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rea 9-6 “BBed “vs -ggap sopmag ut ‘souneu sep suou sor ur ‘OTBNH °N (2) “Tauspacesd opTep oddnt Tas aupo ouequasard 1s sqyotaue gfd Toraeumaserpe fon 333M] OpURTOSeTeI3 | “TTeqUAUEPUOT eae e souey ep areaeors ouDssod TS aD TUOFZEOTPUT uosesddex 9 XOTATAL OTETpeID TP jon aT CUS “BsausZ0T O 2suTI3aN arrefues suoTze20u TTP ayorseuned Te ouszaqaau @ SUOTZEXaDTSUOO UT exo 1p FOFaTTeue 9uoTZTIOSep ETTAN sano exquenst Sag ant Top soTHOsTEeIS. ne Seat oaon cree Te yoxorert ot ou suetoboae op suorzeexdroquy az0TTSH wun pe OyATAIHOO MOTE aurpyaxdzauy essazs eT “ezuanbasuon TO *TA3}sO9NNy fe ucu seors0es sxsuemd ouorasen mun 2 Tuned T wc emayyese1 TP copes uy exosse sized eTsTed Teynqosse 2009 eqpoduy yexoeso TP azeauen oymaod ey TUPIZeeTsTSSEIS Syeonb yp wunssau eu fayoyaeunou 1 Jaraequay Typoered TaeJ TIwIS OuO% ‘ouossod COTpOTSu-OqzaA 03521U09 ayo amaeungs aeTzeAs oT foauy a "OUT STaINSSE Tuotea qredrouyad T 9790s0u0o mosoueul Top OOTFEAB OUBVS TT OSTEAETIY (1) fue Tap TaNqTIAP ouOT; Toyotzeunau o7gexb ot7eA _jeunau Tap 2 eToxed-wunet [ep O1@70U0 Pe gerbes © oveyouTuno ouuey TOFs003 F TIX - TX 7995 TH easequco Ye oweazodrx asdiss ea wu ‘OpyBTX pow UT Guingosa ea uou eunow Tf ‘suorzezaadsoquT, [Tou Owuea Ie saqe20 auorzypexa ere oubazsos un asynTy509 Zod 9 eas3sts? + (oebrerre fee ag oveotera) yateos oun ozeowpur Zod Tae OWS 0 oyequsune azoTea) odie 1d orTanb e (oqeToxGO0e a © oyun aroTes) anazq Yd oTtanb ep eA ayo ‘19 5 "u0[eA TP sweB wun ypurNb aystse euMeU TUEO J2d muoyzeotprsseys 2 eyboqouruzea eun ouenate uod FISIe eeon wuyid et Jad yaezadope ovoms yunau f opm *(eormaw e1emp) eu Tp vow @ eatssesdso emeu 1 60s 9 ‘asez3 eTTap @ e[oTed TTI | Vraau Top oovanctve votes vanooas gNOTZaS auopen2uag 8 7 4 i BB ym poti-ervene EN ob <——— .——— se = ge 41 nema & cenposto di una sola rota si dice nema” i E me monosonico; se invece @ cost dice neuma plurisonico © neums Prospetto generale: ‘Secondo il Gli elenenti neuratici possono avere una grafia | txatti congiunti oppure a tratti disgiunti. Esenpio: elenenti neunatici NEUMA 4 © mono~eruppo plurisonico mono-gruppo a tratti disgiunti Bs poli-gruppo disgiunti di un neuma plurisonico afiche, si ha allora un neuna punto di vista metodologico. 160 | 161 tavola dei neuni viene 2.a, Newna ai pid note indicante movi- mento melodico elivis podatus 0 pes porrectus toreulus climacus dé 3 note — ditnote — dt 5 note ecandious di 5 note di 4 note ‘scandicus con unt~ notazione Galvan sangaliese nettense (te 1 Ot | 2 i) A / ve yp dl f t a Mr p re i NA | . r > 4 Jf 7 ? notazione 4. Neumi ai conduzione 2.b. Sviluppi dei neuni notazione Mobnce, aigenden: agp —seeanicaewetborme soap ot oan eee a sere ea x» v% A fa pes subpunetis a. verso il grave porrectus flews = NL N 5 scandicus flerus fh Jf f - = “he nr “ N WV oe seer a Ne yy r torculus reeupinue : | vinga strata 3 ee aga trae we 3. Neumi con note i canned . verso Macuto ‘wie “an 2 Pa wf wf quiliona pes tetvinge “om Yow / , ealicus 2M a ¥ bietropha “Mo” ~ . . tréstropha om ome ee v 7 ‘trigon nm “ . { Pes quassus 2 Un VY wf | C. LIQUESCEN2A, | La liguescenza & fenomeno semiclogico-fonetico, del cephalicus viene adoperato per indicare lazione complessa di alcune sia uno che due suoni: et? wh on ——=——| So ————— ad At. Qi sa.am fect Senden mult disen AM 0 wie vw | (quest ultina deve essere seguita dai \ EL fenoneno Ge | intende metterlo E' chiaro che il neuna. pl rel suo ultim elemento, La prova.che nel primo caso 1a melodia (Qui me samum) ha una sola nota e che nel secondo caso la melodia ece due note, si ha mettendo formila con un testo che non La Lignescenza di una sola nota viene chianata aunenta~ ‘tiva. Ua Liquescenza di due note viene chiamata diminutiva. due faniglie scenti. fondame ritti tre sono le La stessa cosa awiene per 1' epiphonus: a cephalicus : Ee LA MODALITA GREGORIANA azione dell’armonia gregoriana dev'essere: jone semiologica; La reali = ritmica, secondo lanalisi ¢ Pinterpretazi = diatonica, utilizzando solo la gamma naturale, ¢ il Si” nei passaggi melodici nei quali é presente; ~ modale, cio’ una “traduzione assai obiettiva ¢ il pitt possibile fedele” della melodia, senza mescolanza alcuna di elementi armonici moderni. Il sistema musi- cale gregoriano é essenzialmente modale: fondato sulla sola disposizione relativa _ dei toni e semitoni. Per cui limpressione di un modo non é data necessariamente dalla gamma intera dei suoni, né dalla funzione assoluta di un suono caratteristico (come pud essere la tonica), ma da ogni nota attorno a cui si stabiliscono caratteri- stici rapporti di intervalli. Definizione teHa modalita La modalita & elemento essenziale del canto gregoriano ¢ percid deve essere conosciuta a fondo per poter costruire un buon accompagnamento. Conoscere la modalita del canto gregoriano significa entrare nel processo di composizione di es- so, come si é evoluto dalle sue forme arcaiche a quelle pit fiorite. E possibile una teoria della modalita? I teorici del Medio Evo racchiusero il repertorio gregoriano in schemi modali che essi derivarono dalla tradizione greca, ma che mal si adattavano. «Una modalita veramente giusta ¢ pratica ~ dice Jeanneteau - deve comincia- re dallo studio delle corde e sapere cosi distinguere rapidamente cid che é architet- turale e cid che ¢ ornamentale». Jean Claire precisa che «la modalita non @ un sem- plice fatto di cadenze, ma piuttosto di scala (in senso generico, n.t), di gradi privi- tra cui il grado cadenzale - di corde modali (tonica, mediante, dominante, uta secondo la coerenza di questi legiati ec); Punit’ modale di una composizione si val elermenti diversi». Quindi & del tutto aliena la concezione di scala come elemento nita modale su cui é costruita una composizione. Per questa variet’ e molteplicita di organizzazione modale nell'interno di una melodia gregoriana, é superfluo attardarsi a escogitare una teoria modale ¢ una de- finizione di modo. Possiamo comunque considerate il modo come «una maniera di (Potiron), «una successione di gradi, con una certa organi2za- che «la melodia esiste prima di ogni nostra Modo potrebbe esprimere «limpres- i suoni, la loro gerarchia> (idem). e ha portato a rilevare in esse due la differenziazione degli in- e formano: precostituito di una wi essere nella musica» zione» (Jeanneteau). Cid che é valido é analisi» e di ogni nostra classificazione (idem). sione psicologica causata da queste relazioni tra Lo studio accurato delle melodie gregorian fenomenio criteri che il musicista ha tenuto presenti: « tervalli della gamma diatonica, ¢ la differenziazione dei gradi stessi ch 27 questi intervalli: alcuni gradi solidi e sicuri, alcuni deboli e sfumati fino a scompa- rire» (J. Claire). Prima di procedere a presentare i principi modali della composizione grego- riana, diamo un rapido sguardo alla storia della modaliti. Sguardo storico