Il Contributo italiano alla storia del Pensiero Filosofia (2012)
di Fabrizio Meroi Giuseppe Rensi Nel quadro della filosofia italiana della prima met del Novecento, quella di Giuseppe Rensi una figura assai particolare. Nonostante sia stato oggetto, in passato, di interpretazioni che ne hanno addirittura contestato lo spessore filosofico, il suo pensiero il cui tratto pi caratterizzante consiste in una ripresa di motivi propri della tradizione scettica giunge in realt a esiti di indubbia originalit e notevole valore teorico. Ugualmente, non pu essere messa in discussione neppure la sua profonda passione civile, che alimenta gran parte della sua riflessione ed altres testimoniata sia dal giovanile impegno politico che dalla ferma opposizione, negli anni Venti e Trenta, al regime fascista. La vita Giuseppe Rensi nasce il 31 maggio 1871 a Villafranca di Verona, da unagiata famiglia borghese. Dopo gli studi liceali, intraprende quelli di giurisprudenza, frequentando prima lUniversit di Padova e poi quella di Roma, dove si laurea nel 1893. Comincia a esercitare la professione di avvocato, ma ben presto si iscrive al Partito socialista e si trasferisce a Milano, dove assume la direzione della Lotta di classe e collabora sia con la Critica sociale di Filippo Turati che con la Rivista popolare di Napoleone Colajanni. per costretto, in seguito ai moti milanesi del 1898, a lasciare lItalia e a rifugiarsi nel Canton Ticino. In Svizzera Rensi si fermer per dieci anni, durante i quali sposa la ticinese Lauretta Perucchi (dalla quale avr due figlie) e si inserisce a pieno titolo nella vita politica e culturale di quella che, per certi versi, pu essere definita la sua seconda patria. In particolare, viene eletto, nel 1905, deputato del Gran consiglio (in seguito ricoprir anche la carica di segretario dello stesso Gran consiglio e del Consiglio di Stato) e affianca allattivit politica quella giornalistica, scrivendo assiduamente su alcuni giornali locali. Ma sono anche gli anni, questi, della fondamentale esperienza di Coenobium, la rivista luganese di liberi studi fondata nel 1906 da Enrico Bignami e Arcangelo Ghisleri, della quale Rensi sar collaboratore e redattore capo fino al 1914; nonch delle prime opere in volume: Una Repubblica italiana (il Cantone Ticino) (1899), Gli Anciens rgimes e la democrazia diretta (1902, ripubblicata nel 1926 con il titolo La democrazia diretta) e Studi e note di filosofia, storia, letteratura, economia politica (1903). Dopo il suo ritorno in Italia, nel 1908, Rensi esce dal Partito socialista e inizia la carriera universitaria, che lo vedr insegnare, negli anni seguenti, a Ferrara, Firenze e Messina, finch nel 1918 si stabilisce a Genova, presso il cui ateneo diviene titolare della cattedra di filosofia morale. Oltre che allinsegnamento, si dedica a un intenso lavoro di scrittura, pubblicando numerosi saggi su rivista e, soprattutto, decine di libri. Di questi ultimi vanno ricordati almeno i principali. Degli anni Dieci sono le Antinomie dello spirito (1910), il Genio etico ed altri saggi(1912), la Trascendenza (1914) e i Lineamenti di filosofia scettica (1919, 19212), il testo-chiave dello scetticismo rensiano. Dellinizio degli anni Venti sono poi i volumi che segnano il suo momentaneo avvicinamento al fascismo, dalla Filosofia dellautorit (1920) allOrma di Protagora (1920), dai Princip di politica impopolare (1920) a Teoria e pratica della reazione politica (1922); ma di questo periodo sono anche le Polemiche antidogmatiche (1920), con le quali si consuma il distacco da Benedetto Croce e dalla sua filosofia, la Scepsi estetica (1920) eIntroduzione alla scepsi etica (1921). Nel 1924 esce Interiora rerum (ripubblicato, con il titolo La filosofia dellassurdo, nel 1937), una disincantata esplorazione, tra scetticismo e pessimismo, delle contraddizioni della visione idealistica e razionalistica della storia; nel 1925 Realismo, nel quale i motivi di ordine filosofico si intrecciano con quelli pi specificamente politici e civili; nel 1926 Autorit e libert, uno dei testi capitali dellantifascismo rensiano. Risalgono al 1925 e al 1926 lApologia dellateismo e lApologia dello scetticismo, che escono per i tipi delleditore modenese Angelo Fortunato Formiggini, una delle figure pi interessanti nel panorama della cultura italiana della prima met del Novecento, con il quale Rensi pubblicher pure un profilo di Baruch Spinoza (Spinoza, 1929). A causa della sua opposizione al regime fascista, nel 1927 Rensi subisce una prima sospensione dallinsegnamento, nel 1930 viene anche arrestato (sar per rimesso presto in libert) e nel 1934 definitivamente allontanato dalla cattedra, ottenendo comunque un incarico presso il centro bibliografico dellUniversit. La sua produzione intellettuale, in ogni caso, non ne risente: anche nel corso degli anni Trenta, infatti, scrive e pubblica moltissimo. Da un lato, abbiamo