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La scienza bizantina e latina: la

nascita di una scienza europea.

La musica

di Christian Meyer - Storia della Scienza (2001)

Sommario: 1. Osservazioni di carattere generale. 2. Il suono e


l'ascolto. 3. La musica e il tempo. 4. Classificazioni e definizioni
della musica. 5. La musica e i suoi effetti. Bibliografia.

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1. Osservazioni di carattere generale

La musica, come scienza e rappresentazione del mondo,


attingeva i suoi concetti pi importanti alla fonte delle
costruzioni astratte del De institutione musica di Boezio (480 ca.-
524/525), di alcuni brani dei Commentarii in Somnium Scipionis di
Macrobio e infine delle enciclopedie di Marziano Capella
(prima met del V sec.), Cassiodoro (490 ca.-580 ca.), e Isidoro
di Siviglia (560-636 ca.). Mentre l'impegno dei lettori
altomedievali era diretto fondamentalmente alla spiegazione
del testo di Boezio, la produzione teorica del periodo tra il IX e
il XII sec. sviluppava, avvalendosi degli strumenti matematici
ereditati dalla Tarda Antichit, un apparato concettuale inteso
a imporre un ordinamento razionale alla pratica musicale. Ci
facendo, la teoria della musica dell'Alto Medioevo si
caratterizz principalmente per il tentativo di razionalizzare
l'altezza del suono imperniato sulla costruzione dei sistemi
acustici.
I numerosi trattati dedicati alla divisione del monocordo, alla
misura delle canne dell'organo o anche alla costruzione dei
carillon si collocavano in una prospettiva pratico-teorica; la
costruzione geometrica della scala dei suoni su un corpo
sonoro, proposta in questi trattati, tendeva sempre, in
definitiva, a mettere in evidenza le strutture interne al sistema
acustico stesso. Questa dimensione pratico-teorica del discorso
musicale fu poi rinnovata nel corso della seconda met del XIII
sec. con la comparsa di nuovi paradigmi scientifici e lo sviluppo

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di nuove tecniche musicali, tra cui, in particolare, la notazione


dei valori di durata e la crescente complessit del canto
polifonico.
Come testimoniano diverse fonti, il De institutione musica di
Boezio continu a essere il testo di riferimento a cui la
disciplina musicale attingeva i suoi concetti pi importanti, in
particolare negli ambienti universitari francesi del XIII secolo. I
primi due libri del trattato di Boezio si diffusero sotto forma di
un compendio destinato a dare un fondamento alla teoria delle
consonanze. Giacomo di Liegi osservava che, durante il periodo
in cui aveva studiato alla Sorbona (verso il 1275), il lettore
commentava solamente i primi due libri di Boezio (Speculum
musicae, II, 1, vi, 8). Nel suo Tractatus de musica, redatto tra il
1271/1274 e il 1289, il frate predicatore Gerolamo di Moravia,
attivo a Parigi nel convento della rue Saint-Jacques, inser ampi
brani del De institutione musica come introduzione teorica alla
pratica musicale. La Musica speculativa (1323) di Giovanni de
Muris, che conobbe una notevole diffusione, esponeva un
riassunto in forma assiomatica del De institutione musica. Con
quest'opera l'insegnamento di Boezio entr a far parte in
maniera stabile dell'istruzione scientifica impartita nella
Facolt delle arti, e in particolare del curriculum studiorum delle
nuove universit della Germania e dell'Europa centrale. La
prima edizione del De institutione musica, pubblicata a Venezia
nel 1492, nell'ambito dell'edizione delle opere complete di
Boezio, testimonia infine della tarda ricezione di questo
trattato.

