You are on page 1of 94

USL n2

Azienda Sanitaria Regionale dellUmbria

Linea Guida
Diagnostico - Terapeutica

La riabilitazione
della persona
con ictus cerebrale:
prove di efficacia e percorsi
Ottobre 2003
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Gruppo di lavoro per la Linea Guida

Giaimo Maria Donata - Medico - Coordinatore del gruppo


Antonini Rita - Medico Centro di Salute (Distr. n. 2)
Barzanti Daniela - Psicologa - Sezione Informazione ed Educazione per la Salute
Caramella Marcella - Medico Centro di Salute (Distr. n. 3)
Celani Maria Grazia - Neurologo Stroke Service, Ospedale Citt della Pieve
Convito Luciano - A.L.I.C.E. (Associazione per la Lotta contro lIctus Cerebrale)
Costantini Giuliana - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n.1)
Dalla Costa Sandro - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n. 3)
Dondi Manuela - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n. 4)
Gambuli Cintia - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n. 1)
Germini Fabrizio - Medico di Medicina Generale
La Medica Alessandro - Medico Fisiatra Azienda USL 2 (Distr. n.1)
Lepri Bruno - Medico Fisiatra Azienda USL 2 (Distr. n. 2)
Marchegiani Italo - Infermiere Ospedale di Citt della Pieve
Marroni Beatrice - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n.1)
Musio Luigi - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n.1)
Ottaviani Carlo - Infermiere Professionale Stroke Service, Ospedale Citt della Pieve
Panciarola Manuela - Infermiera Professionale (Distr. n. 4)
Piacentini Stefania - Medico Centro di Salute (Distr. n.1)
Rossi Maria - Medico Centro di Salute (Distr. n. 4)
Susta Maria Adelaide - Medico di Medicina Generale
Vizioli Anna - Logopedista (Distr. n. 2)
Zampolini Mauro - Medico Responsabile Centro Ospedaliero di Riabilitazione
Intensiva di Passignano

Gruppo redazionale
Zampolini Mauro - Medico Responsabile C.O.R.I. di Passignano
Celani Maria Grazia - Neurologo Stroke Service, Ospedale Citt della Pieve
Bovo Daniela - Staff Qualit e Promozione della Salute
Ranocchia Daniela - Staff Qualit e Promozione della Salute
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Presentazione
Il lavoro in quipe dei vari professionisti che intervengono su specifici percorsi di
diagnosi, cura e riabilitazione uno dei presupposti affinch i Servizi Sanitari diano
risposte di qualit, ma questa modalit di lavoro rende ancora pi difficile e
complesso attuare linsieme di prestazioni che ognuno chiamato a compiere.

Oltre ad unelevata professionalit di ciascuno necessario quindi poter contare


su strumenti condivisi che consentano comportamenti clinici scientificamente
supportati allo scopo di assistere gli operatori e i pazienti nel decidere quali siano
le modalit di assistenza pi appropriate in specifiche circostanze cliniche.

Le linee guida si situano, quindi, in una strategia aziendale pi ampia, tendente ad


un vero e proprio modello di governo clinico, inteso come il contesto in cui i servizi
sanitari si rendono responsabili del miglioramento continuo della qualit
dellassistenza e mantengono elevati livelli di prestazioni, creando un ambiente
che favorisce lespressione delleccellenza clinica nel limite delle risorse disponibili
(NHS White Paper 1999).

E in tal senso che questAzienda Sanitaria vuole riproporre con forza azioni di
miglioramento che, attraverso il lavoro di gruppi multiprofessionali, giungono oggi
a consegnare agli operatori questo importante documento sul trattamento
riabilitativo del paziente con ictus.

Questo traguardo, che stato raggiunto grazie al contributo di medici, terapisti,


infermieri, ed altri professionisti, importante non solo per i Servizi di riabilitazione
della nostra Azienda USL 2, ma pu suscitare interesse pi generale, in quanto in
Italia largomento della riabilitazione dei pazienti con ictus, non stato, a quanto
ci risulta, ancora affrontato.

Sono quindi particolarmente soddisfatto nel vedere lesito dellimpegno di


tutti quegli operatori che, adoperandosi per lavorare al meglio, hanno prodotto
questo documento; sar nostra cura diffonderlo affinch venga applicato e valutato
in ogni servizio.

Ringrazio quanti hanno collaborato alla redazione di questa Linea Guida e, nella
convinzione che sar uno strumento particolarmente efficace per migliorare la
qualit dellassistenza in questo campo, invito i professionisti a utilizzarlo al meglio,
al fine di aiutare i pazienti a trarre il massimo beneficio dalla riabilitazione nel loro
percorso di reinserimento nella normalit possibile.

Il Direttore Generale
Alessandro Truffarelli
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Indice

Gruppo di lavoro per la linea guida


Presentazione
Introduzione
Lo scopo di questa linea guida
Elenco revisori esterni
Criteri metodologici
Premessa generale

1.Epidemiologia e storia naturale dell ictus pag. 14

1.1 Incidenza e prevalenza pag. 14


1.2 Prognosi pag. 14
1.3 Storia naturale del recupero pag. 15
1.4 Fattori predittivi del recupero pag. 16

2. La valutazione pag. 18

2.1 Premessa pag. 18


2.2 Obiettivi della valutazione pag. 19
2.3 Valutazione della menomazione pag. 19
2.4 Valutazione della disabilit pag. 20
2.5 Valutazione della qualit della vita pag. 20

3. Lintervento riabilitativo pag. 21

3.1 Il ruolo del gruppo multidisciplinare pag. 21


3.2 La valutazione pag. 22
3.3 Il progetto riabilitativo pag. 23
3.4 La definizione degli obiettivi pag. 23
3.5 Il programma riabilitativo pag. 24
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

4.La gestione del paziente con ictus pag.25

4.1 Il programma di gestione clinica in fase acuta pag. 25


4.1.1 Il monitoraggio delle funzioni vitali pag. 25
4.2 La presa in carico dei bisogni essenziali pag. 26
4.2.1 La nutrizione e lidratazione pag. 26
4.2.2 La disfagia pag. 27
4.2.3 La funzionalit vescicale pag. 29
4.2.4 La funzionalit intestinale pag. 31
4.3 Le posture pag. 32
4.3.1 Il posizionamento pag. 32
4.3.2 La mobilizzazione pag. 32
4.4 La comunicazione pag. 33
4.5 La prevenzione delle complicanze pag. 35
4.5.1 La prevenzione delle infezioni polmonari pag. 36
4.5.2 La conservazione dellintegrit cutanea pag. 36
4.5.3 La prevenzione della trombosi venosa
profonda e polmonare pag. 36
4.5.4 La prevenzione della spalla dolorosa pag. 37
4.6 Aspetti riabilitativi e trattamento pag. 39
4.6.1 La prevenzione delle cadute pag. 39
4.6.2 Il controllo o la prevenzione delle crisi epilettiche pag. 40
4.6.3 Sessualit ed ictus pag. 40
4.7 Linformazione, leducazione del paziente e della famiglia pag. 40
4.8 Il trattamento riabilitativo intensivo pag. 42
4.8.1 Trattamento riabilitativo: le differenti scuole pag. 43
4.8.2 Lefficacia del trattamento intensivo pag. 43
4.9 La riabilitazione delle funzioni cognitive pag. 43
4.10 La riabilitazione di deficit di comunicazione: afasia,
disartria e aprassia buccofacciale pag. 44
4.11 La riabilitazione delle funzioni motorie pag. 45
4.11.1 La spasticit pag. 46
4.12 La riabilitazione delle funzioni sensitive e dolore pag. 48
4.12.1 Il dolore pag. 48
4.13 Altri deficit sensitivi pag. 49
4.14 La riabilitazione dellarto superiore pag. 49
4.15 La rieducazione del cammino pag. 49
4.16 I disturbi dellumore pag. 50
4.16.1 La depressione pag. 50
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

4.16.2 Lansia pag. 51


4.17 La dimissione pag. 51
4.17.1 La dimissione precoce pag. 53
4.18 Lutilizzo di ausili pag. 54
4.19 Gli adattamenti ambientali pag. 54
4.20 La rieducazione delle attivit della vita quotidiana pag. 55

5.Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus pag. 56

5.1 La riabilitazione nella fase acuta pag. 56


5.2 La riabilitazione nella fase postacuta pag. 57
5.2.1 La tipologia degli interventi pag. 58
5.2.2 I vari ambienti riabilitativi pag. 58
5.2.3 I criteri di scelta dellambiente riabilitativo pag. 58
5.3 La riabilitazione intensiva pag. 59
5.3.1 Riabilitazione intensiva ospedaliera
a ciclo continuativo pag. 60
5.3.2 Riabilitazione intensiva delle gravi
cerebrolesioni acquisite pag. 61
5.3.3 Riabilitazione intensiva in regime di day hospital pag. 62
5.4 Riabilitazione estensiva pag. 62
5.4.1 Strutture di degenza riabilitativa estensiva pag. 63
5.4.2 Riabilitazione domiciliare o ambulatoriale? pag. 64
5.4.3 Riabilitazione territoriale domiciliare pag. 65
5.4.4 Riabilitazione territoriale ambulatoriale pag. 65
5.4.5 Le fasi della presa in carico pag. 67
5.4.6 La valutazione del domicilio pag. 68
5.5 La riabilitazione nella fase cronica pag. 68
5.5.1 La valutazione e il monitoraggio degli esiti pag. 68
5.5.2 Lutilit dei ricicli riabilitativi pag. 69

Allegati pag. 70
Glossario pag. 74
Bibliografia pag. 79
Appendice
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Introduzione
La decisione di sviluppare linee guida specifiche per la nostra azienda nata dalla
valutazione dei limiti presenti nelle Linee Guida gi preesistenti: sia infatti quelle
straniere sia quelle italiane non sono immediatamente applicabili alla nostra realt
locale, nella quale esiste una realt riabilitativa da anni caratterizzata da una rete
di servizi territoriali ben consolidata, uno stroke service di recente istituzione e un
centro di riabilitazione intensiva, che ha un anno di attivit.
La necessit di sviluppare linee guida locali per la riabilitazione dellictus nata
per anche dallesigenza di strutturare la rete dei servizi per il trattamento (dellictus)
secondo criteri basati sulle prove di efficacia. Infatti la strutturazione della rete
riabilitativa se non regolata da criteri univoci di gestione della patologia e articolata
secondo criteri di efficienza e di efficacia, rischia di rimanere un buon esercizio
teorico senza ricaduta pratica per il paziente.
Infine, altro obiettivo di queste linee guida quello di raggiungere tutti gli operatori
intra ed extraospedalieri per promuovere la cultura del lavoro multidisciplinare, in
cui pi professionalit si incontrano per articolare un efficace progetto per la cura
del paziente, tenendo presente che lobiettivo finale il raggiungimento della miglior
qualit della vita del paziente e dei familiari.

Lo scopo di questa linea guida


Scopo di queste linee guida aziendali quello di assistere i medici, gli operatori
degli ospedali e dei servizi territoriali nella gestione del paziente con ictus dal
momento dellevento sino al ritorno della miglior qualit della vita possibile,
delineando il percorso pi idoneo alle sue caratteristiche sia come persona malata
sia come individuo, attraverso i seguenti processi:

1. Prevenire e gestire le complicanze correlate allictus (precoci e tardive);

2. Organizzare in maniera multidisciplinare lintervento ponendo il paziente al


centro del proprio lavoro;

3. Individuare nella fase precoce appropriate strategie riabilitative per coloro che
presentano una disabilit residua dopo levento ictus;

4. Definire un progetto riabilitativo che preveda il coordinamento e lintegrazione


delle diverse figure professionali, che prendono in carico il paziente nelle diverse
fasi temporali del programma riabilitativo.

9
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Elenco revisori esterni

Prof.ssa Livia Candelise


Dip. Scienze Neurologiche Osp. Maggiore Policlinico
Via Sforza, 35 Padiglione Ponti - Milano

Dott.ssa Anna Teresa Cantisani


Neurofisiopatologia Ospedale Silvestrini
SantAndrea delle Fratte - Perugia

Dott. Antonio De Tanti


Ospedale Valduce
Centro di riabilitazione Villa Beretta
Via N. Sauro,7 Costamasnaga - Lecco

Dott. Marco Franceschini


Azienda Ospedaliera di Parma
U.O. complessa di Medicina riabilitativa
Via Gramsci, 14 - Parma

Dott. Maurizio Massucci


U.O. di Riabilitazione Intensiva Neuromotoria
USL 3, Regione dellUmbria
Piazza Garibaldi, 5 Trevi - Perugia

Dott.ssa Maria Cristina Pagliacci


Unit Spinale Unipolare Ospedale Silvestrini
SantAndrea delle Fratte - Perugia

Prof. Leandro Provinciali


Clinica di Neuroriabilitazione
Ospedale Regionale Torrette - Ancona

Dott. Roberto Sterzi


Ospedale SanAnna Dipartimento di Neurologia
Via Napoleona, 60 - Como

Dott.ssa Mariangela Taricco


Azienda Ospedaliera G. Salvini
U.O. di Recupero e Rieducazione Funzionale
Via Settembrini, 1 Passirana di Rho - Milano

10
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Criteri metodologici
Questa Azienda ha gi pubblicato diverse Linee Guida per le principali patologie
tutte realizzate da gruppi multidisciplinari e multiprofessionali. La stessa metodologia
stata utilizzata per le linee guida della riabilitazione dellictus. Il gruppo ha visto
la partecipazione di diversi professionisti:

 Coordinatore del Servizio Qualit


 Infermieri Professionali del territorio e degli ospedali
 Fisiatri
 Fisioterapisti
 Logopedista
 Medici di Medicina Generale
 Neurologo esperto della fase acuta dellictus
 Medici responsabili dei Centri di Salute
 Psicologa
 Rappresentanti dellassociazione ALICE

Dopo una riunione relativa alla metodologia, sono stati assegnati compiti di ricerca
delle prove di efficacia distinte per le varie professionalit. Ogni gruppo aveva il
compito di scrivere dei contributi basandosi su uno schema di sommario generale
precostituito. Successivamente i vari contributi sono stati inseriti in un unico
documento che costituiva la bozza di lavoro da restituire ai vari componenti. Ad
ogni avanzamento si svolgeva una riunione generale dove venivano discussi i punti
critici anche leggendo i vari capitoli. Nella fase finale un gruppo pi ristretto ha
svolto un lavoro di controllo e supervisione cercando di schematizzare e graduare
le raccomandazioni.

Le prove di efficacia sono state ricavate dalla lettura di:

 Linee guida disponibili sulla riabilitazione dellictus, ricorrendo anche ad internet


attraverso i vari motori di ricerca e soprattutto attraverso il sito della National
Guidelines Clearinghouse (www.guidelines.com);
 Report di valutazione tecnica dei servizi sanitari esteri;
 Banche dati quali The Cochrane Library e Clinical Evidence;
 Ricerca in Medline e analisi degli abstracts e degli articoli di maggior rilevanza:
parola chiave stroke and rehabilitation;
 Lavori originali ricavati dalla lettura delle principali riviste.

Classificazione dei livelli di evidenza


La graduazione delle raccomandazioni stata articolata secondo il seguente schema:
Ia Prove di efficacia ottenute da meta-analisi di studi randomizzati controllati;
Ib Prove di efficacia ottenute da almeno uno studio randomizzato controllato;
IIa Prove di efficacia ottenute da almeno uno studio ben disegnato controllato non

11
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

randomizzato;
IIb Prove di efficacia ottenute da almeno uno studio ben disegnato;
III Prove di efficacia ottenute da almeno uno studio ben disegnato non sperimentale
descrittivo come studi comparativi, di correlazione e studio di casi;
IV Prove di efficacia ottenute da un comitato di esperti o opinioni di autorit
scientifiche rispettate.

Livelli di raccomandazione
Grado A Corrisponde ai livelli di evidenza Ia, Ib
Grado B Corrisponde ai livelli di evidenza IIa, IIb, III
Grado C Corrisponde ai livelli di evidenza IV

Valutazione da parte di revisori esterni


Nella fase finale le linee guida sono state sottoposte a revisione esterna da parte di
esperti nazionali individuati dal gruppo multidisciplinare.
I revisori hanno proposto delle modifiche che sono state in parte implementate.

Aggiornamento Linee Guida


E previsto laggiornamento a due anni.

Implementazione
Pur non esistendo una specifica strategia di implementazione, le Linee Guida
costituiscono la base per una serie di operazioni.
In primo luogo costituiscono il riferimento per ridefinire i percorsi assistenziali e
riabilitativi della persona colpita da ictus. A questo proposito sono stati costituiti
due gruppi: uno per la definizione dei percorsi attuali ed un altro per la definizione
del percorso ideale come sintesi tra le condizioni locali di funzionamento della rete
riabilitativa e quelle suggerite dalle prove di efficacia.
E in corso di realizzazione uno specifico aggiornamento dei Medici di Medicina
Generale sulla riabilitazione della persona con ictus, nel quale vengono presentate
anche queste Linee Guida.
Le Linee Guida per la riabilitazione della persona con ictus cerebrale vedranno una
diffusione capillare tra tutti i professionisti che intervengono su questo problema.

12
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Premessa generale
Lestrema variabilit nel grado di disabilit, di handicap e di qualit della vita che
si pu verificare dopo un ictus, rende necessario definire per ogni singolo paziente
uno specifico progetto riabilitativo e organizzare i servizi delle aziende USL in modo
da offrire risposte diversificate ai bisogni dei pazienti. Tali bisogni sono a loro volta
determinati non solo dalle condizioni cliniche, ma anche dal contesto familiare,
da quello sociale, nonch dalle capacit e aspettative del paziente prima della
malattia.

Un rapporto dell'OMS del 1989 suddivideva i pazienti rispetto alla prognosi


riabilitativa in 3 gruppi:

1. Pazienti che recuperano anche senza intervento riabilitativo


2. Pazienti che possono migliorare solo grazie ad un intervento riabilitativo
3. Pazienti con ridotte possibilit di miglioramento a prescindere da qualsiasi tipo
di intervento riabilitativo.

In questa linea guida vengono quindi descritti gli elementi fondamentali di un


percorso riabilitativo, ovvero tutti gli elementi che in base alla letteratura scientifica
risultano supportati da prove di efficacia. Deve per essere ricordato che le evidenze
pi forti si ritrovano proprio quando si affronta il tema della stroke unit, in ragione
del fatto che tale organizzazione stata pi a lungo sperimentata nei paesi
anglosassoni.
In questa linea guida si per cercato di porre particolare attenzione agli snodi,
ovvero alle fasi di passaggio da una struttura all'altra, proprio perch in queste
fasi che il paziente risente maggiormente di carenze o disfunzioni organizzative.
Va infine ricordato che,come sottolineato dallOMS, non tutti i pazienti necessitano
di un intervento riabilitativo che si sviluppi lungo tutto larco dei servizi erogabili,
ma una rete ben funzionante deve essere in grado di modulare la propria risposta
in base alle specifiche esigenze del singolo malato.

13
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Epidemiologia e storia naturale dellIctus

1. EPIDEMIOLOGIA E STORIA NATURALE


DELLICTUS

1.1 Incidenza e prevalenza


Si intende per ictus un deficit neurologico focale o generalizzato (coma), i cui
sintomi e segni persistono per almeno 24 ore.
E una malattia a elevato tasso di incidenza e mortalit, che coinvolge un gran
numero di persone, particolarmente anziani. I sopravvissuti spesso presentano
significative limitazioni fisiche, cognitive e psicologiche.
Il progressivo invecchiamento della popolazione comporta un aumento di incidenza
degli eventi, anche se gli interventi farmacologici della fase acuta e il trattamento
precoce delle complicanze potrebbero determinare un aumento di sopravvissuti
e quindi un maggior numero di soggetti con nuovo handicap.
Uno studio prospettico su popolazione, definito ideale, condotto in Umbria
(SEPIVAC 1986-1989) mostra che lincidenza dellictus cerebrale ha un tasso grezzo
di 254 per 100000 residenti per anno (Ricci, Celani et al. 1991).
Standardizzando il dato alla popolazione italiana si ha un incidenza di 181 nuovi
casi per 100000/anno (circa 120.000 casi di nuovo ictus) come nel caso di altri studi
ideali analoghi (Sudlow and Warlow 1997) - Tab. 1.
Tab.1

Incidenza/anno/per la popolazione italiana

Ictus ischemico 136/100.000/anno

Ictus emorragico 24/100.000/anno

Emorragia subaracnoidea 6-8/100.000/anno

1.2 Prognosi
Circa il 10% dei pazienti con ictus ischemico muore entro 30 giorni; la mortalit
molto pi alta se si considerano anche gli ictus emorragici (intraparenchimali e le
emorragie subaracnoidee), arrivando al 20% circa; ad un anno raggiunge il 30%
(Ricci, Celani et al. 1991).

La principale causa di morte nella prima settimana direttamente conseguente al


danno cerebrale; seguono poi le cause di morte secondarie allimmobilizzazione.
Tra queste sono pi frequenti le polmoniti e le embolie polmonari.

14
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Epidemiologia e storia naturale dellIctus

Anche piaghe da decubito, infezioni e malnutrizione possono essere cause di morte


se non prevenute e trattate in modo adeguato.
Le complicanze relative alla fase acuta possono coinvolgere fino al 60% dei pazienti
ospedalizzati e nei 2/3 dei casi possono essere multiple.
Per quanto riguarda lhandicap residuo dopo un mese dallevento il 55% dei pazienti
ha perso lo stile di vita precedente ed dipendente da altri negli atti della vita
quotidiana.
Tale percentuale pu diventare molto pi alta (fino al 95%) nel caso degli ictus
ischemici gravi, mentre considerevolmente pi bassa (fino al 45,5%) nelle sindromi
lacunari e nelle sindromi del circolo posteriore.

1.3 Storia naturale del recupero


Il paziente affetto da ictus presenta un recupero spontaneo che pu essere facilitato
da un intervento riabilitativo.
La storia naturale della malattia prevede che la maggior parte del recupero sensitivo-
motorio e cognitivo avvenga nei primi 3 mesi (Wade and Hewer 1987), (Andrews,
Brocklehurst et al. 1981), (Duncan, Goldstein et al. 1992); (Kotila, Waltimo et al.
1984), (Skilbeck, Wade et al. 1983), (Nakayama, Jorgensen et al. 1994). Le capacit
funzionali migliorano ulteriormente, sia pure con minore intensit e rapidit nei
successivi tre mesi, per poi stabilizzarsi entro larco dellanno (Ferrucci, Bandinelli
et al. 1993). Il recupero della disabilit sembra avvenire nel 50% dei pazienti affetti
da afasia entro il primo mese, ma prosegue oltre i primi sei (Wade and Hewer 1987).
La maggior parte del recupero della menomazione raggiunto in media in 11
settimane, mentre il miglior recupero dell'auto-accudimento e della capacit di
movimento si ottiene in 12,5 settimane (Jorgensen, Nakayama et al. 1995)-Tab. 2.

Tab. 2

Settimane di recupero
Cammino ADL

Lieve 6 8,5

Intermedio 13

Grave 11 17

Molto grave 20

15
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Epidemiologia e storia naturale dellIctus

1.4 Fattori predittivi del recupero

La possibilit di prevedere i tempi di recupero fondamentale per il progetto


riabilitativo e per il corretto percorso terapeutico. La difficolt di individuare i
fattori che agiscono in modo indipendente sul recupero ne ha reso difficile la sicura
definizione.

Et
Let avanzata un fattore prognostico negativo anche se non chiaro se questo
agisca in ragione dellaumento delle comorbilit (Kotila, Waltimo et al. 1984),
(Waltimo, Kaste et al. 1976), (Kalra 1994), (Paolucci, Antonucci et al. 1998), (Wade,
Langton-Hewer et al. 1984), (Wade, Skilbeck et al. 1983), (Kwakkel, Wagenaar et al.
1996), (Alexander 1994), (Granger, Hamilton et al. 1992), (Macciocchi, Diamond et
al. 1998).

Sesso
I soggetti di sesso femminili vengono ricoverati in residenze protette con una
frequenza doppia rispetto ai soggetti di sesso maschile (Kelly-Hayes, Wolf et al.
1988); i maschi sposati hanno una probabilit pi bassa di essere istituzionalizzati.
In generale le donne hanno un recupero della menomazione e della disabilit pi
limitato rispetto alluomo a causa di una pi grave menomazione (Wyller, Sodring
et al. 1997). Le variabilit di questo obiettivo di prognosi sono condizionate dai
paesi in cui sono stati fatti i singoli studi; listituzionalizzazione infatti pu essere
condizionata da cultura e tradizione locali.

Sede e tipo di lesione


Le lesioni lacunari hanno una prognosi migliore rispetto a lesioni pi estese (Clavier,
Hommel et al. 1994; Samuelsson, Soderfeldt et al. 1996, Adams 1999). Le lesioni
dei nuclei della base e della capsula interna producono una flaccidit prolungata
e sono correlate con una prognosi negativa (Miyai, Blau et al. 1997; Miyai, Suzuki
et al. 2000). Le lesioni corticali sono correlate con una peggior disabilit se
confrontate con le lesioni sottocorticali. Le lesioni corticali, inoltre, correlano con
il peggior recupero in base alle dimensioni dellarea cerebrale colpita (Beloosesky,
Streifler et al. 1995).

Gravit del danno sensitivo-motorio


La gravit della menomazione influenza negativamente il recupero (Macciocchi,
Diamond et al. 1998). Tra i pazienti con ictus grave hanno pi probabilit di recupero
quelli pi giovani, con una moglie e la precocit del recupero (Jorgensen, Reith et
al. 1999). Uno scarso controllo del tronco misurato con il Trunk Control Test
allingresso in riabilitazione predittivo di scarso recupero motorio
(Franchignoni, Tesio et al. 1997).

16
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Epidemiologia e storia naturale dellIctus

I deficit sensitivi, in particolare quello propriocettivo, sono correlati con una minor
possibilit di recupero (Feigenson, McDowell et al. 1977) e in particolare del
recupero della deambulazione (Moskowitz, Lightbody et al. 1972).
Anche i deficit campimetrici diminuiscono le possibilit di recupero (Wade, Skilbeck
et al. 1983) (Feigenson, McDowell et al. 1977) (Sanchez-Blanco, 1999), soprattutto
se i pazienti sono anziani (Kalra, Smith et al. 1993). I deficit di campo visivo sono
associati a una minor sopravvivenza e condizionano il successo del ritorno allattivit
sociale e lavorativa (Kerkhoff 2000).