una serie di volumetti di carattere diaristico, nei quali non mancano peraltro spunti teorici di notevole rilievo; dallaltro, vi sono diversi testi di maggiore spessore e di vario argomento, tra i quali si possono ricordare Le aporie della religione (1932), Passato presente futuro (1932), Motivi spirituali platonici (1933), Il materialismo critico(1934), Critica della morale (1935) e Autobiografia intellettuale - La mia filosofia - Testamento filosofico (1939). Rensi muore a Genova il 14 febbraio 1941, durante un ricovero in ospedale. Alle poche persone presenti alle esequie la polizia impedisce di seguire il tragitto del carro funebre. Postumi usciranno la Morale come pazzia (1942), un secondoSpinoza (1942), le Lettere spirituali (1943), il Trasea (1948) e la raccolta di scritti sparsi Sale della vita (1951). Dal positivismo allidealismo La filosofia di Rensi , allinizio, di marca nettamente positivistica. Il giovane giornalista e militante socialista che opera tra Verona, Milano e la Svizzera infatti, dal punto di vista dellimpostazione filosofica generale, un seguace del positivismo. Un positivismo, quello del primo Rensi, che stato definito probabilmente a ragione acritico e di seconda mano (G. Rognini, Giuseppe Rensi. Dal positivismo allidealismo (1895-1914), 1986, p. 11); ma che, in ogni caso, fa da sfondo al suo impegno politico e alla sua riflessione teorica, sui temi pi diversi, tra la fine del 19 e linizio del 20 secolo. Il suo principale obiettivo negli scritti di questi anni, molti dei quali sono raccolti in Studi e note del 1903, quello di contribuire alla ricerca di una fondazione scientifica del socialismo, di coniugare in altre parole Herbert Spencer e Charles Darwin con Karl Marx (del tutto in linea, del resto, con lorientamento prevalente allinterno del socialismo italiano di fine Ottocento, in particolare con quello di Turati e della Critica sociale). Ma il positivismo di Rensi si apre anche a suggestioni di tipo vagamente religioso (come accade nellarticolo La letteratura della meditazione, uscito nel 1902 sullEducazione politica) e, soprattutto, si colora a un certo punto di tinte addirittura idealistiche (come attestato dal saggio La rinascita dellidealismo, pubblicato nel 1905 sulla Critica sociale), preparando in tal modo quella che sar, negli anni successivi, la sua adesione alla prospettiva appunto dellidealismo. Dopo essere stato positivista, Rensi diventa dunque idealista. Ma questa nuova fase del suo itinerario di pensiero pu essere a sua volta suddivisa in due momenti distinti. In un primo momento, nella seconda met del decennio inaugurale del Novecento, lidealismo rensiano di impronta decisamente immanentistica. Il monismo e il razionalismo che avevano tra laltro caratterizzato il suo positivismo spingono ora Rensi verso una soluzione hegeliana della problematica filosofica. Ed proprio a Georg Wilhelm Friedrich Hegel che egli guarda anzitutto; a Hegel e, insieme, alla filosofia indiana. Nel denso saggio Hegel, il cristianesimo e il vednta, uscito su Coenobium nel 1907 e inserito poi nel Genio etico del 1912, il pensatore tedesco viene visto come il punto di arrivo di un percorso quello della tradizione moderna che, passando attraverso John Locke e George Berkeley, David Hume e Immanuel Kant, giunge infine alla conclusione che la realt e il pensiero, lessere e il conoscere, coincidono perfettamente (Il genio etico, 1912, pp. 214-15), che la vera e suprema realt, sempre e soltanto il pensiero, lidea (p. 216) e che questultima, essendo la forza universalmente creatrice, Dio (p. 217). In ci, lhegelismo non sarebbe affatto affine al cristianesimo: infatti il Dio cristiano scrive Rensi un Dio che esiste fuori del mondo, e che esiste come piena, perfetta e infinita coscienza, prima del mondo da lui creato; mentre il Dio di Hegel [] non esiste fuori del mondo, perch non esiste se non creando, e non attinge la piena e perfetta coscienza se non alla fine della sua creazione (p. 218). Esso risulta invece avere molti punti in comune con il vedntismo: il vedntino [] scorge in s non unessenza delluniverso cieca, triste, illogica, ma unessenza eminentemente razionale, luminosa, divina, e questa essenza che scopre in s [] [] identica allIdea di Hegel, a quella essenza, a quella mente delluniverso che Rensi cita lo Hegel della celebre chiusa dellEnzyklopdie der philosophischen Wissenschaften eterna in s e per s, si attua, si produce e gode s stessa eternamente come spirito assoluto (pp. 222-23). In un secondo momento, nella prima met degli anni Dieci, lidealismo rensiano si configura invece come un idealismo di tipo trascendente. Adesso Rensi, polemizzando con lorientamento crociano e rivedendo le proprie posizioni precedenti, giudica insoddisfacente linterpretazione meramente immanentistica dellidealismo e afferma con decisione che il pensiero, o Dio, incarnato e immanente in