Non possiamo fare a meno di seguire Potiron che, con le sue numerose pub- blicazioni sull’argomento ci da il quadro pit completo. «La modalita - dice Cardine - é il modo di essere di un pezzo musicale, considerato nella sua costruzione sonora». II gregoriano, essenzialmente monodi- co, possiede una struttura ¢ rapporti di gradi tra di loro ben precisi, ma vari e com- plessi, tali da sfuggire a classificazioni di scale secondo la concezione moderna. Per cui non va affatto confusa la realta modale del fatto musicale, che & l’oggetto delPanalisi, con le classificazioni modali lasciatesi dai teorici medioevali e adottate dai testi ad uso scolastico. Diciamo subito che il termine «modo» é estraneo alla teoria musicale greca, nella quale la parola «tropo», o anche «tono», esprimeva la scala di trasposizione; il termine «armonia» significava «consonanza 0 combinazione» (di 4° ¢ 5‘). Solo il termine «echos», sconosciuto peraltro alla terminologia greca, esprime in certo qual modo I’idea di organizzazione interna di un pezzo. Quindi nessuna deriva- zione dalla musica greca della composizione musicale gregoriana, né nei termini e neppure nel contenuto. I primi scrittori latini, Aristide, Quintiliano, Cleonide, Gaudenzio e Bacchio (II e Ill sec.) hanno fatto un guazzabuglio. S. Agostino nel suo «De Musica» non parla di modo. Marziano Capella (sec. V) usa il termine modo nel senso di «sonus» o «tropo». Con lui Cassiodoro e Boezio tradurranno i termini greci con «tonus» e «tropus». II termine greco «tropos» sara tradotto da Boezio anche con «modus», ma sempre nel senso di tono come acutezza di suono. In questo senso questi scrittori riflettono la tradizione greca. I primi scrittori ecclesiastici, dal sec. VI in poi, quando parlano di modi, inten- dono i modi o formule salmodiche della liturgia, entrate in uso nel canto salmodi- co e responsoriale. Per Aureliano di Réomé (850) il tono @ quello salmodico, cioé una formula di recitazione: in altri termini allude agli otto modi liturgici gia in uso, dove la scelta del tono salmodico da adottare dopo il canto dell’antifona non é tanto determina- to dalla cadenza finale, quanto dall’«incipit» delPantifona stessa. Reginone (915) sottolinea ’importanza dell’«incipit» per le differenziazioni modali. Ubaldo di Saint-Amand (930) scopre nella nota mobile si un valore modale modulante. Egli comunque da al termine «modo» indifferentemente il significato di intervallo, tropo greco e di modo liturgico. 28 Notker Balbulus (1022) parla di «cto toni», cioe degli otto modi salmodici. Nulla di nuovo in «Musica Enchiriadis», nella «Commemoratio Brevis»; né in Bernon (1048) 0 in Ermanno il Contratto (1048). Guido d’Arezzo non sembra preoccupato del problema se non per l’uso pratico che egli ne fa. Tutti riconosco- no 4 finali di quattro modi divisi in 8 tipi, senza perd parlare di ottave modali. Per essi sono elementi importanti la finale e Pincipit di un pezzo gregoriano. «Alia Musica» (seconda meta del sec. X) da il quadro completo dei modi ¢ del- le acquisizioni teoriche finora raggiunte, rifacendosi perd a Boezio circa laccezio- ne dei termini «modo» e «tono». ' In definitiva per i teorici modo significava una serie di suoni organizzati in un determinato ordine. Per scopi didattici e per esigenze liturgiche riuscirono a classi- ficare (e talora anche a piegare forzatamente, manipolandole) le melodie gregoria- ne in otto famiglie modali, per una certa concordanza tra lincipit ¢ la cadenza fi- nale con una delle scale modali. Imbroglio purtroppo entrato non solo nelle nostre grammatiche, ma anche nei libri liturgici ordinati con fretta nel periodo della rifor- ma agli inizi del nostro secolo. Oggi gli studiosi, non contenti delle acquisizioni dei teorici medioevali, con- ducono la loro indagine direttamente sull’analisi intrinseca delle melodie gregoria- ne. «Modo» é dunque «/a maniera di essere nella musica, ¢ una forma di compo- sizione e non una forma dell’ottava» (Potiron), tanto che pud benissimo essere rea~ lizzato con altri elementi diversi dal tipo dell’ottava. L'errore del musicologo Gevaert di aver posto, seguendo i teorici, a base della composizione modale del canto gregoriano il sistema dell’«octoechos» cioé degli otto modi, non ha fatto che creare «una dottrina dei modi assolutamente sterile ed erronea e che favorisce lindolenza dello spirito» (Pot.). Si pud giustamente concludere che non vié «e non vi pud essere teoria moda- le. La Modalita @ un fatto (0 dato) musicale» (idem). Dice il Ferretti che la «Moda- lita (per noi) é frutto esclusivo dell’esame intrinseco e diretto compiuto sulle melo- die ed é scienza del tutto moderna». Non ci resta che studiare il repertorio per dedurre scientificamente le leggi della composizione modale del canto gregoriano. Leggi della composizione modale Questo escursus storico lo abbiamo voluto fare, dietro le ultime acquisizioni di studiosi quali Desrocquettes, Potiron, Ferretti, Jeanneteau, Cardine e Jean Clai- re, per dimostrare infondata la concezione modale tuttora comune nelle nostre scuole. Purtroppo si studia la composizione gregoriana con la concezione dell’ar- monia classica e considerando l’«octoechos» il tipo o forma di organizzazione dei suoni tra di loro con rapporti di interdipendenza preordinati nella mente del com- Ppositore. _ , L'indicazione degli otto modi adottati nei testi liturgici ufficiali e passati an- 29 che nel no messi in evidenza la Finale delPantifo- a di recita (Dominante). Seguono le formule completo, con le varianti delle finali (“Differen- tiae’). N.del modo }Tono del] Corda | Dominante Modo Ble Octoechos | salmo | madre | del salmo e intervalli 5 be. 1. MI LA con SI Protus-quinta RE Protus 2A 6 4A. | 2* RE SOL . Protus-quarta 2 2 Do FA Protus-terza 3. 3 antico| MI sl. Deuterus-quinta 3 nuovo] DO. .} DO MI Deuterus 4. 4. RE LA con SI? | Deuterus-quarta o ” RE SOL . Deuterus-terza 5: 5 po Do Tritus-terza FA Tritus 6 6 Do LA Tritus-terza ; 7. 7 RE RE . Tetrardus-quinta SOL Tetrardus | 5” 8 Do DO Tetrardus-terza Il “Psalterium” del 1981 riporta altri tre toni, gia utilizzati nel Graduale Simplex del 1967, sulle 3 corde-madri: C = DO - D = RE - E = MI (vedi p. precedente). ® J. Jeanneteau, Los Modos gregorianos, Silos, 1985, p. 329. 33 GLI OTTO MODI GREGORIANI E I TONI SALMODICI Tom SALMODICL PROTUS Finale éelVentifona Salmodia GLI OTTO MODI GREGORIANI Tntonazione | Corda directa Mon) >t RE autentico 5 vr > a? tono —=—— 7 ete SS .