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Tommaso d’Aquino *
1. Personalità intellettuale
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Questo articolo riproduce la conferenza “La metafisica creazionista di San
Tommaso e l’actus essendi”, tenuta dall’autore nella Giornata di studio “Creazione e
actus essendi. Originalità e interpretazioni della metafisica di Tommaso d’Aquino”
nell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, il 20 marzo 2007.
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3 “L’Angelico ama riferire all’Areopagita alcuni degli aspetti più profondi del suo
sistema quali la nozione ‘intensiva’ dell’‘esse’, la soluzione del problema del male, della
creazione della materia; l’incorporeità assoluta degli Angeli […]. È allo Ps.-Dionigi poi
che S. Tommaso fa ricorso di preferenza quando, contro il platonismo e il neoplatonismo
emanatista, vuol mostrare l’esistenza degli ‘esemplari’ delle cose come idee dell’intellet-
to divino” (C. FABRO, La nozione metafisica di partecipazione secondo san Tommaso
d’Aquino (1939, 19633), Editrice del Verbo Incarnato, Segni 2005 [Opere complete; 3,
abbreviato: OC-3], 90-91).
4 Cf. M. GRABMANN, Historia de la Filosofía Medieval, Editorial Labor, Barcelona
- Buenos Aires 1928, c. III.
212 Jesús Villagrasa, L.C.
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5 J. PIEPER, The silence of St. Thomas: three essays, St. Agustine’s Press, Indiana
1999, 48. Pieper fa sua l’opinione di Chesterton: il nome più appropriato per Tommaso
d’Aquino sarebbe “Tommaso del Creatore”, Thomas a Creatore.
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9 C. FABRO OC-3, 48. Cf. Partecipazione e causalità secondo S. Tommaso
d’Aquino, SEI, Torino 1961, 187.
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3. Creazione e partecipazione
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11 San Tommaso dà un elenco di vari errori filosofici e teologici attorno alla
creazione in Super Decretalem n. 1, dove scorrono i manichei (due creatori), i
menandriani (creazione per angeli), Origene (creazione dei corpi come pena), Aristotele
(creazione ab aeterno), Anassagora (materia eterna), Tertulliano (anima umana
corporale). Tommaso combatté la teoria della creazione per intermediari (presente nel De
Causis) in In II Sent, d. 18 q. 2 a. 2; ST I, q. 45 a. 5.
12 CG II, c. 18 n. 2; Compendium Theologiae, c. 99.
13 Cf. De Potentia q. 3 a. 3. Nella risposta all’obiezione 6ª aggiunge: “nomen
creationis potest accipi cum novitate, vel sine”. Cf. ST I, q. 45 a. 3 ad 3.
14 De Potentia q. 3 a. 1 obj. 1: Cf. CG II, c. 16 (alla fine); ST I, q. 45 a. 2 obj. 1.
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15 J.A. AERTSEN, “La scoperta dell’ente in quanto ente”, in S.L. BROCK (a cura di),
Tommaso d’Aquino e l’oggetto della metafisica, Armando Editore, Roma 2004, 38.
16 Questi sono ST I, q. 44 a. 2; De substantiis separatis c. 9; CG II, c. 37; De
Potentia q. 3 a. 5 e In VIII Phys., lc. 2.
17 J.A. AERTSEN, “La scoperta dell’ente in quanto ente”, 37. Altri testi, con la
divisione tripartita, si trovano in diversi contesti: ST I, q. 44 a. 2, sulla creazione della
materia prima; Q.D. De Potentia q. 3 a. 5 compara l’ordine della conoscenza e quello
della natura; CG II, c. 37 sull’eternità del mondo; In VIII Phys., lc. 2 sull’ordine delle
cause e in Q.D. De substantiis separatis sulla creazione della sostanza spirituale. “Only
in De subst. Separ., does Thomas distinguish four phases, because there he makes a
division within the pre-Socratic first phase” (J.A. AERTSEN, Nature and Creature.
Thomas Aquinas’s Way of Thought, E.J. Brill, Leiden 1988, 201). “The transition from
the second to the third phase is the decisive moment in this history […]. [The third]
inquires into the origin of being, taken in its generalness (ens autem communiter
sumptum). This approach marks the beginning of the metaphysical consideration of
reality” (J.A. AERTSEN, Medieval Philosophy & the Transcendentals. The Case of
Thomas Aquinas, E.J. Brill, Leiden 1996, 155).
18 Nel commento alla Fisica, Tommaso afferma che “Platone e Aristotele
arrivarono alla conoscenza del principio della totalità dell’ente” (In VIII Phys., lc. 2 n. 5).
