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AA.VV. Contributi di filologia greca acura di TTALo GALLO ARTE TIPOGRAFICA - NAPOLI In conformita all’art. 14 del Regolamento per le pubblicazioni del- l'Universita di Salerno, questo volume é stato sottoposto all’esame preventivo della Commissione referente costituita all’interno del Di- partimento. Copyright © 1990 del Dipartimento di Scienze dell’ Antichita dell’ Universita di Salerno “Avatsiwoc: DA PLUTARCO AD EMPEDOCLE (Emp., fr. 27a D.-K. = Plut., mor., 777c) 08 asta o8Sé te Bfipts dvatoyog év uehéeoaw Sul fr. 27a D.-K. di Empedocle non sembrano esservi dubbi esegetici: secondo la quasi totalita degli interpreti il poeta-filosofo immagina lo sfero, nel momento della sua immobile compat- tezza'. Né dubbi sull’attribuzione sono stati sollevati sin da quando il Bergk’ riconobbe nelle parole riportate anonime da Plutarco una citazione del filosofo di Agrigento. Vorrei pero fare qui qualche osservazione su alcuni particolari — forse non secondari per l’esegesi empedoclea — ma che colpiscono senz’altro il lettore di Plutarco’. Egli é per noi l’unico testi- ' Perplessita esprime, a quanto mi risulta, il solo E. Minar, Cosmic pe- riods in the Philosophy of Empedocles, «Phronesis», 8, 1963, p. 135, nota 2. 2 Tu. Berck, Kleine philologische Schriften, Halle 1884-86, vol. II (1886), p. 49: «Und so mochte ich auch den Vers eines unbekannten Dichters bei Plu- tarch, maxime cum principibus philosopho esse disserendum, c. 2 fiir Empedo- Kleisch halten: od ovdorc fv 0b Biipig daiowos év uehéeoaw. Denn so lese ich statt é- vaisiuog». Le parole riportate sono tratte dalla recensione a S. Karsten, Empe- doclis Agrigentini Carminum Reliquiae, Amstdeolani 1838, apparsa in «Zeitschrift fiir die Alterthumswissenschaft», 1842, coll. 1001-1011. Sulla lettura di Bergk ritornerd pid avanti. > Cito il testo plutarcheo, di norma, secondo I’edizione teubneriana: Plu- tarchi Moralia, vol. V, fasc. 1, recensuit et emendavit C. Husert, praefationem scripsit M. Poutenz, editio altera correctior, addenda adiecit H. Drexter, Lip- siae 1960 (d’ora in poi: Hubert). Vanno ricordate anche le altre edizioni corren- ti: quella con traduzione inglese a cura di H.N. Fowier, Plutarch’s Moralia, vol. X, Loeb, Cambridge Mass.-London 1960, ¢ la pid recente, con traduzione fr: cese, curata da M. Cuvicny, Plutarque, Oeuvres Morales, tome XI, premiere partie, Les Belles Lettres, Paris 1984 (dora in poi, rispettivamente, Fowler e Cu- vigny). Ho tenuto presenti, tra le edizioni pitt antiche, in particolare quelle del Wyttenbach (Oxford 1795-1830), del Diibner (Paris 1841-44) e del Bernardakis (Lipsiae 1888.95). 122 Contributi di filologia greca monio di questo frammento empedocleo ed appare dunque di una certa importanza osservare il contesto nel quale la citazio- ne é inseri Allinizio del secondo capitolo del maxime cum principi- bus philosopho esse disserendum, Plutarco constata: +0 8& Aéyew Br Bo Aéyor claiv, & wév evBd0ero¢ treudvos ‘Hood dapov, 6 3 dv npopops Sidxropo xai dpyavixds, Ewhdv ocr xt. (777b). Ma di entrambi i Adyor il fine é la gt\ia: dell’uno quella verso se stessi, dell’altro quella verso il prossimo (777c)*. la trattazione che segue é abbastanza particolareggiata e verte sulle caratteristiche di ciascuno dei due Aéyou. Pit da vicino ci interes- sano le parole che Plutarco dedica al Adyog évBtdbetog: 6 wev yap (sc. 6 éyos évdidBeto¢) ek dperiv Bie grhocoglas tehevtdv obygevov éout@ xai dueuntov bg gavtod xai peordv elptins xal gthogooabvnc tis tp Eaurdv det napéyerar tov EvOpwnov- “od ardor, od Biiptc dvatooc ev uedtecaw”, od ndlog Adve SuanewbEc, obx dpuiic wden PIC dpurv, od hoyrapod mpd hoyispdv dveiPacis, ody dorep ev peBopien 205 émPvpobvtog xai to petavoodvros td spay) xal tapaydes xa 