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Nuovocinema PER UNA NUOVA CRITICA T convegni pesaresi 1965-1967 Marsilio Editori UMBERTO ECO SELLE ARTICOLAZIONI DEL CODICE CINEMATOGRAFICO Pemesa La mia comunicazione verte su alcune ricerche, che sto compiendo, salle semiologia dei codici visivi; l'applicazione ai problemi del cinema Ss per me il valore di una verifica settoriale e non ha pretese di siste- seticita. In particolare, mi limiterd ad alcune annotazioni sulle possibili scticolazioni di un codice cinematografico, al di qua delle ricerche di sti- ca, di retorica filmica, di una codifica della grande sintagmatica del Sim. In altri termini, proporrd alcuni strumenti per analizzare una sup- posta «lingua» del cinematografo come se il cinematografo non ci avesse dato sinora che L’arrivée d’un train en gare e L’arroseur-arrosé (come se ena prima ispezione sulle possibilita di formalizzare il sistema della lin- tenesse come punto di riferimento sufficiente la Carta Capuana). Nel fare queste osservazioni partird dai due contributi di semiolo- gia del cinema che mi hanno maggiormente stimolato, e cioé quello di Metz e quello di Pasolini. Mi riferisco, per Metz, al saggio Le cinéma Lengue ou langage? e per Pasolini all’interyento di Pesaro dell’anno scorso, Di entrambi questi contributi sarQ costretto, per brevita, 2 prende- se in considerazione solo i punti che mi paiono da contestare © da svi- luppare per altre vie; resta inteso che le mie contestazioni nascono da ragioni pit profonde di interesse ¢ partecipazione al loro lavoro Credo sia necessario partire la da dove partono Metz ¢ Pasolin’ lo che essi partono da quel punto che procede in avanti, e io vorrei pren- dere le mosse da li per procedere all’indietro. 1) In altri termini, Metz, nell’esaminare la possibilitt di indagine semiologica del film, riconosce la presenza di un primum non altrimenti analizzabile, non riducibile a unith discrete che lo generino per articola- zione, e questo primum & L’immagine. Si configura qui una nozione del- Timmagine come di qualcosa di non arbitrario, di profondamente moti- vato, una sorta di analogon della realta, che non pud essere ricondotto alle convenzioni di una «lingua»; per cui la semiologia del cinema do- vrebbe essere semiologia di una parla che non ha lingua alle spalle, 389 SULLE ARTICOLAZIONI DEL CODICE CINEMATOGRAFICO semiologia di certi tipi di parole, ¢ ciot delle grandi unit sintagmatiché la cui combinatoria da luogo al discorso filmico. Ebbene, il nostro problema di oggi @ se si possa trovare convenzio- ne, codice, articolazione al di qua dell’immagine come fatto unitario. 2) Quanto a Pasolini, egli ritiene invece che si possa stabilire una lingua del cinema, e giustamente (a nostro avviso) sostiene che non & necessario che questa lingua, per avere dignita di lingua, possegga la doppia articolazione che i linguisti attribuiscono alla lingua verbale. Ma, nel cer- care le unitd articolatorie di questa lingua del cinema, Pasolini si arresta al limite di una discutibile nozione di «realta», per cui gli elementi pri- mi di un discorso cinematografico (di una lingua audiovisiva) sarebbero gli oggetti stessi che la machina da presa ci consegna nella loro integra autonomia, come realta che precede la convenzione. Anzi, Pasolini parla di una possibile «semiologia della realt», di una resa speculare del lin- guaggio nativo dell’azione umana. Ebbene, il nostro problema di oggi & se si possa parlare di una real- ta e di una azione allo stato puro, libere e vergini da ogni intervento convenzionalizzatore della cultura. E pensiamo che una indagine semio- logica debba anzitutto ridurre, per quanto é possibile, ogni spontaneiti a convenzione, ogni fatto di natura a fatto di cultura, ogni analogia e cortispondenza in codice, ogni oggetto a segno, ogni referente a signifi- cato e quindi ogni realta a societa. 