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Anche se Boezio continu a essere l'auctoritas indiscussa cui si


richiamavano i teorici della musica, questi ultimi non rimasero
indifferenti alle innovazioni intellettuali del XIII sec.: Giovanni
de Muris, Giacomo di Liegi, Marchetto da Padova, e molti altri,
conoscevano Aristotele e ne citavano volentieri la Metafisica a
proposito delle modalit della conoscenza, il De anima riguardo
al suono, la Fisica circa il tempo, il De caelo per la questione
della musica mundana, la Politica o l'Ethica Nicomachea sui
problemi della socializzazione della pratica musicale. Accanto
alle opere di Aristotele tradotte in latino, le sezioni XI e XIX
dei Problemata pseudo-aristotelici erano gli unici testi greci
antichi che trattavano della teoria della musica dei quali si
possedesse una versione latina (la pi antica fu eseguita tra il
1258 e il 1266 nell'Italia meridionale da Bartolomeo da
Messina). Tuttavia, nonostante il loro interesse per l'acustica
(propagazione del suono, acustica degli strumenti a corda e
cos via) e, pi in generale, per la pratica musicale (sistema
acustico, qualit etiche, ecc.), sembra che questi testi non
abbiano attratto l'attenzione degli autori di musica, con
l'eccezione di Engelberto di Admont che, nel suo De musica,
redatto anteriormente al 1320, cit a pi riprese alcuni brani
della sezione XIX dei Problemata.
In compenso gli autori di musica erano probabilmente al
corrente della divisione generale della musica stabilita da al-
Frb, che era loro pervenuta grazie alla traduzione fattane
verso il 1250 da Vincenzo di Beauvais nel suo Speculum
doctrinale, e che rappresenta tutto ci che il Medioevo pot

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conoscere della teoria musicale araba. I contatti con la cultura


scientifica araba sono documentati da rarissime tracce
materiali; il caso pi significativo quello dell'uso, negli scritti
di un autore inglese della fine del XIII sec. (l'Anonimo IV), dei
termini elmuahym e elmuarifa che nella geometria araba
designavano, rispettivamente, il rombo e il romboide. In ogni
caso, i tpoi della filosofia aristotelica della Natura, menzionati
dai teorici della musica, non produssero una ricostruzione
sistematica dell'apparato scientifico del musicista.
Si cercherebbe dunque invano, negli scritti sulla musica della
fine del XIII sec. e dei secoli successivi, una formulazione
coerente delle recenti esperienze scientifiche. Queste ultime
dirigevano comunque in profondit le strategie del discorso
sulla musica e sull'attitudine dei musicisti a concettualizzare
ma anche a fertilizzare nuovi campi della pratica musicale, e
in particolare quello della musica polifonica. Alla fine del XIII
sec., l'autorit dell'aristotelismo favor cos, in primo luogo, un
approccio alla musica decisamente 'naturalistico', attento ai
problemi della produzione del suono e alle condizioni
necessarie alla sua propagazione. In questo modo essa
contribu alla presenza di un referente fisico e concreto nelle
speculazioni sull'aritmetica musicale. Il riferimento alla
filosofia della Natura rinnov poi, in modo significativo, il
concetto di durata e di temporalit; esso condusse infine a
ridefinire, sulle rovine dell'antico quadrivium delle sette arti
liberali, la posizione della musica tra le altre discipline del
sapere.

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2. Il suono e l'ascolto

Le risposte elaborate dagli eruditi del Medioevo, sotto


l'influenza della scienza e degli scritti arabi, alle difficili
questioni sollevate dalla natura del suono, dalla sua diffusione
nell'aria e dai meccanismi dell'ascolto, non sembrano aver
inciso profondamente sulla teoria della musica; del resto, esse
non hanno lasciato quasi traccia nei trattati sulla musica e
potrebbero, al contrario, essere persino all'origine del
rinnovato interesse per i modelli speculativi del De institutione
musica di Boezio. Nel corso della seconda met del XIII sec., il
riferimento all'esperienza sensibile dell'ascolto fu introdotto
nella formulazione delle categorie fondamentali della
classificazione delle 'consonanze' (consonantiae), un aggregato
cio di due suoni emessi simultaneamente.
Giovanni di Garlandia distingueva le 'consonanze' in
'concordanti' e 'discordanti' (concordantiae/discordantiae).
Anche se le suddivisioni pi ricercate (quelle tra concordanze e
discordanze perfette, imperfette e medie) sembra siano state
concepite in base al modello razionale dei numeri dell''anima'
del 'mondo', le categorie fondamentali si riferivano
esplicitamente alla percezione sensibile. Cos, la distinzione tra
concordanze e discordanze fu stabilita in base alla categoria
sensibile e, in definitiva, estetica, della compatibilit oppure
dell'incompatibilit dei suoni all'ascolto. Allo stesso modo, si
riteneva che la perfezione di una concordanza (l'unisono e
l'ottava) dipendesse principalmente dall'incapacit da parte