—— = ' . | I. 1 — agale 2" —S—— —e meen SS SS Tas So = > DEUTERUS nella Vaticana Hopi >i utentico (3") GaSe r Dow PO nn or Primitive —_—— t plagale (4*) TRITUS , i v Dyes sutentieo (8°) 4} je (ye eer SF | 0 OS oO — 34 rn) (nh a Ss 7 —— = = | rine — —— TETRARDUS : opt Dt Sot t T p et —}—=——=| nus =. ; t Plaga (8" — vit > = PLRG er TONI DEI SALMI Hic tonus sic fléctitur, t et sic me. di-& tur: * -& vo , a ‘ ae t 5 See * = ee oe |e Atque sic fi-ni- tur. ‘Atque sic f-nf- tur. 7 8 ry Bt _—_. - - — eo ao ee Atque sic fi-nf- — tur. Atque sic fot tur. Hic tonus sic flécti-tur, f et sic medi- 4 tu a Ee atque sic fi- ni-tur. Ma gni-fi-cat * 4-nima... Et exsul , : , o ooo ee Hic tonus sic flécti-tur, t et sic me- div a-tur s , 4 , jo 0 a = a a8 pe Atque sic fi-ni- tur. Atque sic fi-ni- tur. s , 8 ie oo Atque sic fi-ni- tur. 35 B) Modalita dell Octoéchos L libri liturgici continuano ac viol. corrispondenti alle otto 4 to nella tradizione occident, Oe Reomé, che per primo ¢ 10 ontras, scale moda ate brani con ung numerazione da I ‘ale nel sec Vi sokchos Questo termine fr intro- ng @ Alcuino, e uti ia Tatta degli otto toni € utilizzato da Aurelia del ton, ano indicare la melodia Stee ‘cl Inizialmente le cifre yole trassegnare ; . Ivamente le cifre conti- yarono a contrassegnare j pezzi, anche senza f nua lel salmo (cfr. Huglo, Les Tonaires, Heugel, 1971). Nel sec. xy 1 Manoscrittj continu; discriminatamente con j numeri, i i 5 i, brani sj Pl tipici so, L’analisi interna dei modi deve Partire dalla individ, le derivato dai Tropi delle tre Corde Madri, 39 Queste scale modali sono ca orda dominante, ma anche dalla zon di C:G., Roma 1979), ra alla corda finale cadenzale, ratterizzay te no “ Nn sol terza cadenzale” lo dal Cio’ la divers la corda fin o ale e dalla » come la chiama Cardine (Pri- ‘a nati » ura dell’intervallo di terza attor- Il PROTUS & fondato sulla terz yolta di SOL col SI); ~ Il DEUTERUS sulin di RE 0 (trasportato) di LA (¢ tal- one) di SI (e talvolta di LA col St; TtRiae Fae di MI 0 (in trasposi- ¢ " Ys sulla te r trasposizione) di DO (col SI duro); il TETRARDUS infine slla tere Si rn i “i | SOL o (in trasposizione) di DO (ol SI’ jerza cadenzale ch ratica gli ott Ad ; . eee dei aol are Hae Si Presentano cosi, coi gradi architetturali, con la Dopo queste premesse valide per tutti i modi, vediamoli singolarmente. PROTUS AUTENTICO PLAGALE Ambito acuto Ambito grave Estensione === == SS aS normale Or D TOD Etec See pit ristretta ——,, —— — ©) =o. T e dominanti reali il LA, . entato come terza della dominante, quale culmi- folge un ruolo modulante, quando viene a dare DO. II SI°& spesso numeroso, ma divenendo rispettivament il SOL ¢ il FA. IDO é in genere ben rappres ne modale della gamma. Il SI? svolge un una certa autonomia alle finali provvisorie LAe senza forza modulante appre72@ Nel Plagale spesso compare i un tuolo oscurato fino ad essere dime bile. TFA come dominante teorica € Pratica- IMI ha nticato da molte formule € quindi scavalcato. 40 DEUTER' AUTENTICO us ‘Ambito acuto PLAGALE Ambito grave aoe a __ Bil modo pitt caratteristico: «dal punto di vista artistico, vale tutti gli altri mo- di» (J. Claire). II MI é tonica e di un ruolo preponderante, per le sue proprie abitu- dini; certo molto diverse dal MI degli altri tre modi, i quali si possono chiamare «sinottici» per le analogie architetturali. Con tutto cid il MI del Deuterus soffre d’un complesso d’inferiorita: = la scala modale a cui da vita @ la meno solida; ~ le relazioni fondamentali con la 4? infer. 0 la 5* super. sono o inesistenti © fiacche. Da cid si spiega la predominanza di FA e DO su MI e SI. Nell’Autentico il SI é senz’altro tenore salmodico primitivo (in questo ledi- zione romana dei canti liturgici @ stata corretta dall’Antifonale Monastico), ma il DO gli fa concorrenza, affermandosi come dominante reale. Nel Plagale il FA ha una forte preponderanza rispetto alla dominante teorica LA 0 SOL (domin. di soccorso). II SI° (quarta inferiore) ¢ completamnte assorbito dal DO TRITUS AUTENTICO PLAGALE Ambito acuto Ambito grave SS = ;. »D oT 3D Nell’Autentico, il DO é domin. teorica e pratica. Spesso il SI (0 ) viene a de- terminare due tipi modali. II MI acuto, terza della dominante, é meno frequente delle relative terze degli altri modi sinottici; la concorrenza del FA si fa sentire, svi- luppando il modo nell’arpeggio FA - LA - DO - FA "Nel Plagale il FA predomina come tonica ¢ come dominante reale (assorben- do il LA, tenore salmodico). I! MI & evitato dalla buona tradizione estetica gr°80 tiana; compare come nota sfuggita 0 di passaggio. Il suo ruolo di sotto-tonica é as- porbita da RE. ———— ag ——— pe gum oe OC T AUTENTICO ETRARDus ‘Ambito acuto PLAGALE Ambito grave SS Ss cr) Nel Tetrard, be Antifona «Urbs feta, iBRerato (eccettoalcune modulasions caratteristiche: ae MS» ~ tesponsorio «Amo X.um» - tratto «Qui seminant», Al centro predomina il DO Nell'Autentico ne usufruisce la qui ufruisce | -DO1 - wavens SOLS Re € ‘a quinta RE, sia attraverso SOL-DO. RE, sia at. tono FA-SI spesso presente. Nel Plagale il FA assume grande importanza a scapito del MI che quasi scom- Pare. Nella discesa verso il RE grave fa da legame SOL-FA-RE, sul quale ai sable scono cadenze provvisorie vicine al Protus, Ecco uno schema m ‘Odale dato da J. Claire, con le corde architetturali princi- Pali, i loro relativi rapp. orti di intervalli pit consueti e il loro ambito. Protus Deuterus Tritus . Tetrardus unis. unis. gta gta st gta sta xe sit ae a = z = IC VIC I IIA IVA IVB VIC Vi | 4 (cromatismo) (cromatismo) (cromatismo) Il podatus mostra il legame tonica-dominante. . a Il punctum vuoto il grado-termine (super. per l’Aut, infer. per il Plag.) Le cifre arabe riportano la numerazione dei toni salmodici. Dominante I modi all'unisono sono quelli in cui la Tonica coincide con la Dominante. Sul secondo rigo si riportano tipi modali speciali. Per modi che usano il crom, @ esatta ‘ influisce realmente 5 La funzione dei gradi pi istici mente nei eingolt eae Pid caratteristici la esamineremo in seguito distinta- L’analisi degli otto modi e modi plagali é solo fittizia judicabis” : atismo s'intend lono i lla modalga (OR? dell in cui la successione’ finale) risponde alla realta m “del ri : a i FT modale del cas ele Potiron (Lecons pratiques, p. 46) - non vi é unita me ise aa ‘n2a finale ¢ formule di intonazione o di cadenze secondarie: Vero che cid © dovuto alle numetose modulazion 1 presenza di cadenze di un al 2 ; suinee odali (per la e 0 tipo modale),.sia tonal zione gradi della scala, di formule normali), , devutes un crm i sia modulazioni dovute a un cromatismo la- tente dovuto alla mobilita del semitono Si, bemolle o bequadr che come la fissita, la rigidita dei modi non é che teorica” Questo trova conferma nel fatto che molté cadenze (idem, p. 46). formule di intonazione fo modo. In conclusione si pud dire che la teoria composizione dei brani. c) Modalita dellEsacordo La scala veramente omogenea della melodia gregoriana @ un Esacordo, con una settima nota in funzione di nota di volta o di passaggio, spesso con ruolo mo- dulante. L’ambito delle melodie si riduce alla estensione di un esacordo, o di pitt __esacordi in composizione. Praticamente vi sono tre esacordi nella scrittura del can- to gregoriano: Esacordo naturale, Esacordo del bemolle, Esacordo del bequadro. Con Ia comparsa del $I mobile (* e ) si verificano le trasposizioni dell’esacor- do originale, per le diverse esigenze della voce umana: naturale: DO - RE - MI'?