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Appunti di Fisica 2

Fabio Durastante
E-mail address, F. Durastante: cirdan90@gmail.com,
URL: http://www.cirdan.it
La fisica e decisamente troppo difficile per i fisici. (David Hilbert)
Sommario. Appunti di fisica 2 raccoglie gli appunti delle lezioni di un
corso di elettromagnetismo ed ottica.
Indice

Capitolo 1. Elettromagnetismo: il caso stazionario 1


1. Elettrostatica 1
2. Magnetostatica 2
3. Prime conclusioni 3
4. Le equazioni di Maxwell per il caso stazionario 3
5. Alcune Distribuzioni di Cariche e Correnti 8
6. Campo generato da una distribuzione arbitraria di cariche 14
7. Interazioni tra campi e cariche 20
8. Generare un campo elettrico 24
Capitolo 2. Elettromagnetismo: il caso non stazionario 29
1. La soluzione delle eq. di Maxwell: lequazione delle onde 33
2. Onde elettromagnetiche 40
Capitolo 3. Elettromagnetismo in presenza di materiali 43
1. Carica di un conduttore 44
2. Magnetizzazione, elettrizzazione e polarizzazione della materia 50
3. Le Correnti 60
4. Potenziali Ritardati e Antenne 78
Capitolo 4. Ottica 87
1. Rifrazione e Riflessione 88
2. Interferenza e Diffrazione 91

iii
CAPITOLO 1

Elettromagnetismo: il caso stazionario

Cominciamo col definire le distribuzioni di cariche e di correnti, le cui


mutue relazioni saranno loggetto di studio dellelettromagnetismo. Per farlo
consideriamo un dominio D dello spazio, indicizzato da coordinate d3 x e di
volume V , occupato da un sistema di cariche Q:
Definizione 0.1. Definiamo densita di carica la funzione limite:
Q dq
(0.1) lim = (x, y, z, t) = 3
V 0 V d x
Necessario prestare attenzione ad alcune caratteristiche di questa fun-
zione, e, come esplicitamente scritto, dipendente dal punto e dal tempo. Per
quanto riguarda il tempo la dipendenza e macroscopica. Per quanto riguarda
il punto, la seguente funzione e zero quasi ovunque, si verifica essere diversa
da zero solo nei punti realmente occupati da una carica.
Supponiamo, a questo punto, di far muovere il dominio nello spazio con
una velocita v, definiamo:
Definizione 0.2. Densita di corrente elettrica (funzione del punto)
(0.2) j = v
Se per andare da una posizione A B dello spazio la densita di carica
attraversa una superficie S ha senso definire il flusso del vettore j attraverso
S:
Definizione 0.3. Intensita di corrente attraverso la superficie S:
Z
(0.3) i= j nd2 x
S

1. Elettrostatica
Possiamo a questo punto introdurre le Leggi di Coulumb per lelettro-
statica: due cariche puntiformi e a simmetria sferica q e q 0 rispettivamente
nelle posizioni r e r0 , nel vuoto, rispetto ad un sistema di riferimento fissato
interagiscono con una forza:
1 qq 0 r0 r
(1.1) Fc =
40 |r r0 |2 |r0 r|
La presenza del segno nella formula e dovuta alla regola empirica del-
lattrattivita della forza in caso di cariche differenti, repulsivita in caso di
cariche omologhe.
1
2 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO

Analogie e differenze con la legge di Newton. Per quanto riguarda


le analogie, abbiamo, a colpo docchio, una dipendenza lineare nelle sorgenti
di carica, una dipende legata allinverso del quadrato della distanza. Mentre
per le leggi di Newton si tende a fissare lorigine del campo di forze nella
massa grande, quelle di Coulumb sono sostanzialmente indipendenti dalla
scelta del sistema di riferimento. In ambedue i casi resta il problema classico
delle azioni a distanza.
Come si e soliti fare in meccanica, e conveniente introdurre il concetto
di campo elettrico generato da una carica, per farlo manipoliamo nel
seguente modo lespressione della Forza di Coulumb.
qq 0 \0 q0
 
1 1 0
(1.2) F c = rr =q r r = qE(r)
\
40 |r r0 |2 40 |r r0 |2
Abbiamo quindi posto la seguente definizione:
Definizione 1.1. Si definisce vettore campo elettrico (funzione vettoriale
della posizione):
1 q0
(1.3) E(r) = r0
r\
40 |r r0 |2
Avendo introdotto un buon numero di concetti e opportuno dare le
definizioni delle loro unita di misura. In primo luogo lunita di misura del-
la carica, che possiamo ottenere invertendo la relazione data dalla Legge di
Coulumb, e [q] = [mlt2 l2 ]1/2 , utilizzata ancora nel sistema cgs(elettrostatico),
tuttavia per i nostri fini e utile introdurre una nuova grandezza fondamentale
per la carica elettrica:
Definizione 1.2. 1 Coulumb = 1C = e il valore di quella carica che posta
a distanza di 1 metro da una carica eguale genera una forza risultante uguale
a 9 109 N
Questo fissa un valore ed unita di misura per 0 = 8.81012 F/m (Farad1
a Metro) che e detta costante dielettrica del vuoto, nel sistema MKSQ.
Questa definizione, tuttavia, non e un granche, piuttosto scomoda sia come
dimensione che come misurazione, in genere si preferisce introdurre unu-
nita fondamentale per lintensita di carica i detta Ampere (A) e definire
1C = 1A/1s (in un conduttore2). Per quanto detto fino ad ora il vettore
campo elettrico E(r) si dovrebbe misurare in N/C, tuttavia si preferisce us-
are lunita di misura V /m, Volt su metro, ove il Volt rappresenta la quantita
di energia per unita di carica, cioe V = J/C (Joule su Coulumb).

2. Magnetostatica
Per parlare di campo magnetico, cominciamo con lintrodurre la Forza
di Lorentz, cioe la forza che un campo magnetico esercita su una carica in
moto:
(2.1) F L = q(v B)

1Per la definizione dellunita di misura Farad si veda piu avanti.


2Anche il senso di questa parola sara meglio specificato in seguito.
4. LE EQUAZIONI DI MAXWELL PER IL CASO STAZIONARIO 3

La prima cosa che osserviamo della Forza di Lorentz e che questa risulta
essere puramente deviatrice, ovvero non compie lavoro, poiche v, abbi-
amo inoltre introdotto il simbolo B che chiamiamo vettore di induzione
magnetica, per ora ci limitiamo a definire in modo empirico come la mod-
ellizzazione della proprieta emanata da una calamita, per quanto riguarda le
sue dimensione si ha: [B] = V s/m2 = Weber /m2 = 1 Tesla = 104 Gauss.
Per quanto riguarda la sua espressione analitica, ci lavoreremo nel seguito.

3. Prime conclusioni
Tutte le espressioni di forze viste sino a questo momento sono lineari
nelle cariche, questo sia in quelle che generano leffetto, sia in quelle che
lo subiscono. Questo ci porta a dire che linterazione elettromagnetica puo
essere schematizzata come riguardante solo due cariche alla volta, facendo
uso di quello che e noto come principio di sovrapposizione, possiamo
dunque scrivere:
m m
!
X X
(3.1) F (r) = F c (r)+q(vB i ) = q E i (r) + v B i = q(E+vB)
i=1 i=1
Mentre per quanto riguarda una distribuzione di cariche avremmo che:
dF
(3.2) = E + v B = E + j B
d3 x
Abbiamo quindi ottenuto una forza complessiva generata in parte dalla dis-
tribuzione di cariche statiche e in parte dalla distribuzione delle cariche in
moto. La teoria elettrica e magnetica costruita sin qui presenta, tuttavia,
una serie di gravi problemi, dovuti, sostanzialmente, alla trattazione slega-
ta dei due fenomeni. Si pensi, ad esempio, alla distinzione appena fatta
tra cariche ferme e cariche in moto, che succede se cambio sistema di
riferimento?

4. Le equazioni di Maxwell per il caso stazionario


Quello che ci proponiamo di fare ora e risolvere i problemi sollevatisi nella
trattazione separata dei due fenomeni riunificandoli, per farlo arriveremo a
produrre quelle che sono detto Equazioni di Maxwell per il caso stazionario.
Per farlo torniamo allintensita di corrente attraverso una superficie S, ave-
vamo definito:
Z
(4.1) i= j nd2 x con j = v
S
Introduciamo a questo punto, in analogia a quanto si fa nella meccanica
dei fluidi, lintensita di vortice per un generico campo vettoriale F , come
la circuitazione del campo in una regione di spazio, lungo una certa linea
chiusa C come:
I
(4.2) dIv = F dr = ( F )d2 x
C
per fare dunque la seguente identificazione:
(4.3) dIv = j v d2 x
4 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO

Ovvero, abbiamo scoperto che la rotazione del campo misura lintensita di


corrente che produce i vortici, cioe:
(4.4) F = (r, t)
(4.5) F = j(r, t)
Le superfici ortogonali alle linee di campo sono date dalle soluzioni delleq.
differenziale F dr = 0 ovvero U (x, y, z) e (x, y, z) tali che F = U , ove
e detto fattore integrante e U e una funzione della posizione. Nel caso
in cui risultasse F = 0 si avrebbe che e una semplice costante.
Consideriamo ora un campo F 1 per cui F1 = 0, questo implica che
non ci sono linee di campo chiuse, cioe il campo si dice irrotazionale,
ovvero:
Z B Z B
(4.6) F = 0 F dr = F dr
A,C A
Dunque esiste per questo campo una funzione scalare tale che:
(4.7) F 1 =
che in modo costruttivo puo essere ottenuta come:
Z O
(4.8) (P ) = F 1 dr
P
Osserviamo che cambiare il punto O con un punto 00 costruisce solo dei
potenziali che differiscono per una costante , ovvero 0 = +, osserviamo
che e una costante per le coordinante, ma non e detto che sia uninvariante
per il tempo. Consideriamo ora un campo F 2 per cui F 2 = 0, questo
e un campo le cui linee sono chiuse, ma non si intersecano mai, oppure
sono linee che procedono da a + senza intersecarsi mai. Il campo
si dice solenoidale e possiamo costruire un potenziale vettore A per cui
F 2 = A. Come al caso precedente in generale il potenziale vettore non
e unico, esiste uninfinita di potenziali A0 = A + (x, y, z, t). Abbiamo
ottenuto le due seguenti relazioni, che sono dette Condizioni di Gauge
per i campi F1 e F2 :
 0
A = A + (x, y, z, t)
(4.9)
0 = + (t)
Introduciamo a questo punto un risultato generale di Analisi che ci perme-
ttera di ottenere le Equazioni di Maxwell:
Teorema 4.1 (Helmoltz). Ogni campo vettoriale F puo essere decomposto
in due campi vettoriali, uno solenoidale e laltro irrotazionale in infiniti modi.
Cioe dato un campo generico F possiamo scriverlo come F = F 1 + F 2
con F 1 ed F 2 costruiti come al passo precedente, questo ci permette di
costruire le seguenti due equazioni per il generico campo F :
 
F = F 2 = 0
(4.10) =
F = j F 1 = 0
Da cui possiamo estrarre le equazioni per i potenziali, ovvero:
(4.11) F 1 = () = 2 =
(4.12) F 2 = j (A) = j (A) 2 A = j
4. LE EQUAZIONI DI MAXWELL PER IL CASO STAZIONARIO 5

cioe:
2 = 2 =
 
(4.13)
2 A (A) = j 2 A = j
avendo cura di scegliere la Gauge opportuna, ovvero, la Gauge di Coulumb,
ovvero A = 0. Un primo risultato che si ricava dalle equazioni dei poten-
ziali e linvarianza relativistica della carica, ovvero, il valore della carica
elettrica non dipende dalla velocita a cui questa si muove. Osserviamo, in-
oltre, che possiamo considerare le coppie (A, ) e (j, ) come vettore dello
spazio tempo, quadrivettori, ovvero possiamo considerare ununica entita
(A, ) detta quadripotenziale. Un altro risultato immediato e legato alla
conservazione locale della carica. Immaginiamo di avere una quantita
di carica Q allinterno di una superficie S, dopo un tempo t la quantita di
carica Q dentro la superficie e diminuita di Q0 , cioe dentro S ce una carica
di Q Q0 , ovvero:
Z Z
dQ d 3
(4.14) = d3 x = d x
dt dt D D t
avendo supposto che D, dominio di spazio contenuto dentro S, non vari col
tempo. Ora, poiche la S e una superficie chiusa, possiamo anche scrivere:
Z Z
dQ
(4.15) =i= j nd2 x = jd3 x
dt S D
Mettendo insieme questi due risultati si ottiene:
Z  
3
(4.16) j + d x = 0 D dominio arbitrario
D t
Ovvero:
La corrente nasce da una variazione della distribuzione delle cariche:

(4.17) = j
t
Valida lequazione di continuita per la carica:

(4.18) + j = 0
t
Possiamo a questo punto enunciare le Equazioni di Maxwell:
Teorema 4.2 (Equazioni di Maxwell - Stazionario). Detto E il vettore cam-
po elettrico, B il vettore di induzione magnetica, la densita di distribuzione
di carica e j la densita di corrente elettrica:

E =


0


(4.19) B = 0


E = 0
B = 0 j

Che rappresentano la decomposizione alla Helmoltz del campo elet-


tromagnetico, per ottenere quindi le espressioni di E e di B, dobbiamo
prima poter calcolare i loro potenziali ed A, cioe quelli per cui E =
6 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO

e B = A, cioe i due potenziali che soddisfano alla coppia di Equazioni


di Poisson data da:
(
2 =
(4.20) 0
2 A = 0 j
Prima di risolvere queste equazioni costruiamo un nuovo operatore differen-
ziale che agisce sui quadrivettori, la quadridivergenza, con lintenzione di
scrivere lequazione di continuita in quattro dimensioni, ovvero:
Definizione 4.1. Si dice quadridivergenza loperatore:
 
1
(4.21) = , , ,
c t x y z
Per farlo dobbiamo ancora modificare unultima cosa, cioe costruire un
prodotto scalare ad-hoc per lo spazio quadridimensionale, usiamo il prodot-
to con la segnatura (+, , , ) (in analogia a come abbiamo costruito la
quadridivergenza), che presi due quadrivettori a, b agisce nel seguente modo:
a b := a0 b0 (a1 b1 + a2 b2 + a3 b3 ), ovvero, e equivalente a fare il prodotto del
primo termine del quadrivettore e sottrargli lusuale prodotto scalare degli
altri tre. Procediamo alla riscrittura:
1 c
(4.22) +j = 0 +j = 0 ()0 (j)0 j = 0  j = 0
t c t
dove j = (c, j x , j y , j z ). Abbiamo costruito lanalogo quadridimensionale
della divergenza, che, osserviamo, essere invariante per trasformazioni di
Lorentz, differentemente dalla divergenza.
Procediamo ora a risolvere le equazioni di Poisson, calcoliamo per prima
lespressione di , consideriamo una regione di spazio D0 , contenente una
distribuzione di cariche . Dalla legge di Coulumb abbiamo che una quantita
infinitesima di carica d3 x0 genera un potenziale nel punto r:
1 (r0 )d3 x0
(4.23) (r) =
40 |r r0 |
Per calcolare il contributo di tutti gli elementi infinitesimi del dominio D0
non resta altro da fare che integrare la quantita del punto precedente su
tutto il dominio, ottenendo:
(r0 )d3 x0
Z
1
(4.24) (r) =
40 D0 |r r0 |
Per analogia 3 otteniamo il seguente risultato per A:
j(r0 )d3 x0
Z
0
(4.25) A(r) =
4 D0 |r r0 |
ATTENZIONE: i due potenziali ottenuti sono soluzioni delle equazioni di
Poisson a patto di scegliere come condizione al contorno lannullarsi a +
dei medesimi. Si potrebbero ricavare soluzioni piu generali.

3Equazioni della stessa forma hanno soluzioni della stessa forma, a patto di cambiare
opportunamente i simboli.
4. LE EQUAZIONI DI MAXWELL PER IL CASO STAZIONARIO 7

Ora che abbiamo le equazioni per i potenziali possiamo facilmente ri-


cavare quelle per i campi, cominciamo dal campo Elettrico, avevamo che
E = , dunque:
(4.26)
r r0
Z   Z
1 1 0 3 0 1
E(r) = (r )d x = (r0 )d3 x0
40 D0 |r r0 | 40 D0 |r r0 |3
ovvero, separando modulo e versore:
(r0 ) \0 3 0
Z
1
(4.27) E(r) = rrd x
40 D0 |r r0 |2
Per il vettore di induzione magnetica avevamo B = A, quindi:
j(r0 )d3 x0 d3 x0
Z Z
0 0 0
B(r) = = j(r )
4 D0 |r r0 | 4 D0 |r r0 |
(4.28) !
r0
Z
0 r\
= j(r0 ) d3 x0
4 D0 |r r0 |2
Abbiamo ottenuto, in definitiva, la coppia di equazioni integrali:
(r0 ) \0 3 0
Z
1
E(r) = rrd x


40 D0 |r r0 |2


(4.29)
!
0
Z \
0 r r
B(r) = 4 j(r0 ) d3 x0


|r r0 |2

D0

Con queste equazioni in mano possiamo ottenere subito due risultati notevoli:
La Formula di Laplace. Campo magnetico generato da correnti con-
tenute in un dominio D finito, generate da un unico filo. In un dl infinites-

Figura 1. La Formula di Laplace


8 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO

imo il tratto di filo e un cilindretto di altezza dl e direzione t tangente


al filo stesso (vedi fig. 1), possiamo spezzare, in queste ipotesi, lintegrale
triplo per calcolare B in un integrale doppio, piu unintegrale di linea:
r0 2 r0
dl r\
I Z I
0 0 r\ i0
(4.30) B(r) = j(r ) d xdl =
4 |r r0 |2 4 |r r0 |2

dove abbiamo usato il seguente fatto: j r\ r0 = (j n) n r\


r0 , ma j
ha componente solo lungo n, dunque: j n r\ r0 , ovvero portando poi nel-
lintegrale il d2 xdl e riconoscendo che di = j nd2 x otteniamo la conclusione.
Abbiamo cos estratto dallintegrale il valore di i che non dipende piu dalla
lunghezza del filo, non ci resta ora che osservare che dl = dr0 , ovvero che
un incremento infinitesimo del filo e un incremento infinitesimo del vettore
posizione r0 nello spazio. Questo ci porta quindi a concludere enunciando la
formula di Laplace:
dr0 r\ r0
Z
i0
(4.31) B(r) =
4 D |r r0 |2
Altri due risultati possono essere ottenuti applicando semplicemente il
teorema della Divergenza e il teorema di Stokes ai vettori E e B, dal teorema
della Divergenza otteniamo quello che in fisica e chiamato Teorema di
Gauss:
Z Z Z
3 3 QD
(4.32) Ed x = d x= = E nd2 x = D (E)
D D 0 0 D
ovvero:
Teorema 4.3 (Gauss). Il flusso uscente del vettore E da una superficie
chiusa S e uguale alla carica totale contenuta nel dominio D racchiuso nella
superficie S, diviso 0 , cioe:
QD
(4.33) S (E) =
0
Applicando il Teorema di Stokes al vettore induzione magnetica B si
ottiene, invece, quello che e noto come Teorema di Ampere:
Z I Z
2
(4.34) (B) nd x = B dl = (0 j) nd2 x = 0 i
S C S
ovvero:
Teorema 4.4 (Ampere). Lintegrale lungo una linea chiusa C del vettore
induzione magnetica B e uguale alla somma algebrica delle correnti elettriche
concatenate a C moltiplicata per 0 , cioe:
Z X
(4.35) B dl = 0 i
C

5. Alcune Distribuzioni di Cariche e Correnti


Distribuzione uniforme di carica a simmetria sferica. Supponi-
amo di avere una sfera uniformemente carica, distribuzione , di raggio R
poggiata su un sostegno isolante. Il nostro obiettivo e quello di descriverne
5. ALCUNE DISTRIBUZIONI DI CARICHE E CORRENTI 9

Figura 2. Sfera Uniformemente Carica

il campo elettrico, per farlo ci sono diverse strade, la piu diretta e quella di
risolvere lintegrale multiplo in coordinate sferiche dato da:
(r0 ) 3 0
Z
1
(5.1) (r) = d r
40 |r r0 |
considerando che la funzione e quella graficata in fig. 2 e che E(r) =
(r), non e una strada impraticabile, tuttavia lintegrale ci descriverebbe
solo il campo allesterno della sfera, mentre noi siamo interessati a valutarlo
anche allinterno. Per farlo sfruttiamo il Teorema di Gauss, abbiamo che:
Z Z
(5.2) 2
E nd x = (r0 )d3 x0 = Q

da questa vorremo risalire al valore del campo elettrico E, questo ha senso
dove il campo elettrico e costante, altrimenti otterrei solo valori medi di E
per larea della superficie (dal teorema della media integrale), ovvero:
Z
(5.3) <E>S= E nd2 x = Q

in questo caso e una superficie equipotenziale ortogonale al campo, dunque
posso eliminare la dipendenza tra le direzioni di E e quelle della normale
alla superficie n, quindi:
Z Z Z
2 2 Q
(5.4) Q = E nd x = |E|d x = E d2 x = ES E =
S
Poiche la struttura e a simmetria sferica le linee di forza del campo sono
invarianti per rotazioni, dunque E, in coordinate sferiche, e funzione di ,
ma non di e di . Data una superficie equipotenziale di raggio r, abbiamo
che il flusso del campo elettrico attraverso di essa e S (E) = E(r)4r2 ,
per quanto riguarda la quantita di carica questa e tutta quella contenuta
dentro la sfera di raggio R, quindi Q , applichiamo il Teorema di Gauss
come abbiamo fatto sopra otteniamo: S (E) = E(r)4r2 = Q /0 , da cui
segue che:
1 Q
(5.5) E(r > R) =
40 r2
La simmetria sferica si mantiene anche allinterno della sfera di raggio R,
dunque se il campo elettrico fosse presente allinterno della sfera, dovrebbe
10 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO

ancora essere a simmetria radiale. Spostiamo la superficie di raggio r ad un


valore r < R, ora possiamo scrivere:
Z Z
1 Q Q4 3
(5.6) 0S (E) = E(r)4r2 = (r0 )d3 x0 = d3 x0 = r
0 0 0 0 0 3
Abbiamo quindi ottenuto un valore per il campo elettrico di:
1 Qr
(5.7) E(r) =
40 R3
una funzione lineare di r. Abbiamo ottenuto complessivamente una funzione
continua per il campo elettrico, si veda la figura 3.

