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Indice

INTRODUZIONE

INTRODUZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

1 MATERIALE DA MEDELLIN 8

Il riciclatore Giuseppe Lottusi condannato.

2 FIMO OVVERO LA BUONA FEDE 12

Misteriose dimissioni in massa. Oro e gioielli. Società a


responsabilità limitata. Un immediato

certificato Persil per Cotti. Un colpo di spugna. Comifin ovvero il


copricapo magico che rende
invisibili. Entra in azione Mani Pulite. L'uomo dal piede d'oro. Il
presidente della Fimo parla chiaro.

Settembre nero. Smentita ambigua. Ha inizio il grande repulisti.


SBG: il gioco a nascondino riesce. La

Giustizia Ticinese partorisce un topolino. Con quanta serietà ha


indagato la Del Ponte ? Un caso

esemplare. Excursus: Domande senza risposta dall'Italia. Il caso


Fidia: Abuso di farmaci.

3 LA MISTERIOSA TRADE DEVELOPMENT BANK 31

La capitale mondiale del sistema bancario sefardita. Edmond Safra


e la TDB. L'esodo da Beirut.

Ginevra, patria elettiva. Safra vende la TDB. La grande campagna


denigratoria. Safra restituisce il
colpo. Decollo in verticale della nuova banca. Il pesce piccolo
mangia il pesce grosso. Confessioni a

cuore aperto. Il caso fiscale Graf. Safra, l'intoccabile. Niente a che


fare con Iran-Contra. Critica della

giustizia penale di Ginevra. Sempre avanti fino a Zurigo,


Paradeplatz .

4 PIÙ LUCE SUL BUSINESS DELL'OFFSHORE 46

Paradisi parassitari. L'offshore è utile a molti. Il Liechtenstein,


piazza-offshore. La Svizzera, piazza

offshore ? La fondazione familiare Sandoz: Novità nel business


dell'offshore. Il Lussemburghese. Ilex

Trust Services SA, Ginevra. Vaste attività. Koloyan Stoyanov. Jürg


Stäubli. JS Holding: scorrono i
milioni. Tentativo di acquisizione della Publicitas. Stäubli vuole
diventare serio. Da Stäubli si pretende

troppo. Una cometa si spegne. Stäubli inciampa. Perché Pierre


Arnold ? Segnale ambiguo.

5 MANI PULITE 65

Denaro del grande fratello. Il compromesso storico liquidato.


Giustizia contro corruzione. Il primo

caso. La slavina comincia a precipitare. Ritorno dell'eternamente


identico ?

6 IL MISTERIOSO CONTO PROTEZIONE 68

Una vecchia storia. Un giudice superiore di debole memoria. Viene


sollevato il velo. Mazzette per i
socialisti. Certificato Persil per la SBG. Dirigenti della SBG in veste
di testimoni. Assistenza giuridica

restrittiva.

7 ENI - LA MADRE DELLA CORRUZIONE ITALIANA 75

Venti milioni dispersi a Zurigo. In carcere. Voce di bilancio


"mazzette". La storia di un'azienda di stato.

L'ENI si espande. Delitto o incidente? I socialisti si prendono l'ENI.


Il ruolo di Eugenio Cefis. Saluti e

baci da Mosca. Società legali ENI in Svizzera. Il presidente della


Saipem Cavelty in grande difficoltà.

Speculazioni della "Banda dei sette". Excursus: fila dello scandalo


BCCI. L'unica filiale BCCI pulita al
mondo ? Servizio completo Svizzero.

8 IL CASSIERE DELLE TANGENTI ENI A GINEVRA 89

Un allegro terzetto sul Rodano. Che cos'è la banca Karfinco ? Il


salvataggio della Karfinco. Due grandi

affaires. Fatture da Berna. Chi c'era dietro il gruppo RAD ?

9 LA CENTRALE DEI FONDI NERI DI FERRUZZI A LOSANNA 97

Fiducianti in Italia. Inspiegabili operazioni finanziarie a Zurigo.


Fiduciari in Svizzera. Il caso Elosua.

Un buco di milioni a Lugano. La Revisione Curator dormiva.


Enimont: "La madre di tutte le tangenti".
I peccati della banca vaticana . Merchantbank Cragnotti & Partners.
C'è vita dopo Enimont ?

10 LUGANO. L'HINTERLAND DI BERLUSCONI 108

L'operazione Mato Grosso. Mani Pulite colpisce Berlusconi. Giudici


romani con conti bancari a

Lugano. Il caso IMI/SIR. La fine di Berlusconi.

11 INTERROGATIVI SU CARLA DEL PONTE 113

Scelta ideale o flop? L' attivismo della procuratrice federale. Leggi


strapazzate. La "Pizza Connection"

ticinese. Il riciclatore Salvatore Amendolito. Il riciclatore Franco


Della Torre. Continui rinvii della
giustizia ticinese. Oliviero Tognoli ritorna. Quale giustizia per
Oliviero Tognoli ? L'enigma

Amendolito.

12 NUOVA LUCE SULL' AMBROSIANO 126

Ascesa e caduta di Roberto Calvi. La banca vaticana IOR. Il


banchiere della mafia Michele Sindona.

La P2 salva Calvi. Calvi in grande difficoltà. La fine di Calvi. La


Banca del Gottardo di Lugano

sopravvive. Mandati d'arresto nei confronti dei banchieri del


Vaticano. Carlo von Castelberg non fa le

vacanze in Italia. Il caso Duft. Il caso Poncet.

13 LA LOGGIA SEGRETA MASSONICA P2 137


Cospiratori sovversivi ? Arricchimento criminale ? La loggia
massonica P2. Guerra ai Papi. Alleanza

con la finanza. I Maltesi. Il Gran Maestro Licio Gelli. Politica


assassina. Lo stato nello stato.

Berlusconi e la P2. Il Grande Oriente viene scomunicato. Licio Gelli


e la Svizzera. Scandalo a Champ

Dollon. Excursus: I massoni svizzeri. Colpo di scena al


Brockenhaus di Zurigo. Storie di cantine da

Berna.

14 WINNIE TRA I BRIGANTI 151

Il delitto quasi perfetto. Winnie cade in trappola. Speculatori e spie.


La vendita dei certificati rubati.
Inciampata o sfruttata. Che cosa sapeva il ministro della Giustizia
Martelli ?

15 LA PIU' GRANDE BANCAROTTA DELLA SVIZZERA 158

Economia da clan alla Sasea. Vecchia nobiltà napoletana.


Nell'orbita della mafia. Comincia l'avventura.

I fiori del male della speculazione bancaria. L' istituto di pulizie


Sasea. Società sospette. Guadagni

mediante trucchi di registrazione contabile. Flop del petrolio e degli


immobili. Il caso Europrogrammi.

Crollo a Hollywood. L' inizio della fine. L' arresto. Molto lavoro per la
Giustizia. Il direttore di banca

parigino perde le staffe. Chi e’ responsabile ?


16 IL RE DELL'OFFSHORE TITO TETTAMANTI 175

L'asse d'oro Lugano-Vaduz. La Banca Regionale BSI. La


bancarotta della Weisskredit. A Montecarlo! A

Montecarlo! - L'Iracheno straricco. Alleanza profana con la Banca D


G. Finanziere d’assalto a Wall

Street. Senza successo con la Sulzer. Sfortunato con la Saurer. Il


caso Cogefar. Un re abdica. C'è

qualche rapporto con Martin Ebner?

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE: TECNICHE DEL RICICLAGGIO


190

INDICE DEI NOMI 192


INTRODUZIONE

"Il denaro non puzza" disse al figlio Tito l'imperatore Vespasiano


quando 2000 anni fa impose una tassa

sulle latrine pubbliche.

Questo motto ormai classico vuole mettere in luce un contrassegno


positivo dei soldi, vale a dire : il

loro valore è indipendente dalle circostanze in cui li si è fatti . Ma


quello che valeva 2000 anni fa per il

denaro dell'imperatore romano , non vale più oggi nei confronti del
crimine organizzato . Soldi

guadagnati illegalmente possono essere ritirati dalla circolazione


dallo stato anche se sono stati "
deodorati " in un graduale processo di lavaggio, come si definisce in
tedesco il riciclaggio. Il lavaggio

di denaro o riciclaggio è stato fino agli anni 80 inoltrati una metafora


pregnante del linguaggio

giornalistico e solo agli inizi degli anni '90 si è trasformato in


concetto giuridico . Nel 1990 il gruppo

delle nazioni economicamente più importanti (G 7) presentò delle


direttive fatte elaborare dal Financial

Action Task Force on Money ( FATF ) . In seguito numerosi paesi,


tra i quali la Svizzera, adeguarono la

propria legislazione .