* - FA - SOL - LA ESACORDO: molle: FA - SOL - LA?" -® - DO - RE duro: SOL - LA - SI’?* - DO - RE - MI Questo é lo stadio fondamentale dell’evoluzione della composizione grego- fiana. Tutte le melodie gregoriane si aggireranno nelPambito di un esacordo. Un ulteriore estensione di ambito di scala é dovuto al ersezione degli esacordi tra diloro. Percid quando una melodia che supera lambito del proprio esacordo o verso Pacuito o-verso il grave, e per di piu sposta Pinteresse modale verso alcuni gra- 4ipiuttosto che verso quelli caratteristici del proprio esacordo, significa che é su-_ bentrato Paltro esacordo. Si comprende cosi la enorme mobilita e varieté modale tel gregoriano; e, P’altra parte, l’ingenuita di piegare ’ambito melodico alle caratte- istiche fisse dell’ottava. Bisogna tener presente che questa simbiosi modale dei tre ‘acordi si é verificata prima di ogni forma di scrittura o di localizzazione di gradi ivuna gamma fissa. Gli antichi consideravano i suoni in funzione dei loro mutui "Oporti. 43 ——__- ———. _ea nen were Bevidente che Pevoluzione verso cor resse verso altre corde, de diverse dalle tre Corde Madri, spostd ene ssumendo queste la funzione di corde di recitazione 5 di corde cadenzali. Attorno a queste corde vengono ad inserirss tutti gli altel if gervalli di seconda, di terza, di quarta edi quinta,1 quali conserveranne con le cor {principal un rapporto strutturale ben prec 0. La discesa 0 salita verso nuove corde provoca un movimento cadenzale che ben presto diventa uno dei pidl sicuri centri di interesse per la individuazione e differenziazione di un modo da un altro. La funzione pr atica dell’esacordo come scala non é data solo per facilitare la ettura melodica nei passaggi modulanti, secondo la teoria della Solmisazion G D’Arezzo, ma soprattutto per individuare il genere delle cadenze, in funzione del- le armonie da utilizzare. Nella scrittura gregoriana, le cadenze caratteristiche si incontrano sopra tre scale pratiche di composizione, come si pud rilevare da questo schema di Jeanne- -feau_ (Los Modos Gregorianos, p. 19): — Esacordo naturale do RE MP?"> FA Esacordo del J SOL si do re mi ,Esacordo del” A fa so la Ys? do re Tetrardus Protus Deuterus —Tritus sol la se" In questo schema interessante si possono rilevare anche le scale di trasposizio- ne in cui le melodie di uno stesso modo potranno trovarsi scritte sul tetragramma ~ il Protus con finale RE, potra trovarsi scritto nell’esacordo naturale, oppure nella scala di trasposizione dell’esacordo del con finale la 0 dell’esacordo del * con finale sol; = il Deuterus con finale MI si trovera scritto nell’esacordo naturale, oppure con finale SI nella scala di trasposizione delPesacordo del 4, 0 con finale La nella scala di trasposizione dell’esacordo del °; - il Tritus con finale FA si trovera scritto nell’esacordo naturale, oppure con finale DO nella scala di trasposizione dell’esacordo del > ©con finale SI° nella scala di trasposizione dell’esacordo del °; - il Tetrardus con finale SOL si trovera scritto nell’esacordo del fy nella scala di trasposizione dell’esacordo naturale, o con finale FA nella scala di trasposizione dellesacordo del °. E facile rilevare dallo specchietto su esposto di Jeanneteau la corrispondenza delle tre corde madri nei tre esacordi e la loro equivalenza. L’analisi modale sulla base degli esacordi & indispensabile prima di procedere ad un accompagnamento. Le cifre indicanti il modo di un brano é solo indicativo: cella cadenza finale. La presenza di pit esacordi in un brano é determinato dal se mitono che gli é proprio; la presenza di un altro semitono provoca la modulazio- te. Ogni esacordo utilizza lé armonie proprie della scala: ogni scala atmonica deve seguire la scala. melodica; le altre armonie devono essere utilizzate com di transizi : armonii ne. La modulazione é la presenza in un brano di formule melodiche as Partenenti a pitt_esacordi. Alcuni brani sembrano un mosaico di piccoli fran 4 menti melodici, privi di quella unita desiderabi e, che @ la condizione di ogni ope ra d'arte. Al contrario; la modulazione é postulata dallo stesso modo, un clemen- to divarieta: @ una varieta nelPunita ~ dice Jeanneteau _. ‘ll flusso melodico non ~yiene brutalmente canalizzato ¢ in una direzione unica, ma ondeggia sia ritmica- menté che modalmente, con liberta, apilita, equilibrio, arte; cosi Ponda si allarga, arricchita delle sue volute, néi modi Viciti, quelli cio che hanno col modo iniziale o finale vere relazioni’ organiche”. CAPITOLO It RITMO DEL CANTO GREGORIANO 1, CANTO GREGORIANO, PAROLA CANTATA N.60 Conviene, senza dubbio, cercare 1a base del ritmo gregoriano nello stretto Iegame che unisce le melodie al testo latino, poiché il canto gregoriano é, in effetti essenzialmente parola cantata. — zialmente parola cantata, Qualunque sia lo stile della composizione (25), la melodia, ispirata da nato testo, @ composta per metterlo in rilievo. Anche quando essa é pid ornatae sembra svilupparsi per se stessa in forme melismatiche, @ ancora in realta al servizio del testo, ma a un livello pit profondo. In questo caso, invece di modellarsi soltanto sull'accen- tuazione delle parole e di seguime fedelmente il ritmo naturale, lo sviluppo della melo- dia attira I'attenzione sulle parole principali e procura di esprimere la densita del loro Senso interiore. Si tratta qui pitt dello spirito del “esto che della lettera, ma in fondo é sempre il testo che ispira la melodia. ‘Conviene inoltre notare che, anche nei pit! lunghi sviluppi melodici, 1a parola latina esercita ancora molto sovente e con evidenza la sua influenza : o V'inizio del melisma, nel modo di introdurlo o di ¢lanciarlo» sulla sillaba accentuata, “alla sua fine, nel modo di concluderlo o di «riceverlo» sulla sillaba finale : r. «Clamaverunt» (Comune di pit Martiri III) : V. ...«corde». Il legame del melisma con cid che lo precede e che lo segue, costituisce il genere di composizione che il canto gregoriano ha saputo sviluppare per rispettare ¢ tradurre Paccentuazione latina. es. 2. RITMO E FRASEGGIO eI teria del canto gregoriano, il ritmo ne i lanima. dal suo punto di partenza, tende verso. una N.61 Il ritmo @ un movimento che, fin verso.una assicura la sintesi degli elementi nei quali fine e, per la continuita di questa tendenza, 30 _ ©. Heb sdoes ~ Verb le quond + i Par OX Mm ae Ah ee ee eee . RITMO DEL CANTO GREGORIANO concretizza, Ha dunque un complto essenzlalmente unificatore, “Ti fattore “di questa: sintesi & Taccento(Wver ', METOAICO, 6 melodico-verbale quando il culmine dela parole dette mn elodtatpincidonoy———____ N62 Perché vi sia ritmo bisogna dunque che esistano almeno due elementi della stessa natura, ma contrastanti fra loro e quindi complementari l'uno dell'altro. Ecco i due elementi : la tensi ne ¢ Ja distensione. Infatti, per prima Cosa, ¢ impor- tante coglie essenza del ritma.