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dell'udito di distinguere i due suoni consonanti. Il grado di


fusione di questi intervalli, che era il criterio della loro
perfezione, veniva meno nel caso delle terze maggiori e minori,
considerate concordanze imperfette.
All'inizio del XIV sec., Giovanni de Muris stabil la preminenza
del suono sul numero, capovolgendone cos l'antico rapporto di
subordinazione. Secondo lui, poich la musica tratta del suono
in rapporto ai numeri o all'inverso, e dal momento che il suono
deve essere generato prima di poterlo 'numerare', l'analisi dei
meccanismi della sua produzione occupava una posizione
prioritaria (Notitia artis musicae, II, 1; Musica speculativa).
Giovanni de Muris sostitu in questo modo una teoria della
musica basata sul postulato di entit numeriche di carattere
metafisico con una prospettiva naturalistica in cui la teoria
della musica era subordinata alla filosofia della Natura. Questa
inversione era imperniata sulla teoria del suono ripresa dal De
anima(II, 7-8) in cui si affermava che il suono pu prodursi
soltanto alle tre seguenti condizioni: un percuziente
(percutiens), un percosso (percussum) e infine un mezzo nel
quale l'effetto possa propagarsi (medium percutiendi). Questo
mezzo in primo luogo l'aria e il suono considerato una
vibrazione dell'aria provocata dall'urto dell'agente percussore
sull'oggetto sonoro.
L'elemento determinante rimaneva il movimento, sia quello
all'origine dell'urto sia, soprattutto, i movimenti dell'oggetto
sonoro stesso e probabilmente quelli da esso propagati
nell'aria. Giovanni de Muris non si dilungava per sui

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meccanismi inerenti alla produzione del suono; gli bastava


definire il concetto di movimento per riallacciarsi alle teorie di
Boezio e reintrodurre cos l'argomento del numero attraverso
quello della quantit dei movimenti che, secondo la fisica
boeziana, erano all'origine dell'acutezza o della gravit del
suono. Cos "la musica fatta di suoni proporzionali secondo il
numero di movimenti in essi racchiusi" (Notitia artis musicae, I,
2).
A prescindere dalla sua ricezione in Giovanni de Muris,
tuttavia, la fisica aristotelica del suono e i molteplici problemi
da essa posti non hanno lasciato quasi traccia nella teoria della
musica, e la posizione assegnatale da Giovanni de Muris
condusse, al contrario, a una restaurazione dell'autorit di
Boezio. Oramai, le speculazioni numeriche sulle proporzioni tra
i suoni verificate, del resto, sul monocordo trovavano il loro
fondamento nella filosofia della Natura. L'apparato matematico
elaborato da Boezio acquistava in questo modo una nuova
dignit offrendo un modello matematico alla fisica del suono.