Nel 1990 il codice penale svizzero fu integrato con un articolo sul


riciclaggio e sulla insufficiente
meticolosità nelle operazioni finanziarie, divenuto una legge sul
riciclaggio di denaro nel 1997, al più

tardi nel 1998 . A seconda delle legislazioni nazionali vigenti il


riciclaggio di denaro è perseguibile

penalmente in misura diversa nei singoli paesi . Ciò che era


permesso in Svizzera fino al 1990, oggi è

vietato . Ciò che è ancora permesso in Svizzera nel 1996 è già


reato negli USA e sarà forse punibile in

Svizzera con la prossima legge sul riciclaggio . Ma alle Seychelles,


per esempio, lo stesso fatto può

restare ancora a lungo impunito . Quando nelle pagine che


seguono si parla di riciclaggio di denaro ,
pagamento di bustarelle, evasione fiscale ecc . , ciò non implica
affatto nel caso singolo secondo la

legislazione vigente in quel paese un " comportamento " sempre "


criminoso . " Ma il fenomeno

economico resta lo stesso dovunque . Là dove viene riciclato


denaro sporco l'economia cade in

tentazione. A sedurre sono un capitale d' investimento a buon


mercato per l' industria , il commercio e

le libere professioni così come onorari lucrosi per il ramo finanziario


. Oggi interi settori economici ,

anzi intere economie nazionali sono minacciate dall'infiltrarsi del


crimine organizzato . I riciclatori di

denaro lo aiutano ad accedere alle posizioni di potere dell'economia


e della società legali .
Il fondo monetario internazionale ( FMI ) ritiene che nel 1995 siano
stati immessi clandestinamente nei

mercati finanziari legali complessivamente 500 miliardi di dollari di


denaro sporco , nonostante si siano

rafforzate le misure contro il riciclaggio . Dopo che la " guerra alle


droghe " è terminata ormai con una

sconfitta , lo stesso destino incombe sulla lotta al riciclaggio di


denaro.

La Svizzera NON HA una piazza finanziaria , la Svizzera è una


piazza finanziaria . Il vecchio detto è

valido oggi più che mai.

Le banche svizzere hanno un ruolo primario a livello mondiale nel


campo del " Private Banking ",
dell'amministrazione dei beni di individui ricchi. In Svizzera vengono
amministrati depositi di clienti

che ammontano presumibilmente a 2400 miliardi di franchi. A ciò si


aggiungono i fondi di

investimento dell'amministrazione patrimoniale istituzionale ( casse


pensione , fondi di investimento ,

assicurazioni) . Questi miliardi vengono spostati continuamente qua


e la' sui mercati finanziari , a

caccia del massimo profitto . Nasce così un volume d' affari enorme
, che crea le nicchie di cui i

riciclatori di denaro hanno bisogno per fornire al loro denaro sporco


un retroterra apparentemente
legale. La fiducia della clientela nella riservatezza del banchiere è il
cuore del " Private Banking " . Le

banche svizzere hanno fama mondiale di baluardo della


discrezione. In questo paese i dettagli di un

conto bancario sono protetti meglio dei segreti della camera da


letto. Particolarmente gratificante per i

riciclatori di denaro è che l'evasione fiscale venga considerata una


trasgressione perdonabile .

Definiscono quindi il loro denaro sporco un capitale che vuole


evadere le tasse e con ciò si procurano

presso certe banche e certi amministratori fiduciari una


legittimazione accettata . Ma il tradizionale

vantaggio stanziale della Svizzera nell'amministrazione del


patrimonio privato è minacciato dalla forte
pressione concorrenziale dei cosiddetti centri finanziari offshore,
quelle isole e mini stati che hanno

adeguato le loro leggi alle necessità degli investitori stranieri.


Questa concorrenza ha rafforzato

ulteriormente il tradizionale riflesso condizionato alla segretezza di


banche, avvocati , fiduciari e

amministratori patrimoniali. Mania del mistero anziché trasparenza


resta il contrassegno delle

pubbliche relazioni in questi ambienti. Un atteggiamento miope,


come dimostra l'argomento del

patrimonio dell'Olocausto.

Il segreto bancario, favorito dalla guerra fredda, ha certo impedito


per 50 anni un' analisi storica
approfondita del ruolo della Svizzera come piazza finanziaria nella
seconda guerra mondiale. Ma la

maledizione dell'oro nazista e del patrimonio dell'olocausto si è


rivelata alla fine più forte. Ciò che

dopo la fine della guerra era stato dissimulato e rimosso si


ripresento' nel 1995 come passato non

rielaborato, vergognoso non solo per le banche ma per l'intera


Svizzera. Nella primavera 1992 un

gruppo di quattro procuratori milanesi, chiamati nei media "Mani


pulite", cominciarono le loro

inchieste contro la corruzione.

Appena due anni dopo il corrotto ordine italiano postbellico era


crollato. Alcune delle sentenze di Mani

Pulite hanno costituito il punto di partenza delle indagini condotte


per questo libro. Ben presto fu

chiaro che la Svizzera da decenni era servita da piazza - Offshore


del sistema di corruzione italiano,

definito Tangentopoli . Si consenta il paragone : se l'analisi di questi


temi viene rimossa come quella di

ciò che accadde sulla piazza finanziaria Svizzera durante la guerra,


ne nascerà il passato non rielaborato

di domani. La lotta contro il riciclaggio di denaro è considerata in


tutto il mondo un compito primario.

Altrettanto grande è l'interesse generale alla pubblicazione di


informazioni e analisi sui percorsi del
denaro sporco.

Far luce è il motto di questo libro. Non si vuol tanto portare


l'attenzione su singoli casi, avvenimenti,

scandali quanto render visibili quelle strutture e intrecci finanziari ,


in cui il flusso del denaro sporco si

mescola con quello legale . Fare i nomi di società e persone diventa


perciò inevitabile.

Conformi a questo approccio sono anche le numerose note a piè di


pagina disseminate nel testo, che

contengono particolari concreti sui punti nodali e le diramazioni di


strutture finanziarie invisibili.

Questo libro si basa su ricerche condotte dal 1993 al 1995 insieme


a Paolo Fusi in Svizzera, Italia,
Lussemburgo, Liechtenstein, Inghilterra e Germania.
Successivamente ho continuato da solo le

indagini che hanno portato alla pubblicazione del presente volume.


Le "Swiss Connections" di portata

mondiale non possono essere descritte senza collaborazione


internazionale.

La mia gratitudine va alle tante colleghe e ai tanti colleghi di


numerosi paesi che hanno supportato il

mio lavoro.

Senza di loro questo libro non sarebbe stato possibile.

Gian Trepp, Zurigo, agosto 1996


INTRODUZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

Il 17 settembre 1996 "Swiss Connection" fu presentato alla stampa


a Zurigo. Lo stesso giorno i giornali

italiani annunciarono l'arresto di Pierfrancesco Pacini Battaglia,


italo-svizzero con doppia nazionalità, l’

ex cassiere di bustarelle del gruppo petrolifero statale italiano ENI a


Ginevra,di cui si parla nel capitolo

8. Grazie alla sua loquacità negli interrogatori e ai protocolli delle


sue conversazioni telefoniche

intercettate, cominciò una nuova serie di rivelazioni sulla corruzione


in Italia. La portata che le sue

confessioni rivestono per la Svizzera non è ancora calcolabile. A


Ginevra Pacini Battaglia nel settembre
1996 era un grosso azionista ( non è chiaro se azionista di
maggioranza) della Banque de Patrimoines

Privés di Ginevra (BPG), che aveva contribuito a fondare nel 1987


ancora sotto il vecchio nome

Banque Karfinco e che aveva adoperato come cassa per i fondi neri
dell'ENI. Dopo l'arresto di Pacini

Battaglia la Procura della Repubblica di La Spezia chiese


assistenza legale a Berna. Al centro

dell'interesse italiano c'era la BPG. In seguito a ciò cominciò in


Svizzera un singolare gioco al

depistaggio. In un comunicato stampa del 24 settembre 1996 la


BPG , erede della Karfinco, smentì gli

annunci dei media italiani, di aver subito controlli e perquisizioni e


sostenne con forza che i suoi organi

dirigenti non avevano niente a che fare con gli avvenimenti in Italia.
Alcuni giorni dopo la BPG parlò

della "visita" del procuratore federale Carla del Ponte, mentre lei a
sua volta dispose il blocco

dell'informazione. Secondo notizie di stampa italiana la del Ponte si


sarebbe incontrata a Lugano a fine

settembre con due giudici istruttori di La Spezia. Il 5 ottobre


avrebbe visto addirittura il presidente

dell'ENI Franco Bernabè, che avrebbe chiesto di prendere misure


contro la BPG. Tutte queste notizie

della stampa italiana non furono confermate dalla Procura federale.