Deficit cognitivi e livello di coscienza


La diminuzione del livello di coscienza in fase acuta un altro indice predittivo
negativo (Kwakkel, Wagenaar et al. 1996), (Kwak, Kadoya et al. 1983), (Stegmayr,
Asplund et al. 1999), (Bushnell, 1999).
Anche il deficit cognitivo in generale influenza negativamente il recupero (Paolucci,
Antonucci et al. 1996).
Lafasia iniziale non correlata con il recupero motorio ma la gravit dellafasia
predittiva di un peggior recupero dellafasia stessa (Pedersen, Jorgensen et al.
1995), (Pedersen, Jorgensen et al. 1997).
Il neglect si associa ad un minor recupero funzionale anche se non dimostrato
quanto sia importante il suo ruolo in assenza di altri fattori (Kalra, Perez et al. 1997),
(Paolucci, Antonucci et al. 1998), (Pedersen, Jorgensen et al. 1997). Pu favorire
ripetuti incidenti (Diller and Weinberg 1970) e correla con un maggior deficit nelle
attivit della vita quotidiana (Walker and Lincoln 1991).
In termini di handicap (valutato con la Oxford Handicap Scale) non stata
dimostrata differenza tra ictus emisferici destri e sinistri pur essendoci maggiore
incidenza di deficit sensitivo motori, di neglect e deficit di campo visivo per gli
ictus emisferici destri (Sterzi, Bottini et al. 1993).

Incontinenza sfinterica
Lincontinenza sfinterica si correla negativamente con il recupero della disabilit
e dellhandicap (Di Carlo, Lamassa et al. 1999), (Roth, Lovell et al. 2002).

Depressione e motivazione
La motivazione un elemento importante nel processo di recupero. Quando
mediocre, aumenta la dipendenza a lungo termine nelle attivit della vita quotidiana
(Zippel 1984), (Grimby, Andren et al. 1998). La depressione correla negativamente
con le possibilit di recupero (Kotila, Waltimo et al. 1984), (Angeleri, Angeleri et
al. 1993), (Singh, Black et al. 2000), (Paolucci, Antonucci et al. 1998), (Herrmann,
Black et al. 1998) ed influenza negativamente il processo riabilitativo (Sinyor, Amato
et al. 1986).

17
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

La valutazione

2. LA VALUTAZIONE

2.1 Premessa
Lo stato di salute una condizione relativa, dipendente anche dalle condizioni
soggettive e socioculturali della persona stessa.

In accordo con le nuove definizioni ICF (International Classification of Functioning,


Activities and Participation) la condizione di salute caratterizzata da 3 dimensioni:

1.La dimensione del corpo articolata in 2 aspetti:


- Le funzioni del corpo: fisiologiche e psicologiche
- Le strutture del corpo: le parti anatomiche.
2.La dimensione delle attivit cio la capacit di svolgere un compito
3.La dimensione della partecipazione cio il coinvolgimento nella vita quotidiana

La classificazione ICF costituisce un linguaggio nuovo che identifica uno schema


moderno di concepire lo stato di salute, esplorando la persona disabile su un
modello multidimesionale. Tale classificazione non rappresenta nemmeno una
nuova forma di valutazione anche se in essa sono contenuti aspetti di quantificazione.

Condizione di salute
(Malattia)

Funzioni del Corpo Attivit Partecipazione


(Menomazione) (Limitazione Attivit) (Restrizione partecip.)

Fattori Fattori
Personali Ambientali

Un evento patologico produce una serie di alterazioni che determinano modifiche


della condizione di salute:
1.La menomazione rappresenta la conseguenza funzionale del danno;

2.La disabilit un termine comprensivo della limitazione funzionale con la


limitazione dellattivit e la restrizione della partecipazione;

3.Lhandicap un termine che superato dal concetto di limitazione della


partecipazione in relazione ai fattori ambientali.

18
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

La valutazione

La valutazione in riabilitazione deve quindi esplorare tutte e tre le dimensioni


tenendo conto di tutti gli aspetti sottoelencati:
1. la limitazione funzionale;
2. la restrizione della partecipazione e la limitazione delle attivit;
3. I fattori ambientali facilitanti e limitanti che influenzano le attivit e la
partecipazione;
4. I fattori personali che intervengono.

2.2 Obiettivi della valutazione


Costituiscono obiettivi generali della valutazione:

- documentare la diagnosi di ictus, leziologia, larea cerebrale coinvolta, le


manifestazioni cliniche, le comorbilit, lo stato clinico e funzionale prima dellevento;
- stabilire i trattamenti necessari durante le fasi della malattia acuta;
- stabilire quanto il paziente possa beneficiare della riabilitazione;
- definire il progetto riabilitativo pi appropriato;
- monitorare i progressi durante la riabilitazione e facilitare la dimissione;
- monitorare i progressi dopo il ritorno alla vita sociale.

Perch tali obiettivi siano concretamente raggiunti necessario che :

1. la valutazione avvenga in modo standardizzato per facilitare la riproducibilit


sia per lo stesso operatore in tempi diversi sia tra diversi operatori;
2. la valutazione venga documentata nella cartella clinica;
3. le tre dimensioni vengano sottoposte a valutazione pi volte lungo il percorso
riabilitativo e almeno ogniqualvolta il paziente passa da un ambiente di cura
allaltro.

2.3 Valutazione della menomazione


I principali punti da valutare sono:

1. Stato di coscienza
2. Deficit motori
 forza muscolare
 anormalit del tono muscolare e sinergie patologiche
3. Deficit somatosensoriali
4. Deficit delle funzioni cognitive
 Attenzione
 Memoria
 Aprassia

19
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

La valutazione

 Neglect
 Afasia
 Agnosia
 Funzioni esecutive
5. Deficit della coordinazione e dellequilibrio (compreso il cammino)
6. Disartria
7. Deficit della visione (acuit visiva, campo visivo e visione binoculare)
8. Disturbi comportamentali e dellumore
9 Aspetti funzionali:
 Nutrizione
 Idratazione
 Deglutizione
 Continenza degli sfinteri
 Ritmo sonno - veglia

2.4 Valutazione della disabilit


La valutazione della disabilit consiste nella quantificazione della capacit di
svolgere le attivit quotidiane nellambiente di vita della persona disabile. Tale
valutazione pu essere fatta in senso assoluto esaminando la performance nello
svolgere le singole azioni (lavarsi, mangiare, camminare, vestirsi, avere cura di s
etc.) oppure in senso relativo dando importanza ad attitudini personali e sociali,
ad esempio la disabilit reale derivante dal disturbo di comunicazione diversa
tra chi esercita lavori manuali (muratore, artigiano, etc) e chi esercita lavori che
prevedono abilit comunicative (avvocato, venditore ambulante, insegnante etc),
oppure la difficolt di preparare bevande calde un problema per un inglese, lo
molto meno per un italiano. In questo caso il concetto di disabilit assimilabile,
per certi aspetti al concetto di handicap.
Per la quantificazione della disabilit le scale pi usate sono: lindice di Barthel e
la FIM (Functional Indipendance Measure) mentre la scala pi conosciuta per
quantificare lhandicap un scala mista di disabilit/handicap (Oxford Handicap
Scale).

2.5 Valutazione della qualit della vita


La valutazione della qualit della vita correlata allictus ancora materia di
discussione, in quanto misura di prognosi solo recentemente studiata (Mackenzie
and Chang 2002), (Secrest and Thomas 1999), (de Haan, Aaronson et al. 1993). Le
scale pi comunemente usate sono lEuroQol e lSF-36 (Hobart, Williams et al.
2002), (Dorman, Slattery et al. 1998). LEuroQol valuta 6 condizioni (mobilit, cura
di s, attivit usuali, dolore, aspetti psicologici, autoquantificazione della qualit
della vita correlata alla salute). LSF-36 valuta 8 condizioni (la funzione fisica in
assoluto e legata al ruolo, la funzione sociale, il dolore, la salute mentale, la funzione
psicologica relativa al ruolo, la vitalit e la salute generale).

20
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Lintervento riabilitativo

3. LINTERVENTO RIABILITATIVO
La riabilitazione, accanto agli interventi farmacologici della fase acuta, si pu
ritenere la principale forma di intervento per i pazienti che hanno subito un ictus.
E finalizzata ad ottenere il recupero della menomazione, lottimizzazione delle
abilit residue e il miglioramento della partecipazione. Lobiettivo quello di
migliorare la qualit della vita attraverso il recupero del miglior livello fisico, cognitivo,
psicologico, funzionale e delle relazioni sociali nellambito dei bisogni e delle
aspirazioni dellindividuo e della sua famiglia (RCPE 2000).

Si sviluppa attraverso 5 linee di intervento (Sacco, Benjamin et al. 1997):

1. prevenzione, individuazione e trattamento delle malattie associate e delle


complicazioni legate alla fase acuta;
2. sostegno al paziente ed a quanti si occupano di lui, finalizzato a sopportare il
peso psicologico della malattia e a facilitare ladattamento;
3. prevenzione della disabilit secondaria, promuovendo la reintegrazione nella
famiglia, come nucleo essenziale della comunit in cui il soggetto viveva, ma
anche se possibile, nelle attivit lavorative e ricreative;
4. miglioramento della qualit della vita ottimizzando la gestione della disabilit
residua
5. prevenzione delle recidive e delle altre patologie vascolari associate.

La riabilitazione dellictus quindi un processo attivo che inizia fin dallevento


acuto e che procede, per coloro che presentano un danno residuo, attraverso uno
specifico progetto.

E possibile suddividere tale processo in 3 stadi che si succedono


cronologicamente:

1. Il primo stadio ha inizio al momento dellinsorgenza dellictus e dura per tutta


la fase acuta;
2. II secondo prende avvio in funzione delle disabilit che residuano, non appena
superata la fase acuta di malattia; pu comportare lintervento sia delle strutture
ospedaliere sia di quelle extraospedaliere di riabilitazione;
3. Il terzo stadio richiede interventi sanitari meno sistematici (in quanto rivolti
ad una condizione di disabilit stabilizzata) e finalizzati al mantenimento del
livello di autonomia raggiunto dal soggetto e alla prevenzione delle possibili
ulteriori involuzioni.

3.1 Il ruolo del gruppo multidisciplinare

La riabilitazione del paziente con ictus un processo multidisciplinare in cui un


insieme di professionalit diverse contribuisce alla gestione globale del paziente,

21
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Lintervento riabilitativo

ponendolo al centro del proprio lavoro quotidiano.

Per tale ragione assume estrema importanza unorganizzazione dei servizi che
permetta il lavoro di gruppo, in ogni fase del percorso riabilitativo.

Per lavoro di gruppo si intende il modo di lavorare integrato di un insieme di figure


professionali che operano allinterno di ununit funzionale, ottenendo risultati
superiori a quelli riconducibili alla semplice somma dei singoli interventi.

Il gruppo multidisciplinare si compone prevalentemente di medici, infermieri,


fisioterapisti, terapisti occupazionali, terapisti delle funzioni cognitive e del linguaggio.
Tuttavia, laddove le risorse lo consentano, sono di estrema importanza per il gruppo
psicologi, dietisti e assistenti sociali.

Le singole figure professionali che compongono il gruppo assumono importanza


allinterno dello stesso in base alla definizione del ruolo e delle funzioni di ciascuno.
Ruolo e funzioni si modificano a seconda della fase del percorso nella quale si viene
a trovare il paziente.
Ci avviene per esempio anche per il neurologo con competenza nellictus e il medico
esperto di riabilitazione: il ruolo di questi due professionisti cambia infatti a seconda
delle fasi. Il neurologo responsabile della gestione del paziente in fase acuta, ma
si avvale delle competenze del medico esperto in riabilitazione, che responsabile
del progetto riabilitativo.
Viceversa nella fase riabilitativa vera e propria il neurologo fornisce il proprio supporto,
rispetto agli aspetti clinici specifici, al medico competente in riabilitazione, che
responsabile della gestione del malato.

Spetta al gruppo multidisciplinare la presa in carico del paziente, che avviene


attraverso la valutazione, la gestione e la definizione di una dimissione programmata.

3.2 La valutazione

Fin dalla fase acuta, il gruppo multidisciplinare ha come primo obiettivo la valutazione
di ogni paziente con ictus che si ricovera allo scopo di inquadrare le condizioni cliniche
e definire il progetto riabilitativo. La valutazione deve essere il pi precoce possibile.
Per tale ragione pu essere effettuata anche singolarmente dalle diverse figure
professionali che compongono il gruppo per poi essere ricomposta in occasione della
definizione del progetto riabilitativo individuale (Wade 1998). E fondamentale che
il gruppo di operatori responsabile del progetto riabilitativo discuta e valuti con periodicit
stabilita allinterno di riunioni strutturate gli obiettivi da raggiungere e i progressi ottenuti.
La cadenza dipende dalla durata prevista della degenza del paziente.

22
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Lintervento riabilitativo

Il monitoraggio quotidiano della menomazione e della disabilit va effettuata in


riferimento ad una scheda strutturata che costituisce la base per aggiornare il
programma (Stuck, Siu et al. 1993).

Raccomandazione: la valutazione un processo multidisciplinare aggiornato


periodicamente (Grado A).

3.3 Il progetto riabilitativo


Si definisce progetto riabilitativo individuale 1'insieme di proposizioni, elaborate
da un gruppo riabilitativo multidisciplinare, coordinato da un medico specialista
competente in riabilitazione, che tenendo conto dei bisogni, delle menomazioni
e delle disabilit recuperabili, delle abilit residue, nonch delle preferenze del
paziente e dei suoi familiari, definisce nelle linee generali gli obiettivi, i tempi e le
azioni necessarie per il raggiungimento degli esiti desiderati.

Per ogni paziente con ictus deve essere elaborato un progetto riabilitativo, che
preveda obiettivi multipli, tutti finalizzati al raggiungimento dellautonomia e quindi
al miglioramento della qualit della vita .

3.4 La definizione degli obiettivi

Uno degli elementi che determina lefficacia dellintervento riabilitativo la


definizione di obiettivi cio lidentificazione, da parte del gruppo multidisciplinare,
di specifici obiettivi da raggiungere in un dato periodo di tempo con laccordo del
paziente e della famiglia (Stolee, Rockwood et al. 1992; Rockwood, Joyce et al. 1997).

Gli obiettivi debbono essere comprensibili, raggiungibili e possono essere suddivisi


in obiettivi a breve, medio e lungo termine. Ciascun membro del gruppo dovrebbe
condividere la terminologia, gli strumenti per la registrazione delle diverse fasi del
processo e quelli per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi.
I progressi e le difficolt incontrate debbono essere adeguatamente documentate.

Il progetto riabilitativo individuale deve essere modificato ogni qualvolta si verifichi


un cambiamento sostanziale degli elementi in base a cui stato elaborato (bisogni,
preferenze, menomazioni, abilit-disabilit residue, limiti ambientali e di risorse,
aspettative, priorit) anche in relazione ai tempi, alle azioni e/o alle condizioni
precedentemente definite.

23
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Lintervento riabilitativo

3.5 Il programma riabilitativo

All'interno del progetto riabilitativo, il programma definisce le aree di intervento


specifiche, gli obiettivi a breve termine, i tempi e le modalit di erogazione degli
interventi, la verifica e gli operatori coinvolti.

In particolare definisce:
 gli interventi specifici durante il periodo di presa in carico, compresi gli obiettivi
immediati e quelli a breve termine e ne prevede laggiornamento nel tempo;
 le modalit e i tempi di erogazione delle singole prestazioni previste negli stessi
interventi;
 le misure di esito e i tempi di verifica pi appropriati per valutare gli interventi;
 i singoli operatori coinvolti negli interventi e il relativo impegno.
Il programma riabilitativo deve essere puntualmente verificato e periodicamente
aggiornato durante il periodo di presa in carico.

Il progetto riabilitativo

 indica il medico specialista responsabile del progetto stesso;

 tiene conto in maniera globale dei bisogni, delle preferenze del paziente (e/o dei
suoi familiari, quando necessario), delle sue menomazioni, disabilit e, soprattutto,
delle abilit residue e recuperabili, oltre che dei fattori ambientali, contestuali e
personali;

 definisce gli esiti desiderati, le aspettative e le priorit de1 paziente, dei suoi
familiari, quando necessario, e dell'quipe curante;

 deve dimostrare la consapevolezza e comprensione, da parte dell'intera quipe


riabilitativa, dell'insieme delle problematiche dei paziente, compresi gli aspetti che
non sono oggetto di interventi specifici, e di regola pu non. prevedere una
quantificazione degli aspetti di cui sopra, ma ne d una descrizione, in, termini
qualitativi e generali;

 definisce il ruolo dell'quipe riabilitativa, composta da personale adeguatamente


formato, rispetto alle azioni da intraprendere per il raggiungimento degli esiti
desiderati;

 definisce, nelle linee generali, gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, i tempi
previsti, le azioni e le condizioni necessarie al raggiungimento degli esiti desiderati;

 comunicato in modo comprensibile ed appropriato al paziente. e ai suoi familiari;

 comunicato a tutti gli operatori coinvolti nel progetto stesso;


costituisce il riferimento per ogni intervento svolto dall'quipe riabilitativa.

24
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

4. LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON ICTUS


Gli obiettivi prioritari del gruppo multidisciplinare nella gestione del paziente in
fase acuta sono:

 porre una accurata diagnosi eziopatogenetica;


 gestire il paziente in maniera globale;
 individuare la terapia acuta pi adeguata e prevenire recidive;
 gestire in modo adeguato le comorbidit;
 prevenire e gestire le complicanze;
 definire prima possibile il progetto riabilitativo.
(RCPE 2000)

La gestione da parte del gruppo multidisciplinare concretamente realizzabile in


questa fase attraverso il ruolo prevalente dellinfermiere che rappresenta il collettore
esecutivo degli interventi delle diverse professionalit.
Diventa molto importante che allinterno del gruppo si mantenga unattiva
comunicazione che consenta la condivisione della conoscenza dei problemi da
parte delle diverse figure professionali, larmonizzazione del lavoro e laggiornamento
continuo del programma.
Allinterno del gruppo multidisciplinare la sostituzione di una qualunque figura
professionale va preceduta da un adeguato addestramento alla nuova metodologia
di lavoro (The Intercollegiate Working Party for Stroke 2000).

4.1 Il programma di gestione clinica in fase acuta


La gestione in fase acuta si articola in 4 fasi:

1) Il monitoraggio delle funzioni vitali;


2) La presa in carico dei bisogni essenziali del paziente;
3) La prevenzione e gestione delle complicanze;
4) Linformazione e leducazione del paziente e della famiglia.

4.1.1 Il monitoraggio delle funzioni vitali

Linfermiere con specifiche competenze nellictus valuta:


 la pressione arteriosa,
 i parametri clinici cardiaci e polmonari,
 la temperatura corporea,
 i livelli di glicemia,
 la stabilit del quadro neurologico.

Questi parametri sono i pi importanti e vanno monitorizzati con regolarit nei


primi giorni di malattia (Indredavik, Bakke et al. 1999), (SPREAD 2000).

25
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

Raccomandazione:
la maggior parte di queste osservazioni deve essere ripetuta da 4 a 6 volte al giorno
nelle prime 48/72 ore (Grado A).

4.2 La presa in carico dei bisogni essenziali


Ad ogni paziente con ictus va garantita unadeguata risposta a bisogni essenziali
quali muoversi, comunicare con gli altri, nutrirsi, mantenere in maniera adeguata
le funzioni sfinteriche.
La mancata risposta ad uno o pi di questi bisogni pu seriamente compromettere
la sopravvivenza od un adeguato recupero della disabilit del paziente.

4.2.1 La nutrizione e lidratazione


Dal 27% al 45% dei pazienti che giungono in ospedale per un qualunque evento
acuto presentano uno stato di malnutrizione (McWhirter and Pennington 1994).
Questo pu manifestarsi per la prima volta o peggiorare nel corso della degenza
ospedaliera; in particolare per i pazienti con ictus acuto, la percentuale di malnutriti
pu passare dal 16% dellingresso al 35% al termine della seconda settimana (Davalos,
Ricart et al. 1996).
La malnutrizione associata ad una prognosi peggiore e ad una minor probabilit
di recupero perch pu deprimere il sistema immunitario con conseguente aumento
del rischio di setticemia, favorire linsorgenza di piaghe da decubito e diminuire la
funzionalit muscolare.
Alcuni parametri devono essere tenuti sotto controllo: la diminuzione del peso, le
misure antropometriche, i valori di albumina e prealbumina (Potter, Langhorne et
al. 1998).
Poich ipotizzabile che un apporto nutritivo superiore alla norma riduca la
mortalit e migliori la prognosi, allo stato attuale il comportamento pi etico,
laddove esiste incertezza clinica, linclusione nello studio clinico randomizzato
FOOD (Feeding Or Ordinary Diet).

Raccomandazioni:
a) si deve valutare la stato nutritivo di tutti i pazienti con un metodo riproducibile
allingresso nella stroke unit (Grado C).
b) occorre personalizzare il regime dietetico in base agli aspetti clinici e alle preferenze
del paziente (Grado C).
c) gli infermieri devono registrare quotidianamente, su adeguate schede, le preferenze
alimentari del malato e la reale assunzione giornaliera di cibo e di liquidi, calcolando
lesatto bilancio calorico e idrico (Grado C).

26
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

4.2.2 La disfagia
La difficolt ad assumere il cibo ed i liquidi necessari, definita disfagia, una
sintomatologia neurologica presente in circa il 45% dei pazienti con ictus acuto,
persiste in media una settimana, a 14 giorni presente nel 14% dei casi e a 30 nel
3%. Nel 40% dei pazienti si verifica aspirazione in modo silente (Corner, riski 1988;
Palmer e Dechase 1991).
Non chiaro il rapporto tra aspirazione e infezioni polmonari (Smithard, O'Neill
et al. 1996). La disfagia determinata dalla difficolt a far progredire il bolo dalla
bocca allo stomaco per la compromissione di una o pi delle 3 fasi (orale, faringea
o esofagea).
La capacit di deglutire va valutata il pi presto possibile al momento del ricovero
ospedaliero, sia per evitare episodi di aspirazione di cibo, con conseguente patologia
ab ingestis, in pazienti con disfagia, sia per evitare restrizioni nellassunzione di
cibo e di liquidi (Gordon, Hewer et al. 1987).

La prova della deglutizione pi semplice e riproducibile il test di deglutizione


dellacqua. Al paziente, seduto con il capo semichino, vengono fatti deglutire 5 ml
di acqua (un cucchiaino): lesaminatore valuta la presenza di tosse, voce umida,
perdita di acqua dalla bocca o gorgoglii.
La prova deve essere ripetuta per tre volte.

Nel caso di pazienti con disfagia lapporto nutritivo pu essere garantito attraverso:
 nutrizione parenterale limitatamente ai primi giorni e comunque da superare
prima possibile;
 nutrizione enterale (PEG o sondino nasogastrico).

Poich non ci sono prove di efficacia per preferire un tipo di via nutritiva enterale
rispetto allaltro, n di quando debba iniziare la nutrizione enterale stessa (Bath,
Bath et al. 2000) indicato prendere in considerazione la possibilit di inserire il
paziente in studi randomizzati in corso (Davenport and Dennis 2000).

E necessario pianificare un accurato programma riabilitativo con terapie non


invasive che possono essere suddivise in 3 categorie.

Tecniche Compensatorie
Tendono ad eliminare il sintomo disfagia ma non a intervenire sul recupero.
Viene effettuata:
a) ricerca della posizione del capo e del corpo per poter controllare il passaggio del
cibo e dei liquidi;
b) modifica della consistenza e del volume del cibo;
c) modifica della frequenza a cui viene normalmente somministrato il cibo;
d) stimolazioni termiche con cibo o speciali apparecchiature.

27
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

Terapia indiretta
Vengono effettuati esercizi per migliorare il controllo neuromuscolare sia della
masticazione che della deglutizione. Questo particolarmente importante in pazienti
che non hanno il controllo della lingua, che presentano:
a) lateralizzazione della lingua durante la masticazione;
b) elevazione della lingua verso il palato duro;
c) inarcamento della lingua sotto il bolo;
d) elevazione della lingua contro il palato per trattenere il bolo;
e) mobilizzazione volontaria della lingua in senso antero-posteriore;
f ) coordinazione dei movimenti in senso antero-posteriore.
Gli esercizi comprendono (Logemann 1991):
a) esercizi di mobilizzazione e contro-resistenza della lingua e della mandibola;
b) coordinazione della lingua e esercizi di masticazione utilizzando materiale con
cui il paziente pu esercitare i movimenti;
c) esercizi di adduzione laringea;
d) esercizi di controllo del bolo: il paziente mastica il cibo e i liquidi senza deglutirli.

Terapia diretta
Consiste in tecniche di deglutizione che tendono a modificare la fisiologia della
deglutizione:
a) manovra di Mendelson: i pazienti sono addestrati a sentire la loro laringe elevata
durante la deglutizione e a prolungare il pi possibile il periodo di massima
elevazione;
b) deglutizione sopraglottica: i pazienti volontariamente trattengono il loro respiro
prima e durante la deglutizione, chiedendo in questo modo laccesso laringeo.
Successivamente alla deglutizione il pazienti esegue dei colpi di tosse per liberare
la faringe dai residui di cibo.

Raccomandazioni:
a) sia gli operatori sanitari che vengono in contatto con il paziente che chi se ne
prende cura debbono essere messi precocemente a conoscenza della possibile presenza
di disfagia come frequente complicanza dell ictus e della sua potenziale gravit
(Grado C).
b) tutti i pazienti con ictus dovrebbero essere sottoposti alla prova della deglutizione
prima di ricevere cibo solido o liquido (Grado B)
c) deve essere effettuata una valutazione della capacit di deglutizione mediante un
test semplice e ripetibile da parte di personale specializzato del gruppo
multidisciplinare (Grado C)
d) per ogni paziente con difficolt nella deglutizione va valutata, con la collaborazione
della dietista, la consistenza della dieta e dei fluidi che pu assumere senza rischio
condividendo le informazioni con i familiari (Grado C).
e) necessario stabilire la postura migliore per una deglutizione valida e non pericolosa
(Grado C).
f ) se non possibile nutrire il paziente per os necessario considerare lopportunit
della nutrizione enterale e individuare la migliore via di somministrazione (FOOD
Trial Martin Dennis Edinburg) (Grado C).

28
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

4.2.3 La funzionalit vescicale


Problemi abbastanza comuni dopo un ictus sono lincontinenza e la ritenzione
urinaria che tuttavia, generalmente, si risolvono spontaneamente nella maggior
parte dei pazienti.

 Lincontinenza si manifesta in una proporzione variabile da 1 a 2 terzi dei pazienti


ricoverati per ictus ma nel 20% di questi era gi presente prima dellevento (Borrie,
Campbell et al. 1986).
 La ritenzione urinaria, che particolarmente frequente negli uomini, pu essere
misconosciuta.

E importante stabilire le condizioni del paziente rispetto alla funzione vescicale


prima dellevento, attraverso unaccurata anamnesi.
Possibili cause sono i deficit neurologici che portano a ipertono vescicale, lipotono
con incontinenza da rigurgito (iscuria paradossa), i deficit cognitivi o di
comunicazione che provocano lincapacit di riconoscere lo stimolo o chiamare in
tempo utile, uninfezione urinaria.
Una incontinenza persistente un segno prognostico negativo per il recupero
funzionale a lungo termine (Gross 2000), (Sanchez-Blanco, Ochoa-Sangrador et al.
1999), (Loewen and Anderson 1990).

