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COSTITUZIONE E PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA (LATTRIBUZIONE DELLE

FUNZIONI AMMINISTRATIVE SECONDO IL NUOVO ART. 118 COST.)

Il principio di sussidiariet, gi introdotto con forza dirompente nel Trattato sullUnione Europea,
assunto a criterio fondamentale dellintervento riformatore avviato, nel nostro ordinamento, a
partire dalla legge 59/1997, ha trovato, finalmente, copertura costituzionale espressa nella nuova
formulazione dellart. 118, risultante dalla legge costituzionale 3/2001 che ha modificato lintero
Titolo V della parte seconda della Costituzione. Si tratta, invero, di un principio che ha radici molto
risalenti e che, nel corso del tempo, ha acquisito una notevole ricchezza di contenuti, la cui
polivalenza concettuale dimostrata chiaramente dai precedenti teorici di riferimento.
La sussidiariet denota, infatti, un criterio ripartitorio funzionale che, applicato allambito giuridico
-normativo, esprime la ricerca di un ragionevole equilibrio tra istanze di carattere unitario e
vocazioni autonomistiche nei sistemi in cui vi sia unarticolazione di rapporti tra livelli istituzionali
centrali e periferici: in una simile prospettiva, la sussidiariet spinge alla ricerca dellambito
territoriale ottimale di esercizio delle funzioni pubbliche, da individuarsi nellentit istituzionale
maggiormente contigua allinteresse di volta in volta perseguito. Ci sulla base di alcuni
presupposti di fondo riconducibili alla volont di garantire alla persona e le comunit pi piccole
contro i rischi della centralizzazione del potere: il riconoscimento del valore della persona umana
rispetto allo Stato e della destinazione di questultimo a servizio della persona medesima; il
riconoscimento della gradualit delle comunit intermedie in cui si esprime la socialit delluomo e
in cui trova spazio la realizzazione della solidariet spirituale ed economica; la convinzione che lo
Stato possa e debba intervenire solo a sostegno de bisogni e degli interessi umani, cio solo ove
lindividuo o le comunit intermedie non bastino al soddisfacimento dei predetti bisogni e interessi.
Il principio in esame sottende tematiche di respiro amplissimo, che sono il portato dei precedenti
storici e teorici attraverso cui lidea della sussidiariet pervenuta fino al dibattito dei nostri giorni.
In particolare, secondo autorevole dottrina (DAtena) tre sono i filoni fondamentali cui possono
ricondursi le radico ideologiche della sussidiariet: la dottrina sociale della Chiesa cattolica, il
pensiero liberale e le elaborazioni teoriche sul federalismo.
La dottrina sociale cattolica, ponendosi lobiettivo principale della realizzazione del bene comune,
vede nella sussidiariet la condizione necessaria per assicurare la partecipazione di tutte le
componenti sociali al raggiungimento di detto fine. Una sintesi chiara di questo modo di intendere
la sussidiariet, come valore fondato sul primato etico della persona sugli apparati istituzionali,
costituita dallEnciclica Quadragesimo anno del 1931, ove si sottolinea come non possa essere
demandato ala comunit alcun compito che luomo non possa realizzare con le proprie risorse e
con la propria iniziativa; di qui il ruolo suppletivo delle autorit dello Stato che devono sostenere le
comunit sociali piuttosto che assorbirle. Nello stesso tempo, lEnciclica Mater et magistra del
1962, che traspone il medesimo concetto sul piano del rapporto tra iniziativa privata e intervento
pubblico statale nelleconomia, concepito come intervento volto a incoraggiare, stimolare, regolare
lattivit privata ogniqualvolta ci appaia necessario nellinteresse del singolo. Di qui, in sostanza,
lidea che la sussidiariet fondi lautonomia dellindividuo rispetto alle comunit intermedie e, poi,
dinanzi alle autorit istituzionali, secondo una concezione che, in senso positivo, impone allentit
superiore di intervenire quando necessario, e nel suo aspetto negativo vieta allautorit superiore
di assumere funzioni che non le competano: se questa deve intervenire, in via sussidiaria, per
supplire alle carenze, dovr ritirarsi quando avr messo lentit inferire in grado di operare.
