi alla peculiare posizione di partenza ermeneutica». Per V'interpretazione della discontinuita in Foucault tra archeologia © genealogia si veda H. Dreyfus e P. Rabinow, La ricerca di Michel Foucault, Firenze, Ponte alle Grazie, 1989. ” F. Crespi, «Assenza di fondamento e progetto sociale», in Il pensiero debole, Milano, Feltrinelli, 1982. Crespi insiste giustamente sui tentativo della contemporanciti di costruire un progetto sociale in assenza di fondamento; pone Adorno entro tale prospettiva e mostra come «la negazione dell’utopia positiva non elimina la tensione utopica come apertura verso il possibile», mentre il 93 pensiero va mantenuto in oscillazione fra possibilita ¢ impossibilith; 2 un saggio importante non soltanto per comprendere il pensiero adorniano. A questo Trgpontn, cb da aguante che Hales, codenrand Ia sk Saenne Adorno in Teoria agire comunicativo insiste in particolare sul concetto di mimesi aul quale in vei era stato poco chiso ne HI dcorso flasofico dela modernita) ¢ sostiene che né Adorno, né i francofortesi sono riusciti a “formulary na teoria sulla rimesi» (p. 31 vol, D: costoro fanno «allusione a una relazione nella quale I’alienazione dell’uno al modello dell’altro non signifi- ca la perdita di se stessi beas{ un € un arricchimento». Ammesso € non concesso che ne La dialettica lluminismo vi sia una difesa della mimesi ¢ fon invece un’analisi critica, non si capisce perché quesia facolta mimetica — che Habermas “ toree” come del tls pesitiva —~ non’ dovrebbe Venire compress da una filosofia della coscienza, ma occorrerebbe un paradigma nuovo quale 0 el pengieener other nes ra mgs In, Habermas la mimesi diviene un concetto.. propositi ivo in quanto gli individui possono comunicar, dentifeandon uno A fe eden seen vay paafrasando ‘Adorno, finisce per assomigliare a una comunicazione a ee ee ee ae La “torsione” operata da ‘gli permette di inserirsi in parte nell’indirizzo tracciato da Adorno per nese egitinando Ja propria teoria comunicativa: «Adomo descrive la conciliazione con i concetti di una intersoggettivit’ non deteriorata che sola si stabilisce ¢ ‘si mantienc nella reciprocita della intesa fondata sul libero riconosci- mento» (p. 520). La conciliazione proposta da Adomo sembrava piultosto un desiderio, 0 una meta, non un fatto acquisito. Mentre in Habermas la teoria si confonde con la prassi vigente, non riconoscendo pit la differenza tra cid che [fe gh i cmb gan a grag eng ‘abbandonato tale distinzione: pereio, © org, In siffatta maniera si finisce per Je Tresistente DR. Wi La scuola di Francoforte, Torino, Bollati 1082, p. 344, Wiggershaus riporta na citar Hla prima versione della quello di difendere il Tazionsllgmo tivelandone le interme». Fe fcr fe nd 287. P. 26 La difesa delle discipline classiche conduce Habermas a non PARERE SU MALAPARTE E di poco tempo fa la notizia che il gesuita padre Ferdinan- do Castelli, critico letterario di «CiviltA cattolica» e autore di una imponente opera dedicata ai Volti di Gesti nella letteratu- ra modema pubblicata dalie Edizioni San Paolo, avrebbe “tiabilitato” Curzio Malaparte, insieme ad altri letterati repro- bi dell’Otto e Novecento, con la motivazione che Gest per lo scrittore pratese sarebbe stato «sublime modello di vita»!. Proprio Malaparte nel capitolo V di Tecnica del colpo di stato Ticordava un monito di Voltaire che suona «Pour que le jésuites soient utiles, il faut les empécher d’etre necessaires [Perché i gesuiti siano utili, occorre impedirgli di essere neces- sari]». Per quanto ci riguarda, quindi, non essendo di nostra competenza la salute delle anime, 1’invito alla riabilitazione di Malaparte, a quasi quarant’anni dalla sua scomparsa, non pud che essere accolto entro una laica prospettiva storiografi- ca, lasciando «quae sunt Dei Deo». Anche se non ci si pud ~nascondere l’ostacolo formidabile ancora oggi costituito dalla difficile emancipazione dello scrittore dal mercuriale “perso- naggio” pubblico capace di infrangere, ove le circostanze lo Tichiedessero, qualsiasi “patto” stipulato con i propri lettori in ossequio a un ipertrofico narcisismo ”. Il mito personale dell’avventuriero della penna, dell’immo- ralista jongleur, alimentato spericolatamente da Malaparte nel corso degli anni — del quale si pud cogliere un presagio fin nel titolo della sua.opera prima letteraria: Avventure di un capita- no di sventura* — @ costituito da una miscela di svariati ed eterogenei ingredienti ideologici, politici, letterari, retorici che si sommano, in una luce ambigua di contraddittorieta, sullo sfondo di una inquietudine esistenziale compiaciuta di com- portamenti e gesti clamorosi (i revirements politici, gli amori 95

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