Se la causa dellincontinenza non chiara e persiste dopo le prime settimane sono


necessarie ricerche pi approfondite come un esame colturale e la valutazione del
volume urinario residuo post-minzionale (con una ecografia vescicale o con lo
svuotamento vescicale) che utile nel valutare lefficacia della contrattilit vescicale.
Sia il mancato svuotamento della vescica che il catetere posizionato a permanenza
rappresentano un elevato fattore di rischio infettivo per le vie urinarie.
La cateterizzazione a permanenza potrebbe essere necessaria nei rari casi in cui ci
sono difficolt di gestione o per la presenza di gravi lesioni cutanee, a causa delle
quali possono risultare dolorosi o difficili i cambi frequenti di lenzuola o biancheria
o nei pazienti nei quali lincontinenza interferisce con il monitoraggio dei liquidi
e degli elettroliti.
Quando necessario applicare il cateterismo a permanenza i sistemi a circuito
chiuso diminuiscono il rischio di infezione delle vie urinarie, tuttavia il rapporto
costo (economico) e beneficio ancora da quantificare (2000 ISSN 1329-1874).

Raccomandazioni in fase acuta:


a) tutti gli infermieri che si occupano di pazienti con ictus debbono raccogliere
lanamnesi rispetto alla funzione vescicale mediante schemi riproducibili ed affidabili
(Grado C).
b) linfermiere specializzato deve valutare in tutti i pazienti con ictus lefficacia dello
svuotamento vescicale. Debbono essere conosciute le possibilit di gestione sia nel
caso di ritenzione che di incontinenza, con i relativi ausili (Grado C).
...segue

29
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

c) il catetere deve essere utilizzato solo dopo una precisa indicazione clinica, come
parte di una gestione decisa allinterno della valutazione multidisciplinare utilizzando
un protocollo condiviso (es: il pi piccolo, per le prime 48 ore etc) (Grado B).
d) la ritenzione deve essere gestita con gli svuotamenti vescicali effettuati con nelaton
secondo un attento programma temporale (da 4 a 6 svuotamenti al giorno) in assenza
di controindicazioni (grave ipertrofia prostatica, infezioni delle vie urinarie) e con
un accurato bilancio dei liquidi (Grado C).
e) laddove sia necessario usare una cateterizzazione a permanenza opportuno
utilizzare un sistema di drenaggio sterile a circuito chiuso per ridurre la probabilit
di infezione (Grado B).

Luso di un catetere a permanenza, per un periodo di tempo che va oltre la fase


acuta, aumenta il rischio di infezioni del tratto urinario e di stenosi uretrali.
Si ritiene necessario un esame urinario ed una urinocoltura a cadenza settimanale.

Si trattano solo le infezioni sintomatiche, ad eccezione dei casi in cui si programmi


la rimozione del catetere e, poich questa deve effettuarsi in condizioni di assoluta
sterilit, deve essere preceduta da trattamento antibiotico fino a negativizzazione
dellurinocoltura.
La rimozione del catetere vescicale a permanenza deve avvenire prima possibile,
senza effettuare il periodico clampaggio. Infatti, anche in condizioni croniche, la
chiusura temporizzata del catetere vescicale non migliora la compliance e predispone
ai rischi di infezioni delle vie urinarie favorendo il reflusso vescico-ureterale (Gross
1990). Sono giustificate 3-4 chiusure non oltre le 12 ore per valutare se il paziente
in grado di avvertire lo stimolo. Dopo la rimozione del catetere occorre verificare
che il residuo post-minzionale non sia maggiore di 50cc. Rimosso il catetere dovrebbe
essere effettuata la vera ginnastica vescicale, che utile nei pazienti collaboranti
ma pu essere utile anche nei pazienti cognitivamente deficitari (Engel, Burgio et
al. 1990), (Engel, Burgio et al. 1990); (Schnelle 1990). Tale programma consiste in
minzioni programmate al bagno, dove il paziente deve essere accompagnato dal
personale sanitario o dai parenti opportunamente addestrati. In caso di incontinenza
maschile si deve utilizzare il condom, quando tollerato, invece del pannolone.

Raccomandazioni in fase post-acuta:


a) se persiste lincontinenza si devono prendere in considerazione esami strumentali
utili per indagarne le cause (esame urodinamico e flussometria) (Grado C)
b) i pazienti con incontinenza non debbono essere dimessi senza aver pianificato
prima la gestione familiare ed in particolare domiciliare (Grado C).
c) si debbono prendere in considerazione eventuali problemi sessuali correlati al
catetere posizionato a permanenza. Pertanto necessario considerare un adeguato
supporto psicologico (Grado C).

30
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

4.2.4 La funzionalit intestinale


Il mantenimento della regolarit dellalvo un obiettivo riabilitativo. I due problem
critici sono lincontinenza e la costipazione.
Lincontinenza fecale si verifica nel 25% dei casi, generalmente nei pazienti con
livello di coscienza depresso, immobili o incapaci di comunicare, ma diventa molto
rara dopo 2 settimane (Brocklehurst, Andrews et al. 1985).
La costipazione una condizione comune nella maggioranza dei pazienti e le cause
principali sono rappresentate dallimmobilit, dallo scarso apporto di liquidi e cibo
e dallassunzione di analgesici (Warlow, Dennis et al. 1996).
La prima modalit di intervento la prevenzione e se questo non fosse sufficiente
necessario ricorrere al trattamento. Nei pazienti allettati utile il trattamento
osmotico o lassativo stimolante (BestPractice Vol 4 Issue 1, 2000).

Raccomandazioni:
a) e importante la registrazione della frequenza delle defecazioni per poter intervenire
in maniera adeguata
b) occorre educare il paziente rendendolo consapevole dei fattori che condizionano
la costipazione (Grado C).
c) curare la dieta (ricca di fibre) e ladeguata assunzione di liquidi (Grado C)
d) ricostituire le normali abitudini del paziente rispetto alla evacuazione: bagno
adeguato (mantenimento privacy, altezza water etc) (Grado C).
e) se dopo 3 giorni il paziente non ha evacuato occorre intervenire iniziando con
lutilizzo di agenti osmotici (Grado C).
f ) usare agenti osmotici o lassativi in particolare per i pazienti allettati (Grado A).
g) comunque sia in caso di costipazione che di incontinenza va stabilito un programma
di riabilitazione della funzione intestinale (Grado C).

31
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

4.3 Le posture
La mobilizzazione e il posizionamento sono attivit fondamentali fin dalla fase
acuta (Indredavik, Bakke et al. 1999). Pur essendo questarea di bisogno di competenza
del fisioterapista e del terapista occupazionale, tutto il gruppo dovrebbe conoscere
e condividere il programma e le tecniche. Questo particolarmente importante per
linfermiere che la figura che interagisce pi a lungo con il paziente.
La maggior parte dei pazienti presenta un deficit di mobilit, ragione per cui la
mobilizzazione rappresenta lelemento fondamentale dellintervento riabilitativo
motorio in fase acuta. E importante da parte del gruppo multidisciplinare valutare
la capacit di mobilit attiva del paziente.
Questa inizia con losservazione della capacit del paziente a compiere da solo:
 il cambio di postura nel letto (girarsi su entrambi i lati);
 il passaggio posturale disteso-seduto per sedere sul letto;
 la capacit di sedersi con le gambe fuori dal letto.

4.3.1 Il posizionamento

I frequenti cambi di posizione a letto, eseguiti dagli infermieri sulla base del
programma riabilitativo fanno parte degli interventi assistenziali sin dal momento
del ricovero.

Raccomandazioni:
a) Gli infermieri dovrebbero posizionare i pazienti per ridurre al minimo i rischi di
complicanze quali contratture, affezioni respiratorie e piaghe da decubito (Grado C).
b) Tutti i componenti del gruppo multidisciplinare, compresi i familiari, dovrebbero
essere addestrati da un terapista motorio od occupazionale (Grado C).

4.3.2 La mobilizzazione

Per mobilizzazione si intende sia quella passiva, effettuata dagli operatori sul
paziente, sia quella attiva che il paziente in grado di effettuare con lassistenza del
personale.

La frequenza e lentit della mobilizzazione dipendono dalle condizioni del paziente


a partire dallobiettivo minimo di alzarlo due volte al giorno oltrech per le cure
igieniche personali.
Le strategie per il posizionamento e la mobilizzazione debbono essere proposte dal:

 fisioterapista che ha il compito di agire prevalentemente sulla menomazione,


favorendo il recupero del movimento funzionale, della postura e dellautonomia
nelle attivit di vita quotidiana e prevenendo complicanze secondarie legate
allimmobilit (ad esempio retrazioni legamentose ed infezioni polmonari).

32
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

Questo si realizza attraverso lapplicazione di un preciso programma consistente


in esercizi e attivit specifiche.
terapista occupazionale che ha lobiettivo di minimizzare la disabilit. Esso utilizza
una serie di strategie per esaltare la funzionalit residua, rieducare il paziente alla
gestione della propria persona e alle attivit della vita quotidiana (ADL).
Una volta impostato il programma di mobilizzazione tale attivit viene comunque
svolta dallinfermiere esperto nella gestione dei pazienti con ictus.
I fisioterapisti ed i terapisti occupazionali devono addestrare e condividere con gli
infermieri dedicati le tecniche pi idonee per ciascun paziente (Forster, Dowswell
et al. 1999). E importante sorvegliare il paziente che in grado di muoversi per il
pericolo di cadute che possono essere dovute a ipotensione ortostatica, a deficit
neurologici conseguenti allictus o a terapie farmacologiche (Nyberg and Gustafson
1997). Il programma di mobilizzazione prosegue con il trasferimento sulla sedia a
rotelle personalizzata ed infine con lassunzione della posizione eretta, con la
simmetrizzazione e con il cammino.

Raccomandazioni:
a) Ogni paziente dovrebbe essere posizionato seduto in una sedia a rotelle standard
o con schienale reclinato entro le prime 24 ore, senza alcuna differenza tra paziente
affetto da ischemia o da emorragia (Grado C).
b) Anche i pazienti in coma, gravemente disorientati, con segni o sintomi di
aggravamento progressivo, con emorragia cerebrale o subaracnoidea, ipotensione
ortostatica grave o persistente ed infarto miocardico acuto, debbono essere posizionati
seduti entro le prime 24 ore monitorando attentamente i parametri vitali (Grado C).

4.4 La comunicazione
La difficolt di comunicazione in genere dovuta ad un deficit del linguaggio che
pu essere condizionato negativamente dai disturbi di attenzione o di memoria. Ci
sono condizioni molto pi rare di grave compromissione dellattivazione motoria
che condizionano la comunicazione (es. sindrome locked-in).
Tutti i pazienti affetti da afasia o da problemi di comunicazione devono essere
valutati entro i primi giorni dal logopedista o neuropsicologo, che deve impostare
il piano di trattamento, con la condivisione del gruppo multidisciplinare, e definire
le strategie di comportamento individuale, sia per i componenti del gruppo che per
ogni altra persona che in contatto con il paziente.
L obiettivo quello di :
 ridurre le difficolt di linguaggio;
 migliorare la comunicazione con conseguentemente riduzione della disabilit.

E di estrema importanza, quindi, linformazione, la discussione e laddestramento


del personale medico e paramedico e dei familiari o di chi si prende cura del paziente
per migliorare la comunicazione, la comprensione della nuova disabilit, ridurre
lisolamento emozionale e sociale e prevenire leventuale depressione.

33
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

Strategie alternative al linguaggio parlato includono una variet di approcci come


lutilizzo di gesti, di disegni, di tabelle di comunicazione e di sistemi computerizzati.
Ci pu avvenire sia nelle prime fasi che quando il recupero della capacit di
comunicare con la parola rappresenta un obiettivo non percorribile.

Raccomandazioni:
a) Ciascun paziente con un ictus nellemisfero dominante deve essere sottoposto ad
una valutazione del linguaggio da un logoterapista (grado B) - o da un altro
componente del gruppo competente nel linguaggio - effettuata con metodi validi e
riproducibili (Grado C);
b) Se sono presenti deficit di linguaggio gli infermieri, i componenti del gruppo
multidisciplinare ed i parenti devono essere messi al corrente della tecnica di
comunicazione pi appropriata rispetto allo specifico danno (Grado A);
c) Qualora al termine della valutazione possono essere individuati obiettivi minimi
ed ottenuta la conferma di progressi, il paziente va sottoposto ad un trattamento
riabilitativo completo da proseguire nel tempo. (Grado C)

La disartria presente nel 20% degli ictus in fase acuta (Warlow, Dennis et al. 1996)
e rappresenta laltro deficit neurologico responsabile di una difficolt di
comunicazione. Pu essere definita come una compromissione degli aspetti motori
del linguaggio, caratterizzata da una alterazione dei movimenti (labio-glosso-velari
e facciali) necessaria alla produzione verbale, che divengono rallentati, non
coordinati, imprecisi con ipostenia dei muscoli coinvolti e che potrebbe coinvolgere
la respirazione, la fonazione, la risonanza e/o la articolazione della fase orale.
Una prima valutazione e la successiva scelta delle misure necessarie a ridurre i
problemi comunicativi vengono effettuate dal logopedista o dal neuropsicologo fin
dalla fase ospedaliera per poi proseguire con una rivalutazione e un nuovo piano
di trattamento nel periodo della riabilitazione intensiva, quando necessario, e
spesso anche successivamente ad esso. Valgono le considerazioni e le
raccomandazioni fatte per lafasia. Nello specifico, il terapista del linguaggio stabilir
la migliore strategia per gestire il singolo paziente che verr applicata in particolar
modo dall infermiere ma anche da tutti gli altri componenti del gruppo.

Raccomandazione:
Informazioni e indicazioni specifiche debbono sempre essere tempestivamente fornite
anche ai familiari o alle persone che si relazionano con il paziente disartrico
(Grado C)

Le tecniche da prendere in considerazione comprendono:


 lavoro per normalizzare il tono muscolare e/o migliorare la forza e la precisione
del movimento e della coordinazione dei muscoli coinvolti
 compensazione attraverso modifiche del comportamento riducendo la produzione
del linguaggio al fine di aumentare la comprensione
 addestramento nella eliminazione di risposte affrettate che comportano laumento
di produzione del linguaggio che verrebbe successivamente percepito come lento
e poco comprensibile
 addestramento a compiere strategie ausiliarie come ad esempio sollevamento

34
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

del palato per ridurre la nasalit delle parole prodotte


 suggerimento ed addestramento nellutilizzo di strumenti alternativi che possono
variare da semplici: lo scrivere con carta e penna, lutilizzo di lavagnetta con lettere
magnetiche; a raffinati: strumenti computerizzati
 riduzione dellhandicap modificando lambiente tramite lutilizzo di persone con
attitudine a comprendere pazienti disartrici
Non esiste una indicazione ad oggi dellutilizzo di una singola strategia rieducativa
di efficacia superiore alle altre (Greener, Enderby et al. 2000). La compromissione
delle funzioni cognitive, che frequentemente vengono interpretate come
disorientamento, relativamente frequente e ne affetto circa il 25% dei
sopravvissuti. Le condizioni specifiche pi frequenti, se si esclude lafasia, sono il
neglect visuspaziale, laprassia, la compromissione dellapprendimento, la riduzione
delle capacit attentive. La loro presenza pu giustificare in parte una disabilit come
ad esempio una incapacit del paziente a lavarsi o mangiare autonomamente.
La riabilitazione cognitiva del neglect visuspaziale ha prove di efficacia nel migliorare
lesecuzione di tests utilizzati comunemente nella valutazione neuropsicologica, ma
non noto quanto questo si traduca anche in un miglioramento della disabilit
(Bowen, Lincoln et al. 2002).

Raccomandazioni:
a) Ciascun paziente dovrebbe essere valutato non appena possibile anche per le funzioni
cognitive e nel periodo della fase acuta dovrebbe essere almeno sottoposto al Mini
Mental State Examination in assenza di afasia franca. (Test di Raven 47 PMC) in
assenza di grave neglect (Grado C)
b) I pazienti con neglect visuospaziale o con deficit di campo visivo devono essere
sottoposti a strategie specifiche di addestramento (Grado B).

4.5 La prevenzione delle complicanze


Le complicanze nellictus sono particolarmente frequenti e variano a seconda della
gravit dei pazienti, con unincidenza intorno al 60%.
Superata la prima settimana dallevento acuto, in cui molto probabile che la morte
dipenda dallevento neurologico in s, le complicanze correlate allimmobilit
rappresentano la maggior parte delle cause di decesso (le polmoniti o lembolia polmonare
seguite dagli altri problemi vascolari come le recidive di ictus o eventi cardiaci).

Le complicanze dellictus rappresentano un costo sanitario non trascurabile poich


determinano un prolungamento dei tempi di ricovero nella fase acuta e dei tempi
di recupero in ambiente riabilitativo. La prevenzione, lindividuazione precoce ed
il trattamento tempestivo delle complicanze sono cruciali e sono meglio garantite
al paziente con ictus attraverso la gestione di cure organizzata.

In considerazione del fatto che le manifestazioni febbrili influenzano negativamente


levoluzione clinica dopo lictus, tutte le complicanze di tipo infettivo devono essere
riconosciute precocemente (Jorgensen, Reith et al. 1999).

35
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

4.5.1 La prevenzione delle infezioni polmonari


Sono le pi comuni cause di morte nelle prime settimane dopo lictus.
Le condizioni respiratorie sono spesso compromesse, soprattutto negli ictus pi
gravi, sia in relazione alla preesistenza dei disturbi ventilatori, che alla concomitanza
di infezioni favorite dalla ridotta mobilit toracica con conseguente stasi delle
secrezioni bronchiali. Le infezioni polmonari correlano infatti con limmobilit,
con il riflesso della tosse poco valido e con la disfagia.La prevenzione pi importante
rappresentata da una valutazione molto precoce della disfagia al fine di ridurre
la possibilit di aspirazione. Lassistenza inoltre dovrebbe essere finalizzata a
promuovere unadeguata ventilazione, a controllare la saturazione di ossigeno e la
pCO2, a favorire la clearance bronchiale e ad utilizzare precocemente un trattamento
antibiotico in caso di infezione.

Il nursing finalizzato alla prevenzione delle complicanze respiratorie basato su alcune


semplici procedure, quali il posizionamento seduto e la precoce mobilizzazione (entro
le prime 24 ore), lesecuzione di respiri profondi, laerosolterapia e la disostruzione
bronchiale mediante clapping, che vanno integrati con lassunzione di specifiche
posture e lesecuzione di esercizi di riabilitazione respiratoria.

4.5.2 La conservazione dell'integrit cutanea


Le piaghe da decubito sono una complicanza completamente evitabile, quando si
verificano sono dolorose e rallentano il recupero del paziente (ed esempio favorendo
la spasticit) (vedi Linee Guida Prevenzione e trattamento delle lesioni da decubito
dellAzienda USL2 dellUmbria).

Raccomandazioni:
a) Precoce valutazione del rischio individuale del paziente (vedi allegato 2 scala di Norton)
(Grado C)
b) Gestione infermieristica esperta con temporizzate variazioni di posizionamento
(Grado C).
c) Utilizzo di materassi antidecubito (Grado A).

4.5.3 La prevenzione della trombosi venosa profonda e della


embolia polmonare
Lincidenza della Trombosi Venosa Profonda (TVP) riportata in letteratura, in pazienti
con ictus varia dal 25 al 66 % (Warlow, Ogston et al. 1976; Warlow, Ogston et al. 1976),
(Gubitz, Counsell et al. 2000), (Mazzone, Chiodo Grandi et al. 2002) mentre quella
dellembolia polmonare elevata in casistiche post-mortem (Warlow 1978) e raggiunge
il 2% se ci si attiene alla valutazione clinica (McClatchie 1980). Rappresenta il 15%
delle cause di morte a 5 settimane dallevento (Kamran, Downey et al. 1998).

36
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

Lincidenza pi elevata si registra nella prima settimana. Il rischio sembra essere


maggiore se larto plegico.
La diagnosi clinica della TVP diviene particolarmente difficile sia per lelevata
probabilit che larto paretico per ictus sia comunque edematoso e dolente (segni
che comunemente inducono il sospetto), sia per la presenza di TVP asintomatiche.
Il gold standard per la diagnosi rappresentato dalla flebografia, anche se
lecodoppler a compressione degli arti inferiori rappresenta, assieme alla
pletismografia, una procedura diagnostica ragionevolmente accurata e facilmente
effettuabile.
Attualmente raccomandato in associazione con una eventuale terapia
farmacologica (SPREAD 2000) lutilizzo delle calze antitrombotiche; l efficacia
stata provata in studi su altre patologie, di tipo chirurgico o traumatico. Ad oggi non
esistono evidenze rispetto alluso della calza antitrombotica n indicazioni sul tipo
di calza (lunga o corta) da utilizzare, sul livello di pressione, sulla gravit dellipostenia
che richiede la calza o sulla necessit di posizionare la calza su uno o entrambi gli
arti (Mazzone, Chiodo Grandi et al. 2002). A tale scopo in corso lo studio clinico
randomizzato controllato Clots Trial 1 e 2 coordinatao da Martin Dennis, Western
General Hospital Edinburg.

Raccomandazioni:
a) Fare indossare calze antitrombotiche (18 mmHg) a pazienti costretti a letto per
ipostenia o, in caso di ipostenia lieve, se sono presenti fattori di rischio come
disidratazione, et avanzata, vene varicose etc. (Grado C).
b) Rimuovere le calze allinizio della deambulazione (Grado C).

Controindicazioni alluso delle calze sono rappresentate da eventuali lesioni ulcerose


del piede, frequenti in pazienti diabetici e/o da arteriopatia grave degli arti inferiori.
Le calze possono essere tolte in una finestra temporale di 2-4 ore per le cure igieniche
e per il controllo di eventuali effetti collaterali (lesioni cutanee, segni costrittivi).

4.5.4 La prevenzione della spalla dolorosa


Questo tipo di complicanza interferisce negativamente con il programma riabilitativo
e, in generale, con le possibilit di recupero (Wyller 1997 ).
Durante il primo anno dopo lictus i pazienti con emiplegia soffrono di dolore alla
spalla (Wanklyn, Forster et al. 1996). Tra i pazienti che presentano dolore entro la
prima settimana dallevento i 2/3 continueranno ad averlo ad un anno dopo lictus.
Sono state riconosciute diverse condizioni patogenetiche che possono causare
questa sindrome che , molto probabilmente multifattoriale (Wanklyn, Forster et
al. 1996):
 sublussazione acromionomerale (Zorowitz, Hughes et al. 1996),
 lesione della cuffia dei rotatori
 spalla congelata
 sindrome da conflitto delle strutture articolari della spalla con tendinite del bicipite
 tendinite del sovraspinoso ed ipertono in intrarotazione

37
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

 artrite acromioclavicolare
 artrite glenomerale

Alla spalla dolorosa si associano frequentemente le seguenti condizioni neurologiche:


 ipotonia dei muscoli della spalla che favorisce una sublussazione glenomerale
 spasticit
 perdita della sensibilit propriocettiva profonda
 neglect
 deficit di campo visivo

Una piccola proporzione di pazienti presenta la sindrome dolorosa complessa


regionale, con connotazione algo-distrofica o sindrome della spalla mano, le cui
caratteristiche sono: dolore nellabduzione, nella rotazione esterna e flessione
omerale, edema e dolore nella regione carpale, edema della mano, modifiche della
temperatura, del colore e della secchezza della cute della regione coinvolta,
osteoporosi.

E importante porre una diagnosi eziologica per riconoscere le lesioni trattabili


(fratture, tendinite, etc) in modo efficace da quelle per le quali non si ancora certi
di quale sia il trattamento pi appropriato.

La prevenzione di questa sindrome avviene nella fase acuta allinterno di un


programma di mobilizzazione e posizionamento con coinvolgimento del paziente
e dei parenti (Braus, Krauss et al. 1994).

Raccomandazioni:
a)Sostenere larto flaccido per ridurre la possibilit di sublussazione;
b) Insegnare al paziente a non tenere larto penzoloni quando seduto o in piedi;
c) Coinvolgere il paziente e i parenti nelle tecniche di prevenzione (Grado B);
d) Quando il paziente seduto sostenere larto con sostegni che siano pi stabili dei
cuscini;
e) Evitare di esercitare trazione sullarto negli spostamenti del paziente;
f) Individuare modalit degli spostamenti definite dal terapista, comunicate a tutto
il personale e a chi si occupa dellassistenza del paziente;
g) Eseguire riabilitazione passiva alla spalla.
Le seguenti procedure sono importanti, anche se non supportate da prove di efficacia
(quindi tutte di grado C).

Lassenza di prove di efficacia estesa anche alle altre strategie di prevenzione.


 Supporti per la spalla: non stato dimostrato che sostenere larto con ortesi/spalla
braccio nella fase acuta prevenga il dolore anche se pu prevenire la sublussazione
(Brooke, de Lateur et al. 1991). Inoltre non esistono prove di efficacia di un tipo
di supporto rispetto ad un altro (Zorowitz, Idank et al. 1995).
 Stimolazione elettrica funzionale: viene praticata nellipotesi di facilitare il recupero
della forza muscolare provocando una contrazione in maniera organizzata, riduce
la probabilit di sublussazione dellarticolazione e la spasticit. Viene applicata

38
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

al braccio e allavambraccio nel tentativo di ridurre ledema, le contratture e la


funzionalit persa (Faghri, Rodgers et al. 1994). Non ci sono evidenze per
raccomandare o sconsigliare questa tecnica per la prevenzione della spalla dolorosa.
Appare significativo solo la riduzione della sublussazione che non incide sulla
qualit della vita. (Price and Pandyan 2000).

4.6 Aspetti riabilitativi e trattamento


La riabilitazione deve essere per quanto possibile mirata e necessariamente articolata
in pi tipologie di intervento.
La pi comune tecnica di intervento riabilitativo in questa condizione finalizzata
al ribilanciamento muscolare. Infatti, quando presente flaccidit si pu verificare
sublussazione della testa dellomero e stiramento capsulare. In caso di successiva
spasticit, la prevalenza dei muscoli anteriori della cuffia dei rotatori a volte pu
provocare la risalita della testa dellomero sulla cavit glenoidale, con conseguente
sindrome da impingement dovuta ad attrito tra la testa omerale e lacromion.
Pur non essendoci una dimostrata correlazione tra la sublussazione e la spalla
dolorosa, i trattamenti riabilitativi che agiscono sul ribilanciamento non si sono
dimostrati di provata efficacia. La tecnica Bobath ha dimostrato qualche vantaggio
non statisticamente significativo nei confronti della crioterapia, anche se in uno
studio metodologicamente discutibile.
La stimolazione elettrica funzionale e in particolare le TENS, comunemente utilizzate
per trattare il dolore, sembrano essere di qualche efficacia (Leandri, Parodi et al.
1990) (Price and Pandyan 2000).

Raccomandazioni:
a) Iniziare con antinfiammatori per os (Grado C);
b) In caso di inefficacia effettuare 3 iniezioni intrarticolari di triamcinolone 40 mg
(Grado C);
c) In caso di ulteriore inefficacia usare le TENS (Grado B).

4.6.1 La prevenzione delle cadute


Il rischio di caduta dovrebbe essere valutato allingresso del paziente e monitorato
durante tutta la fase del ricovero. I deficit sensitivi sia corticali che sottocorticali
aumentano il rischio di caduta. In particolare pazienti agitati, di et avanzata, in
trattamento con farmaci sedativi, anosognosici, con neglect visivo e emiplegici
sinistri hanno un elevato rischio di caduta (Rapport, Webster et al. 1993).