Nella tradizione del pensiero liberale laccento posto sulla sussidiariet quale strumento di tutela
della libert individuale, principalmente nellambito dei rapporti economici: nella dialettica Stato
mercato, secondo la prospettiva elaborata in particolare dagli ordoliberali di Friburgo, lintervento
pubblico dovrebbe assolvere a una funzione correttiva di eventuali inefficienze delle dinamiche
concorrenziali.
Infine nelle teorizzazioni del federalismo, il modello della sussidiariet utilizzato come parametro
per la divisione dei poteri e delle funzioni, in senso verticale, tra Stato centrale e Stati membri: la
riserva della generalit dei compiti allambito di governo pi vicino ai cittadini consente maggiori
livelli di partecipazione democratica dei cittadini, mentre il potere centrale dovrebbe occuparsi solo
di ci che gli altri enti non sono in grado di svolgere.
Attraverso queste correnti di pensiero, il principio di sussidiariet pervenuto al dibattito giuridico
odierno che ne ha individuato i contenuti strutturali fondamentali nel suo denotare un criterio di
preferenza che, nella relazione tra entit diverse, siano esse le istituzioni territoriali di governo, gli

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enti territoriali e gli enti funzionali o, ancora, gli apparati pubblici e la societ civile, procede a
vantaggio dellambito pi vicino allinteresse coinvolto. La sussidiariet esprime, dunque, un
principio politico che, in senso verticale, invita il legislatore a partire dal basso nellallocazione
delle funzioni pubbliche, mentre, in senso orizzontale, riserva allautorit istituzionale un ruolo
meramente suppletivo dinanzi ai meccanismi di autoregolazione propri della societ civile. Vi
peraltro da sottolineare che, nonostante le radici teoriche del principio di sussidiariet siano
piuttosto risalenti, esso si imposto allattenzione della dottrina giuspubblicistica soprattutto dopo
la sua codificazione, nel 1992, nel Trattato istitutivo dellUnione Europea. Lesperienza comunitaria
ha segnato, infatti, una tappa fondamentale nella stratificazione della portata della sussidiariet
intesa non pi come principio etico, ma come criterio giuridico di azione e di organizzazione dei
pubblici poteri. Furono le istanze di tipo liberista promananti dal capitalismo europeo a premere per
lintroduzione, col Trattato di Maastricht, del principio di sussidiariet nellordinamento comunitario:
esso doveva, infatti, fungere da argine garantista dinanzi alle spinte pi marcatamente
centralistiche degli apparati di Bruxelles. Cos, lart. 5 del Trattato istitutivo subordina la legittimit
dellintervento sostitutivo della Comunit, nelle materie di competenza concorrente, alla
valutazione preventiva della capacit di azione degli Stati membri e, eventualmente, alla verifica
della maggiore efficace, efficiente e adeguato alle finalit perseguite (Bin). In tal senso,
lordinamento comunitario ho introdotto lidea di una coamministrazione per obiettivi, che supera
ogni attribuzione formale delle competenze tassativamente prestabilite, dimodoch le attribuzioni
seguono il livello variabile degli interessi, collocandosi di volta in volta nellambito di governo
maggiormente idoneo alla cura di questi ultimi. In altri termini, lapplicazione del principio di
sussidiariet comporta che la scelta del centro di potere competente ad assumere una determinata
decisione segua un criterio di congruit rispetto alle modalit dellazione, con preferenza per lente
pi vicino ai cittadini; ci sullo sfondo di un sistema di amministrazione elastico e il pi possibile
costruito secondo una logica che, guidata dal criterio dellinteresse, procede dal basso. In tal modo
la sussidiariet si configura come dispositivo dinamico che, enunciando la competenza del livello
inferiore come regola generale, prevede le condizioni che possono giustificare lintervento del
livello distante dal cittadino. Era peraltro inevitabile che questo tipo di formulazione ponesse, sul
piano pratico, problemi di non poco momento, legati alla difficolt di tradurre le suddette condizioni
in parametri certi, in grado di orientare il sindacato giurisdizionale sulla loro sussistenza: la
formulazione della sussidiariet come dispositivo dinamico pu sfociare, infatti, nellarbitrariet
della decisione giurisdizionale o, allestremo opposto, in un atteggiamento di deferenza del giudice
nei confronti delle decisioni assunte nellambito politico, il che comporterebbe lo svuotamento di
ogni carica prescrittiva del principio medesimo (DAtena). Proprio per sfuggire a una simile
alternativa, a partire dal Consiglio europeo di Edimburgo, si fatto ricorso alla via della
procedimentalizzazione dellazione comunitaria: questa viene scandita in unistruttoria normativa
che, attraverso passaggi consequenziali ben precisi, tende ad ancorare le ragioni della
sussidiariet ad obblighi e principi guida ben precisi, che le istituzioni sono tenute ad osservare
soprattutto nella fase di iniziativa e poi, seppure in forma pi attenuata, nelle fasi susseguenti.