Figura 3. Campo Elettrico di una sfera uniformemente carica

Filo Indefinito Uniformemente Carico Anche in questo caso siamo


interessati al campo elettrico generato da questa distribuzione di carica. Per
calcolarlo eviteremo di nuovo di usare la strada del calcolo diretto dellinte-
grale del potenziale per appoggiarci di nuovo al Teorema di Gauss. Il campo
dovra essere invariante per rotazioni attorno allasse del filo, dunque ogni
linea di campo sara ortogonale allasse. Questo ci suggerisce di fissare un
sistema di riferimento cilindrico e di procedere similmente a quanto fatto
con la sfera attraverso il Teorema di Gauss.
Ponendoci nella situazione illustrata dalla figura 4, abbiamo che:
QS
(5.8) S (E) = E(r)2rh =
0
Esplicitiamo QS come:
Z Z
(5.9) QS = d3 x = d3 x = a2 h = h

Avendo posto := 2
a , chiamiamo
densita di carica lineare, ovvero
dQ/dl. Abbiamo ottenuto per il campo elettrico:
1
(5.10) E(r > a) =
20 r
osserviamo che il campo elettrico del filo decresce piu lentamente di quello
della sfera, ed, inoltre, che questa funzione non e sommabile, allora come ne
definisco il potenziale? Lunica soluzione e metterne lo 0 in corrispondenza
della superficie del filo, nelle nostre coordinate:
Z a
a
(5.11) (r) = Edl = ln
r 20 r
5. ALCUNE DISTRIBUZIONI DI CARICHE E CORRENTI 11

Figura 4. Campo Elettrico di un Filo Indefinito Uniforme-


mente Carico

In effetti questo ha senso, lindefinitezza del filo fa si che io abbia cariche


a +, dunque l il potenziale e ragionevole che non sia zero. Come aveva-
mo osservato risolvendo le equazioni per i potenziali, in quel caso avevamo
posto come condizione al contorno lannullarsi allinfinito del potenziale,
se vogliamo risolverle per ottenere questa soluzione dobbiamo porre come
condizione al contorno (a) = 0.
Filo Indefinito Percorso da Corrente. Data una densita di corrente
j uniforme che percorre il filo voglio scrivere il vettore di induzione magnetica
B, lequazione per il potenziale mi dice 2 Ai = 0 j i per i = x, y, z,
scelgo lasse del filo parallelo a z, in questo modo Ax = Ay = 0, poiche la
densita di corrente e in queste direzioni nulla. In analogia a quanto fatto
per determinare il campo elettrico:
i
z }| {
j z a2 r
0 r
(5.12) Az (r) = 0 ln =
i ln
2 a 2 a
Possiamo a questo punto calcolare B = A attraverso il teorema del-
la circuitaizione. B e ortogonale ad r e abbiamo chiamato i la corrente
concatenata, dunque B(r)2r = 0 i ovvero:
0
(5.13) B(r) = i
2r
Superficie piana indefinita uniformemente carica. Definiamo in
primo luogo una densita di carica superficiale, in analogia a quanto fatto per
il filo e quella lineare, come = dQ/d2 x = dz, la simmetria del sistema
e, in questo caso, traslatoria per vettori paralleli allasse z e per rotazioni
attorno al medesimo asse dunque le linee di forza sono entranti o uscenti in
maniera ortogonale alla lastra. Fissiamo un parallelepipedo che attraversa
12 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO

Figura 5. Superficie Piana Indefinita Uniformemente Carica

la lastra con due facce ad essa parallela (si veda fig. 5). Calcoliamo a questo
punto:

(5.14) S (E DS ) = 2E(z)xy = xy
0
cioe:
1
(5.15) E(z) =
20
il campo e dunque costante e non dipende dalla distanza z, idealmente, e
come se le cariche allinfinito si trovassero su un cerchio allinfinito, non
esiste alcune direzione nella quale io possa allontanarmi abbastanza per non
sentire piu leffetto delle cariche.
Campo magnetico prodotto da un filo percorso da corrente.
Facciamo, in primo luogo, unanalisi del variare della carica lungo il filo:
(5.16) dq = d3 x = d2 xdl = d2 xvdt = vd2 xdt = idt
cioe abbiamo che i = dq/dt. Immaginiamo di essere nella situazione della
figura 6, dobbiamo calcolare il contributo al campo di induzione magnetica

Figura 6. Campo magnetico prodotto da un filo percorso da corrente


5. ALCUNE DISTRIBUZIONI DI CARICHE E CORRENTI 13

di tutti i tratti dl di filo nel punto P sullasse y, per farlo consideriamo che:
0 idl r
(5.17) dB = r2 =
4 dqv r r2
cioe, calcolandone lintegrale lungo il circuito:
idl r
I I
(5.18) B(r) = dB =
C C r2
per averlo nel punto P sullasse y riscriviamo:
0 ir sin dl 0 r3
(5.19) dB = = i dz
4 r3 4 r3
ove |dl r| = r sin dl e sin = r /r, abbiamo quindi che:
Z l/2
0 1 0 i
(5.20) B(P ) = B(r ) = ir 2 2 3/2
dz = f (l)
l/2 4 (r + z ) 4 r
Campo Magnetico prodotto da una spira circolare Vogliamo cal-
colare il campo di induzione magnetica B prodotto da una spira circolare
in un punto P = (0, 0, z) sullasse centrale z della spira stessa. La strut-
tura e quella rappresentata nella figura 7. La prima cosa da osservare e che
B 0 su tutto lanello poiche per ogni punto per cui viene calcolato ce da

Figura 7. Campo Magnetico Prodotto da una Spira Circolare

calcolarlo per il punto opposto sulla spira, che da origine ad un contributo


B equidiretto, ma di segno opposto. Dunque tutto il campo di induzione
magnetica e diretto lungo lasse z, procediamo al calcolo:
(5.21)
0 dlr 0 dl 0 dl 0 1
dB z = i cos() = i cos() = iR = iR dl
4 r3 4 r2 4 r3 4 (R2 + z 2 )3/2
14 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO

avendo osservato che |dl r| = dlr e cos = R/r, possiamo a questo punto
sommare tutti i contributi della spira, integrando su tutto langolo:
Z 2
0 1 0 iR2
(5.22) B z (P ) = iR 2 Rd =
4 (R + z 2 )3/2 0 2 (R2 + z 2 )3/2
Teorema 5.1 (Di Equivalenza di Ampere). Una spira piana si comporta,
ai fini della generazione del campo magnetico, come un aghetto magnetico
con momento di dipolo pari a quello della spira.
Manipolando ancora il vettore di induzione magnetica della spira al
centro, (z = 0), abbiamo:
0 iR2 0 mn
(5.23) B(0) = n =
2 R3 2 R3
dove mn = iR2 n e detto momento di dipolo magnetico.
Campo Magnetico prodotto da un Solenoide per solenoide si in-
tende una bobina di forma cilindrica formata da una serie di spire circolari
molto vicine fra loro e realizzate con un unico filo di materiale conduttore.
Consideriamo un solenoide formato da N spire lungo una lunghezza l. Il
campo magnetico prodotto dal solenoide e la somma dei campi lungo la
stessa direzione generati da tutte le spire, cioe deve essere:
I
(5.24) B dl = B z (0)l = inl0

cioe B z (z) = 0 in.
Definizione 5.1. Chiamiamo H = B/0 intensita campo magnetico o
intensita di magnetizzazione, che misuriamo in Ampere,spire,metro.

6. Campo generato da una distribuzione arbitraria di cariche


Abbiamo risolto, fino ad ora, le equazioni di Poisson:
(
2 =
(6.1) 0
2 A = 0 j
sfruttando, come condizioni al contorno per un dominio D particolare. Ab-
biamo, cioe, posto D = R4 e obbligato le soluzioni ad essere regolari allin-
finito, ovvero ad annullarsi allinfinito. Questo ci ha portato ad ottenere le
due soluzioni, che abbiamo usato per calcolare il campo elettromagnetico
nel paragrafo precedente:
(r0 )d3 x0
Z
1
(r) =


40 D0 |r r0 |
(6.2)
j(r0 )d3 x0
Z

A(r) = 0


4 D0 |r r0 |
Queste soluzioni sono vincolate alla presenza di una funzione, che funge da
fattore integrante, detta Funzione di Green:
1
(6.3)
|r r0 |
Cenni sul metodo delle funzioni di Green. In generale dato un
operatore differenziale lineare Lx , come il Laplaciano, possiamo costruire
6. CAMPO GENERATO DA UNA DISTRIBUZIONE ARBITRARIA DI CARICHE 15

unequazione differenziale come Lx U (x) = f (x). Molto spesso questo e


un problema che non siamo in grado di affrontare direttamente. Tuttavia,
fissato un determinato insieme di condizioni al contorno, siamo spesso in
grado di risolvere:

(6.4) Lx G(x, x0 ) = n (x x0 )

In questo caso possiamo scrivere che:


Z Z
f (x) = f (x ) (x x )d x = f (x0 )Lx G(x, x0 )dn x0 =
0 n 0 n 0

(6.5) Z
=Lx f (x0 )G(x, x0 )dn x0

ma f (x) = Lx U (x) quindi possiamo scrivere che:


Z
(6.6) U (x) = f (x0 )G(x x0 )dn x0 + q(x)

dove q(x) e una funzione che non altera la soluzione, cioe tale che Lx q(x) = 0.
In generale possiamo quindi scrivere:
Z
(6.7) U (x) = f (x0 )G0 (x, x0 )dn x0

avendo inglobato la funzione q(x) nella funzione di Green.


Vogliamo ora trattare il caso particolare di tutte le cariche al finito.
Consideriamo come D0 un dominio sferico che contiene tutte le cariche e
le correnti in oggetto. Vogliamo conoscere il campo elettromagnetico nel
generico punto P dello spazio, individuato dalla posizione r, questo sara la
somma vettoriale di tutti i campi generati dal dominio D0 , cioe la somma di
potenziali ottenuti con le due precedenti soluzioni.
Proviamo a sviluppare la soluzione dei potenziali, integrando lo sviluppo
in serie di potenze della funzione di Green. Questo e legittimo farlo a patto
di porre la condizione che r0 << r, cioe che la distanza del punto P in
cui vogliamo calcolare il campo dal dominio D0 sia molto grande, questo ci
garantisce sia la sviluppabilita in serie che la convergenza della serie stessa
alla funzione:

1 1 X 1
= + i x0i0 +
|r r0 | |r r0 | r0 =0 |r r0 | 0

i r =0


1X 1 0 0 1 X 1
x0i x0j x0k +

+ i0 j 0 0
xi xj + i0 j 0 k 0 0

2 |r r |
3! |r r |
i,j 0 i,j,k 0
r =0 r =0

abbiamo cos ottenuto uno sviluppo funzione di r con potenze di r0 . Ora


calcoliamo gli integrali dei potenziali che contengono la funzione di Green
allinterno (tralasciamo le espressioni legate alle costanti di permeabilita,
16 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO

non rientrano nei calcoli, le reinseriremo nei risultati finali):


(6.8)
(r0 ) 3 0 1
Z Z Z
0 3 0
X 1
d x = (r )d x + i (r0 )x0i d3 x0 +
|r r0 | |r| |r r0 |

D0 D i D
r0 =0

Z
1X 1
+ i,j (r0 )x0i x0j d3 x0 +
2 |r r0 | D
i,j
r0 =0

Z
1 X 1
+ i,j,k (r0 )x0i x0j x0k d3 x0 +
6 |r r0 | D
i,j
r0 =0
Definiamo a questo i termini di polo del precedente sviluppo come:
Z
(6.9) E (0) = (r0 )d3 x0
Z D
(1)
(6.10) Ei = (r0 )x0i d3 x0
D
Z
(2)
(6.11) E ij = (r0 )x0i x0j d3 x0
D
Z
(3)
(6.12) E ijk = (r0 )x0i x0j x0k d3 x0
D
che sono i momenti di ordine n della funzione (r0 )4. Per ottenere lespres-
sione di ed A e sufficiente moltiplicare per gli opportuni coefficienti e
sostituire i termini di polo elettrici con quelli magnetici, ottenuti sostituen-
do j(r0 ) a (r0 ). Per completare la scrittura, in quello che ora possiamo
chiamare sviluppo in serie di multipoli, dei potenziali abbiamo neces-
sita di esplicitare il valore le derivate (che rappresentano i coefficienti dei
termini di polo):
1
(0)
|r|
1 xi
i (x x0 )2 + (y y 0 )2 + (z z 0 )2 0 = 3

(1)
xi =0 r
 
3/2 ij
j (xi x0i )[ (x x0 )2 + (y y 0 )2 + (z z 0 )2
 
0 = 3+
xi =0 r
 
0 3 0 2 0 2 0 2
5/2 0
(2) +(xi xi ) [ (x x ) + (y y ) + (z z ) (xj xj )(2) =
2
ij xi xj
= 3 +3 5
r r
Arrestiamo il calcolo ai coefficienti del termine di quadrupolo, andiamo a
scrivere ora le espressioni dei monopoli cos ottenute:
(6.13)
(0) 3 3  
1 E X (1) xi 1 X (2) xi xj ij
(r) = + Ei 3 + E ij 3 5 3 +
40 r r 2 r r
i=1 i,j=1

4In realta questi sono dei tensori.


6. CAMPO GENERATO DA UNA DISTRIBUZIONE ARBITRARIA DI CARICHE 17

Ripetendo tutti i conti fin qui effettuati per il potenziale vettore A si ottiene:
(6.14)
(0) 3 3  
0 M
X (1) xi 1 X (2) xi xj ij
A(r) = + Mi 3 + M ij 3 5 3 +
2 r r 2 r r
i=1 i,j=1

Da notare e che scritti in questo modo i potenziali sono decomposti in una


parte statica, i momenti polari (magnetici o elettrici), in una parte dipen-
dente dal punto. Ovvero, data una distribuzione di cariche, una volta che
si sono calcolati i momenti statici, restano solo da calcolare i coefficienti a
seconda del punto dello spazio in cui si vuole calcolare il campo.
A questo punto siamo interessati a calcolare le espressioni esplicite di
alcuni momenti statici notevoli.
Momento di monopolo magnetico. Prima di calcolare M (0) , osservi-
amo che, poiche tutte le correnti sono contenuti nel dominio D, lequazione
di continuita (vedi eq. 4.17) ci impone j = 0, possiamo dunque calcolare
lintegrale nel seguente modo:
Z Z Z Z Z
3 0 2 0
M =(0)
jd x = jd x dl = (j ) d2 x0 dl =
D
(6.15) Z Z Z Z
2 0 2 0
= j d x dl = j nd x dl = i 0 = 0

Per ottenere questo risultato abbiamo usato la possibilita di scomporre


unintegrale triplo in uno di superficie e uno di linea (la j = 0), os-
serviamo poi che e sempre possibile fare questa scomposizione prendendo
j k n k (motivo per cui abbiamo fatto lo scambio tra n e nellultimo
integrale. Inoltre la curva e una curva chiusa di versore tangente , questo
giustifica lessere zero dellultimo integrale. In definitiva abbiamo ottenuto
un momento di Monopolo Magnetico nullo, che ci mostra lessere compati-
bile della nostra teoria, costruita a partire dal fatto che B = 0. Che a sua
volta discende dalla non separabilita delle cariche magnetiche.
Momento di monopolo elettrico. Dalla definizione si ha, banal-
mente, che E (0) = QT OT contenuta nel dominio D.
Momento di dipolo elettrico. Vogliamo ora calcolare il seguente
integrale, in analogia a quanto si fa in meccanica per il baricentro:
(6.16) Z Z Z
E (1) = (r)rd3 x = + (r)r0 d3 x | (r)|rd3 x = Q+ r+ Q r
D D D

Abbiamo dunque separato le cariche positive da quelle negative e costru-


ito un baricentro delle cariche positive Q+ r+ e un baricentro delle cariche
negative Q r . Questo, ovviamente, non dipende dal sistema di coordi-
nate, in particolare se Q+ = Q possiamo definire un momento di dipolo
elettrico p = Q+ (r+ r ) = E (1) , cioe p = Q.
Momento di dipolo magnetico. Vogliamo ora calcolare il seguente
integrale:
Z
(1)
(6.17) M hk = j h x0k d3 x0
D
18 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO

Per calcolare questa quantita e opportuno calcolare quella che si ottiene


dallantisimmetrizzazione del tensore h, k, l = 1, 2, 3, ovvero:
Z Z
1 0 0 3 1
(6.18) (1, 2, 3) : (j x j k xl )d x m = (j r0 )d3 x
2 D j k 2 D
ovvero:
Z
1
(6.19) m= (r0 j)d3 x
2 D
che rappresenta il momento risultante del vettore densita di corrente. Per
provare a comprenderne meglio il funzionamento applichiamo questo conto
ad una spira circolare piana, con unarea contenuta allintero S:
I Z I Z
1 0 1
m= 2
(r j)d xdl = (r0 (j ) )d2 xdl =
2 S 2 S
(6.20) I I I
1 1 1
= i(r n)dl = i r ndl = i r0 dl = iS n
0 0
2 2 2
dunque una spira ha momento di dipolo magnetico m = iS n, (vedi thm.
5.1).
Possiamo ora ricavare dalla scrittura in serie di multipoli le espressioni
per i campi elettrici e magnetici, ovvero per il campo elettromagnetico,
tramite le relazioni che abbiamo gia usato: E = = (0 + 1 + 2 +
), la parte dovuta a 0 e quella legata al campo, come se fosse generato
da una sola carica, 1 da due e cos via:
( )
1 E (0) E (1) 1 E (2)
(6.21) (r) = + 2 + +
40 r r 2 r3
ovvero:
(6.22)
pr
 
1 Q 1 Q 1  r
E(r) = 2 + 3 = p 3 +
40 r r 4 r2 4 r
| {z0 } | 0 {z }
t. di monopolo t. di dipolo

Per sviluppare il termine con il gradiente portiamo avanti il calcolo compo-


nente per componente:
(6.23)

1 Q 1
 X pj r j 
1 Q

1 X rj
Ei = i = p j i 3 =
40 r2
i 40 r 3 2
40 r i 40 r
j j
   
1 Q 1 X xi xj ij 1
= + pj 3 3 =
40 r2 i 40 r r r2
j
pi 1
   
1 Q 1 xi
= + 3 3p r
40 r2 i 40 r r r2
tornando allespressione vettoriale si ha lespressione cercata per il campo
elettrico:
(p r)r p
 
1 Q
(6.24) E(r) = +3 3
40 r2 r5 r
6. CAMPO GENERATO DA UNA DISTRIBUZIONE ARBITRARIA DI CARICHE 19

Possiamo ora passare al campo magnetico, abbiamo per il potenziale A:


0 X xi 0 m r
(6.25) A= 3
Mi =
4 r 4 r3
i
Facendo, per ora a meno, di trascinarci dietro le costanti:
XZ x0i xi 3 0 r0 r 3 0
X xi Z
(6.26) M i = j d x = j d x
r3 D0 r3 D0 r3
i i
Integrando lungo un tubo di flusso, in modo da poter separare lintegrale
triplo nel solito modo, integrale di superficie piu integrale di linea, mostriamo
che:
Z h 
r  r i
(6.27) j r0 3 + r0 j 3 d3 x0 = 0
D r r
Per farlo abbiamo:
Z Z h  Z Z  
0 r r i 2 r r  2
  
0
j r 3 + r j 3 d xdl = j n r0 3 + r0 n 3 d xdl =
S r r S r r
r0
Z Z h  Z Z   
0 r 0

0 r
i
2 2 0 0
= j dr r 3 + r dr 3 d x = jd x d r r 3 =0
S r r S r
|R {z }
dw=0 con chiusa

Possiamo ora procedere nel seguente modo:


(6.28)
r0 r
Z Z  0  Z
1 rr  r 1 r
j 3 r0 j 3 d3 x0 = j r0 d3 x0 =
 
j 3 = 3
D r 2 D r r 2 Dr
Z 
1 0 3 0 r mr
= jrd x 3 =
2 D r r3
che conferma lanalogia tra campo elettrico e magnetico, mostrando che il
quadripotenziale di dipolo e:
1 pr

(1) =

(6.29) 40 r3
mr
A = 0
(1)
4 r3
Calcoliamo ora, per concludere, il vettore induzione magnetica generato da
A(1) come B = A(1) , ovvero:
   
0 m r 0 1
B = = m =
4 r3 4 r
   
0 1 1
= m (m) =
4 r r
(6.30)
0 m 2 1 1 (m) = m

=
4 r
|{z} r
=0
0
avendo posto m = 4 1r m, ovvero B = m , abbiamo ottenuto che il
campo magnetico prodotto solamente da un dipolo e frutto di un potenziale
20 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO

scalare magnetico, ovvero ha una divergenza non nulla. Questo perche ab-
biamo immaginato nel modello la presenza di due poli per il magnete, che
fungono da cariche localizzate ai fine della generazione del campo.

7. Interazioni tra campi e cariche


Ricordiamo che per carica infinitesima si intende la quantita dq = d3 x,
scriviamo ora la forza elementare che agisce sulla carica elementare:
(7.1) dF = (dqE + dqv B)d3 x = (E + j B)d3 x
dove E e B sono prodotte da cariche e correnti che chiamiamo generatrici e
dove stiamo supponendo/imponendo che le cariche di un campo di un certo
tipo sentano solo forze di quel tipo di campo. Questa forza e chiaramente
quella che in meccanica si chiama sollecitazione, ovvero una forza infinitesi-
ma applica per ogni punto. Siamo dunque interessati, in analogia a quanto
si faceva in meccanica, a calcolarne la risultante e il momento risultante.
Per quanto riguardo la risultante dobbiamo, come gia detto, consider-
are le cariche e le correnti che generano i campi E e B esterne al sistema
e non modificate dalla presenza delle cariche e delle correnti del sistema.
Otteniamo quindi, detta D la regione di spazio che contiene il sistema:
Z
(7.2) F = E + j Bd3 x
D
Per quanto riguarda il momento risultante assumiamo che il polo di
riduzione dei momenti sia assunto nellorigine del nostro sistema di rifer-
imento (semplifichiamo in modo ragionevole i calcoli), ovvero:
Z
(7.3) M= r (E + j B)d3 x
D
Se supponiamo che D sia contenuto in un dominio sferico di raggio piccolo
rispetto alla distanza dalla sorgenti, che nel nostro caso corrisponde con
lorigine, possiamo fare un cambio di sistema di riferimento e supporre di
descrivere cio che avviene allinterno del dominio D a partire da unorigine
fissata P 0 , ovvero P P 0 = r0 , cioe r = r0 + r0 . Sviluppiamo E e B in serie
di multipoli in un intorno di P 0 :


X
0 1 X
k j E i x0j x0k +

(7.4) E i (P ) = Ei (P0 ) + j E i xj +

2
j j,k
P0 P0
E analoga scrittura per B. I termini di multipolo compariranno solo nella
scrittura sotto il simbolo di integrale. Riotteniamo in questo modo il calcolo
fatto attraverso i multipoli nel paragrafo precedente. Ovvero la distribuzione
dei momenti del sistema di cariche che vogliamo descrivere. Vediamo questa
teoria a lavoro per un paio di casi semplici.
La carica puntiforme. In questo caso la forza risultante sulla carica q
si scrive semplicemente come F = q(E + v B), dunque possiamo calcolare
facilmente il lavoro infinitesimo come dL = dF dr = q(E + v B) vdt =
qvEdt = jEdt = qEdr che e coerente con losservazione fatta in parten-
za sulla Forza di Lorentz, ovvero questa e una forza puramente deviatrice
che non compie lavoro, dunque il lavoro di F dipende solo dalla Forza di
7. INTERAZIONI TRA CAMPI E CARICHE 21

Coulumb, possiamo quindi scrivere il lavoro tra due punti A, B lungo una
curva C come:
Z B Z B
(7.5) L=q Edr = q d = q((B) (A))
A,C A
Il teorema delle forze vive ci dice che dL = dU , usando lidentita appena
scoperta possiamo dire che dU = qd, ovvero, integrando, che U = q,
introduciamo a questo punto lunita di misura volt come 1 volt (V) = 1
Joule (J) 1 Coulumb (C). In alcuni casi e utile anche lunita di misura
detta Elettronvolt (eV) definita come 1eV = 1.6 1019 J.
Due cariche a distanza ravvicinata. Questo caso si distingue in due
sottocasi, uno dei quali ricade nel precedente, infatti se le cariche hanno
lo stesso segno e conveniente considerare una carica di somma delle due
disposta nel baricentro. Nel caso in cui le cariche avessero segno opposto,
ma modulo uguale, e si trovassero ad una distanza d otteniamo un dipolo
elettrico di modulo |p| = qd, in questo caso possiamo scrivere la forza come:
(7.6)
F = qE(r ) + qE(r+ ) = q(E(r+ ) E(r )) = q[E(r + d) E(r)] =
" # " #
X X
=q E(r ) + (i E)di + E(r ) = q (i E i )di
i i
P
dunque F = i (qdi i )E = (p )E, ovvero se E e uniforme il campo e
zero. Riscrivendola per componenti si ha:
X E X X
i
(7.7) Fi = pj = p j i E j = i pj E j
xj
j j j

Abbiamo ottenuto come espressione per la risultante F = ((p)E) = U


ovvero il potenziale scalare di un dipolo elettrico immerso in un campo
elettromagnetico e dato da: U = pE. Dobbiamo ora calcolare il momento
risultante, per farlo ci poniamo nellipotesi semplificativa di risultante nulla,
in questo modo il momento e indipendente dal polo di riduzione ed e solo
torcente, otteniamo:
(7.8) M = d qE = qd E = p E
Corrente in un campo di induzione magnetica. Supponiamo di
voler calcolare la risultante F di un campo magnetico su una corrente j,
per farlo siamo intenzionati a scomporre lintegrale triplo al solito modo in
un integrale di superficie piu uno di linea, a livello differenziale abbiamo
dF = (j B)d3 x = j Bd2 xdl, ovvero, integrando:
I Z I Z I
2 2
(7.9) F = j Bd xdl = (j n)n Bd xdl = i dl B
C C C
Abbiamo cos ottenuto un risultato, storicamente notevole:
Teorema 7.1 (Seconda formula di Laplace). Data una corrente j e un
campo di induzione magnetica B si ha che dF = i(dl B), ovvero:
I
(7.10) F = i dl B

22 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO

Supponiamo ora di avere due file indefiniti percorsi tra corrente disposti
parallelamente tra di loro ad una distanza (vedi fig.8), vogliamo calcolare
leffetto del campo magnetico generato dal primo sul secondo e viceversa,
per farlo sfruttiamo la seconda formula di Laplace, scriviamo dF = i2 dl B

Figura 8. Fili Indefiniti percorsi da corrente.


e il simmetrico per le forza esercita dal secondo sul primo, a questo pun-
to dobbiamo ridurci ad un tratto di filo finito (altrimenti la forza sarebbe
infinita. . . ), per farlo ci conviene definire la forza per unita di lunghezza:
I L
F 1 0 i1 i2 0 i1 i2
(7.11) L = L
dl =
0 2 2
da cui possiamo ricavare il valore di F come:
0 i1 i2
(7.12) F = L(i1 i2 )
2
e la seguente regola pratica: fili percorsi da correnti equiverse si attraggono,
fili percorsi da correnti di verso opposto si respingono. Questa struttura
ci permette di dare inoltre una nuova definizione per lunita di misura
Ampere, ovvero, si considera la struttura della figura 8 si prendo una L =
= 1m, considerando che 0 = 4 107 H/m si ha che 1A (Ampere) e
lintensita di corrente che genera una forza risultante F di modulo F =
2 107 N , dunque al livello dimensionale e 1(A) = 1(C) 1(m2 ) 1s1 .
Arrivati a questo punto possiamo dedicarci ancora una volta al Teorema
di Equivalenza di Ampere (vedi thm. 5.1) riformulandolo nel seguente
modo:
Teorema 7.2 (Equivalenza di Ampere). Data una spira percorsa da cor-
rente il campo magnetico prodotto dalla spira e equivalente a quello di un
dipolo magnetico.
Dato un campo di induzione magnetica B vi poniamo una spira rettan-
golare di cui indichiamo con b il lato corto e con a il lato lungo percorsa da
una corrente i nel verso indicato in figura 9, ci poniamo anche nellipotesi
in cui le dimensioni della spira siano trascurabili rispetto a quelle delle linee
di campo magnetico in cui e immersa. Calcoliamo la risultante della forza
esercitata da B sulla spira utilizzando la seconda formula di Laplace, ovvero
calcoliamo lintegrale:
I
(7.13) F =i dl B
C
7. INTERAZIONI TRA CAMPI E CARICHE 23

Figura 9. Spira immersa in un campo magnetico B

sui quattro lati della spira, come si evince facilmente dalla figura questo
e banalmente F = 0, infatti per ogni punto della spira in cui e applicata
una forza ne esiste uno opposto in cui e applicata la medesima forza con
medesima direzione e verso opposto. Calcoliamo ora il momento risultante,
osserviamo immediatamente che le forze F 1 e F 2 hanno braccio nullo, dob-
biamo dunque preoccuparci solo delle forze F 3 e F 4 , poiche la risultante e
nulla il polo di riduzione rispetto a cui calcoliamo il momento e indifferente,
dunque ci conviene fissarlo nel punto (vedi parte a destra della figura 9),
abbiamo quindi: |M | = b(|B|i)a sin() = iab sin()|B|, ovvero, in forma vet-
toriale M = m B. Questo continua a mantenere lanalogia con il campo
elettrico per cui ricordiamo era M el = p E vettore del momento del dipolo
elettrico. Facciamo una tabella riassuntiva delle analogie tra dipolo elettrico
e dipolo magnetico fin qui ottenute, vedi tab. 1.