noi, presuppone [] un Dio trascendente e disincarnato, preesistente allincarnazione e che ha voluto incarnarsi (La trascendenza, 1914, p. 21). Limmanenza stessa, insomma, sfocerebbe secondo Rensi nella trascendenza. Ci avverrebbe sia in ambito teoretico che in ambito etico; e proprio su questultimo versante Rensi concentra la sua attenzione, sostenendo che letica idealista cos come, del resto, quella kantiana e quella positivista in realt unetica eteronoma, che implica, da ultimo, lesistenza di unentit superumana e trascendente. Luniversale etico dellidealismo, infatti, deve essere concepito come la libera, autonoma, incontrollabile affermazione delluniversalizzabilit di uninfinit di massime diverse che, per ciascuna di esse, compie lo Spirito nei singoli individui. E tale Spirito dovr essere a sua volta concepito come una forza od attivit che non n un prodotto degli individui, n in questi totalmente contenuta, ma preesiste agli individui come unentit superumana e trascendente, la quale produce gli individui, ciascuno come veicolo, stromento, mezzo di estrinsecazione, duno o dalcuni dei suoi aspetti, delle sue direzioni, delle sue volizioni (La trascendenza, cit., pp. 191-92). La dimensione squisitamente trascendente della concezione etica ora professata da Rensi cos del tutto evidente; e non sorprende che lapprodo conclusivo sia rappresentato da una morale intuizionista e aristocratica (che risente anche di suggestioni platoniche e paoline): il bene non appartiene alla ragione di tutti, ma soltanto a quella dei pochi in cui si incarna la ragione etica e che sono da questa specificamente attivati, per cui lintuizione del bene, come ogni intuizione, propria di pochi, e quindi la virt dote essenzialmente aristocratica (pp. 419- 20). Lo scetticismo Cos lo stesso Rensi presenter, successivamente, la svolta decisiva del suo percorso filosofico, negando che essa potesse risultare contraddittoria rispetto alla sua riflessione precedente (di ci era stato ferocemente accusato da alcune figure di spicco della cultura italiana dellepoca, da Croce a Giovanni Gentile, a Luigi Russo) e insistendo, invece, sullelemento della continuit: Fu mentre ero allUniversit di Messina, intorno al 1916, che acquistai io stesso piena consapevolezza dellindole scettica della mia mente e che gli sparsi ingredienti scettici sempre stati presenti nel mio spirito, vennero a fondersi in un tutto armonico e completo (Autobiografia intellettuale, 19892, pp. 24-25). Del resto, gi nella Prefazione ai Lineamenti di filosofia scettica egli era stato, su questo punto, assai esplicito, rivendicando come propria, originaria ed essenziale al suo pensiero, fin dallinizio, lindole critica, la tendenza ad avvertire chiaramente le antinomie e i contrasti, la disposizione [] a non ammettere in filosofia la possibilit di conclusioni apodittiche (Lineamenti di filosofia scettica, 1919, pp. XI- XII): tutti tratti, questi, che avrebbero quindi, per cos dire, preparato il terreno per un ingresso in grande stile sulla scena della scepsi. Vi furono per, certamente, vari fattori che per sua stessa ammissione contribuirono a fargli comprendere che la natura autentica della sua filosofia aveva un nome celebre e consacrato nella storia dei sistemi e sotto di esso spontaneamente veniva a classificarsi (p. XII). Si trattava della scoperta dellimpossibilit di fondare luniversalit dello spirito nel campo delle scienze giuridiche, dellincontro con lopera di un autore come Charles-Bernard Renouvier, dellapprofondimento della conoscenza dei testi degli scettici antichi e, soprattutto, della guerra, un evento che drammaticamente dimostrava secondo Rensi linesistenza di una ragione e di uno spirito unici e assoluti: Che cos [] la guerra? linevitabile prodotto e la necessaria espressione sanguinosa dellurto di due opposti pronunciati della ragione, di due intuizioni, di due evidenze, ciascuna delle quali sente con incrollabile certezza di essere il prodotto della sintesi a priori, sente di essere adeguata alla ragione, sente che non pu lasciarsi negare o comprimere perch ci sarebbe conculcare la stessa ragione; ma sopra le quali evidenze per stabilire quale di esse sia autenticamente il prodotto della sintesi a priori non v [] alcun giudice. Le ragioni che sono infallibilmente certe fino al sangue ed alla morte delle proprie opposte intuizioni, sono pi. La ragione non dunque una. Essa non ci d lobbiettivo. Non esiste unospirito assoluto; ma una miriade di spiriti diversi ugualmente assoluti. Ecco il significato della guerra (Lineamenti di filosofia scettica, cit., pp. 45-46). Questa dunque la via che conduce Rensi allo scetticismo: uno scetticismo che si collega allora direttamente allidea di pluriversalit anzich universalit della ragione e che gli appare come la filosofia pi adatta a incarnare lo spirito del tempo. Scrive pochi anni dopo: lo scetticismo la concezione