Il medesimo principio di sussidiariet poi formulato, nello stesso Trattato di Maastricht (art. 1
comma 2 e preambolo) in una versione statica, nella misura in cui, nellelencazione degli obiettivi
dellintegrazione europea, viene indicato anche quello di creare unUnione sempre pi stretta tra i
popoli dellEuropa, in cui tutte le decisioni siano prese il pi vicino possibile ai cittadini.
Ebbene, sulla base dellesperienza cos maturata nellordinamento comunitario, il principio di
sussidiariet ha esercitato una notevole tendenza espansiva, refluendo nel dibattito interno al
nostro ordinamento e polarizzando, a partire dalla sua consacrazione nel Trattato di Maastricht,
lattenzione di studiosi e operatori del diritto. Ed infatti, le esigenze di adeguamento, in chiave
comunitaria, del sistema pubblico istituzionale hanno condotto ad un ripensamento complessivo
dei principi regionalistici presenti nella nostra Costituzione: il recepimento del principio di
sussidiariet, dapprima con la legge n. 59/1997 e i provvedimenti ad essa susseguenti e,da ultimo,
con la revisione delle norme costituzionali in materia, segna indubbiamente un netta censura tra la
struttura dei rapporti tra Stato e autonomie locali, delineata nelle prime due fasi del processo di
trasferimento delle funzioni statali alle Regioni, e lultima fase di decentramento istituzionale, che si
caratterizza per avere determinato un concreto riassetto delle relazioni tra Stato, Regioni ed
autonomie locali. Autorevole dottrina ha peraltro evidenziato che, ancor prima di questi interventi
legislativi, la Costituzione, pur difettando di una formulazione espressa del principio in esame,

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contenesse in s previsioni sostanzialmente ispirate alla sussidiariet (principio costituzionale non
scritto secondo DAtena; di diverso avviso, tra gli altri, Bartole).
Secondo tale ricostruzione, nonostante il fatto che il principio sia rimasto sostanzialmente estraneo
al dibattito svoltosi in Assemblea costituente (fatta eccezione per unisolata presa di posizione
dellonorevole Dossetti), ove la tematica dei rapporti tra cittadini e Stato e la questione del
pluralismo istituzionale furono incentrate rispettivamente sulla dialettica autorit libert, o sulla
mediazione tra principio autonomistico e istanze superiori di unitariet, la Costituzione conterrebbe
le tracce di unimpostazione comunque riconducibile alla logica della sussidiariet. Ci varrebbe, in
particolare, per le norme che regolano il rapporto tra Stato e alcune formazioni sociali, verso le
quali la Costituzione pone un criterio di preferenza formulato staticamente attraverso la fissazione
di una riserva di competenza normativa in loro favore. Sarebbe il caso dellart. 33 ultimo comma
della Costituzione che, in nome dei principi sulla libert di insegnamento e della scienza, legittima
le Universit a darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato: queste leggi,
dunque, non potrebbero comprimere lautonomia normativa delle Universit fino a privarle di ogni
possibilit concreta di esplicazione. Analoghe osservazioni vengono proposte circa la disciplina
dettata per le confessioni diverse da quella cattolica, abilitate a regolare autonomamente la propria
organizzazione ai sensi dellart. 8 comma 2 della Costituzione.
Un esempio di applicazione dinamica sarebbe poi rinvenibile nella disciplina dettata per la famiglia
che, allart. 30 Cost., pone sui genitori il dovere e il dritto di mantenere, istruire ed educare i figli,
consentendo la devoluzione di tali compiti ad altri soggetti solo per il caso di incapacit dei genitori
medesimi. Sul piano, invece, dei rapporti tra lo Stato e le autonomie regionali e locali, al modello
della sussidiariet, sempre intesa in senso dinamico, viene ricondotto lart. 5 Cost. che, secondo
questa lettura, sottende una decisione di preferenza in favore delle autonomie locali; nello stesso
senso, la norma dellart. 118 che, nella sua formulazione originaria, prevedeva listituto della
delega legislativa dallo Stato alle Regioni e dalle Regioni agli Enti locali le funzioni di interesse
esclusivamente locale, sottraendole ala Regioni (comma 1).