Già il 4 ottobre Erwin Heri si era
dimesso dal consiglio di amministrazione della BPG. L'esperto
finanziario Heri è direttore generale

dell'assicurazione Winterthur ed era stato portato nel consiglio


d'amministrazione dal presidente della

BPG, Richard Schäfer, per elaborare una nuova strategia


d'investimento per la banca. Secondo le

dichiarazioni dello stesso Heri egli si dimise perché questo compito


era stato espletato, e le sue

dimissioni non avrebbero avuto niente a che fare con l'arresto di


Pacini Battaglia. Mentre la

procuratrice federale manteneva un ferreo blocco dell'informazione,


si apprendeva alla fine di ottobre

dalla stampa italiana che un giudice istruttore di La Spezia aveva


incontrato di nuovo a Lugano la del
Ponte. Si sarebbe trattato di documenti da lei sequestrati alla fine di
settembre presso la BPG, la cui

consegna all'Italia sarebbe tuttavia stata bloccata da un ricorso


della banca.

La confusione creata ad arte sui reali avvenimenti alla BPG


evidenziano di nuovo le gravi carenze della

politica di informazione della Procura Federale Svizzera. Anche per


il libro gli eventi precipitarono già

dopo il primo giorno di vendita. La Ilex Trust Services di Ginevra


ottenne presso il tribunale di Ginevra

un divieto provvisorio cautelativo di ‘Swiss Connection’ . La stessa


richiesta della Iley insieme ad altri
cinque querelanti non aveva avuto successo un'ora prima a Zurigo.
Due settimane più tardi il tribunale

di Ginevra sospese la disposizione di divieto, obbligò i querelanti ad


un indennizzo processuale e rinviò

l'azione giudiziaria a Zurigo. Nell'ambito di trattative concordatarie


al tribunale distrettuale di Zurigo si

ebbe in seguito una rielaborazione del capitolo 4 , che tiene conto


delle obiezioni del giudice. In un

giudizio sommario questo aveva rimproverato al testo di accostare


ingiustamente la Ilex e gli altri

querelanti all'ambito del riciclaggio di denaro e di fare in alcuni passi


offese personali nei confronti di

singoli querelanti. Un nuovo titolo del capitolo, modifiche del testo e


una rielaborazione redazionale
dei passi criticati hanno tenuto conto di questo. Rispetto alla prima
edizione è stato eliminato il

passaggio sulla catena di boutiques Trois Pommes della Signora


Trudie Götz . Sulla base di

un'indicazione inesatta contenuta in un'opera di consultazione il


passo sopracitato del testo poneva

Trois Pommes nell'ambito di un gruppo internazionale Offshore.


Alla luce di documenti e informazioni

forniti dopo l'apparizione del libro è risultato che il supposto


collegamento non c'è stato mai. Per uno

spiacevole errore tecnico nella prima edizione si è fatto il nome alle


pagine 313 e 321 di una ditta

Indaco AG, in realtà non implicata in alcun modo negli avvenimenti


descritti. I passi in questione si

riferiscono alla ditta Inadco AG.

Gian Trepp, Zurigo, inizio di novembre 1996

1 MATERIALE DA MEDELLIN

Tutto prese l'avvio per caso il 9 novembre 1988. Nel corso di un


controllo di routine sull'autostrada

Miami-New York la polizia stradale scoprì un carico di cocaina


nell'automobile di Giuseppe Cuffaro.

L'italoamericano fu arrestato e dopo alcuni mesi di prigione


cominciò a collaborare con la FBI. In

qualità di teste principale pentito poteva contare su un verdetto più


mite. Siciliano di nascita, Cuffaro
era emigrato a New York nel 1970 e lì si era legato alla leggendaria
famiglia mafiosa Gambino. Nel

1983 si spostò a Miami, dove prese a collaborare, con un altro


emigrante siciliano, John Galatolo, e la

sua Scirocco Fan Company. Galatolo riceveva grandi quantità di


cocaina dal Sudamerica, che

immagazzinava provvisoriamente e divideva in porzioni presso la


Scirocco. Anche Galatolo era un

mafioso, ma non apparteneva alla famiglia Gambino di New York


come Cuffaro ma alla famiglia

Galatolo di Palermo. I Galatolo operavano in alleanza strategica


con il clan dei Madonia. (1) Negli anni
seguenti Galatolo e Cuffaro organizzarono un fiorente commercio di
cocaina tra la Florida e New York.

Cuffaro confessò anche di avere collaborato ad una fornitura di


cocaina diretta a Palermo dalla

Colombia. La FBI informò di questa confessione i colleghi a Roma e


il 20 gennaio 1990 agenti

investigativi italiani poterono interrogare nella sua cella Cuffaro


tanto ben disposto a parlare.(2) I

poliziotti italiani non si pentirono del viaggio. Il connazionale


emigrato negli USA rivelò i dettagli di

un commercio di 600 kg. di cocaina della mafia siciliana con il


cartello delle droghe di Medellin. La

procura della repubblica di Palermo iniziò quindi un'istruttoria


internazionale col nome in codice "Big
John", che appena due anni dopo avrebbe regalato alla Svizzera lo
scandalo Fimo. Fornitore di cocaina

dei Madonia era il cartello delle droghe di Medellin, rappresentato


da Waldino Aponte Romero e Angel

Leon Sanchez. Con i due colombiani Galatolo aveva trattato


nell'ottobre 1987 ad Aruba (3), isola delle

Antille, per il padrino Madonia il prezzo di 21000 dollari al Kg. (in


tutto circa 12 milioni di dollari) e le

esatte modalità di consegna. La merce doveva essere portata a


Castellammare del Golfo presso Palermo

(e Trapani n.d.t.) con la nave "Big John" al comando del cileno Allen
Nox, detto "Brito", e lì

trasbordata su un peschereccio siciliano. Le coordinate esatte del


luogo di consegna, le frequenze radio

e una foto della "Big John" furono portate a Palermo ai Madonia da


Cuffaro. Il trasporto andò liscio

come l'olio. Il 9 gennaio 1988 davanti a Castellammare del Golfo


565 Kg. di cocaina poterono essere

trasbordati dalla "Big John" al peschereccio già in attesa. Alcuni


giorni più tardi Cuffaro, Aponte

Romero e Leon Sanchez si incontrarono a Roma. I due Colombiani


erano nervosi perché la rimessa

delle prime rate per la cocaina fornita era in ritardo e insistettero per
un rapido pagamento. Come

tramite indicarono un uomo di nome Giuseppe, al quale il denaro


doveva essere consegnato con il
contrassegno "Garzon". Come Aponte Romero osservò, questo
Giuseppe godeva della fiducia illimitata

del suo "chefe" il dott. Garzòn di Medellin, per il quale già da molti
anni aveva organizzato transazioni

finanziarie internazionali. Cuffaro e Galatolo (4) rintracciarono


questo Giuseppe a Milano e gli

pagarono il prezzo d'acquisto della cocaina in contanti in banconote


italiane.(5) Dell'indirizzo esatto di

Giuseppe il Cuffaro pentito non fu più in grado di ricordarsi nella


sua confessione. Aveva solo ancora

in mente che il suo ufficio era nelle vicinanze del duomo di Milano e
decorato che numerose fotografie

di cavalli da corsa facevano bella mostra alle pareti.


A Milano cominciò subito la ricerca febbrile del riciclatore di denaro
Giuseppe. Il sospetto cadde tra

l'altro su Giuseppe Lottusi, agente finanziario con ufficio in Piazza


S. Maria Beltrade 1, vicino al

Duomo. Lottusi era il consigliere d'amministrazione unico di due


società, la Interpart Finanziaria e la

Scuderia "Gielle", denominata con le iniziali GL. Il 4 giugno


funzionari di polizia italiana mostrarono a

Cuffaro nella sua cella di prigione in America una foto di Giuseppe


Lottusi, nel quale egli riconobbe

immediatamente quel Giuseppe. "L'identificazione di Giuseppe


Lottusi" si dirà più tardi nella sentenza

" fu la rivelazione decisiva per le indagini" (6). La Criminalpol


milanese diretta da Gianni De Gennaro

del "servizio centrale operativo" lo sottopose a sorveglianza


permanente e al controllo delle linee

telefoniche. Dopo più di un anno fu infine arrestato mentre lasciava


la sua abitazione la mattina presto

del 15 ottobre 1991. Era diretto all'aeroporto milanese di Linate e


aveva nel bagaglio un biglietto aereo

per Zurigo. Contemporaneamente la polizia perquisì abitazione e


ufficio in Piazza S. Maria Beltrade e

sequestrò una grande quantità di materiale.