218 Jesús Villagrasa, L.C.
primo a Fabro “la persuasione della funzione centrale che deve avere
nel tomismo la nozione di partecipazione” (OC-3, 222). Dall’analisi
dell’a. 2, dove Tommaso descrive il progresso storico della filosofia e
Platone e Aristotele sono collocati nella seconda tappa, senza arrivare,
quindi, al concetto di creazione, concludiamo quanto segue:
1º. La ragione umana ha proceduto verso un esame sempre più
universale dell’ente: da tale ens a hoc ens e, infine, all’ente in quanto
ente o ens commune. In questo processo è centrale la nozione di crea-
zione perché, dice Tommaso, “qualcosa è detto creato in quanto è ente
(ens), e non in quanto è questo ente (hoc ens)”19. La creazione è inter-
pretata come partecipazione all’essere e come causalità che si estende
all’ente in quanto tale.
2º. La transizione alla terza fase è sostanzialmente il passaggio
dalla fisica alla metafisica. Tommaso afferma che l’assioma ex nihilo
nihil fit – e, quindi, che la materia prima è non generata – è vero nel
dominio della natura, “in riferimento al divenire che essi considerava-
no”20. Ma Tommaso precisa che “noi” parliamo della derivazione (e-
manatio) delle cose dal principio universale dell’ente (ST I, q. 44 a. 2
ad 1). La materia non è esclusa da questo derivare. “La considerazione
dell’origine dell’intero ente (totius entis) non riguarda il filosofo natu-
rale, ma il metafisico, che considera l’ens commune e ciò che è separa-
to dal moto”21. L’origine dell’ente in quanto ente supera il livello di
qualsiasi tipo di divenire in natura.
3º. La transizione alla terza fase è il passaggio dal livello catego-
riale (delle forme accidentali o sostanziali) a quello trascendentale
dell’ente considerato nella sua massima universalità22.
4º. San Tommaso afferma che “alcuni pensatori si elevarono ad
esaminare l’ente in quanto ente” e considerarono la causa delle cose
“nella misura in cui esse sono enti”. Avicenna e Sigieri di Brabante
avevano negato che l’ens inquantum ens avesse causa, perché impli-
cherebbe che anche Dio abbia una causa. La posizione di Tommaso è
originale – unica e diversa – nel tredicesimo secolo. Egli afferma e-
splicitamente che “l’ente in quanto ente ha Dio come causa”23 e che
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19 ST I, q. 45 a. 4 ad 1.
20 CG II, c. 37.
21 CG II, c. 37.
22 Cf. J.A. AERTSEN, Medieval Philosophy and the Transcendentals, 113-158.
23 In VI Metaph., lc. 3 n. 30: “Ens inquantum ens est, habet causam ipsum Deum”.
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“l’ens commune è l’effetto proprio della causa più alta: Dio”24. Dio
non appartiene all’oggetto della metafisica, però il fine ultimo di que-
sta scienza è la conoscenza della causa del suo oggetto, che è Dio25.
La creazione delle cose ex nihilo sui et subiecti richiede un domi-
nio totale sull’essere, un potere infinito e supremo (cf. De Potentia q.
3 a. 3), che come tale solo può essere opera di Dio: “propria actio so-
lius Dei”26.
La multiforme partecipazione di Dio nel creato, come effetto di-
verso da Dio, non compromette la sua trascendenza. San Tommaso
parla, anche, di una certa “immanenza” di Dio nel suo effetto27, perché,
causando e conservando la creatura, Dio è presente in tutte le cose
create “per essentiam, praesentiam et potentiam” (ST III, q. 6 a. 1 ad
1). Dio è allo stesso tempo “immanente e trascendente” alla sua crea-
tura. Dio non è una trascendenza che “pone” fuori di sé la creatura e
poi la dimentica e “trascura”. Egli conosce e vuole tutto quanto da Lui
creato. Il Dio trascendente e immanente di Tommaso è un Dio perso-
nale in grado sommo: crea liberamente per amore28.
Alla luce di questo concetto di creazione si comprende meglio il
problema dell’inizio temporale. Se la creazione fosse un processo ne-
cessario, certo essa sarebbe ab aeterno, come eterno è Dio, “ma se è
un atto di volontà libera, Dio potrà volere le creature come vuole: co-
me esistenti ab aeterno o con inizio. E sebbene la volontà di Dio sia
eterna non è necessario che essa produca un effetto eterno; Dio può
infatti volere eternamente che qualcosa sorga a un determinato mo-
mento”29. Tolta ogni sorta di “necessità” essenziale, il “bonum diffusi-
vum sui” dei neoplatonici acquista validità. Il Sommo Bene si diffon-
de “perché vuole”.