Raccomandazioni:
a) Identificare i pazienti a rischio di caduta (Grado C).
b)Formalizzare un programma di prevenzione delle cadute (Grado C).

39
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

4.6.2 Il controllo o la prevenzione delle crisi epilettiche


Episodi critici comiziali entro le prime settimane si verificano nel 5% dei casi. Sono
particolarmente frequenti nei pazienti affetti da ictus emorragico e da ictus ischemico
con interessamento della corteccia cerebrale. Occorre ricordare che spesso si
verificano per il sopraggiungere di fattori precipitanti come ad esempio la brusca
sospensione dellalcool in paziente precedentemente dipendenti, lutilizzo di farmaci
che modificano la soglia epilettogena, disturbi metabolici ed infezioni.
Secondo il Copenaghen Stroke Study il rischio di epilessia correlato con la gravit
dellictus. Inoltre le crisi non sono correlate con la mortalit e, sorprendentemente
i pazienti con epilessia hanno una prognosi migliore (Reith, Jorgensen et al. 1997).

Raccomandazioni:
a) Si raccomanda di iniziare una profilassi anticomiziale solo dopo la prima crisi
avvenuta in fase post acuta (2 settimane dopo levento acuto) (Grado C).
b) Nel caso di profilassi anticomiziale gi iniziata senza episodi critici certi, considerata
linfluenza negativa del farmaco anticomiziale sulle funzioni cognitive, se ne
raccomanda la graduale sospensione (Grado C).

4.6.3 Sessualit ed ictus


Una persona su 4 necessita di aiuto per problemi che concernono la sessualit dopo
lictus. Le funzioni sessuali e relazionali sono strettamente correlate e la disfunzione
delle prime predice la disfunzione delle seconde (Chandler and Brown 1998).

Raccomandazione:
Ogni servizio di riabilitazione dovrebbe porre attenzione alla salute sessuale e valutare
gli aspetti relazionali (Grado C).

4.7 Linformazione, leducazione del paziente e della


famiglia
Linformazione parte integrante dei processi di cura e di riabilitazione, in quanto
agisce:

 sulla compliance al trattamento


 sul processo di adattamento alla malattia
 sulla attivazione delle risorse del paziente

40
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

 sullottimizzazione della rete di supporto (famiglia, servizi)

Nel caso del paziente con ictus necessario ricordare che la naturale esigenza del
malato e dei familiari di essere costantemente informati e coinvolti uno degli
elementi del successo del processo riabilitativo (Evans, Matlock et al. 1988). Lutilizzo
di materiale informativo specifico potrebbe migliorare la prognosi del paziente e
la salute mentale di chi lo assiste (Mant, Carter et al. 1998) , mentre vi sono evidenze
lievemente pi consistenti nei confronti delleducazione dei malati e dei parenti
alla malattia tramite sedute in cui viene considerata rilevante la discussione (Forster,
Smith et al. 2001).
Lictus una malattia della famiglia. Inizialmente, come in altre malattie acute i
parenti hanno bisogno di informazione e supporto a causa dellevento acuto, ma
a differenza di altre malattie la possibile disabilit residua del loro caro richiede un
supporto dal punto di vista pratico, economico, emozionale e sociale.
La complessit delle informazioni da dare tale che opportuno che la
comunicazione non venga lasciata al caso, ma si provveda a codificare tempi, modi
e spazi adeguati, perch la stessa avvenga in modo proficuo tra il team che gestisce
il paziente in ospedale e chi poi avr in carico lassistenza del paziente a domicilio.
E fondamentale che il gruppo riabilitativo mantenga, attraverso un proprio referente,
un flusso costante di informazioni nei confronti della famiglia, che sebbene debba
essere considerata parte integrante del gruppo, necessita di tempi e modalit di
approccio assolutamente specifici in ragione della mancanza di competenza e del
coinvolgimento emotivo.
I risultati di focus-group condotti con parenti di pazienti colpiti da ictus hanno
messo in evidenza limportanza del fatto che linformazione e la comunicazione
venga garantita soprattutto in alcuni momenti critici del percorso terapeutico, a
conferma, peraltro, di studi effettuati in altre nazioni e ambienti culturali diversi
(Evans, Matlock et al. 1988):

 al momento della diagnosi necessario che vengano fornite informazioni chiare


e complete su: quadro clinico, percorso diagnostico che si sta sviluppando,
prognosi, per aiutare il malato e i familiari a prendere coscienza della malattia e
contribuire a rassicurarlo sullattenzione prestatagli;
 durante la degenza opportuno:
- che sia fornito il quadro complessivo dei problemi di salute e dellapproccio
terapeutico usando un linguaggio comprensibile
- che vengano forniti orientamenti per consentire la assunzione di eventuali decisioni
- che vengano condivisi gli obiettivi del progetto riabilitativo e illustrati ai familiari
i compiti di supporto alla riabilitazione.

 alla dimissione, allorquando il nucleo familiare corre il maggior rischio di sentirsi


solo ad affrontare i complessi e molteplici problemi posti dalla malattia, occorre
che al malato ed ai familiari:
- venga assicurato il passaggio di informazioni tra Ospedale e Medico di Medicina
Generale per favorire la presa in carico e attenuare il senso di abbandono; lo
strumento privilegiato per garantire questo passaggio rappresentato dalla lettera

41
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

di dimissione per il M.M.G.;


- vengano illustrati gli obiettivi ed i tempi di realizzazione del progetto di
riabilitazione, tramite colloqui con il referente del team riabilitativo;
- vengano fornite informazioni su: la normativa per la disabilit; le modalit per
usufruire di ausili sanitari; le strutture e servizi per i disabili.
- vengano illustrati, tramite colloqui e dimostrazioni pratiche, i compiti di supporto
alla riabilitazione che i familiari possono svolgere.

 nella fase della riabilitazione post-acuta, allorquando le aspettative di


miglioramento tramite la riabilitazione diventano alte, la comunicazione deve
assolvere il compito :
a) nei confronti della famiglia:
- di fornire orientamenti per assumere decisioni, in vista dei lunghi tempi di
recupero;
b) nei confronti del paziente
 di sostenerlo nella scoperta progressiva della nuova realt e nel favorirne la
capacit di adattamento alla malattia;
 di illustrare periodicamente il decorso della malattia, valorizzando i successi
raggiunti; in questa direzione particolarmente importante risulta, oltre alla figura
del referente del team riabilitativo assistenziale, la figura del M.M.G.

Raccomandazioni:
a) Occorre considerare il bisogno della famiglia e del paziente di essere informati sul
quadro clinico, sulla prognosi della malattia, di essere coinvolti nel programma
riabilitativo ed educati alla malattia (Grado C).
b) Individuare fin da subito un referente del team e un interlocutore privilegiato tra
i familiari, in modo da facilitare la trasmissione delle informazioni e la acquisizione
di consapevolezza rispetto al ruolo fondamentale che la famiglia dovr svolgere
(Grado C).
c) La comunicazione con la famiglia deve necessariamente essere diversificata nei
contenuti a seconda della fase evolutiva della malattia e della cultura della famiglia
(Grado C).

4.8 Il trattamento riabilitativo intensivo


Gli obiettivi del trattamento riabilitativo intensivo debbono essere:

 realistici: obiettivi troppo ambiziosi creerebbero frustrazione e demotivazione


per il paziente e i parenti. Per stabilire gli obiettivi va tenuto conto del tempo
trascorso dallictus e dei fattori prognostici identificabili in base al quadro clinico;
 condivisi: la condivisione e la consapevolezza degli obiettivi da parte del paziente
o dei parenti molto importante per il successo del programma riabilitativo;
 aggiornati: con il progredire dellattivit riabilitativa il progetto e il programma
vanno aggiornati e ridefiniti in base ai progressi del paziente.

42
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

4.8.1 Trattamento riabilitativo: le differenti scuole


Si possono schematizzare gli interventi riabilitativi in 3 modelli principali:
facilitazione, compenso e controllo motorio orientato al compito (task oriented).

La facilitazione il pi classico approccio fisioterapico. Consiste in esercizi mirati


alla diminuzione della menomazione con miglioramento della forza muscolare e
degli schemi sensitivo-motori. Pur fondandosi anche su attivit passive ha comunque
bisogno della collaborazione del paziente.

Il modello compensatorio agisce fondamentalmente sul miglioramento della


disabilit, utilizzando le capacit residue: si tende ad addestrare il paziente per
minimizzare le difficolt nelle attivit della vita quotidiana.

Il modello controllo motorio orientato al compito si basa sul principio che il


movimento frutto di meccanismi di apprendimento legati strettamente al contesto.

Non ci sono prove che un approccio sia pi efficace dellaltro anche se in un recente
studio RCT lapproccio task-oriented risultato pi efficace nel miglioramento
dellequilibrio e del controllo del tronco (Dean and Shepherd 1997).

4.8.2 Lefficacia del trattamento intensivo


La riabilitazione dellictus pu essere effettuata con diverse intensit di trattamento.
Poich la fisioterapia in rapporto 1 a 1 tra fisioterapista e paziente lintensit di
intervento misurata con il tempo di trattamento riabilitativo o le sessioni di
trattamento applicate in uno specifico periodo di tempo.
In una metanalisi di 7 RCT (597 pazienti) dove stato valutato leffetto di diverse
intensit di trattamento non stata evidenziata una significativa diminuzione di
decessi mentre cera una significativa riduzione nelloutcome combinato di decessi
o dipendenza nei gruppi sottoposti a trattamento intensivo (Langhorne 1996).
Kwakkel et al. (1997) hanno effettuato una metanalisi su 8 RCT (623 pazienti) e uno
non randomizzato per valutare leffetto dellintensit del trattamento. In questa
metanalisi stato trovato un piccolo ma significativo effetto positivo dellintensit
del trattamento nel recupero dellautonomia delle attivit della vita quotidiana.
In una review pubblicata da van der Lee et al. (2001) stato valutato leffetto
dellintensit del trattamento riabilitativo sul recupero funzionale dellarto superiore,
anche in questo caso si enfatizza come lintensit dellintervento pu essere
vantaggiosa anche al follow-up ad 1 anno.

4.9 La riabilitazione delle funzioni cognitive


Una grave compromissione delle capacit di apprendimento pu rappresentare una
limitazione al trattamento riabilitativo (Grado C) (1995). Il training potrebbe migliorare
lo stato di allerta e lattenzione sostenuta ma non vi sono prove che sostengano

43
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

lefficacia o la non efficacia di tale trattamento (Lincoln, Majid et al. 2000).


Il trattamento dei deficit cognitivi si basa pi su strategie compensatorie che sulla
riduzione della menomazione. Non ci sono significative modificazioni nel recupero
della memoria tra i soggetti trattati rispetto a quelli non trattati e quindi non si pu
sostenere o negare lefficacia della riabilitazione cognitiva per i deficit di memoria.
(Majid, Lincoln et al. 2000).

Ci sono indicazioni per il trattamento dei pazienti con emianopsia e neglect per
una specifica riabilitazione cognitiva neurovisiva (Kerkhoff, Munssinger et al. 1994;
Kerkhoff 2000).
Le tecniche di riabilitazione possono essere schematizzate in:
 tecniche di recupero: con azioni dirette sul recupero della funzione con abilit
visive di base (training sul campo visivo, training di inseguimento o movimenti
saccadici, feeback per la percezione spaziale etc.) e con attivit visive nella vita
quotidiana (orientamento visivo nellambiente);
 tecniche di compensazione: strategie di ricerca visiva, movimenti oculari per la
lettura, etc.
 tecniche di sostituzione: con dispositivi ottici o protesici (prismi ottici, software
per ingrandire durante il lavoro al computer, lettura etc.) o con modifiche
dellambiente (semplificazione, modulazione o arricchimento).

Raccomandazioni:
a) Ogni centro per la riabilitazione dellictus dovrebbe offrire la valutazione esperta
in ambito neuropsicologico (Grado C);
b) Pazienti con permanente neglect visivo e emianopsia dovrebbero essere sottoposti
a specifico addestramento (Grado A).

4.10 La riabilitazione di deficit di comunicazione: afasia,


disartria e aprassia bucco-facciale

Tutti i pazienti affetti da afasia o da problemi di comunicazione devono essere


valutati entro i primi giorni dal logopedista o dal neuropsicologo, che deve impostare
il piano di trattamento, con la condivisione del gruppo multidisciplinare e definire
le strategie di comportamento individuale, sia per i componenti del gruppo che
per ogni altra persona che in contatto con il paziente.

L obiettivo quello di :
 ridurre le difficolt di linguaggio;
 migliorare la comunicazione con conseguentemente riduzione della disabilit.

Una diagnosi accurata fondamentale per organizzare un piano di trattamento per


il team e per la famiglia.
Al momento non vi evidenza dellefficacia (n evidenza della non efficacia) del

44
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

trattamento effettuato da personale dedicato non specialista o da un terapista del


linguaggio, n rispetto a quale sia il tipo di trattamento migliore (individuale, di
gruppo) per migliorare il linguaggio, n di quale sia il periodo pi opportuno di
inizio del trattamento (Greener, Enderby et al. 2000).

Le incertezze relative allefficacia del trattamento specifico delle afasie derivano dal
fatto che prevalgono gli studi sul singolo caso piuttosto che ampi studi clinici controllati.
Il trattamento del singolo paziente sembra necessitare di intervento specifico con
personale specializzato (The Intercollegiate Working Party for Stroke 2000).

Gli obiettivi del trattamento sono:


1. ripristinare la capacit di parlare, comprendere, leggere e scrivere;
2. assistere il paziente nello sviluppo di strategie compensatorie per lutilizzo di
circonlocuzioni;
3. identificare problemi psicologici associati che condizionano la qualit della vita
del paziente afasico e dei propri familiari;
4. aiutare la famiglia e chi se ne prende cura a comunicare con il paziente.

Lafasia pu coesistere con laprassia e la disartria rendendo pi complessa la


definizione degli obiettivi. Ad esempio in caso di aprassia occorre focalizzare
lattenzione sulla contestualizzazione degli stimoli e sulla facilitazione della sequenza
dei gesti. In caso di disartria occorre operare un rinforzo muscolare e una stimolazione
sensitiva oltre che individuare eventuali disturbi della coordinazione.

Raccomandazioni:
a) Il periodo di trattamento intensivo dovrebbe essere di almeno 4-8 settimane (Grado B)
b) Per i pazienti con difficolt di linguaggio croniche, soprattutto per la lettura, dovrebbero
essere previsti periodi di retraining (Grado B).
c) Un paziente con gravi disturbi di comunicazione ma con un linguaggio e funzioni
cognitive ragionevolmente integre candidato ad ausili specifici per migliorare la
comunicazione (Grado C).

4.11 La riabilitazione delle funzioni motorie


Il trattamento riabilitativo si dimostrato efficace nel ridurre la disabilit e la
mortalit (Collaboration 2000). Meno prove esistono per quanto riguarda lazione
sulla menomazione. In questo senso occorre evidenziare tecniche e aspetti clinici
specifici. C accordo tra gli esperti che il trattamento riabilitativo nel paziente con
ictus sia affidato a un fisioterapista con specifica competenza nellictus (Association
of Chartered Physiotherapists in Neurology, 1995 http://www.acpin.net/).

Raccomandazione:
Il programma di trattamento riabilitativo dellictus dovrebbe essere coordinato da un
terapista esperto in trattamento neurologico ed in particolare esperto nellictus (Grado C.)

45
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

4.11.1 La spasticit
La spasticit un insieme di segni e sintomi legato allaumento del riflesso da
stiramento e ad alterati schemi motori conseguenti a ictus. La conseguenza
principale rappresentata da una diminuzione della escursione articolare e dalla
contrattura muscolare che pu produrre rilevante disabilit.
La spasticit caratterizzata oltre che dallipertono anche dai movimenti patologici
che interferiscono negativamente sullautonomia, impedendo i movimenti
segmentari fisiologici. In rari casi questi movimenti patologici possono essere
utilizzati per migliorare lautonomia. Un esempio, in questo senso, pu essere lo
schema estensorio dellarto inferiore che, in assenza di movimenti pi fini, pu
costituire lunico modo di mantenere la stazione eretta e di camminare. Occorre
tenere presente che gli spasmi (parte del quadro clinico della spasticit) possono
essere causa di dolore, soprattutto notturno, con ulteriore compromissione del
recupero.
La spasticit pu essere controllata con tecniche riabilitative, con farmaci o ausili.
Nessuno di questi approcci risolutivo e il problema va quindi affrontato in modo
multidimensionale, dal controllo motorio alleducazione dei pazienti.

Tecniche riabilitative
Il controllo della spasticit uno degli obiettivi delle tecniche riabilitative allo scopo
di migliorare la funzionalit motoria. Questo avviene principalmente attraverso
lintervento sul tono muscolare e sugli schemi motori. Diversi approcci sono utilizzati
anche se c una mancanza di prove di efficacia circa la superiorit di un metodo
rispetto ad un altro (Basmajian, Gowland et al. 1987). Vengono utilizzate tecniche
con approcci concettualmente opposti. La tecnica di Bobath tende a ridurre la
spasticit e i riflessi posturali primitivi attraverso tecniche inibitorie, mentre la tecnica
di Brunnstom promuove lattivit anche dei muscoli spastici e dei riflessi primitivi
(Bobath 1979). C da considerare che in rapporto allapproccio attuato le tecniche
possono condizionare periodi pi o meno lunghi di trattamento con evidenti ricadute
sullorganizzazione riabilitativa. Per definire meglio lefficacia di una tesi specifica
quindi necessario ricorrere ad ulteriori studi.

Baclofene e altri farmaci antispastici


Malgrado luso diffuso da molti anni non ci sono chiare evidenze di efficacia del
baclofene e di altri farmaci antispastici. Il baclofene, le benzodiazepine e la tizanidina
hanno unazione centrale, con potenziale azione diretta sulla spasticit. Non ci sono
RCT vasti e i confronti sono soltanto tra i farmaci disponibili. Il baclofene si
dimostrato di uguale efficacia rispetto al diazepam nel ridurre la spasticit ma
sembra avere effetti positivi nel migliorare la capacit di deambulazione. Anche la
tizanidina insieme al baclofene riduce la spasticit con lieve vantaggio per la
tizanidina (Medici, Pebet et al. 1989). Lutilizzo dellinfusione intratecale, riservato
alle condizioni di gravi sindromi diatonico-spastiche non stata ben studiata
nellictus. Un recente studio non controllato su pochi casi ha dimostrato una
riduzione della spasticit senza ipostenia dal lato sano (Meythaler, Guin-Renfroe

46
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

et al. 1999). Il dantrolone ha unazione periferica, a livello del muscolo e viene


utilizzato senza prove di efficacia.

Raccomandazioni:
a) La terapia farmacologica va somministrata nellambito di un trattamento
multidisciplinare (Grado C).
b) La terapia dovrebbe essere attuata solo nellambito di un trattamento riabilitativo
con identificazione di specifici obiettivi (Grado B).
c) Luso del dantrolene dovrebbe essere fortemente limitato considerato leffetto
negativo sulla forza muscolare (Grado C).

Tossina botulinica
La tossina botulinica potenzialmente un trattamento efficace per la spasticit
focale (ben identificati gruppi muscolari) con pochi effetti collaterali. Ha due
potenziali svantaggi: il costo e la perdita di efficacia dopo circa 3 mesi che, peraltro
pu essere sfruttata vantaggiosamente. Non ci sono prove di efficacia della tossina
botulinica riguardo alla riduzione della disabilit se confrontata con placebo o con
tutori. Questo potrebbe essere attribuibile alla ampia disomogeneit metodologica
degli studi.
Non ci sarebbero vantaggi con liniezione EMG guidata rispetto a quella normale
(Childers, Stacy et al. 1996). Basse dosi di Bta nellarto inferiore associata a specifica
fasciatura hanno lo stesso effetto rispetto a dosi maggiori iniettate in muscoli
diversi (Reiter, Danni et al. 1998). Recentemente stata dimostrata lefficacia dopo
iniezione negli arti superiori anche se leffetto sulla menomazione e non sulla
disabilit (Smith, Ellis et al. 2000).
Anche in questo ambito i dati sono contraddittori e lefficacia discutibile (Lagalla,
Danni et al. 2000). Le differenze riscontrate indicano comunque che critica per
lefficacia una attenta valutazione funzionale dei muscoli da iniettare e che, nella
decisione, il paziente e chi se ne prende cura debbono essere ascoltati (Bhakta,
Cozens et al. 2000).

Raccomandazioni:
a) La terapia con tossina botulinica va considerata nel ridurre la spasticit focale (Grado A).
b) Tale terapia dovrebbe essere applicata con obiettivi riabilitativi specifici (Grado C).

Il biofeedback
Le metanalisi effettuate non sono riuscite a mettere in evidenza in modo chiaro
l'efficacia del biofeedback.
In effetti tale approccio pu essere di diverso tipo in base ai diversi distretti o funzioni
(Schleenbacker 1993), (Moreland 1998), (Glantz, 1995). Ci sono prove circa l efficacia
del biofeedback nel velocizzare il recupero della simmetrizzazione di carico (Dursun,
Hamamci et al. 1996), (Sackley and Lincoln 1997).

47
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

Raccomandazioni:
a) Questa tecnica non dovrebbe essere usata di routine ma mirata al raggiungimento
di obiettivi specifici (Grado A).
b) Il biofeedback dovrebbe essere considerato come terapia aggiuntiva, in particolare
per la rieducazione della postura eretta (Grado A).

Lelettrostimolazione
Lelettrostimolazione (ES) pu essere utilizzata come un trattamento terapeutico,
in particolare per diminuire la spasticit, o in modo funzionale per migliorare la
forza anche con eventuali ortesi (Burridge, Taylor et al. 1997). In una recente
metanalisi si messo in evidenza un ruolo dellelettrostimolazione nel recupero
(Glanz, Klawansky et al. 1996).

Raccomandazioni:
a) LES dovrebbe essere usata solo nellambito di specifici obiettivi (Grado A).
b) La FES dovrebbe essere utilizzata se la dorsiflessione del piede facilitata pu
migliorare il cammino (Grado A).

4.12 La riabilitazione delle funzioni sensitive e dolore


Le funzioni sensitive sono spesso alterate dopo un ictus, e possono costituire un
sostanziale impedimento al recupero funzionale. Tra queste il dolore costituisce un
ulteriore problema, per la componente affettiva che contiene e che pu interferire
molto negativamente con il programma riabilitativo.

4.12.1 Il dolore
Il dolore pu avere diverse cause: alcune dipendono direttamente dal danno del
SNC ed altre sono conseguenti a complicanze secondarie e terziarie. Nel primo
caso, il dolore conseguenza dellalterata elaborazione del segnale da parte del
cervello e viene per questo definito di tipo centrale. Laltro dolore generalmente
provocato da condizioni articolari, che si possono sommare a condizioni
premorbose. Tipica di questa situazione la spalla dolorosa con le sue diverse cause,
ma vi sono anche altre condizioni di artropatia.

Raccomandazioni:
a) Dovrebbe essere effettuata una valutazione sistematica del dolore in ogni paziente
affetto (Grado C).
b) Tutti i tipi di dolore dovrebbero essere trattati in accordo con il paziente (Grado C).
c) Il dolore centrale dovrebbe essere trattato con gli antidepressivi triciclici in prima
istanza e, quindi, prima possibile, con gli antiepilettici successivamente (Grado A).
d) Pazienti con dolore intrattabile dovrebbero essere inviati da specialisti del dolore (Grado C).

48
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

4.13 Altri deficit sensitivi


Le tecniche riabilitative non hanno azione specifica sul danno sensitivo, ma piuttosto
sul complessivo deficit sensitivo-motorio. Pi recentemente stata dimostrata
lefficacia della elettrostimolazione transcutanea (TENS) e dellagopuntura, viste
come attivit di stimolazione. Questa definizione appare comunque troppo
grossolana e c da considerare che, ad esempio, le TENS, possono agire anche sulla
spasticit e sul dolore, cos come lagopuntura possa ridurre il dolore. E quindi
difficile generalizzare i risultati positivi di alcuni RCT.
I dati sullagopuntura sono contraddittori, variando tra prove di efficacia e di
evidenza di non effetto (Kjendahl, Sallstrom et al. 1997), (Gosman-Hedstrom,
Claesson et al. 1998). La TENS in un RCT sembra efficace sia sulla menomazione
che sulla disabilit, anche se lo studio pu essere condizionato dalla non omogeneit
dei 2 gruppi (Tekeoglu, Adak et al. 1998).

Raccomandazioni:
a) Lagopuntura andrebbe utilizzata solo in ambito specifico in studi RCT (Grado A).
b) La TENS andrebbe usata in modo specifico in studi RCT stratificando per obiettivi
(Grado A).

4.14 La riabilitazione dellarto superiore


Di solito, nei pazienti con ictus pi difficoltoso recuperare la funzionalit dellarto
superiore, che compromessa in fase acuta nell85% dei pazienti. Nei 3-6 mesi
successivi una percentuale variabile tra il 55 e il 75% dei casi presenta ancora tale
interessamento. Il trattamento intensivo pu migliorare a 6 mesi la funzionalit nei
soggetti a media gravit mentre non ci sono effetti nei soggetti gravi (Sunderland,
Tinson et al. 1992), (Sunderland, Fletcher et al. 1994). La differenza comunque non
si evidenzia a distanza di 1 anno. Pi recentemente stato dimostrato come un
esercizio intensivo per larto superiore produce benefici anche ad un anno dallevento
acuto. Lefficacia era maggiore nelle condizioni motorie pi gravi e nei soggetti con
emianopsia o eminattenzione (Feys, De Weerdt et al. 1998).
Non c quindi chiarezza sullefficacia del trattamento intensivo nel recupero della
funzionalit dellarto superiore.

Raccomandazione:
Il trattamento dellarto superiore dovrebbe essere precoce e intensivo (Grado B).

4.15 La rieducazione del cammino


La rieducazione precoce del cammino con carico parziale su un tappeto rotante
sembra essere una tecnica promettente, anche se gli studi sono tuttora pochi e con
pochi pazienti arruolati. In un studio recente su 50 pazienti stato dimostrato che

49
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

la riduzione di carico migliora la capacit di camminare sia dopo 6 settimane che


a 3 mesi. Lo studio , per, limitato alla metodologia, poich non randomizzato
(Visintin, Barbeau et al. 1998). Anche un altro studio su una minore casistica
dimostrerebbe qualche beneficio (Hesse, Bertelt et al. 1995; Hesse,
Konrad et al. 1999).

Raccomandazioni:
a) Luso del treadmill dovrebbe essere considerato soprattutto in pazienti dove permane
la difficolt nel cammino (Grado A).
b) La rieducazione al cammino va comunque inserita nel programma riabilitativo
anche se le tecniche non si sono dimostrate luna pi efficace dellaltra (Grado B)

4.16 I disturbi dellumore


I disturbi dellumore sono una comune sequela dellictus. Questi possono variare
dalla depressione allansiet e possono interferire con il programma riabilitativo
nel caso in cui si sovrappongono al deficit cognitivo, rendendo difficile la diagnosi.