Dallinsieme delle norma costituzionali considerate la ricordata dottrina traeva, poi, la conseguenza
che nei settori caratterizzati dalla presenza di enti territoriali o comunit intermedie, espressivi del
pluralismo istituzionale e sociale, gli interventi del legislatore statale dovessero limitarsi
allintroduzione dei principi generali: in caso contrario, infatti, sarebbero stati violati quegli ambiti
imprescindibili di esplicazione garantiti dalla Costituzione. a prescindere, comunque, dalla
possibilit di interpretare le norma costituzionali in chiave di sussidiariet, quel che certo che,
nellattuazione storica del modello regionale disegnato dalla Costituzione, prevalso il ricorso a
strutture istituzionali fortemente burocratizzate ed accentratrici, configurate secondo equilibri di
stampo gerarchico-piramidale che, contrariamente al dettato costituzionale stesso, hanno
consentito lo spostamento sistematico di importanti settori di competenza a favore dello Stato.
dinanzi a questo stato di cose, un primo momento di svolta si ebbe con la legge n. 142/1990:
questa, secondo autorevoli commentatori (Vandelli), avrebbe introdotto una regolamentazione dei
rapporti tra Comuni, Province e Regioni che, fondando la distribuzione delle competenze tra i livelli
di governo sul parametro dellinteresse pubblico coinvolto, appare nettamente conformata ai
contenuti della sussidiariet verticale. La legge n. 59/1997 segna, invece, la prima definitiva ed
espressa introduzione della sussidiariet nel nostro diritto positivo, con riferimento tanto ai rapporti
tra societ civile e potere politico, quanto alla questione del riparto delle attribuzioni tra i titolari
delle funzioni pubbliche: essa, allart. 4 comma 3, lett. a), prevede infatti che la distribuzione della
generalit dei compiti e delle funzioni amministrative fra Comuni, Province e comunit montane
avvenga secondo e rispettive dimensioni territoriali, associative ed organizzative, ad esclusione
delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, poich queste ultime vanno attribuite
alle Regioni. La medesima disposizione pone, altres, a capo delle autorit territorialmente e
funzionalmente pi vicine ai cittadini, le responsabilit pubbliche e ci anche al fine di favorire
lassolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e
comunit, aprendo cos alla sussidiariet orizzontale nei rapporti tra potere pubblico e societ
civile (Pastori). Si tratta, invero, di un passaggio importante e ricco di implicazioni notevoli sul
piano della concezione complessiva del modo in cui i pubblici poteri devono essere esercitati: la
sussidiariet orizzontale, infatti, non richiede, semplicisticamente, lattuazione di processi di
privatizzazione indiscriminata; piuttosto,essa postula la funzionalizzazione degli interventi pubblici
per tutto ci per cui il privato non basti. In tal senso, le azioni pubbliche non soltanto devono
essere attentamente calibrate, in modo che i loro effetti non vadano al di l di quanto necessario e

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sufficiente per rapportarsi sussidiariamente al privato ma, altres, per rispondere veramente al
pluralismo della societ civile, dovrebbero il pi possibile appoggiarsi agli enti funzionali,
strutturalmente incardinati nel contesto degli interessi cui la loro attivit istituzionalmente si rivolge
(DAtena).
Sussidiariet verticale e orizzontale sono confluite, da ultimo, nel nuovo testo dellart. 118 Cost.,
che pare porsi a suggello dei processi di riforma precedentemente avviati in un contesto a
Costituzione invariata; resta per da valutare il pieno significato e lincidenza reale della modifica
costituzionale in questione: in altri termini occorre verificare i risultati concreti ottenibili a seguito
della definitiva introduzione della sussidiariet nel nostro impianto istituzionale. Il nuovo art. 118
Cost. sembra avere gettato le basi di un nuovo sistema amministrativo, strutturato in modo da
essere coerente con la previsione dellart. 114 Cost., secondo cui la Repubblica costituita dai
Comuni, dalle Province, dalle Citt metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. Specularmente alla
scelta in favore di un pluralismo istituzionale paritario (Cammelli), lamministrazione italiana
sembra identificare ora un sistema di tipo policentrico (Pizzetti), incentrato primariamente sui
Comuni (Cassese): secondo lart. 118 Cost., infatti, le funzioni amministrative possono essere
esercitate da ciascuno dei diversi livelli di governo, salvo il principio generale di attribuzione ai
Comuni, per cui Province, Citt metropolitane, Regioni e Stato, paritariamente considerati,
possono intervenire solo se e nella misura in cui la loro azione sia necessaria ad assicurare
lesercizio unitario delle funzioni ad esse assegnate e sempre che ci avvenga sulla base dei
principi di sussidiariet, differenziazione e adeguatezza.