1) Prima di elencare per sommi capi le linee metodologiche di questo tentativo, credo sia opportuno ricordare (con riferimento particolare al tema del nostro incontro di quest’anno) perché tale tentativo ha un sea- so e che senso ha Se c’& una direzione precisa della ricerca semiologica, questa consi- ste nel ridurre ogni fenomeno di comunicazione a una dialettica tra co- dici ¢ messaggi. Sottolineo l'uso del termine «codice» a cui d’ora in poi mi atterré, in luogo di «lingua», proprio perché giudico fonte di equivo- co il tentativo di descrivere i vari codici comunicativi sul modello di quel codice speciale, particolarmente sistematizzato, doppiamente articolato che é la lingua verbale. L’indagine semiologica parte dal principio che, se ¢’8 comunicazio- ne, essa deve stabilirsi nella misura in cui l’emittente organizza un mes- saggio sulla base di un sistema di regole convenzionate socialmente (sia pure a livello non conscio) che é il codice, 390 UMBERTO ECO Anche 1a dove ci pare sussistere la pit libera ¢ inventiva «espressi- vita» (dove chi comunica ci pate inventare i modi della comunicazione nell’atto stesso in cui comunica), se i destinatari capiscono vuol dire che alla base del loro rapporto esiste un codice, Se non lo intravvediamo, non significa che non esista, ma che dobbiamo ancora trovarlo. Pud darsi che sia un codice debolissimo, transitorio, formatosi da poco e destinato a ristrutturarsi in breve, ma deve esserci. Questo ovviamente non significa che quindi non ci possa essere co- municazione che innova, inventa, riorganizza i modi del rapporto inter- personale, Il messaggio a funzione estetica 8 un esempio di messaggio ambiguo, che mette in discussione che non si appoggi su bande di ridon- danza. Non si pud offendere il codice, ¢ grazie al proprio contesto crea un tale e inusitato rapporto tra i segni, che da questo momento il no- stro modo di vedere le possibilita del codice dovra mutare: e in questo senso il messaggio & altamente informativo, e si apre a una rosa di con- notazioni, Ma non ¢’é informazione il codice che in una certa misura, rispettandolo per altri aspetti. Altrimenti non c’é comunicazione, ma ru- more; non c’é informazione come dialettica tra disordine controllato e ordine discusso, ma c’é disordine allo stato puro. Non si pud quindi pro- cedere a una ricognizione degli atti di invenzione se non si é stabilito il piano dei codici da cui parte il messaggio. Se non si conoscono i codici, non si pad neppure dire dove ci sia stata invenzione. In questo senso la ricerca semiologica, che apparentemente sembra orientarsi verso un determinismo totale, di fatto cerca, attraverso il ri- conoscimento delle determinazioni, di demistificare i falsi atti di liber- ta, di restringere ai minimi termini il margine dell’invenzione, per po- terlo riconoscere /a dove veramente é, La semiologia sembra sempre voler affermare che noi non parliamo il linguaggio ma siamo parlati dal lin- guaggio: ¢ lo fa perché i casi in cui nom siamo parlati dal linguaggio sono pid rari di quello che si creda, e si danno sempre sub aliqua conditione. Sapere i limiti entro i quali il linguaggio parla attraverso di noi, si- gnifica non illudersi circa le false effusioni dello spirito creatore, della fantasia libera da impacci, della parola pura che pure comunica per for- za proptia e persuade per magia. Significa poter riconoscere, con reali. smo ¢ cautela, i casi in cui veramente |’atto di parola, il messaggio, ci da qualcosa che non era ancora convenzione; che potra diventare socie- t& ma non era ancora previsto dalla societh. Ma il compito della semiologia & ancora pit importante e radicale ai fini di una conoscenza del mondo storico e sociale in cui viviamo. 391 SULLE ARTICOLAZIONI DEL CODICE CINEMATOGRAFICO Perché la semiologia, nel delineare codici come sistemi di attese validi nel mondo dei segni, delinea corrispettivi sistemi d’attesa nel mondo degli atteggiamenti psicologici, dei modi di pensiero precostituiti. La semsiolo- gia ci mostra nell’universo dei segni, sistemato in codici € sottocodici, l'uni- verso delle ideologie, che si riflettono nei modi precostituiti di usare il lin- guaggio. Come diceva qui l’anno scorso Pio Baldelli: «Una analisi della strut- tura incontra necessariamente i contenuti, ossia la ideologia nella strut- tura del linguaggio...». D’accordo con Barthes: I’analisi strutturalistica, se condotta correttamente, deve costar cara all’estetismo e al formali- smo; e non il contrario, come si usa credere. Se noi siamo capaci di trovare un codice 1a dove credevamo che + non ci fosse, noi avremo trovato la determinazione ideologica, riflessa nel modo di comunicare, la dove pensavamo ci fosse solo liberta. In tal senso la semiologia, pit precede nel tracciare le sue mappe, pitt