3. La musica e il tempo

Se lo studio della natura materiale, fisica, del suono non ha


destato l'interesse degli eruditi occidentali dell'Alto Medioevo
neanche la questione dell'organizzazione temporale della
musica sembra aver attratto la loro attenzione. I testi relativi
all'organizzazione della durata rimasero molto rari, e furono

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generalmente dominati dai paradigmi dell'insegnamento della


grammatica. Solamente lo studio dei piedi della metrica e delle
loro combinazioni di brevi e di lunghe consentiva allora di
articolare in un sistema di concetti l'organizzazione della
durata. Questo modello, di cui il De musica di Agostino offriva
una delle descrizioni pi esaustive, fu concisamente
menzionato da Guido d'Arezzo (992-1050) nei capp. XV e XVI
del Micrologus.
probabilmente nello spirito della teoria del numerose
canere formulata dall'autore della Musica enchiriadis (trattato
anonimo redatto verso la fine del IX sec.), ma anche nell'elenco
dei piedi della metrica contenuto nel De musica (II, viii, 15), che
deve essere collocata la comparsa dei modi, cosiddetti 'ritmici',
che regolarono la notazione musicale nel XIII secolo. Sembra,
pi precisamente, che questi modi siano stati ideati in base al
modello dei sei modi semplici ai quali Alessandro di Villedieu
(noto anche come Alexander de Villadei, m. 1240 ca.), nel suo
Doctrinale (1199), aveva ridotto un lungo elenco di 124 piedi
ereditati dalla metrica classica.
Il modello metrico si afferm in particolare in una certa
tradizione inglese che potrebbe essere correttamente definita
agostiniana e che fu illustrata, tra gli altri, da Roberto
Kilwardby. Nel De ortu et divisione philosophiae (redatto verso il
1250) quest'ultimo spiegava in effetti che il discorso (oratio),
come quantit, subordinato alla musica (ad harmonicum)
perch i suoni (soni) che compongono le sillabe organizzate in
piedi e in metri obbediscono alla legge del numero. Allo stesso

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modo, Giovanni di Garlandia definiva i valori di durata che


costituiscono i modi ritmici, in rapporto ai tempi dei
grammatici (cos il valore di durata della breve, recta brevis,
corrispondeva a un tempo, quello della lunga, recta longa, a due
tempi). Questo legame tra musica-harmonia e ars metrica era
inoltre illustrato in modo paradigmatico nella Summa de
speculatione musice di Walter Odington (redatta tra il 1298 e il
1316), che affrontava esplicitamente la questione del rapporto
esistente tra la musica e il tempo dal punto di vista metrico.
Nel corso della seconda met del XIII sec., sotto la crescente
influenza degli scritti di Aristotele, e in particolare della Fisica e
dei Libri naturales, la nozione di tempo, con tutte le sue
implicazioni fisiche, divenne un oggetto di riflessione per i
musicisti e fece cos la sua comparsa nella teoria della musica.
Questo interesse , per la prima volta, chiaramente leggibile
nel De modo cantandi et formandi notas et pausas cantus planus,
inserito da Gerolamo di Moravia nel cap. XXV del suo Tractatus
de musica. In questa opera si definiva 'musica misurabile'
(mensurabilis) quella in cui il valore di tutte le note riducibile a
un modello razionale. Per spiegare la specificit del 'tempo
musicale' (tempus harmonicum), l'autore si richiamava
chiaramente alla teoria aristotelica del tempo fisico (Physica,
IV, 11), intendendolo cio come un numero del movimento
secondo il prima e il poi.
Per Gerolamo di Moravia, o per la sua fonte, l'analogia con il
tempo fisico fondava una concezione del tempo musicale come
successione di tre istanti prima, presente, poi

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definiti minima della percezione uditiva. La concezione