propria dei pensatori pi rappresentativi del presente momento (Louis Rougier ed mile Meyerson in Francia, Arthur James Balfour e Francis Herbert Bradley in Inghilterra, Wilhelm Dilthey e Georg Simmel in Germania), nonch quella in cui si fatto coscienza pulsante e vibrante lo strazio della nostra et che non sa trovare unit e pace; e conclude: lo scetticismo veramente il frutto pi maturo dellepoca (Apologia dello scetticismo, 1926, p. 9). Peraltro Rensi ne perfettamente consapevole una trattazione scettica della problematica filosofica, evidentemente, sempre esistita, opponendosi regolarmente e frontalmente a ogni razionalismo o idealismo (da quello platonico a quello stoico, da quello di Ren Descartes a quello di Kant, da quello di Johann Gottlieb Fichte a quello di Hegel). In ultima analisi e in questa sua veste immutata attraverso le singole epoche lo scetticismo non altro che antirazionalismo e antidealismo (p. 12). Se la caratteristica principale di tutte le prospettive a sfondo razionalistico o idealistico sempre stata la certezza che ci che esigenza imprescindibile della ragione [] per ci solo abbia lessere, che quindi i tratti essenziali del reale siano ritrovabili dalla ragione in s stessa e che questi tratti fondamentali del reale, che sono ricavabili dalla ragione, che sono ragione, posseggano assolutezza, apoditticit, universalit, lo scetticismo molto semplicemente proprio la negazione di tutto questo, la negazione che vi sia alcunch [] di apodittico, di universale, di assoluto; la negazione, cio, che il mondo, il reale, i fatti siano deducibili dalla ragione, abbiano una ragione, siano ragione, e che questa quindi ricavando da s possa approdare al reale medesimo (Apologia dello scetticismo, cit., pp. 18-19). Se per precisa Rensi lo scetticismo nega in modo cos deciso la razionalit del reale, esso non nega affatto il reale in se stesso: lo scetticismo non si mai sognato di negare la verit dei fatti; [] ci che esso ha solo sempre negato la razionalit e il razionalismo (p. 23). Ed questo lo snodo concettuale che permette a Rensi di confutare la pi classica delle obiezioni antiscettiche, secondo la quale lo scettico cadrebbe in contraddizione poich, affermando che non vi alcuna verit, ammetterebbe comunque lesistenza di una forma di verit. Bisogna chiarire risponde Rensi che cosa si intende per verit. Si pu dire, infatti, che lo scetticismo nega la verit solo nel senso che esso nega lesistenza della verit assoluta, per cos dire imposta apoditticamente e universalmente dalla ragione ricavante dai suoi eterni e universali princpi. Non nega gi una verit mutabile, qua e l, o prima e poi, diversa, relativa (pp. 25-26). Una verit, appunto, come quella che risiede nei fatti, che allora potranno essere s oggetto di osservazione, ma non di deduzione razionale. Rensi pu cos fissare quella che ritiene essere lautentica formula dello scetticismo, che non sar la tradizionale ma fuorviante non c verit, bens la seguente: Ecco i fatti; essi non hanno alcuna spiegazione (essenziale, razionale); essi non hanno alcuna ragione. Il reale ; per questa non-ragione che ; , senza essere deducibile dalla ragione; , e non ragione (pp. 26-27). E pu altres dichiarare, infine, che tutte le metafisiche mulinano nel regno dellirreale, della fantasia, del sogno (p. 31). Alla luce di quanto si detto, appare chiaro che quello di Rensi uno scetticismo che potremmo definire moderato, anche perch egli stesso lo qualifica come positivistico, realistico e addirittura materialistico. Dal momento che sostiene che ci si deve ridurre alla constatazione e coordinazione sperimentale e scientifica dei fatti, lo scetticismo infatti positivismo, non ostante che la maggior parte dei positivisti, per la solita paura della parola, respingano la propria identit con esso e si rifiutino di veder in esso la stessa propria immagine (pp. 67 e 68-69). Ed positivismo in senso non fenomenistico, ma realistico: Esso non ammette che esista solo ci che appreso dalla coscienza, che lesistenza delle cose consista nel loro essere percepite (o pensate), che esse sia percipi (ocogitari). Lo scetticismo ritiene anzi, e deve logicamente ritenere, che ci che appreso dalla coscienza, le percezioni o sensazioni, sia rivelatore dalcunch che per s, che esiste a tutto suo agio fuori e indipendentemente dalla coscienza, che non ha affatto bisogno di aspettare che la coscienza vi dia gli elementi dellesistenza, le forme spaziali, temporali, categoriali. Queste [] sono gi nella realt extramentale, nelle cose, nei fenomeni, che sono fenomeni in s (pp. 70- 71). Un realismo, questo, che risulta essere, nella sua pi intima essenza, materialistico: Ma che cosa significa dire che tutto ci che reale deve essere reale per avere le forme della spazialit (cio dellestensione), della temporalit, delle concatenazioni categoriali? Significa dire [] che si pu vedere o toccare; e questo