IL RICICLATORE GIUSEPPE

Dalla sorveglianza di Lottusi era emerso che per lo meno una volta
la settimana faceva la sua comparsa

a Chiasso in Corso S.Gottardo 89 presso la Società Finanziaria


Fimo SA, nei cui uffici aveva a

disposizione una propria scrivania con linea telefonica. (7) "Di


quando in quando portava alla Fimo

denaro contante o carte valori"(8) Secondo il vicedirettore della


Fimo Enzo Coltamai Lottusi portava

sia denaro dall'Italia alla Fimo sia denaro da Chiasso in Italia,


all'anno in media da 5 a 6 miliardi di lire,

per lo più in tranche da 500 milioni.(9) Oltre che nel traffico di


denaro contante Lottusi aveva inserito

la Fimo anche nel suo ingegnoso sistema di pagamenti per assegni


o accreditamenti oltreconfine.
Inoltre egli stesso o le sue società e prestanome gestivano tutta
una serie di conti, mediante i quali egli

pagava denaro in Svizzera, non appena i suoi clienti gli avevano


dato in Italia la somma corrispondente

in contanti. La consegna veniva fatta per lo più al suo factotum


Bruno Verri nella pasticceria Excelsa in

Piazza De Angelis a Milano. Il sistema di compensazione


funzionava anche in senso opposto :

versamenti sui conti di Lottusi in Ticino, pagamenti in contanti a


Milano, detratta la commissione,

naturalmente. Tra il giugno 1988 e il novembre 1989 le forniture di


denaro si sarebbero raddoppiate

fino a più di dieci miliardi di lire. Lottusi l'avrebbe informato in


anticipo di volta in volta dell'arrivo di
una spedizione da Milano. Le banconote italiane da 50.000 e
100.000 lire in in confezioni di plastica

sarebbero state messe ,su indicazione di Lottusi, in sacchi delle


Poste e Telegrafi Ticinesi e spedite

come raccomandate assicurate alla Trade Development Bank


(TDB, Ginevra). Beneficiario : Oficina de

Cambio Internacional , contrassegno "Garzòn"(10). Aveva la delega


per il conto Giancarlo Formichi

Moglia. Tra il 16 giugno 1988 e il 13 febbraio 1990 arrivarono alla


TDB complessivamente 11

spedizioni assicurate per un totale di 10 miliardi e 275 milioni di lire


con il contrassegno "Ref.
Garzòn".(11) Questo affare era considerato allora alla Fimo una
faccenda del principale. Il superiore

del vicedirettore Coltamai, il vicepresidente della Fimo Lorenzo


Aloisio, conoscente di Lottusi da

lunghi anni, aveva approvato la transazione. Dopo che Lottusi gli


aveva chiesto se fosse in grado di

versare 10 miliardi su un conto della TDB Aloisio gli aveva risposto


che la cosa era fattibile. Invii fino

a 300 miliardi sarebbero stati trasferiti a Ginevra in forma di


bonifico, nel caso di importi più alti

sarebbe stato spedito materialmente denaro contante come


assicurata.(12) Il controllo del telefono di

Lottusi aveva rilevato colloqui particolarmente frequenti con


Giancarlo Formichi Moglia, titolare del
conto "Oficina de Cambio Internacional" presso la TDB a Ginevra.

Formichi Moglia, emigrato negli USA agli inizi degli anni '70, era
gestore d'affari della ditta R.C.G.

Entreprises in South Hill Street 550 a Los Angeles. Allo stesso


indirizzo erano domiciliate altre due

società, l'Oficina de Cambio e L'Oficina de cambio Internacional.


Tutte e tre le ditte di Formichi

Moglia usavano lo stesso numero di registro presso il registro di


commercio californiano (P53728870)

e gli stessi conti presso la Security Pacific Bank of Los Angeles.(13)


Come società madre dell'Oficina

de Cambio e l'Oficina de Cambio Internacional firmava una società


venezuelana con sede a Caracas,
(14) come loro procuratori firmavano Formichi Moglia e la sua
segretaria Rose Kirby.(15) Le tre

società di Formichi Moglia a Los Angeles erano sorvegliate


nell'ambito dell'azione anti-droghe "Polar-

Cap" dell' FBI e furono infine smascherate quale veicolo di


riciclaggio di denaro per il cartello di

Medellin. Giancarlo Formichi Moglia e la sua segretaria Rose Kirby


dalla fine del 1987 alla fine del

1988 avevano trasferito da Los Angeles al Venezuela circa 40


milioni di dollari di denaro derivante dal

traffico di droga.(16) Dopo l'arresto di Lottusi Formichi Moglia e


Kirby se ne andarono in Australia,
dove entrambi furono infine arrestati il 13 ottobre 1992 e estradati in
Italia.(17)

LOTTUSI CONDANNATO

Quasi due anni dopo l'arresto, Lottusi fu processato a Palermo nel


1993 (insieme con 15 coimputati in

parte fuggiti). Fu condannato a 20 anni di prigione, sentenza contro


cui il suo avvocato Giorgio

Sanseverino fece appello. Lottusi non sarebbe stato un mafioso ma


semplicemente un galoppino della

mafia che riceveva ordini da Formichi Moglia. L'istanza giudiziaria


immediatamente superiore si

conformò a questa argomentazione e lo condannò per riciclaggio di


denaro ad una pena ridotta a 12
anni.(18) A molti anni di prigione per riciclaggio di denaro furono
condannati alla fine del 1994 a

Palermo anche Formichi Moglia e la sua segretaria Kirby.


Significativo è che la loro difesa aveva

sostenuto una versione dei fatti esattamente contraria a quella di


Lottusi, e cioè che loro erano solo gli

inconsapevoli esecutori delle disposizioni di un Giuseppe Lottusi


pienamente informato.

Per i giudici di Palermo era provato che il clan Madonia pagava in


contanti al riciclatore Giuseppe

Lottusi il prezzo della cocaina, fornita dal cartello di Medellìn.


Lottusi versava il denaro via Fimo sul

conto di Giancarlo Formichi Moglia, prestanome di Medellìn, presso


la Trade Development Bank di
Ginevra. (19) Abbiamo con ciò un tipico riciclaggio di denaro in più
stadi attraverso due istituti

finanziari svizzeri. La Fimo (Chiasso) e la Trade Development Bank


(Ginevra), usate come stazioni di

riciclaggio, vengono esaminate in maniera più analitica nei due


capitoli seguenti.

Note:

1) Francesco Madonia era il capo o capofamiglia della famiglia


Resuttana. Dalla fine degli anni '70 fino

al suo arresto in seguito all'affare "Big John" fece parte della


cosiddetta cupola o commissione

interprovinciale, il supremo organo mafioso in Sicilia. I Madonia


erano alleati al clan dei Corleonesi, il

cui capo Totò Riina era uscito vincitore dalle sanguinose lotte
mafiose siciliane dell'inizio degli anni

'80. Nel dicembre 1989 fu arrestato a Palermo. (Cfr. Falcone,


Giovanni : ‘Cosa Nostra ‘, Parigi 1991)

2) Tribunale Civile e Penale di Palermo: Sentenza contro Aponte


Romero,Waldino (Sentenza anno

1993 /N:248 bis/ 93 Sent./B163 /91 Reg.Gen./(+131/92


Reg.Gen.)/N.6981/90 P.M.), 24. 3. 93,p.9.

Questo verdetto viene qui di seguito citato come TCPP (+14).

3) L'isola caribica Aruba si trova davanti alla costa del Venezuela.


Diversamente dall'isola sorella
Curaçao, che vuole restare con l'Olanda, nel 1986 Aruba ha votato
per la piena indipendenza dlla ex

potenza coloniale a cominciare dal primo gennaio 1996. Aruba


gestisce come Curaçao un'importante

piazza finanziaria offshore. Numerosi resoconti documentano il


massiccio infiltrarsi ad Aruba delle

organizzazioni criminali, soprattutto dalla Colombia e dall'Italia.

4) John Galatolo fu arrestato nel febbraio 1990 grazie alla


confessione di Giuseppe Cuffaro.

5) TCPP (+14), p.12

6) TCPP (+14), p.102

7) TCPP (+14), p.104


8) Criminalpol Milano : Rapporto 9009001, s.d..,pp.14 segg.