Dipolo Elettrico Dipolo Magnetico


p m
F =0 F =0
M =pE M =mB
U = p E U = m B
Tabella 1. Analogie tra dipolo elettrico e dipolo magnetico

Spire ed energia potenziale. Sfruttiamo ancora il teorema di equiv-


alenza per ottenere informazioni sullenergia potenziale, supponiamo di avere
una superficie S il cui bordo, percorso da una corrente i, e rappresentato
da una curva C regolare a tratti. Decomponiamo la superficie S in dSi su-
perfici infinitesime a interni disgiunti, con i relativi bordi infinitesimi dCi .
Fissiamo il verso della corrente sui dCi in modo che la normale orientata
punto per punto a dSi sia parallela alla normale ad S in quel punto. Ogni
elemento di circuito si comporta come come una spira piana infinitesima
percorsa da corrente a cui possiamo associare un momento di magnetiz-
zazione dm = idS n da cui deriviamo lenergia potenziale infinitesima come
dU = dm B, facciamo la seguente riscrittura:
(7.14) dU = idS(n B) = i(B n)dS = iddS (B)
24 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO

Possiamo
R ora calcolare lenergia potenziale di tutta la superficie come U =
dU , osserviamo che iddS (B) rappresenta la corrente concatenata a tutto
il perimetro infinitesimo della spira, cioe:
Z
(7.15) U = dU = iC (B)

Questo poiche ogni tratto di spira e percorso dalla corrente i una volta in un
verso e una volta nel verso opposto, dunque lunica parte a non essere per-
corsa in entrambi i versi e il bordo esterno della superficie stessa. Quanto
abbiamo ottenuto e in realta indipendente dalla superficie, infatti e suffi-
ciente che questa abbia come bordo la C in oggetto5. Osserviamo inoltre
che per il lavoro vale:
(7.16) dL = dU = diC (B) + idC (B)
Dunque se il campo magnetico e disomogeneo, oppure la spira si deforma,
cioe il flusso varia, questo fa variare il lavoro. Supponiamo i costante e
B variabile, ovvero dL = idC (B) e studiamo due casi particolari della
variazione di B allinterno della classe dei movimenti rigidi.
Traslazioni rigide. Supponiamo di fare una traslazione rigida di vet-
tore dz, in questo modo dL = F dr ovvero dL = idC (B) = idr, cioe
F = i(C (B)), che e uguale a zero in caso di B uniforme e diverso da zero
altrimenti.
Rotazioni. Supponiamo di fare una rotazione di vettore angolare d,
in questo modo abbiamo che dL = M d ovvero dL = idC (B) = i d
C

(potrebbe dipendere dal tempo), ovvero il momento assiale attorno allasse


di rotazione e dato da: M = i .
C

8. Generare un campo elettrico


Dato uno spazio vuoto vogliamo generare un campo elettrico E, cioe
vogliamo prendere delle cariche q1 , q2 , . . . , qn dallinfinito e portarle nella
regione di spazio in cui vogliamo generare il campo. La prima domanda da
porsi in questo caso e: ho usato energia per costruire questo campo elettrico?
Portare la prima carica ha avuto sicuramente un lavoro L1 = 0, ma questo e
piuttosto ovvio, in realta essendo nel vuoto non posso sapere se ho realmente
spostato la carica o se ho fissato lorigine nel luogo in cui la carica si trovava6.
Ora che abbiamo fissato la carica q1 abbiamo determinato la posizione di
tutte le altre cariche, quindi nel disporre la carica q2 a distanza r1,2 dalla
carica q1 dobbiamo fare i conti con E campo elettrico generato dalla carica
q1 , ovvero:
 
1 q1
(8.1) L2 = q2
40 r1,2
Ora dobbiamo ripetere lo stesso procedimento con la carica q3 , solo che
questa volta il campo elettrico E e quello generato dalle cariche q1 e q2 ,
quindi:
 
1 q1 1 q2
(8.2) L2 = q3 +
40 r1,3 40 r2,3
5B e solenoidale.
6Lo spazio e omogeneo e isotropo.
8. GENERARE UN CAMPO ELETTRICO 25

Dunque in generale si ha:


i1
1 X qk
(8.3) L i = qi
40 rk,i
k=1

Il lavoro totale risulta quindi essere:


(8.4)
n n i1 n
X 1 X X qk 1X 1 X qj
L= Li = qi = i qi ove i =
40 rk,i 2 40 ri,j
i=1 i=1 k=1 i=1 i6=j

Nel caso in cui invece di una distribuzione discreta volessimo ottenere una
distribuzione continua, possiamo sostanzialmente ottenere lo stesso risultato
a patto di introdurre un piccolo artificio, introduciamo un parametro
[0, 1] per cui possiamo esprimere carica totale e funzione totale come:

q() = qT
(8.5)
() = T

dove T e qT rappresentano il potenziale e la carica totale alla fine del


processo, in questo modo otteniamo che:
(8.6)
Z Z 1
1
dU = d3 x = dq() = T qT U = T qT d = T qT
D 0 2

Ovvero possiamo scrivere:


Z Z
3
(8.7) dU = dd x = dud3 x

dove abbiamo introdotto la densita infinitesima di energia data da du =


d = (T )(T ), dunque, integrando, otteniamo:
Z 1
1
(8.8) u= T T d = T T
0 2

Ovvero la densita di energia contenuta in un volumetto infinitesimo e data


da u = 1/2, cioe e lopposto del lavoro fatto per mettere una carica d3 x
in un punto dello spazio con potenziale . Sfruttando il teorema di Gauss
possiamo scrivere = 0 (E), dunque possiamo scrivere u = 1/2(E),
ma (E) = (E) + ()E cioe u = 1/20 (()E + (E)), dunque
possiamo scrivere lenergia totale nel dominio D come:
Z
1
(8.9) U = 0 ()E + (E)d3 x
2 D

ma era anche:
Z Z
1 1
(8.10) U= d3 x = d3 x poiche (R3 \ D) = 0
D 2 R3 2
26 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO

che continua ad essere valido, dunque:

(8.11)
Z Z Z 
1 3 1 2 3 2
U = 0 ()E + (E)d x = 0 |E| d x + (E)nd x
2 R3 2 R3 R3

Z Z 1 Z
1
= 0 |E|2 d3 x + lim (E)nd2 x = 0 |E|2 d3 x

2 R3 R+ BR (0) 2 R3
| {z }
=0

dove il termine con il limite vale zero poiche il potenziale va allinfinito come
R2 , cioe e sommabile e ha integrale nullo. Se nel compiere tutti questi conti
avessimo tenuto conto anche del campo magnetico avremmo ottenuto:

B2
 
1 2
(8.12) U= 0 E +
2 0

Introduciamo ora le due seguenti definizioni:

Definizione 8.1. Si chiama vettore spostamento il vettore D = 0 E.

B
Definizione 8.2. Si chiama vettore campo magnetico il vettore H = 0 .

In questo modo possiamo scrivere:

1
(8.13) U= [E D + B H]
2

Che e lenergia del campo elettromagnetico, ovvero lavorando nel-


lipotesi in cui tutto il lavoro fornito nella creazione del campo elettromag-
netico e immagazzinato nel campo, abbiamo che la sua energia e quella qui
ricavata.
Lipotesi che abbiamo fatto e, tuttavia, non del tutto giustificata, per
vederne un limite proviamo a calcolare il lavoro necessario a mettere insieme
n cariche nei due modi che abbiamo studiato, ovvero calcoliamolo una volta
mediante la somma e una volta integrando la funzione densita di energia, se
lipotesi fosse giustificata avremmo che i due valori coincidono, cioe che:

Z
1X 1
(8.14) L= qi i = 0 |E|2 d3 x
2 2 R3
i
8. GENERARE UN CAMPO ELETTRICO 27

Sviluppiamo il secondo termine e vediamo se e realmente uguale al primo:


(8.15)
Z Z X 2 Z X
1 2 3 1 3 1
L = 0 |E| d x = 0 E i d x = 0 E i E j d3 x =

2 2 2

R3 R3 i R3 i,j
Z X Z
1 3 1 X
= 0 E i (j ) > d x = 0 (E i ) j d3 x =
2 R 3 2 R 3
i,j i,j
1X 1X 1 XX
= qi j (ri ) = qi i (ri ) + qi j (ri ) =
2 2 2
i,j i i i6=j
1X 1X X
= qi i (ri ) + qi j (ri ) =
2 2
i i i6=j
1X
= qi i (ri ) + L
2
i
Abbiamo ottenuto un termine in piu rispetto a quello che ci aspettavamo, o
per meglio dire, a quello che ci aspettavamo in virtu dellipotesi che abbiamo
fatto. Il termine che abbiamo ottenuto e, inoltre, un termine divergente di
cui dobbiamo giustificare lentrata in scena e giustificare il perche sia legit-
timo trascurarlo. In realta compiendo il calcolo in due modi diversi stiamo
guardando due fenomeni differenti. In un caso prendevamo delle cariche dal-
linfinito e le portavamo al finito, ma quanto abbiamo faticato per costruire
le cariche allinfinito? Chi ce le ha date? Una buona giustificazione di questo
termine divergente e rappresentata dallessere la quantita di energia neces-
saria a creare una carica elettrica. Questa apparente incongruenza ci ha
fatto scoprire, di nuovo, che una carica elettrica non puo essere creata e che
non puo essere persa, se ne perdessi una avrei in cambio unenergia infini-
ta. Chiamiamo questo termine autoenergia (dellelettrone) della carica
elettrica e ci ricordiamo di non tenerla mai in conto quando calcoliamo
lenergia di un campo.
CAPITOLO 2

Elettromagnetismo: il caso non stazionario

Cio a cui vogliamo arrivare e una modifica delle eq. di Maxwell per far si
che queste prevedano possibilita di variazione del campo E e del campo B.
Cominciamo dal supporre una variazione della /t, poiche abbiamo ap-
pena osservato che non possiamo creare ne distruggere le cariche elettriche,
dobbiamo supporre lesistenza di un serbatoio di cariche allinfinito da cui
faremo arrivare le cariche. Procediamo per gradi. Supponiamo di avere:
1 q(t)
(0.16) E(r, t) = r
40 r2
mettiamoci nella seguente situazione ideale, il serbatoio di cariche che abbi-
amo appena discusso e una sfera che stiamo caricando con cariche prese dal
serbatoio (vedi fig. 1). In questa situazione possiamo dare la seguente legge

Figura 1. Caricare una sfera.

per la variazione della carica:


Z
(0.17) q(t) = 0 (E n)d2 x
S
Di cui noi vogliamo calcolare la variazione nel tempo, supponendo la super-
ficie S non dipendente dal tempo possiamo scrivere:
Z  
dq(t) E
(0.18) = 0 n d2 x
dt S t
a questa variazione di carica deve essere associata ad una densita di corrente,
infatti la carica fluendo dal serbatoio alla sfera passa attraverso la superficie
29
30 2. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO NON STAZIONARIO

immaginaria S, quindi possiamo scrivere:


Z
dq(t)
(0.19) = (j n)d2 x
dt S
questo e il momento in cui entra in gioco la congettura, di derivazione
sperimentale, di Maxwell:
Congettura 1 (Maxwell). Per modificare un campo elettrico deve passare
una corrente e le due espressioni date per la carica devono coincidere.
per ricavare un risultato quantitativo dalla congettura sfruttiamo il Teo-
rema di Gauss in forma locale, scriviamo:

(0.20) = 0 E = (0 E) = 0 E = j
t t t
La corrente generalizzata deve essere solenoidale, come abbiamo gia
osservato le cariche sono quelle che sono, possono solo muoversi. Abbiamo
ottenuto il seguente fatto:
Fatto 1. La corrente ha origine dove il campo elettrico varia, ovvero:
   

(0.21) j + 0 E = 0 = j + D
t t
Possiamo quindi riscrivere la quarta equazione di Maxwell come:
 
E
(0.22) B = 0 j + 0
t
Osserviamo che gia con questa modifica non abbiamo piu un sistema
di equazioni disaccoppiate, abbiamo costruito un sistema di 12 equazioni di
cui almeno 6 sono accoppiate tra loro. Ci occuperemo in dettaglio di questo
dopo aver ottenuto le modifiche necessarie per le altre equazioni di Maxwell.
Introduciamo a questo punto il concetto di forza elettromotrice.
Definizione 0.3. Dati due punti dello spazio a potenziale elettrico + e
tali che + > chiamiamo f.e.m., forza elettromotrice, la forza che
fa circolare una corrente i nella direzione non spontanea, ovvero da in
direzione di + .
Possiamo ora costruire il primo apparato elettrotecnico, ovvero la pi-
la, ovvero un generatore di f.e.m., ovvero un oggetto come in figura 2.
Non siamo interessati a cio che, in realta, genera la f.e.m. ci limiteremo a
supporre che sia una reazione chimica in grado di causare la forza elettrica
opportuna, ovvero una forza che spinge le cariche negativa verso la direzione
negativa, cioe a potenziale minore1. Per osservare cio che avviene conside-
riamo una carica q libera di muoversi allinterno della pila (come riportato
in fig. 2), questa e soggetta ad una forza F = f.e.m. + qE, questo processo
non puo andare avanti indefinitamente, dopo un certo tempo t si avra,
necessariamente, che F = 0 a avremo trovato una soluzione di equilibrio per
cui il E T OT totale interno sara zero e ci troveremo in un caso di accumulo
di cariche positive ad un lato e negative ad un altro.
1Si parla correttamente di cariche poiche e in generale falso a dire che sono gli elettroni
a trasportare la carica, questo e vero, ad esempio, nei conduttori, mentre per quanto
riguarda altre situazioni, come le soluzioni, sono gli ioni a fungere da vettori per la carica.
2. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO NON STAZIONARIO 31

Figura 2. Pila

Osserviamo che il campo elettromotore Em non e conservativo, per


farlo consideriamo un circuito rettangolare C orientato come il campo elet-
tromotore contenuto per un solo lato allinterno della pila (vedi fig. 3)
calcoliamo a questo la circuitazione del campo elettromotore lungo la curva

Figura 3. Non conservativita del campo Em

C come:
I Z A Z B Z A Z B
(0.23) Em dl = Em dl + 0dl = Em dl = Edl := f.e.m.
C B A B A
| {z }
0

che rappresenta la differenza di potenziale ai capi della pila, ovvero quella che
chiamiamo impropriamente forza, e in realta una differenza di potenziale.
Sfruttiamo il concetto che abbiamo appena definito per modificare la
seconda equazione di Maxwell, consideriamo una barretta di materiale con-
duttore che si muove lungo un piano orizzontalmente con una velocita v
costante immersa in un campo di induzione magnetica B costante ortogo-
nale al piano, ovvero la situazione rappresentata nella figura 4, le cariche
contenute nella barretta conduttrice sono sottoposte alla forza di Lorentz
esercitata dal campo di induzione magnetica B, dunque possiamo individ-
uare la forza che su esso agisce come F = qv B a cui possiamo associare
un campo elettromotore Em = v B lungo lasse centrale della sbarretta,
32 2. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO NON STAZIONARIO

Figura 4. Conduttore mobile immerso in un campo di


induzione magnetica costante

calcoliamo a questo punto la forza elettromotrice che agisce sulla sbarra:


I Z B Z B  
ds
f.e.m. = (v B)dl = dl(v B) = B dl =
A A dt
(0.24) Z B
(dl ds) d2 x
Z Z

= B = B n = B nd2 x
A dt dt t
Ovvero abbiamo mostrato che:

(0.25) f.e.m. = AB (B)
t
Quello che abbiamo costruito e un campo elettrico E = Em = v B
ovvero una forza elettromotrice data da f.e.m = vBl, dove l rappresenta la
lunghezza della barretta. Il primo risultato che abbiamo ottenuto da questa
costruzione e che il campo generato dalla f.e.m. non e irrotazionale,
poiche e prodotto dalla forza di Lorentz. Possiamo dunque generalizzare il
risultato appena ottenuto ad ogni circuito nel seguente modo:
Teorema 0.1 (Legge di Faraday-Neumann-Lenz). Dato un circuito di
forma qualsiasi, un campo di induzione magnetica B (anche non uniforme)
e un moto di rotazione di B parallelo ad un asse u si ha:
Z

(0.26) f.e.m. = (B) = B nd2 x
t t
Che si regge sulla seguente ipotesi sperimentale, di derivazione simile
alla congettura di Maxwell, che afferma:
Congettura 2. Dato un circuito di forma qualsiasi, un campo di in-
duzione magnetica B (anche non uniforme) e un moto di rotazione di B
parallelo ad un asse u, mette in moto le cariche e fa s che nel circuito
cominci a fluire una corrente (vedi fig. 5).
Quello che dobbiamo fissare e il verso di percorrenza della corrente che si
genera allinterno del circuito, questa genera, per quello che abbiamo visto,
un campo di induzione magnetica, dunque se riusciamo a fissare il verso
del campo magnetico abbiamo fissato anche il verso di percorrenza della
corrente. Si ha che il campo magnetico prodotto dalla corrente tende ad
opporsi al campo magnetico che ha generato la corrente, ovvero tende a
2. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO NON STAZIONARIO 33

Figura 5. Conduttore che ruota in un campo magnetico costante

non far variare il flusso di B e in questo modo abbiamo fissato tutti i versi
ottenendo:
I I Z
(0.27) f.e.m. = Em dl = Edl = (E) nd2 x
S

confrontandolo con lequazione 0.26 otteniamo la relazione:



(0.28) E = B
t
cioe abbiamo trovato la modifica della seconda equazione di Maxwell, otte-
nendo in definitiva:

E =


0
B = 0


(0.29)
E = B


t
 

E
B = 0 j +

t
Quello che ci aspetta ora e risolvere questo set di equazioni differenziali.
Possiamo introdurre a questo punto due concetti collaterali a quanto
appena visto sulla terza equazione di Maxwell, ovvero possiamo parlare dei
casi di flusso tagliato e di quelli di flusso concatenato. Partendo dal
piu semplice, cioe il flusso tagliato, nel caso in cui loggetto su cui si induce
la f.e.m. si muova attraverso il campo di induzione magnetica B con un
moto puramente traslatorio lungo una direzione costante rispetto a questo,
senza deformarsi, possiamo ottenere il campo elettromotore indotto come la
semplice opposizione al campo di Lorentz generato, si veda lesempio della
sbarretta con cui abbiamo cominciato. Se invece il moto delloggetto nel
campo di induzione magnetica B e vario, cioe se non e possibile descrivere
lo spostamento delle cariche tramite la forza di Lorentz, si pensi ad esempio
ad una spira che ruota nel campo, oppure, ancora peggio, ad una spira che
lentamente si gonfia nel campo2. In questi casi si parla di flusso concatenato,
ovvero non e possibile spiegare il fenomeno semplicemente con la legge di
2In questo caso si ottiene il flusso come un integrale dagli estremi dipendenti dal
tempo.
34 2. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO NON STAZIONARIO

Lorentz e bisogna appellarsi allipotesi sperimentale ??. Questi due casi


sono completamente slegati.

1. La soluzione delle eq. di Maxwell: lequazione delle onde


Cominciamo a risolvere le equazioni 0.29 partendo da B = 0, che, per
quanto abbiamo visto, implica B = A, possiamo dunque scrivere per
lequazione sul rotore del campo elettrico:
 
A A
(1.1) E + (A) = 0 E + =0E+ =
t t t
Ovvero abbiamo ottenuto la seguente coppia di espressioni per il campo
elettrico e quello magnetico:
B = A
(
(1.2) A
E =
t
Per il caso stazionario avevamo fissato la gauge di Coulumb 3, vogliamo
sceglierne una opportuna per questo caso, ovvero vogliamo ottenere che
cambiando A in A0 e in 0 , lespressione di E resti inalterata, cioe:
A0
 0
A 0 A = A +
(1.3) E = = E =
t t 0 = + h
Imponiamo dunque le opportune condizioni sulle funzioni ed h:
 
0 0 A
E = (A + ) = =
t t t
(1.4)   ( 0
A = A +
A
= 0 +
t t 0 = +
t
fissiamo a questo punto la seguente gauge, detta gauge di Lorentz:
1 1
(1.5) A = = 2
0 0 t c t
ovvero, sfruttando loperatore  e il vettore A = (/c, A), abbiamo:

(1.6)  A = 0 A =
ct c
Trattiamo ora la quarta equazione sfruttando la gauge appena imposta:
(1.7)
    
E 1 A
B = 0 j + 0 (A) = 0 j 2 +
t c t t
1 2A
   
2 1
(A) A = 0 j 2 2
c t c t2
1 2A
 
2
A 2 = 0 j
c t2
| {z }
eq. delle onde o di DAlambert

3Gauge di Coulumb: A = 0, vedi 4.


1. LA SOLUZIONE DELLE EQ. DI MAXWELL: LEQUAZIONE DELLE ONDE 35

Non ci resta, per ottenere la coppia finale di equazioni dei potenziali, che
calcolare lultima equazione:
 
A 2 A
E = = 2 =
0 t 0 t 0
(1.8) 2
1
2 + (A) = 2 2 2 =
t 0 c t 0
| {z }
eq. delle onde o di DAlambert

Abbiamo quindi costruito la coppia di equazioni differenziali alle derivate


parziali data:
1 2A

2 A
= 0 j
(1.9) c2 t
2
2

2 1 =

c2 t2 0
Come era gia accaduto, le equazioni per i potenziali sono uguali, unaltra
verifica del fatto che ha piu senso parlare di campo elettro-magnetico, pi-
uttosto che di campo elettrico e di campo magnetico. Risolviamo il caso
generico di questa equazione per una funzione e sostituiamo al termine i
simboli corretti per i due casi.
Dobbiamo quindi risolvere unequazione della forma:
1 2
(1.10) 2 = s(r, t)
v 2 t2 t
con i coefficienti di grado 1 e 0, posti uguali a zero (cioe = = 0),
chiamiamo il coefficiente v velocita di propagazione dellonda:
1 2
(1.11) 2 = s(r, t)
v 2 t2
Prima di mettere mano ai conti facciamo unanalisi qualitativa delle-
quazione, affinche questo problema abbia senso dobbiamo avere che in un
certo istante t in una determinata posizione r la funzione s(r, t), che chi-
ameremo sorgente, sia s(r, t) 6= 0, dopo una certa quantita di tempo t,
caratteristica dellonda in oggetto, questa avra generato un effetto che si
sara propagato in tutto lo spazio, in modo indipendente dalla posizione r
iniziale. Di tutta questa fase transiente sono interessato solo al fatto che
londa sia stata effettivamente generata, questo ci risolve la dipendenza dalle
coordinate dellequazione. Per quanto riguarda la dipendenza dal tempo 4
dobbiamo distinguere due casi, quello in cui la funzione sorgente e costan-
temente attiva, cioe s(r, t) 6= 0 t e quello in cui la sorgente resta accesa
per una quantita limitata di tempo. Queste due situazioni danno origine a
soluzioni completamente diverse. Se siamo nel caso s(r, t) 6= 0 t, abbiamo,
come e logico che sia, che la soluzione tenda asintoticamente al valore della
sorgente, ovvero che s per t , ci troviamo in un caso di soluzione
forzata. Nellaltro caso abbiamo che la soluzione si propaga nel tempo, dal
momento iniziale in cui essa vale zero fino a quando assume un valore piut-
tosto stabile. Vogliamo metterci in questo secondo caso e risolvere dunque

4Per essere piu precisi: dalla coordinata tempo.


36 2. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO NON STAZIONARIO

lequazione:
1 2
(1.12) 2 =0
v 2 t2
Le soluzioni di questa equazione sono tutte della forma:
A(r)
(1.13) (r, t) = g(u u0 )
r
dove e la forma esplicita di u a stabilire la soluzione, la u e, in generale,
una funzione di (r, t, k, ), dove r e il vettore posizione, t il tempo, k un
coefficiente che dipende dalle coordinate e un inverso del tempo che funge
da coefficiente per t. La g e detta funzione di modulazione ed e tale
che 1 g +1, mentre A e, in generale, una funzione della direzione di
propagazione r ed e detta ampiezza dellonda. Risolvendo lequazione si
ha che i termini 2 ,k 2 e v 2 devono soddisfare alla seguente relazione detta
relazione di dispersione:
2
(1.14) = v2
k2
Vediamo ora due tipologie di soluzione:
(1) Soluzione in forma di onde piane:
u = k r t che e lequazione affine di un piano.
A costante rispetto a qualsiasi direzione di propagazione.
=0
Impostando i parametri a questo modo la che abbiamo espres-
so e soluzione dellequazione delle onde per ogni f funzione di
modulazione abbastanza regolare.
(2) Soluzione in forma di onde sferiche:
u = |k||r| t equazione di una sfera nello spazio.
A costante.
=1
Impostando i parametri a questo modo la che abbiamo espres-
so e soluzione dellequazione delle onde per ogni f funzione di
modulazione abbastanza regolare.
Nota 1. Lesperienza ci dice, o almeno dovrebbe dirci, che in natura esistono
anche delle onde cilindriche, con una funzione u = |k||r |t, dove r e la
distanza misurata rispetto allasse centrale del cilindro, con una A costante
e un = 1/2, tuttavia con questi parametri non otteniamo una soluzione
dellequazione di DAlambert5. Questo ci pone davanti al fatto che non
tutte le onde sono soluzioni dellequazione delle onde, questa ne rappresenta
solo una determinata tipologia. Tratteremo le onde cilindriche con maggior
dettaglio piu avanti.
Nota 2. Sia londa piana che londa sferica sono soluzioni a un grado di
liberta, cioe possono essere descritte attraverso un solo parametro variabile,
questo a patto di porci nellopportuno sistema di riferimento.

5Provare per credere...