4.16.1 La depressione
Interessa circa il 27% dei pazienti affetti da ictus e questo valore significativamente
superiore alla prevalenza nella popolazione (OR 2.28, 95% CI 1.61-3.24) (Beekman,
Penninx et al. 1998), (Burvill, Johnson et al. 1995).
E particolarmente frequente nei primi mesi dallevento (Burvill, Johnson et al.
1995); 1/3 dei pazienti affetti hanno un quadro depressivo che persiste oltre il primo
anno dopo lictus (Herrmann, Black et al. 1998).
La depressione pu interferire negativamente sul successo del programma
riabilitativo (Morris, Raphael et al. 1992), (Sinyor, Amato et al. 1986) e in generale
potrebbe condizionare il recupero (Angeleri, Angeleri et al. 1993).
Questa condizione aumenta i tempi di degenza in ospedale (Schubert, Taylor et al.
1992). Il trattamento con farmaci antidepressivi efficace nella depressione post-
ictus in maniera significativa con un netto miglioramento nelle attivit di vita
quotidiana (Skegg 1999; Smith, Silver et al. 1999; Townsend, Courchesne et al. 1999;
Silver, Macko et al. 2000; Nelles, Jentzen et al. 2001; Bailey, Riddoch et al. 2002).

I nuovi farmaci serotoninergici sono efficaci nel trattamento della depressione post-
ictus anche se non si pu affermare che un antidepressivo sia superiore allaltro.
La fluoxetina sembra migliorare sia la menomazione che la disabilit
indipendentemente dal miglioramento depressivo (Dam, Tonin et al. 1996).
Pi recentemente stato dimostrata lefficacia antidepressiva della fluoxetina senza
alcuna influenza sul processo di recupero (Wiart, Petit et al. 2000). La fluoxetina,
confrontata con la nortriptilina risulta meno efficace (Robinson, Schultz et al. 2000).

50
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

4.16.2 Lansia
Anche lansia pu interferire negativamente con il processo di recupero. Infatti la
paura di cadere durante i trasferimenti o la deambulazione o di non riuscire a
svolgere determinate attivit, pu provocare una strategia di evitamento e quindi
impedire il processo di recupero.

Raccomandazioni:
a) I pazienti devono essere informati sullimpatto che la malattia produce sulla loro
vita (Grado B).
b) Si devono valutare i bisogni psicosociali del paziente (Grado C).
c) Tutti i pazienti devono essere valutati e tenuti sotto osservazione per la depressione
e lansia (Grado C).
d) I pazienti con grave depressione dovrebbero essere trattati con antidepressivi (Grado A)
e) I pazienti con disturbo depressivo dovrebbero essere presi in considerazione per
inserimento in uno studio controllato (Grado A).
f) I pazienti con disturbi gravi che producono una resistenza alla terapia e peggiorano
la disabilit dovrebbero essere trattati con laiuto di uno psicologo o psichiatra di
esperienza (Grado C).

4.17 La dimissione
Il momento della dimissione rappresenta, assieme alla presa in carico, uno degli
snodi a maggiore criticit lungo il percorso riabilitativo del paziente con ictus.
E infatti il momento in cui il paziente e la sua famiglia possono avvertire il disagio
di passare da una condizione protetta a una situazione che pu esaltare la disabilit
rispetto alla condizione premorbosa.

Per questa ragione la dimissione deve essere pianificata e programmata con estrema
attenzione, qualunque sia lambiente di cura dal quale il paziente viene dimesso,
attraverso la definizione di un vero e proprio piano, il pi precocemente possibile.
Si deve quindi tenere conto dello stato funzionale, delle condizioni ambientali,
psicologiche e sociali del paziente, che necessariamente condizionano la scelta
dellambiente riabilitativo e/o del reinserimento domiciliare.

In questa fase assumono importanza diverse figure:

1. il medico di medicina generale, in quanto gli compete, accanto alla responsabilit


della gestione clinica del paziente una volta tornato a casa, il supporto della
famiglia, mantenendo uninformazione costante rispetto ai problemi di salute e
di prognosi e rispetto alle diverse complicanze. Il medico deve inoltre chiarire le
conseguenze che le nuove condizioni del paziente possono avere nel
comportamento e nelle relazioni sociali;
2. lassistente sociale, cui spetta di fornire informazioni circa i supporti di cui

51
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

possono usufruire coloro che si prendono cura del paziente con ictus e le strutture
messe a disposizione dal Servizio Sanitario. E necessario che il medico di famiglia
si faccia carico anche di questa funzione laddove non vi disponibilit di tale
figura professionale;
3. il responsabile del Centro di Salute che deve farsi carico di garantire gli aspetti
organizzativi della gestione del paziente una volta dimesso dalla struttura di
ricovero a ciclo continuativo.

Tutti i pazienti che hanno subito un ictus cerebrale necessitano di un piano di


dimissione strutturato, anche allo scopo di creare un collegamento tra le diverse
fasi assistenziali e riabilitative.

Nella fase acuta necessario garantire:

 lelaborazione allinterno del gruppo multidisciplinare del progetto riabilitativo


e conseguentemente di programmi con obiettivi da raggiungere a breve, medio
e lungo termine;
 lidentificazione dei problemi potenziali: es. il paziente vive da solo? presenta una
grave disabilit premorbosa ?
 la compilazione di una specifica scheda-paziente, dalla quale sia possibile evincere
gli obiettivi stabiliti, i risultati raggiunti, le difficolt incontrate, le riunioni
multidisciplinari effettuate e i partecipanti alle stesse.

Appena possibile, quando si stabilizzata la fase acuta, necessario effettuare:

 la definizione del profilo prognostico sulla base del quadro clinico;


 la revisione ed eventualmente la conferma degli obiettivi attesi da condividere
con il paziente e con i suoi parenti;
 la attivazione dei collegamenti verso le strutture ospedaliere di riabilitazione o
verso residenze protette o servizi territoriali del Centro di Salute dove risiede il
paziente, garantendo la trasmissione delle informazioni sul quadro clinico e i
bisogni assistenziali;
 la richiesta alle strutture territoriali di riferimento della valutazione del domicilio,
per favorirne un eventuale adeguamento, qualora si preveda che il paziente possa
ritornare a casa;
 la valutazione della necessit temporanea di ausili, in base al programma
riabilitativo e leventuale prescrizione;
 la verifica delle capacit del paziente, o di chi lo accudisce, di comprendere e
gestire particolari terapie o procedure;
 il coinvolgimento dellassistente sociale per i bisogni finanziari, di comunit e/o
lavorativi, e per lattivazione delle pratiche di invalidit laddove le condizioni
cliniche lo richiedano;
 la distribuzione di materiale informativo sui servizi in comunit, ambulatori
medici, servizi di riabilitazione, supporto di volontariato e collegamento con le
associazioni dei malati.

52
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

Alla conferma della dimissione:

 la comunicazione va data almeno 72 ore prima della dimissione nel reparto per
acuti, e 14 giorni prima nellunit di riabilitazione intensiva, ai parenti del paziente
o a coloro che se ne prendono cura; va confermata l organizzazione delleventuale
trasporto;
 lattivazione del medico responsabile del Centro di Salute, che ha il compito di
organizzare le attivit assistenziali e/o riabilitative qualora il paziente non venga
trasferito in strutture ospedaliere di riabilitazione;
 la comunicazione con il medico di medicina generale che deve essere portato a
conoscenza delle condizioni cliniche del paziente al momento della dimissione,
ma anche del programma e del percorso riabilitativo scelto.

4.17.1 La dimissione precoce


Il programma riabilitativo, in linea teorica, pu prevedere 2 opzioni: continuare il
programma fino al raggiungimento del massimo recupero possibile oppure dimettere
precocemente dopo aver raggiunto un livello accettabile di gestibilit del paziente
a domicilio. In questo caso il programma riabilitativo sar completato in regime di
day hospital o a livello territoriale.Una dimissione precoce non sembra presentare
differenze rispetto a un ricovero prolungato in termini di migliore prognosi mentre
ha il vantaggio di favorire un riadattamento precoce alle attivit della vita quotidiana
(Rudd, Wolfe et al. 1997), (Rodgers, Soutter et al. 1997).

Raccomandazioni:
a) E assolutamente fondamentale impostare il programma di dimissione fin dal momento
della diagnosi clinica, allingresso del paziente nellospedale per acuti (Grado C)
b) La dimissione precoce deve essere considerata se esiste un gruppo territoriale per
la riabilitazione dellictus e se il paziente capace di essere trasferito in sicurezza dal
letto alla carrozzina (Grado A)
c) La dimissione non dovrebbe essere effettuata con linvio a servizi generici di
riabilitazione (Grado A)
d) Chi assiste i pazienti dovrebbe disporre di tutti gli ausili necessari per posizionare,
trasferire e aiutare il paziente minimizzando i rischi (Grado B)
e) I servizi ospedalieri dovrebbero avere un protocollo e linee guida locali di dimissione
ed allertare il centro di riabilitazione intensiva o il servizio territoriale di riferimento
il pi precocemente possibile (Grado A)
f) Prima della dimissione occorre verificare che:
- Il paziente e la famiglia sono preparati e pienamente coinvolti (Grado C)
- Il medico di medicina generale, il team dei centri di salute e i servizi sociali sono
informati (Grado C)
- Gli ausili necessari sono stati individuati ed eventualmente prescritti (Grado C)
- Non ci sono ritardi nel proseguire il trattamento in day hospital o sul territorio (Grado A)
- I pazienti sono informati sulla presenza di associazioni e gruppi di volontariato
(Grado C)

53
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

4.18 Lutilizzo di ausili


Lausilio non deve essere utilizzato solo nella fase di stabilizzazione degli esiti ma
trova una specifica utilit in tutte le fasi del processo rieducativo e in particolare in
quello intensivo.
In questa fase, infatti, lausilio utile per sostenere, anche transitoriamente, i vari
programmi riabilitativi posti in atto. Inoltre anche un ausilio permanente pu essere
utilmente adattato e personalizzato durante il programma di riabilitazione intensiva.
Questo vale, ad esempio, per ausili come la carrozzina che pu richiedere specifici
adattamenti, o le ortesi di caviglia che andrebbero prescritte dopo una accurata
valutazione della menomazione.

Raccomandazioni:
a) La necessit di un ausilio specifico dovrebbe essere costantemente valutata
(Grado B)
b) I pazienti dovrebbero essere dotati degli ausili prima possibile (Grado A)
c) Tutti i pazienti dovrebbero disporre rapidamente degli ausili necessari (Grado C)
d) La prescrizione dellausilio deve essere fatta in accordo con il paziente e la famiglia
in base alle loro aspettative (Grado C)
e) Le ortesi di caviglia sono utili in pazienti selezionati (Grado B)
f) Laddove necessarie, le ortesi di caviglia vanno personalizzate (Grado C)
g) Il bastone o il tripode possono migliorare la stabilit in stazione eretta e nel
cammino in pazienti con grave disabilit (Grado B).

4.19 Gli adattamenti ambientali


Una volta ottimizzata la funzionalit della menomazione residua possono essere
necessari adattamenti dellambiente nel quale il paziente andr a vivere, che hanno
lo scopo di migliorare le attivit e la partecipazione dei pazienti alla vita nel loro
contesto ambientale reale.
Parlare di questo argomento non improprio durante la fase intensiva in quanto
fin da questo momento vanno previste eventuali modifiche.

Raccomandazioni:
a) Per ogni paziente, sia esso ricoverato o gi al proprio domicilio, andrebbero valutati
eventuali adattamenti ambientali che possano migliorarne lindipendenza (Grado A)
b) La prescrizione dovrebbe essere effettuata dopo unattenta valutazione tenendo
conto del paziente e del suo contesto sociale (Grado B)
c) Il paziente e chi se ne prende cura dovrebbero essere addestrati allutilizzo (Grado C)
d) Lutilizzo e la necessit degli adattamenti e degli ausili dovrebbe essere regolarmente
valutati e eventualmente cambiati ove necessario (Grado B)

54
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

la gestione del paziente con ictus

4.20 La rieducazione alle attivit della vita quotidiana


Il miglioramento della disabilit dipende sia dal miglioramento della menomazione,
su cui agiscono alcune delle tecniche precedentemente descritte, sia dalle strategie
di compenso, una volta stabilizzato il danno. Tuttavia le attivit mirate a questo
scopo devono iniziare precocemente ed estendersi anche dopo il trattamento
riabilitativo intensivo, per facilitare non solo le abilit della cura personale, ma
anche quelle relativa alla vita domiciliare e sociale. Il personale che si occupa di
queste tecniche costituito principalmente dal terapista occupazionale e dagli
infermieri, che nelle loro pratiche quotidiane rivestono un ruolo cruciale nel facilitare
lindipendenza del paziente per lautoaccudimento. Gli studi disponibili mostrano
peraltro che la riabilitazione agisce sicuramente nel migliorare le attivit della vita
quotidiana pur non essendo disponibili studi relativi a tecniche specifiche.

Raccomandazioni:
a) Tutti i pazienti con difficolt nelle attivit della vita quotidiana dovrebbero essere
valutati da un terapista occupazionale con specifica esperienza in disabilit
neurologiche (Grado A)
b) Un paziente con persistente difficolt nelle attivit della vita quotidiana dovrebbe
essere rivalutato per eventuali menomazioni percettive non precedentemente
evidenziate (Grado B)
c) Pazienti con difficolt nelle attivit della vita quotidiana dovrebbero essere trattati
dal gruppo multidisciplinare (Grado A)
d) Il paziente dovrebbe essere coinvolto sugli obiettivi del trattamento per le attivit
della vita quotidiana (Grado C)

55
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

5. PERCORSI CLINICO RIABILITATIVI DEL


PAZIENTE CON ICTUS

5.1 La riabilitazione nella fase acuta

Stroke Unit e Servizi Ospedalieri per Acuti


Come dimostrato precedentemente pi appropriato che lictus venga trattato
presso una stroke unit o in una altro reparto dedicato alla cura dellictus in quanto,
tale organizzazione di cura riduce la mortalit e la disabilit. Qualora il paziente
con ictus venga ricoverato in un reparto di medicina generale, o in una unit organica
non specializzata, occorre garantire uno standard di assistenza che si avvicini quanto
pi possibile a quello della stroke unit.

Raccomandazione:
Il paziente con ictus acuto va ricoverato in una stroke unit, indipendentemente dalla
gravit del quadro clinico. (Grado A)

Implicazione Organizzativa
Se non possibile raggiungere questo livello di organizzazione necessario garantire
che i pazienti con ictus:
 vengano ricoverati in una zona del reparto per acuti dedicata;
 vengano assistiti da infermieri e fisioterapisti con esperienza e competenza
specifica secondo una metodologia di lavoro che, pur in assenza di un gruppo
multidisciplinare strutturato, preveda la definizione di una strategia di intervento,
il coinvolgimento dei familiari, la focalizzazione dei problemi specifici e la
diffusione di materiale informativo.

La stroke unit
In Italia i pazienti con ictus in fase acuta possono essere ricoverati sia in reparti con
un elevato livello di specializzazione, organizzati per fornire unassistenza
multidisciplinare, che in reparti tradizionali.

Pur non esistendo una definizione univoca di stroke unit, le caratteristiche di questi
servizi dedicati, rispetto ai centri di cura convenzionali sono:
 il lavoro in gruppo multidisciplinare ad elevata specializzazione;
 il continuo aggiornamento del personale coinvolto che presenta esperienza nella
gestione dellictus;

56
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

 lattivit di ricerca associata alla attivit clinica;


 il coinvolgimento, linformazione e leducazione del paziente e dei suoi familiari;
 lorganizzazione in uno spazio dedicato.

Per stroke unit si intende un reparto in cui si pratica assistenza clinica intensiva.
Ununit di 10 posti letto prevede:
 3-5 infermieri per turno (da 1 ogni 2 letti a 1 ogni 4)
 1-2 fisioterapisti (da 1 ogni 5 pazienti a 1 ogni 3)
 1 terapista occupazionale
 0,5 terapisti del linguaggio e delle funzioni cognitive

E stata dimostrata lapplicabilit del modello organizzativo della stroke unit nella
realt clinica (Stegmayr, Asplund et al. 1999) e la riduzione dei costi rispetto ai
reparti tradizionali (RCPE 2000).

I pazienti ricoverati sia in una stroke unit per acuti che in una riabilitazione intensiva
in fase precoce (entro il primo mese) hanno pi probabilit di tornare ad una vita
indipendente e di non essere istituzionalizzati se paragonati ai pazienti ricoverati
nei reparti conventionali (Collaboration 2000).

La superiorit, rispetto alle cure non specialistiche, si concretizza nella prevenzione


di 1 decesso ogni 25 pazienti trattati e nel rientro a domicilio, in condizioni di
autonomia, di 1 caso in pi ogni 20 trattati. Ci si traduce nella prevenzione di 67
morti e disabili ogni 1000 pazienti ricoverati. La differenza tra i pazienti ricoverati
in stroke unit e pazienti ricoverati in reparti convenzionali statisticamente
significativa.

Non esiste ad oggi una organizzazione con maggiori prove di efficacia per offrire
una cura migliore degli ictus che non sia il ricovero in una stroke unit, n esiste un
criterio provato per poter selezionare i pazienti che ne possano giovare di pi.

5.2 La riabilitazione nella fase postacuta


Come la stroke unit per acuti e meglio del reparto di medicina generale nel ridurre
la mortalit e la disabilit anche le cosiddette stroke unit riabilitative (dedicate
esclusivamente allictus) o le strutture riabilitative miste (non specificamente
dedicate allictus) sono vantaggiose rispetto ai reparti di medicina generale (Stroke
Unit Trialist, 2002).

La fase post acuta deve svilupparsi lungo un percorso che tenga conto delle diverse
componenti cliniche, personali e sociali della persona ammalata, in modo tale da
poter applicare il progetto riabilitativo, ottenendo il miglior rapporto costo beneficio.
Se vero che il programma riabilitativo pu produrre effetti positivi anche in soggetti
con disabilit minimali, occorre definire criteri di priorit di intervento per individuare
chi pu trarne maggior beneficio. Un punto critico rappresentato dai tempi riferiti al

57
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

passaggio da un ambito riabilitativo ad un altro. Ad esempio il passaggio tra lospedale


dellacuzie a quello riabilitativo o al territorio deve avvenire in tempi rapidi (non oltre
la settimana) per garantire unappropriata prosecuzione del programma definito.

5.2.1 La tipologia degli interventi


Le attivit sanitarie di riabilitazione possono essere distinte sia in relazione all'intensit
e alla complessit che alla quantit e alla qualit di risorse assorbite in:

a) attivit di riabilitazione intensiva: dirette al recupero di disabilit importanti,


modificabili, che richiedono un impegno medico specialistico ad indirizzo riabilitativo
particolarmente elevato per complessit e durata dell'intervento (oltre 3 ore al giorno).

b) attivit di riabilitazione estensiva: caratterizzate da un moderato impegno terapeutico


a fronte di un forte intervento di supporto assistenziale verso i soggetti in trattamento.
L'impegno clinico e terapeutico comunque tale da richiedere una presa in carico
specificamente riabilitativa e complessivamente le attivit terapeutiche sono valutabili
tra una e tre ore giornaliere.

Gli interventi di riabilitazione intensiva sono erogabili in regime di:


1. Ricovero a ciclo continuativo (degenza ordinaria)
2. Ricovero a ciclo diurno (day hospital)

Gli interventi di riabilitazione estensiva sono erogabili presso le seguenti strutture


(SSN 1998):
1. le strutture ospedaliere di lungodegenza riabilitativa;
2. i presidi ambulatoriali di recupero e rieducazione funzionale territoriali e ospedalieri;
3. i presidi di riabilitazione extraospedaliera a ciclo diurno e/o continuativo;
4. i centri ambulatoriali di riabilitazione;
5. le residenze sanitarie assistenziali (RSA);
6. le strutture residenziali o semiresidenziali di natura socio-assistenziale, i centri socio-
riabilitativi e il domicilio.

5.2.2 I vari ambienti riabilitativi


In generale le attivit di riabilitazione sono erogate mediante una rete di servizi
ospedalieri ed extraospedalieri in regime:
 di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo e/o diurno;
 residenziale a ciclo continuativo e/o diurno;
 ambulatoriale, extramurale, domiciliare o RSA.

5.2.3 I criteri di scelta dellambiente riabilitativo


La decisione relativa allinvio del paziente verso un programma di riabilitazione
deve basarsi su criteri quanto pi possibile oggettivi. Questi debbono prevedere

58
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

livelli di priorit al fine di privilegiare coloro che possono trarre maggior beneficio
da un progetto riabilitativo.
Per una corretta scelta dellambiente riabilitativo necessario che la valutazione
standardizzata si basi sia su dati clinici che su dati di contesto (personali, familiari
e sociali).

Per la scelta dellambiente riabilitativo i parametri di valutazione dovrebbero essere


i seguenti:

Condizioni Cliniche:
 Deficit neurologici;
 Complicanze e comorbilit;
 Aspetti funzionali (deficit nutrizionali, integrit cutanea, etc).

Elementi di rilievo:
 Condizioni fisiche premorbose;
 Condizioni mentali e capacit di apprendimento;
 Stato emotivo e motivazione.

Fattori sociali e ambientali:


 Presenza di sostegno familiare;
 Qualit della vita precedente allictus;
 Etnia e lingua madre;
 Accettazione dellictus da parte del paziente e dei familiari;
 Preferenze e aspettative del paziente e dei familiari;
 Caratteristiche della casa e dellambiente.

5.3 La riabilitazione intensiva


Gli interventi inquadrabili come riabilitazione intensiva sono rivolti al trattamento
di menomazioni molto gravi e disabilit complesse con eventuali patologie associate,
che richiedono la permanenza in ambiente riabilitativo dedicato e 1'interazione
con altre discipline specialistiche. Possono essere erogati in regime di ricovero
ordinario continuativo o in regime di day hospital.

Il programma di riabilitazione intensiva prevede un intervento di almeno 3 ore


giornaliere di trattamento individuale, erogato direttamente da personale tecnico
specializzato in riabilitazione che lavora come gruppo multidisciplinare.

59
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

5.3.1 Riabilitazione intensiva ospedaliera a ciclo continuativo

Il ricovero ordinario in riabilitazione intensiva appropriato se:


 il paziente pu andare incontro a miglioramenti della menomazione e della
disabilit durante il ricovero, che gli consentiranno di essere reinserito nella
comunit o affidato a servizi che lo sottoporranno a cure riabilitative meno intensive;
 le condizioni del paziente richiedono un ricovero con disponibilit continuativa,
nell'arco delle 24 ore, di prestazioni diagnostico-terapeutico-riabilitative a elevata
intensit e un trattamento riabilitativo indifferibile e non erogabile in altri regimi.

Raccomandazione:
Il paziente ammesso nel reparto di riabilitazione intensiva deve essere stabile o
moderatamente stabile, comunque con una complessit di problematiche tali da
richiedere il monitoraggio clinico 24 ore su 24 (grado C).

Il livello di STABILITA' CLINICA quindi il criterio principale in base al quale si


decide se sia opportuno avviare un paziente alla riabilitazione intensiva ospedaliera.

Si riporta la scala utilizzata per tale definizione:

a) Stabilit
Il paziente non presenta febbre, ha parametri vitali stabili, non presenta cambiamenti
importanti nelle condizioni generali, non richiede cambiamenti nel trattamento
durante le prime 48 ore. I deficit neurologici sono stabili o in regressione, il paziente
pu ricevere adeguata nutrizione per via orale o pu essere attuata una nutrizione
ed idratazione per via enterale.

b) Moderata stabilit
Uno o pi problemi clinici hanno richiesto un cambio di terapia nelle prime 48 ore
ma i sintomi o lesame obiettivo non presentano significativi cambiamenti. Non
stata stabilita una via di nutrizione e di idratazione permanente. I deficit neurologici
sono invariati o migliorano.

c) Instabilit
Il paziente ha condizioni che richiedono di essere diagnosticate e trattate presso
un'unit di terapia intensiva, perch minacciano la vita del paziente e potrebbero
causare stati patologici gravi se non prontamente trattati. Deficit neurologici e stato
di coscienza fluttuanti nelle prime 48 ore.
E' quindi evidenziato come lo stato di instabilit richieda il ricovero in unit per
acuti di terapia intensiva.

60
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

Quale paziente ricoverare in riabilitazione intensiva?


La riabilitazione intensiva deve essere quindi riservata a chi pu sostenere almeno 3
ore di riabilitazione al giorno su un piano fisico, cognitivo e motivazionale.
In generale, un primo aspetto da tenere in considerazione lintervallo dallevento
acuto. Come stato detto, la riabilitazione intensiva deve essere iniziata prima possibile
ed esercitata nelle prime settimane dallevento acuto. Ricoveri a distanza di anni dal
fatto acuto in genere non sono appropriati a meno che non ci sia un deterioramento
della disabilit.

Non ci sono evidenze circa il fatto che lefficacia del trattamento riabilitativo sia in
relazione alla gravit del quadro clinico (Alexander 1994), (Ronning and Guldvog 1998).

La sindrome clinica un altro criterio di scelta. Lictus lacunare ha le possibilit di


recupero migliori e pu non richiedere un trattamento intensivo quando la menomazione
particolarmente lieve (Ween, Alexander et al. 1996), (Adams, Davis et al. 1999).

Altro criterio la sostenibilit di un programma riabilitativo intensivo. Se il paziente


non in grado di sopportare un trattamento riabilitativo intensivo per la gravit
del quadro clinico, le comorbilit, let, etc., pu non essere ammesso alla
riabilitazione intensiva (1995). La gravit della patologia pu essere temporanea,
e in questo caso il paziente pu essere inviato in riabilitazione estensiva per poi
essere eventualmente indirizzato, nel caso in cui ci sia un miglioramento delle
condizioni cliniche, alla riabilitazione intensiva. Pazienti con condizioni difficilmente
reversibili quali gravi cardiopatie, demenze, neoplasie a decorso rapidamente
infausto, malattie degenerative del SNC, etc., devono avere un trattamento
assistenziale-riabilitativo pi che riabilitativo specifico.

Il paziente pu accedere al reparto di riabilitazione intensiva proveniente dal reparto


per acuti; in un minor numero di casi laccesso pu avvenire come trasferimento
da altri reparti (riabilitativi o non) o dal proprio domicilio. Al fine di garantire
lappropriatezza del ricovero opportuno utilizzare una scheda di richiesta
standardizzata che consenta di conoscere le caratteristiche cliniche del paziente.
Meglio ancora sarebbe poter garantire che la valutazione venga effettuata dal
medico competente in riabilitazione nei vari nodi della rete.

5.3.2 Riabilitazione intensiva delle gravi cerebrolesioni acquisite


Dove ricoverare il paziente con grave cerebrolesione acquisita?

Il concetto di grave cerebrolesione acquisita correlata alla gravit del coma (GCS <8),
in genere dovuta alla sofferenza cerebrale diffusa conseguente al trauma. In pazienti con
ictus ischemico o emorragico si possono avere condizioni di gravit tale che non si
limitano al danno focale, ma producono un danno cerebrale diffuso spesso legato
alledema, alla vastit del danno, alleventuale idrocefalo etc.