aristotelica del tempo esposta in quest'opera autorizzava un
approccio dinamico al tema della durata e fondava il concetto
decisamente moderno di divisibilit del tempo. Alla durata
minima e indivisibile dei grammatici il tempo della 'breve'
si contrapponeva la durata suddivisibile della brevis. La
sistematizzazione di stampo aristotelico della suddivisibilit
della breve e l'assimilazione dell'unit del modo ritmico al
tempo non era estranea alla comparsa o almeno alla
maturazione concettuale e grafica della nozione di pulsazione
(il tactus) come elemento regolatore per eccellenza della
polifonia. L'analogia tra tempo fisico e tempo musicale favoriva
inoltre la matematizzazione della durata; mentre il silenzio
eludeva il controllo della metrica, il paradigma del tempo
naturale consentiva oramai di quantificarne la durata in base al
modello del suono e di postulare l'equivalenza 'aritmetica' del
suono e del silenzio.
L'abbandono del paradigma grammaticale a vantaggio di un
approccio naturalistico al suono autorizzava cos
l'introduzione di modelli matematici nell'organizzazione della
durata. Questa razionalizzazione della dimensione temporale
era strettamente connessa al formalismo che caratterizzava la
produzione musicale del secolo dell'Ars nova. Bisogna infine
notare che questo periodo coincise approssimativamente con
l'introduzione dell'orologio meccanico, il cui sistema di
bloccaggio-sbloccaggio divideva il tempo in intervalli distinti e
consentiva cos di misurare l'estensione della durata.

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Tavola I

4. Classificazioni e definizioni della musica

L'influenza della filosofia della Natura di Aristotele indusse a


considerare il suono, tradizionalmente associato alla
definizione della disciplina musicale, nella sua realt fisica.
Cos, la musica non trattava pi de numero relato ad sonum,
secondo la formulazione probabilmente enunciata da Giovanni
di Garlandia (Musica plana) verso il 1250, ma de sono relato ad
numeros, come affermava Giovanni de Muris (Notitia artis
musicae, I, 1) negli anni Venti del XIV secolo. Lo studio della
musica era oramai, in linea di principio, associato al suono
considerato nella sua materialit fisica, nella sua gravit
oppure acutezza e nella sua temporalit: il suono era divenuto
un oggetto suscettibile di valutazione e di manipolazione
matematica, sia sotto il profilo dell'altezza sia sotto quello della
durata.
Questa inversione operata, a quanto sembra, in alcuni
ambienti parigini della seconda met del XIII sec.
riscontrabile nella posizione assegnata alla musica da
Tommaso d'Aquino (1225/1226-1274) fin dagli anni 1257-1258.
Nell'ambito delle scienze matematiche egli distingueva quelle
che trattavano della quantit in assoluto (la geometria e
l'aritmetica) da quelle che applicavano i princip matematici
alle cose della Natura; queste ultime, rappresentate dalla

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musica e dall'astronomia, erano definite scienze medie.


L'oggetto fisico del suono costituiva cos la materia della
scienza musicale, mentre l'apparato matematico ne
rappresentava la dimensione formale. La musica dunque non
trattava dei suoni in quanto tali (e sotto questo aspetto non era
una scienza naturale), ma dei suoni in quanto obbedienti a
determinate proporzioni (v. Super Boetium De Trinitate,quaest.
5, art. 3; Sententia super Physicam, II, 3).
Questa concezione si consolid tra il 1267 e il 1268 per opera di
Ruggero Bacone (1214 ca.-1294), per il quale la scienza della
musica trattava solamente del suono fisico, e ci favor la
scomparsa della musica delle sfere, musica mundana,
dall'orizzonte della scienza della musica. Allo stesso modo
Giacomo di Liegi (Speculum musicae, I, 8: "A quale parte della
filosofia la musica sottoposta"), ispirandosi a un altro modello
aristotelico (esposto nella Metafisica), rinnovava, ampliandola,
la classificazione della musica posta da Boezio.
Egli distingueva: 1) una musica coelestis o divina, assente in
Boezio, assimilata alla metafisica (prt philosopha o theologik);
2) una musica mundana e humana il cui argomento era della
stessa natura di quello della fisica; infine, 3) la musica
instrumentalis (sonora) che rientrava allo stesso tempo nel
campo della fisica e in quello della matematica.
Nella seconda met del XIII secolo, il tentativo di ridefinire la
scienza della musica si manifest in modo originale
nel Tractatus de musica del frate predicatore parigino Gerolamo