1. LA SOLUZIONE DELLE EQ. DI MAXWELL: LEQUAZIONE DELLE ONDE 37

Pur non ricavando esplicitamente le soluzioni che abbiamo dato verifichiamo,


almeno, che quella delle onde piane lo sia:
2f d2 f 2
   
f u f
(1.15) = = kx = k
x2 x u x x u du2 x
2f d2 f 2 2 f d2 f 2
Similmente per le altre due coordinate: = k e = k , ci
y 2 du2 y z 2 du2 z
resta da verificare per la coordinata tempo:
2f d2 f
   
f u f
(1.16) = = () = 2 2
t t u t t u du
ricomponendo lequazione abbiamo:
d2 f 2 2
 
(1.17) k 2 =0
du2 v
| {z }
2
=v 2
k2

ovvero, se la f e almeno derivabile due volte abbiamo che la associata alle


onde piane e soluzione dellequazione delle onde.
1.1. Rappresentare le onde. Un modo, piuttosto utile, per rappre-
sentare le onde e quello di fissare tutti i luoghi dello spazio-tempo in cui la
f e costante, cioe tutti i luoghi in cui la u assume lo stesso valore, infatti
si ha che f (u) = cost u = cost, cioe k r t = cost (con un valore di t
fissato), cioe linsieme dei luoghi in cui k r e costante, ma, come abbiamo
gia osservato, questa e lequazione di un piano k r, abbiamo ottenuto
delle superfici donda piane. Fissiamo lasse x del nostro sistema di riferi-

mento in modo che x = k, in questo modo i termini in y e z spariscono
dallequazione. Osserviamo, incidentalmente, che lenergia trasportata dal-
londa e rappresentata dal quadrato della sua ampiezza, che in questo caso e
costante su ogni piano per un x fissato. Restringiamoci, ora, ad una funzione
di modulazione g unidimensionale, cioe funzione della sola x, siamo interes-
sati a scoprire se esiste un tempo t per cui la g = g(x , t ) = g(x, t + t),
se vogliamo continuare a lavorare in ipotesi di generalita della g, questo e
verificato se e solo se:

(1.18) kx x t = kx xt t kx (x x) = t t = x
kx
ma avevamo visto che /kx = v, cioe abbiamo x = vt, abbiamo scop-
erto quindi che esiste un moto rigido traslatorio che propaga il valore della
funzione calcola in un arbitrario punto x ad un tempo fissato t.
Lequazione delle onde ricorda molto lequazione del calore, o equazione
di Fourier, che e un caso particolare dellequazione generale 1.10, ovvero
quello in cui sono zero i coefficienti dei termini di grado 2 e 0, mentre quello
di grado 1 e uguale a 1/v, cioe:
1
(1.19) 2 =0
v t
che non ha, tuttavia, una famiglia di soluzioni come lequazione delle onde.
Osserviamo che in particolare se (r, t) e soluzione dellequazione di DAlam-
bert, allora, necessariamente, anche (r, t) lo e, cioe i fenomeni ondulatori
38 2. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO NON STAZIONARIO

sono reversibili. Per quanto riguarda lequazione di Fourier, si ha che se


(r, t) e soluzione, (r, t) non lo e, infatti questa equazione rappresenta il
fenomeno di propagazione del calore, che non e reversibile.
Nota 3. (r, t) e un campo definito su tutto lo spazio, puo descrivere, in
generale, qualunque tipo di grandezza fisica. Possiamo sempre guardarne
le superfici isotimiche6 senza conoscere la forma esplicita della funzione di
modulazione g, ci basta imporre che la u sia costante, cioe che la fase sia
costante.
Rappresentiamo nelle due figure seguenti le superfici donda piane e
sferiche, introduciamo la distinzione tra onda progressiva e regressiva:
Se v > 0, cioe se nellespressione della u compare t, londa si dice pro-

Figura 6. Fronti donda

gressiva, se v < 0, cioe se nellespressione della u compare t, londa si dice


regressiva.
Le Onde Cilindriche. Come avevamo gia accennato per le onde p cilin-
driche dobbiamo considerare i parametri dati da u = kr t con k x2 + y 2 =cost,
dove r si intende il modulo la proiezione del vettore posizione r su di un pi-
ano ortogonale allasse del cilindro. Per rendere coerente questo problema e
necessario considerare una funzione A, questa volta non costante, che tenga
conto della dipendenza angolare del problema. Ovvero, serve una funzione
A tale che la fase si richiuda, ovvero tale che la funzione g non assuma due
valori diversi nello stesso punto. La funzione opportuna A e detta funzione
di Bessel, di cui si considera abitualmente uno sviluppo in serie troncato ad
un ordine coerente col tipo di problema.
Teorema 1.1. Data unequazione delle onde della forma (in una dimen-
sione):
1 2
(1.20) 2 = s(r, t)
v 2 t2
abbiamo che la soluzione associata della forma:
A(r)
(1.21) (r, t) = g(u u0 )
r
6Le superfici su cui la funzione e costante.
1. LA SOLUZIONE DELLE EQ. DI MAXWELL: LEQUAZIONE DELLE ONDE 39

ha una g determinata, in un fissato sistema di coordinate, quando sono date


le sei condizioni iniziali:
(r, 0) (r, 0)
(1.22) (A, t) (A, t)
(L, t) (L, t)
Nota 4. Aumentare il numero di dimensioni aumenta il numero di parametri
necessari a determinare londa.
Nota 5. Questo problema e lineare, possiamo dunque applicare il principio
di sovrapposizione, cioe ha senso tenere conto di combinazioni lineari di
soluzioni del problema.
Vediamo ora due esempi di propagazione di quantita fisiche per onde,
prima di dedicarci a quelle elettromagnetiche. Consideriamo in primo luogo
la propagazione di un campo scalare per onde, supponiamo di aver
un cilindro, pieno daria, con un pistone mobile. Dare un impulso al cilin-
dro fa s che la distribuzione di densita dellaria interna ad esso si modifichi
aumentando al fondo corsa del pistone e diminuendo allinizio. Quando re-
traiamo il pistone, laria tendera a tornare ad occupare il resto del pistone
in modo omogeneo, questo fa s che dopo un t tempo la zona di addensa-
mento si sia spostata dalla posizione originaria. Abbiamo costruito unonda
di rarefazione. Per il secondo esempio prendiamo a prestito un fenomeno
dalla meccanica, consideriamo due corde, una legata per un estremo ad un
sostegno e poi lasciata libera allaltro, ed una legata ad entrambi gli estremi
a due sostegni diversi. Dare un colpo di frusta alla prima, o pizzicare la sec-
onda, genera due fenomeni diversi. Nel primo caso otteniamo che limpulso
verticale dato alla frusta si propaga fino al termine della corda producendo
uno schiocco, nel secondo, invece, detta L la lunghezza della corda, abbiamo
posto che (0, t) = (L, t) t, cioe abbiamo creato unonda stazionaria.
Attenzione 1. Non bisogna confondere il fenomeno delle onde con quello
del moto armonico! In un fenomeno ondulatorio non ce trasporto di
materia tra un punto e laltro dello spazio, le particelle oscillano intorno
ad un loro punto di equilibrio.
Unonda tipica, infatti, rappresenta lo spostamento di una particella dal
suo punto di equilibrio, questo puo avvenire sostanzialmente in due modi:
Definizione 1.1. Si chiama onda trasversale unonda in cui lo sposta-
mento delle particelle attorno allequilibrio avviene in modo puramente or-
togonale alla direzione di propagazione dellonda, si chiama onda lon-
gitudinale quando lo spostamento delle particelle attorno allequilibrio e
puramente parallelo alla direzione di propagazione dellonda.
La differenza di comportamento tra onde trasversali ed onde longitudi-
nali e fortemente indicativa delle proprieta del mezzo attraverso cui queste
si propagano. Lesempio classico che si puo fare in tal senso e quello dei
terremoti, in questo caso siamo in presenza di onde di tre tipi, le onde di
superficie e le onde di volume, allinterno della terra, che dividiamo in onde
di compressione, ovvero onde longitudinali, dette onde primarie ed in onde
di taglio, ovvero onde trasversali, dette onde secondarie. In generale si ha
che vp > vs , ovvero che le onde primarie sono piu veloci delle secondarie.
40 2. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO NON STAZIONARIO

Definizione 1.2. Unonda per cui e k sono contenuti in un piano costante


e detta polarizzata linearmente.
Definizione 1.3. Unonda per cui il piano che contiene ruota con ve-
locita angolare costante attorno alla direzione di propagazione k si dice
polarizzata circolarmente, a destra o a sinistra a seconda dei versi di
rotazione e della progressivita/regressivita dellonda.
Vediamo ora un caso particolare determinando una forma particolare
per la funzione di modulazione g, consideriamo per essa unespressione go-
niometrica, come cos(u u0 ) o sin(u u0 )7, allinterno di questa classe
consideriamo il caso di unonda piana progressiva monocromatica, ovvero
una = A cos(k r t), andiamo ad analizzarne le proprieta. Ricaviamo
in primo luogo il periodo, ovvero quella quantita T tale che (t) = (t+T )
t per una direzione di propagazione k fissata:
cos(k r t) = cos(k r t T )
k r t = k r t T + 2
(1.23)
2
T = 2 = = 2
T
ora possiamo imporre T = k cioe = /kT , ovvero possiamo avere:
(1.24)
cos((k r)|k| t |k|) = cos([(k r) ]k wt) = cos(k r t)
cioe k = 2, ovvero = 2/k, abbiamo a questo punto introdotto un certo
numero di quantita che e bene definire:
T periodo (s);
= T 1 frequenza (Hz);
2
= = 2 pulsazione (rad/s);
T
= T v lunghezza donda (m), rappresenta la periodicita spaziale
lungo una fissata direzione k;
2
k= numero donda (rad/m), numero di fronti donda in 2metri.

2. Onde elettromagnetiche
Torniamo ora allelettromagnetismo, avevamo trovato che il potenziale
vettore e il potenziale scalare soddisfacevano alla coppia di equazioni 1.9, cioe
a quella che abbiamo chiamato unequazione di DAlambert non omogenea,
con un j 6= 0 e un = 0, ovvero con una sorgente che esiste solo in un
determinato momento di tempo. Possiamo scegliere = 0 e abbiamo una
soluzione per:
1 2A
(2.1) 2 A = 0 j
c2 t2

7Questa scelta non e in realta del tutto arbitraria, essendo la una funzione periodica
di classe almeno C 2 , potrei sempre considerarne lo sviluppo in serie di Fourier e ridurmi a
lavorare sulle armoniche principali sin e cos.
2. ONDE ELETTROMAGNETICHE 41

prendendo un A = a cos(k r t), per cui vale:


A
(2.2) = akx sin(k r t)
x
A
(2.3) = a sin(k r t)
t
Dalla gauge di Lorentz, o equivalentemente da quella di Coulumb, abbiamo
che A = 0 , ovvero che kx Ax + ky By + kz Az = 0 ovvero A k, avendo
scelto = 0 per il campo elettrico ci riduciamo a:
A
(2.4) E= kA
t
mentre per il campo magnetico abbiamo:
k
(2.5) B = A = (k a) sin(kr t) = E

Ovvero abbiamo ottenuto la relazione tra campo elettrico e magnetico data
da:
E
(2.6) |B| = E = cB
c
La disposizione tra il campo magnetico e quello elettrico trasportati dallon-
da e dunque quella di una terna ortogonale, come rappresentato in figura
7. Prima di proseguire ulteriormente lo studio delle onde elettromagnetiche

Figura 7. Disposizione campo Elettrico e Magnetico


trasportati da unonda

e necessario analizzare il comportamento dei fenomeni elettromagnetici in


generale in presenza di materiali.
CAPITOLO 3

Elettromagnetismo in presenza di materiali

Procederemo considerando tutti i materiali in oggetto come isotropi ed


omogenei, separeremo tutte le volte in cui avra senso farlo il caso stazionario
dal campo tempo dipendente.
Cominciamo dallimporre delle condizioni di continuita sul passaggio del
campo elettromagnetico da un materiale allaltro attraverso una superficie
di separazione S regolare. Iniziamo col mostrare che: nel passaggio da una
superficie ad unaltra la componente tangente del campo elettrico si conserva.
Consideriamo un circuito infinitesimo attorno ad un punto della superficie
S, costruito con due lati paralleli e due ortogonali ad essa, in modo che
i lati ortogonali sia infinitesimi di ordine superiore rispetto a quelli paral-
leli, ci troviamo quindi nella situazione della figura 1. Calcoliamo ora la

Figura 1. Continuita E al passaggio tra materiali diversi

circuitazione di E lungo questo percorso, abbiamo che:


I
(0.7) Edl = Edl1 + Edl2 + Edl3 + Edl4 = (E k,1 + E k,2 )dl
| {z }
trascurabili
dalle eq. di Maxwell per il caso stazionario abbiamo che questo integrale e
uguagliato a zero, dunque abbiamo ottenuto la prima relazione di continuita
desiderata:
(0.8) E k,1 = E k,2
osserviamo che quanto appena mostrato per le componenti tangenti non puo
essere mostrato per quelle ortogonali. Mostriamo ora lanalogo per il campo
magnetico, ovvero che nel passaggio da un mezzo ad un altro la componente
ortogonale del campo magnetico si conserva. Sfruttando una strategia simile
al caso precedente, consideriamo un elemento infinitesimo di superficie ap-
prossimabile con un parte di piano, costruiamo un cilindretto infinitesimo
43
44 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

a meta tra i due materiali e passante per la porzione infinitesima di super-


ficie (vedi figura 2), vogliamo calcolare ora il flusso di B attraverso questa

Figura 2. Continuita di B al passaggio tra materiali diversi

superficie sfruttando il fatto che B = 0, quindi:


(0.9) 0 = (B) = 1 (B) + 2 (B) + L (B) = B ,1 d2 x B ,2 d2 x + 0
avendo considerando il dh dellaltezza del cilindro di un infinitesimo di ordine
superiore rispetto a quelli dei raggi delle basi, abbiamo cos ottenuto la
seconda delle relazioni cercate, ovvero che:
(0.10) B ,1 = B ,2
in modo completamente simmetrico al caso precedente anche in questo caso
non si puo dire nulla sulla componente tangenziale alla superficie S.
Procediamo ora ad una classificazione dei mezzi secondo le loro proprieta
rispetto al campo elettrico e al campo magnetico. Per quanto riguarda il
campo elettrico abbiamo:
Conduttori: sono materiali in cui gli elettroni hanno ampia liberta
di movimento allintero, possono scorrere sopra i livelli piu alti
degli atomi.
Isolanti: gli elettroni sono localizzati attorno ad ogni nucleo, al piu
sono presenti degli elettroni di legame e qualche ione. Sostanzial-
mente non ci sono elettroni liberi di muoversi.
Per quanto riguarda i materiali sensibili al campo magnetico abbiamo la
divisione in:
Diamagnetici
Paramagnetici
Ferromagnetici
che possiamo grossolanamente dire ordinati in ordine di sensibilita e risposta
agli effetti del campo di induzione magnetica B.

1. Carica di un conduttore
Supponiamo di avere un conduttore sferico caricato con una carica positi-
va +q, poniamo vicino a questo, ma non in contatto, un secondo conduttore
cilindrico scarico con le basi formate da semisfere, per effetto del campo
elettrico generato dalla sfera abbiamo che gli elettroni liberi del cilindro si
1. CARICA DI UN CONDUTTORE 45

spostano verso il conduttore sferico scoprendo delle cariche positive dal la-
to opposto. Questo campo interagira con quello della sfera e modifichera
ulteriormente il campo totale fino a raggiungere una situazione dequilib-
rio. Abbiamo costruito in questo modo un dipolo elettrico allinterno del
cilindro per effetto dellinduzione elettrica. I campi elettrici allinterno
dei conduttori, se si e raggiunta la condizione di equilibrio, devono essere
necessariamente E(D) = (D) = 0, D dominio in essi contenuto, questo
implica a sua volta che il potenziale del campo elettrico e conservato tutto
sulla superficie dei conduttori ed e costante. Abbiamo quindi ottenuto il
seguente risultato:
Fatto 2. Un conduttore puo essere caricato, ma tutte le cariche si distribuis-
cono sulla superficie del conduttore dove il potenziale e costante, mentre il
campo elettrico interno e 0 e la distribuzione di carica interna e 0.
Dopo aver caricato il conduttore siamo interessati ad indagare il campo
elettrico generato. Supponiamo di avere una carica +q su di un conduttore
sferico e di voler calcolare il campo elettrico in una posizione r dello spazio.
Consideriamo una superficie infinitesima della sfera e costruiamo la solita
superficie cilindrica meta allinterno e meta allesterno del conduttore (ve-
di fig. 3), vogliamo ora calcolare il flusso infinitesimo del campo elettrico

Figura 3. Campo E generato da un conduttore

attraverso il cilindro. Osserviamo in primo luogo che la componente di E


lungo dh deve essere nulla, se cos non fosse le cariche si metterebbero in
moto lungo la superficie, quindi dobbiamo considerare solo il flusso nelle
direzioni della base, ma per la base inferiore questo e ancora zero. Infatti,
come abbiamo appena osservato, non ce campo elettrico dentro la sfera,
dunque ce solo il flusso attraverso la superficie esterna:
d2 x |E| = 0
(1.1) E nd2 x =
0 E = 0 n
Il campo e il gradiente del potenziale, dunque S, che e una superficie
equipotenziale (cioe su cui e costante). Poiche vogliamo un potenziale
che vada a zero allinfinito, siamo costretti a far si che il potenziale sia
proporzionale alla carica posta sul conduttore, se cos non fosse potrei sempre
aggiungere la costante arbitraria del potenziale per avere un costante
46 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

ovunque1, volendo avere un grafico del potenziale e della distanza saremmo


in questa situazione:

Figura 4. Potenziale di estrazione

Introduciamo a questo punto la definizione di capacita di un condut-


tore come il coefficiente di proporzionalita tra la carica q e il potenziale
a cui e portato il conduttore contenente la suddetta carica, ovvero:
q 1
(1.2) q = C C = = q
C
la cui unita di misura e il Farad.
Calcoliamo la capacita per alcuni conduttori particolari, supponiamo
di avere un conduttore sferico con una distribuzione di carica superficiale
q
= 4R 2 , dove R e il raggio della sfera, abbiamo gia mostrato che questa
va ad un potenziale:
1 q
(1.3) (r R) =
40 r
cioe, sfruttando la relazione introdotta nelleq. 1.2 abbiamo che:
1
(1.4) (R) = q
4 R
| {z0 }
1
C
dunque C = 40 R e la capacita della sfera. Supponiamo che la sfera abbia
raggio R = 1/4, in questo caso la capacita si riduce ad essere 0 , abbiamo
quindi ottenuto una nuova interpretazione per la costante dielettrica del
vuoto:
(1.5) 0 = 4.8pF/m
Il potere dispersivo delle punte. Supponiamo di aver costruito il
seguente dispositivo, due sfere cariche collegate di raggio R1 ed R2 che col-
legheremo con un filo sottile che non perturba le linee di campo. Poniamo
sulla prima sfera, di capacita C1 una carica q1 questa fara si che la sfera
si porti al potenziale 1 , similmente carichiamo la seconda sfera, di ca-
pacita C2 , con una carica q2 , questa andra ad un potenziale 2 (vedi fig.
5), colleghiamo a questo punto il filo, questo fara s, che dopo un tempo
opportuno, si possa imporre:
q q1 q2 4R12 1 4R22 2
(1.6) 1 = 2 = = = = = =
C C1 C2 40 R1 40 R2
1Perderei lo 0 allinfinito.
1. CARICA DI UN CONDUTTORE 47

Figura 5. Effetto punta

ovvero che:
1 R2
(1.7) =
2 R1
che a sua volta implica |E 2 | > |E 1 |, ovvero le punte disperdono un campo
elettrico maggiore.
Pressione elettrostatica. Consideriamo una sfera cava di un materiale
conduttore, ad esempio dellalluminio, poniamo al disopra una carica q,
questa si distribuira sulla superficie del conduttore, siamo interessati alle
modifiche macroscopiche subite dalloggetto. Un punto infinitesimo della
sfera subira una forza F = d2 x E dove E = E E q , con E q campo
elettrico generato dalla carica nel punto in esame ed E il campo elettrico
generato da tutte le altre cariche sul punto in esame. Ad ogni punto interno
della sfera si affaccia un altro punto antipodale, dunque il campo elettrico
interno si somma punto per punto con il suo opposto ed e globalmente nullo.
Dunque E = /20 , ovvero abbiamo trovato la seguente espressione per la
F:
2 2 2
(1.8) dF = d xF =
20 20
chiamiamo questa forza: pressione elettrostatica.
Proprieta di linearita. Poiche tutte le espressioni dei potenziali sono
lineari nelle cariche possiamo scrivere:


1 = a11 q1 + a12 q2 + + a1n qn
2 = a21 q1 + a22 q2 + + a2n qn

(1.9) .. ..


. P .
=
i j aij qj
P
che induce sulle capacita qi = j Cij i , dove i Cij sono detti coefficienti
di capacita. Supponiamo di avere due conduttori sferici S1 ed S2 ad una
distanza fissata tra di loro, il primo con una carica q1 ed il secondo con una
carica q2 , se vogliamo scrivere il sistema per i loro potenziali otteniamo:

1 = a11 q1 + a12 q2
(1.10)
2 = a21 q1 + a22 q2
le costanti a dipendono fortemente dalla geometria del sistema, in questo, in-
fatti, se consideriamo una superficie sferica immaginaria attorno ad S1 e an-
diamo a calcolare il flusso del campo elettrico generato dalla sfera attraverso
questa superficie otteniamo, dal teorema di Gauss, che S1 (E 1 ) = Qtot /0 ,
48 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

tuttavia non tutte le linee di campo che escono dalla prima sfera entrano nel
secondo conduttore, come invece avverrebbe se considerassimo due condut-
tori sferici luno dentro laltro. Messa una carica +q sul conduttore interno
1 (vedi fig. 6) questa genera un campo elettrico sulla superficie della sfera

Figura 6. Induzione Completa

1 le cui linee di campo attraversano in uscita la superficie fittizia S1 ed in


entrata la superficie fittizia S2 , ovvero si induce un campo di carica q sulla
superficie interna della sfera 2. Dopo che questo e avvenuto, il si ha che il
campo elettrico tra le due sfere e nullo, che, a sua volta, implica che il campo
allinterno del conduttore 2 e nullo. Per vederlo e sufficiente gonfiare la
superficie S2 fino ad entrare allinterno del conduttore 2, nessuna linea di
campo la attraversa, quindi non ce campo. Sulla faccia esterna del condut-
tore 2 si distribuisce una carica elettrica +q, se colleghiamo ad un punto
a potenziale 0 questa faccia, idealmente allinfinito, possiamo portare via
questa carica ottenendo un campo elettrico nullo allesterno delle due sfere.
In questo modo abbiamo costruito un processo di induzione completa2-.
Abbiamo costruito quello che si chiama un condensatore, di cui possiamo
scrivere la coppia di equazioni per i potenziali:

1 = a11 q a12 q
(1.11)
2 = a21 q a22 q

ovvero V = 1 2 = (a11 a12 + a21 a22 )q, cioe possiamo scrivere:


1 2
(1.12) q= = CV
a11 a12 + a21 a22
Raccogliamo nella seguente tabella le caratteristiche dei tipi piu comuni di
condensatori:

2Osserviamo inoltre che, prima di scaricare la faccia esterna, il campo elettrico gener-
ato da queste due sfere, visto unicamente dallesterno, e indistinguibile da quello generato
da una sfera piena su cui sia posta una carica +q.
1. CARICA DI UN CONDUTTORE 49

Tipo di Condensatore E V C
Qd 0 S
Piano n
0 0 S d

Qr Q(R2 R1 ) R1 R2
Sferico 40
40 r2 40 R1 R2 R2 R1

r Q R2 1
Cilindrico ln 20 l
20 r 20 l R1 ln(R2 /R1 )
Diversi condensatori possono essere attaccati tra di loro sostanzialmente nei
modi indicati nella figura 7, ovvero in parallelo ed in serie, nel primo

Figura 7. Condensatori in Parallelo ed in Serie.

caso la differenza di potenziale tra le armature di ciascun condensatore e


uguale,P quindi Vi = V i = 1, . . . , n, dunque q = q1 + q2 + + qn ovvero
q = V ni=o Ci , mentre nel secondo caso e la carica, a parte il segno, sulle
piastre di ciascun condensatore ad essere uguale, dunque: qi = q i =
1, . . . , n, dunque V = q ni=0 Ci1 .
P
Caricare il condensatore attraverso il processo dellinduzione completa
richiede un lavoro, il cui incremento infinitesimo puo essere scritto come
dL = V (q)dq, ovvero dopo aver posto la prima carica, che come abbiamo
gia visto e a lavoro nullo, dobbiamo per portare ogni nuova carica, compiere
un lavoro per portarla al potenziale V (q) generato da tutte le precedenti,
tenendo conto delle relazioni appena esposte per il condensatore:
Z Q Z Q
q 11 2 1 1
(1.13) L= V (q)dq = dq = Q = QV = CV 2
0 0 C 2C 2 2
Il lavoro che abbiamo utilizzato resta immagazzinato nel dielettrico tra le
piastre del condensatore sotto forma di energia, possiamo vederlo facilmente
nel caso del condensatore piano, infatti:
1 S 2 d2 1 2
(1.14) L = 0 = (Sd)
2 d 20 2 0
mentre se scriviamo lespressione per lenergia otteniamo:
1 1 2 1 2
(1.15) u = 0 E 2 = 0 2 =
2 2 0 2 0
che integrata su tutto il volume contenuto tra le piastre da:
1 2
(1.16) U= (Sd) = L
2 0
Questo implica che le piastre sentono una forza che le spinge ad attrarsi tra
loro, essendo di carattere prettamente superficiale, piuttosto che la forza e
50 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

interessante indagare la pressione, infatti:


Fx 1 2
(1.17) p= = S =
S S 20 20
che e esattamente U/x/S.
Possiamo a questo punto mettere in piedi un parallelismo tra i processi
termodinamici e quelli di carica di un condensatore. Ricordiamo in primo
luogo il primo principio della termodinamica:
(1.18) dU = L + Q
dove U rappresenta lenergia interna del sistema, L il lavoro meccanico com-
piuto dalle parti del sistema e Q il calore da esso scambiato, che e semplice-
mente lavoro sotto di unaltra forma, per quanto riguarda il condensatore
possiamo dare la seguente analoga espressione:
(1.19) dU = Le + Lm
dove indichiamo con Le il lavoro elettrico ed Lm il lavoro meccanico. In
entrambi i casi, quello termodinamico e quello elettrico, la forma delle due
energie interne dipende fortemente dalla trasformazione termodinamica, nel
primo caso, dal processo di carica del condensatore, nel secondo. Sfruttan-
do quanto abbiamo appena detto sul lavoro e sulla pressione elettrostatica
possiamo scrivere che, nel caso elettrico:
2S
(1.20) dU = V (q)dq + dl
20
Nel caso in cui manteniamo fisso il potenziale e non variamo la distanza3
tra le piastre del condensatore, in questo caso stiamo sfruttando solo il la-
voro elettrico compiuto dal generatore per immagazzinare lenergia elettrica
tra le piastre del condensatore ovvero, volendo lavorare nella nostra analo-
gia termodinamica, stiamo compiendo una trasformazione senza variazione
di volume in modo che il lavoro meccanico pdV sia nullo. In questo caso
lespressione del lavoro resta quella calcolata nellespressione ??. Il caso
analogo e quello in cui, fissata la carica Q sulle piastre del condensatore,
aumentiamo (riduciamo) la distanza tra queste. In questo caso, lavoran-
do sempre nellanalogia, stiamo variando il volume contenuto tra le piastre,
dunque stiamo compiendo solo lavoro meccanico, ovvero siamo nel caso che
abbiamo calcolato con la relazione ??, lavoro elettrico (analogo al calore)
nullo. Ci resta da controllare un ultimo caso, quello in cui abbiamo sia pre-
senza di lavoro meccanico, sia presenza di lavoro elettrico. Supponiamo di
collegare il nostro condensatore ad un generatore di differenza di potenziale,
non appena chiudiamo il circuito cominciamo anche a far variare la distanza
tra le piastre del condensatore4, detta x la coordinata ortogonale alle piastre

3Mi riduco al caso di condensatori piani, si potrebbe lavorare in tutta generalita


modificando di volta in volta in modo opportuno lintegrale del lavoro meccanico Lm , ma
non facciamoci del male gratuitamente.
4Se la variazione e di avvicinamento o allontanamento cambia solo il segno del lavoro
meccanico, facciamo tutti i conti con il segno +. Inoltre evitiamo di far toccare le piastre
del condensatore mandando tutto in cortocircuito.
2. MAGNETIZZAZIONE, ELETTRIZZAZIONE E POLARIZZAZIONE DELLA MATERIA
51

lungo cui calcoliamo la variazione di posizione, possiamo scrivere la relazione


differenziale come:
2 (x)S 1 Q2 (x)
dU =V (q)dq + dx = V 2 dC + Sdx =
20 20 S 2
1 C 2 (x)V 2 1 20 S 2 V 2
(1.21) =V 2 dC + dx = V 2 dC + dx =
20 S 20 Sx2
V 2 0 S 1
=V 2 dC + dx
2 x2
possiamo, a questo punto, procedere allintegrazione mettendo come estremi
la capacita finale e quella iniziale, che in ultima analisi sono funzioni di x,
la distanza finale e quella iniziale, in questo modo otteniamo:
(1.22)
Z Cf
V 2 0 S xf dx
Z  
V 1 1
U =V 2 dC + 2
= V 2
(C f C i ) + =
Ci 2 xi x 2 xi xf
V 2 0 S 1
     
1 1 1 1 1 1
=V 2 0 S + = V 2 0 S =
xf xi 2 xi xf 2 xf xi
1
= V 2 C
2
abbiamo quindi trovato unespressione per lenergia interna nel caso misto
per un condensatore piano. In realta ci potrebbe venire in mente di caricare
il condensatore in un altro modo, di cui daremo solo questo accenno, in tutti
e tre i casi si puo considerare di muovere un oggetto carico tra le piastre del
condensatore e calcolare la variazione di energia che questo provoca.

2. Magnetizzazione, elettrizzazione e polarizzazione della materia


Cominciamo col trattare cosa avviene per un singolo atomo di idrogeno,
assumiamo di essere nella situazione della figura 8, ovvero di avere un atomo
di idrogeno con un nucleo carico +e ed un elettrone in orbita attorno ad

Figura 8. Atomo di Idrogeno

esso di carica e, dovremmo considerare, per studiare il moto dellelettrone


attorno al nucleo, la massa ridotta = (mp me )/(mp + me ), tuttavia poiche
la massa dellelettrone e trascurabile rispetto a quella del protone, cioe la
52 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

massa dellelettrone non sposta al di fuori del protone il polo di rotazione,


consideriamo ' me , consideriamo inoltre la traiettoria del moto come
circolare, fatte queste semplificazioni la forza che agisce sullelettrone e data
da:
1 e2
(2.1) F = m02 r0 =
40 r02
per cui possiamo scrivere la lagrangiana come:
1 1 e2 1
(2.2) Et = T U = me w02 r02 = u
2 40 r0 2
a cui possiamo associare il momento angolare costante dato da l = r0 mv0 =
r0 mv0 n = me 0 r02 n, a cui associamo una corrente i = e/T0 ' 1mA e
quindi associamo il momento magnetico dato da:
e er02 0
(2.3) m0 = r02 n = n = g0 l
T0 2
dove definiamo g0 , coefficiente giromagnetico orbitale, come:
e
(2.4) g0 =
2me
tuttavia, questo valore teorico, non coincide con le misurazioni di questo
fenomeno. Il problema e aver tralasciato una parte del moto dellelettrone,
ovvero lo spin5, tuttavia questo esula dalla fisica classica e dalla nostra
trattazione.
Supponiamo, considerando comunque di star tralasciando parte del fenomeno,
di aggiungere un campo elettrico E parallelo ad n, la Forza di Coulumb, deve
a questo punto equilibrare la forza centripeta e la forza prodotta dal cam-
po elettrico E sul nucleo (vedi fig. 9), che, che se globalmente neutro, ha
un momento di dipolo elettrico p 6= 0. Questo ha spostato il baricentro
delle cariche, nasce quindi un momento di dipolo magnetico che possiamo

Figura 9. Atomo di Idrogeno con Campo Elettrico

decomporre come p = p + pk rispetto ad n, poiche per ogni posizione di

5Gli elettroni si comportano come delle trottole cariche.


2. MAGNETIZZAZIONE, ELETTRIZZAZIONE E POLARIZZAZIONE DELLA MATERIA
53

e sullorbita esiste quella opposta e queste sono successivamente tutte oc-


cupate dallelettrone, abbiamo che: p = 0, dunque < pk >=< p >6= 0,
possiamo a questo punto scrivere le equazioni del moto per il sistema come:

 1 e2
Fc cos = eE eE =

(2.5) 40 r2 r
Fc sin = me 2 r0
Fc sin = me 2 r0

per dei campi elettrici E non troppo intensi, possiamo esprimere r = [r02 +
1
2 ] 2 ' r0 e riscrivere la prima delle due equazioni come:
1 e2
(2.6) eE = e = 40 r03 E
40 r03
possiamo quindi riconoscere nella quantita e il momento di dipolo, infatti,
detto langolo di rotazione attorno allasse n:
(2.7)
0 6=< p >=< pk >=< er cos > + < er sin cos > = er < cos >= e
| {z }
=0

abbiamo cioe mostrato che un atomo di idrogeno in un campo elettrico gen-


era un momento di dipolo elettrico proporzione al campo in cui e inserito,
infatti p = 40 r03 E = D E, dove D e detto coefficiente di polarizz-
abilita elettrica. Per tutti gli atomi di un materiale il momento di dipolo
e equiorientato, dunque il valore medio di p su tutto il materiale e diverso
da zero.
Ripetiamo quanto fatto per il campo elettrico con il campo magnetico.
Aggiungiamo al sistema non perturbato un campo di induzione magnetica
B, questo generera una forza di Lorentz che perturbera il moto dellelet-
trone nellorbita, ora se B k m0 dobbiamo aggiungere la F L a quella di
Coulumb, se e antiparallelo, sottrarla, questo modifica lequazione del moto
nel seguente modo:
1 e2
(2.8) m 2 r0 = evB
40 r02
usando la stessa espressione per e per v, cioe esprimendo tutto in funzione
di otteniamo:
1 e2
(2.9) m 2 r0 = er0 B
40 r02
ovvero, semplificando, otteniamo la seguente eq. di secondo grado in :
e
(2.10) 2 B w02 = 0
m
definiamo:
Definizione 2.1. Si dice velocita di precessione la quantita:
eB
(2.11) L =
2m
Per B << 0
54 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

in questo modo, scartando la soluzione negativa che farebbe saltare


lapprossimazione appena fatta su B 6, otteniamo:
q
(2.12) = L L2 + 02 ' L + 0
abbiamo cioe ottenuto la seguente variazione della velocita angolare:
eB e
(2.13) = l = = B
2m 2m
ovvero l = 2e B e m = g0 l, possiamo quindi introdurre per m = m0 +
L B, con L coefficiente di magnetizzazione. Passando ai valori medi su
un materiale esteso abbiamo che < m0 >= 0 mentre la parte dipendete dal
coefficiente di magnetizzazione non si annulla, quindi per un materiale esteso
immerso in un campo magnetico abbiamo la generazione di un momento
magnetico non nullo dato da m = L B.
In realta lultima affermazione, per come e stata mostrata, vale uni-
camente per B orientati in modo particolare (parallelo o antiparallelo ad
n), dobbiamo generalizzare il risultato nel caso di un angolo generico tra
il campo magnetico e lasse di rotazione dellatomo. Per farlo dobbiamo
aggiungere allequazione del moto del caso precedente i termini dovuti alle
forze apparenti, ovvero:
(2.14) mr0 = F + e(v 0 B) + mL2 r0 2mv 0 L
dove la v 0 e la velocita misurata nel sistema rotante e gli ultimi due ter-
mini sono la forza centrifuga e quella di Coriolis. Se separiamo la forza
apparente, formata da queste ultime due, nella componente radiale e in
quella trasversale, osserviamo che quella radiale non varia col sistema di
riferimento, mentre cambia quella trasversale:
(2.15) (F a )t = 2mvt0 L = 2mvr L
(2.16) (F a )r = ml2 r0 2mvt0 L ' 2m0 r L = 2mvt L
| {z }
2m0 r L

Avendo trascurato la precessione abbiamo ottenuto: F a = 2mv L , ovvero,


tornando alla scrittura della F che:
(2.17) mr0 = F + q(v 0 B) + 2m(v 0 L ) = F + v 0 [qB + 2m L ]
q
Se [qB + 2m L ] = 0 ovvero L = 2m B, rientriamo nel caso della pre-
cessione di Larmor, ovvero torniamo al caso del moto non perturba-
to. Aggiungere il campo magnetico e guardare il sistema da un sistema
di riferimento in rotazione, se, invece di concentrarci sulla precessione, ci
poniamo nel sistema di riferimento in rotazione torniamo allequazione non
perturbata. Dunque la soluzione che avevamo precedentemente ottenuto per
= 0 L coincide con la soluzione generale. Ovvero, riassumendo:
In presenza di E p = D E
In presenza di B m = L B
La molecola dacqua. Ci concentriamo sulla molecola dacqua poiche
questo e un dipolo naturale piuttosto comune e che puo essere un buon
modello per tutti i dipoli. Una molecola dacqua e formata da due atomi
6La soluzione negativa e quella che causa ribaltamenti dellasse di rotazione ed e usata
per le risonanze magnetiche NHR.
2. MAGNETIZZAZIONE, ELETTRIZZAZIONE E POLARIZZAZIONE DELLA MATERIA
55

di idrogeno ed uno di ossigeno disposti come nello schema di figura 10,


per quanto abbiamo visto aggiungere un campo elettrico E in una zona in

Figura 10. Molecola dAcqua

cui e presente questa molecola produce unenergia data da U = p0 E.


Similmente aggiungere un campo magnetico produce unenergia U = m0
B. Ovvero abbiamo che in generale U = U0 cos , dove e langolo tra E
e p0 , oppure tra B e m0 . Poiche, in generale, non sara presente una sola
molecola dacqua bisognera considerare anche il moto di agitazione termica
delle particelle, che, sfruttando la probabilita e la legge di Boltzmann, ci
dice che:
U
(2.18) (Molecola abbia energia U ) = Ae kT
ove k e la costante di Boltzmann e T la temperatura nella scala assoluta.
Vogliamo sfruttare questa relazione per calcolare il valor medio del momento
di dipolo di molte molecole dacqua sottoposte al campo elettrico o, simil-
mente, a quello magnetico. Per farlo dobbiamo, in primo luogo, calcolare il
valore della costante A, consideriamo un angolo solido d nel modo indicato
in figura 11 ed esprimiamo lespressione appena trovata in forma angolare.
Ovvero andiamo a calcolare (, ) = (U )d, dove d e lelemento di an-

Figura 11. Angolo solido

golo solido, cioe d = sin dd, quindi la probabilita di trovare un dipolo


orientato con angolo (1 , 2 ) e (1 , 2 ), puo essere scritta come:
Z 2 Z 2
U
(2.19) ( (1 , 2 ), (1 , 2 )) = e kT d
1 1
56 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

Possiamo quindi calcolare il coefficiente A dalla relazione:


Z 2 Z 2 Z
U 1
(2.20) 1= (U )d = A e kT d A = R U
0 0 4
4 e kT d
Per calcolare i valori medi ci conviene, come abbiamo fatto nel caso prece-
dente, separarne la componente ortogonale da quella parallela, ovvero7:
(2.21) < p >= p0 < sin >= 0
Z 2 Z U
< pk >= p0 < cos >= p0 d d cos Ae kT d sin =
0 0
Z 2 Z Z
U U
kT
p0 d d sin cos e sin cos e kT d
0
(2.22) = Z 2 Z0 = 0Z
U
=
U
kT kT
e dd e sin d
0 0 0
U0 U
kT0
e kT +e kt U0
= p0 U0 U = L(y) ove y =
e kT e kT0 U0 kT
Dove la funzione L che abbiamo ottenuto e la funzione di Langevin, il
cui sviluppo al primo ordine e L(y) ' y/3, possiamo quindi introdurre i due
seguenti coefficienti:
p20 m2
(2.23) OE = OM = 0
3kT 3kT
quindi < p >= OE E e < m >= OM B.
Generalizziamo quanto ottenuto al caso generale. Consideriamo un ogget-
to macroscopico immerso in un campo elettrico o magnetico preesistente e
ad esso esterno e proviamo a descrivere cio che avviene. Detto, come al
solito, d3 x lelemento infinitesimo di volume delloggetto e N = ] cariche
contenute nel suo volume, definiamo la quantita di carica per unita di vol-
ume come n = N/d3 x. Osserviamo che il d3 x contiene comunque un numero
grande di molecole, ed e abbastanza piccolo da far s che il campo elettrico o
magnetico risultino su di esso costanti, cioe deve essere piccolo rispetto alle
variazioni del campo. Possiamo costruire i momenti di dipolo magnetico ed
elettrico posseduti dalloggetto semplicemente come:
X
(2.24) P = pi = N < pi >
X
(2.25) M= mi = N < mi >
possiamo quindi definire la densita di polarizzazione come:
P M
(2.26) P= M= 3
d3 x d x
a questo punto conviene invertire le definizioni in modo da ottenere le
seguenti espressioni per i momenti di dipolo complessivo:
(2.27) P = Pd3 x = n < pi > d3 x M = Md3 x = n < mi > d3 x

7Faro i conti per p, per m e sufficiente cambiare il simbolo nell formule.


2. MAGNETIZZAZIONE, ELETTRIZZAZIONE E POLARIZZAZIONE DELLA MATERIA
57

Definizione 2.2. Definiamo campo elettrico o magnetico locale, E o


B , il campo elettrico o magnetico calcolati nella regione di spazio occupata
dal volume d3 x.
Consideriamo ora leffetto degli altri volumetti sul volumetto d3 x che
abbiamo fissato e su cui stiamo lavorando, cioe ci riduciamo a considerare i
campi locali al posto di quelli totali:
(2.28) P = n [D E + p0 L(yE )]
(2.29) M = n [L B + m0 L(yM )]
adesso prendiamo un punto P , esterno al volumetto d3 x, e andiamo a cal-
colarci il campo E T OT e B T OT , per cui dobbiamo tenere conto dei campi
elettrico e magnetico esterni e del campo di polarizzazione generato dal
materiale:
(2.30) E T OT = E + E d3 x = E est + E pol
(2.31) B T OT = B + B d3 x = B est + B pol
quello di cui abbiamo bisogno ora e di ottenere una espressione linearizzata
per i campi di polarizzazione, questi dipendono infatti dalla funzione di
Langevin che non e una funzione lineare dei campi che la generano, come
abbiamo gia detto e possibile sviluppare, in un intorno di 0, la funzione
di Langevin L(y) sostituendole y/3, ovvero per valori piuttosto deboli del
campo locale o temperature piuttosto elevate, e possibile ottenere la seguente
scrittura:
p20
 
(2.32) P = n D + E
3kT
m20
 
(2.33) M = n L + B
3kT
da cui definiamo i coefficienti di polarizzabilita elettrica e polarizzabilita
magnetica come:
Definizione 2.3. Detto D il coefficiente di polarizzabilita elettrica per
deformazione definiamo:
p20
(2.34) e := D + = Coefficiente di polarizzabilita elettrica
3kT
Detto L il coefficiente di polarizzabilita magnetica per effetto Larmor defini-
amo:
m2
(2.35) m := L + 0 = Coefficiente di polarizzabilita magnetica
3kT
Nota 6. Lipotesi iniziale sul d3 x fa s che, in realta, si stia lavorando al caso
statico, nel caso di E est e B est variabili nel tempo le due costanti appena
definite dipendono fortemente dalla frequenza di cambiamento. Esistono
frequenze per cui leffetto diventa quello di una oscillazione risonante. Se
le molecole sono polari, ovvero se il materiale e paramagnetico, bisogna
prestare molta attenzione anche alla temperatura8.
8Esiste la cosiddetta Legge di Curie secondo cui M = C B , dove C e lopportuna
T
costante di Curie
58 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

Suscettivita elettrica e magnetica. Quello che vogliamo ora mostrare


e che tutti i dipoli indotti contenuti allinterno del materiale si comportano
come una distribuzione di cariche, cominciamo dal calcolare il momento di
dipolo di un volumetto come:
r r0 r r0
 
1 1
(2.36) 3
Pd x = P d3 x0
40 |r r0 |3 40 |r r0 |3
quindi per avere il potenziale di dipolo totale non ci resta che integrare su
tutto il volume D delloggetto:
r r0
Z   Z  
1 3 0 1 0 1
(2.37) (r) = P d x = P d3 x0
40 D |r r0 |3 40 D |r r0 |
osserviamo che:
 
0 1 1 1
= 0 P + P0

(2.38) P
|r r0 | 0
|r r | |r r0 |
possiamo quindi riscrivere lintegrale come:
Z   Z 
1 0 1 3 0 0
 1 3 0
(r) = P d x P d x =
40 D |r r0 | D |r r0 |
(2.39) Z   Z 
1 1 2 0 0
 1 3 0
= P nd x P d x
40 D |r r0 | D |r r0 |
da cui abbiamo ottenuto due risultati piuttosto evidenti, il potenziale gen-
erato dalla somma dei dipoli sembra piu un potenziale di monopolo che uno
di dipolo e la densita di polarizzazione si comporta come la somma di una
densita di volume p = 0 P e di una densita superficiale p = P n. In
ipotesi di omogeneita del materiale possiamo porre 0 P = 0, infatti lef-
fetto di ogni dipolo allinterno del materiale e annullato dal suo vicino e il
pattern si ripete identico in tutte le direzioni fino a giungere alla superficie,
ovvero la carica di polarizzazione e disposta tutta sulla superficie del mate-
riale. Se non siamo in ipotesi di omogeneita sono da considerare entrambe
le distribuzioni di carica.
Dobbiamo ora calcolare il potenziale del campo di induzione magnetica
generato dalla polarizzazione, per farlo, similmente a quanto abbiamo fatto
per il campo elettrico, dobbiamo calcolare lintegrale:

Md3 x0 |r r0 |
Z
0
(2.40) A(r) =
4 D |r r0 |3

riconosciamo di nuovo il gradiente di 1/r e riscriviamo lintegrale come:


Z
0 1
(2.41) A(r) = M 0 d3 x0
4 D |r r0 |
dalle proprieta del prodotto vettore abbiamo che:

M 0 M 1
(2.42) 0 = M 0
|r r0 | |r r0 | |r r0 |
2. MAGNETIZZAZIONE, ELETTRIZZAZIONE E POLARIZZAZIONE DELLA MATERIA
59

tornando allintegrale otteniamo:


0 M 3 0
Z 
0 0 M 3 0
A(r) = d x + d x =
4 D |r r0 | |r r0 |
(2.43)
0 M 3 0
Z 
M n 2 0
Z
0
= d x + d x
4 D |r r0 | 0
D |r r |
la densita di polarizzazione magnetica si comporta come una densita di cor-
rente di polarizzazione di volume data da j p = M e da una di superficie
data da j p = Mn. Arrivati a questo punto possiamo finalmente modificare
le equazioni di Maxwell per ottenerle nella forma in presenza di materiali:
+ p


E =


0
B = 0


(2.44) B
E =
t


 

E
B = j + j +

0 0

p t
Contando con attenzione le equazioni e le incognite ci rendiamo conto che ab-
biamo ottenuto un sistema di 8 equazioni in 10 incognite, dobbiamo dunque
trovare un modo sensato di ridurre il numero di incognite per avere un set
di soluzioni uniche, rintroduciamo il vettore spostamento elettrico come:
DP D P
(2.45) D := 0 E + P E = E = D =
0 0 0
la divergenza del vettore spostamento D non dipende dalle cariche di polar-
izzazione. Reintroduciamo ora il vettore campo magnetico come:
B D
(2.46) H= M M = j +
0 t
dunque anche la rotazione del campo magnetico non dipende dalle correnti di
magnetizzazione. Possiamo a questo punto riscrivere le equazioni di Maxwell
come:


D =
B = 0



(2.47) B
E =

t

D
H = j + j

p t

Adesso, per semplificare veramente le equazioni, valutiamo la seguente dipen-


denza:
(2.48) P = P(E ) = P(E (E est ))
allora:
X X X
(2.49) Pi = xij Ej + xijh Ei Eh + xjhk Ei Ej Ek +
j jh jhk

eliminando da questo tipo di trattazione i materiali ferromagnetici (le calamite)


e quelli ferroelettrici possiamo definire le due seguenti quantita costanti:
60 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

Definizione 2.4. Si dice suscettivita elettrica la quantita E tale che:


(2.50) P = E 0 E
Si dice suscettivita magnetica la quantita M tale che:
M B
(2.51) M=
1 + M 0
in questo modo otteniamo le seguenti scrittura per il vettore spostamento
e il vettore campo magnetico:
(2.52) D = 0 E + E E = 0 (1 + E )E = 0 r E
 
B M B M B B
(2.53) H= = 1 =
0 1 + M 0 1 + M 0 0 r
Dove abbiamo definito:
Definizione 2.5. Coefficiente dielettrico relativo:
(2.54) r = 1 + E
Coefficiente di permeabilita magnetica relativa:
1 M 1
(2.55) =1 =
r 1 + M 1 + M
Come abbiamo gia osservato allinizio dei calcoli, tutte queste costanti
dipendono fortemente dalla temperatura, dalla sostanza in oggetto e dalla
frequenza di oscillazione dei campi.
A titolo di esempio, per i dielettrici gassosi, nellapprossimazione della
funzione di Langevin usata sino ad ora, abbiamo:
h p0 i n h p0 i
(2.56) P ' n D + E E = D +
3kT 0 3kT
2.1. Rifrazione nei campi elettrici e magnetici. Consideriamo due
mezzi di separazione omogenei ed isotropi, immaginiamo un campo elettrico
generato da cariche e correnti al di fuori della superficie di separazione9, in
questo modo otteniamo:
 
E = p /0 B = 0
(2.57) E = ( + p )/0 e
D = 0 H = 0
osserviamo che se il caso e stazionario abbiamo anche E = D =
H = 0. Ricaviamo a questo punto le condizioni di continuita. Come
avevamo gia fatto per dimostrare la continuita di E e di B, iniziamo ad
analizzare le due situazione rappresentate in figura 12, nel caso a divergen-
za nulla calcoliamo il flusso di E attraverso la superficie S del cilindretto
infinitesimo a cavallo della superficie di separazione, quindi:
p
(2.58) S (E) = E 1 n1 S1 + E 2 n2 S2 = (E 1n E 2n )S =
0
mentre se lo calcoliamo per il vettore spostamento otteniamo:
(2.59) S (D) = (D1n D2n )S = D = 0
abbiamo quindi ottenuto che la componente normale del vettore spostamen-
to e continua al passaggio tra superfici, cioe D1n = D2n . Ripetendo lo stesso
9 vale zero nellintorno della superficie.
2. MAGNETIZZAZIONE, ELETTRIZZAZIONE E POLARIZZAZIONE DELLA MATERIA
61

Figura 12. Divergenza nulla e Rotazione nulla

procedimento per il vettore di induzione magnetica riotteniamo quanto ave-


vamo gia visto, cioe B 1n = B 2n . Passiamo ora al caso a rotazione nulla,
ovvero calcoliamo la circuitazione di E lungo la curva in figura 12, questa e
banalmente:
(2.60) E 1 l1 + E 2 l2 = E 1 t E 2 t = 0 E 1t = E 2t
cioe si conserva la componente tangente alla superficie del vettore cam-
po elettrico, similmente si puo ripetere per il vettore campo magnetico e
si ottiene H 1t = H 2t . Per concludere questa parte non ci resta che dare
unespressione per le costanti dielettriche tra i mezzi in base agli angoli di
deviazione dei campi attraverso la superficie. Considerando la notazione

Figura 13. Angoli di deviazione e coeff. relativi al


passaggio tra mezzi

della figura 13 e i calcoli appena effettuati possiamo scrivere:


E 1t E E 1t E 2t
(2.61) = 2t =
D1n D2n 1 0 E 1n 2 0 E 2n
H 1t H H 1t H 2t
(2.62) = 2t =
B 1n B 2n 1 H 1n 2 H 2n
Dalla geometria si ottiene facilmente che 1 tan 1 = 2 tan 2 ovvero, possi-
amo ottenere le due seguenti leggi:
Legge di rifrazione tra mezzi per il campo elettrico:
tan 2 1
(2.63) =
tan 1 2
Legge di rifrazione tra mezzi per il campo magnetico:
tan 2 1
(2.64) =
tan 1 2
62 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

Osserviamo che se tutte le linee della superficie S sono tangenti al campo non
si conserva niente, infatti queste sono tutte contenute nella superficie S. Se
invece la superficie risulta essere equipotenziale, abbiamo la conservazione
sia di D che di B.