édi essere selazione-tra-una slanciae wa Tiposo, allo slancio_iniziale_al.tiposo-finale-di-una-stessa_entita.: ed & Poi questa relazione all'elemento finale che, per la sua continuita, unisce gli elementi intercalari, anche se sono numerosi, N.63 Nelle sintesi che vanno al di 1a della parola (inciso, frase), i due elementi in- dispensabili a qualsiasi ritmo Sono amplificati, dilatati, ma il Tapporto fra essi rimane identico : non sono pid allora delle sillabe, ma delle parole, degli incisi che sono messi in relazione ed ¢ l'unita del movimento che assicura la coesione del’insieme. Questa unita e continuita del movimento sono del tutto comprensibili quando si | trata di una parola breve : De - us Dé - mi - nus —_—_——_ ———_—_ quando la parola si sviluppa o quando si passa a delle pit ampie “inciso, la frase ? Se non’si dimentica che ogni sintesi si forma attorno a un Polo, ta diffi ¢ poi tanto grande quando si consideri Naccento (26) ceme centro unificatore si clementi della sintesi seguente : ~ fase-slancio del movimento ritmico (che é tutto cid che Conduce all'accento, sommita della fase stessa) , ~ fase-distensione (che @ tutto cid che all'accento segue) : © che il ritmo risulta dalla relazione di queste due faa. icolta non dei diver- —™ — Me =o; Sard a, Be=ne-df = cits; mi-se ~~ ed oho. Ecco ora un Unisce gli elementi, 'sempio che dimostrera come, nei diversi piani della sintesi, il ritmo 31 PRIMO ANNO DI CANTO GREGORIANO Ritmo-frase : OO Ritmeinciso! ~— Ritmopaola:s Adordte Deum omnes Angeli ejus (intr. della 3a dom.dopo I'Epifania). In qualsiasi modo lo si consideri, il ritmo @ un movimento che rimane UNICO € UNIFICATORE nonostante possa aumentare la sua ampiezza. Al vertice della sintesi, si giunge fino a quel legame che unisce fra loro tutte le parti dell’insieme, fino a quel flusso vitale che scorre attraverso tutto il pezzo : legame © flusso che costituisce I'unit& dell’intera opera. In pratica conviene fermarsi alla sintesi della frase perché la frase 2, per definizione, una somma di parole che formano un senso compiuto. 3. PRIMI ELEMENTI DEL RITMO GREGORIANO N. 64 Bisogna disporsi allo studio del canto gregoriano senza nessun concetto rit- mico prestabilito ed essere pronti a registrare i fatti cosi come sono, rispettandoli nella loro integrit&. Se poi si siesce ad armonizzarli tra loro e trame una teoria coerente € semplice, tanto meglio per il buon esito dell'insegnamento. Ma occorre stare attenti € non sacrificare mai la realt& oggettiva ad una pur lodevole preoccupazione pedagogica. Praticamente, @ l’analisi musicale, basata sulla notazione, che ci indichera in che modo il movimento ritmico é concretamente realizzato in questo o quel pezzo del repertorio. N.65 _ Ritorneremo pit dettagliatamente, al capitolo V, sui mezzi dell’analisi ritmi- ca ; tuttavia, volendo per ora individuare solo gli elementi primi del ritmo gregoriano, occorre precisare che l'analisi concemente tali elementi non saprebbe essere vera e utile se non nella misura in cui rispetterebbe : 2) il composto inseparabile formato da testo e melodia ; b) Vintegrita del testo stesso. Gli elementi primi del ritmo gregoriano non possono dunque essere ricercati a un livello inferiore delle entita ritmiche indivisibili che sono : «in stile sillabico 0 semi-omnato, un raggruppamento melodico-verbale di almeno due sillabe ; + in stile melismatico, un motivo melodico che comprenda i due elementi slancio-ripo- so, necessari a un ritmo completo. 32 RITMO DEL CANTO GREGORIANO 4. RAPPORTO DELLA PAROLA CON L'ENTITA MELODICA INDIVISIBILE N. 66 _ Gli elementi primi del testo € della melodia non sono necessariamente coinci- denti : cid dipende soprattutto dallo stile della composizione. Se, in effetti, nello stile semi-omato questa coincidenza si incontra sovente, nello stile sillabico 1a parola non costituisce generalmente che una parte dell'entita melodica, mentre nello stile melismatico Ja parola comprende parecchie entita melodiche. NERO N.67 a) Stile semi-ornato): coincidenza frequente degli elementi primi melodico- verbali, =~ ama Intr. «Da pacem» (18a dom. dopo Pentecoste) : Int. 6 ct i 3 SSeS D A pacem,*Dé- mi- ne, sus- tinénti-bus te, _ut prophétae tu. i fi-dé- les in-ve- ni. dntur ae Is- ra- el Se nella prima frase la melodia unisce in una sola entita melodico-verbale ind; bile le parole : «Da pacem» o «sustinentibus te», a causa della brevita di uno dei com. Ponenti, essa disegna invece nel resto dell'introito tanti ritmi musicali quanti sono i rit- mi verbali (27), e cid senza nuocere in nessun modo all'unita dell'insieme che si forma, oltre la parola, sul piano dei ritmi-incisi e dei ritmi-frase. N. 68 b) Stile sillabico (0 poco omato) : due o pil parole in una sola entita melo- dica indivisibile. . Sanctus IV : le parole «Pleni sunt caeli et terra» o «Benedictus qui venit» sono 4nite in un ritmo melodico indivisibile. Cosi pure le parole «Pleni sunt caeli et terra» 33 nel Sanctus XIII 0 le due parole «Ave Maria» nella ciazione : N. 69 ¢) Stile melismatico : parecchie ¢1 s PRIMO ANNO DI CANTO GREGORIANO Sa antifona de _ 3 Ant, (5 ne A ey Ma- rf a,® ntita melodiche indivi mi) su una sola parola (28). Off. «Ave Maria» (4a dom. di Avvento) = Grad. «Justus ut pal “e Cages 8 Di EM ve * A ma» (Comune di un Conf. non Pot nt. 1) Y. Ad annunti- 4ndum ma- Alla luce degli esempi addotti si semi-ornato, pud portare cide, vi sono molti casi i una sintesi melodica indi © in cui, come nello stile melisma @ dilatata all’ampiezza di un rit ritmo-frase Gubilus alleluiatico), un motivo me! sui, come nello stile sillabico, bile di pit vasta estensione pritm tico, essa invece porta pare 34 deduce che, se la parola, spe Jlodico completo ma indivisib essa non é che o-inciso 0 ritmo-membro 5 mo-inciso, di un ritmo-memb1 secondo lo sviluppo melodico. i Vespri dell'Annun- isibili (o elementi pri- ne cialmente in stile ile col quale coin- un elemento di chi motivi melodici. Qui ro anche a volte di un q CAPITOLO V ANALISI RITMICA DELLE MELODIE GREGORIANE N19 Nell'iniziare lo studio ritmico di un pezzo, ¢ opportuno considerarlo prima nel suo insieme, poi esaminame le diverse parti, dalle pitt grandi alle pitt piccole. Una erie dunque di divisioni e di suddivisioni. Si notera infatti che le «divisioni» sono Com seintive al eraggruppamenti» :se il ritmo 2 una sintesi, il termine di ogni sintesi @ indica- caoanive ivishane che segue. Ora @ spesso pil facile parlare di «divisioni», pur sapendo che @ il raggruppamento e T'ordinamento dei suoni precedenti le divisioni stesse a costituire ’essenza del ritmo. ni coincidono normalmente con quelle del testo ; é raro che N. 80 Le grandi division aun segno di punteggiatura (virgola e soprattutto