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di Moravia, la cui prefazione terminava con una lunga


citazione non letterale del prologo della Summa theologiae. Nel
menzionare la definizione di Tommaso d'Aquino, Gerolamo di
Moravia sostituiva "gli elementi dell'arte musicale che
concernono principalmente il compito dei cantori", esposti nel
Tractatus, a quelli che, nella Summa, si riferivano alla sacra
doctrina. A questo riferimento plagiario faceva eco, qualche
brano pi avanti, una definizione del 'soggetto' della musica
ricalcata, con la stessa tecnica, su un altro brano della Summa
theologiae (I, 1, 7). Il calco, in questo caso, esprimeva il proposito
di organizzare la scienza della musica sul modello della scienza
sacra sostituendo al suo soggetto, Dio, il suono discreto, il
suono cio nella sua materialit fisica, ma basato sui numeri.
Cos, la divisione della musica enunciata da al-Frb,
ampiamente divulgata da Vincenzo di Beauvais e ripresa
successivamente da Gerolamo di Moravia, ha probabilmente
favorito la comparsa, nel corso della seconda met del XIII sec.,
della distinzione tra teoria e pratica. Seguendo l'esempio di
Aristide Quintiliano, al-Frb distingueva due tipi di sapere
musicale, una conoscenza attiva, o pratica, della musica e una
conoscenza speculativa; tramite la prima il musicista produce,
con strumenti naturali o artificiali, suoni che obbediscono alle
leggi dell'acustica, mentre la seconda conoscenza concerne i
fondamenti razionali dei suoni prodotti dalla voce o dagli
strumenti non da un punto di vista materiale ma in assoluto.
Giovanni de Muris divise la sua Notitia artis musicae in due libri,
il primo dei quali (musica theorica) trattava del suono, della sua

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matematizzazione e della struttura della scala dei suoni,


mentre il secondo (musica practica) prendeva in esame il tempo,
i princip della sua rappresentazione e quindi la notazione
misurata. Nel prologo di questo trattato, attraverso una lunga
citazione composita dalla Metafisica (I, 1), si spiegavano le
relazioni tra teoria e pratica. Giovanni de Muris contrapponeva
la scienza e l'arte alla conoscenza empirica, e formulava, con
una forza fino ad allora sconosciuta nella teoria della musica, la
distinzione tra la dimensione universale dell'ars e la singolarit
dell'esperienza empirica, ma anche la loro interdipendenza. Le
relazioni tra la scienza, l'ars e l'esperienza da una parte, e la
teoria e la pratica dall'altra rimanevano tuttavia complesse.
Il primo libro dell'opera doveva il suo status teorico al carattere
scientifico della dimostrazione del sistema acustico e alla
validit universale dei princip alla base di questo sistema (la
stessa materia fu oggetto, nella Musica speculativa, di una
descrizione in forma rigorosamente assiomatica).
Il secondo libro, definito 'un libro di pratica', era anche, e
soprattutto, il libro dell'ars propriamente detta, nella misura in
cui Giovanni de Muris si proponeva di ordinarvi, in base a
princip razionali (nel caso specifico la fisica della durata e la
sua matematizzazione), le pratiche, empiriche e divergenti,
della scrittura musicale.
La distinzione operata da Giovanni de Muris tra musica
theorica e musica practica rimase, fino alla fine del XV sec., il
quadro intellettuale di tutti gli studi sulla musica dalle

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ambizioni enciclopediche. Essa fu applicata in modo esemplare


nello Speculum musicae di Giacomo di Liegi (compilato prima del
1330), nei Quatuor principalia musicae redatti in Inghilterra nel
corso del secondo quarto del XIV secolo, e soprattutto
nella Declaratio musicae disciplinae redatta a Padova verso il 1430
da Ugolino di Orvieto.