Al di l delle diverse letture che la dottrina ha proposto al riguardo, appare certo che la
formulazione del nuovo art. 118 segna una cesura netta rispetto al sistema previgente, che
incentrava sullamministrazione dello Stato la titolarit della competenza generale, ossia lesercizio
di tutte le funzioni che non fossero proprie, attribuite o conferite alle Regioni e agli altri Enti
territoriali. Nel nuovo testo costituzionale, peraltro, la funzione amministrativa viene scissa da
quella legislativa: laddove le norme del Titolo V, nella loro formulazione originaria, sancivano il
parallelismo delle due funzioni predette, ora, al contrario, le funzioni amministrative sono attribuite
ai Comuni, che non dispongono di poteri legislativi. Nellassetto precedente, in sostanza, le
Regioni avevano la titolarit delle funzioni amministrative parallele a quelle legislative; agli enti
locali spettavano le funzioni attinenti agli interessi esclusivamente locali; allo Stato rimaneva ogni
altra funzione pubblica; nel sistema attuale, invece, la clausola residuale che, in nome del principio
di sovranit, prima operava a favore dello Stato, opera a favore dei Comuni, in nome del principio
di sussidiariet (Bin, Piraino). Ci non pare revocato in dubbio dalla previsione dellart. 118,
comma 2, secondo cui le funzioni amministrative sono conferite a Comuni, Province, Citt
metropolitane con legge dello Stato o della Regione, a seconda dei rispettivi ambiti di competenza
legislativa, poich si tratta di una norma che riguarda la disciplina dei soggetti e delle fonti che
devono provvedere ai conferimenti stessi; sembra in fatti prevalente la lettura che vede nellart.
118, comma 1, una norma che non attribuisce direttamente le funzioni ai Comuni ma, piuttosto,
pone i principi che sovrintendono alla devoluzione successiva delle funzioni (Pizzetti, Corpaci,
Cammelli).
Lo stesso vale per la norma contenuta nellart. 117, comma 2, lettera p), che affida alla legge dello
Stato la determinazione delle funzioni fondamentali comunali e provinciali e delle Citt
metropolitane, cosa che, secondo autorevole dottrina (Pizzetti), metterebbe comunque in
discussione il ruolo di primazia che il nuovo sistema amministrativo assegna ai Comuni.
La pubblica amministrazione, dunque, si configura, nel nuovo sistema delineato dallart. 118 Cost.,
come amministrazione essenzialmente locale ove lallocazione delle funzioni presso i livelli di
governo diversi dal Comune pu avvenire solo in via derogatoria e sulla base dei principi di
sussidiariet, differenziazione e adeguatezza, dalla cui applicazione dipende la concreta messa in
opera della riforma. In pi, il 4 comma dellart. 118 aggiunge che Comuni, Province, Citt
metropolitane, Regioni e Stato favoriscono lautonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati,
per lo svolgimento di attivit di interesse generale, sulla base del principio di sussidiariet.
Il principio di sussidiariet, dunque, in senso verticale e orizzontale, viene posto al centro del
sistema amministrativo e dal modo in cui sar interpretato e combinato con i criteri di adeguatezza
e di differenziazione dipenderanno una serie di conseguenze di amplissima portata, relativamente
alle regole e ai modelli organizzativi da adottarsi concretamente, ai principi dellazione
amministrativa, alla distribuzione delle funzioni e ai rapporti tra diversi enti ed apparati. In tal
senso, la sussidiariet dovrebbe valere a dislocare non solo la titolarit ma anche lesercizio

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dellamministrazione al livello di governo pi vicino agli amministrati, con preferenza per lambito
locale e, soprattutto, comunale (Cammelli, Clarich, De Martin).