6 ABduevov', GA’ eduevh névea xal gQa xal notodvra mheloteov suyydve dyaOav év 7@ dard yalpew exastov (777c-d). La citazione si inserisce dunque in un contesto argomenta- tivo articolato, che tende a presentare ed evidenziare |’azione positiva e rasserenante che il Adyoc évddBetos esercita sull’essere umano. Ed anche altrove nelle letterature greca e latina — é noto, e sia detto qui per inciso — l’immagine dello sfero é accostata all’armonia interiore del saggio’. * Sulla complessa problematica relativa a héyos évdxdBerog € héyos Reopopixds all’interno della Stoa, mi limito qui a rimandare a M. Poutenz, Die Stoa, Ge- schichte einer geistigen Bewegung, 2 voll., Gottingen 1948-49 (tr. it.: La Stoa. Storia di un movimento spirituale, Firenze 1978, vol. I, pp. 61, nota 6; 371-72; vol. II, pp. 204, 208, 286, 339, 373). * Leggo, coi codici, xai +d #3éuevov: cf., contro le annotazioni di Mau ne- gli addenda di Drexler ap. Hubert, p. 144, le persuasive indicazioni di A. Bari cazzi, Note critiche ed esegetiche agli scritti politici di Plutarco, «Prometheus», 7, 1981, pp. 205-206. ® Cf. Marc. Aur., 12, 3; 8, 41; Hor., serm., 2, 7, 86, imitato da Auson., ecl., 2 (de viro bono nbayopixi, axdgaas), 5 (p. 96 Prete). "Avataysos: da Plutarco ad Empedocle 123 Come ho accennato, fu Theodor Bergk a riconoscere nelle parole od-yedéecow una citazione da Empedocle, e |’attribuzio- ne, che a torto si fa risalire al Wilamowitz’, non é mai sta- ta contestata’. Ma é strano che gid Bergk leggesse, invece di évatorog della stragrande maggioranza dei codici’, d&natcos. Ancor prima di Bergk, in realta, Bachet de Meziriac, nel suo esemplare stephaniano di Plutarco, corresse évaiciwog in a- vaictyos"; e molti, tra gli studiosi di Empedocle, lo hanno se- guito: dal Bignone"' fino a Mary Rose Wright”, che nella sua recente edizione dei frammenti di Empedocle, pur riportando la lezione dei codici gia del tutto ignorata da Diels e Kranz, accoglie senz’altro il testo vulgato. Solo il Bollack”, al quale rinvia senz’altro anche il Gallavotti'', difende e spiega, con opportuni argomenti, la lezione dei codici. ” Cf., p. es., proprio H. Dieus-W. Kranz, Die Fragmente der Vorsokra- tiker, 1, Berlin 1951°, p. 324: «27a mit Recht von Wilamowitz dem Emp. zuge- schrieben». U. von WitaMowrtz-MOLLENporrF si occupd del frammento in «Hermes», 37, 1902, pp. 326-327. * Cf. E. Bicnone, Empedocle, Torino 1916, p. 422; J. Zariroputo, Empédocle d’Agrigente, Les Belles Lettres, Paris 1953, pp. 252-253; D.O”. Brien, Empedocles’ cosmic Cycle, Cambridge 1969, p. 96, nota 4; cf. pure, supra, nota 1. ° L’importante Vind. Phil. Gr. 36 (w), datato da J. Inicow (Histoire du texte des «Oeuvres Morales» de Plutarque, in Plutarque, Oeuvres Morales, to- me I, I* partie, Les Belles Lettres, Paris 1987, pp. CCLXVII, CCLXXVI- CCLXXVII ¢ CCCXXIV) attorno al 1500, da dvéciuos. " Se é certo possibile, in astratto, ricavare, dalla lezione di w, dvaiswos, credo sia da escludere che Bachet de Meziriac conoscesse quel codice: daltra parte la libido coniectandi di molti filologi sié esercitata ben oltre il suo suggerimento (€, credo, indipendentemente da esso). Importa notare, insomma, che il testo € stato ritenuto comunque guasto. " Op. cit., loc. cit. a nota 8. " Empedocles: the extant fragments, edited with an introduction, com- mentary and concordance by M.R. Wri, Yale University Press, New Haven- London 1981, pp. 131-132; 255-256. ® J, Boutack, Empédocle, 3 voll., Paris 1965-69, II, p. 45; III, p. 144. '* Empepocte, Poema fisico e lustrale, a cura di C. Gautavorti, Fonda- zione Lorenzo Valla, Mondadori, Milano 1988’ (1975'), pp. 219-220: il testo del frammento é alle pp. 38-39. 