9) Interrogato da procuratori italiani a Lugano il 17 dicembre 1991


Enzo Coltamai ha confermato che

Lottusi da ben più di dieci anni intratteneva buoni rapporti con la


Fimo e aveva un posto di lavoro con

telefono. Era stato presentato dal suo predecessore Ernesto


Bongiovanni che aveva lavorato con la

Fimo già dall'inizio degli anni '60. Il 5 marzo 1992 Coltamai fu


messo a confronto in una prigione

milanese con Lottusi, che confermò per intero le sue dichiarazioni;


un giorno prima Lottusi aveva

confermato anche le dichiarazioni di Cuffaro.


10) TCPP (+14), p.104 segg.

11) TCPP (+14), p.109

12) TCPP (+14), p.109

13) TCPP (+14), p.26

14) Nel loro consiglio di amministrazione erano presenti Nelson


Manuel Garcìa Ramirez e Alvaro

Velez Trilloz.

15) TCPP (+14),p.109

16) TCPP (+14), p.36


17) Lottusi telefonava spesso anche al fiduciario in pensione
Ernesto Bongiovanni a Perugia. Era stato

lui a insegnargli il mestiere di consulente finanziario, a introdurlo


alla Fimo e a lasciargli dopo il suo

pensionamento la clientela abituale (TCPP [+14], p.103). Altri


frequenti partner delle conversazioni

telefoniche di Lottusi erano Savino Porcelluzzi, Andrea Palombini e


i due lussemburghesi Emile Vogt e

Marc Neuen. Neuen lavorava per la Filiale des Crèdit Industriel


d'Alsace et Lorraine lussemburghese.

Vogt faceva parte del consiglio di amministrazione della Compagnie


Financière de Gestion e della
Banque de Luxembourg. La Compagnie Financière de Gestion era
già finita sui giornali un anno prima

in relazione alla cosiddetta Duomo Connection milanese. Gaetano


Nobile, accusato di traffico di droga,

aveva parcheggiato lì il suo denaro. Nel corso dell'istruttoria contro


Lottusi emerse marginalmente

anche il nome della filiale di Henry Ansbacher & C.ic. a St. Peter
Port (Guersney). Il suo agente di

collegamento Roberto Pizzuti a St.Peter Port era titolare di


numerosi conti presso la locale Filiale della

Henry Ansbacher & Cic. (“Eco di Locarno”, 10. 11. 91). Secondo “L'
Eco” il partner di Lottusi Pizzuti

faceva parte anche del Plaiderie Trust, St.Peter Port (Guersney) .


Oltre ad avere collegamenti a
Guersney Lottusi aveva fondato 9 società anche in inghilterra, e
precisamente Varvelta Ltd., Vecta

Glass Company, Gateway Consultant Company, Rexfinch, Maytime


Development, Landama,

Riteridge, Trindust, Nordstern.

18) Contro la sentenza si appellò da parte sua la Procura della


Repubblica. In base alle dichiarazioni del

pentito Cuffaro, l'accusa ritiene che Lottusi sia un mafioso. (TCPP


[+14], p.114 segg.)

19) Un'ulteriore base d'appoggio di Lottusi in Ticino era la


Kreditanstalt svizzera di Lugano che in un

comunicato stampa del 31 ottobre 1991 escluse ogni


coinvolgimento negli affari di Lottusi e ribadì la
sua disponibilità ad una piena collaborazione con la giustizia. La
filiale di Lugano del grande mediatore

di borsa statunitense Merril Lynch, che era stata pure messa in


relazione con Lottusi, aveva fatto sapere

il 18 ottobre attraverso l'avvocato Pier Felice Barchi, di aver agito


sempre secondo l'uso comune in

ambito finanziario. (Nello studio legale di Pier Felice Barchi la del


Ponte aveva fatto quasi 20 anni

prima i suoi primi passi come avvocatessa). Anche la filiale di


Lugano della Ilex Trust Services

(Ginevra) fu citata come interlocutrice di Lottusi sulla base di un


comunicato di polizia italiano sull'
“Eco di Locarno” (10. 11. 91). Già il 18 ottobre 1991 il procuratore di
stato Carla del Ponte attestò alla

Kreditanstalt (Lugano), a Merill Lynch (Lugano) e alla Ilex Trust


Services (Lugano) che poteva essere

escluso ogni coinvolgimento di quadri direttivi e consiglieri di


amministrazione.

2. FIMO OVVERO LA BUONA FEDE

La Finanziaria Mobiliaria SA, detta in breve Fimo, era stata fondata


il 21 marzo 1956 dal notaio Ercole

Doninelli a Chiasso. Il capitale di fondazione ammontava a 100.000


franchi ed era suddiviso in mille

azioni, sottoscritte da due ticinesi e cinque italiani, tra cui Carlo


Vincenzo Aloisio di Torino. (1) Gli
affari in seguito debbono essere andati bene se nel 1963 il capitale
azionario si era decuplicato

raggiungendo il milione di franchi. Le 9000 nuove azioni furono


sottoscritte da due direttori della

filiale di Chiasso della Schweizerische Bankgesellschaft (SBG),


Edgardo Botta e Gianfranco Keller.

Con ciò la SBG (Chiasso) controllava il 90 percento delle azioni


Fimo. Contemporaneamente due dei

consiglieri amministrativi ticinesi fino allora in carica (2) diedero le


dimissioni e cedettero le loro quote

di capitale in forma fiduciaria a Ercole Doninelli, che entrò nel


consiglio di amministrazione. Un altro

nuovo arrivo in questo comitato fu costituito da Lorenzo Aloisio (3),


figlio dell'azionista di fondazione
torinese Vincenzo Aloisio, e abitante a Besazio. Negli anni '60 la
Fimo continuò ad espandersi

fortemente e nell'aprile 1972 il capitale salì da uno a tre milioni,


sottoscritto di nuovo interamente dalla

SBG (Chiasso). Nuovo presidente divenne il notaio Ercole Doninelli,


nuovo vicepresidente Lorenzo

Aloisio. Nel dicembre 1976 la SBG negoziò per il partner Aloisio


l'acquisto della piccola banca

zurighese Bank Roulston. (4) Aloisio cambiò il nome dell' istituto in


Banca Albis, raddoppiò il capitale

a due milioni e prese in affitto uffici più grandi in Gerbergasse 6,


vicino alla Zürcher Bahnhofstrasse. In
seguito la nuova acquisizione di Aloisio servì alla società finanziaria
Fimo, a presentarsi come banca

col nome Albis senza possedere una licenza della commissione


bancaria. La Fimo e i suoi clienti erano

allora in assoluto i clienti più importanti della banca Albis.(5) Nella


seconda metà degli anni '70,

mentre la piazza finanziaria Ticino era sconvolta dallo scandalo


della filiale di Chiasso della

Kreditanstalt e dallo scandalo di Weisskredit,di cui non si è ancora


parlato, il discreto trio di successo

SBG-Aloisio-Doninelli, passando del tutto inosservato, incassava


con la Fimo lauti guadagni nel

mondo degli affari finanziari italo-svizzero. Nel 1982 un'operazione


di scambio non ortodossa sistemò
la posizione contraria alla legge bancaria della società gemella
Fimo-Banca Albis. La Fimo sottoscrisse

un aumento di capitale di tre milioni della banca Albis che pagò con
un apporto di beni in natura. Ciò

consistette nel trasferimento dell'attività di tipo bancario della Fimo


alla banca Albis. Concretamente

accadde questo : La banca Albis aprì nei locali della Fimo in Corso
San Gottardo 89 a Chiasso una

filiale, che prese 27 dei 30 posti di lavoro e attivi e passivi della


Fimo per 30 milioni di franchi, dei

quali 10 milioni in oro. Da allora la filiale di Chiasso della banca


Albis e la Fimo lavorarono negli

stessi uffici in Corso San Gottardo 89. Grazie all'abile operazione si


erano adeguati alla legislazione

bancaria senza dover veramente mutare qualcosa nell'andamento


degli affari. Da un punto di vista

economico Fimo e Banca Albis rimasero gemelli monozigotici. Vale


a dire che la società finanziaria

Fimo non sottoposta alla legislazione bancaria aveva una porta


posteriore aperta su una banca. Che

questo stratagemma degno di un azzeccagarbugli non fosse allora


in contraddizione con gli standard

dell'etica degli affari della SBG è significativo. (6) Già un anno più
tardi, nell'aprile 1983, la Fimo

aumentò il suo capitale da tre a sei milioni, sottoscritto per metà


rispettivamente da Ercole Doninelli,
mediante la sua Stefany Financing Company SA (Chiasso) e da
Lorenzo Aloisio. Con ciò erano