Differenziazione e adeguatezza, poi, dovrebbero fungere da correttivi volti a garantire lattenzione
per le dimensioni e la capacit di governo dei singoli Enti quali condizioni per il conferimento ad
essi delle responsabilit amministrative: ci con leffetto di stimolare lassociazionismo comunale
come regola e presupposto per il conferimento delle funzioni ai Comuni di pi piccole dimensioni
(Cerulli Irelli).
Sulla base dei predetti principi lallocazione dei compiti e delle funzioni amministrative dovrebbe
essere calibrata in relazione alle caratteristiche dimensionali, associative ed organizzative dei
diversi livelli di governo, in modo che non possano essere imputate alla titolarit di un Ente quelle
funzioni che appaiano incompatibili con le sue capacit di azione. In particolare, il principio di
adeguatezza dovrebbe imporre una verifica costante sullidoneit effettiva delle singole
Amministrazioni chiamate in causa ad adempiere efficacemente, sul piano organizzativo,
allesercizio delle funzioni, secondo una valutazione basata altres sulla dimensione concreta degli
interessi coinvolti; mentre in principio d differenziazione dovrebbe richiedere una considerazione
attenta, nella dislocazione di compiti connessi allinteresse pubblico, delle caratteristiche
demografiche, territoriali e strutturali degli enti riceventi.
Sussidiariet, differenziazione e adeguatezza sovrintendono, dunque, allallocazione e allesercizio
delle funzioni amministrative tra i vari ambiti istituzionali che, secondo lart. 114 Cost., formano la
Repubblica; non si tratta, ovviamente, di un riparto di tipo tradizionale, cio di una distribuzione
definitiva delle competenze, ma di un metodo di assegnazione che , per sua natura, dinamico per
cui Comuni, Province, Citt metropolitane, Regioni e Stato non si configurano pi quali enti titolari
di una sfera di attribuzioni aprioristicamente determinata, ma come soggetti dotati di compiti
interscambiabili secondo canoni di differenziazione ed adeguatezza, pronti cio ad intervenire in
via sussidiaria laddove le istituzioni pi prossime ai bisogni collettivi non siano in grado di dare
risposte esaurienti. Pluralismo paritario e sussidiariet sembrano delineare, dunque, una nuova
prospettiva istituzionale oltre che una diversa configurazione del sistema amministrativo, fondata
su un forte potenziamento delle autonomie e su una rinnovata concezione dellunit che passa,
ora, attraverso la differenziazione e il policentrismo, in modo da recuperare pienamente le
potenzialit inserite nel principio autonomistico dellart. 5 Cost.. Se, per, vi accordo pressoch
unanime sul significato complessivo della riforma passando dal piano dei principi a quello della
attuazione concreta, molteplici sono i problemi interpretativi connessi alla chiarificazione del nuovo
sistema amministrativo: si tratta, infatti, di determinare le funzione degli enti locali secondo la
scansione delle funzioni in fondamentali, proprie, attribuite e conferite che emerge dalla
terminologia costituzionale, bisogna poi evidenziare i risvolti procedimentali della riforma, ovvero
individuare le modalit idonee a realizzare la complessa opera di riallocazione effettiva dei compiti
amministrativi e delle risorse connesse, in modo da definire in concreto quali siano le funzioni
spettanti ai Comuni e, per deroga, agli altri soggetti del sistema.
Sotto tale aspetto, la riforma pone, peraltro, precise implicazioni di metodo: la ridefinizione
dellassetto delle funzioni, infatti, non pu che avvenire in un contesto condiviso dove, cio, gli enti
riceventi possano concorrere, in sede di concertazione delle decisione e poi di autodeterminazione
organizzativa, a dettare le linee portanti del sistema.