alla sua volta significa dire che materiale. Tutto ci che esiste materiale (p. 75). Di qui il realismo e il materialismo critico dei quali Rensi, sulla base di unattenta e originale rilettura del kantismo, si fa convinto sostenitore tra la fine degli anni Venti e linizio degli anni Trenta e ai quali dedica, in questo periodo, diversi scritti importanti. Peraltro si pu osservare un tale allargamento del campo dindagine non compromette, anzi arricchisce la sua impostazione squisitamente scettica, in virt della quale tra laltro egli viene presentato, accanto ad Adolfo Levi, come esponente italiano dello scetticismo novecentesco nel 31 volume della Enciclopedia Italiana, pubblicato nel 1936. Pessimismo, irrazionalismo, misticismo La vena irrazionalistica del pensiero di Rensi, decisiva come si visto nel determinare il carattere complessivo dellorientamento scettico, alimenta anche e soprattutto la sua opera in volume pi riuscita, quella Filosofia dellassurdo che nel 1937, riprendendo e rielaborando Interiora rerum del 1924, riassume con grande chiarezza ed efficacia i termini essenziali della Weltanschauung rensiana. Coniugando scetticismo e pessimismo, dei quali rivendica la matrice unitaria affermando che sono rami del medesimo tronco e che rampollano spontaneamente dalla medesima radice (La filosofia dellassurdo, 19912, p. 13), Rensi rivela e illustra, in pagine che colpiscono per lucidit di ragionamento e agilit di scrittura, quella che a suo parere la vera natura della realt. Al fondo delle cose, della vita stessa e delle vicende dellumanit non vi sarebbe altro egli sostiene che assurdo e contraddizione. E la storia, al di l di qualsiasi tentativo di spiegazione (la polemica rensiana sempre mirata ai sistemi razionalistici e idealistici), avrebbe un unico significato: quello di uneterna fuga da un presente dominato dal male e, appunto, dallassurdo (e non certo quello di un continuo avanzamento dello spirito universale verso il meglio). La storia, in questa ottica, solamente caso e ripetizione: da un lato, infatti, in quanto non che vita ed esplicazione duna realt irrazionale, essa non pu essere, e non , che una serie di casi ossia di assurdi (p. 167); dallaltro, se luniverso e in esso lumanit per non cadere nel nulla, per continuar ad essere, deve essere eterno processo, allora questo la storia non potendo finir mai, non pu essere che ripetizione (p. 203). Con tutto ci, evidentemente, Rensi si colloca in una linea di pensiero assai feconda della cultura occidentale, che porta dallantica sapienza greca almeno fino ad Arthur Schopenhauer (non a caso, uno degli autori pi amati da Rensi, al pari di Giacomo Leopardi). Senonch, nelle battute conclusive della Filosofia dellassurdo, una simile visione del mondo conduce a una singolare professione di fede: Proprio questa capacit di reggere in un mondo dassurdo, cio di guardare in faccia lassurdo del mondo senza aver bisogno di nasconderselo con provvidi palliativi filosofici e religiosi messi insieme per raggiungere ad ogni costo quel fine delloccultamento duna cosa, che, perch fa paura, non si ha il coraggio di fissare nella sua nudit, appunto questa capacit, dico, tuttuno con lelemento pi profondo dello spirito religioso (La filosofia dellassurdo, cit., pp. 219-20). Chiaramente, Rensi non pensa allelemento ottimista della religione, quello che costruisce la felicit ultraterrena; ma a quello che ne forma la vera essenza, quello in ogni modo che la sua scaturigine, la sua ragione di vita, e che egli individua, audacemente ma coerentemente, in unaffermazione di pessimismo e di irrazionalismo (p. 220). Di conseguenza, la sua attenzione si rivolge non tanto alle religioni rivelate nella loro versione ufficiale, tendente a proporsi come una soluzione dei problemi delluomo, quanto alle manifestazioni di una religiosit in costante confronto con lassurdit dellesistenza e, in particolare, al misticismo. LeLettere spirituali, il testo postumo del 1943 che raccoglie un cospicuo numero di brevi scritti degli ultimi anni, rendono molto bene lidea dello sviluppo del pensiero rensiano in questa direzione. Per un verso, vi un nesso costitutivo che collega le riflessioni contenute in questopera con quelle svolte nella Filosofia dellassurdo: La storia non che un insieme di casi, di assurdi, di iniquit e di stoltezze. Ed [] proprio perci che essa ti pu innalzare ad un elevatissimo spirito religioso (Lettere spirituali, 19872, p. 94). Per laltro verso, Rensi approda decisamente a una concezione religiosa che, sulla scorta dellidentificazione Dio = Nulla, entra senza alcun dubbio in una dimensione di tipo mistico (lautore pi citato, in tal senso, Meister Eckhart): Dio non lo puoi pensare che come non spaziale []. Quindi lo puoi solo pensare come un non posto davanti a ci che, soltanto, per noi Essere, vale a dire ci che ha estensione, che nello spazio, ossia a tutto questo universo