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Corruzione internazionale e d.lg.

231/2001: il problema delle sanzioni interdittive a carico


degli enti collettivi

Lart 322-bis del codice penale, rubricato Peculato, concussione, induzione indebita a dare o
promettere utilit, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale
internazionale o degli organi delle Comunit europee e di funzionari delle Comunit europee e di
Stati esteri, cos recita:

Le disposizioni degli articoli 314,316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, si applicano
anche:
1) ai membri della Commissione delle Comunit europee, del Parlamento europeo, della Corte di
Giustizia e della Corte dei conti delle Comunit europee;
2) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle
Comunit europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunit europee;
3) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le
Comunit europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle
Comunit europee;
4) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati che istituiscono le Comunit
europee;
5) a coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, svolgono funzioni o attivit
corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio.
5-bis) ai giudici, al procuratore, ai procuratori aggiunti, ai funzionari e agli agenti della Corte
penale internazionale, alle persone comandate dagli Stati parte del Trattato istitutivo della Corte
penale internazionale le quali esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti
della Corte stessa, ai membri ed agli addetti a enti costituiti sulla base del Trattato istitutivo della
Corte penale internazionale.
Le disposizioni degli articoli 319-quater, secondo comma, 321 e 322, primo e secondo comma, si
applicano anche se il denaro o altra utilit dato, offerto o promesso:
1) alle persone indicate nel primo comma del presente articolo;
2) a persone che esercitano funzioni o attivit corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli
incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche
internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a s o ad altri un indebito vantaggio in
operazioni economiche internazionali, ovvero al fine di ottenere o di mantenere un'attivita'
economica o finanziaria.
Le persone indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici ufficiali, qualora esercitino
funzioni corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi.

Il comma 1 punisce la c.d. corruzione comunitaria (anche se di recente stato inserito il riferimento
ai funzionari della Corte penale internazionale); il comma 2, n. 2), che qui interessa, contempla la
c.d. corruzione internazionale (o extra-UE)1.

1
Sulle numerose questioni sostanziali e procedurali - poste dalla norma in commento, cfr. Mongillo, La
corruzione tra sfera interna e dimensione internazionale, ESI, 2012.
La corruzione internazionale
Il comma 2, n. 2), prevede, come detto, che le disposizioni degli articoli 319-quater, secondo
comma2, 3213 e 3224, primo e secondo comma,
si applicano anche se il denaro o altra utilit dato, offerto o promesso a persone che esercitano
funzioni o attivit corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico
servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto
sia commesso per procurare a s o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche
internazionali ovvero al fine di ottenere o di mantenere unattivit economica finanziaria.

Trattasi di norma introdotta dalla legge n. 300/2000, al fine di consentire la punibilit di fatti di
corruzione nei confronti di soggetti muniti di qualifica pubblicistica allestero, ma non in Italia.
Si noti, inoltre, che viene punito il solo corruttore e non anche il soggetto estero corrotto,
contrariamente ai desiderata della Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio dEuropa del
1999 (di recente ratificata con legge n. 110/2012), che richiede una repressione generalizzata della
corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri.
In terzo luogo, la descrizione normativa della corruzione internazionale caratterizzata dalla
specifica finalit di procurare a s o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche
internazionali ovvero5 al fine di ottenere o di mantenere unattivit economica finanziaria.
In definitiva trattasi di fattispecie volta a tutelare non la Pubblica Amministrazione straniera, ma la
libera competizione in ambito internazionale: infatti esclusa la punibilit del pubblico funzionario