cambiate anche per la prima volta dal 1963 le quote di


partecipazione al gruppo Fimo-Banca Albis: la

SBG (Chiasso) controllava ora anzichè il 90 percento, ancora circa


la metà delle azioni Fimo, mentre

Doninelli e Aloisio ne avevano circa un quarto. Nel gennaio 1986


infine la SBG (Chiasso) ridusse la

sua partecipazione alla Fimo a circa il 45 percento. Vendette


appena il 5 percento alla Itoko Holding

SA, che (attraverso la GiBi Fiduciaria SA) erano detenuti da Guido


Brioschi, Luisa Gianella Brioschi e

Giancarlo Tramezzani.(7)
MISTERIOSE DIMISSIONI IN MASSA

Nella primavera 1988 si ebbero dimissioni in massa dal consiglio


d'amministrazione della Banca Albis,

gemella della Fimo. Nel febbraio e nel marzo 1988 Roberto Feller
(8) e Andrè W. Cornu (9)

annunciarono il loro ritiro solo poche settimane prima


dell'assemblea generale a Zurigo. Nel corso di

quest'assemblea diede le dimissioni anche il presidente della banca


e avvocato Giordano Borradori di

Lugano. Nell'organo supremo della banca Albis restò solo


l'avvocato Fernando Rizzoli, collega

d'ufficio del famoso avvocato e consigliere nazionale della CVP,


Gianfranco Cotti.(10) I tre
dimissionari furono sostituiti alla Banca Albis dall'avvocato
zurighese Rudolf Hegetschweiler in qualità

di nuovo presidente e dalla allora consigliera nazionale liberale


Geneviève Aubry, originaria del Giura

bernese. La Aubry, priva d'esperienza nel campo delle operazioni


bancarie, aveva un ruolo di facciata,

come si deduce dal fatto che era l'unica consigliera


d'amministrazione a non far parte del comitato.

Anche alla Fimo dopo il terremoto presso la Banca Albis affiliata si


ebbe nel giugno 1988 un rimpasto.

Un'assemblea generale straordinaria elesse nuovo presidente della


Fimo Gianfranco Cotti.(11) Divenne
nuovo membro del consiglio d'amministrazione Demetrio Ferrari,
collega di Cotti ed ex granconsigliere

della CVP. Nel mondo politico Ferrari e Cotti erano considerati


eminenze grige della CVP ticinese. Il

motivo dei cambiamenti precipitosi nei consigli di amministrazione


del gruppo Fimo / Banca Albis non

è noto- si tratti o no di un caso : poco prima delle dimissioni


Giuseppe Lottusi alla fine del 1987 aveva

chiesto per sua stessa ammissione a Lorenzo Aloisio, se il gruppo


Fimo/ Banca Albis poteva trasferire

circa dieci miliardi di lire in contanti alla Trade Development Bank


(Ginevra).(12) Di fatto il gruppo

Fimo/ Banca Albis fu rafforzato dal rimpasto. I due politici conosciuti


a livello nazionale, Geneviève
Aubry e Gianfranco Cotti, gli procurarono rispettabilità. Sia Cotti,
uomo del CVP che la liberale Aubry

appartenevano all' ala destra dei loro partiti. Entrambi comparvero


nell'agosto 1988 nell'elenco degli

oratori del Congresso anticomunista WACL.(13) Il 22 novembre


1988 entrò infine nel consiglio di

amministrazione della Fimo Valentino Foti, amico di gioventù di


Lorenzo Aloisio. Già nel 1971 i due

avevano comprato in Friuli (San Vito, Pordenone) la vetreria Sirix.


(14) "Lorenzo credeva allo sviluppo

del settore industriale nella Fimo", disse Foti," ogni volta che avevo
bisogno di denaro per la Sirix era

sempre pronto a condividere il rischio con me".(15) Grazie alle


iniezioni di capitale della Fimo, Foti fu

in grado di trasformare la Sirix in un gruppo di cinque vetrerie con


circa 600 dipendenti e con un

volume di affari annuo di più di 100 miliardi di lire. (16)


Contemporaneamente il suo amico Aloisio

fece una brillante carriera in Svizzera. Nel 1988 la Fimo, sotto


l'influsso di Foti, che poi entrò nel

consiglio di amministrazione, acquistò una quota minoritaria della


SA Financière Patience Beaujonc

(PB Finance) di Antwerpen, un investimento di cui più tardi la Fimo


dovette pentirsi. (17) Ma i sogni di

Aloisio e Foti di figurare nella prima classe delle vetrerie europee


non si realizzarono. Aloisio morì
all'inizio del 1990 e Foti in caso di problemi finanziari non potè più
contare sull' aiuto della Fimo.

Diversamente dal suo amico Lorenzo "il resto della sua famiglia era
più interessata alla finanza (che

all'industria vetraria ). Perciò si giunse più tardi ad una rottura." (18)


Gli affari andarono sempre peggio

e la Fimo si ritirò dalla PB Finance belga.

ORO E GIOIELLI

Prosperava invece il commercio d'oro e gioielli. Il 4 aprile 1991 la


Fimo fondò la Società per il

Commercio di gioielli Fimo Gem Stone con un capitale di 300.000


franchi e domicilio in Corso San
Gottardo 89. Presidentessa divenne Luisa Gianella Brioschi della
Itoko, azionista di minoranza Fimo. Il

consiglio d'ammministrazione fu composto da Emilio Aloisio di


Torino, parente di Lorenzo Aloisio, e

da Luigi Tamburini, a lungo direttore della Fimo ticinese e più tardi


consigliere d'amministrazione della

Fimo. Direttore della ditta per il commercio di gioielli Fimo Gem


Stone divenne Saverio Repetto (19)

di Torino. Dopo l'arresto di Lottusi nell'ottobre 1991 la Fimo Gem


Stone cambiò nome in Fingems

Financial Gems Invest SA. Nel dicembre 1991 la Fimo costituì una
joint-venture con la Società

Vietnam Oro, Argento e Pietre preziose (Hanoi), con un capitale di


un milione di dollari, versato per
metà dal partner vietnamita e per metà da quello svizzero. Per la
Fimo fa parte del consiglio di

amministrazione Giovanni Cararra, per la Società Vietnam Oro,


Argento e Pietre preziose Le Thanh-

Lung.(20)

SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA

Quando il riciclatore Giuseppe Lottusi fu arrestato a Milano il 15


ottobre 1991, il consiglio

d'amministrazione della Fimo si presentava così: oltre al presidente


Gianfranco Cotti e al vice Emilio

Aloisio di Torino ne facevano parte anche Elio Fiscalini (21),


Demetrio Ferrari, Lucia Galliano-Aloisio
e Valentino Foti. La direzione della Fimo era composta da
Piergiorgio Aloisio e Luigi Tamburini,

vicedirettore era Enzo Coltamai.(22) Nel consiglio di


amministrazione della Banca Albis, affiliata alla

Fimo, c'era in qualità di presidente Rudolf Hegetschweiler di Zurigo.


Membri erano Geneviève Aubry,

Bernhard Burkhard e Fernando Rizzoli. Direttori erano Fabrizio


Donati e Pier Luigi Gallo.(23) Il nome

Fimo compare per la prima volta nei media svizzeri il 16 ottobre


1991 sul ticinese "Dovere", dopo che

la stampa italiana il giorno prima aveva informato dell'arresto di


Lottusi senza nominare ancora la
Fimo. Il nome della Fimo e del suo presidente Gianfranco Cotti
apparvero sia in "Dovere" che sul

giornale italiano "La Repubblica" solamente il 17 ottobre. Il giorno


stesso sia la direzione della Fimo

che Cotti fecero pervenire ai media dichiarazioni che furono


pubblicate il 18 ottobre. La direzione della

Fimo dichiarò di aver agito sempre nel rispetto degli obblighi di


scrupolosità, usuali nel settore e di

essere naturalmente pronta ad ogni collaborazine con le autorità.


Non c'era -aggiunse- alcuna inchiesta

pendente nei confronti di organi o impiegati della Fimo.(24) Cotti da


parte sua dichiarò che come

presidente della Fimo non aveva constatato alcun atto della società
contrario alla legge vigente e non
aveva mai avuto contatti diretti o indiretti con le persone
sospettate.(25)

UN IMMEDIATO CERTIFICATO PERSIL * PER COTTI

Lo stesso giorno della dichiarazione stampa di Cotti si fece sentire


a sua volta con una dichiarazione

stampa Carla del Ponte allora ancora in carica come procuratore di


stato del Ticino. La Signora del

Ponte comunicò che nel caso Lottusi era stato aperto un


procedimento penale contro ignoti , per il

sospetto di ripetuto e grave riciclaggio di denaro ed eventuale


violazione del dovere di meticolosità

negli affari finanziari. Già nella frase successiva la del Ponte


contestava categoricamente ogni
corresponsabilità del consiglio di amministrazione e della direzione
della Fimo, la possibile

implicazione di impiegati non venne invece esclusa fin da principio.