visibile e tangibile, a tutto ci che reale, a tutto ci che [] noi possiamo pensare come realt. Ossia Dio non lo puoi pensare che come Non-Essere, Nulla. Questo appunto il pensiero forse di tutti i pi grandi religiosi, e certamente di quelli tra essi in cui la vita religiosa raggiunge maggiori profondit, cio dei mistici (p. 98). Ma, al tempo stesso, questa concezione religiosa assume una forte colorazione etica. Il Nulla di cui Rensi parla, un Nulla che appunto si contrappone allEssere reale del nostro mondo, ma che in realt si configura come il vero Essere, acquista infine un contenuto ben preciso: i valori morali e spirituali, che dovrebbero guidare lagire umano contro ogni ragione terrena e contro ogni calcolo di convenienza. Scrive Rensi, lapidario: La vera religione, la vera credenza in Dio, la credenza nella realt di valori morali e spirituali (p. 167). Ed su queste basi che egli elabora, da ultimo, una prospettiva etica a sfondo religioso che, rifiutando qualsiasi presupposto di carattere razionale o materiale (a essere criticate sono soprattutto le dottrine dellutilitarismo anglosassone), ruota tutta intorno allidea di morale come pazzia: la prospettiva che recupera alcune fulminanti intuizioni del periodo dellidealismo trascendente e che oggetto, nellanno accademico 1933- 34, del suo ultimo corso universitario, prima della dolorosa interruzione forzata dellinsegnamento. Limpegno politico e civile Al di l degli esiti finali della riflessione squisitamente etica, comunque, una profonda tensione morale accompagna lintero percorso teorico di Rensi ed altres, fin dal principio, alla radice del suo impegno politico e civile. La stessa adesione iniziale al socialismo anzitutto dovuta, pi che a una piena condivisione dellideologia marxista, a ragioni di ordine etico: la priorit assoluta, per il giovane avvocato veronese che decide di scendere in campo al fianco delle forze politiche socialiste, laffermazione di un ideale di libert e di giustizia sociale che si pone prima di tutto come ineludibile esigenza morale ispirata anche alla tradizione democratica risorgimentale (fondamentali sono gli articoli su Giuseppe Mazzini, Giuseppe Ferrari e Carlo Pisacane, ossia sui Profeti dellidea socialista in Italia, pubblicati sulla Critica sociale tra il marzo e laprile del 1901 e poi inseriti, nel 1903, nel gi ricordato Studi e note) e che come si accennato necessita di un supporto di tipo positivistico. N la spiccata sensibilit alle problematiche etiche e sociali estranea alla grande ammirazione che Rensi prova per le istituzioni politiche e civili del Canton Ticino, istituzioni che ha modo di conoscere e di apprezzare da vicino e dallinterno, dato il suo coinvolgimento diretto durante il decennale esilio svizzero. La pi significativa attestazione di stima nei confronti del sistema democratico del Paese che lo aveva accolto rappresentata dal volumetto Una Repubblica italiana (il Cantone Ticino)del 1899 (gi poco dopo, quindi, la fuga dallItalia). Rensi individua nella piena universalit del suffragio e nelleleggibilit e periodicit di tutti gli uffici pubblici i cardini della vita politica della Repubblica ticinese e, insieme, i principi in grado di garantire la vera e la sola possibile sovranit popolare (Una Repubblica italiana. Il Cantone Ticino, a cura di G. Vigorelli, 19942, p. 43); esamina nel dettaglio sia levoluzione storica che ha portato il Ticino allinvidiabile stato attuale di sviluppo democratico, sia la struttura delle singole istituzioni politiche nelle quali tale sviluppo si realizza concretamente; tesse infine un elogio sentitissimo dellalto grado di civilt raggiunto da questa frazione dItalia alla quale lItalia intera dovrebbe guardare lintento polemico verso la nostra situazione nazionale dellepoca assai evidente come a un esempio da imitare: Il Ticino, [] questa frazione dItalia che crebbe sotto la democrazia repubblicana, ebbe uno sviluppo di vita civile, da ogni punto di vista, rapidissimo. Mosso questo sviluppo da umili inizii, ben pi umili di quelli da cui partivano la maggior parte delle altre terre di lingua italiana, esso raggiunse uno stadio di gran lunga superiore sia nella evoluzione delle istituzioni politiche, sia nella maggior diffusione dellistruzione, sia nella minore delinquenza di quello toccato dallItalia ricostituitasi a nazione sotto la monarchia. Questa Italia repubblicana, adunque, assomma in s un pi gran numero degli elementi essenziali di civilt che non lItalia regia (p. 67). E proprio al modello svizzero largamente debitrice lopera pi importante del Rensi politico, Gli Anciens rgimes e la democrazia diretta del 1902, nella quale, sulla scorta di unardita interpretazione della teoria della classe politica di Gaetano Mosca, viene sostenuta lassenza di sostanziali differenze tra le antiche monarchie assolute e le moderne monarchie costituzionali e viene