punto ¢ virgola, due puntie punto) non corrisponda una stanghetta sul rigo (quarto di stanghetta, mezza stanghetta, intera stanghetta) : cid si spiega con la relazione fondamentale tra testo e melod.a nel canto gregoriano. + Queste stanghette — 0 segni di punteggiatura musicale — non hanno del resto un valore assoluto, ma relativo al contesto. Cosi I'intera stanghetta che separa due frasi letterarie che domandono di essere ben distinte, indica normalmente una divisione pit. se si trattasse di due proposizioni di una‘medesima frase. grande che Eccettuati i quarti di stanghetta, soggetti molto sovente a riserve, gli altri segni di divisione sono generalmente ben messi, gerarchicamente ben ordinati ¢ per- mettono di distinguere facilmente le divisioni maggiori che sono : - la frase, determinata da una intera stanghetta ; il membro, determinato da una mezza stanghetta. Ma I'analisi diventa delicata a misura che, sulla base dei due criteri consistenti notazione dei manoscritti, si cerca ‘entita indivisibile che & analoga N.81 nelle parole e nelle curve melodiche precisate dalla i delimitare le divisioni minori :’inciso e, infine, quell’ alla parola nel testo letterario. Prima di arrivare a queste entit& indivisibili che una scissione distruggerebbe, per- ché i loro elementi non possono sussistere indipendentemente gli uni dagli altri, ci si 42 si ANALISI RITMICA DELLE MELODIE GREGORIANE imbatte spesso in una zona intermedia dove si esita a riconoscere delle suddivisioni reali. Qui la scelta resta libera tra un’analisi meno dettagliata o uno spezzettamento maggiore, ed @ un fatto che riguarda propriamente I'interpretazione. C’é tuttavia una cosa che bisogna ammettere : voler tutto precisare fino all'estremo limite con l’ottimo pretesto di non trascurare nulla, é tentazione comune e rischia di trasformare in siste- ma cid che deve essere € restare sempre un’analisi oggettiva. Perché stupirci di questa elasticita, visto che si trata del ritmo libero del canto gregoriano ? I mezzi di analisi melodico-verbali che indicheremo (€ ve ne sono altri ancora) ‘rca dei primi elementi a quelli che, generalmente, non sono one (34). sono ordinati alla ric indicati dai segni di div N. 82 Un’entitA verbale @ facilmente riconoscibile : ogni sillaba finale permette di distingueme una. ‘ Anche le entita melodico-verbali devono sempre terminare sull'ultima sillaba della parola letteraria (35). In pratica, terminando sempre una entita melodica su una caden- 2a (dal latino cadere - cascare, scendere, terminare), l'analisi consiste : = nel riconoscere I'esistenza di una cadenza, poi - nel gerarchizzare Je cadenze che sono state riconosciute. N.83 Se non si pud stendere una nomenclatura di tutti i casi in cui esiste una cadenza — cosa che si impara a riconoscere con I'abitudine — si pud perd ammettere che vi é una cadenza, quando la sillaba finale di una parola é - trattata in ridondanza, - preparata da un’anticipazione melodica, - + pfeparata da un ricamo, - preparata con circonvoluzione, = oppure coincide con Ia finale di un movimento discendente subito seguito da uno ascendente Ja cui prima nota é all’unisono con la precendente : si ha qui una articola zione melodico-verbale in forma di «V». 1. SILLABA FINALE TRATTATA IN RIDONDANZA . N.84 Chi dice ridondanza dice qualcosa di superfluo. Musicalmente una sillaba finale @ trattata in ridondanza quando la nota che essa porta non é che un rimbalzo, un'eco della nota o del gruppo precedenti cantati sulla sillaba tonica, i quali sono ¥eramente e propriamente cadenzali. , Per avere una cadenza in ridondanza occorrono due condizioni : = bisogna che la sillaba accentuata dell'ultima parola prenda gid posto sulla corda dove Bi poserd Ia sillaba finale ; in questo modo l'ultimo acento é integrato alla cadenza ; | 43 PRIMO ANNO DI CANTO GREGORIANO ‘Ant, «Tu es Petrus» (29 giugno) : | ___+ |. shat pact aS Ee a — t Ecclé-si- am me- am. q , Des Per tras, et super hanc petram aedir f-c4- bo occorre pure che la relazione fra la sillaba tonica ¢ la sillaba finale rimanga abba- Stanza stretta affinché la sillaba finale sia veramente percepita come il rimbalzo della sillaba tonica ; cid esclude dal tipo «ridondante» formule cadenzali in cui la sillaba accentuata, benché abbia raggiunto la stessa corda di quella su cui si posera la finale, ne @ pero separata da un melisma che allenta eccessivamente Ja relazione tonica-finale. Del resto queste cadenze si limitano ad alcuni generi facilmente riconoscibili. a) Cadenze ridondantl elementart N.85 La cadenza ridondante eleméntare ¢ costituita da due note all'unisono : una per Ia sillaba su cui cade Maccento, Matra per la sillaba finale Lo si pud vedere nei tre casi dell'esempio sopra citato (36). Pud darsi che la ridondanza non coincida con nessuna stanghetta di divisione, néppure con la pit piccola : tuttavia esse prova, per se stessa, la presenza diuna suddi- Visine che, per minima che sia, non é meno reale. Talvolta si pud esitare nell'v'so dei segni di divisione. Per esempio, la Vaticana ha scritto l’Ant. «Si iniquitates» nel seguente modo : mentre I’Antiphonale Monasticum (1934) non ha messo nessuna stanghetta dopo la parola «iniquitates», ma solo un episema su ciascuna delle due ultime sillabe che for- mano la piccola cadenza ridondante. Un’altra antifona della stessa liturgia offre, sulla sua prima parola, un caso che deve classificarsi tra i pitt piccoli del genere = L K—___ —* ES Nsultbunt \Démi-no cy “anauisi RITMICA DELLE MELODIE GREGORIANE La semplicita di tale cadenza elementare @ proporzionata a quella dello stile del . pezzo ; non la si incontrer& qui indi altro che in melodie di stile sillabico o quasi sillabi- co : antifone dell’ Ufficio e pezzi del Kyriale, ad esempio in alcune cadenze del Gloria J, Ui, III, ece. b) Cadenze ridondantl ornate N. 86 Esistono pure cadenze ridondanti pi 0 meno omate, «pit» o «meno», essendo, anche qui, armonizzate allo stile del pezzo come pure al valore della sintesi ritmica che si conclude : una cadenza di Introito o di Communio non é una cadenza di Graduale, di Alleluia, di Tratto o di Offertorio perché differisce lo stile di composi- zione. Inoltre, una cadenza di inciso o di membro non é una cadenza di frase, come una cadenza di frase nel corso del pezzo non é una cadenza finale. Tali cadenze ridondanti omate si incontrano soprattutto nei pezzi del Proprio del- Ja Messa € nei Responsori dell’Ufficio. Ecco alcuni esempi di cadenze ridondanti oma’ te, abbastanza correnti (37) : Intr. «Esto mihi» (Dom.di Quinquagesima) : prote-cto-rem ; fa-ci-as ; Off. «Scapulis» (1a dom. di Quar.) : Do-mi-nus ; e-jus ; Intr. «Jubilate Deo» (3a dom.dopo Pasqua) : primo alle-lu-ia ; laudi e-jus ; ultimo alle-tu-ia Intr. «Exsurge» (Dom.di Sessag.) : in fi-nem ; no-stram ; no-ster. Intr. «Jubilate Deo» (3a dom.dopo Pasqua) : secondo alle-lu-ia ; Off. «Custodi me» (Martedi