Una simile dichiarazione di un

procuratore di stato che annuncia un' inchiesta penale e nello


stesso momento scagiona categoricamente

i potenziali responsabili, non si conosceva prima negli annali della


giustizia penale svizzera. La del

Ponte non ha saputo poi mai spiegare da dove abbia tratto allora la
giustificazione per l'istantaneo

certificato Persil, cosa che non ha nuociuto però in alcun modo alla
sua carriera successiva. Al
contrario. Quando Giuseppe Sergi ,consigliere cantonale del partito
socialista definì più tardi discutbile

il suo comportamento in questa faccenda e chiese un'inchiesta


amministrativa contro il procuratore del

Ponte, fu duramente biasimato dal governo ticinese: avrebbe voluto


gettare di proposito discredito sulla

del Ponte.(26) Se l'affare Fimo/ Cotti nonostante il certificato Persil


della del Ponte riuscì a trasformarsi

da avvenimento locale ticinese in tema dei media nazionali, ciò


avvenne grazie alla televisione

svizzera. Il programma televisivo di informazione e intrattenimento


"10 minuti alle 10", allora nuovo,

aveva bisogno di storie piccanti per aumentare le percentuali


d'ascolto. Questo condizionamento fu più
forte di tutto il lavorio di lobby da parte di Cotti per far passare sotto
silenzio la cosa. Il redattore capo

di "10 minuti alle 10" Jürg Wildenberger mandò a Palermo il


giornalista Klaus Vieli dal procuratore

della repubblica Giusto Schiacchitano che illustrò subito l'importante


ruolo della Fimo come stazione di

transito nelle transazioni di Lottusi per la mafia e il cartello di


Medellìn.

Nella trasmissione TV del 15 novembre 1991 si accennò anche,


come di dovere, al fatto che l'allora

consigliere nazionale CVP Cotti presiedeva la commissione del


parlamento federale che doveva

stabilire le norme penali nel caso di infrazioni ai paragrafi di legge


sul riciclaggio di denaro, mentre

Lottusi contemporaneamente portava alla Fimo, presieduta dallo


stesso Cotti, il denaro da narcotraffico

in sacchi di plastica. Cotti si oppose con successo alle mozioni di


minoranza socialiste che prevedevano

un aggravarsi del fenomeno riciclaggio di denaro- chiese invece


fiducia nei confronti delle banche e

delle società finanziarie. Dopo che la televisione aveva reso di


pubblico dominio lo scandalo Fimo,

Cotti fu costretto ad agire: sul "Corriere del Ticino" del 19 novembre


1991 rese note le sue dimissioni

da presidente della società. (27) E non mancò naturalmente di far


riferimento al certificato Persil della
del Ponte. Alla radio del Ticino Cotti aveva dichiarato già il 17
novembre di aver lasciato la presidenza

della Fimo il 10 ottobre, dunque già prima dell'arresto di Lottusi, e


che lui non aveva niente a che fare

con quest’ultimo. Si sarebbe ritirato perché non era d'accordo sulla


gestione della Fimo. Il nome Lottusi

l'avrebbe appreso dai media. Non avrebbe potuto occuparsi in


maniera approfondita dei singoli affari

delle imprese, del cui consiglio di amministrazione faceva parte.


Anche degli stretti legami della Fimo

con la banca affiliata Albis sostenne di non aver saputo niente-


sebbene il suo socio di studio Fernando

Rizzoli fosse membro del consiglio d'amministrazione della Banca


Albis.(28) E sebbene l'assemblea
generale della Fimo del 22 novembre 1988 in base a documenti del
dossier Fimo del Registro di

Commercio di Mendrisio si sia tenuta nello studio che divideva con


Rizzoli. Inattendibile appare la

motivazione delle dimissioni data da Cotti, se confrontata con la sua


prima dichiarazione ai media del

17 ottobre, in cui non diceva ancora nulla di un ritiro dalla


presidenza Fimo. Al contrario egli prendeva

qui posizione in maniera chiara e inequivocabile come presidente


della Fimo. Anche al Registro di

Commercio di Mendrisio manca una lettera di dimissioni del 10


ottobre 1991. C'è solo la sua lettera del
13 novembre in cui rimanda ad un presunto scritto del 10 ottobre. Il
dipartimento di polizia e giustizia

del Ticino gli comunicò infine il 14 novembre e ancora il 4 dicembre,


che il suo ritiro non era avvenuto

in modo conforme alla legge. La data delle dimissioni è il 22


novembre, nel Bollettino commerciale

svizzero le dimissioni furono rese pubbliche il 25 novembre. Le


circostanze quanto mai strane del ritiro

di Cotti sono così destinate a rimanere oscure. Si può pensare che


la sua lettera non sia stata recapitata

o che sia andata perduta al Registro di Commercio. Questa fu


comunque la spiegazione di Cotti (29).

Nei mesi seguenti egli fu preso di mira pesantemente da diverse


parti per il suo ruolo di presidente della
Fimo. Il cabarettista Lorenz Keiser lo prese in giro nel suo
programma, e Cotti lo denunciò per

oltraggio al suo onore, cosa che portò ad una lunghissima


controversia in tribunale. All'assemblea

generale della CS Holding l'addetta stampa di Zurigo Ruth Binde


fece la proposta che Cotti non fosse

eletto nel consiglio di amministrazione della CS. (30) Non ottenne la


maggioranza, ma dalla sala si levò

un applauso fragoroso. Allorché il presidente dell'assemblea Rainer


Gut,a causa del consenso alla

richiesta della Binde, deliberò per Cotti l'elezione per iscritto, un


candidato visibilmente pallido visse

alcuni istanti di paura. In una trasmissione della televisione della


Svizzera occidentale nel giugno 1994

Jean Ziegler, il critico delle banche, citò la Fimo come esempio


dell'infiltrazione in Svizzera del

crimine organizzato. In conseguenza di ciò fu denunciato dalla


Fimo. Ma sia il Consiglio nazionale che

il Consiglio degli Stati rifiutarono di di togliergli l'immunità


parlamentare. Il consigliere nazionale

Charles Poncet (PLS,Ginevra) espresse l'opinione che Ziegler


avesse esagerato ma che

fondamentalmente avesse detto la verità.(31)

UN COLPO DI SPUGNA

Nell'estate 1992 lo scandalo Fimo cominciava già ad essere


dimenticato. A Lugano la del Ponte

manteneva un silenzio assoluto, e i media rinunciarono ad ulteriori


indagini. Il consiglio

d'amministrazione della Fimo approfittò abilmente del momento


favorevole per limitare i danni e si

adattò prontamente sotto il successore di Cotti Elio Fiscalini (32)


alla nuova situazione.

L'avvocato d’affari Fiscalini aveva l'ufficio in Corso San Gottardo a


Chiasso e come Cotti era una

colonna portante dell' establishment ticinese. Grazie a questa figura


di primo piano la SBG di Chiasso,

azionaria Fimo, potè continuare con successo la politica di basso


profilo portata avanti dal 1963. I
media e l'opinione pubblica non sapevano chi in fondo fosse
responsabile del gruppo Fimo /Banca

Albis. Anche nel consiglio di amministrazione della Banca Albis,


affiliata alla Fimo, che aveva

superato indenne lo scandalo della società madre, si arrivò nel


1992 ad alcuni cambiamenti.

Nell'ottobre 1991 l'avvocato Max Schmidlin divenne un nuovo


membro di questo organo. Nel

novembre 1992 Fernando Rizzoli, collega di studio di Cotti, fu


sostituito dall'avvocato Hans Rudolf

Staiger. (33) Ma il cambiamento più importante era già andato in


scena nell' agosto 1992 quando l'ex

direttore della banca popolare Bernhard Burkhard era stato


sostituito dall'ex procuratore di stato
ticinese Venerio Quadri.(34) Il predecessore della del Ponte,
lasciato il servizio statale nel dicembre

1990, aveva aperto uno studio legale a Lugano, e continuò tuttavia


a far parte dell'apparato giudiziario

ticinese come giudice supplente del PPC nel tribunale cantonale di


secondo grado. Mutar di campo

procurò a Quadri alcuni mandati di non poco interesse finanziario:


con la Banca Commerciale di

Lugano e la Banca Atlantis di Ginevra rappresentava clienti con i


quali aveva già avuto a che fare come

procuratore di stato.(35) Passaggi simili da parte di un avvocato


dall'ambito giuridico a quello
economico - a differenza di quanto avviene ad esempio in Italia- in
Svizzera non sono vietati ma sono

considerati discutibili sul piano etico. (36) perché le conoscenze da


insider di un ex magistrato danno ai

suoi clienti un vantaggio non fair nel complesso intrico delle vie
legali e ostacolano la ricerca della

verità. Non si è dimenticato che il procuratore di stato Quadri


nell'ottobre 1990 aveva aperto su

iniziativa milanese un procedimento contro ignoti in relazone al


caso del riciclatore Lottusi. Una delle

prime clienti che sfruttarono le competenti cognizioni da insider del


novello libero professionista fu

nella primavera 1992 la Fimo. (37) In estate Quadri entrò a far parte
del consiglio di amministrazione
della Banca Albis e si mise in luce anche sui giornali come
difensore del gruppo Fimo-Banca Albis.