Un altro nodo da sciogliere quello che attiene, infine, alla configurazione del rapporto
intercorrente tra la sussidiariet verticale e quella orizzontale. Circa la prima delle questioni
prospettate, non vi concordia in dottrina sul significato delle diverse formule utilizzate dal
legislatore costituzionale con riferimento alle funzioni degli enti locali: secondo alcuni Autori, infatti,
vi sarebbe sostanziale coincidenza tra le funzioni fondamentali di cui allart. 117, comma 2,
lettera p), e quelle proprie di cui allart. 118 (Corpaci, Falcon, Pizzetti). Di diverso avviso, invece,
altra parte della dottrina, secondo cui le funzioni proprie sarebbero da riconnettere alla ragion
dessere e al ruolo di ciascuna istituzione autonomistica (Pototschnig, Pastori, De Martin): in
quanto legate alla tipizzazione storicamente definita degli interessi comunitari, esse sarebbero
identificate dalle funzioni gi devolute ai detti enti dal corpus normativo previgente, secondo un
processo acquisitivo ormai consolidatosi con caratteri di irreversibilit (Mangiameli). In tal senso, le
funzioni proprie sarebbero sostanzialmente coincidenti con quelle attribuite. Lart. 117, comma 2,
lettera p), avrebbe invece una valenza di tipo pi direttamente istituzionale; riguarderebbe cio la
individuazione dei principali elementi di organizzazione, essenziali e perci necessariamente
comuni a ciascuna categoria di enti locali (Bin). Funzioni conferite sarebbero, invece, quelle che ai

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sensi e per gli effetti stabiliti dallart. 118, comma 1, cio per assicurarne lesercizio unitario,
possono essere sottratte ai comuni per collocarsi sussidiariamente a livelli pi alti.
Alla luce di ci, il processo attuativo dellart. 118, cos come condizionato dallart. 117, comma 2,
lettera p), dovrebbe certamente rifuggire dalla posizione di norme statali di dettaglio nella
determinazione delle funzioni fondamentali degli enti locali, cio di quelle funzioni che paiono
imprescindibili, in quanto connaturate e connotanti i diversi ambiti istituzionali (De Martin), in modo
da lasciare spazio adeguato ai legislatori regionali e alla regolazione locale nella definizione delle
procedure, degli strumenti e dei tempi per rendere operativa la riallocazione delle funzioni e delle
risorse secondo i parametri di sussidiariet e di differenziazione. Inoltre, secondo la ricordata
lettura, si potrebbe anche argomentare che il T.U. delle leggi sullordinamento locale (d.lgs.
267/200), attuando, per definizione dello stesso legislatore, i principi di sussidiariet,
differenziazione e adeguatezza, ha gi determinato le funzioni fondamentali dei Comuni e delle
Province (individuate rispettivamente nelle funzioni amministrative che riguardano la popolazione
e il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunit,
dellassetto e utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia
espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive
competenze e nelle funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone
intercomunali o lintero territorio provinciale); i decreti attutivi delle leggi Bassanini e le leggi
regionali che vi hanno fatto seguito avrebbero invece fissato le funzioni proprie degli enti locali.
La l. cost. 3/2001 sarebbe, dunque, intervenuta a dare copertura costituzionale ad un percorso di
riforma delle funzioni amministrative gi precedentemente avviato a Costituzione invariata (Bin),
consolidando, con la scansione delle funzioni in fondamentali, proprie e conferite, una
metodologia che chiama in causa il legislatore statale per la determinazione delle prime e, per il
resto, il legislatore statale e regionale, a seconda delle materie di competenza. Il nuovo testo
dellart. 118 Cost. impone, poi, che nel procedimento di riallocazione delle funzioni amministrative,
si segua altres una direzione che muove dal pubblico verso il privato, a favore del quale opera la
riserva posta dalla sussidiariet orizzontale. Si tratta, come si detto, di un principio che serve a
definire lambito complessivo e i limiti dei pubblici poteri, considerati nel loro complesso, dinanzi al
contributo che la societ civile ed economica pu autonomamente offrire nella realizzazione degli
interessi della collettivit. In tal senso, il riconoscimento del ruolo svolto dai privati dovrebbe, forse,
precedere la definizione stessa delle funzioni pubbliche in quanto tali, cio la loro distribuzione in
senso verticale tra i diversi enti di governo.