ricono- sce le motivazioni — trasformate in motivazioni comunicative, in deter- minazioni retoriche — dei nostri comportamenti presunti creativi e in- novatori, Non per negare le possibili:a di innovazione, di critica e di contestazione dei sistemi, ma per saperle riconoscere solo 1a dove esisto- no davvero, e per vedere a quali condizioni si sono potute instaurare. III) Trasportiamo queste osservazioni nell’universo delle convenzioni cinematografiche. Che ci siano convenzioni, codici, «lingua» — se vole- te — a livello dei grandi blocchi sintagmatici, delle funzioni narrative (come dice bene Metz) o a livello delle teeniche della retorica visiva ve- ra e propria (che analizza validamente Pasolini con le sue distinzioni tra film di poesia e film di prosa) —, & assodato, e non dovremo discuterne oggi. Tl problema & ora di vedere se sia possibile ridurre a codice il lin- guaggio dell’immagine e ridurre a convenzione il presunto linguaggio del- T'azione. Questo ci imporra una revisione della nozione tradizionale di icone 0 segno iconico ¢ una discussione della nozione di azione come co- municazione 392 UMBERTO ECO Parte prima CRITICA DELL’IMMAGINE T) La somiglianza naturale di una immagine con la realta che Tap- presenta é teorizzata nella nozione di segvo iconico. Ora questa nozione viene sempre pit’ sottomessa a revisione, e di questa tevisione indiche- remo qui solo Ie linee fondamentali, Per il resto non posso che rimanda- re a lavori che sto facendo sull’argomento. Da Peirce attraverso Morris, a varie posizioni della semiotica d’og- gi, si € parlato tranquillamente di segno iconico come di um segno che ossegea alcune proprieta dell’ oggetto rappresentato. Ora una semplice ispe- ziona fenomenologica di una figurazione qualsiasi, disegno o foto che sia, ci mostra che una immagine non possiede nessuna proprieta dell’oggetto rappresentato, ¢ la motivatezza del segno iconico, che ci pareva inconte- sible, opporta al abimarice del seano verbal: cfuma — lesciandodi il sospetto che anche il segno iconico sia completamente arbitrario, con- venzionale e immotivato. Una pit attenta considerazione dei dati ci porta perd a una prima concessione: i segni iconici riproducono alcune condizioni della perce- zione, correlate in base ai codici percettivi normali; in altre parole noi percepiamo l’immagine come messaggio riferito a un codice dato, ma que sto @ il codice perecttive normale, che presiede ad ogni nostto atto di conoscenza. Tuttavia il segno iconico «riproduce» le condizioni della per- cezione, ¢ ne riproduce solo «alcunem: eccoci dunque di fronte al proble- ma di una nuova trascrizione e selezione. C’é un principio di economia nel ricordo delle cose percepite, e nel riconoscimento degli oggetti gia conosciuti, e consiste nell’uso di quelli che chiamerd codici di riconoscimento; questi codici eleggono certi tratti dell’oggetto come i pit significativi ai fini del ricordo ¢ delle comunica- zioni future: ad esempio, riconosco da lontano una zebra anche senza porre attenzione all’esatta forma della testa e al rapporto tra gambe e tronco limitandomi a riconoscere due contrassegni pertinenti: guadrupe- de e strisce. Questi stessi codici di riconoscimento presiedono alla selezione del- le condizioni della percezione che noi decidiamo di trascrivere per rea- lizzare un segno iconico. Cosi noi rappresentiamo une zebra come un generico quadrupede con strisce, mentre in una eventuale tribi: africana in cui gli unici quadrupedi noti siano la zebra e la iena, ambedue col manto striato, una loro raffigurazione dovrebbe accentuare altre condi- 393 SULLE ARTICOLAZIONI DEL CODIGE CINEMATOGRAFICO zioni di percezione per differenziare le due iconi, Trascelte le condizio- ni da riprodurte, si trascrivono seguendo le leggi di un codice grafico che @ il codice iconico vero ¢ proprio, per cui posso annotare le gambe con un segno filiforme, con un tratto di colore o con altri mezzi In realta ci sono numerosi tipi di codici iconici, per cui posso anda- re dalla raffigurazione di un corpo attraverso un tratto lincare continuo unica proprieta che l'oggetto vero sicuramente non ha, ® proprio quel tratto di contorno...) sino ad un gioco di accostamenti di toni ¢ di luci dai quali, per convenzione, scaturiscono condizioni di percezione tali da consentirmi il riconoscimento di