Santo) : pecca-to-ris ; , Comm. «Primum quaerite» (14a dom.dopo Pent.) : regnum De+i; Intr. «Intret» (Comune di pit Martiri I) : compedi-to-rum 7 Off. «Sperent in te» (3a dom. dopo Pent.) : Do-mi-ne ; pau-pe-rum. Intr. «Suscepimus» (8a dom.dopo Pent.) : misericordiam tu-am ; dextera tu-a; Intr. «Ecce advenit» (Epifania) : ad-ve-nit ; Comm. «Exiit» (Festa di S.Giovanni) : donec ve-niam. Intr. «Gaudeamus» (Festa di Ognissanti) : Filium De-i ; Off. «Jubilate» (2a dom.dopo lEpifania) : alle-lu-ia ; Off. «In te speravi» (13a dom.dopo Pent.) : Do-mi-ne. Intr. «Circumdederunt me» (Dom. di Settuagesima) : vocem me-am ; Off. «Ad te Domine» (1 a dom. di Aw.) : Do-mi-ne ;non confun-den- tur; 11 a dom. dopo Pent.) : sub-stan-ti-a 3 tearum 5 Comm. «Honora» (11 cee 45 ~~ - 2 Fi |ANO . prIMO ANNO DI CANTO GREGOR! ‘i ultimo alle-lu-ia + : di Pasqua) : primo © BT ; Do-mi-ne ; Intr. cResurrexi? rat Sessagesima) vestigia mera ao Off, ePerfice» (Dom. | eo ge) :saneta s mers ae Intr. «Judica me» I coat “lopo Pent.) + Do-mi-nus 5 Comm. «Gustate» (8: NTICIPAZIONE MEL ODICA LABA FINALE PREPARATA DA UN'A 2. SL do il grado sul @ articolata la sillaba aba precedente. Ad arola observa” wale .87 _Cé anticipazione melodica quan: q finale 2 gid percepito — e dunque «anticipa ceempio, nell'Intr. «Si iniquitates» (22a dom. do} ve-ris to» — alla fine della si ypo Pent.), alla fine della pé 3 ond 3 se BS 3 me ee ee ee - Altri esempi : Intr. «Sapientiam» (Comune di pidi Martiri IT) : Sapien-ti-am ; lau-des , vi-vent ; Grad. «Constitues» (29 giugno) : memores erunt no-mi-nis ; Intr. «Misericordia» (2a dom. dopo Pasqua) : ver-bo ; Intr. «Victricem» (Giov. dopo Pasqua) : Vic-tri-cem ; manum tu-am ; ape-ru-it ; ‘ lin-guas ; All. V. «Ostende» (1a dom. di Avv.) : tutte le parole del versetto eccetto amisericordiam» e «da nobis». 3. SILLABA FINALE PREPARATA DA UN RICAMO N.88 Il ricamo @ un omamento che ha origine da un suono relativamente impor- | tante, fa sentire alla fine della sillaba su cui 2 posto (terzultima o penultima) I'uno o Yaltro dei suoni vicini e ritorna poi al suo punto di partenza sulla sillaba finale. Grad. «Universi» (1a dom. di Aw.) : | et sé- mi-tas tu- 46 AN. |ALISI RITMICA DELLE MELODIE GREGORIANE Intr. «Populus Sion» (2a dom. di Aw.) : 7 P “ope sr Cfr. pure : Off. «Jubilate Deo» (1a dom. dopo lEpif.) :i " . dopo l'Epif.) : in conspe-ctu ejus ; Intr. «Da pacem» (18a dom.dopo Pent.) : fide-les. ec- ce D6- mi-nus vé-ni- et 4, SILLABA FINALE PREPARATA CON CIRCONVOLUZIONE N.89 _ Talvolta, il grado della scala su cui si posa la sillaba finale @ preceduto da due gradi vicini : primal grado inferiore, poi quello superiore o vice-versa. La linea melodica gira attorno al punto su cui va a terminare e la circonvoluzione da cosi alla finale, anche quando é molto poco o niente affatto conclusiva, un rilievo non trascurabile. Intr. «Puer» (3a Messa di Natale) : SaaS 1 magni consf- li . Intr. «Victricem» (Giovedi di Pasqua) : fe-cit die sér- tas, ictric i i di processi ritmici studiati in questo (L'Intr. «Victricem» presenta van esempi di p ft i e capitolo : Victricem manum tuam, Domine... aperuit os mutum, et linguas infantium fecit disertas...) 5. ARTICOLAZIONE IN FORMA DI «V» aba finale che coinc Hq sillaba seguente cl ‘ide con il termine di una discesa melo- N.90 Si tratta di une Ihe diviene il punto di partenza di un dica e sullo stesso grado dé 47 PRIMO ANNO DI can ORLAN( : | RU 1 CANTO GREG , | 10 _ento ascendente : da cui |, . . | pore verbal. a forma di eV» che caratten a | mode" pore ratterizza questa articolazione eft comm. «Potum meumy (Mercoledi Santo) ; ‘| oft. cave Marian (4a dom. di Avy.) : Soe rae | fru- tus ven- tris tue i, \ Comm. «Nemo» (Sabato dopo la 3a dom. di Quar.) : B= jam Ampli- us no-lipeceé-re. N.91. N.B. Gli esempi addotti ci permettono ugui almente di discernere gli elementi bri y quando la sillaba finale porta non una sola nota, ma un gruppo di note : Intr. Da pacem» (18a dom. dopo Pent.) : et plebis tu = 3 48 ANALISI RITMICA DELLE MELODIE GREGORIANE Comm. «Simile est» (Comune di una Vergine II) : quacrénti bénas —marga-ri-tas : p) 0 anche indipendentemente da qualsiasi testo, all'intemo di un melisma : si tratta glora di entit4 puramente melodiche, Off. «Ave Maria» (4a dom. di Aw.) : gra tia ple- na, ven. tris tu i. Come si vede, questi diversi mezzi di analisi ci conducono a scoprire e a delimitare Ie pit piccole unita della composizione musicale, che noi dovremo ordinare tra Gi loro -Quando sara venuto il tempo per Iinterpretazione. Ma, prima di abbandonare lo studio della parola, é necessario ancora considerare i rapporti tra l’accentuazione latina e la composizione gregoriana. 49 REGOLE PER L'ARMONIZZAZIONE DELLE MELODIE NEI VARI MODI T° Modo: Protus autentico Se é scritto interamente nellesacordo naturale gli accordi fondamentali : re min, fa magg, la min., do mag Nella cadenza semplice si utilizzera la successione V - I (la min - re min) nel caso che la melodia lo richieda. Es. ‘Nella cadenza ridondante si utilizzera il ritardo della terza, ‘Nella cadenza composta le note sullultima sillaba della parola si armonizzeranno con un unico accordo. ES. NY pals sda —> Il? Modo : Protus plagale Se la melodia passa dall'esacordo naturale all'esacordo duro il sib sara proscritto € gli accordi: da utilizzare saranno do magg, la min, mi min, re min @ sol mags Sia nel'autentico che nel plagale la nota finale sara la stessa ciod re che dovra essere armonizzata sempre con I'accordo di re min. 16 HIP? Modo : Deuterus autentico Questo Modo oscilla tra Tesacordo duro e quello naturale, La nota finale @ il mi. Essa andra sempre armonizzata con ila min se é ultima nota del canto, altrimenti si potré utilizzare anche Taccordo di do magg, La formula armonica che conviene a questo modo é la cadenza plagale. Es. Gili accordi che si possono utilizzare sono : la min, do magg, re min, mi min. Nell'esacordo duro si potra utilizzare comunque anche l'accordo di sol mage, Il sib deve essere tenuto in sospetto ed essere trattato, se € possibile, come nota estranea ] ‘Atlinizio della melodia si proferia utilizzare il la min finché la melodia non indichera ‘chiaramente una armonizzazione in do mags, La nota si deve essere armonizzata sempre con il mi min, specialmente in cadenza, Cadenza composta ¢ ridondante. Es. ie = eH t 7 - ~~? s SSS st 1° Modo : Deuterus plagale Esso si differenzia dal'autentico per la tessitura pili grave Quatche vota si appoggia sulla sua dominante (a) come se essa fosse una nota finale. Questo Modo ricorda il Protus in re, il Titus plagale, il Tetrardus, eee Gli accordi saranno re min, do magg, la min, mi min Se é scritto tra i due esacordi naturale e duro si potra utilizzare anche Vaccordo di fa magg, quando l'esacordo naturale sara meglio delineato. 