61
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

Il razionale della collocazione in specifiche strutture di questi pazienti dato dalla


peculiarit determinata dal danno diffuso. In questo caso infatti i tempi di recupero si
dilatano rispetto alla tipica curva di recupero dellictus e necessitano di uno specifico
approccio multidisciplinare simile a quello che si attua nei traumi cranici gravi.
Per trattare questi pazienti (coma grave nelle prime 24 ore con GCS <8) sono individuate
dalle linee guida nazionali strutture di alta specializzazione, le Unit per le Gravi
Cerebrolesioni acquisite e i Gravi Traumi Cranio-Encefalici (SSN 1998).

5.3.3 Riabilitazione intensiva in regime di day hospital


Il paziente che gestibile al proprio domicilio ma ha ancora bisogno di riabilitazione
intensiva e di un supporto clinico complesso candidato a passare in regime di
day hospital.

Il ricovero in day hospital appropriato se il paziente:


a) clinicamente stabile in misura tale da non aver bisogno di assistenza sanitaria
continuativa per 24 ore al giorno;
b) suscettibile di significativi miglioramenti funzionali e della qualit di vita in un
ragionevole lasso di tempo;
c) ha indicazione per un intervento riabilitativo di elevata intensit o comunque
prolungato nell'ambito della stessa giornata, da somministrarsi con 1'approccio
multiprofessionale pi adeguato spesso anche plurispecialistico;
d) presenta condizioni cliniche generali che gli permettono di tollerare sia tale
intervento sia i trasferimenti quotidiani da e per il proprio domicilio.

5.4 Riabilitazione estensiva


Le linee guida nazionali (SSN 1998) prevedono che gli interventi di riabilitazione
estensiva siano rivolti al trattamento di:
1. disabilit transitorie e/o minimali che richiedono un semplice e breve programma
riabilitativo;
2. disabilit importanti con possibili esiti permanenti che richiedono una presa in
carico a lungo termine e un "progetto riabilitativo".

Lintervento di riabilitazione estensiva implica comunque un progetto riabilitativo


e pu essere erogato nelle seguenti strutture:
1. Strutture di riabilitazione estensiva
2. Presidi ambulatoriali
3. Centri ambulatoriali di riabilitazione
4. RSA
5. Domicilio

chi assiste il paziente pu rappresentare un punto cruciale per il successo del


progetto riabilitativo. Infatti uno dei compiti dei vari setting riabilitativi quello di
addestrare il paziente e le assistenze ad attivit autogestite nel corso della giornata
per migliorare o almeno mantenere il livello di autonomia.

62
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

Il trattamento domiciliare subintesivo con tecniche fisioterapiche classiche


vadiscusso in termini di costi benefici.

I potenziali vantaggi della riabilitazione domiciliare sono:


 la convenienza per il paziente che non deve spostarsi;
 limportanza nel caso di disturbi cognitivi;
 lassenza di costi per il trasporto del paziente
 il migliore adeguamento dellambiente alla disabilit del paziente aumentando
le attivit autonome e riducendo i rischi

I potenziali svantaggi sono:


1. la difficolt di coordinare il progetto riabilitativo;
2. la mancanza di attrezzature necessarie, soprattutto per alcune tecniche riabilitative
(ad es. il letto rigido e ampio per gli esercizi e la disponibilit di diversi ausili da
provare);
3. la perdita di tempo negli spostamenti degli operatori, con diminuzione o del
numero di pazienti trattati nel tempo di intervento

5.4.1 Strutture di degenza riabilitativa estensiva


Pazienti gravi che non possono sostenere la riabilitazione intensiva o non possono
essere reinseriti a domicilio, anche temporaneamente, dovrebbero essere indirizzati
in strutture dove sia garantita una buona assistenza infermieristica e un programma
riabilitativo a bassa intensit. Il modello di riferimento quello delle nursing
home. Le linee guida SSN del 1998 individuano un modello di questo tipo che
viene chiamato impropriamente lungodegenza riabilitativa.
Tali strutture assistono in regime di ricovero pazienti, provenienti abitualmente
dalle diverse aree assistenziali mediche e chirurgiche, non autosufficienti affetti da
patologie ad equilibrio instabile e disabilit croniche non stabilizzate o in fase
terminale, abbisognevoli di trattamenti sanitari rilevanti, anche orientati al recupero,
e di sorveglianza medica continuativa nelle 24 ore, nonch di nursing infermieristico
non erogabile in forme alternative. La fase di assistenza post-acuzie resa in Unit
o aree di degenza specificatamente organizzate per garantire la continuit terapeutica
con l'quipe che li ha avuti in carico nella fase acuta dell'episodio di malattia. Esse
sono funzionalmente organizzate per garantire il "progetto riabilitativo di struttura".
Le strutture ospedaliere di lungodegenza assistono altres, in regime di ricovero,
soggetti disabili non autosufficienti, a lento recupero, non in grado di partecipare
ad un programma di riabilitazione intensiva od affetti da grave disabilit richiedenti
un alto supporto assistenziale ed infermieristico ed una tutela medica continuativa
nelle 24 ore, per i quali da prevedersi un progetto riabilitativo individuale
Tali strutture potrebbero essere assimilabili ad una RSA a carattere riabilitativo, ad
un ospedale di comunit organizzato in senso riabilitativo o strutture di degenza
riabilitative a bassa intensita specificamente progettate.
La realizzazione di queste strutture permetterebbe di migliorare lappropriatezza
dellintervento, sollevando, per un periodo limitato nel tempo, le strutture di
assistenza territoriale.

63
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

5.4.2 Riabilitazione domiciliare o ambulatoriale?


Il problema della scelta tra riabilitazione ambulatoriale o domiciliare molto
dibattuto, e sono stati effettuati diversi studi, alcuni dei quali hanno prodotto
risultati contrastanti, in quanto condizionati da differenze organizzative tra i diversi
sistemi sanitari e da differenze di selezione dei pazienti ed altri fattori.

Gli studi riguardano 3 elementi principali: efficacia - costi - tipo di intervento.

Efficacia
Ad oggi non ci sono forti prove di efficacia che supportino la scelta di un determinato
ambiente riabilitativo. In particolare, non esistono studi randomizzati controllati che
valutino lefficacia della riabilitazione ambulatoriale rispetto a quella domiciliare. Vi
sono prove dellefficacia del trattamento domiciliare nel ridurre la disabilit e
aumentare la qualit della vita rispetto al trattamento in regime di day hospital, a
costo, per, di una maggiore ansia dei parenti (Young and Forster 1992, Gladman,
Lincoln et al. 1993), (Anderson, Rubenach et al. 2000). Non ci sono differenze di
efficacia tra il trattamento prolungato in regime di ricovero continuativo ed a domicilio,
n in termini di mortalit, n di disabilit (Anderson, Mhurchu et al. 2000; Anderson,
Rubenach et al. 2000) (Widen Holmqvist, Von Koch et al. 1998) (Gladman, Lincoln et
al. 1993; Gladman, Whynes et al. 1994; Gladman and Lincoln 1994; Gladman, Forster
et al. 1995), (Rudd, Wolfe et al. 1997). E possibile effettuare un precoce reinserimento
a domicilio con supporto integrato dello stroke service, con il vantaggio di diminuire
il numero di pazienti disabili (Indredavik, Fjaertoft et al. 2000), (Anderson, Rubenach
et al. 2000). Il confronto tra lospedalizzazione e il trattamento domiciliare non porta
a differenze di prognosi, ma mette in evidenza differenze di costi. Il problema si sposta
quindi ad una valutazione di costi-benefici tra i 3 setting (domicilio, Ambulatorio-
Day Hospital e ricovero) che il paziente pu sfruttare una volta dimesso.

Costi
Si calcola che la terapia domiciliare costi il 27%, in pi rispetto al ricovero, 2,6 volte
di pi rispetto al trattamento ambulatoriale e il 25 % in meno rispetto al day hospital
(Gladman, Lincoln et al. 1993; Gladman, Whynes et al. 1994; Gladman and Lincoln
1994; Gladman, Forster et al. 1995). Un altro recente studio ha confrontato il trattamento
in regime di day hospital con il trattamento in riabilitazione domiciliare dimostrando
un lieve vantaggio per la seconda con un significativo minore costo (Young and Forster
1992; Young and Forster 1993). Altri studi non mostrano differenze n in termini di
prognosi, n in costi. Probabilmente il miglior rapporto costo-benefecio pu essere
ottenuto con un sistema misto domiciliare/day hospital (Roderick, Low et al. 2001).

Raccomandazioni:
a) Lattivit di riabilitazione domiciliare indicata sotto forma di terapia
occupazionale per brevi periodi (Grado A).
b) Una modalit di riabilitazione domiciliare consiste nellattivit di insegnamento
al paziente e alle assistenze per esercizi e mobilizzazioni autogestite (Grado B).

64
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

5.4.3 Riabilitazione territoriale domiciliare


Lesecuzione di esercizi a domicilio dopo la dimissione, con la supervisione di un
terapista, nel caso di pazienti con danno lieve, risultata pi efficace rispetto al
non fare alcun esercizio mirato al recupero funzionale (Duncan, Richards et al.
1998). In un RCT la visita di un terapista 1 volta alla settimana con un programma
di esercizi autogestiti, ha la stessa efficacia della riabilitazione ambulatoriale o di
day hospital (Baskett, Broad et al. 1999).
Recenti studi enfatizzano come a domicilio, piuttosto che fare un trattamento
neuromotorio occorra effettuare un programma adeguato di terapia occupazionale,
con un numero limitato di sedute (Gilbertson, Langhorne et al. 2000), (Logan, Ahern
et al. 1997), (Walker, Gladman et al. 1999).
In una recente revisione della letteratura inglese (Rice-Oxley and Turner-Stokes
1999) viene indicato come pi appropriato per i pazienti giovani il trattamento
ambulatoriale (purch prolungato e specifico) mentre per lanziano sembra adeguato
un pi generico programma di riattivazione funzionale a domicilio.
La definizione di un piano assistenziale-riabilitativo attraverso listruzione di coloro
che assistono il paziente pu rappresentare un punto cruciale per il successo del
progetto riabilitativo. Infatti uno dei compiti dei vari setting riabialitativi quello
di addestrare il paziente e coloro che assistono ad attivit autogestite nel cors della
giornata per migliorare o almeno mantenere il livello di autonomia.

Il trattamento domiciliare subintesivo con tecniche fisioterapiche classiche va


discusso in termini di costi benefici.

I potenziali vantaggi della riabilitazione domiciliare sono:


 la convenienza per il paziente che non deve spostarsi;
 limportanza nel caso di disturbi cognitivi;
 lassenza di costi per il trasporto del paziente
 il migliore adeguamento dellambiente alla disabilit del paziente aumentando
le attivit autonome e riducendo i rischi

I potenziali svantaggi sono:


1. la difficolt di coordinare il progetto riabilitativo;
2. la mancanza di attrezzature necessarie, soprattutto per alcune tecniche riabilitative
(ad es. il letto rigido e ampio per gli esercizi e la disponibilit di diversi ausili da
provare);
3. la perdita di tempo negli spostamenti degli operatori, con diminuzione o del
numero di pazienti trattati nel tempo di intervento

5.4.4 Riabilitazione territoriale ambulatoriale


Le disabilit di interesse territoriale possono essere distinte in 2 categorie: disabilit
minimali, spesso transitorie, e disabilit gravi con possibili esiti permanenti. Pertanto
lintervento riabilitativo si rivolge a:

65
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

1. disabilit transitorie e/o minimali che richiedono un semplice e breve programma


terapeutico-riabilitativo, in genere, anche senza la completa presa in carico
dellequipe riabilitativa;
2. disabilit importanti con possibili esiti permanenti, spesso multiple, che richiedono
una presa in carico nel lungo termine richiedenti un "progetto riabilitativo"
individuale. In questo caso necessaria una presa in carico da parte dellequipe
multidisciplinare.

Il tipo di menomazione alla base della disabilit deve orientare specifici percorsi
dintervento e protocolli terapeutici cui si associa la necessit di coinvolgere specifiche
figure professionali nellquipe riabilitativa.

Anche in caso di riabilitazione territoriale occorre elaborare un programma


riabilitativo individuale con presa in carico da parte dellquipe riabilitativa in
stretto rapporto con il Medico di Medicina Generale (MMG), il Medico Responsabile
del Centro di Salute e lo specialista neurologo esperto in malattie cerebrovascolari.

Il gruppo multidisciplinare riabilitativo o quipe riabilitativa composto da:


 Medico specialista in Riabilitazione coordinatore dellquipe e responsabile del
progetto riabilitativo
 Terapista della Riabilitazione ( Terapista Neuromotorio e/o Logopedista)
responsabili dello specifico programma riabilitativo applicato
 Infermiere Professionale

Tale quipe, ove la complessit della disabilit trattata imponga la presa in carico
pi estesa del paziente, deve essere allargata ad altre figure professionali che
nevengono a costituire cos parte integrante:
 Assistente Sociale
 Psicologo
 Neurologo esperto in ictus.
 Medici specialisti (in regime di consulenza polispecialistica)

Lquipe riabilitativa deve essere sempre il punto di riferimento dellutente, che ne


viene preso in carico. Il lavoro dquipe si basa anche in questo caso sulla stesura
di un progetto riabilitativo articolato secondo fasi ed obiettivi riabilitativi chiari e
concordati e sulla verifica del loro raggiungimento nei tempi prefissati.
Si devono per questo prevedere riunioni strutturate periodiche in cui tutti i membri
dellquipe possono confrontarsi sia sui piani dintervento riabilitativo che sugli
aspetti organizzativi. Nel caso della presa in carico del paziente il medico coordinatore
dellquipe uno specialista in riabilitazione.

In ogni caso lquipe riabilitativa del territorio deve:


 dare risposte celeri ai bisogni dellutente e/o una rapida presa in carico (ove
necessario, nei casi pi complessi)
 usufruire, ove necessario, di una diagnostica riabilitativa strumentale accessibile
in tempi brevi
 operare in sinergismo con lquipe riabilitativa dellospedale

66
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

L'intervento riabilitativo territoriale assolve le funzioni di:


- monitoraggio periodico della disabilit;
- prosecuzione o inizio del progetto riabilitativo;
- prevenzione delle situazioni di svantaggio sociale conseguente alla disabilit;
- valutazione, prescrizione, addestramento relativo ad ausili, protesi, ortesi;
- assistenza e consulenza nelle azioni di reinserimento sociale e professionale del
disabile.

Gli interventi della riabilitazione territoriale possono essere erogati sia a livello
ambulatoriale che al domicilio dei pazienti con:
A - Disabilit lieve:
Il paziente capace di accedere alla propria abitazione (scale o ascensore)
autonomamente, con sorveglianza o con aiuto.
B - Disabilit medio-grave:
Il paziente pu mantenere la posizione seduta per almeno due ore e pu essere
trasportabile.
C - Disabilit grave:
Il paziente non mantiene la posizione seduta. Non trasportabile.
- Viene attivata la consulenza riabilitativa domiciliare.
Per la realizzazione di tale modalit operativa importante che ogni servizio si
possa avvalere di un adeguato servizio di trasporto per disabili.

5.4.5 Le fasi della presa in carico


Le fasi fondamentali della presa in carico sono:

1.Invio dal gruppo multidisciplinare del reparto ospedaliero o dal medico di base
allequipe riabilitativa territoriale.

2.Valutazione dell'quipe riabilitativa in ambulatorio, o a domicilio quando le


condizioni cliniche del paziente non consentono di trasportarlo.

3.Presa in carico da parte del servizio con definizione di:


- programma riabilitativo ambulatoriale
- programma riabilitativo domiciliare, attraverso un breve training (massimo 3
accessi) per fornire indicazioni ai familiari o a chi si occupa del malato, per il
supporto assistenziale e riabilitativo. Il training ha lo scopo principale di favorire
al massimo il recupero della trasportabilit
- programma di autonomia domiciliare per i pazienti non candidati allintervento
riabilitativo ambulatoriale
- altri tipi di intervento, in relazione ai criteri sopra menzionati, nel caso che non
sia ritenuto appropriato un programma riabilitativo.

67
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

Raccomandazione:
Laddove lquipe territoriale offra prestazioni anche nellospedale per acuti opportuno
e utile stabilire uno stretto collegamento tra trattamento per acuti e programma
riabilitativo territoriale. (Grado C)

5.4.6 La valutazione del domicilio


E compito dellquipe territoriale anche la valutazione del domicilio del paziente
per verificare la possibilit che viva in autonomia, o, comunque, con laiuto di chi
si occupa di lui, allinterno dellambiente familiare .
La verifica delle caratteristiche della casa del paziente va fatta appena stabilizzata
la fase acuta ed ha lo scopo di individuare i problemi che il paziente potrebbe
incontrare al rientro presso il proprio domicilio.
Generalmente le aree da prendere in considerazione sono:
 possibilit di spostamenti, accessi, sicurezza, mobilio della cucina
 trasferimenti sedia - letto-poltrona - posizione in piedi
 accesso in bagno e possibilit di fare il bagno o la doccia.
Dopo aver valutato la situazione e fatto una lista dei problemi vengono date
raccomandazioni circa le soluzione possibili al paziente e a chi lo assiste. Laddove
necessario, il nucleo familiare sar aiutato nella stesura di un progetto di
ristrutturazione.
Sebbene non ci siano studi che forniscano prove di efficacia di tale intervento,
sembra tuttavia che questo abbia un ruolo importante nellevitare dimissioni
improprie ed istituzionalizzazioni.

5.5 La riabilitazione nella fase cronica

5.5.1 La valutazione e il monitoraggio degli esiti


Una volta stabilizzato il quadro clinico e raggiunti gli obiettivi riabilitativi occorre
agire per minimizzare le difficolt alla partecipazione alla vita attiva. Questa una
fase piuttosto delicata perch coinvolge la sfera personale e sociale del paziente.
Sul piano individuale, il problema centrale quello della non accettazione da parte
del paziente della sua disabilit. Questo porta spesso alla convinzione che
continuando il programma riabilitativo si continuer a migliorare. In realt questo
un modo di allontanare il problema della propria disabilit e di fare il malato di
professione, anzich affrontare il difficile reinserimento nella vita quotidiana.
Spesso mancano strutture che possano facilitare il reinserimento lavorativo e sociale,
per cui la tendenza quella di proseguire il programma, come sbocco palliativo
alla esigenze sociali del malato. Lapproccio pi corretto quindi, in generale, di
interrompere il programma riabilitativo in assenza di obiettivi di ulteriore

68
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

miglioramento e delegare al paziente e a chi lo assiste le attivit per mantenere la


abilit riacquisite. E indicato monitorare nel tempo il paziente allo scopo di
individuare le variazioni delle condizioni cliniche e valutare se ci sono margini per
riprendere un programma riabilitativo. La valutazione verr effettuata dal gruppo
multidisciplinare territoriale sopra descritto.

5.5.2 L utilit dei ricicli riabilitativi


Lutilit dei cicli riabilitativi nel mantenere le abilit acquisite nel paziente con ictus
un tema ancora dibattuto anche se lutilit a lungo termine discutibile.
Esistono indicazioni secondo le quali i pazienti trattati a lungo termine migliorano
la velocit del cammino.
Tali vantaggi, descritti in un singolo studio non randomizzato, erano perduti alla fine
del trattamento senza sostanziale variazione di disabilit (Wade, Collen et al. 1992).
Vantaggi sulla disabilit sembra vengano descritti da un altro studio in cui i pazienti
cronici trattati con attivit finalizzate al singolo compito miglioravano la velocit
del cammino e la mantenevano a 2 mesi di distanza (Dean, Richards et al. 2000).
Alla luce di quanto presente in letteratura si pu avere qualche certezza rispetto ai
vantaggi che possono essere ottenuti con il trattamento del paziente stabilizzato,
ma non affatto certo che questi possano essere mantenuti.
In particolare, occorre verificare che i pazienti che deteriorano non siano quelli che
non hanno mantenuto le attivit prescritte alla fine del programma riabilitativo.

Raccomandazioni:
a) I cicli di mantenimento assumono una bassa priorit, a vantaggio dellintervento
in fase acuta e post-acuta, dove sembra che un adeguato programma riabilitativo
dia maggiori benefici (Grado C).
b) Il gruppo multidisciplinare territoriale deve monitorare periodicamente (ogni 6
mesi) il mantenimento delle abilit (Grado C).
c) Un nuovo programma riabilitativo (assistenziale, occupazionale, motorio etc.) pu
essere impostato qualora si riscontri un peggioramento della disabilit (Grado C)

69
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Allegato

FIGURA 3
Percorso del paziente con Ictus in base alla gravit

Gruppo A Gruppo B Gruppo C


Pz con menomazioni minime Pz con menomazioni medie Pz con poca resistenza allo
che richiedono solo una o gravi che possono tollerare sfor zo, cognitivamente
supervisione o modesto aiuto almeno 3 ore di riabilitazione incapaci di partecipare
per la mobilit o nelle al giorno che devono essere ad un programma di
normali attivit della vita assistiti in parte o totalmente riabilitazione ospedaliera
quotidiana (Grado C) per la mobilit (GradoB) (Grado C)

Riabilitazione
Estensiva Ospedaliera
Riabilitazione
Intensiva Ospedaliera
Riabilitazione
Territoriale

Struttura
Casa Protetta

70
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Allegato

FIGURA 4
Percorsi di riabilitazione territoriale

Riabilitazione Territoriale

Centro Ambulatoriale Domicilio


di Riabilitazione

Centro di Salute - Disabilit gravi in ambito ADI


- Disabilit gravi senza possibilit di recupero
con intervento educativo per i caregiver
- Disabilit complesse che necessitano di attivit
occupazionale
Disabilit lievi o pi
complesse in continuit con
il progetto riabilitativo
iniziato in ospedale

Alcune sedute di Attivit educativa


riabilitazione verso le assistenze
neuromotoria e i familiari
Intervento
multidisciplinare Sedute di terapia
occupazionale

71
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Allegato

Scheda di Norton modificata (secondo Nancy A. Stotts)


Paziente
Data di nascita Patologie

4 3 2 1
Condizioni Buone Discrete Scadenti Pessime
generali Abile ad eseguire Richiede Richiede Totalmente
Livelli di le proprie ADL* assistenza per assistenza per pi dipendente per
assistenza richiesti alcune ADL* ADL* tutte le ADL*
per ADL* relativi a:
igiene,
alimentazione,
movimenti

Stato mentale Lucido Apatico Confuso Stuporoso


Risponde alle Orientato nel Orientato nel Parzialmente Totalmente
domande relative tempo, spazio e tempo, spazio e orientato nel disorientato.
al tempo, spazio e persone. Risposta persone, ma tempo, spazio e La risposta pu
persone in modo rapida richiede persone. La essere lenta o
soddisfacente e ripetizione delle risposta pu rapida. Il paziente
veloce domande essere rapida pu essere in
coma.

Deambulazione Normale Cammina con Costretto su sedia Allettato


Cammina da solo aiuto Si muove solo su Confinato a letto
o con laiuto di Cammina solo con sedia per tutte le 24 ore
presidi laiuto di una
persona

Mobilit Piena Limitata Molto limitata Immobile


Quantit e Pu muovere e Pu usare e Limitata Non ha
controllo del controllare le controllare le indipendenza nel indipendenza nel
movimento di una estremit come estremit con la controllo e nei movimento o
parte del corpo vuole. Pu o no minima assistenza movimenti delle controllo delle
usare un presidio. di una altra estremit. estremit.
persona. Pu o no Richiede sempre Richiede
usare un presidio assistenza di assistenza per il
unaltra persona. movimento di
Pu o no usare un ogni estremit
presidio

Incontinenza Assente Occasionale Abituale urine Doppia


Valutazione dell Non incontinente Incontinenza di Incontinenza Totale
insufficenza del di urine e /o feci. urine 1-2 volte/die urine pi di 2 incontinenza a
controllo di urine Pu avere un e o feci 1 volta/die volte/die, ma non urine e feci
e feci catetere sempre e/o feci
2-3 volte /die

Presa in carico 1 controllo 2 controllo 3 controllo


Data
Punteggio**

Firma compilatore

* ADL: activity of daily living= attivit basilari di cura della persona


** da 4 a 11 rischio elevato; da 12 a 14 rischio lieve; oltre 14 rischio nullo

72
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Allegato

Scheda personale del paziente per la localizzazione delle lesioni

Utente

Valutazione iniziale

Localizzazione Lunghezza/ampiezza Profondit aspetto


(cm) (cm) (granul-crosta-escara)

Localiz. stadio stadio Localiz.


1 1 2 3 4 1 orecchio zigomo 2
1 2 3 4 2
3 occipite
3 1 2 3 4 1 2 3 4 4
spalla 4
5 1 2 3 4 1 2 3 4 6
5 seno scapola 6
7 1 2 3 4 7 gomito colonna 8 1 2 3 4 8

10 1 2 3 4 1 2 3 4 9
sacro 9
10 cresta iliace
12 1 2 3 4 1 2 3 4 11
12 gluteo 11
15 1 2 3 4 1 2 3 4 13
13
15 coscia
16 1 2 3 4 genitali 14 1 2 3 4 14

18 1 2 3 4 16 ginocchio 1 2 3 4 17
polpaccio 17
23 1 2 3 4 1 2 3 4 19

22 1 2 3 4 18 malleolo esterno 1 2 3 4 21
tendine Achille 19

pianta 21 1 2 3 4 20
23 alluce
20 malleolo interno

22 calcagno

Legenda
Lesioni 1 stadio - Arrossamento stabile (rossore che permane anche dopo 15 dalla
decomposizione della zona
Lesioni 2 stadio - Escoriazioni e/o vescicole. E coinvolto lepidermide e il derma.
Lesione 3 stadio - Ulcerazione a carico di tutto lo spessore della cute con esposizione del
tessuto sottocutaneo.
Lesioni 4 stadio - Ulcerazione profonda con esposizione dei muscoli e delle ossa.
Aspetto: tessuto di granulazione, chiaro e sano - crosta o tessuto fibrotico - escara

73
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Glossario

Glossario
La riabilitazione pu essere definita come una fondamentale forma di intervento per
i pazienti che hanno subito un ictus, accanto agli interventi medici e chirurgici di provata
efficacia.
E finalizzata ad ottenere il recupero del miglior livello fisico, cognitivo, psicologico,
funzionale e delle relazioni sociali nellambito dei bisogni e delle aspirazioni dellindividuo
colpito e della sua famiglia.

Si definiscono quali "attivit sanitarie di riabilitazione" gli interventi valutativi, diagnostici,


terapeutici e le altre procedure finalizzate a portare il soggetto affetto da menomazione
a contenere o minimizzare la sua disabilit, e il soggetto disabile a muoversi, camminare,
parlare, vestirsi, mangiare, comunicare e relazionarsi efficacemente nel proprio ambiente
familiare, lavorativo, scolastico a sociale.