una figura e di uno sfondo. Questo va- le ad esempio (con intensita diversa) tanto per l’acquarello che per la fotografia. E stata abbandonata, anche da chi la sosteneva un tempo, Ia tesi della foto come analogon della realt’; sappiamo che bisogna esse- re addestvati per ticonoscere l’immagine fotografica; sappiamo che Pim- magine che si delinea sulla pellicola pud avere analogie con Pimmagine retinica ma non con quella che percepiamo; sappiamo che i fenomeni sen- sori che si realizzano nella realta vengono frascritfi, nella grana fotografi- ca, con mezzi determinati che — se pure hanno un legame di effetto a causa coi fenomeni reali — una volta diventati fatto grafico posscno essere considerati del tutto arbitrari rispetto ad essi. Naturalmente ci sono vari gradi di arbitrarietd ¢ motivazione, e questo aspetto va approfondi- to. Ma cid non toglie che, in gradi diversi, ogni imagine nasca da una serie di trascrizioni successive. II) Si potrebbe osservare che i] segno iconico realizza, in una so- stanza diversa, la stessa forma del dato percepito: che cio’ il segno iconi- co si basa su quella stessa operazione che rende possibile la predicazione di una struttura identica a proposito di due fenomeni diversi (cos) come il sisteme di posizioni ¢ di differenze di una lingua pud essere relazio- nalmente omologo al sistema di posizioai e differenze di un rapporto di parentela). Accettiamo pure questa prospettiva, che ritengo esatta: ma Pelaborazione di un modello strutturale @ esattamente l’elaborazione di un codice, La struttura non esiste in s& (almeno, diffido di chi ritiene di s}) ma viene posta attraverso un atto di invenzione teorica, una sce'ta di convenzioni operative. Queste convenzioni operative si appoggiano su sistemi di scelte e di opposizioni: lo scheletro strutrurale che pare magicamente comune in due cose diverse, non @ un fenomeno inanalizzabile di somiglianza ana- logica: & riconducibile a scelte binarie. 394 UMRERTO ECO. Come gia diceva Barthes nei suoi Elementi di Semiologia, avvengo- no in seno a uno stesso sistema incontri tra l’analogico e il digitale (o binario). Ma questo incontro dovra generare una circolarita, in base alla doppia tendenza di naturalizzare |’immotivato e di culturalizzare il mo- tivato; perché al fondo i fenomeni pit naturali, e apparentemente basati su tapporti analogici, come ad esempio la percezione, sono oggi ricondu- cibili a processi digitali, ¢ le forme si disegnano nel cetvello in base a selezioni alternative. Ce lo insegna lo strutturalismo genetico di Piaget, per esempio, ce lo insegnano le teorie neurofisiologiche basate su model- lizzazioni cibernetiche. Diremo dunque che tutto cid che nelle immagini ci appare ancora analogico, continuo, non concreto, motivato, naturale e quindi «irrazio- nale», @ semplicemente qualcosa che, allo stato attuale delle nostre co- noscenze ¢ delle nostre capacita operazionali, wom siamo ancora riuscili a ricondurte al discreto, al digitale, al puramente differenziale. Per ora ci basti avere riconosciuto, in seno stesso al fenomeno mi- sterioso dell’immagine che «rassomiglia», dei processi di codificazione che si annidano nei meccanismi stessi della percezione. Se vi é codificazione su questa base, a maggior ragione vi sara a livello dei gruppi sintagmati- ci pit grandi, a livello delle convenzioni iconologiche, dei sintagmi a va- lore stilistico acquisito, eccetera. Indubbiamente i codici iconici sono pit deboli, transitori, limitati a gruppi ristretti, 0 alle scelte di una sola persona, di quanto non siano codici forti come quello della lingua verbale; ¢ in essi prevalgono le va- rianti facoltative sui tratti pertinenti veri e propri. Ma ci é stato inse- gnato che anche le varianti facoltative cosi come i iratti soprasegmentali (cio& le intonazioni che aggiungono significati determinati, sul piano fo- netico, alle articolazioni fonologiche), possono essere soggetti a conven- zionalizzazione. Indubbiamente é difficile scindere un segno iconico in modo chiaro € netto nei suoi elementi di articolazione primari. Un segno iconico (& stato detto) & quasi sempre un sema cioé qualcosa che non corrisponde a una parola della lingua verbale, ma a un enunciato: |’immagine di un cavallo non significa mentre le stellette denotano

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