2
Induzione indebita a dare o promettere utilit:
Salvo che il fatto costituisca pi grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che,
abusando della sua qualit o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un
terzo, denaro o altra utilit punito con la reclusione da tre a otto anni.
Nei casi previsti dal primo comma, chi d o promette denaro o altra utilit punito con la reclusione fino a
tre anni.
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Pene per il corruttore
Le pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'articolo 319, nell'articolo 319 bis, nell'articolo 391
ter e nell'articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche a chi d
o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro o altra utilit.
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Istigazione alla corruzione
Chiunque offre o promette denaro od altra utilit non dovuti, a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un
pubblico servizio, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, soggiace, qualora l'offerta o la
promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 318, ridotta di un terzo.
Se l'offerta o la promessa fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio a
omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole
soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'articolo 319, ridotta di un
terzo.
La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che
sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilit per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri.
La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che
sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilit da parte di un privato per le finalit indicate
dall'articolo 319.
5
Questa seconda finalit alternativa stata introdotta dalla legge n. 116/2009, di ratifica della Convenzione
ONU sulla corruzione del 31 ottobre 2003.
corrotto e la specifica finalit richiesta rende chiaro che non sanzionata qualsiasi corruzione, ma
solo quella relativa a transazioni commerciali.

Corruzione internazionale e responsabilit degli enti collettivi


Lart 25 del d.lg. 231/2001, al comma 5, dispone lapplicabilit delle sanzioni interdittive nei casi di
condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3.
Ebbene, i commi richiamati contemplano, precisamente, i delitti di cui agli artt. 319, 319-ter,
comma 1, 321, 322, commi 2 e 4, codice penale (comma 2) e i delitti di cui agli artt. 317, 319,
aggravato ai sensi dell'articolo 319-bis, quando dal fatto l'ente ha conseguito un profitto di
rilevante entit, 319- ter, comma 2, 319-quater e 321, codice penale (comma 3).
In breve: il delitto di corruzione internazionale non richiamato espressamente quale reato che
consente lapplicabilit di sanzioni interdittive.
Tale delitto infatti contemplato solo nel comma 4 dellart 25, il quale cos recita:
Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi da 1 a 3, si applicano all'ente anche
quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 320 e 322-bis.

La questione si pu allora riassumere nei seguenti termini: le sanzioni interdittive previste dal d.lg.
2316 (e le corrispondenti misure cautelari) sono applicabili alla corruzione internazionale?

La tesi del Tribunale di Milano


Il Tribunale di Milano (Sezione per il riesame, ordinanza del 19 Gennaio 2010), nel confermare
lanaloga ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, ha affermato che per il reato di
corruzione internazionale di cui all'art. 322-bis c.p. sono previste soltanto sanzioni pecuniarie, in
quanto il comma 5 dell'art. 25 commina le sanzioni interdittive senza fare alcun riferimento diretto
o indiretto alla corruzione internazionale.

Nell'ambito del d.lg. citato, pertanto, non vale solo il principio di tassativit degli illeciti in forza
del quale la responsabilit dell'ente pu essere configurata solo per i reati in relazione ai quali
essa espressamente prevista (art. 2 d.lgs. n.231/2001) ma anche il principio di tassativit
dell'applicazione delle sanzioni interdittive, nel senso che esse sono applicabili non in relazione a
tutti i reati per i quali previsto l'illecito a carico dell'ente, ma solo per quei reati per i quali non

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Si tratta, precisamente delle seguenti:
a) interdizione dall'esercizio dell'attivit;
b) sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione
dell'illecito;
c) divieto di contrattare con la pubblica amministrazione,salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico
servizio;
d) esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli gi
concessi;
e) divieto di pubblicizzare beni o servizi.
solo sia previsto espressamente l'illecito a carico dell'ente, ma sia anche prevista espressamente
l'applicabilit di sanzioni interdittive (art. 13 comma 1 d.lgs. cit.).

Di conseguenza, seguendo questa ricostruzione, e ai sensi degli artt. 46 comma 2 e 13 comma 1


d.lg. n. 231, non possono applicarsi nemmeno le corrispondenti misure cautelari.

L'art. 322-bis c.p. non adempie ad una mera funzione di estensione soggettiva della corruzione
ordinaria interna, ma integra unautonoma fattispecie di reato.