5. La musica e i suoi effetti

La questione dell'thos dei modi stata un tpos classico della


teoria del canto piano. La toponimia greca (vale a dire dorico,
lidio e frigio), adattata ai toni ecclesiastici, fin dall'XI sec. aveva
favorito la ricezione della tradizione antica delle
caratteristiche etniche dei toni, espressa nella definizione
formulata da Boezio che, a sua volta, parafrasava Platone: "Un
temperamento voluttuoso si diletta dei modi (modus) pi
lascivi, e ascoltandoli, si turba fino a perdere la ragione. In
compenso, uno spirito pi rigido s'indurir ascoltando melodie
pi energiche e impetuose. questa la ragione per cui ai modi
musicali sono attribuiti nomi di etnie, come, per esempio, il
modo lidio o frigio" (De institutione musica, I, 1, ed. Friedlein, p.
180).
Guido d'Arezzo (Micrologus, XIV) che non utilizzava questa
nomenclatura adatt questo tpos nell'osservare che gli
ascoltatori pi esperti riconoscono le caratteristiche dei diversi
toni, cos come un uomo che ha viaggiato distingue facilmente
un greco da uno spagnolo o un italiano da un tedesco. Su

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questa analogia presente nell'opera di Guido d'Arezzo si basava


il principio dell'thos dei modi, secondo cui la diversit dei toni
corrispondeva a quella degli stati d'animo. Cos come i sapori e
gli odori potevano esercitare una certa influenza sulla salute
dell'anima e del corpo, la musica poteva modificare gli stati
d'animo e i comportamenti.
Nel complesso, la tradizione medievale si attenne strettamente
a questi tpoi. L'Ethica Nicomachea o la Politica (Libro VIII) di
Aristotele, cos come alcuni dei Problemata pseudo-aristotelici,
malgrado l'interesse suscitato per altri riguardi, non ebbero, in
questo campo, nessuna influenza sul discorso musicale. A
prescindere da questi testi, nonostante l'interesse rivolto nel
XIV e nel XV sec. alla musica activa e alla sua utilit, alla fine del
Medioevo i teorici non svilupparono nessuna ricerca
sperimentale sugli effetti psichici e fisici della musica, cos
come non tentarono di dare una spiegazione razionale a questi
fenomeni. A margine della musica, sia teorica che pratica, la
'musicografia' medievale accumul soltanto un catalogo di
immagini pittoresche, autorevoli ed esemplari, riprese dalla
Bibbia o dagli scritti di autori antichi. Ci si potrebbe chiedere il
motivo dell'oblio storico di tale questione; esso, probabilmente,
dipende dal fatto che, in definitiva, il soggetto dell'ars
musica non era il cantore o il musicista che si applica alla
pratica musicale, ma la ragione del musicus.
La scienza della musica rimase cos sostanzialmente estranea
alle innovazioni intellettuali e ai dibattiti che animarono la
comunit scientifica del XIII e del XIV secolo. A prescindere

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dall'evidente apporto della cultura scientifica aristotelica alla


razionalizzazione della durata, l'impenetrabilit della musica
speculativa, derivata dall'insegnamento di Boezio, esemplare.
L'interpretazione scolastica di Aristotele, invece di consentire
nuove aperture, rafforz, al contrario, la preminenza del
sistema aritmetico-acustico pitagorico, prevalente nella teoria
della musica fin dall'et carolingia.
I motivi di questa inerzia furono molti e dipendenti
probabilmente dalla posizione, in fin dei conti di secondo
piano, che era occupata dall'insegnamento della musica nelle
universit medievali. Questo fu certamente il caso di Parigi
dove, fin dal 1255, il De institutione musica di Boezio non figurava
pi nel programma di insegnamento delle Facolt delle arti.
Anche se i commenti dei libri utilizzati nell'insegnamento della
filosofia della Natura potevano richiamarsi, su questa o quella
questione, agli elementi di teoria della musica, sembra che nel
XIII sec. l'insegnamento dei princip musicali sia stato relegato
in un corso elementare. Questo, almeno, ci che suggeriscono
le rare testimonianze riguardanti la tradizione di
insegnamento parigina. Essa comprendeva alcuni rudimenti di
aritmetica boeziana, e precisamente: le cinque classi di
rapporti tra i numeri (multipli, superparticolari, superpazienti
e cos via) e le regole pratiche di addizione e di sottrazione dei
rapporti; il calcolo delle proporzioni aritmetiche delle tredici
consonanze comprese tra l'unisono e l'ottava; le misure del
monocordo; la notazione alfabetica delle altezze della scala dei
suoni; l'analisi del sistema acustico per mezzo degli esacordi di

