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I sepolcri
A Milano conobbe Giuseppe Parini, ormai vecchio, e frequentò Vincenzo Monti, lo scrittore
più autorevole nella Milano napoleonica. Qui, nel 1803, apparvero le Poesie di Foscolo:
dodici sonetti, di cui alcuni tra i maggiori di tutta la nostra tradizione, e due odi, di impianto
neoclassico. Dopo due anni trascorsi in Francia, in occasione dell'estensione all'Italia nel
1806 dell'editto di Saint Cloud, che imponeva la collocazione dei cimiteri fuori dall'abitato e
una regolamentazione egualitaria delle tombe, Foscolo compose il suo testo più intenso, il
carme, in 295 endecasillabi sciolti, Dei Sepolcri, l'unico testo che non abbia avuto una
composizione per interventi successivi. Pur muovendo da una concezione materialistico-
meccanicistica, l'autore celebra la funzione del sepolcro nella storia dell'umanità sia sul
piano individuale illusorio (si tengono vivi i defunti oltre la morte), sia su quello storico
oggettivo (il sepolcro è una delle istituzioni che segnano il passaggio dell'umanità dalla
preistoria alla storia), sia su quello della funzione civile e politica (le tombe dei grandi
sepolti in Santa Croce), sia su quello del sepolcro come fonte di poesia (mito di Omero),
capace questa di trascendere il momento della distruzione implicita nelle leggi della materia.