affermato, conseguentemente, che una radicale rottura con il passato avviene soltanto negli Stati che si siano trasformati in repubbliche e che abbiano saputo dare vita a una reale forma di democrazia diretta. La componente etica ben presente, poi, anche nei testi del Rensi che simpatizza, allinizio degli anni Venti, per il nascente fascismo (il pi organico e noto dei quali sicuramente la Filosofia dellautorit, del 1920). , questo, il Rensi pi discusso, del quale sono state fornite, nel corso del tempo, interpretazioni assai divergenti. E, in effetti, si tratta certamente del Rensi pi discutibile, che abbandona molti degli ideali che in vario modo (tra socialismo e repubblicanesimo) lo avevano guidato fino a questo momento, per sposare senzaltro la causa sul piano teorico del pensiero reazionario e sul piano pratico di una ricomposizione in senso autoritario degli aspri contrasti politici e sociali di quegli anni. In ogni caso, quello che non viene meno, neppure in questa fase controversa del suo lungo itinerario, la fedelt a una concezione fondamentalmente etica della politica, una concezione che ora lo porta, da un lato, a criticare le posizioni dei socialisti perch metterebbero a rischio la solidit della compagine statale; dallaltro, a difendere invece quelle della nuova Destra, lunica forza politica a suo parere in grado di restaurare quello spirito di conservazione che sinonimo di conservazione delle idee madri e dei principii direttivi su cui una societ data si regge, consolidamento delle coscienze intorno ad essi, mantenimento inconcusso sulle coscienze della loro autorit (La nuova Destra, Il resto del Carlino, 15 gennaio 1922, in Id., Teoria e pratica della reazione politica, 1922, p. 207). Lantifascismo Soprattutto, per, una forte tensione morale caratterizza la vita e lopera del Rensi che al fascismo si oppone fieramente e con fermezza. Ben presto, egli prende nettamente le distanze da quel movimento nel quale aveva creduto di poter trovare una risposta soddisfacente alla sua domanda di rigore sia etico che politico: non rinnega la propria fiducia nel principio dautorit, ma comprende che lattuazione di questultimo si dimostrata totalmente fallimentare. Spiega nella Prefazione adAutorit e libert del 1926, il testo che rappresenta lappendice, o meglio si potrebbe dire linterpretazione autentica della precedente Filosofia dellautorit: Pel fatto che condivido, anzi mio, il principio sistema politico dautorit contro sistema di democrazia assoluta, sono separato dagli avversari della presente situazione; ma sono altres, e pi, separato dai sostenitori di essa perch ritengo che lapplicazione stata fatta del principio dautorit sia contraddittoria ed errata da cima a fondo; perniciosa alla vita civile e alla moralit pubblica in quanto ha creato una condizione di cose che non si pu descrivere meglio che con gli emistichi virgiliani multae scelerum facies, fas versum atque nefas (Autorit e libert, a cura e con unintroduzione di A. Montano, 20032, p. 73). Rensi si volge allora a un ideale di perfetta identificazione tra morale e politica, del quale individua lesempio sommo nella dottrina platonica: Platone, a differenza della maggior parte dei moderni, e assai pi comprensivamente di essi, non separa la vita e la psiche individuale dalla vita e dalla psiche sociale, la vita etico-individuale dalla vita etico-sociale, e quindi la politica dalla morale. [] Una profonda corrente spirituale della medesima natura circola e ricircola nellindividuo e nella societ e nello Stato in cui esso vive, e li rende omologhi luno allaltro. La politica il sano e saggio modo di essere e di condursi (cio leticit) della collettivit, come la morale la del singolo, cio il sano e buono stato del suo spirito. E quella agisce su questa, questa su quella; entrambe si condizionano a vicenda (Motivi spirituali platonici, 1933, pp. 124-25). Ma, dal momento che oggi come ai tempi di Platone il pi delle volte un tale ideale si rivela esso stesso irrealizzabile, lautentico sentimento morale non pu che tradursi in unetica di opposizione. E se unetica di opposizione fu, alla fine, quella accentuata, combattiva, rigorista ed estremista di Platone, il quale non era un filosofo da tavolino, ma viveva immerso nella realt quotidiana politica e sociale del suo tempo, una realt che gli suscitava un disgusto profondo (p. 193), etica di opposizione anche, ugualmente, quella di Rensi, pensatore sempre convinto che la filosofia debba essere battuta a fuoco sullincudine dei fatti (G. Rensi, Lorma di Protagora, 1920, p. X), il quale si trova a dover fronteggiare un dispotismo tra i pi insidiosi e dannosi, responsabile di una nefasta degenerazione dei costumi e delle norme del vivere civile. Il frutto pi maturo di questo atteggiamento rensiano costituito dal Trasea, un volume composto presumibilmente nel 1940 e pubblicato postumo nel 1948, pensato e voluto dal suo