3. Le Correnti
Definiamo due diversi tipi di correnti:
Definizione 3.1. Si dice corrente di conduzione una corrente che fa s
che in un materiale globalmente neutro e fermo alcune cariche negative si
spostino da un punto allaltro del conduttore stesso.
Definizione 3.2. Si dice corrente di convezione una corrente causata
dal moto di un oggetto carico.
Supponiamo di porre due capi di un conduttore ad una differenza di
potenziale costante, questo fara si che gli elettroni allinterno del conduttore
migrino per un tempo finito generando una corrente. Questa si manterra
attiva finche la separazione delle cariche allinterno del conduttore non avra
generato un campo elettrico E i interno in grado di opporsi a quello esterno
E che aveva generato la differenza di potenziale iniziale, cioe per E = E i .
Senza campo elettrico esterno E la forza media su ogni elettrone e pari a
zero, possiamo immaginare che lelettrone compia urti elastici con gli altri
elettroni causando una forza mediamente nulla10.
Se < v >6= 0 questo implica che < 12 me u2 >6= 0, in particolare dalla
relazione di Boltzmann otteniamo che < 12 me u2 >= 32 kT , detto il tempo
medio tra due urti consecutivi degli elettroni, possiamo introdurre la quan-
tita =< u > detta cammino libero medio, cioe la quantita, in media,
di spazio che lelettrone compie prima di urtarne un altro. Se attacchiamo
ai capi del nostro conduttore una pila, cioe se generiamo una differenza di
potenziale, quindi un campo elettrico E abbiamo che:
(3.1) mv i = mui eE
dove abbiamo rappresentato la velocita i-ma dopo un tempo , passando ai
valori medi otteniamo:
< eE > eE e E
(3.2) < ve >=< ui > + =0 =
m 2m 2<u>m
Definizione 3.3. Si definisce mobilita degli elettroni la quantita:
e
(3.3) :=
2m < u >
cioe la mobilita di elettroni e il coefficiente di proporzionalita tra la
velocita media e il modulo del campo elettrico, come abbiamo visto < v >=
E, ricordiamo che avevamo definito j = < v >, da cui, sostituendo
questultima relazione, possiamo ottenere j = < v >= E:

10Come idea siamo piuttosto vicini a quella di un gas perfetto, ci basta sostituire
allipotesi di rarefazione lipotesi di bassa probabilita di urti multipli tra elettroni.
3. LE CORRENTI 63

Definizione 3.4. Si definisce conducibilita elettrica la quantita:


e2
(3.4) = = n(e) =
2m < u >
dove abbiamo ricordato che n = N/d3 x e = n(e).
cioe la conducibilita elettrica e coefficiente di proporzionalita tra la den-
sita di corrente elettrica j e il campo elettrico E che la genera. Questo,
essendo un modello approssimato, presenta alcuni problemi che raccogliamo
in questi cinque punti:
(1) Suppone che il rapporto tra conducibilita termica ed elettrica sia
costante.
(2) Suppone una dipendenza lineare dalla temperatura.
(3) Trascura il fatto che la capacita termica dei metalli e diversa da
quella degli isolanti
solidi.
(4) Afferma che T , mentre sperimentalmente si ha 1 T .
1

(5) Non e in grado di spiegare la superconduttivita.


In vista di queste approssimazioni e opportuno dare la seguente definizione
per i materiali che rientrano nel campo dazione del modello:
Definizione 3.5. Si dicono conduttori Ohmici tutti quei conduttori che
obbediscono alla legge:
(3.5) j = E
Supponiamo di avere un conduttore Ohmico filiforme, per questo abbi-
amo che j = i/S n, dove S e la superficie della sezione del filo e n la normale
uscente a tale sezione, essendo questo un conduttore Ohmico abbiamo che:
i
(3.6) n = E
S
detti A e B i capi del filo di lunghezza l abbiamo che:
Z B Z B Z B
i i l
(3.7) (B) (A) = Edl = ndl = dl = i
A A s A s S
possiamo a questo punto dare le seguenti definizioni:
Definizione 3.6. Chiamiamo differenza di potenziale ai capi del filo
AB la quantita V := (B) (A), resistivita la quantita := 111 e
resistenza la quantita R := lS 1 (dove S e sempre la sezione del condut-
tore).
Possiamo a questo punto enunciare le tre leggi di Ohm:
Teorema 3.1 (Leggi di Ohm). I conduttori Ohmici soddisfano le tre seguen-
ti relazioni:
(1) j = E 1a legge di Ohm;
(2) = 1 2a legge di Ohm;
(3) V = Ri 3a legge di Ohm.
11Attenzione a non confondere la della resistivita con quella della distribuzione di
carica.
64 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

Possiamo esprimere la dipendenza della resistivita dalla temperatura


come (T ) = 0 [1 + (T T0 )], sfruttando una relazione simile a quella
della dipendenza dimensione dei materiali al variare della temperatura12.
Eravamo partiti dal considerare gli urti allinterno del conduttore, dalla
termodinamica sappiamo che lenergia meccanica degli urti si trasforma in
calore, dunque energia, questo avviene ovviamente anche per i conduttori,
possiamo quindi ritrovare leffetto Joule e calcolare la potenza dissipata
nel passaggio di corrente attraverso il conduttore come:
dW
(3.8) =jE
d3 x
che possiamo integrare nel seguente modo:
Z Z Z Z Z
3
W = j Ed x = j Edlds = j n Edlds =
(3.9) ZD Z C SZ C S
i
= E dl dS = iE dl = iV
C S S C
Teorema 3.2 (Legge di Joule per i Circuiti).
V2
(3.10) W = iV = = Ri2
R
Introduciamo ora un elemento fondamentale dei circuiti elettrici: le re-
sistenze che, sostanzialmente, non sono altro che componenti particolari a
cui e associata una determinata resistenza elettrica R13. Esistono sostanzial-
mente due modi di accoppiare diverse resistenze tra loro, questi sono la serie,
cioe quando in ogni conduttore passa la stessa corrente i, ed il parallelo,
cioe quando ai capi di ciascuna resistenza e posta la stessa differenza di
potenziale V (vedi fig. 14). Quello che siamo interessati a fare e ridurre il

Figura 14. Resistenza, resistenze in serie, resistenze in parallelo

sistema formato da piu resistenza ad ununica resistenza equivalente. Com-


inciamo dal caso della serie, dalla relazione V = Ri e dalluguaglianza delle
i otteniamo la relazione:
V1 V2 Vn
(3.11) = = =
R1 R2 Rn
cioe possiamo scrivere la differenza di potenziale ai capi della serie come:
n
X
(3.12) V = V1 + V2 + + Vn = R1 i + R2 i + + Rn i = i Rj = iReq
j=1

12Sostanzialmente e la solita strategia di sostituire ad una funzione incognita il suo


sviluppo di Taylor conoscendone il valore in alcuni punti particolari.
13In genere si puo pensare a pezzi di filo piu spessi.
3. LE CORRENTI 65

Per il caso del parallelo abbiamo che e la differenza di potenziale ad essere


costante ai capi delle resistenze dunque possiamo scrivere la corrente che
fluisce attraverso tutto il sistema di resistenze come:
n
V V V X 1 V
(3.13) i = i1 + i2 + + in = + + =V =
R1 R2 Rn Rj Req
j=1

Nota 7. Non tutti i circuiti elettrici possono essere ridotti ad una sola
resistenza equivalente, e sufficiente considerare il caso di due serie in parallelo
o, equivalentemente, due paralleli in serie (i cosiddetti circuiti a ponte).
Definizione 3.7. Definiamo ramo di un circuito un insieme di elementi
attraverso cui passa una sola corrente.
Definizione 3.8. Definiamo nodo un punto in cui convergono almeno tre
rami.
Definizione 3.9. Definiamo maglia una successione chiusa di rami.
Possiamo a questo punto introdurre le Leggi di Kirchhoff, pure re-
lazioni topologiche dei circuiti elettrici a parametri concentrati che ivi sosti-
tuiscono completamente le ben piu complesse e generali Equazioni di Maxwell.
Teorema 3.3 (Leggi di Kirchhoff). Dato un circuito qualsiasi si ha:
(1) La somma delle correnti entranti, rispettivamente uscenti, in un
nodo e zero.
(2) La somma delle tensioni lungo una linea chiusa (con il segno ap-
propriato in funzione del verso di percorrenza della maglia stessa)
e pari a zero.
Per ottenere la prima legge e sufficiente ricordare che:
Z n
X
(3.14) 0= j nd2 x = ij
S j=1

Per la seconda dobbiamo considerare il concetto di corrente di maglia ih ,


cioe considerare la corrente che circolare in ogni maglia h del circuito, di cui
consideriamo la resistenza equivalente Rh , in questo modo otteniamo:
I X X X
(3.15) E= Vi ih Rh = fk
i h k

dove le fk sono le differenze di potenziale dei rami.


Isolanti, dielettrici e semiconduttori. Supponiamo di avere un ma-
teriale, simile al sale da cucina, i suoi atomo oscillano attorno ad una po-
sizione di equilibrio in continuo bilanciamento della forza elettrica e del-
lagitazione termica, abbiamo, in questo modo, un elemento globalmente
neutro e privo di cariche libere. Supponiamo ora di cambiare di posto ad un
atomo, cosa accade? Abbiamo ottenuto in questo modo una dislocazione
ed una lacuna. Ovvero abbiamo ancora un materiale globalmente neutro,
ma localmente, in un intorno di dislocazione e lacuna, non piu neutro. Dopo
un po di tempo la lacuna tendera ad essere riempita e dunque la dislocazione
66 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

si spostera. Cioe la coppia dislocazione-lacuna si sposta naturalmente lungo


tutto il materiale e che e ancora complessivamente neutro, definiamo:
] ioni
(3.16) n0 = 3 = numero di ioni per unita di volume
d x
poiche il materiale e globalmente neutro il numero di ioni positivi per unita di
volume, n+ , e quello di ioni negativi n sono uguali, in particolare detta Ue
lenergia di estrazione, necessaria a causare una coppia lacuna-dislocazione,
abbiamo che:
Ue
(3.17) n+ = n0 e kT = n
cioe il processo che abbiamo descritto fa s che ci siano degli ioni carichi
che si muovono lungo il materiale, indichiamo con (z+ , + ) la carica degli
ioni positivi e la loro mobilita e con (zi , ) la carica degli ioni negativi e la
loro mobilita, in questo modo sfruttando la relazione j = v otteniamo due
densita di corrente date da:
(
j + = n+ z+ e+ E
(3.18)
j = n z e E
sommando i due contributi otteniamo la seguente legge:
(3.19) j = j + + j = (n+ z+ e+ + n z e ) E = E
| {z }

abbiamo riottenuto una legge simile a quelle del conduttore ohmico, tuttavia
nei materiali di questo tipo, che chiamiamo semiconduttori, il coefficiente
e estremamente piccolo, volendo darne una stima possiamo dire che
1
eT (segue dalla dipendenza lineare da n+ ).
La perforazione del dielettrico. Supponiamo di aver un conden-
satore piano tra le cui facce e posto un dielettrico, il condensatore e attaccato
ad una pila che genera una differenza di potenziale V , nel circuito, mentre
il condensatore si carica, circola una corrente i0 = RV0 , quantita di calore
V2
alla temperatura T0 e data, sfruttando la legge di Joule, da Q+ (T0 ) = R0 ,
V 2
in generale si ha che Q(T ) = R(T ) , la struttura allequilibrio cedera allam-
biente un calore Q (T ) = (T T0 ) (con opportuna capacita termica).
Per determinati valori di E, rispettivamente di V , lungo la linea centrale
tra le piastre del condensatore si puo ottenere la fusione del dielettrico. Da
quel momento la corrente comincia ad aumentare fino a creare un canale di
scarica attraverso cui il condensatore viene messo in cortocircuito14.
La superconduttivita. Per una temperatura 0 < T < 10K alcuni ma-
teriali presentano una resistenza al passaggio di corrente praticamente nulla.
Questo fa s che una corrente si mantenga circolante per tempi estremamente
lunghi, inoltre anche il calore ceduto per effetto Joule e quasi nullo. In questo
modo si ottengono i magneti superconduttori. Questi sono opachi al campo
magnetico fino ad un certo valore di questo, superato il quale il materiale,
pur mantenendo la temperatura, perde le proprieta superconduttive.
14Un cortocircuito e un collegamento fra due punti di un circuito che ha resistenza
nulla, cio impone una tensione nulla (o trascurabile) ai suoi capi e non impone vincoli
sulla corrente che passa attraverso di esso, che puo assumere valori molto elevati.
3. LE CORRENTI 67

Tempo di rilassamento. Supponiamo di avere un dielettrico carat-


terizzato da un = 0 r e da una conduttivita , aggiungiamo, in qualche
modo, allistante t = t0 una densita di carica (t0 ) = 0 ad un volumetto
infinitesimo delloggetto. Dopo un t la carica e uscita da questo volumetto
attraverso le sue pareti, ovvero:
d
(3.20) = j = E =
dt
abbiamo ottenuto unequazione differenziale del primo ordine a variabili sep-
arabili che e, in realta, un problema di Cauchy, infatti abbiamo la condizione
iniziale data da: (t0 ) = 0 . Risolvendo lequazione otteniamo:
d t
(3.21) = dt (t) = 0 e
0 r
dove = 0r e detto tempo di rilassamento, per un buon conduttore
questo e dellordine di 1019 s, mentre per un buon isolante e dellordine di
104 s ' 2h e 1/2.
I Liquidi. Consideriamo un liquido puro, come lH2 O in cui conside-
riamo disciolto un elettrolita, in genere un sale, del tipo N aCl. In questo
modo otteniamo un conduttore discreto. Lacqua e un buon solvente, infatti
il suo r = 80, dunque il campo elettrico al suo interno e 80 volte meno
intenso che nel vuoto. Tutte le molecole polari, cioe che si tengono insieme
grazie a legami di tipo elettrico, quando sono immerse in acqua si disciolgono
piuttosto in fretta. Nellesempio che abbiamo costruito abbiamo che dopo
qualche istante il sale immerso in acqua si discioglie e si formano delle s-
fere formate da un centro N a+ e una corona di molecole dacqua orientate
con il polo negativo verso il sodio. Cioe delle sfere globalmente cariche posi-
tivamente. Diciamo z+ il numero di molecole dacqua, + la loro mobilita e
r+ il raggio di queste sferette. Se applichiamo un campo elettrico a questo
insieme possiamo schematizzare le forze agenti come Fc = z+ eE a cui ag-
giungiamo un freno dovuto ad un attrito viscoso del tipo Fa = 6r+ v 15,
allequilibrio raggiungiamo una velocita asintotica costante, cioe possiamo
scrivere:
z+ e
(3.22) Fc = Fa v = E = E
6r+
cioe di nuovo un risultato di tipo ohmico, in cui tuttavia abbiamo trascu-
rato che z+ e z sono omogenee solo in zone lontane dagli elettrodi, che
avvengono reazioni chimiche sugli elettrodi e che gli ioni tendono a legarsi
agli elettrodi16.
I Gas.Come un liquido puro, un gas ideale e un buon isolante, tuttavia
se il gas si ionizza questo diventa un buon conduttore. In analogia a quanto
abbiamo gia fatto definiamo n = ] ioni/d3 x, con una carica ciascuno di eZ,
chiamiamo + la mobilita degli ioni positivi e quella degli ioni negativi.
Dunque se applichiamo un campo elettrico E al gas otteniamo j = mez(+ +
)E, siamo in una situazione del tutto analoga a quello che accade nei
liquidi, tuttavia il numero di ioni nella soluzione e in genere molto maggiore
15 e il coefficiente di Poisson.
16Argentatura, cromatura e galvanoplastica.
68 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

di quello nei gas, mentre le mobilita nel gas sono molto maggiori di quelle
in soluzione, il gas e ovviamente molto piu rarefatto.
Fatto 3. Gli ioni che si muovono in un gas generano altri ioni in modo
dipendente dalla corrente, dunque abbiamo:
(3.23) j = (j)E
cioe abbiamo ottenuto un comportamento non ohmico.
Facendo un discorso puramente qualitativo, consideriamo unampolla di
lunghezza l e superficie S come quella in figura 15. Detta n la densita di ioni
nellampolla definita al solito modo abbiamo che il numero di particelle in

Figura 15. Elettricita nei GAS.

essa contenuto e dato nlS, siamo interessati alla sua variazione che possiamo
esprimere come:
dn
(3.24) lS = lS
dt
dove rappresenta il numero di ioni prodotti al secondo, se non ci fosse
campo elettrico gli ioni del gas si ricombinerebbero con una probabilita
che dipende dalla quantita di ioni dei due segni, cioe sara n2 . Bisogna
anche tenere conto degli ioni che toccano gli elettrodi e vengono inseriti nel
circuito, dunque possiamo riscrivere la relazione precedente come:
dn j
(3.25) lS = lS n2 lS S
dt e
dn
in una situazione stazionaria, cioe dt = 0, abbiamo:
j
(3.26) = n2 +
el
Se il gas e relativamente denso ed E e debole, rispetto al cammino libero
medio, cioe alla pressione del gas nellampolla, le particelle non acquistano
notevole velocita, dunque:
j
(3.27) n2 >>
el
ovvero = n2 , questo oggetto si comporta circa come un liquido, dunque:


(3.28) = ne(+ + ) = e (+ + )

nellipotesi di corrente bassa la e indipendente dalla corrente ed e
costante. Se, invece, la corrente e abbastanza forte da non poter trascurare
3. LE CORRENTI 69

j
la quantita nl , cioe quando il cammino libero medio ha dimensione maggiore
di quello dellampolla, possiamo trascurare il termine di ricombinazione n2
e otteniamo:
(3.29) jS = ElS in = jS = ElS
dove in e detta corrente di saturazione. A questo punto possiamo aumentare
ancora il campo elettrico E ed accelerare gli ioni verso gli elettrodi aumen-
tando lenergia cinetica, questo gli fa urtare gli altri atomi neutri allinterno
del gas ionizzandoli. Il gas diventa talmente conduttore da costruire una
resistenza negativa, sembra che il gas spinga le particelle. Questo e il genere
di fenomeni che da luce ai tubi al neon, se si colora lampolla con una vernice
fluorescente, questa acquisita lenergia dagli ioni del gas, si eccita e durante
il processo di scarica emette luce. Se aumento ancora finisco per strappare
direttamente gli elettroni, perdo un fattore 2000 sulla massa e guadagno un
fattore 10.000 sullenergia cinetica. Ottengo una scarica a bagliore. Se riesco
ad aumentare ancora costruisco un canale a bassa resistenza e ottengo una
scintilla/scarica, se alzo ancora ottengo una scintilla ad arco costante.
Abbiamo cos concluso il caso di correnti stazionarie nei dielettrici, come
ultima nota ricordiamo la seguente coppia di equazioni:

j = 0 Equazioni di continuita caso stazionario
(3.30)
j = E Equazione dei conduttori Ohmici
Guardandole bene ci rendiamo conto che possiamo costruire in analogia
a queste due la coppia di equazioni:

B = 0
(3.31)
B = H
come abbiamo gia detto piu volte, equazioni della stessa forma hanno soluzioni
della stessa forma. Dunque le soluzioni che abbiamo visto per la coppia
precedente sono soluzioni anche di queste, ma cosa significa questo? Sup-
poniamo di avere un solenoide di sezione S con un numero N di spire, dalla
prima equazione possiamo scrivere:
(3.32) 0 = S (B) = B1 S1 B2 S2
cioe il flusso di B e costante, dunque possiamo scrivere:

(3.33) |B| =
S
il cilindretto del solenoide svolge un ruolo analogo a quello del filo nella prima
coppia di equazioni, possiamo dunque scrivere, proseguendo lanalogia, che:
I Z B Z B Z
B Bdl
(3.34) H dl = dl = = B dl = l = inl = iN
A A A S S
dunque chiamiamo forza magneto-motrice17 la quantita:
I
(3.35) fmm := H dl = iN

17Nel caso elettrico avevamo V = f


em = Ri.
70 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

sfruttando la relazione precedente abbiamo anche che:


l
(3.36) fmm = R dove R := e detta Riluttanza
S
Abbiamo costruito la corrente magnetica e i circuiti magnetici, per cui
continuano a valere le leggi di Kirchoff e le analoghe regole di somma per le
riluttanze in serie ed in parallelo.
Nota 8. La corrente magnetica non trasporta nulla, e solo il flusso del
vettore B ad essere trasportato.
La mutua induzione. Consideriamo due circuiti 1 e 2 percorsi rispet-
tivamente dalle correnti i1 e i2 , si veda fig. 16. Per quanto abbiamo visto

Figura 16. Mutua induzione.

sulle correnti, 1 produce un campo magnetico che in parte e concatenato


col secondo circuito il cui potenziale e dato da:
j0
Z I
0 3 0 0 dl
(3.37) A1 = 0
d x = i1 0
4 D |r r | 4 1 |r r |

calcoliamo ora il flusso di B generato da 1 e concatenato a 2 come:


Z I
2
s (B 1 ) = (A1 )nd x2 = A1 dl2 =
S2 2
dl01
I  I 
0
= i1 0
dl2 =
2 4 1 |r r |
(3.38)
dl01 dl2
I I 
0
= 0
i1 =
4 2 1 |r r |
dl01 dl2
I I 
0
=M12 i1 dove M12 = 0
4 2 1 |r r |

Definizione 3.10. M12 si dice coefficiente di mutua induzione.