Non si tratta invero di una mera estensione soggettiva della corruzione al caso in cui le somme di
denaro vengano date o promesse a pubblici funzionari stranieri, ma sono previsti una pluralit di
elementi aggiuntivi specializzanti: richiesto che la condotta sia realizzata in operazioni
economiche o finanziarie internazionali, di tal che non rileva ogni atto contrario ai doveri d'ufficio,
ma solo quelli perpetrati in simili operazioni; prevista la responsabilit dei soli privati;
richiesto un dolo specifico (per procurare vantaggio, ci che esclude la cd. corruzione propria
susseguente); richiesto il carattere indebito dell'atto (ci che esclude la corruzione impropria
antecedente); cambia ovviamente il bene giuridico tutelato (che non pi il buon andamento e
l'imparzialit della PA, ma la leale concorrenza tra competitori su mercati esteri).

Pertanto, trattandosi di disposizione che prevede una autonoma fattispecie di reato, la stessa
necessitava di un espresso e specifico richiamo per poter consentire l'applicazione di sanzioni (e,
quindi, misure cautelari) interdittive.

La spiegazione di una simile scelta legislativa risiederebbe in ragioni di opportunit relative alle
relazioni internazionali,

posto che l'adozione di misure cautelari che precludono attivit in cui sono coinvolti enti pubblici
di Stati stranieri, inciderebbe indirettamente sull'operato di tali enti pubblici e potrebbero creare
pericoli di incidenti diplomatici che, in base a proprie valutazioni discrezionali (di competenza
esclusivamente politica), il legislatore ben pu volere escludere. Ci da conto anche della
ragionevolezza dell'esercizio della discrezionalit legislativa, che non palesa perci una manifesta
illogicit, contradditoriet o irragionevolezza.

Pi volte la Corte costituzionale ha ribadito che la discrezionalit legislativa in materia di scelte


sanzionatorie pu essere censurata dalla medesima Corte solo ove si palesi manifestamente
irragionevole, arbitraria e radicalmente ingiustificata (cfr. Corte cost. n. 161/2009), ci che, a
giudizio del Tribunale, non avviene nella specie, dove la scelta legislativa, come si detto, risulta
spiegabile in termini di valutazioni di opportunit connesse alla specificit della fattispecie di
corruzione internazionale che presenti rischi di contrasti diplomatici e ingerenze nelle attivit di enti
pubblici stranieri o di organismi sovranazionali, approntando peraltro un sistema sanzionatorio
(composto da sanzioni pecuniarie e confisca del prezzo o del profitto della corruzione a carico
dell'ente, oltre che da sanzioni limitative della libert personale per i privati, persone fisiche non
pubblici ufficiali stranieri, del tutto in linea con le indicazioni della Convenzione OCSE in materia).

Il diverso orientamento della Corte di Cassazione

La S.C. (Sez. VI, 1 dicembre 2010, n. 42701) ha invece ritenuto che nella lettura dellart 25, che
obiettivamente pu dare origine ad interpretazioni dubbie, debba privilegiarsi un approccio
ermeneutico che, pur rispettando il senso letterale del testo, tenga in considerazione l'intenzione del
legislatore, nellambito del rafforzamento della lotta alla corruzione che la legge n. 300 del 2000 e il
d.lg. 231 del 2001 si proponevano, in attuazione di obblighi assunti sul piano internazionale.