La mente di Dio è come quella dell’Artefice, che non si risolve in
un vano esercizio “ideale”. Esso ha uno sbocco nella potente e amoro-
sa virtus operativa di Dio. “Tutte le cose create si comparano a Dio
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24 ST I-II, q. 66 a. 5 ad 4: “Ens commune est proprius effectus causae altissimae,
scilicet Dei”.
25 Cf. J.A. AERTSEN, “La scoperta dell’ente in quanto ente”, 45-48.
26 ST I, q. 45 a. 5; cf. ST I, qq. 44-45 et 105; CG III, cc. 66-69; CG IV, c. 44; De
Potentia q. 3 a. 7; q. 5 a. 4 ad 15. Nella creazione, nessuna creatura può aiutare Dio.
27 Cf. J.A. IZQUIERDO LABEAGA, “La creaturalità dell’uomo. Illuminatio historici-
tatis”, 149-152.
28 ST I, q. 50 a. 1: “Deus autem creaturam producit per intellectum et voluntatem”.
29 S. VANNI ROVIGHI, Introduzione a Tommaso d’Aquino, Laterza, Roma-Bari
19904, 73.
220 Jesús Villagrasa, L.C.
scenza del principio di tutto l’essere (principium totius esse) e ciò sa-
rebbe concorde con la fede cattolica (Sic ergo ratione demonstratur et
fide tenetur quod omnia sint a Deo creata).
Il fatto che Platone e Aristotele non si siano limitati a considerare
cambiamenti accidentali o sostanziali di enti particolari, bensì la causa
universale (causa totius esse), non vuol dire, però, che siano arrivati a
concepire la creazione ex nihilo, benché questa fosse implicita (virtua-
liter) nei principi della partecipazione platonica e dell’atto-potenza a-
ristotelica.
Elders dice che De Potentia q. 3 a. 5 può “essere inteso in modo
tale che solo i seguaci [di Platone e Aristotele] (sequaces) son perve-
nuti di fatto alla conclusione secondo cui tutte le cose dipendono da un
Principio Primo”. Sembra che questi seguaci siano i quidam di ST I, q.
44 a. 2 (ed Elders precisa in nota: “a quanto pare, autori cristiani e al-
cuni filosofi arabi”). Siccome la dottrina della creazione è stata prepa-
rata e suggerita dagli scritti dei due grandi filosofi, quando san Tom-
maso interpreta il loro pensiero alla luce dei principi da essi stessi e-
nunciati, “quasi attribuisce ad Aristotele la dottrina della creazione”35.
Propriamente si dovrebbe attribuire la nozione di creazione non a
Platone e a Aristotele, bensì ai seguaci che hanno sviluppato i loro
principi. Gilson in Lo spirito della filosofia medievale afferma che la
tesi centrale del suo libro sarebbe storicamente falsa “se Platone e Ari-
stotele sono stati monoteisti, se hanno identificato la nozione di Dio
colla nozione dell’Essere e insegnato la creazione della materia”, e se,
tanto per i greci come per i cristiani, “il rapporto dell’uomo con Dio è
quello da creatura a Creatore”36.
Per i filosofi medievali, dice ancora Gilson, Platone e Aristotele
furono un punto di partenza: da qui muovendo ci si separa; e da qui,
separandosene, si porta qualcosa con sé.
Conclusioni
Summary: Three traits of the intellectual personality of Thomas Aquinas – a strong sense of
tradition, great creativity and a keen awareness of reason’s limits – serve as the backdrop for
considering his original contribution to Metaphysics. He identifies Aristotle’s reduction of
reality to act-potency, with the Platonic understanding of participation. He does so on the
basis of the truth of creatio ex nihilo, which allows him to interprets the creaturehood of finite
beings as a participation in being. Even though creation is a truth accessible to reason,
historically speaking it has only taken root in Philosophy thanks to Judeo-Christian
revelation.
Key words: Thomas Aquinas, Aristotle, Plato, Neoplatonism, metaphysics, creation, actus
essendi, participation, creatio ex nihilo, temporal beginning or the world.
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37 H.U. VON BALTHASAR, Gloria, vol. 4: Nello spazio della metafisica, Milano,
Jaca Book 1977, 355. “Tommaso ha appunto ricavato da Dionigi un filosofumeno tutto
suo particolare, la dottrina dell’actus essendi come prima, immediata e universale
operazione di Dio nel mondo. Tommaso parla di un processus essendi a divino principio
in omnia existentia; nomen entis designat processum essendi a Deo in omnia entia” (o.c.,
362).