Ma le dinamiche connaturate allidea stessa della sussidiariet potrebbero anche comportare che,
assegnate le funzioni ai diversi livelli istituzionali, questi valutino se gestirle direttamente o, al
contrario, esternalizzarle al di fuori delle proprie strutture organizzative (Clarich), proiettandole
verso i soggetti della sussidiariet orizzontale. In tal modo, il principio di sussidiariet orizzontale,
ancorch formulato in termini esortativi, acquista una valenza generale quale diretta espressione
della flessibilit e della differenziazione che caratterizzano le modalit di organizzazione e gestione
delle competenze secondo modelli diversificati, autonomamente individuabili da Stato; Regioni,
Citt metropolitane, Province e Comuni con riferimento a quanto di propria spettanza (Corpaci).
di tutta evidenza che le difficolt interpretative poste dal nuovo testo costituzionale, unitamente
alla complessit della materia stessa su cui esso viene ad incidere, rendono pi che mai
problematica lattuazione di una riforma, quale quella del Titolo V della Costituzione, le cui
implicazioni pratiche restano tutte da esplorare; nonostante questo non si pu negare che,
comunque, i principi di sussidiariet verticale ed orizzontale e di adeguatezza hanno delle
implicazioni tali da comportare una totale rivisitazione del sistema amministrativo, concepito, ora,
come sistema fortemente differenziato quanto allintestazione delle funzioni e quanto alle modalit
del loro svolgimento. facilmente intuibile, infatti, che lenorme riallocazione dei compiti
amministrativi con perno sul sistema locale comporter il corrispondente ripensamento
dellorganizzazione stessa centrale e regionale, con evidenti e dirette conseguenze sulla
strutturazione dei rispettivi assetti di governo.
La costituzionalizzazione espressa del principio di sussidiariet, quale riflesso speculare del
pluralismo istituzionale paritario di cui al nuovo art. 114, assume, inoltre, un valore che va ben oltre
la ridefinizione delle sfere di attribuzione dei vari enti che compongono la Repubblica, poich
sottende labbandono definitivo dellidea gerarchica per cui allo Stato era riservato il potere-dovere
di provvedere alla cura degli interessi generali: in una prospettiva radicalmente mutata la
supremazia dello Stato stata sostituita dalla sussidiariet che pone, in prima battuta, le funzioni

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al livello comunale, immediatamente contiguo ai cittadini, salva la possibilit di una loro
dislocazione verso lalto dettata da ragioni di adeguatezza.
Se nella precedente formulazione le norme del Titolo V della Costituzione sostanzialmente
ritagliavano per le Regioni uno status di autonomia nellambito di un sistema istituzionale statale in
s compiuto e positivamente definito, le nuove norme costituzionali hanno delle implicazioni che
trascendono la strutturazione dellordinamento regionale: esse toccano, infatti, i nodi cruciali che
attengono alla individuazione del ruolo, dei compiti e dei doveri dello stesso Stato, calato nel
contesto di una rinnovata unit della Repubblica che, necessariamente, articolata in modo
differenziato e sussidiario. Ed infatti, anche lo Stato tenuto ad osservare i principi di sussidiariet,
differenziazione e adeguatezza nellesercizio dei compiti che rimarranno attratti alla sua sfera di
azione amministrazione e, forse, soprattutto, nel provvedere al conferimento delle funzioni.
Si tratta, ovvio, di parametri elastici che garantiscono al legislatore notevoli spazi di
discrezionalit, non pu sottacersi, per, come di tutto ci dovr tenere conto la Corte
Costituzionale, nel giudicare sulla legittimit costituzionale delle leggi statali o anche regionali in
tema di allocazione delle competenze amministrative (Falcon), con conseguenze prevedibilmente
importanti sullo sviluppo complessivo dellordinamento. In tal modo, lintroduzione della
sussidiariet verticale e orizzontale nei processi di decentramento amministrativo e, ora, nella
configurazione costituzionale dei rapporti istituzionali tra gli Enti che compongono la Repubblica,
contribuisce alla creazione di un nuovo sistema ordinamentale che, rotta definitivamente lunit
amministrativa statale, tenta di ricostruire le separazioni tra Stato e societ, tra pubblico e privato,
tra territoriale e non territoriale, nellambito di processi decisionali complessi, espressivi di una
nuova governance (Pizzetti), in grado di implementare circuiti nuovi e diversificati per
lassolvimento, nel modo pi soddisfacente possibile, dei compiti e delle attivit pubbliche.
Se, dunque, la riforma costituzionale implica necessariamente ladozione di soluzioni pratico-
applicative che appaiono in parte da approfondire e in parte da elaborare ex novo, resta comunque
il fatto che la fissazione di principi costituzionali, tra cui quello di sussidiariet, che ne dettano
lispirazione di fondo, dovranno guidare lintero processo attuativo verso direzioni che sembrano
allontanarsi dalle caratteristiche consolidate del regionalismo pregresso.

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