Diversamente opinando, secondo la Suprema Corte,

l'art. 25 governerebbe un sistema sanzionatorio con caratteri di irragionevolezza, non solo perch
le ipotesi di corruzione internazionale, da ritenere per lo meno analoghe, sotto il profilo della
gravit, a quelle della corruzione domestica, non sarebbero assoggettate a sanzioni interdittive e,
conseguentemente, private della tutela cautelare, ma soprattutto perch risulterebbero
inspiegabilmente inapplicabili le stesse sanzioni interdittive nei confronti della persona incaricata
di pubblico servizio.
Contro questa interpretazione non vale osservare che nel sistema del codice le pene previste per
l'incaricato di pubblico servizio sono diminuite rispetto a quelle previste per il pubblico ufficiale, in
quanto nell'art. 25 d.lg. 231 la graduazione sanzionatoria risulta effettuata nei primi tre commi, in
cui si prevedono livelli progressivamente pi gravi di sanzioni pecuniarie in relazione alle figure
basilari di corruzione, con una forbice edittale particolarmente ampia, anche per effetto del
peculiare sistema per quote, che consente al giudice la necessaria discrezionalit nella dosimetria
sanzionatoria, idonea a prendere in considerazione il caso concreto in cui la corruzione riguardi
l'incaricato di pubblico servizio.

In altri termini, il comma quarto non diretto a prevedere ipotesi attenuate nel trattamento
sanzionatorio per alcune figure d reati, ma, lo si ribadisce, ad estendere le sanzioni pecuniarie, gi
differenziate in rapporto alla gravit delle singole ipotesi delittuose prese in considerazione, alle
figure soggettive dell'incaricato di pubblico servizio e del "funzionario internazionale".

Sotto un diverso profilo, conclude la Corte, non pu non sottolinearsi come lipotizzata "deroga
sanzionatoria" (e cautelare) per i reati previsti dall'art. 25, che siano commessi da persona incaricata
di pubblico servizio, dimostri tutta la sua arbitrariet una volta calata in un sistema in cui la nozione
di pubblico servizio, anche per effetto della giurisprudenza comunitaria, conosce la sua massima
estensione, anche a causa dei processi di privatizzazione che connotano le attuali pubbliche
amministrazioni.

Lapplicabilit in concreto della sanzione interdittiva

Tuttavia, ove si riconoscesse lastratta possibilit di applicare le sanzioni interdittive (e le misure


cautelari) anche nei confronti degli enti responsabili degli illeciti derivanti dal reato di corruzione
internazionale, si porrebbe l'ulteriore questione della applicabilit in concreto di tali sanzioni.

Alcune delle sanzioni previste dall'art. 9 comma 2 possono comportare, anche solo indirettamente,
il coinvolgimento delle amministrazioni pubbliche straniere, talvolta delle stesse amministrazioni
con cui i rappresentanti o i dipendenti dell'ente imputato sono venuti in contatto.

In questi casi per l'esecuzione della sanzione sarebbe necessario il coinvolgimento dello Stato estero
- anche attraverso forme di cooperazione - su cui il giudice penale italiano non ha giurisdizione, n
alcuna possibilit di imporre condotte particolari n di realizzare controlli.

Invero, sebbene le sanzioni interdittive sono state pensate in rapporto a soggetti che operano
all'interno del territorio dello Stato, tuttavia non pu ritenersi che siano tutte inidonee ad
intervenire su situazioni relative a fatti di corruzione internazionale: spetter comunque al giudice
verificare in concreto se la sanzione, anche quando chiesta in via cautelare, pu essere
effettivamente applicata all'ente senza che ci comporti, da un lato, il coinvolgimento, seppure solo
nella fase esecutiva, di organismi stranieri, dall'altro, l'impossibilit di controllare il rispetto del
divieto imposto.

Conclusioni

La questione evidenziata merita un chiarimento legislativo.

La tesi dei giudici di legittimit pare ancorarsi su fondamenta di politica criminale, a differenza di
quella di merito, maggiormente rispettosa del principio di legalit.

Non va nemmeno dimenticato che, sempre stando al testo dellart 25, le sanzioni interdittive ex
d.lg. 231 non sarebbero irrogabili nellipotesi di commissione di un reato di corruzione impropria
domestica (il comma 5 infatti non richiama il comma 1), mentre lo sarebbero stando alla tesi
della funzione estensiva del comma 4, sostenuta dalla Cassazione - in presenza di una corruzione
impropria internazionale7.

(Maurizio Arena)

7
Domeniconi, Corruzione internazionale e responsabilit amministrativa degli enti, citato da Mongillo, op.
cit., 345.

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