autore per ammonire il popolo italiano (A. Poggi, La vita secondo Giuseppe Rensi, introduzione a G. Rensi, Trasea, 1948, p. 14). Vi narrata la vicenda del senatore romano Trasea Peto, oppositore dellimperatore Nerone dapprima in una forma prudente e temperata, poi con toni di pi decisa riprovazione (Trasea, cit., pp. 100 e 104), tanto da arrivare, da ultimo, a togliersi la vita. La prima parte dellopera, in particolare, un affresco in cui viene dipinta, a tinte fosche, la realt politica e civile di un impero romano dietro il quale non difficile vedere, in controluce, il regime fascista. Scrive infatti Rensi: LImpero non fu altro che questo: il trionfo della demagogia, che spezzando con la violenza i quadri della costituzione legale impone a forza come capo personale e unico dello Stato il duce del partito (p. 22). E i mezzi infami con cui la demagogia trionfante con lImpero sostiene il suo potere vengono anzitutto individuati nellabituale menzogna, nella corruzione spiegata su larga scala e in un regime bassamente e turpemente poliziesco (pp. 31, 33 e 38), senza peraltro dimenticare n la pi ripugnante adulazione, n lo spionaggio e la delazione (pp. 49 e 50). I riferimenti a quella che per Rensi era la situazione attuale sono mi pare del tutto evidenti. Ma ci che pi conta, nelTrasea, la riaffermazione della liceit e della necessit di unopposizione a qualsivoglia sistema tirannico fondata su basi di carattere essenzialmente morale; che poi il principale motivo per cui un governo va giudicato nota Rensi non dal punto di vista della bont della sua amministrazione materiale, ma dal punto di vista della sua condotta rispetto [alle] questioni spirituali e morali (p. 73). In ogni caso va detto in conclusione neppure in questo momento di supremo sconforto e di sostanziale allontanamento dalla politica attiva, Rensi abbandona quella passione civile che rispecchia la sua indole pi profonda e che testimoniata, anche negli ultimi anni, da una nutrita serie di scritti dei quali il Trasea forse lesempio pi luminoso; n si pu anche osservare egli rinuncia a quella verve e a quel gusto del paradosso che non sono probabilmente estranei a un approccio di tipo scettico al pensiero e alla vita. Il Trasea si conclude, non a caso, con un tratto di amara, sorprendente ironia: C anche da consolarsi e da rallegrarsi, considerando che per noi avvenimenti come quelli descritti non sono pi che ricordi; e ci stanno davanti come episodi impossibili a ripresentarsi e perci oramai interamente irreali; e quindi, nella stessa loro tragicit, divertenti come gli episodi tragici dun romanzo (p. 141). Opere Motivi spirituali platonici, Milano 1933. Trasea, Milano 1948. Lettere spirituali, prefazione di L. Sciascia, Milano 19872. Autobiografia intellettuale - La mia filosofia - Testamento filosofico, prefazione di R. Chiarenza, Milano 19892. La filosofia dellassurdo, Milano 19912. La filosofia dellautorit, Catania 19932. Una Repubblica italiana. Il Cantone Ticino, a cura di G. Vigorelli, Locarno 19942. La democrazia diretta, a cura di N. Emery, 19956. Autorit e libert, a cura e con unintroduzione di A. Montano, Napoli 20032. La morale come pazzia, a cura e con introduzione di A. Montano, Calabritto 20062. Bibliografia A. Santucci, Un irregolare: Giuseppe Rensi, Rivista di filosofia, 1984, 75, 1, pp. 91-130. Linquieto esistere, Atti del Convegno su Giuseppe Rensi nel cinquantenario della morte (1941-1991), a cura di R. Chiarenza, N. Emery, M. Novaro, S. Verdino, Genova 1993 (si vedano in partic. M. Dal Pra, Giuseppe Rensi e lo spirito critico, pp. 17-19; M. Cacciari, Il disincanto di Giuseppe Rensi, pp. 20-26). Fondo Giuseppe Rensi. Inventario con una scelta di lettere inedite, a cura di L. Ronchetti, A. Vigorelli, Milano 1996. N. Emery, Lo sguardo di Sisifo. Giuseppe Rensi e la via italiana alla filosofia della crisi, con una nuova bibl. rensiana, prefazione di A. Negri, Milano 1997. P. Serra, Il pensiero politico di Giuseppe Rensi. Tra dissoluzione del socialismo e formazione dellalternativa nazionalista (1895-1906), Milano 2000. N. Emery, Giuseppe Rensi. Leloquenza del nichilismo, Formello 2001. A. Montano, Giuseppe Rensi. La scepsi come impegno etico, in Id., Il prisma a specchio della realt. Percorsi di filosofia italiana tra Ottocento e Novecento, Soveria Mannelli 2002, pp. 187-259. A. Castelli, Un modello di Repubblica. Giuseppe Rensi, la politica, la Svizzera, Milano 2004. P. Serra, Giuseppe Rensi. La rivolta contro il reale, introduzione agli scritti politici giovanili con una antologia di testi (1895-1906), Troina 2006. G.M. Barbuto, Nichilismo e Stato totalitario. Libert e autorit nel pensiero politico di Giovanni Gentile e Giuseppe Rensi, Napoli 2007. F. Meroi, Giuseppe Rensi. Filosofia e religione nel primo Novecento, Roma 2009. Irrazionalismo e impoliticit in Giuseppe Rensi, a cura di F. Mancuso, A. Montano, Soveria Mannelli 2009.