Si definiscono "attivit di riabilitazione sociale" le azioni e gli interventi finalizzati a


garantire al disabile la massima partecipazione possibile alla vita sociale, con la minor
restrizione possibile delle sue scelte operative, indipendentemente dalla gravit delle
menomazioni a delle disabilit irreversibili, al fine di contenere la condizione di handicap.

Termini
ADL (Attivit di vita quotidiana). Attivit quotidiane basilari come nutrirsi, rassettarsi,
lavarsi e vestirsi.
Afasia. Perdita della capacit di comunicare oralmente, per segni o per iscritto, oppure
incapacit di comprendere tali forme di comunicazione; la perdita della capacit di
usare il linguaggio.
Affidabilit, dei test di controllo. Procedura di valutazione che permette di giungere alle
medesime conclusioni diagnostiche o valutative su di un determinato paziente in tempi
diversi, in condizioni cliniche di stabilit.
Affidabilit, fra osservatori. Procedura di valutazione che permette a differenti osservatori
di giungere alle medesime conclusioni diagnostiche o valutative su di un determinato
paziente, le cui condizioni cliniche sono stabili.
Agrafia. Incapacit di esprimere per iscritto il proprio pensiero.
Alessia. Incapacit di comprendere il linguaggio scritto.
Anteriore. Parte frontale di un organo o del corpo.
Aprassia. Patologia del movimento appreso non correlata con deficit di forza,
coordinazione, sensibilit o comprensione.
Astereognosia. Incapacit di riconoscere o caratterizzare oggetti al tatto.
Atassia. Patologia del movimento in cui l'attivit muscolare non coordinata.
Attacco ischemico transitorio (TIA). Rapida insorgenza di un deficit neurologico focale
che regredisce spontaneamente in pochi minuti o in poche ore, ma sempre entro 24 ore
e che dopo adeguate indagini si ritiene causato da ischemia
Attivazione. Stimolazione del sistema nervoso ottenuta incoraggiando il paziente con
esiti di ictus a divenire mentalmente e fisicamente attivo.
Attivit. Prestazione di un individuo nelleseguire un compito od un attivit
Autosufficienza. Capacit di provvedere a se stessi svolgendo le normali attivit di vita
quotidiana.

74
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Glossario

Biofeedback. Utilizzo di retroazione visiva o uditiva sullo stato di una funzione fisiologica
(come il battito cardiaco) o sulla posizione di una parte del corpo (come il braccio o la
gamba) con il proposito di aiutare l'individuo ad ottenere un miglior controllo della
funzionalit e della posizione.
Cardiovascolare. Pertinente al cuore e ai vasi sanguigni
Caregiver. Persona che fornisce supporto diretto ad un disabile, generalmente al domicilio.
Cervello. Principale porzione dellencefalo che comprende i due emisferi cerebrali;
termine spesso utilizzato come sinonimo di encefalo
Cognitivit/cognitivo. Processo del conoscere, che comprende coscienza, percezione,
ragionamento, ricordo e capacit di soluzione dei problemi.
Comorbilit. Una o pi malattie croniche addizionali in un individuo che ha avuto uno
ictus, come patologie cardiache o polmonari.
Compensazione. Abilit di un individuo con invalidit residua da ictus a svolgere un
compito sia utilizzando l'arto colpito attraverso un approccio adatto (differente), sia
l'arto sano direttamente; indica anche un approccio riabilitativo con cui il paziente si
adatta alle invalidit residue e le compensa.
Continenza. Capacit di controllo sfinterico (minzione e alvo).
Contrattura. Condizione di blocco ad alta resistenza allo stiramento muscolare passivo
per fibrosi e retrazione dei tessuti di sostegno di muscoli e articolazioni.
Controlaterale. Lato opposto.
Controllo motorio. Capacit di controllare i movimenti del corpo.
Coronaropatia. Patologia cardiaca caratterizzata da restringimento o occlusione delle
arterie che irrorano il muscolo cardiaco, che esita in dolore toracico, miocardiopatia
acuta e lesioni cardiache
Counseling. Interventi di supporto e di istruzione volti ad assistere il paziente o la
famiglia nell'identificazione delle questioni fondamentali e nella soluzione dei problemi
a esse collegati.
Deambulazione. Atto del camminare.
Decadimento fisico. Perdita di forma fisica o cardiovascolare come risultato dell'inattivit.
Deficit. Perdita di abilit; in caso di ictus, perdita delle funzioni neurologiche.
Demenza. Patologia mentale caratterizzata da deficit cognitivo e frequentemente da
disturbo di personalit da deterioramento cerebrale; un esempio il morbo di Alzheimer
Depressione. Patologia mentale caratterizzata da disperazione, scoraggiamento e tristezza.
Deterioramento. Perdita o anormalit di capacit fisiche o psicologiche.
Diagnosi. Determinazione dell'esatta natura di una specifica patologia
Disartria. Difficolt all'articolazione corretta del linguaggio.
Disfagia. Difficolt a deglutire.
Embolo/embolia. Coagulo o sostanza estranea nel circolo ematico che occlude un'arteria
o una vena.
Emianopsia omonima. Deficit visivo o cecit della met destra o sinistra del campo
visivo di entrambi gli occhi.
Eminattenzione o Negligenza Spaziale Unilaterale (NSU). Ridotta capacit ad orientarsi
verso lo spazio (Personale, peripersonale, extrapersonale) controlaterale.
Emiparesi. Debolezza muscolare o paralisi parziale di un lato del corpo.
Emiplegia. Paralisi di un lato del corpo.
Emorragia cerebrale. Emorragia che si manifesta nel tessuto cerebrale.
Emorragia sub-aracnoidea. Emorragia dello spazio sub-aracnoideo che causa
compressione o emorragia a livello dellencefalo.
Emorragia. Sanguinamento da rottura di un vaso.
Epidemiologia. Studio dei fattori che influenzano la frequenza e la distribuzione di una
malattia nella popolazione.

75
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Glossario

Esercizi di escursione. Esercizi durante i quali le articolazioni sono sollecitate al limite


di flessione, estensione o rotazione; gli esercizi sono attivi se il paziente si impegna con
la forza necessaria alla loro esecuzione o passivi se il terapista provvede in tal senso.
Famiglia. Parenti o amici che vivono con il paziente o che comunque gli sono vicini.
Fattore di rischio. Caratteristica individuale o ambientale che predispone o favorisce
la condizione patologica considerata.
Fibrillazione atriale. Rapida ed irregolare contrazione atriale che genera ritmo ventricolare
rapido ed irregolare.
Funzioni del Corpo. Sono le funzioni fisiologiche o psicologiche dei sistemi corporei
Gastrostomia nutrizionale. Intervento chirurgico che apre un ingresso diretto allo
stomaco, attraverso cui si nutre il paziente.
Grafestesia. Capacit di riconoscere figure o numeri disegnati sulla pelle con una punta
rigida.
Handicap. Svantaggio che risulta da un deficit o da una da inabilit, che limita
l'adempimento di un ruolo che normale per gli individui colpiti.
IADL (Attivit strumentali di vita quotidiana). Complesso delle attivit richieste per
vivere indipendentemente, come usare il telefono, gestire la casa, cucinare, utilizzare i
mezzi pubblici o gestire le proprie risorse economiche.
Ictus emorragico. Ictus da rottura di un vaso cerebrale.
Ictus ischemico. Ictus causato da un insufficiente apporto ematico e di ossigenazione.
Ictus. Patologia acuta neurologica di origine vascolare con sintomi e segni che
corrispondono al coinvolgimento di un'area focale del cervello; oppure, rapida comparsa
di un deficit neurologico che persiste per almeno 24 ore ed causato da una emorragia
cerebrale o sub-aracnoidea o dall'occlusione di un vaso che irrora o drena un territorio
encefalico.
Inabilit. Ridotta abilit o perdita dell'abilit di un individuo a svolgere le attivit di vita
quotidiana.
Incidenza. Frequenza con cui si manifestano nuovi casi di una patologia in un
determinato lasso di tempo.
Incontinenza. Perdita del controllo sfinterico.
Indipendenza. Capacit di compiere tutte le normali attivit senza aiuto o supervisione.
Infarto. Morte di una parte di un organo per mancanza di ossigenazione e di nutrizione.
Ingestione per aspirazione (ab ingestis). Atto di ingerire materiali liquidi o solidi nelle
vie aeree.
Ipertensione. Elevata pressione sanguigna.
Ipotensione ortostatica. Abbassamento della pressione sanguigna dal clinostatismo
all'ortostatismo.
Istituzionalizzazione. Ricovero a tempo indeterminato di un paziente con patologie
croniche in una struttura residenziale protetta.
Limitazione funzionale. Ridotta abilit o assenza di abilit a svolgere un'azione o un
compito in un range fisiologico di attivit.
Limitazioni di Attivit. Le difficolt che un individuo pu avere nel compiere delle attivit.
Medico responsabile. Il medico che responsabile del trattamento clinico di un paziente
e del coordinamento dei diversi specialisti necessari; si tratta in genere di un internista,
di un medico di famiglia, di un pediatra, anche se pu avere altre specializzazioni.
Menomazioni. problemi nelle funzioni o nelle strutture del corpo, perdita o significativa
deviazione dalla norma
Metanalisi. Revisione sistematica; valutazione clinica e statistica di pi studi clinici
randomizzati che indagano la stessa patologia.
Mobilit. Capacit di muoversi liberamente.
Mobilizzazione. Atto di aiutare un paziente a muoversi nel letto, sedersi, alzarsi ed

76
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Glossario

eventualmente camminare.
Monitoraggio. Controlli ripetuti delle condizioni cliniche, neurologiche e funzionali di
un paziente.
Neurologia. Branca della medicina che studia il sistema nervoso.
Occlusione. Blocco.
Omolaterale. Stesso lato.
Ortesi. Apparecchi meccanici che esercitano una pressione su parti del corpo per
sorreggere, correggere o aiutare una funzione.
Partecipazione. Il coinvolgimento di un individuo nelle situazioni relative allo Stato di
Salute, Funzioni e Strutture del Corpo, Attivit e fattori Contestuali
Patologia. Interruzione delle normali funzioni organiche o strutture, o interferenza con
le stesse da parte di una malattia.
Paziente ambulatoriale. Persona che riceve il trattamento in una struttura sanitaria
senza esservi ricoverata continuativamente, anche in regime di day-hospital.
Paziente degente. Individuo sottoposto a trattamento durante il ricovero in ambiente
ospedaliero.
Percezione. Riconoscimento conscio di uno stimolo sensoriale.
Perseverazione. Involontaria e patologica persistenza di una risposta verbale o motoria
indipendente dallo stimolo e dalla sua durata.
Piaga da decubito. Ulcerazione cutanea da prolungata pressione in pazienti costretti
a letto o in carrozzina.
Profilassi. Trattamento atto a prevenire malattie.
Propriocezione. Percezione del movimento o della posizione spaziale del corpo.
Psicoterapia. Intervento psicologico continuativo.
Restrizioni della Partecipazione. Problemi incontrati da un individuo nel modo o nel
grado di coinvolgimento nelle varie situazioni della vita
Riabilitazione acuta. Termine utilizzato da alcune fonti per indicare una riabilitazione
intensa a cui viene sottoposto un paziente degente in una struttura specializzata nella
riabilitazione
Riabilitazione allargata. Approccio riabilitativo che coinvolge tutti i servizi e le discipline
riabilitative (fisioterapia, terapia occupazionale, animazione, servizi di igiene mentale, ecc.).
Riabilitazione estensiva. Attivit riabilitativa applicata con unintensit compresa
tra 1 e 3 ore.
Riabilitazione intensiva. Generalmente riconosciuta come attivit riabilitativa che
comprende 3 o pi ore quotidiane di fisioterapia e terapia occupazionale, psicologica
o logopedica per 5 o pi giorni alla settimana.
Riabilitazione. Recupero all'autosufficienza di un disabile o comunque ottimizzazione
della sua indipendenza funzionale.
Screening. Valutazione tesa ad individuare condizioni cliniche iniziali o prima della loro
manifestazione, spesso con lo scopo di attuare trattamenti di prevenzione o
miglioramento del problema.
Sensibilit ai cambiamenti. Abilit di una procedura di valutazione o di uno strumento
di individuare cambiamenti clinici minimi.
Sensibilit. Caratteristiche di una procedura di valutazione o di uno strumento che si
riferiscono alla sua ragionevolezza, importanza e facilit di utilizzo.
Sopore. Riduzione dello stato di allerta o di veglia.
Spasticit. Anormale incremento del tono muscolare.
Stabilit clinica. Mantenimento di condizioni di salute stabili nonostante la
malattia in atto.
Stereognosia. Capacit di percepire natura e forma di un oggetto al tatto.
Stimolazione elettrica funzionale. Scariche elettriche applicate ai nervi o ai muscoli

77
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Glossario

colpiti da ictus con l'intento di rafforzare la contrattilit muscolare e migliorare il


controllo motorio. A minore intensit (TENS, Stimolazione elettrica trans-cutanea) la
procedura anche utilizzata per il controllo del dolore.
Struttura residenziale protetta. Struttura con assistenza sanitaria continuativa.
Struttura riabilitativa. Struttura sanitaria organizzata e gestita per assicurare cicli
intensivi e completi di riabilitazione.
Strutture del Corpo. Sono i componenti anatomici del corpo come gli organi, gli arti e
le loro parti.
Studio di osservazione. Studio in merito a un trattamento che giunge a conclusioni
basate sull'osservazione di soggetti in un determinato lasso di tempo.
Studio prospettico. Studio basato su dati raccolti prospettivamente dall'inizio del trial.
Studio randomizzato controllato. Studio in cui i pazienti sono casualmente assegnati
al gruppo di controllo o di trattamento sulla base di una selezione effettuata prima di
raccogliere i dati.
Studio retrospettivo. Studio basato su dati raccolti in precedenza, generalmente per
altre finalit di ricerca.
Studio sperimentale. Studio in cui un trattamento confrontato con un altro.
Tasso di mortalit. Frequenza dei decessi per una determinata patologia.
TENS. Stimolazione elettrica transcutanea.
Tolleranza ortostatica. Capacit di mantenere costante la pressione sanguigna in
posizione eretta.
Trattamento interdisciplinare. Trattamento fornito ad un paziente da due o pi discipline
mediche o riabilitative, in collaborazione.
Trial. Studio clinico.
Tromboembolia. Embolo che origina da un coagulo vasale e che si manifesta in un altro
territorio vascolare.
Trombosi venosa profonda (TVP). Coagulazione intravasale di una vena profonda
degli arti.
Trombosi. Coagulazione intravasale.
Vescica neurologica. Anomala funzione vescicale da danno del sistema nervoso.

78
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Bibliografia

Bibliografia
Adams, H. P., Jr., P. H. Davis, et al. (1999). "Baseline NIH Stroke Scale score strongly predicts
outcome after stroke: A report of the Trial of Org 10172 in Acute Stroke Treatment (TOAST)."
Neurology 53(1): 126-31.
Alexander, M. P. (1994). "Stroke rehabilitation outcome. A potential use of predictive variables
to establish levels of care." Stroke 25(1): 128-34.
Anderson, C., C. N. Mhurchu, et al. (2000). "Home or hospital for stroke Rehabilitation?
Results of a randomized controlled trial : II: cost minimization analysis at 6 months." Stroke
31(5): 1032-7.
Anderson, C., S. Rubenach, et al. (2000). "Home or hospital for stroke rehabilitation? results
of a randomized controlled trial : I: health outcomes at 6 months." Stroke 31(5): 1024-31.
Anderson, C., S. Rubenach, et al. (2000). "Home or hospital for stroke rehabilitation? results
of a randomized controlled trial : I: health outcomes at 6 months." Stroke 31(5): 1024-31.
Andrews, K., J. C. Brocklehurst, et al. (1981). "The rate of recovery from stroke - and its
measurement." Int Rehabil Med 3(3): 155-61.
Angeleri, F., V. A. Angeleri, et al. (1993). "The influence of depression, social activity, and
family stress on functional outcome after stroke." Stroke 24(10): 1478-1483.
Bailey, M. J., M. J. Riddoch, et al. (2002). "Treatment of visual neglect in elderly patients
with stroke: a single-subject series using either a scanning and cueing strategy or a left-limb
activation strategy." Phys Ther 82(8): 782-97.
Baskett, J. J., J. B. Broad, et al. (1999). "Shared responsibility for ongoing rehabilitation: a
new approach to home-based therapy after stroke." clinical rehabilitation 13(1): 23-33.
Basmajian, J. V., C. A. Gowland, et al. (1987). "Stroke treatment: comparison of integrated
behavioral-physical therapy vs traditional physical therapy programs." archives of physical
medicine and rehabilitation 68(5 Pt 1): 267-72.
Bath, P. M., F. J. Bath, et al. (2000). "Interventions for dysphagia in acute stroke." Cochrane
Database Syst Rev(2): CD000323.
Beekman, A. T., B. W. Penninx, et al. (1998). "Depression in survivor of stroke: a community-
based study of prevalence, risk factors and consequences [In Process Citation]." Soc.Psychiatry
Psychiatr.Epidemiol. 33(10): 463-470.
Beloosesky, Y., J. Y. Streifler, et al. (1995). "The importance of brain infarct size and location
in predicting outcome after stroke." Age Ageing 24(6): 515-8.
Bhakta, B. B., J. A. Cozens, et al. (2000). "Impact of botulinum toxin type A on disability and
carer burden due to arm spasticity after stroke: a randomised double blind placebo controlled
trial." J Neurol Neurosurg Psychiatry 69(2): 217-21.
Bobath, B. (1979). "The application of physiological principles to stroke rehabilitation."
Practitioner 223(1338): 793-4.
Borrie, M. J., A. J. Campbell, et al. (1986). "Urinary incontinence after stroke: a prospective
study." Age Ageing 15(3): 177-81.
Bowen, A., N. B. Lincoln, et al. (2002). "Cognitive rehabilitation for spatial neglect following
stroke (Cochrane Review)." Cochrane Database Syst Rev(2): CD003586.
Braus, D. F., J. K. Krauss, et al. (1994). "The shoulder-hand syndrome after stroke: a prospective

79
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Bibliografia

clinical trial." Ann Neurol 36(5): 728-33.


Brocklehurst, J. C., K. Andrews, et al. (1985). "Incidence and correlates of incontinence in
stroke patients." J Am Geriatr Soc 33(8): 540-2.
Brooke, M. M., B. J. de Lateur, et al. (1991). "Shoulder subluxation in hemiplegia: effects of
three different supports." Arch Phys Med Rehabil 72(8): 582-6.
Burridge, J. H., P. N. Taylor, et al. (1997). "The effects of common peroneal stimulation on
the effort and speed of walking: a randomized controlled trial with chronic hemiplegic
patients." clinical rehabilitation 11(3): 201-10.
Burvill, P. W., G. A. Johnson, et al. (1995). "Prevalence of depression after stroke: the Perth
Community Stroke Study." Br J Psychiatry 166(3): 320-327.
Chandler, B. J. and S. Brown (1998). "Sex and relationship dysfunction in neurological
disability." J Neurol Neurosurg Psychiatry 65(6): 877-80.
Childers, M. K., M. Stacy, et al. (1996). "Comparison of two injection techniques using
botulinum toxin in spastic hemiplegia." american journal of physical medicine and
rehabilitation 75(6): 462-9.
Clavier, I., M. Hommel, et al. (1994). "Long-term prognosis of symptomatic lacunar infarcts.
A hospital-based study." Stroke 25(10): 2005-9.
Collaboration, S. U. T. (2000). "Organised inpatient (stroke unit) care for stroke. Stroke Unit
Trialists' Collaboration." Cochrane Database Syst Rev(2): CD000197.
Dam, M., P. Tonin, et al. (1996). "Effects of fluoxetine and maprotiline on functional recovery
in poststroke hemiplegic patients undergoing rehabilitation therapy [see comments]." stroke
27(7): 1211-4.
Davalos, A., W. Ricart, et al. (1996). "Effect of malnutrition after acute stroke on clinical
outcome." Stroke 27(6): 1028-32.
Davenport, R. and M. Dennis (2000). "Neurological emergencies: acute stroke." J Neurol
Neurosurg Psychiatry 68(3): 277-88.
de Haan, R., N. Aaronson, et al. (1993). "Measuring quality of life in stroke." Stroke 24(2):
320-7.
Dean, C. M., C. L. Richards, et al. (2000). "Task-related circuit training improves performance
of locomotor tasks in chronic stroke: a randomized, controlled pilot trial." archives of physical
medicine and rehabilitation 81(4): 409-17.
Dean, C. M. and R. B. Shepherd (1997). "Task-related training improves performance of
seated reaching tasks after stroke. A randomized controlled trial." stroke 28(4): 722-8.
Di Carlo, A., M. Lamassa, et al. (1999). "Stroke in the very old : clinical presentation and
determinants of 3- month functional outcome: A European perspective. European BIOMED
Study of Stroke Care Group." Stroke 30(11): 2313-9.
Diller, L. and J. Weinberg (1970). "Evidence for accident-prone behavior in hemiplegic
patients." Arch Phys Med Rehabil 51(6): 358-63.
Dorman, P., J. Slattery, et al. (1998). "Qualitative comparison of the reliability of health
status assessments with the EuroQol and SF-36 questionnaires after stroke. United Kingdom
Collaborators in the International Stroke Trial." Stroke 29(1): 63-8.
Duncan, P., L. Richards, et al. (1998). "A randomized, controlled pilot study of a home-
based exercise program for individuals with mild and moderate stroke." stroke 29(10):
2055-60.

80
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Bibliografia

Duncan, P. W., L. B. Goldstein, et al. (1992). "Measurement of motor recovery after stroke.
Outcome assessment and sample size requirements." Stroke 23(8): 1084-9.
Dursun, E., N. Hamamci, et al. (1996). "Angular biofeedback device for sitting balance of
stroke patients." Stroke 27(8): 1354-1357.
Engel, B. T., L. D. Burgio, et al. (1990). "Behavioral treatment of incontinence in the long-
term care setting." J Am Geriatr Soc 38(3): 361-3.
Evans, R. L., A. L. Matlock, et al. (1988). "Family intervention after stroke: does counseling
or education help?" Stroke 19(10): 1243-9.
Faghri, P. D., M. M. Rodgers, et al. (1994). "The effects of functional electrical stimulation
on shoulder subluxation, arm function recovery, and shoulder pain in hemiplegic stroke
patients." Arch Phys Med Rehabil 75(1): 73-9.
Feigenson, J. S., F. H. McDowell, et al. (1977). "Factors influencing outcome and length of
stay in a stroke rehabilitation unit. Part 1. Analysis of 248 unscreened patients--medical and
functional prognostic indicators." Stroke 8(6): 651.
Ferrucci, L., S. Bandinelli, et al. (1993). "Recovery of functional status after stroke. A
postrehabilitation follow- up study." Stroke 24(2): 200-5.
Feys, H. M., W. J. De Weerdt, et al. (1998). "Effect of a therapeutic intervention for the
hemiplegic upper limb in the acute phase after stroke: a single-blind, randomized, controlled
multicenter trial." stroke 29(4): 785-92.
Forster, A., G. Dowswell, et al. (1999). "Effect of a physiotherapist-led training programme
on attitudes of nurses caring for patients after stroke." Clin Rehabil 13(2): 113-22.
Forster, A., J. Smith, et al. (2001). "Information provision for stroke patients and their
caregivers." Cochrane Database Syst Rev(3): CD001919.
Franchignoni, F. P., L. Tesio, et al. (1997). "Trunk control test as an early predictor of stroke
rehabilitation outcome." Stroke 28(7): 1382-5.
Gilbertson, L., P. Langhorne, et al. (2000). "Domiciliary occupational therapy for patients
with stroke discharged from hospital: randomised controlled trial." Bmj 320(7235): 603-6.
Gladman, J., A. Forster, et al. (1995). "Hospital- and home-based rehabilitation after discharge
from hospital for stroke patients: analysis of two trials." age and ageing 24(1): 49-53.
Gladman, J., D. Whynes, et al. (1994). "Cost comparison of domiciliary and hospital-based
stroke rehabilitation. DOMINO Study Group." age and ageing 23(3): 241-5.
Gladman, J. R. and N. B. Lincoln (1994). "Follow-up of a controlled trial of domiciliary
stroke rehabilitation (DOMINO Study)." age and ageing 23(1): 9-13.
Gladman, J. R., N. B. Lincoln, et al. (1993). "A randomised controlled trial of domiciliary
and hospital-based rehabilitation for stroke patients after discharge from hospital." journal
of neurology, neurosurgery and psychiatry 56(9): 960-6.
Glanz, M., S. Klawansky, et al. (1996). "Functional electrostimulation in poststroke
rehabilitation: a meta-analysis of the randomized controlled trials." Arch Phys Med Rehabil
77(6): 549-553.
Gordon, C., R. L. Hewer, et al. (1987). "Dysphagia in acute stroke." Br Med J (Clin Res Ed)
295(6595): 411-4.
Gosman-Hedstrom, G., L. Claesson, et al. (1998). "Effects of acupuncture treatment on
daily life activities and quality of life: a controlled, prospective, and randomized study of

81
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Bibliografia

acute stroke patients." stroke 29(10): 2100-8.

Granger, C. V., B. B. Hamilton, et al. (1992). "Discharge outcome after stroke rehabilitation."
Stroke 23(7): 978-982.
Greener, J., P. Enderby, et al. (2000). "Speech and language therapy for aphasia following
stroke." Cochrane Database Syst Rev(2): CD000425.
Grimby, G., E. Andren, et al. (1998). "Dependence and perceived difficulty in daily activities
in community- living stroke survivors 2 years after stroke: a study of instrumental structures."
Stroke 29(9): 1843-1849.
Gross, J. (2000). "Urinary incontinence and stroke outcomes." Arch Phys Med Rehabil 81(1):
22-7.
Gross, J. C. (1990). "Bladder dysfunction after a stroke--it's not always inevitable." J Gerontol
Nurs 16(4): 20-5.
Gubitz, G., C. Counsell, et al. (2000). "Anticoagulants for acute ischaemic stroke." Cochrane
Database Syst Rev(2): CD000024.
Herrmann, N., S. E. Black, et al. (1998). "The Sunnybrook Stroke Study: a prospective study
of depressive symptoms and functional outcome." Stroke 29(3): 618-24.
Hesse, S., C. Bertelt, et al. (1995). "Treadmill training with partial body weight support
compared with physiotherapy in nonambulatory hemiparetic patients." Stroke 26(6): 976-
81.
Hesse, S., M. Konrad, et al. (1999). "Treadmill walking with partial body weight support
versus floor walking in hemiparetic subjects." archives of physical medicine and rehabilitation
80(4): 421-7.
Hobart, J. C., L. S. Williams, et al. (2002). "Quality of life measurement after stroke: uses
and abuses of the SF-36." Stroke 33(5): 1348-56.
Indredavik, B., F. Bakke, et al. (1999). "Treatment in a combined acute and rehabilitation
stroke unit: which aspects are most impor tant?" stroke 30(5): 917-23.
Indredavik, B., H. Fjaertoft, et al. (2000). "Benefit of an extended stroke unit service with
early supported discharge : A randomized, controlled trial [In Process Citation]." Stroke 31(12):
2989-94.
Jorgensen, H. S., L. P. Kammersgaard, et al. (2000). "Who benefits from treatment and
rehabilitation in a stroke Unit? A community-based study." Stroke 31(2): 434-9.
Jorgensen, H. S., H. Nakayama, et al. (1995). "Outcome and time course of recovery in
stroke. Part II: Time course of recovery. The Copenhagen Stroke Study." Arch Phys Med Rehabil
76(5): 406-12.
Jorgensen, H. S., J. Reith, et al. (1999). "What determines good recovery in patients with the
most severe strokes? The Copenhagen Stroke Study." Stroke 30(10): 2008-12.
Kalra, L. (1994). "Does age affect benefits of stroke unit rehabilitation?"
stroke 25(2): 346-51.
Kalra, L. and J. Eade (1995). "Role of stroke rehabilitation units in managing severe disability
after stroke." stroke 26(11): 2031-4.
Kalra, L., I. Perez, et al. (1997). "The influence of visual neglect on stroke rehabilitation."
stroke 28(7): 1386-91.
Kalra, L., D. H. Smith, et al. (1993). "Stroke in patients aged over 75 years: outcome and

82
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Bibliografia

predictors." Postgrad Med J 69(807): 33-6.