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solmisazione; uno studio sui princip delle mutazioni


esacordali; infine, l'analisi secundum auditum degli intervalli.
Non vi alcun dubbio sul fatto che questo insegnamento non
era destinato a formare futuri lettori di Boezio, ma a stabilire
su basi razionali le conoscenze musicali pratiche necessarie ai
bambini. Le questioni concernenti i princip del canto liturgico
(le regole di intonazione della salmodia, il criterio di
riconoscimento dei toni, ecc.) erano escluse da esso ed erano
probabilmente discusse in occasione della recordatio dei canti
liturgici.
L'inerzia della scienza della musica medievale e la resistenza
alla cultura scientifica del suo tempo derivavano
probabilmente anche dalla sua rigorosa coerenza e dalla sua
autosufficienza. Il sistema eptatonico pitagorico e il grande
sistema perfetto di Boezio si caratterizzavano per l'asimmetria,
resa manifesta da diverse impossibilit strutturali: quella, per
esempio, di dividere ciascun aspetto dell'ottava
contemporaneamente secondo la proporzionalit aritmetica
(quarta + quinta) e quella armonica (quinta + quarta); quella di
dividere l'ottava in sei toni uguali (l'ottava necessariamente
composta da cinque toni e due semitoni disuguali); o, ancora,
quella di dividere il tono (8:9) in due met uguali, vale a dire,
pi in generale, di strutturare un dato intervallo in
microintervalli di uguale valore. Questa asimmetria strutturale
cui il Medioevo attribuiva probabilmente una certa perfezione
nel senso della perfezione legata alla ternariet e cio il fatto
di essere necessariamente suddivisa in due met disuguali

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era, dopo tutto, perfettamente matematizzata e non


presentava, dunque, nessuna fondamentale difficolt. Inoltre,
la realizzazione di questo sistema acustico sul monocordo
convalidava sostanzialmente questo sistema e assicurava,
d'altra parte, un fondamento razionale alla pratica musicale.
Tuttavia, quest'ultimo punto era anche il pi fragile e rischiava
di mettere in pericolo la coerenza dell'intero sistema. In effetti,
l'adattamento del sistema acustico ad altri corpi sonori (le
canne dell'organo, in particolare) supponeva una correzione
delle proporzionalit. Il problema della commensurabilit delle
misure acustiche del monocordo e delle canne d'organo,
sottilmente discusso da Gerberto di Reims verso la fine del X
sec., non fu, tuttavia, quasi mai affrontato nel Medioevo, e fu
abbandonato alla perizia del fabbricante di organi. uno dei
punti oscuri della scienza della musica medievale. In
compenso, l'evoluzione della polifonia e soprattutto lo sviluppo
di un instrumentarium polifonico sempre pi complesso
provocarono nel tempo la disgregazione del sistema acustico
pitagorico; sistema che, verso la fine del XV sec., con
l'introduzione del temperamento a tono medio, decadde
insieme all'edificio teorico che lo sosteneva.

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Bibliografia

AMIS = Antiquae Musicae Italicae Scriptores, a cura dell'Istituto di


Studi Musicali e Teatrali, Sez. Musicologia dell'Universit di
Bologna, Bologna, 1966-1975.
Bernhard 1990: Bernhard, Michael, Rezeption des antiken Fachs im
Mittelalter, Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft,
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http://www.treccani.it/enciclopedia/la-scienza-bizantina-e-latina-la-
nascita-di-una-scienza-europea-la-musica_%28Storia-della-Scienza%29/

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Tavola I

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