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INTERVISTAA SERGEJ BABURIN

INTERVISTA A SERGEJ BABURIN*


di Tiberio Graziani e Daniele Scalea

Come vede la situazione socioeconomica della Russia, dalla crisi


economico-finanziaria di fine 2008 fino ai nostri giorni?

La crisi del 2008 è piombata sulla Russia in un momento in cui la Russia era
fortemente preparata per questa crisi. I miglioramenti della Russia sono cominciati a
seguito di un crollo totale del mercato economico. Sono due i motivi per i quali la
Russia, all’inizio del 2008, era preparata a questo crollo economico: a partire dalla
formazione del governo di Primakov nel 1998 la Russia ha adottato dei provvedimenti
economici di protezionismo e conservazione della crescita economica; il secondo motivo
è il cambio da Eltsin a Putin avvenuto in un momento di grande sviluppo mondiale
dell’economia. Quindi il grande volume di scambio di prodotti in quel periodo ha
contribuito alla grande liberalizzazione dei mercati, la produzione di merci di vario
genere in Russia nel 2008 già era abbastanza forte, anche se inferiore alla quantità di
prodotti di dieci anni prima, e questo ha permesso alla Russia di resistere alla grande
crisi del mercato. Inoltre è iniziata una crisi del sistema bancario, anche se io penso
che non tutte le scelte del governo russo sono adeguate per affrontare questa crisi, in
Europa è molto più forte lo stato sociale e la difesa dei diritti sociali e le varie decisioni
per quanto riguarda la gestione delle risorse sono prese più a cuore dai governi europei.
In Russia invece il ritorno al liberalismo si ripercuote in modo negativo sul modo di
fronteggiare la crisi sul piano sociale. Le grandi risorse naturali ed economiche presenti
in Russia adesso hanno iniziato ad esaurirsi man mano e gli errori della banca centrale
russa non hanno permesso di sostenere adeguatamente l’economia. Quindi questi
errori nella politica finanziaria possono portare una seconda ondata di crisi in Russia
che costituirebbe una minaccia molto più reale di quanto non lo sarebbe per l’Europa.
Il pericolo maggiore è che questa minaccia economica può trasformarsi in una fonte
di instabilità politica.

Alcune recenti azioni svolte dal tandem Medvedev-Putin nel quadro della
politica interna (per esempio, la notevole attenzione per liberalizzare il
mercato interno e la grande concessione ai cosiddetti oligarchi per la politica
di sviluppo economico in Siberia) e negli affari esteri (per esempio, la
particolare attenzione rivolta a Israele nella scacchiera Medio-orientale, un
minore coinvolgimento russo nel sostegno al piano nucleare civile iraniano)
ci danno la percezione che la leadership russa è stata guidata in una direzione
EURASIA

tecnocratica. Secondo lei, è vero? (Come si spiega questa nuova tendenza?)

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