Avremmo potuto fare tutti i calcoli fatti sin qui a circuiti invertiti,
ottenendo la stessa relazione con i differenziali scambiati, in conclusione
abbiamo:

2 (B 1 ) = M12 i1
(3.39)
1 (B 2 ) = M21 i2 = M12 i1
3. LE CORRENTI 71

se facciamo coincidere 1 con 2 , in altre parole, se consideriamo il flusso di


B concatenato con il circuito che lo genera otteniamo la seguente relazione:
(3.40) 1 (B 1 ) = Li1
Definizione 3.11. Si chiama induttanza la quantita:
dl01 dl2
I I
0
(3.41) L=
4 1 2 |r r0 |
Osserviamo che uninduttanza ai fini della corrente continua crea un
cortocircuito, mentre, per quanto riguarda la corrente alternata (in generale
variabile) abbiamo che:
I Z
B di
(3.42) fem = E dl = nds = L
S t dt
ovvero:
di
(3.43) V (t) = L
dt
Resistenza V = Ri
1 t
Z
Riassumendo: Condensatore V (t) = C idt
0
di
Induttanza V (t) = L
dt
3.1. I Circuiti Elettrici. Prima di cominciare a trattare alcuni es-
empi di circuiti enunciamo i due seguenti teoremi, di cui non diamo una
dimostrazione, ma che risultano piuttosto utili a tal fine.
Teorema 3.4 (Teorema di Thevenin). Qualunque circuito lineare, comunque
complesso, visto da due punti, e equivalente ad un generatore reale di ten-
sione, cioe un generatore ideale di tensione in serie con un resistore. Le-
quivalenza vale per quello che accade allesterno della rete e non certo per
quello che succede allinterno di essa.
Teorema 3.5 (Teorema di Norton). Una rete elettrica composta da genera-
tori di tensione, corrente e resistori con due terminali di uscita e equivalente
a un generatore reale di corrente in parallelo con una resistenza.
La Carica del Condensatore. Cominciamo con un circuito formato
da un generatore di corrente continua, una resistenza e un condensatore in
serie, quello che e chiamato circuito RC:
R

f C

Detta i la corrente che circola nel circuito dobbiamo ora risolvere la seguente
equazione differenziale:
1 t 0 0
Z
(3.44) iR = f i dt
C 0
| {z }
VC (t)
72 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

Con la condizione iniziale, data dal valore della corrente al tempo t = 0 che
e i(0) = f /R, ci conviene derivare lequazione che abbiamo scritto rispetto
al tempo e risolvere quindi il problema di Cauchy:
 di
R dt = C1 i
(3.45) f
i(0) = i0 = R
detto = RC detto tempo caratteristico abbiamo che la soluzione delle-
quazione e data da:
t t
di 1 i t f
(3.46) = dt log = i(t) = i0 e = e
i RC i0 R
Possiamo ora calcolare il lavoro, dunque lenergia, fornita dalla pila per
caricare il condensatore, ricordando che W = f i(t), quindi:
t t +

Z + Z + 2 2
f f f2
(3.47) L = W (t)dt = e = e = = Cf 2
0 0 R R R
0
questo lavoro tuttavia non e stato usato tutto per caricare il condensatore,
parte e andata perduta nella resistenza, infatti possiamo calcolare lenergia
dissipata dalla resistenza per effetto Joule come:
+ +
2t
f2 f2
Z Z
2 1
(3.48) UJ,R = Ri dt = R 2e = = Cf 2
0 0 R R2 2
dunque lenergia immagazzinata tra le armature del condensatore e data da:
(3.49)
Z Z +
UC = V (q)dq = V (t)i(t)dt =
0
t0 t t Z t t0

+ t Z + 2
f
Z Z
= 1 f
e dt0 e dt =
f
e e dt0 =
0 C 0 r r 0 CR2 0

+
t t
f 2 f 2 
Z
 1 2
= (1 e )e dt = = Cf
CR2 0 CR2 2 2
che fa quadrare il bilancio energetico del circuito, infatti: L = UJ,R + UC .
Il Circuito LR. Questo circuito e lanalogo del precedente solo ponendo
uninduttanza al posto della capacita, ovvero:
R

f L

lequazione differenziale associata questa volta puo essere scritta come:


di
(3.50) iR = f L
dt
3. LE CORRENTI 73

osserviamo subito che i(t) = f /R e una soluzione particolare, dunque rica-


vando la soluzione dellomogenea in modo simile a come abbiamo fatto per
il caso RC otteniamo:
di R
(3.51) = dt
i L
L
ponendo questa volta il tempo caratteristico come = R , abbiamo che una
famiglia di soluzioni per lequazione e data da:
t
f
(3.52) i(t) = Ae +
R
per fissare la costante A e sufficiente imporre la condizione iniziale i(0) = 0,
per cui:
f f
(3.53) 0 = i(0) = A + A =
R R
t

f
dunque i(t) = R 1 e , possiamo ora calcolare la potenza erogata

dalla pila come:


1 f2
 
di di
(3.54) W = fi = Ri + L i = Ri2 + Li = Ri2 + L 2
dt dt 2 R
abbiamo scritto il secondo termine considerando che:
Z + Z f
di R 1 f2
(3.55) Li dt = Lidi = L 2
0 dt 0 2 R
in realta dalla definizione di induttanza abbiamo che in generale:
(B) niS N 2i N2
(3.56) L= = = S= S = n2 Sl
i i li l
abbiamo quindi che lenergia immessa nellinduttanza e:
1 f2
(3.57) UL = n2 Sl 2
2 R
da cui possiamo ricavare la densita di energia del campo magnetico come:
dUL 1 1 1
(3.58) uM = 3 = n2 i2 = (ni )(ni ) = H B
d x 2 2 2
ovvero ritrovare lespressione per lenergia elettromagnetica come:
1 1
(3.59) E = H B+ DE
2 2
Il Circuito CL. Consideriamo questa volta un condensatore, su cui e
posta una carica q0 al tempo t0 , in serie ad una induttanza L:
C

L
74 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

lequazione differenziale associata e data da:


Q di
(3.60) 0= +L
C dt
ricordando che la carica e lintegrale della corrente, possiamo riscrivere la
precedente come:
1 t 0 0
Z
di
(3.61) i(t )dt i = 0
C 0 dt
che possiamo riscrivere come18:
Q(t)
(3.62) + L(Q)(t) = 0
C
1
ponendo la pulsazione = LC otteniamo lequazione Q + 2 Q = 0, che ha
come integrale generale:
(3.63) Q(t) = A cos(t + )
imponendo le nostre condizioni iniziali otteniamo:
(3.64) Q(t) = q0 cos(t) i(t) = q0 sin(t)
abbiamo sostanzialmente costruito un pendolo elettrico, in modo simile a
quanto fatto per i due casi precedenti possiamo ottenere il seguente bilancio
energetico:
1 Q2 1 q02
(3.65) UE = = cos2 (t)
2 C 2C
1 1 1 2 2
(3.66) UM = Li2 = L 2 q02 sin2 (t) = q sin (t)
2 2 2C o
q2
ovvero: UE + UM = 2C0 .
Il Circuito RLC. Poniamo questa volta in serie un generatore di cor-
rente alternata, una resistenza, uninduttanza ed una capacita. Schema-
tizziamo il generatore di corrente alternata come un potenziale variabile nel
tempo con la legge: v(t) = VG cos(t + V ), abbiamo:
R

v(t) L

C
per cui otteniamo la seguente equazione differenziale:
1 t 0 0
Z
di(t)
(3.67) v(t) = Ri(t) + L + i(t )dt
dt C 0
derivandola rispetto al tempo otteniamo:
dv di d2 i 1
(3.68) = R + L 2 + i(t)
dt dt dt C
18Adottando il simbolo di Newton per la derivata globale rispetto al tempo.
3. LE CORRENTI 75

la soluzione dellomogenea rappresenta il transiente, mentre la soluzione del-


lequazione completa ci dara la soluzione a regime. Stiamo cercando una
soluzione del tipo i(t) = I cos(t + I ), e conveniente riscrivere il potenziale
come parte reale19 di un numero complesso20, ovvero:
   
(3.69) v(t) = Re Vg ej(t+) = Re Vg ej ejt = Re(V ~ ejt )

omettiamo da ora in poi il simbolo parte reale ricordandoci solo che per
passare dalla notazione maiuscola a quella minuscola bisogna applicare la
funzione parte reale. Con questa nuova notazione la soluzione che stiamo
cercando diventa: i(t) = I~M ejt con I~M = ejI . Possiamo ora risolvere
lequazione differenziale, cerchiamo in primo luogo una soluzione particolare
della disomogenea sfruttando la forma appena scritta:

(3.70) ~ ejt = 2 LIe


j V ~ jt + 1 Ie
~ jt + j IRe ~ jt
L
dividendo per jejt otteniamo:
 
~ ~ ~ 1 ~ j
(3.71) V = LI + IR + I = jl + R I~ = Z
~ I~
j jC C
abbiamo trovato una simil-legge di Ohm che ci suggerisce di dare le seguenti
definizioni:
Definizione ~
1
 3.12. Definiamo impedenza complessa il valore Z := R 1
+
j L L , ritroviamo la resistenza R, la reattanza capacitiva C e
la reattanza induttiva L.
q
~ = R2 + (L 1 )2 = |V~ | = VG , possiamo dunque scrivere
Inoltre |Z| C ~ IM |I|
~ = |Z|e
Z ~ j dove:
1
L C
(3.72) = tan1 = V I
R
poiche R > 0 abbiamo che 2 < < 2 .
Questo ci porta ad analizzare i tre casi singoli:

v(t) R

~ =R ~
Z I~ = V
~
R

v(t) L

~ = jL ~ VG 2 j
Z I~ = V
jL = L e

v(t) C

~ = j 1
Z I~ = VG Cej 2
C

19Avremmo potuto scegliere parte immaginaria, e una pura questione di convenzione.


20Usiamo per lunita immaginaria il simbolo j per non confonderlo con la corrente.
76 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

Possiamo ora tornare a studiare il caso da cui eravamo partiti, abbiamo


dunque trovato la soluzione particolare come:
VG
(3.73) IM = q
1 2
R2 + (L C )
1
ovvero, a regime, abbiamo un massimo quando L = C , cioe per 2 LC = 1,
p
ovvero per = R = (LC)1 , otteniamo il cosiddetto fattore di riso-
nanza, limpedenza e diventata puramente resistiva. La corrente viaggia
tra induttanza e condensatore, mentre generatore e resistenza mantengono
costante lenergia che arriva al condensatore.
Il Circuito Generico. Siamo ora interessati a dire qualcosa di valido
in generale per i circuito in corrente alternata, ovvero per la generica coppia
in serie di un generatore e unimpedenza:

v(t) Z

Per questo caso abbiamo che v(t) = V0 cos(t + V ) e i(t) = I0 cos(t + I ),


poniamo V = 0 e I = , abbiamo anche scoperto che I0 = VZ0 ovvero che
ZI0 = V0 , calcoliamo la potenza istantanea scambiata dal generatore con il
carico Z, questa e:
W (t) =V (t)i(t) = ZI02 cos(t) cos(t + ) =
(3.74) =ZI02 cos2 (wt) cos() ZI02 cos(t) sin(t) sin() =
=P (t) + Q(t)
dove abbiamo definito:
Definizione 3.13. Potenza reale la quantita:
(3.75) P (t) = ZI02 cos2 (wt) cos()
Potenza reattiva la quantita:
sin(2t)
(3.76) Q(t) = ZI02 sin
2
Calcoliamo il valore medio su un periodo T della potenza reale, questo
e:
Z0 I02
< P (t) >T = Z0 I02 < cos2 (t) >T cos() = cos = Vef f Ief f cos()
2
dove abbiamo definito:
Definizione 3.14. Potenziale efficace la quantita:
V0
(3.77) Vef f = < V 2 > =
2
Corrente efficace la quantita:
I0
(3.78) Ief f = < I > =
2
Fattore di potenza la quantita cos().
3. LE CORRENTI 77

Osserviamo che il fattore di potenza rappresenta langolo di fase tra la


tensione e la corrente. Per quanto riguarda il valor medio su un periodo T
della potenza reattiva abbiamo che questo e < Q(t) >T = 0, mentre il suo
massimo e:
ZI02
(3.79) QM = sin()
2
che ci porta alla seguente definizione:
Definizione 3.15. Si chiama potenza apparente la quantita:
q
(3.80) < P (t) >2T +QM = Vef f Ief f

I Trasformatori Statici.21 Il trasformatore piu semplice e costituito


da due conduttori elettrici (solenoidi) avvolti su un anello di materiale fer-
romagnetico detto nucleo magnetico. Lavvolgimento al quale viene fornita
energia viene detto primario, mentre quello dalla quale lenergia e preleva-
ta e detto secondario (vedi fig. 17). Quando sul primario viene applicata

Figura 17. Trasformatore Statico.

una tensione elettrica alternata sinusoidale, per effetto dellinduzione mag-


netica si crea nel nucleo un flusso magnetico con andamento sinusoidale.
Per la legge di Faraday-Neumann-Lenz, questo flusso variabile induce nel
secondario una tensione sinusoidale. La tensione prodotta nel secondario e
proporzionale al rapporto tra il numero di spire del primario e quelle del
secondario secondo la relazione:
Vp Np
(3.81) = = k0
Vs Ns
dove Vp e la tensione applicata sul primario, Vs la tensione indotta sul sec-
ondario, Np il numero di spire del primario e Ns il numero di spire del
21Fonte: Wikipedia
78 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

secondario, k0 e chiamato rapporto di trasformazione. Per una tensione


sinusoidale di ampiezza massima Em il valore efficace e E = Em /sqrt2.
Trascurando le perdite, la relazione tra tensione, numero di spire, intensita
di flusso e sezione del nucleo e data dalla relazione:
2
(3.82) E = N SB = f N SB = 4, 44f N SB
2 2
Dove E e il valore efficace della tensione indotta, f e la frequenza in Hertz,
N e il numero di spire dellavvolgimento al quale si fa riferimento, S e la
sezione del nucleo (in m2 ) e B e il valore dellinduzione in Tesla.
Circuiti RC in alternata. Vogliamo ora concentrare la nostra atten-
zione sui circuiti formati da un generatore di corrente alternata sinusoidale
v(t) = Vg cos(t + ), una resistenza ed un condensatore posti in serie:
R

v(t) C

per i quali lequazione differenziale risulta essere:


1 t 0 0
Z
(3.83) v(t) = Ri + i(t )dt
C 0
abbiamo gia calcolato una soluzione per lequazione omogenea quando abbi-
amo trattato il circuito in corrente continua, dunque possiamo immediata-
mente scrivere una soluzione della completa come:
t
V0
(3.84) i(t) = e + I cos(t + )
R
dove abbiamo usato la solita convenzione per cui Vc = V0 ejt . Possiamo
scrivere il campo elettrico totale del sistema come E = E 1 +E 2 , cioe il campo
elettrico tra le piastre del condensatore22, calcoliamo in primo luogo la parte
E 1 dovuta alla variazione di corrente imposta dal generatore, al termine di
questo calcolo risultera chiaro il perche abbiamo introdotto anche un termine
E 2 . Per E 1 possiamo scrivere subito che E 1 = E0 ejt , ora questo e un campo
variabile nel tempo, dunque, dalle equazioni di Maxwell, generera un campo
magnetico B 1 il cui modulo possiamo esprimere come:
 
1 1 E
|B 1 | = S (B) = S 0 0 =
2r 2r t
(3.85)
1 E 1
= 2
S= jrE0 ejt
2rc t 2c2
dove abbiamo usato il flusso del rotore di B concatenato alla superficie S
del condensatore, questo campo magnetico e a sua volta variabile, poiche

22Per portare avanti i calcoli consideriamo il condensatore piano, questo non e tuttavia
strettamente necessario. Si potrebbero fare i calcoli in tutta generalita, ma allungheremmo
molto.
4. POTENZIALI RITARDATI E ANTENNE 79

oscilla sui piani orizzontali del condensatore, dunque possiamo imporre:


B
(3.86) E =
t
che ci mostra la necessarieta dellaver introdotto un campo E 2 , per calcolarlo
consideriamo di essere nella situazione della figura 18, integrando lungo un

Figura 18. Circuito RC corrente alternata

circuito fittizio che ricopre il profilo del condensatore otteniamo:


Z r Z h
jx
(3.87) E2 h = dx dy 2 E0 ejt
t 0 0 2c
ovvero abbiamo che:
Z r 2 r 2 2

jx jt j jt x jt r
E2 = E 0 e dx = E0 e = E e
t 0 2c2 t 2c2 2 0 2c2 0 2
Possiamo quindi scrivere per E 2 :
2 jt r
2
(3.88) E2 = E 0 e
2c2 2
quindi possiamo scrivere:
2 2
(3.89) E = E 0 ejt r E 0 ejt
4c2
ma dipende ancora dal tempo, dunque questo genera un campo magnetico,
che ne genera uno elettrico e cos via... guardando con attenzione la struttura
del campo elettrico possiamo riconoscere la funzione di Bessel di ordine 0.
Se poniamo infatti X = r c abbiamo che:
+
X (1)k  x 2k
(3.90) J0 (X) =
(k!)2 2
k=0

che ci permette di scrivere E = E 0 J0 (X)ejt .

4. Potenziali Ritardati e Antenne


Abbiamo risolto fino ad ore le equazioni dei potenziali scegliendo per
e j delle funzioni che non dipendono dal tempo, ovvero delle soluzioni del
tipo:
(r0 ) 3 0 j(r0 ) 3 0
Z Z
1 0
(4.1) (r) = d x A(r) = d x
40 D |r r0 | 4 D |r r0 |
80 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

cosa accade se cariche e sorgenti dipendono dal tempo? La costruzione delle


soluzioni col metodo delle funzione di Green funziona ancora e otteniamo
semplicemente:
(r0 , t) 3 0 j(r0 , t) 3 0
Z Z
1 0
(4.2) (r, t) = d x A(r, t) = d x
40 D |r r0 | 4 D |r r0 |
tuttavia in questo modo non stiamo tenendo conto della velocita di propagazione
degli effetti del campo, per quanto abbiamo visto sulle onde e necessario che
trascorra del tempo affinche leffetto del campo si propaghi a riempire tut-
to lo spazio a disposizione. Essendo c la velocita della luce, abbiamo che il
potenziale dipende in realta da cio che e accaduto r/c secondi fa, possiamo
quindi definire i seguenti:
Definizione 4.1. Si definiscono potenziali ritardati le due seguenti fun-
zioni della posizione e del tempo:
(r0 , t r/c) 3 0
Z
1
(4.3) (r, t) = d x
40 D |r r0 |
j(r0 , t r/c) 3 0
Z
0
(4.4) A(r, t) = d x
4 D |r r0 |
Questo, che sembra un innocuo cambiamento, produce modifiche notevoli
nella teoria. Per cominciare a vedere questi effetti torniamo a studiare il ca-
so dellantenna costruita mediante il circuito RC in continua. Costruiremo
in realta un modello approssimato del fenomeno, ovvero ci ridurremo ad
uno schema poco realistico, ma che permette di fare delle previsioni che
sono in buon accordo con i dati sperimentali. Cio che considereremo ac-
cadere sulle piastre del condensatore e uno spostamento della carica ogni
mezzo periodo. Ovvero ogni mezzo periodo la carica migra da unarmatura
allaltra del condensatore. Studiamo quindi il seguente modello (vedi fig.
19), una carica +q che oscilla lungo lasse z attorno ad un punto di equilib-
rio, chiamiamo r il vettore posizione del punto in cui vogliamo considerare
il potenziale, conseguentemente il campo, e r0 la distanza dalla carica da
questo punto, supponiamo inoltre che r >> r0 , cioe che r r0 ' r, in questa
approssimazione possiamo scrivere il potenziale magnetico come:
j r0 , t r j r0 , t rc 3 0
Z  Z 
0 c 3 0 0
A(r, t) = d x = d x =
4 D r 4 D r
(4.5)
0 v t rc
Z 
0 v 3 0
= d x =
4 r D 4 r
Detto P = qz abbiamo che j = P con la v al tempo ritardato, dunque
possiamo riscrivere il potenziale come:
0 p t rc

(4.6) A(r, t) =
4 r
per calcolare il potenziale scalare sfruttiamo la Gauge di Lorentz (vedi eq.
1.5), cioe:
1
(4.7) A =
c2 t
4. POTENZIALI RITARDATI E ANTENNE 81

Figura 19. Modello di antenna di tipo RC

prima di calcolare lintegrale di calcoliamo preliminarmente le due seguenti


quantita che ci aiuteranno nel conto, indicheremo con t0 il tempo ritardato:

!
t0 t0 t0
 
1 1 Px Py Pz 1
P = + + = Px + Py + Pz
r r x y z r x y z
       
1 1 r 1 r 1 r
(4.8) = Px + Py + Pz =
r c x c y c z
!
1 1 P r 1 P r
= =
r c r c r2

Il seguente e un calcolo che abbiamo gia eseguito piu volte, ma:

 
1 1 1 x y z r
(4.9) = r = 2 i + j + k =
r r r rr r r r r3

possiamo a questo punto scrivere la divergenza di A come:

  !
0 1 1 0 1 P r P r
(4.10) A = P + P = 3
4 r r 4 c r2 r
82 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

Ovvero possiamo scrivere il potenziale scalare come:


Z Z

(r, t) = dt = c2 Adt =
t
!
1 P r P r
Z
2 0
=c 3 dt =
4 c r2 r
(4.11) !
1 1 P r P r 1 1 h r i
= + = P r + P r
40 c r2 r3 40 r3 c
1 1  r 
= 3
P + P r
40 r c
 
dove P + rc P e una funzione del tempo ritardato che chiamiamo P . Con
questultimo rappresentiamo il dipolo allistante t piu il dipolo corretto dal
tempo, stiamo praticamente ricostruendo la funzione in modo simile al-
lo sviluppo con Taylor. Ora non ci resta che calcolare le espressioni per
i campi. Cominciamo dal campo elettrico, dallequazioni dei potenziali
possiamo scrivere:
  
A 1 1 r  0 P
E = = 3 P + P r =
t 40 r c 4 t r
("   #)
1 1  r  1 P
= 3 P + P r + 2 =
40 r c c t r
! !
r

 
1 P r P r 1 P
= + c 3 + 2 =
40 r3 r c t r

(4.12) 1 r P 1 r  r
= (P ) 3 + 3 r + (P r) + P 3+
40 r r r c r
!
r
P r 1 1 P
+ c 3 r + P r 3 + = ... =
r c r c r

1 P + 3(P r)r + 1 (P r) r

= 5
40 | r {z r } c2 r3
Momento di dipolo di P

Abbiamo quindi ottenuto che il campo elettrico risulta essere la sovrappo-


sizione di tre effetti, per una distanza r ' r0 siamo in in una situazione in cui
possiamo praticamente ignorare il dipolo che oscilla, per r > r0 ci troviamo
in una situazione di campo vicino ovvero vediamo il campo generato da
un dipolo variabile nel tempo, per r >> r0 siamo nel range di quello che si
dice campo di radiazione.
Campo Vicino. La legge temporale al tempo t-ritardato per il dipolo,
in situazione di campo vicino, puo essere scritta come P = P t rc +

r r r r

c P t c ' P (t) c P (t) + c P (t) ' P (t), ovvero il ritardo vicino alla
sorgente e trascurabile e come avevamo gia osservato tutto sembra essere un
dipolo variabile.
4. POTENZIALI RITARDATI E ANTENNE 83

Campo di Radiazione. A grandi distanza diventa dominante il ter-


mine:
1 (P r) r
(4.13)
c2 r3
che diventa quindi sostanzialmente lelemento che genera il campo di radi-
azione, si noti che questo asintoticamente si comporta come 1r e per r
+ diventa il termine dirimente dellespressione calcolata, se scriviamo per
P = p0 cos(t) abbiamo che P = p0 sin(t), dunque per effetto del ritar-
do loscillazione temporale e diventata anche unoscillazione spaziale, cioe
per t fissato si registra unoscillazione del campo nello spazio. Il campo di
radiazione va come la tangente alla sinusoide, che per alte frequenze risulta
essere un valore notevole, in questo modo possiamo giustificarne landamento
asintotico.
Nota 9. Non ce creazione di energia, poiche ci sono zone in cui il campo
vale zero, in questo modo lintegrale dellenergia resta costante. Abbiamo
in realta modificato solo la distribuzione dellenergia.
Nota 10. E t rc soddisfa le equazioni di DAlambert, dunque si propaga

come unonda.
Possiamo ora procedere al calcolo del campo magnetico B associato.
Dallequazioni per i potenziali abbiamo che B = A, calcoliamo prelimi-
narmente la seguente quantita:
 
Pk Pk 1 1
(P )i = = Pk r + Pj r=
xj xk c xj c xk
(4.14) Pk xj Pj xk 1  
= + = Pj xk Pk xj =
c r c r rc
1   1 
= P r = P r
rc i c i

possiamo dunque scrivere che:


1 
(4.15) P = P r
c
e, a questo punto, calcolare il campo di induzione magnetica come:
!  
0 P 0 1 1
B =A = = (P ) + P =
4 r 4 r r
    
(4.16) 1  1 1  r r
= P r + P = P 3 P =
rc r rc r r
0 h r  ri
= P + P 3
4 c r
per il campo vicino sviluppiamo P in serie attorno a zero e otteniamo:
r
(4.17) P = p(t) P +
c
r
(4.18) P = 0 + P +
c
84 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

dunque a corto range abbiamo la seguente espressione di B:

0 P r
(4.19) B'
4 r3
cioe abbiamo ritrovato la legge di Biot-Savart per r 0. Per il campo
lontano, cioe per r + abbiamo che:

0 1 P r
(4.20) B'
4 c r2
cioe lespressione del campo di radiazione magnetica, dunque anche il campo
magnetico lontano si comporta come unonda. Studiamo ora la relazione tra
campo elettrico e magnetico lontano, possiamo riscrivere E come:

1 1 (P r) 0 P r
E' r = r =
40 c2 r3 4 r2
(4.21)
0 P r
=c r = cB r
4c r2
Cioe detta k la direzione di propagazione dellonda e stante la relazione
appena trovata, E = cB r abbiamo la situazione in figura 20, cioe le onde

Figura 20. Onda elettromagnetica prodotta da un dipolo oscillante.

elettromagnetiche possono essere immaginate come delle onde trasverse dei


campi elettrici e magnetici. In questo caso come unonda piana polarizzata
linearmente che si propaga lungo la direzione k, con il campo elettrico in un
piano verticale e quello magnetico in uno orizzontale.
Effetto di unonda elettromagnetica su una carica. Siamo ora
interessati a scoprire cosa accade quando unonda di questo tipo colpisce
una carica q libera di muoversi, esercita una forza? Il moto della carica
e perturbato? Per rispondere a queste domande fissiamo un sistema di
riferimento con asse z k k e assi y lungo la direzione di B e x lungo la
direzione di E. In questo modo otteniamo che i vettori si scrivono come
E = (E, 0, 0), B = (0, B, 0) e k = (0, 0, k). Possiamo calcolare la forza
esercitata sulla carica q come F = q (E + v B), vediamo, in primo luogo
se ce variazione di energia cinetica in un intervallo di tempo infinitesimo:

dT dL
(4.22) = = W = F v = q(E + v B) v = jE
dt dt
4. POTENZIALI RITARDATI E ANTENNE 85

studiamo ora la variazione della quantita di moto p lungo i tre assi:


dpx
(4.23) = F x = qE x + (j y B z j z B y ) = qE x j z B y
dt
dpy
(4.24) = F y = qE y + (j z B x j x B z ) = 0 + 0 = 0
dt
dpz
(4.25) = F z = qE z + (j x B y j y B x ) = 0 + j x B y = j x B y
dt
passando ai moduli e considerando che E = cB abbiamo:
dpx vz  vz 
(4.26) = qE q E = q 1 Ex ' qEx
dt c c
cioe un moto armonico con un termine di forzamento, per la componente z
invece:
dpz Ex W
(4.27) = qvx =
dt c c
e quindi proporzionale alla quantita di energia cinetica ceduta. Mettendo
insieme questi due risultati abbiamo scoperto che la carica oscilla D p lungo
E la
direzione x e avanza lungo lasse z, per i valori medi abbiamo che t x
=0
T
poiche deriva
D p E da unonda monocromatica, cioe va come il seno o il coseno,
mentre tz = <Wc>T 6= 0 poiche W Ex2 .
T

Fatto 4. Londa elettromagnetica trasposta sia lenergia cinetica che la


quantita di moto23.
Risolto il problema per una particella possiamo dedicarci alleffetto del-
londa su un dominio D dello spazio, riprendiamo la definizione di quantita
di energia che avevamo gia dato:
1 1 2 B2
(4.28) u = 0 E 2 + B = 0 E 2 =
2 20 0
studiamo la variazione in D, non tempo dipendente, al passaggio dellonda
elettromagnetica, cioe studiamo la quantita:
Z Z Z
E d 3 u 3 E 1 B 3
= ud x = d x= 0 hE, i + hB, id x =
t dt D D t D t 0 t
Z
1 1
= 0 hE, (B) ji + hB, Eid3 x =
0
ZD  0 0 
B 1
(4.29) = E j B Ed3 x =
0 0
ZD Z
3
= E H H Ed x j Ed3 x =
D D
Z Z
3
= (E H)d x j Ed3 x
D D

23Potremmo introdurre a questo punto un tensore energia-impulso, ma non lo faremo.