Kamran, S. I., D. Downey, et al. (1998). "Pneumatic sequential compression reduces the
risk of deep vein thrombosis in stroke patients." Neurology 50(6): 1683-8.
Kelly-Hayes, M., P. A. Wolf, et al. (1988). "Factors influencing survival and need for
institutionalization following stroke: the Framingham Study." Arch Phys Med Rehabil 69(6):
415-8.
Kerkhoff, G. (2000). "Neurovisual rehabilitation: recent developments and future directions."
J Neurol Neurosurg Psychiatry 68(6): 691-706.
Kerkhoff, G., U. Munssinger, et al. (1994). "Neurovisual rehabilitation in cerebral blindness."
Arch Neurol 51(5): 474-81.
Kjendahl, A., S. Sallstrom, et al. (1997). "A one year follow-up study on the effects of
acupuncture in the treatment of stroke patients in the subacute stage: a randomized, controlled
study." Clin Rehabil 11(3): 192-200.
Kotila, M., O. Waltimo, et al. (1984). "The profile of recovery from stroke and factors
influencing outcome." Stroke 15(6): 1039-44.
Kwak, R., S. Kadoya, et al. (1983). "Factors affecting the prognosis in thalamic hemorrhage."
Stroke 14(4): 493-500.
Kwakkel, G., R. C. Wagenaar, et al. (1996). "Predicting disability in stroke--a critical review
of the literature." Age Ageing 25(6): 479-89.
Lagalla, G., M. Danni, et al. (2000). "Post-stroke spasticity management with repeated
botulinum toxin injections in the upper limb." Am J Phys Med Rehabil 79(4): 377-84; quiz
391-4.
Leandri, M., C. I. Parodi, et al. (1990). "Comparison of TENS treatments in hemiplegic
shoulder pain." Scand J Rehabil Med 22(2): 69-71.
Lincoln, N. B., M. J. Majid, et al. (2000). "Cognitive rehabilitation for attention deficits
following stroke (Cochrane Review)." Cochrane Database Syst Rev 4: CD002842.
Loewen, S. C. and B. A. Anderson (1990). "Predictors of stroke outcome using objective
measurement scales." Stroke 21(1): 78-81.
Logan, P. A., J. Ahern, et al. (1997). "A randomized controlled trial of enhanced Social Service
occupational therapy for stroke patients." clinical rehabilitation 11(2): 107-13.
Logemann, J. A. (1991). "Approaches to management of disordered swallowing." Baillieres
Clin Gastroenterol 5(2): 269-80.
Macciocchi, S. N., P. T. Diamond, et al. (1998). "Ischemic stroke: relation of age, lesion
location, and initial neurologic deficit to functional outcome [In Process Citation]."
Arch.Phys.Med.Rehabil. 79(10): 1255-1257.
Mackenzie, A. E. and A. M. Chang (2002). "Predictors of quality of life following stroke."
Disabil Rehabil 24(5): 259-65.
Majid, M. J., N. B. Lincoln, et al. (2000). "Cognitive rehabilitation for memory deficits
following stroke (Cochrane review) [In Process Citation]." Cochrane Database Syst Rev(3):
CD002293.
Mant, J., J. Carter, et al. (1998). "The impact of an information pack on patients with stroke
and their carers: a randomized controlled trial." clinical rehabilitation 12(6): 465-76.
Mazzone, C., F. Chiodo Grandi, et al. (2002). "Physical methods for preventing deep vein

83
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Bibliografia

thrombosis in stroke." Cochrane Database Syst Rev(1): CD001922.


McClatchie, G. (1980). "Survey of the rehabilitation outcome of strokes." Med J Aust 1(13):
649-51.
McWhirter, J. P. and C. R. Pennington (1994). "Incidence and recognition of malnutrition
in hospital." Bmj 308(6934): 945-8.
Medici, M., M. Pebet, et al. (1989). "A double-blind, long-term study of tizanidine ('Sirdalud')
in spasticity due to cerebrovascular lesions." Curr Med Res Opin 11(6): 398-407.
Meythaler, J. M., S. Guin-Renfroe, et al. (1999). "Continuously infused intrathecal baclofen
for spastic/dystonic hemiplegia: a preliminary report." american journal of physical medicine
and rehabilitation 78(3): 247-54.
Miyai, I., A. D. Blau, et al. (1997). "Patients with stroke confined to basal ganglia have
diminished response to rehabilitation efforts." Neurology 48(1): 95-101.
Miyai, I., T. Suzuki, et al. (2000). "Improved functional outcome in patients with hemorrhagic
stroke in putamen and thalamus compared with those with stroke restricted to the putamen
or thalamus." Stroke 31(6): 1365-9.
Morris, P. L., B. Raphael, et al. (1992). "Clinical depression is associated with impaired
recovery from stroke." Med J Aust 157(4): 239-242.
Moskowitz, E., F. E. Lightbody, et al. (1972). "Long-term follow-up of the poststroke patient."
Arch Phys Med Rehabil 53(4): 167-72.
Nakayama, H., H. S. Jorgensen, et al. (1994). "Compensation in recovery of upper extremity
function after stroke: the Copenhagen Stroke Study." Arch Phys Med Rehabil 75(8): 852-857.
Nakayama, H., H. S. Jorgensen, et al. (1994). "The influence of age on stroke outcome. The
Copenhagen Stroke Study." Stroke 25(4): 808-13.
Nelles, G., W. Jentzen, et al. (2001). "Arm training induced brain plasticity in stroke studied
with serial positron emission tomography." Neuroimage 13(6 Pt 1): 1146-54.
Nyberg, L. and Y. Gustafson (1997). "Fall prediction index for patients in stroke rehabilitation."
Stroke 28(4): 716-721.
Paolucci, S., G. Antonucci, et al. (1996). "Predicting stroke inpatient rehabilitation outcome:
the prominent role of neuropsychological disorders." Eur Neurol 36(6): 385-390.
Paolucci, S., G. Antonucci, et al. (1998). "Functional outcome in stroke inpatient rehabilitation:
predicting no, low and high response patients." Cerebrovasc Dis 8(4): 228-34.
Pedersen, P. M., H. S. Jorgensen, et al. (1995). "Aphasia in acute stroke: incidence,
determinants, and recovery." Ann Neurol 38(4): 659-666.
Pedersen, P. M., H. S. Jorgensen, et al. (1997). "[Aphasia in acute apoplexy. Incidence,
background factors and course]." Ugeskr Laeger 159(8): 1109-1113.
Pedersen, P. M., H. S. Jorgensen, et al. (1997). "Hemineglect in acute stroke--incidence and
prognostic implications. The Copenhagen Stroke Study." Am J Phys Med Rehabil
76(2): 122-127.
Potter, J., P. Langhorne, et al. (1998). "Routine protein energy supplementation in adults:
systematic review." Bmj 317(7157): 495-501.
Price, C. I. and A. D. Pandyan (2000). "Electrical stimulation for preventing and treating
post-stroke shoulder pain (Cochrane Review)." Cochrane Database Syst Rev 4: CD001698.
Rapport, L. J., J. S. Webster, et al. (1993). "Predictors of falls among right-hemisphere stroke

84
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Bibliografia

patients in the rehabilitation setting." Arch Phys Med Rehabil 74(6): 621-6.
RCPE, C. S. (2000). Consensus Statement: STROKE TREATMENT AND SERVICE DELIVERY.
Consensus Conference on Stroke Treatment and Service Delivery, Royal College of Physicians
of Edinburgh.
Reiter, F., M. Danni, et al. (1998). "Low-dose botulinum toxin with ankle taping for the
treatment of spastic equinovarus foot after stroke." archives of physical medicine and
rehabilitation 79(5): 532-5.
Reith, J., H. S. Jorgensen, et al. (1997). "Seizures in acute stroke: predictors and prognostic
significance. The Copenhagen Stroke Study." Stroke 28(8): 1585-9.
Ricci, S., M. G. Celani, et al. (1991). "SEPIVAC: a community-based study of stroke incidence
in Umbria, Italy." J Neurol Neurosurg Psychiatry 54(8): 695-8.
Rice-Oxley, M. and L. Turner-Stokes (1999). "Effectiveness of brain injury rehabilitation."
Clin Rehabil 13(Suppl 1): 7-24.
Robinson, R. G., S. K. Schultz, et al. (2000). "Nortriptyline versus fluoxetine in the treatment
of depression and in short-term recovery after stroke: a placebo-controlled, double-blind
study." Am J Psychiatry 157(3): 351-9.
Rockwood, K., B. Joyce, et al. (1997). "Use of goal attainment scaling in measuring clinically
important change in cognitive rehabilitation patients." J Clin Epidemiol 50(5): 581-8.
Roderick, P., J. Low, et al. (2001). "Stroke rehabilitation after hospital discharge: a randomized
trial comparing domiciliary and day-hospital care." Age Ageing 30(4): 303-10.
Rodgers, H., J. Soutter, et al. (1997). "Early supported hospital discharge following acute
stroke: pilot study results." clinical rehabilitation 11(4): 280-7.
Ronning, O. M. and B. Guldvog (1998). "Outcome of subacute stroke rehabilitation: a
randomized controlled trial." Stroke 29(4): 779-84.
Roth, E. J., L. Lovell, et al. (2002). "Stroke rehabilitation: indwelling urinary catheters, enteral
feeding tubes, and tracheostomies are associated with resource use and functional outcomes."
Stroke 33(7): 1845-50.
Rudd, A. G., C. D. Wolfe, et al. (1997). "Randomised controlled trial to evaluate early discharge
scheme for patients with stroke." BMJ 315(7115): 1039-1044.
Rudd, A. G., C. D. Wolfe, et al. (1997). "Randomised controlled trial to evaluate early discharge
scheme for patients with stroke [see comments] [published erratum appears in BMJ 1998
Fe b 7 ; 3 1 6 ( 7 1 2 9 ) : 4 3 5 ] . " b m j ( c l i n i c a l re s e a rc h e d . ) 3 1 5 ( 7 1 1 5 ) : 1 0 3 9 - 4 4 .
Sacco, R. L., E. J. Benjamin, et al. (1997). "American Heart Association Prevention Conference.
IV. Prevention and Rehabilitation of Stroke. Risk factors [see comments]."
Stroke 28(7): 1507-17.
Sackley, C. M. and N. B. Lincoln (1997). "Single blind randomized controlled trial of visual
feedback after stroke: effects on stance symmetry and function." disability and rehabilitation
19(12): 536-46.
Samuelsson, M., B. Soderfeldt, et al. (1996). "Functional outcome in patients with lacunar
infarction." Stroke 27(5): 842-6.
Sanchez-Blanco, I., C. Ochoa-Sangrador, et al. (1999). "Predictive model of functional
independence in stroke patients admitted to a rehabilitation programme." Clin Rehabil 13(6):
464-75.
Schnelle, J. F. (1990). "Treatment of urinary incontinence in nursing home patients by

85
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Bibliografia

prompted voiding." J Am Geriatr Soc 38(3): 356-60.


Schubert, D. S., C. Taylor, et al. (1992). "Detection of depression in the stroke patient."
Psychosomatics 33(3): 290-294.
Secrest, J. and S. Thomas (1999). "Continuity and discontinuity: the quality of life following
stroke." Rehabil Nurs 24(6): 240-6.
Silver, K. H., R. F. Macko, et al. (2000). "Effects of aerobic treadmill training on gait velocity,
cadence, and gait symmetry in chronic hemiparetic stroke: a preliminary report." Neurorehabil
Neural Repair 14(1): 65-71.
Singh, A., S. E. Black, et al. (2000). "Functional and neuroanatomic correlations in poststroke
depression: the Sunnybrook Stroke Study." Stroke 31(3): 637-44.
Sinyor, D., P. Amato, et al. (1986). "Post-stroke depression: relationships to functional
impairment, coping strategies, and rehabilitation outcome." Stroke 17(6): 1102-1107.
Skegg, D. C. (1999). "Safety and efficacy of fertility-regulating methods: a decade of research."
Bull World Health Organ 77(9): 713-21.
Skilbeck, C. E., D. T. Wade, et al. (1983). "Recovery after stroke." J Neurol Neurosurg Psychiatry
46(1): 5-8.
Smith, G. V., K. H. Silver, et al. (1999). ""Task-oriented" exercise improves hamstring strength
and spastic reflexes in chronic stroke patients." Stroke 30(10): 2112-8.
Smith, S. J., E. Ellis, et al. (2000). "A double-blind placebo-controlled study of botulinum
toxin in upper limb spasticity after stroke or head injury." Clin Rehabil 14(1): 5-13.
Smithard, D. G., P. A. O'Neill, et al. (1996). "Complications and outcome after acute stroke.
Does dysphagia matter?" Stroke 27(7): 1200-4.
SPREAD (2000). Ictus Cerebrale Linee Guida Italiane.
SSN (1998). "Linee-guida del Ministro della sanit per le attivit di riabilitazione." Gazzetta
Ufficiale(124).
Stegmayr, B., K. Asplund, et al. (1999). "Stroke units in their natural habitat: can results of
randomized trials be reproduced in routine clinical practice? Riks-Stroke Collaboration."
Stroke 30(4): 709-14.
Sterzi, R., G. Bottini, et al. (1993). "Hemianopia, hemianaesthesia, and hemiplegia after
right and left hemisphere damage. A hemispheric difference." J Neurol Neurosurg Psychiatry
56(3): 308-10.
Stolee, P., K. Rockwood, et al. (1992). "The use of goal attainment scaling in a geriatric care
setting." J Am Geriatr Soc 40(6): 574-8.
Stroke Unit Trialist. (2002). "Organised inpatient (stroke unit) care for stroke.
Stroke Unit Trialists' Collaboration." Cochrane Database Syst Rev(2).

Stuck, A. E., A. L. Siu, et al. (1993). "Comprehensive geriatric assessment: a meta-analysis


of controlled trials." Lancet 342(8878): 1032-6.
Sudlow, C. L. and C. P. Warlow (1997). "Comparable studies of the incidence of stroke and
its pathological types: results from an international collaboration. International Stroke
Incidence Collaboration." Stroke 28(3): 491-9.
Sunderland, A., D. Fletcher, et al.(1994). "Enhanced physical therapy for arm function after stroke:
a one year follow up study." journal of neurology, neurosurgery and psychiatry 57(7): 856-8.

86
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Bibliografia

Sunderland, A., D. J. Tinson, et al. (1992). "Enhanced physical therapy improves recovery
of arm function after stroke. A randomised controlled trial." journal of neurology, neurosurgery
and psychiatry 55(7): 530-5.
Tekeoglu, Y., B. Adak, et al. (1998). "Effect of transcutaneous electrical nerve stimulation
(TENS) on Barthel Activities of Daily Living (ADL) index score following stroke [In Process
Citation]." Clin.Rehabil. 12(4): 277-280.
The Intercollegiate Working Party for Stroke (2000). National Clinical Guidelines for Stroke.
London, Royal College of Physicians.
Townsend, J., E. Courchesne, et al. (1999). "Spatial attention deficits in patients with acquired
o r d e ve l o p m e n t a l c e re b e l l a r a b n o r m a l i t y. " J Ne u ro s c i 1 9 ( 1 3 ) : 5 6 3 2 - 4 3 .
USA, L. G. (1995). "Post-stroke rehabilitation: assessment, referral, and patient management.
U.S. Department of Health and Human Services Public Health Service. Agency for Health
Care Policy and Research." Clin Pract Guidel Quick Ref Guide Clin(16): i-iii, 1-32.
Visintin, M., H. Barbeau, et al. (1998). "A new approach to retrain gait in stroke patients
through body weight support and treadmill stimulation." Stroke 29(6): 1122-8.
Wade, D. T. (1998). "Evidence relating to assessment in rehabilitation [editorial]." Clin
Rehabil 12(3): 183-6.
Wade, D. T., F. M. Collen, et al. (1992). "Physiotherapy intervention late after stroke and
mobility [see comments]." bmj (clinical research ed.) 304(6827): 609-13.
Wade, D. T. and R. L. Hewer (1987). "Functional abilities after stroke: measurement, natural
history and prognosis." J Neurol Neurosurg Psychiatry 50(2): 177-82.
Wade, D. T., R. Langton-Hewer, et al. (1984). "Stroke: the influence of age upon outcome."
Age Ageing 13(6): 357-62.
Wade, D. T., C. E. Skilbeck, et al. (1983). "Predicting Barthel ADL score at 6 months after an
acute stroke." Arch Phys Med Rehabil 64(1): 24-8.
Walker, M. F., J. R. Gladman, et al. (1999). "Occupational therapy for stroke patients not
admitted to hospital: a randomised controlled trial." lancet 354(9175): 278-80.
Walker, M. F. and N. B. Lincoln (1991). "Factors influencing dressing performance after
stroke." J Neurol Neurosurg Psychiatry 54(8): 699-701.
Waltimo, O., M. Kaste, et al. (1976). "Prognosis of patients with unilateral extracranial
occlusion of the internal carotid artery." Stroke 7(5): 480-2.
Wanklyn, P., A. Forster, et al. (1996). "Hemiplegic shoulder pain (HSP): natural history and
i n ve s t i g a t i o n o f a s s o c i a t e d f e a t u re s. " Di s a b i l Re h a b i l 1 8 ( 1 0 ) : 4 9 7 - 5 0 1 .
Warlow, C. (1978). "Venous thromboembolism after stroke." Am Heart J 96(3): 283-5.
Warlow, C., M. Dennis, et al. (1996). Stroke. A practical guide to management. Oxford,
Blackwell Science Ltd.
Warlow, C., D. Ogston, et al. (1976). "Deep venous thrombosis of the legs after strokes.
Par t I-incidence and predisposing factors." Br Med J 1(6019): 1178-81.
Warlow, C., D. Ogston, et al. (1976). "Deep venous thrombosis of the legs after strokes: Part
2-Natural history." Br Med J 1(6019): 1181-3.
Ween, J. E., M. P. Alexander, et al. (1996). "Factors predictive of stroke outcome in a
rehabilitation setting." Neurology 47(2): 388-392.

87
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Bibliografia

Wiart, L., H. Petit, et al. (2000). "Fluoxetine in early poststroke depression: a double-blind
placebo- controlled study." Stroke 31(8): 1829-32.
Widen Holmqvist, L., L. Von Koch, et al. (1998). "A randomized controlled trial of rehabilitation
at home after stroke in southwest Stockholm." Stroke 29(3): 591-597.
Wyller, T. B., K. M. Sodring, et al. (1997). "Are there gender differences in functional outcome
after stroke?" Clin Rehabil 11(2): 171-9.
Young, J. and A. Forster (1993). "Day hospital and home physiotherapy for stroke patients:
a comparative cost-effectiveness study." journal of the royal college of physicians of london
27(3): 252-8.
Young, J. B. and A. Forster (1992). "The Bradford community stroke trial: results at six
months." bmj (clinical research ed.) 304(6834): 1085-9.
Zippel, C. (1984). "[Indications for special rehabilitation programs for cerebrovascular
strokes]." ZFA 39(2): 67-72.
Zorowitz, R. D., M. B. Hughes, et al. (1996). "Shoulder pain and subluxation after stroke:
correlation or coincidence?" Am J Occup Ther 50(3): 194-201.
Zorowitz, R. D., D. Idank, et al. (1995). "Shoulder subluxation after stroke: a comparison of
four supports." Arch Phys Med Rehabil 76(8): 763-771.

88
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Appendice 1

Appendice 1

La prescrizione degli ausili


Il ruolo degli ausili rappresenta una componente essenziale che sinserisce nel
programma:

 di prevenzione delle complicazioni in fase post - acuta (decubiti, TVP, problemi


polmonari ecc.);
 daiuto nel superamento delle barriere architettoniche, ambientali e domestiche
nel momento del ritorno e reinserimento, alla dimissione, nel proprio ambiente
familiare;
 di miglioramento delle possibilit di recupero della disabilit, nel periodo di
riabilitazione ambulatoriale presso le strutture di II livello;
 daiuto nelleventuale inserimento in Residenze Sanitarie Assistenziali, legato
spesso oltre che ad un insufficiente recupero, anche a condizioni socio - familiari
carenti;
 di contenimento del danno motorio stabilizzato, per incrementare la possibilit
di reinserimento nellambiente socio - familiare e, quando possibile, lavorativo.

In fase acuta e immediatamente post - acuta gli ausili, necessari alla prevenzione
delle complicanze, sono di propriet e pertinenza delle strutture di ricovero in cui
il paziente giunge dopo lictus e solo raramente hanno bisogno di personalizzazione
per particolari esigenze del paziente.
E al momento della dimissione del paziente che si deve valutare la necessit dausili
utili ed idonei, sia per quanto riguarda il programma riabilitativo immediato, sia
considerando la situazione ambientale in cui il paziente si trover alla dimissione
(barriere architettoniche nelle eventuali realt di reinserimento).

Al momento della dimissione dalla fase acuta, raramente possibile una completa
valutazione delle capacit di recupero del paziente; nella gran parte dei casi, pertanto,
il compito di prescrizione degli ausili, secondo le condizioni cliniche, va demandato
al team della riabilitazione post - acuta, intensiva od estensiva. Il team deve fornire
al paziente, insieme alla lettera di dimissione, una dettagliata prescrizione degli
ausili necessari, indicando i codici di riferimento, le modalit, i tempi dutilizzo e
le finalit della fornitura. Altrettanto importante offrire ai familiari o, quando
questi fossero indisponibili, alle figure che si occuperanno dellassistenza del
paziente, una chiara indicazione su orari ed ubicazione degli uffici di prescrizione
e sulla documentazione necessaria per ottenere la fornitura.

I
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Appendice 1

Gli aspetti tecnico specialistici nella prescrizione degli


ausili
La prescrizione degli ausili va vista come un atto che sinserisce nel programma di
superamento delle disabilit e non come la fornitura dattrezzi come diritto del
paziente.
Per questa ragione la prescrizione, che deve avvenire possibilmente su un modello
unico, perlomeno in ambito regionale, deve rappresentare latto finale di un processo
di valutazione del paziente effettuato dal team che ha la responsabilit del
programma riabilitativo dello stesso.
Il medico competente in riabilitazione, insieme con il fisioterapista e le eventuali
altre figure professionali che hanno in carico il paziente, deve:
 elaborare la prescrizione, garantendo che la stessa avvenga allinterno di un piano
riabilitativo personalizzato;
 seguire, se richiesto, le fasi di realizzazione dellausilio in collaborazione con
lofficina ortopedica incaricata della fornitura;
 verificare, al momento del collaudo, che quanto previsto corrisponda
effettivamente alle esigenze riabilitative del paziente e non semplicemente che i
codici e/o i materiali corrispondano alla prescrizione iniziale.

Istituzione e ruolo dei centri ausili


Partendo dal presupposto che per gli operatori coinvolti nella definizione di uno
specifico progetto riabilitativo oggi la maggiore difficolt nella scelta di un ausilio
non tanto dovuta alla mancanza dello stesso (visto il grande sviluppo dellofferta
da parte delle aziende del settore, sia a livello nazionale sia internazionale), quanto
alla difficolt di identificarlo, selezionarlo ed eventualmente personalizzarlo, ne
consegue lesigenza di proporre la creazione a livello di Azienda USL di un CENTRO
AUSILI (con competenza per infanzia e adulti).

Tale struttura organizzativa deve assolvere alle seguenti funzioni essenziali:

 informazione e documentazione sugli ausili, sui supporti per il superamento


delle barriere architettoniche e lottimizzazione della mobilit, con lutilizzo di una
banca dati per laggiornamento costante e linformazione degli operatori della
riabilitazione, dei soggetti con disabilit e menomazioni funzionali congenite o
acquisite e di chi li assiste;
 supporto e consulenza ai servizi di riabilitazione;
 assistenza tecnica alle strutture sociali che partecipano al progetto riabilitativo
(servizi sociali dei comuni, centri di riqualificazione professionale, centri di
formazione e perfezionamento degli operatori socio sanitari, laboratori protetti,
strutture daccoglienza, ecc.);
 promozione, informazione e supporto alle realt associative dei disabili e del

II
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Appendice 1

volontariato;
 promozione diniziative volte ad una maggiore conoscenza e sensibilizzazione
rispetto alle opportunit ed alle potenzialit degli AUSILI per il reintegro sociale
del disabile (adattamenti per la guida di veicoli, informazioni sui contributi per
leliminazione delle barriere architettoniche, ecc.);
 attivit di ricerca e studio, in particolare per la costruzione di nuovi edifici pubblici
o adibiti ad abitazione, alle applicazioni delle nuove tecnologie elettroniche ed
informatiche (Domotica: telecontrollo delettrodomestici ed altri automatismi nel
proprio domicilio) ed alle nuove tecniche per la mobilit dei disabili nei servizi
pubblici di trasporto (autobus, treni, ecc.);
 prescrizione, collaudo e verifica dellefficacia ed efficienza degli ausili forniti
nellambito del NOMENCLATORE TARIFFARIO DELLE PROTESI, rafforzando la
personalizzazione del servizio con adeguatezza qualitativa e tecnologicamente
aggiornata;
 offerta di consulenza tecnica per la costruzione e la sperimentazione dausili,
protesi ortesi, strutture facilitanti lautonomia, la mobilit e loperativit in genere,
sia ludica sia lavorativa, del soggetto con disabilit.

Si ritiene di individuare il centro ausili in ununica struttura funzionale di riferimento


con un responsabile tecnico-amministrativo esperto e due operatori della
riabilitazione, un fisiatra ed un fisioterapista, con specifica conoscenza ed esperienza
nel campo della realizzazione, funzionalit ed utilizzo degli ausili, che operi in
stretto contatto con le realt riabilitative territoriali dellintera Azienda USL e tutte
le altre realt in qualunque modo interessate alla tematica specifica degli ausili per
lautonomia e la mobilit del soggetto con disabilit funzionali.

III
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Progetto grafico:
Promovideo ADV - Perugia

Stampa:
Graphic Masters - Perugia
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria
Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

Linea Guida

You might also like