7 V° Modo : Tritus autentico Evitare il senso della sensibile che sale alla tonica (mi-fa). E' un Modo molto particolare, poiché pur avendo la nota finale fa si muove sia nellesacordo molle che nellesacordo duro. A seconda delt'esacordo in cui la melodia si muovera occorrera utilizzare accordi e cadenze differenti 1, Nel'esacordo molle occorrera utilizzare i seguenti accordi : fa magg, re min, sib magg, sol min La cadenza pit appropriata per questo Modo, quando esso si trova nell'esacordo molle, é la ‘cadenza plagale, e sara possibile sia il ritardo della terza nella cadenza ridondante che il pedale di tonica sul quale si innestera Yaccordo di sib magg in 2° rivolto, facendo in tal modo eccezione alla regola secondo cui non & possibile utilizzare 'accordo 2° rivolto in quanto la quarta é ritenuta dissonante. Es, 2. Se la melodia é scritta nell'esacordo duro il sib sara interdetto. Occorrera usare le cadenze col si naturale Lo stesso accordo di fa magy dovra essere utilizzato con parsimonia e discrezione, onde evitare il tritono con la nota si, pur rimanendo 'accordo di base da utilizzare sulla nota finale fa. L'accordo di fa magg potra essere utilizzato normalmente non appena si rientrera nellesacordo col bemelle o in quello naturale Nella cadenza col si naturale é impossibile usare la cadenza plagale (cioé la successione sib magg e fa magg) ma bisogna ripiegare sulla cadenza perfetta badando perd che la sensibile (mi) nellaccordo si trovi al tenore e non salga alla tonica, Bisogna fare in modo che salti di una terza cendente, Questo in modo da dissimulare la sensibile e dare meno l'impressione di tuna armonizzazione troppo tonale, rischio che si corre frequentemente in questo Modo Non potendo utilizzare il ritardo tradizionale della terza occorrera usare un ritardo inferiore che risolve ascendendo. Es. Cadenze col si naturale mae: Gii accordi che si possono utilizzare nellesacordo duro sono : do magg, la min, sol magg € mi min, oltre al gia citato fa magg con il quale si armonizzera sempre la nota conclusiva della melodia 19 lagale 0: Tritus plag: sod lemento capi oa ecadence (e tale © spesso difficile) non si dierenviang da quelle da quelle det antec (ve). ys 5, Famagg, re min. quando si trova il bequadro, non si pud usare nell’accordo il bemolle. Nelle cadenze perfette yacurt di evitare il senso della sensibile ascendente. Meglio un bemolle, necessario per inare la cadenza plagale, che una sensibile che sale, cosa contraria a tutta J"estetica iIbemolle & normale nel VI° Modo. La caratteristica del VI° Modo (Tritus plagale) é la sua quarta grave (fa-do). Accordi re min, Sib magg, Fa mage, Do magg. mi min, Sol magg, con il si naturale yar Modo : Tetrardus autentico | Lanota finale & sol, Tuto it Modo & seri scritto nell'es; } puo non tener conto del bemolle poiché sso 6 tras oe “hepemaleGconsauena scurabile | Le cadenze sono di tre tipi ™ P°ipo. Es. (Sipuo usare anche la settima non preparata) 2°ripo: CADEN 2A piAagale ae 1 deve ricorere all 3° tipo : cadenza V I (re - sol). In questo caso sulla nota re_ del basso si pub avere la settima ¢ la nona. Es 20 denza ridon books dante tutte e tre i tipi di cadenze permettono il ritardo della terza. Es. E' un Modo dalle caratteristiche molto costanti. Gli accordi da utilizzare sono : sol magg, mi min, la min, re min e do mage. Nei pezzi brevi la melodia non supera la quinta versio acuto, altrimenti occorrera immaginare Yottava (Sol - sol) divisa in due parti con il re dominante che & il punto di ivisione centrale. Poiché i riposi sulla dominante sono frequenti, se si proviene dalla regione media della scala il re richiama la tonica sol. Se invece la melodia proviene dalla quarta acuta a nota re tende ad imporsi come tonica passeggera di Protus, che scompare parte media della scala. perd non appena la melodia rientra nella ° Modo: Tetrardus plagale etrardus plagal . Mite Plagale discende al di sotto della tonica (sol - re grave) come l'autentico sale al sopra della dominante (sol - re acuto), il re non ha lo stesso ruolo del re acuto del VIIe Modo autentico, non ne ha il carattere. re acuto si appoggia sulla tonica Sol; il re grave se ne distacca non la suggerisce. 1 la regione grave dell’ VIII? Modo si seguono Tigorosamente le norme dell’ esacordo naturale (Fa ell’esacordo duro pur dovendo seguire l'armonia esacordale, si tollera il fa come nota di ovimento che dopo s si é sentito nella melodia. Accordi Fa magg, Do magg, la min, Sol magg, re min Capitolo V a LA SALMODIA GREGORIANA oy I - NOZIONI GENERALI 7 Poiché fin dalle origini del culto cristiano i testi dei canti liturgici erano forniti prevalentemente dal Salterio ebraico, la salmodia costituisce la forma pill antica del canto ecclesiastico, Per "salmodia" si intende appunto il canto dei Salmi e dei Cantici biblici, mediante 1" ‘uso di formule melodiche pit o meno sviluppate, pil o meno ornate Qui ci limiteremo allo studio della salmodia semplice antifonata e alterna- ta propria del canto, dell'Ufficio, e ora introdotta an: che nella Messa con la pub blicazione del "Graduale simplex". 1, Struttura letteraria dei Salmi Struttura letteraria dei Salmi I Salmi si dividono in versetti (0 "stichi") ed i versetti in due emistichi, separati nei libri liturgici da un asterisco. Qualche versetto pid lungo ha una suddivisione supplementare indicata con una crocetta (ft). La salmodia sempli_ ce propria dell' Ufficio consiste nel rivestire ogni versetto di un salmo con la stessa semplicissima formula melodica. 2, Struttura musicale delle formule salmodiche Ogni formula salmodica completa @ formata d. a) una intonazione, che serve a collegare la finale dell’, rel 0 "corda di recita''; pertanto si esegue sempre e soltanto dopo il can to dell'antifona, cioé soltanto al primo versetto nella salmodia antifonata € ad ogni versetto nella salmodia alternata (com'é il caso delle salmodie per la Messa proposte dal "Graduale simplex"); i Cantici evangelici, ai fi ni di una maggiore solennizzazione, riprendono I'intonazione ad ogni ver— setto; 7 b) un "tenore" o ‘antifona con il "teno "corda di recita', sul quale si canta (rispettando il ritmo verbale, ma con un andamento piuttosto agile, senza durezze, tranquillo e regolare) la maggior parte delle parole che compongono il versetto; ¢)-due cadenze, una mediante, che conclude il primo emistichio ed & segui- ta da una congrua pausa (della durata di un tempo primo), e una finale, che conclude l'intero versetto; una stessa formula salmodica ha in gene- Fe finali diverse alternative, al fine di rendere pid’ agevole e armoniosa la ripresa dell'antifona dopo L'ultimo 0 dopo ciascun versetto; nella sal- modia antifonata l'alternanza dei cori dev'essere immediata, senza pause intermedie; 4) una eventuale "flexa", quando & richiesta dalla particolare lunghezza del Primo emistichio o dal senso del testo; va eseguita con un leggero allar- gando cadenzale, ma senza pausa. 38

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