86 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

Definizione 4.2. Definiamo vettore di Poynting la quantita di ener-


gia trasportata dalla radiazione elettromagnetica per unita di tempo e di
superficie:
EB
(4.30) S =EH =
0
dunque possiamo scrivere:
Z Z
E 2
(4.31) = S nd x j Ed3 x
t D D
dove lintegrale superficiale del vettore di Poynting rappresenta il flusso della
quantita di energia che abbandona il volume e lintegrale di volume del
prodotto di j E rappresenta lenergia persa dallonda dentro il volume per
accelerare le cariche al suo interno.
Riscriviamo questa relazione in maniera locale, cioe per un volume in-
finitesimo:
E d3 x u
(4.32) dE = ud3 x =u =
t dt t
cioe:
u
(4.33) = S j E
t
diamo ora la seguente definizione:
Definizione 4.3. Si definisce intensita di unonda la quantita di energia
che in un tempo infinitesimo attraversa la superficie infinitesima perpendi-
colare alla direzione di propagazione dellonda:
dtd2 x c0 E 2

(4.34) I=u = uc c 2
dtd2 x 0 B

Per come abbiamo definito il vettore di Poynting lintensita di unonda


puo essere vista come il flusso di questultimo attraverso la superficie D,
ovvero:
S nd2 x
(4.35) D (S) = = |S| = |E||H| = uc
d2 x
abbiamo quindi scoperto che il flusso del vettore di Poynting rappresenta
lenergia trasportata da unonda e poiche:
E S
(4.36) E |S| si ha che p = k =
c c
in definitiva possiamo quindi scrivere, in un sistema privo di cariche:
Z
E
(4.37) = S nd2 x
t D
calcoliamone il valore medio per il dipolo oscillante da cui eravamo partiti,
ovvero h E
t iT , per farlo calcoliamo prima le quantita:
(4.38) P (t) = p0 sin(t)
(4.39) P (t) = p0 cos(t)
(4.40) P (t) = p0 sin(t) = 2 P (t)
2
4. POTENZIALI RITARDATI E ANTENNE 87

usando le formule per E e B calcolate allinizio otteniamo la formula di


Larmor:
dE 1
(4.41) h iT = 0 cqa2
dt 6
dove a2 corrisponde alla quarta potenza della frequenza.

4.1. Cavi Schermati. Per introdurre i cavi schermati partiamo dal


considerare una catena infinita di impedenze del tipo:
Z1 Z1 Z1
A

Z2 Z2 Z2

B
limpedenza complessiva vista ai capi A e B del circuito risulta essere:
r
z1 z2
(4.42) z0 = + z 1 z2 + 1
2 4
si puo vedere riducendo tutto il cavo a quello equivalente con impedenza
z0 e aggiungerci in testa, o in coda, uno degli elementi della serie con z1
e z2 se si calcola allora limpedenza equivalente si ottiene questo risultato.
Specializziamo il risultato che abbiamo ottenuto al seguente caso:
jL jL
A

1
v(t) jC

B
possiamo quindi scrivere per limpedenza risultante:
s r
1 (jL)2 L (L)2
(4.43) z0 = jL + =
jC 4 C 4
limpedenza dipende sostanzialmente dal valore della frequenza, dunque
possiamo imporre:
L (L)2 2
(4.44) =0=
C 4 LC
e abbiamo trovato il valore c per cui si annulla limpedenza z0 , in questo
modo tutto il circuito si comporta come una induttanza di impedenza L2 .
Se > c abbiamo impedenza puramente immaginaria, mentre se < c
siamo nel caso di unimpedenza puramente reale. Ovvero nel secondo caso
abbiamo ottenuto una resistenza, cioe abbiamo costruito un circuito in con-
tinua che non oscilla e assorbe sempre corrente. Di fatto ogni condensatore
di questo sistema si deve caricare e questo fa s che il segnale si propaghi
lungo il cavo. Poiche il processo e infinito il generatore deve continuare
88 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI

ad erogare corrente, lenergia immessa si conserva tra le piastre dei conden-


satori e nei campi magnetici delle induttanze. Abbiamo appena costruito un
circuito di passa basso, cioe un circuito per cui passano tutte le frequenze
< c . La propagazione non avviene per > c dunque limpedenza si
comporta da induttanza e il segnale non si propaga. Per ogni blocco del
cavo possiamo imporre la relazione Vn = In z0 , quindi In z1 = Vn Vn+1 ma
Vn Vn+1 = Vz0n z1 = Vn zz10 ovvero Vn+1 = Vn , cioe Vn = V0 dove V0 e la
differenza di potenziale del generale e:
q
L 2 L2 jL
z0 z1 C 4 2
(4.45) = =q
z0 L 2 L2 jL
C 4 + 2
dunque per il caso > c la radici danno luogo ad immaginari puri ed
diventa un numero reale puro piu piccolo di 1. Se = 1, cioe < c
otteniamo un circuito ideale non dissipativo.
Possiamo a questo punto ottenere le equazioni fondamentali delle linee
di trasmissione:
2V 2V
 V I
(4.46) x = L0 t L C =0
I V 0 0
x = C0 t x2 t2
cioe abbiamo riottenuto lequazione di DAlambert 1-dimensionale. Al fondo
di questo cavo possiamo attaccare un carico e ottenere un cavo di trasmis-
sione, lasciarlo aperto e ottenere unantenna, oppure chiuderlo e far rim-
balzare il sistema indietro.
CAPITOLO 4

Ottica

Abbiamo osservato che c = 0 0 1 , possiamo quindi dire che in un
mezzo omogeneo ed uniforme la velocita di propagazione dellonda e:
1 c c
(0.47) v= = =
0 0 r r r r n
dove chiamiamo n indice di rifrazione, osserviamo che per il vuoto vale
n = 1. Le onde elettromagnetiche si trasmettono solo nei materiali para/dia-
magnetici, cioe per valori di ' 104 , i paramagnetici, e di ' 104 ,

dunque, in prima approssimazione, possiamo porre n ' r . Ora, in gen-
erale, si ha che n e una funzione di , dunque dipende fortemente dalla
frequenza di oscillazione del campo, ovvero e maggiore per campi statici
e molecole qualsiasi, oppure per frequenza particolari e molecole con bas-
sa inerzia. Altrimenti la molecola fa fatica a seguire gli spostamenti del
campo.
Cerchiamo di ricordare cosa accade al campo elettromagnetico in presen-
za di cambi di materiale e ricostruiamo da quelle relazioni delle informazioni
sulle onde. Ripartiamo dalleq. di Maxwell per il caso dinamico in presenza
di materia:
D = E = B

(0.48) t
B = 0 H = j + D t

indaghiamo ora la continuita delle componenti del campo al passaggio tra


due materiali. Per approssimazione infinitesima possiamo ridurci a consider-
are solo onde piane e superfici come localmente piane. Sfruttando il Teorema
di Gauss consideriamo una superficie cilindrica di altezza h a cavallo del-
la superficie di separazione dei due materiali, in questo modo, per h 0
possiamo scrivere per il vettore induzione magnetica:
(0.49) S (B) = (B ,1 B ,2 )d2 x = 0 ovvero B ,1 = B ,2
mentre per il vettore spostamento abbiamo:
(0.50) S (D) = (D,1 D,1 )d2 x = d2 x ovvero D,1 D,1 =
dove rappresenta lo strato di carica localizzata sulla superficie contenuta
nel cilindretto. Abbiamo riscoperto che un campo elettrico che attraver-
sa una superficie ha una discontinuita data dalla distribuzione di carica
localizzata sulla superficie.
Consideriamo ora un circuito rettangolo di altezza h e lunghezza dl dis-
posto a cavallo della superficie di separazione dei materiali di modo che
h sia perpendicolare a tale superficie, sfruttiamo il Teorema di Ampere e
89
90 4. OTTICA

calcoliamo le due seguenti circuitazioni:


 
B
(0.51) E = E 1,k dl E 2,k dl = (E 1,k E 2,k )dl = n hdl
t
ora se B
t e una quantita finita, quando h 0 otteniamo che E 1,k = E 2,k .
Procediamo similmente per il vettore campo magnetico e calcoliamo:
 
D
(0.52) H = (H 1,k H 2,k )dl = j s + hdl
t
dove j s e la corrente indotta sulla superficie che e lunico luogo in cui e
diversa da zero. Possiamo quindi concludere che H 1,k H 2,k = j s , ora se
la superficie e formata da un materiale dielettrico abbiamo che j S = 0 e
quindi H 1,k = H 2,k . Se fosse un conduttore avremmo tuttavia che questo
non potrebbe essere Ohmico, infatti:
l
(0.53) R=
S
ma per h 0 si ha che S 0, dunque, per controbilanciare il rapporto
e dare un valore finito ad R dovrebbe essere +. Possiamo quindi
concludere che la corrente j s si mantiene se e solo se la superficie e un
superconduttore. Nel resto dei casi abbiamo una corrente che si manifesta
solo per una quantita limitata di tempo. Riassumendo possiamo riscrivere
le seguenti quattro condizioni:

E 1,k E 2,k = 0

D,1 D,1 =

(0.54)
H H 2,k = j s
1,k


B ,1 B ,2 = 0

1. Rifrazione e Riflessione
Consideriamo due materiali con indice di rifrazione n diverso e unon-
da piana, monocromatica e polarizzata linearmente, vogliamo studiare cosa
accade allonda di vettore k i che incide sulla sulla superficie di separazione
tra i due materiali, si veda la figura 1, chiamiamo k r il raggio riflesso,
k t il raggio trasmesso, mentre siano i , r e t gli angoli di incidenza,
riflessione e rifrazione o trasmissione, misurati tutti rispetto alla nor-
male n parallela alla direzione z. Avevamo scritto la relazione E = cB tra
i moduli del campo elettrico e magnetico associati ad unonda, in presenza
di materia possiamo modificarla semplicemente come E = vB, dove v rap-
presenta la velocita di propagazione dellonda in questi materiali. Poiche
E, B, k formano una terna equiversa possiamo scrivere che:
k
(1.1) EB =
v
possiamo scrivere londa incidente come E i = E 1 ej(ki ri t) e similmente la
riflessa e la trasmessa come E r = E 2 ej(kr rr t+r ) e E t = E 3 ej(kt rt t+t ) ,
sfruttando le relazioni di continuita che abbiamo appena ricalcolato possi-
amo scrivere che:
(1.2) (E i + E r ) n E t n = 0 t P S sup. di separazione
1. RIFRAZIONE E RIFLESSIONE 91

Figura 1. Rifrazione e Riflessione

ovvero deve essere: (E i + E r E t ) n = 0, scrivendo le espressioni delle


onde:
(1.3) E 1 ej(ki ri t) + E 2 ej(kr rr t+r ) E 3 ej(kt rt t+t ) = 0
poiche si possa avere la relazione voluta e necessario che le fasi siano uguali,
dunque deve necessariamente essere:
(1.4) 0 = r = t
dunque la prima condizione e che le onde arrivino e partano tutte con la
stessa fase. Laltra condizione necessaria e che gli argomenti dei polinomi
siano uguali, cioe deve essere:
(1.5) i = r = t =
questo implica necessariamente che le onde abbiano una lunghezza donda
differente, ora = T 1 dunque = vT ovvero v = , ma = 2 dunque

= 2 , cioe v = 2 = k , possiamo quindi concludere:
2
(1.6) =v

abbiamo cioe scoperto, ricordando che E = k B:

1 = i = r
(1.7)
2 = t
non ci resta ora che esplicitare le quantita k r, ora per z = 0 abbiamo che:
(1.8) ki r = kr r = kt r
poniamo gli assi in modo che y k E, in questo modo abbiamo:
(1.9) kix X = krx X + kry Y = ktx X + kty Y
92 4. OTTICA

dunque scrivendolo per componenti:



kix = krx = ktx
(1.10) kix = ki sin i = kr sin r = kt sin t
kry = kty
possiamo a questo punto, ricordando che ki = kr , formulare le due seguenti
leggi:
Teorema 1.1 (Leggi di Snell). Nella notazione usata sino ad ora:
(1) sin i = sin r
(2) ki sin i = kt sin t
Riscriviamo la seconda legge in funzione degli indici di rifrazione:
ki n1
(1.11) sin t = sin i = sin i
kt n2
Che ci suggerisce unevenienza piuttosto particolare, ammettiamo di aver
trovato un angolo , che chiamiamo angolo limite per cui sin i = nn21 , ci
troviamo in un caso di onda evanescente, ovvero non ce rifrazione, ma
solo riflessione, si vede facilmente che questo avviene per:
n2
(1.12) = sin1
n1
Vogliamo ora capire cosa avviene per le intensita delle varie onde coin-
volte. Ci troviamo sempre nel caso di onda piana, polarizzata linearmente
e monocromatica, dobbiamo ora fissare il piano su cui vibra E rispetto
alla normale al piano di incidenza, cominciamo dal caso in cui E vibra
trasversalmente rispetto ad ki . Ci mettiamo nellipotesi in cui = 0,
questo ci permette di usare la relazione D1, = D2, ovvero di scrivere
1 E 1, + 1 E 2, = 2 E 3, cioe 1 (E 1, + E 2, ) = 2 E 3, , fissiamo quindi la
prima relazione:
(1.13) [1 (E 1 + E 2 ) 2 E 3 ] n = 0
Se supponiamo anche j s = 0 possiamo scrivere:
n1
(1.14) 1 H 1 = B 1 = k E 1
c
cioe per tutti gli H:
 
n1 n1 n2
(1.15) k1 E 1 + k2 E 2 k3 E 3 n = 0
1 1 2
che ci permette di scrivere:
  
n1 n1
(1.16) n ki E i = E i cos i
1 1
ovvero, facendo lo stesso prodotto per le altri parti della formula:
n1 n2
(1.17) (E i cos i E r cos r ) E t cos t = 0
1 2
riunendo insieme le due relazioni abbiamo:
 n1 n2
(1.18) 1 (E i cos i E r cos r ) 2 E t cos t =0
1 (E 1 + E 2 ) 2 E 3 = 0
2. INTERFERENZA E DIFFRAZIONE 93

Possiamo a questo punto scrivere la relazione che ci dara lintensita dellonda


come:
n1 n2
cos i [E 1 E 2 ] = cos t 1 (E 1 + E 2 )
1 2
2 n 1 1 n 2
(1.19) cos i (E 1 E 2 ) = cos t (E 1 + E 2 )
1 2
Z1 (1 R) = Z2 (1 + R)
Z1 Z2 = R(Z1 + Z2 )
La frazione di campo elettrico riflessa e dunque data da:
Z1 Z2
(1.20) R=
Z1 + Z2
La frazione di campo elettrico trasmessa e dunque data da:
2Z1
(1.21) T =1R=
Z1 + Z2
per il caso in cui ad essere trasverso e il campo magnetico i calcoli sono
del tutto analoghi. Si ottengono le stesse funzioni, ma con una diversa
definizione delle impedenze Z1 e Z2 .

2. Interferenza e Diffrazione
Ripartiamo dalla definizione di intensita luminosa:
1 B2
  Z
1 2
(2.1) I = cu = c 0 E + = S nd2 x
2 2 0 D

dove S e il vettore di Poynting, che ricordiamo essere S = E H. Abbiamo,


quindi, che I E 2 , oppure I B 2 , con E e B campi associati allonda.
Possiamo scrivere londa come:
(2.2) (u) = A(r, , )eju ove u = k r t
e la parte reale di u rappresenta il campo elettrico dellonda elettromagnet-
ica. Possiamo quindi considerare I ||2 , consideriamo, come al solito,
piana, monocromatica, polarizzata linearmente e progressiva, cioe una fun-
zione del tipo = A cos(k r t). Per questa onda possiamo scrivere
quindi lintensita come I = A2 cos2 (u) che e tuttavia una funzione molto
variabile nel tempo e nello spazio. Per avere qualche informazione significa-
tiva e opportuno considerare il valore medio < I > su un numero elevato di
periodi:
A2 1
(2.3) < I >= A2 < cos2 (u) >= A2 ||2
2 2
cioe lintensita media e proporzionale al quadrato dellampiezza.
Siamo interessati a capire cosa accade se abbiamo una sovrapposizione
di onde, consideriamo in tal senso un pacchetto donde:
n
X
(2.4) Al ejul = Aeju = (r, t)
l=1
94 4. OTTICA

questa e una combinazione di soluzioni della medesima eq. di DAlambert,


dunque e ancora una sua soluzione, quindi continua ad essere valida laf-
fermazione I ||2 . Possiamo calcolare i coefficienti dellonda risultante
come:
!1
X 2

(2.5) A= |Al |2
l
X
Im ejul
l
(2.6) u = arctan X
Re ejul
l
possiamo quindi risolvere:
X X X
(2.7) I= Al ejul Al ejul = |Al |2 = Il
l l l
dobbiamo tuttavia aggiungere un fattore di interferenza alla precedente
quantita, con il quale otteniamo:
j(uh ul )
X X | {z }
(2.8) I= Il + Al Ah e diff. di fase

l h6=l

possiamo a questo punto calcolare lintensita media delle onde < I >, se
londa l-ma e londa h-ma sono incoerenti il valor medio del termine di
interferenza sara zero e risultera:
X
(2.9) < I >= < Il >
l
se invece londa l-ma e londa h-ma sono coerenti il valor medio di quella
quantita ricadra nellintervallo [1, 1]. Per essere piu precisi in tal senso
dobbiamo imporre nuove ipotesi.
Torniamo al caso del dipolo oscillante che avevamo visto in 4. Avevamo
introdotto i concetti di campo vicino e campo di radiazione, per cui avevamo
introdotto la funzione di Bessel di ordine zero, cominciamo col costruire delle
soluzioni in forma di onda cilindrica, che possiamo ottenere semplicemente
troncando la J0 (u) come J0 (u) ' sin(u), in questo modo possiamo costruire
londa:
A
(2.10) (u) = ej(|k|t)

dove con la coordinata misuriamo la distanza dallasse di propagazione
dellonda cilindrica su un fissato piano ad esso ortogonale.
Nota 11. Questonda non soddisfa lequazione di DAlambert che, nonos-
tante si chiami equazione delle onde, non genera tutte le onde. Per ottenere
lequazione differenziale di cui questonda e soluzione si puo procedere in-
serendo le equazioni di Maxwell in un mezzo non isotropo e con un insieme
specifico di fattori dissipativi.
Consideriamo ora di essere sul piano e di avere una serie di N sorgen-
ti disposte lungo un asse sul piano che indichiamo con x, poniamo ad una
2. INTERFERENZA E DIFFRAZIONE 95

distanza molto grande da questo uno schermo ad esso parallelo di questo con-
sideriamo un punto P (si veda fig. 2) di coordinata x. Nellapprossimazione

Figura 2. Interferenza

che abbiamo fatto la distanza D e talmente elevata rispetto a quella tra le


sorgenti che possiamo considerare P come il punto allinfinito per una di-
rezione, in questo modo abbiamo che gli unici raggi che raggiungono il punto
P sono quelli che partono sotto un angolo che possiamo calcolare come:
x
(2.11) tan =
D
chiamiamo queste onde:
A
(2.12) l = l ej(kl t)
l
per cui l = 0 + d sin + + d sin = 0 + ld sin , ma 0 >> ld sin , a
questo punto possiamo scrivere, posto := 0 + N 21 d sin , che:
X X A A X j(kl t)
= l (u) = l ej(kl t) = e =
l
l l l
A jt X jk(0 +ld sin ) A jt jk0 X jkld sin
= e e = e e e =

l l
" #
A jt jk0 ejN kd sin 1
(2.13) = e e =
ejkd sin 1
jN kd sin jN kd sin
" jN kd sin #
A jt jk0 e 2 e 2 e 2
= e e jkd sin jkd sin jkd sin == kd sin
e 2 e 2 e 2 2

ejN ejN ejN


 
A
= ejk0
j ej ej
se osserviamo che k = k + (N 1) possiamo scrivere:
A sin(N )
(2.14) = ej(kt)
sin
96 4. OTTICA

Dunque lintensita luminosa complessiva risulta essere:


A j(kt) sin(N ) 2
 
(2.15) I() = e
sin
passando al valor medio otteniamo:
sin2 (N )
(2.16) < I() >= I
sin2 ()
che e una funzione con N 1 zeri ed N 2 massimi.
Diffrazione Supponiamo di avere uno schermo su cui apriamo una fendi-
tura. Emettiamo unonda luminosa di direzione k da un lato dello schermo
e andiamo ad esaminare la zona illuminata al di la dello schermo. Differ-
entemente da quello che ci si aspetta la zona illuminata e maggiore della
dimensione della fenditura, si veda fig. 3. Supponiamo ora di osservare il

Figura 3. Diffrazione da una fenditura

fenomeno al contrario, ovvero di porre un ostacolo tra la fonte luminosa e lo


schermo, in questo caso ci aspettiamo un fascio dombra in corrisponden-
za dellostacolo, invece abbiamo anche in questo caso unarea illuminata piu
grande. Tuttavia, la penombra, anche se sembra un effetto di diffrazione,
in realta e un puro effetto geometrico dovuto ad una sorgente estesa. Come
possiamo spiegare il meccanismo che fa cambiare la propagazione della luce
da piana al profilo che ricaviamo sullo schermo?
Teorema 2.1 (Principio di Huygens-Fresnel). Ogni elemento d di un
fronte donda si puo considerare formalmente come una sorgente secon-
daria di onde sferiche in fase con la primaria e di ampiezza proporzionale
a quella dellonda primaria e allarea d. La perturbazione prodotta in un
punto dello spazio si puo sempre ottenere come sovrapposizione di tutte le
onde sferiche secondarie che raggiungono quel punto.
Questa formulazione ha, tuttavia, un problema, poiche utilizza onde
sferiche dovrebbe far si che si verifichino delle onde che procedono allindi-
etro, che, sperimentalmente, non esistono. Per compensare questa pecca
2. INTERFERENZA E DIFFRAZIONE 97

del principio sono state costruite delle teorie ad-hoc come il fattore di obliq-
uita, che modula lampiezza dellonda sferica in modo da cancellare gli effetti
allindietro. Per il nostro fine di spiegare la diffrazione tuttavia questo prin-
cipio e piu che sufficiente: quando londa incontra un mezzo opaco alcune
sue parti vengono fermate, mentre londa che passa al centro della fendi-
tura resta piana, le parti che sono vicine ai suoi bordi diventano sorgenti di
onde secondarie sferiche in accordo al principio.
Potremmo ora concentrarci su due casi di diffrazione. La diffrazione
in prossimita della fenditura (diffrazione di Fresnel) e la diffrazione su uno
schermo a grande distanza (diffrazione di Fraunhofer), tuttavia scegliamo di
lavorare solo sulla seconda per sfruttare una serie di approssimazioni simili
a quelle usate nel caso dellinterferenza.
Costruiamo unapprossimazione in modo simile a come abbiamo fatto
per il caso precedente, consideriamo una fenditura di ampiezza su uno
schermo di spessore d e poniamo a distanza D >> d uno schermo. Fissato
un punto P su questultimo abbiamo che questo risulta essere un punto
allinfinito per una fissata direzione , cioe detta x la sua coordinata sullo
x
schermo abbiamo che D = tan (si veda fig. 4). Consideriamo lelemento

Figura 4. Diffrazione di Fraunhofer

di onda d per questo possiamo scrivere lespressione dellonda come:

ad
(2.17) = ej(kt)

sfruttando di nuovo la solita notazione imponiamo:

d kd sin
(2.18) = 0 + sin = 0 + sin =
2 2
98 4. OTTICA

possiamo quindi scrivere londa risultante come:


Z d
a j(k0 t) d jk sin
Z
ad j(k(0 + sin )t)
= e = e e d =
0 0
d
a j(k0 t) ejk sin a j(k0 t) ejkd sin 1
(2.19) = e = e =
jk sin 0 jk sin
ad ej2 1 ad ej(k0 t) 1
= ej(k0 t) jkd sin =
2 2j
2
A
se poniamo ora a = d possiamo scrivere lultima come:
A j(k0 t) j ej ej
 
A sin
= e e = ej(kt) =
j2
(2.20)  
A sin j(kt)
= e = A(, )ej(kt)

Tutte le onde si comportano come londa media e questo giustifica la presen-
za del termine ek . La sua propagazione si comporta ancora come unonda
piana, ma lampiezza si comporta come quella di unonda sferica, A dipende
infatti sia da che da .
Per quanto riguarda lintensita dellonda possiamo scrivere:
sin2
(2.21) I = I0

per = 0 abbiamo lunico massimo possibile, in cui lintensita vale I0 ,
mentre abbiamo degli zeri per = n (vedi fig. 5). I valori di massimo

Figura 5. Intensita per la diffrazione di Fraunhofer

locale li troviamo per sin = 2


kd = d , se > d non abbiamo soluzioni,
mentre se < d abbiamo soluzioni. Il M AX = arcsin d . Se la feritoia e cos
stretta da avere > d abbiamo solo una zona illuminata, senza massimi
e minimi, ma il raggio luminoso che vediamo e piu grande di quello che
abbiamo proiettato.
2. INTERFERENZA E DIFFRAZIONE 99

Proviamo ora ad indagare il viceversa, cioe quando un ostacolo giace


nello spazio. Possiamo fare lintegrale per con estremi (, d) e (d, +)
ed ottenere una soluzione. Possiamo altrimenti introdurre il seguente:
Teorema 2.2 (Principio di Babinet). La figura di diffrazione prodotta da un
corpo opaco e identica a quella prodotta da unapertura complementare
con la stessa forma e dimensione. Salvo per = 0.
Detta A una configurazione di fenditure e B la sua configurazione com-
plementare abbiamo che T OT = A +B = 0 per 6= 0, ovvero A = B ,
mentre IA = IB , in quanto lintensita e proporzionale al quadrato. Per = 0
e piu luminoso il caso inverso rispetto a quello diretto, poiche nel primo
avviene il ricongiungimento delle onde che hanno superato lostacolo.

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