124 Contributi di filologia greca Ma anche tra gli editori e commentatori di Plutarco — almeno dal Meziriac in poi — sembra che il testo tradito abbia creato non poche difficolta. Hubert non esita a porre una crux ad évaioy.oc: analogamente si comporta Cuvigny, che se- gnala nel commento ad /. (p. 123) tutta una serie di proposte per ‘sanare’ un testo ritenuto guasto. Fowler accoglie una pre- cedente congettura di Capps, évaictoc, segnalata nell’apparato di Hubert. Sembra proprio, insomma, che tanto dagli studiosi di Plu- tarco quanto da quelli di Empedocle, si sia avvertita l’esigenza di dare un attributo-epiteto alla coppia otdac-dfjpts*. Ed é evi- dente che, secondo tale modo di vedere, évaisiog non é solo difficile, ma l’esatto contrario di quanto ci si aspetterebbe"’. Un caso a parte, tra i ‘plutarchei’, é rappresentato da Daniel Wyttenbach, che, attenendosi ai codici, da: 03 otéats, 03 Bipt¢ evatoyog ev pedéecow e traduce: «non est seditio in membris, contentio nulla est». Wyttenbach certamente non non si accorse che Plutarco stava facendo una citazione da un testo esametrico, e non vide percid una difficolta oggettiva, metrica, del testo tradito: od others ob Sip¢ evatcwos ev pedgecowv: manca un elemento. Le integrazioni proposte, ferma restando l’incertezza di ogni congettura, sembrano tutte pitt o meno tecnicamente ammis- Ma ben pit perplessi si rimane davanti alla correzione del Meziriac: &vatcwoc, che egli propone, non é attestato altro- ve nella letteratura greca™. 5 Esplicito, in tal senso, Cuvigny, p. 123. Non é forse inutile riportare la traduzione che leggo in H. Diets-W. Kranz, op. cit. a nota 7, p. 324: «Nicht Zwist und nicht unziemlicher Streit in seinen Gliedern». © Cf. Cuvigny, p. 123. ” Cf. C. Gattavorn, op. cit. a nota 14, pp. 219-220, che esprime incer- tezze su 0d Bfipts dello Xylander, divenuto poi il testo vulgato. ™ Cf. J. Frericus, Plutarchi libelli duo politici, Diss. Inaug., Gottingae 1929, p. 20 (in apparato): «...cum dvafewog coniectura sit neque usquam alibi in lingua graeca occurrat - aiso¢ aptum quidem et usitatum, sed versus repu- gnat - locum nondum sanatum esse ctedo.»: anche Frerichs pone la crux ad é- vateunos. “Avaioysos: da Plutarco ad Empedocle 125 Occorre dunque rileggere pit attentamente il testo riporta- to all’inizio (777c-d) e domandarsi se sia proprio necessario al senso generale del passo plutarcheo ed alla sua strategia argo- mentativa dare alla coppia orkets-87prs un attributo-epiteto. Ap- parira allora evidente come l’inserimento della citazione nel contesto implichi un’uguaglianza di rapporto sintattico tra la coppia ordatc-Bjpig ed évaioyog da un lato e tra n&Bos e Suomeré dall’altro (oréarc-Bijerg : evatoyog = méQoc : Suonetbéc)”. Ed evi- dente apparira non solo che, come pur giustamente rileva Bollack”, la citazione empedoclea é una frase nominale, ma che tutto il passo plutarcheo é strutturato su frasi nominali, in cui gli aggettivi, ove ricorrono, hanno funzione predicativa. In tal modo benissimo si spiega évatowo¢g tramandato dai codi- ci: nell’ambito d’azione del Adyos évdidGetos, come nelle mem- bra dello sfero, «non lotta, non contesa é conforme all’ aisa». La crux plutarchea sembra cosi risolta, e bisognera dun- que leggere évaisyog anche in Empedocle. Se non si comprende come sia potuta sorgere l’esigenza di dare un attributo-epiteto alla coppia stcors-8¥je1s, ¢ sin troppo evidente il passaggio di una congettura ‘plutarchea’ al testo di Empedocle. Una volta accettate queste osservazioni, bisognera rilevare anche che évaioy.os, mai attestato altrove, é a torto riportato nel LSJ e nel recente Diccionario Griego-Espanol come hapax empedocleo. ANGELO MERIANI © Cf. Cuvigny (p. 123), che, perd, trae anche da questa giusta osservazio- ne la conclusione che il testo é guasto. * Cf. op. cit. a nota 14, III vol., p. 144.

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