Ad esempio su" Le Nouveau Quotidien" di Losanna cercò di


ottenere la comprensione dei lettori :

"perché la Fimo avrebbe dovuto insospettirsi , Lottusi era


conosciuto nel loro ambiente dal 1975."(38)

Anche con i mandati da consigliere d'amministrazione presso la


Fardafid SA (Lugano) e la Fardafin

Holding (Lugano) (39), dove aveva un ruolo importante Elio


Fiscalini, l'impegno di Quadri per il

gruppo Fimo / Banca Albis risultò fruttuoso.(40)

COMIFIN OVVERO IL COPRICAPO MAGICO CHE RENDE


INVISIBILI
Il gruppo Fimo-Banca Albis non solo si rinnovò con successo a
livello di consiglio di amministrazione

ma si riorganizzò anche sul piano operativo. All'inizio del luglio 1992


il vicedirettore della Fimo Enzo

Coltamai, già persona di riferimento di Lottusi, lasciò la sua vecchia


datrice di lavoro e passò alla

Comifin SA appena fondata. Coltamai non ebbe bisogno di


trasferirsi, perché la Comifin aveva gli

uffici allo stesso indirizzo della Fimo e della Banca Albis,


precisamente in Corso San Gottardo 89 a

Chiasso. Ben presto fu chiaro che la Comifin portava avanti gli affari
della Fimo sotto un nuovo nome.
La Comifin era stata fondata il 25 maggio 1992 con un capitale
azionario di 200.000 franchi. Azionista

di fondazione fu la Fiduciaria GiBi (Lugano), azionista di minoranza


della Fimo, che ricevette 198

azioni a 1000 franchi. La Fiduciaria GiBi deteneva attraverso la


Itoko SA anche non più del 5% delle

azioni Fimo.(41) La presidentessa della GiBi Luisa Gianella Brioschi


firmava anche come

presidentessa Comifin. Gianella Brioschi ricevette un'azione


Comifin esattamente come il fiduciario

Giancarlo Tramezzani di Ponte Tresa che era pure entrato nel


consiglio di amministrazione della

Comifin.
ENTRA IN AZIONE MANI PULITE

Quando il nome Fimo era stato ormai dimenticato dall'opinione


pubblica, la società comparve il 18

marzo 1993 per la prima volta nelle istruttorie dei pubblici ministeri
milanesi Antonio Di Pietro e

Gherardo Colombo contro la corruzione nella società petrolifera


italiana di stato ENI. Il cassiere delle

bustarelle ENI Pierfrancesco Pacini Battaglia, vicepresidente e


principale azionista della Banca

Karfinco di Ginevra, vuotò il sacco. Questa storia avventurosa viene


narrata in maniera dettagliata più

avanti, qui ci interessano solo le dichiarazioni di Pacini Battaglia


sulla Fimo. Pacini Battaglia descrisse
al pubblico ministero Di Pietro come egli di volta in volta portava a
Roma al tesoriere del partito

socialista Vincenzo Balzamo le bustarelle dell' ENI: "Consegnavo le


banconote a Balzamo nella sua

Lancia Tema verde, che lui parcheggiava sotto la finestra del mio
ufficio (a Roma). Domanda di Di

Pietro: Dove prendeva il denaro? Pacini battaglia : da un conto Eni


all'estero. Domanda di Di Pietro :

Come arrivava in Italia? Pacini Battaglia: Veniva portato da una


società specializzata di spalloni

[termine italiano per indicare i contrabbandieri]. Domanda di Di


Pietro : Come si chiama questa

società? Pacini Battaglia: Si chiama Fimo.(42) Nel corso della sua


testimonianza Pacini Battaglia

dichiarò anche di avere collaborato dall'inizio del 1992 fino al


maggio 1992 con un certo "Enzo e un

Rino presso la Comfin-Fimo in Corso San Gottardo 89 a Chiasso".


Pacini Battaglia: "La Comifin-

Fimo è un'agenzia di cambio che dà lavoro a spalloni e che fornisce


direttamente denaro contante a

determinati indirizzi" (43)

In questo modo contrabbandieri della Comifin-Fimo avrebbero


portato direttamente alla sede centrale

della Democrazia Cristiana in Piazza del Gesù bustarelle dell' Eni.


Alla domanda perché avesse scelto
per i suoi trasferimenti di denaro proprio una ditta finita sui giornali
per riciclaggio di denaro della

mafia con titoli a caratteri cubitali, Pacini Battaglia rispose: "perché


sono i migliori spalloni che

esistano"(44)

L' UOMO DAL PIEDE D' ORO

Il gruppo Fimo- Banca Albis era implicato nel 1994 in altri scandali
italiani oltre a quello delle

bustarelle ai politici. "I miliardi per Lentini nella banca- tangenti"


titolava il "Corriere della Sera".(45)

Il riferimento era alla Banca Albis di Chiasso, stazione di transito di


mazzette che il club calcistico di
Berlusconi AC Milan aveva pagato al presidente Gianmauro
Borsano dell'AC Torino. Il motivo era il

trasferimento del campione di calcio Gianluigi Lentini da Torino a


Milano. (46) Il "Corriere della Sera"

non dimenticò di far cenno alla notorietà del gruppo Fimo/ Banca
Albis definendolo nel sottotitolo

"punto di distribuzione delle tangenti ENI e sportello utilizzato dalla


mafia".(47) Il caso Lentini

dimostrò di nuovo come aveva funzionato il sistema Fimo -Banca


Albis . L'AC Milan (proprietà privata

di Berlusconi) voleva assolutamente avere nella sua squadra il


supercampione Lentini. Ma Lentini

intendeva restar fedele ai suoi fan torinesi. Berlusconi gli offrì però
tanti soldi che il giocatore tradì i
suoi fan e passò al Milan. Il presidente del Torino Gianmauro
Borsano ricevette una tangente perché

organizzasse rapidamente il trasferimento. (48) Come Borsano


rivelò al pubblico ministero milanese

Gherardo Colombo, si mise in contatto con Emilio Aloisio, il


consigliere amministrativo della Fimo

residente a Torino e cugino dell'ex vicedirettore- Fimo Lorenzo


Aloisio, morto nel 1990. Nella

primavera 1992 l'AC Milan versò la prima rata -mazzetta di 4


miliardi di lire alla Banca Albis. Il

denaro proveniva da un conto del manager del Milan Galliani


presso la SBG di Chiasso. La Banca

Albis pagò la cifra , detratta la commissione, alla società finanziaria


torinese Cambio Corso di Aloisio ,

che trasmise al Borsano, lasciatosi corrompere, il controvalore in


obbligazioni di stato. Poco tempo

dopo passarono allo stesso modo ancora tra i 6,5 e gli 8,5 miliardi
di lire (49). La procura della

repubblica di Torino fece una perquisizione domiciliare presso la


Cambio Corso e sulla base dei

documenti rinvenuti presentò una rogatoria alla Svizzera.Circa un


anno dopo arrivò a Torino la

documentazione richiesta della transazione della Banca Albis.

IL PRESIDENTE DELLA FIMO PARLA CHIARO

La comparsa del gruppo Fimo - Banca Albis nel vortice delle


inchieste di Mani Pulite sembrò non

impressionare più di tanto il presidente della Fimo Elio Fiscalini. Allo


stesso modo non si era lasciato

impressionare due anni prima dall'affare Lottusi a proposito del


quale disse allora ad un giornalista del

quotidiano romano "La Repubblica": "La Fimo non ha alcuna


responsabilià nel caso Lottusi. Fino al

momento del suo arresto era stato un uomo incensurato ,


raccomandato da terze persone al di sopra di

ogni sospetto. La Fimo ha agito nel caso Lottusi in perfetta buona


fede." (50) A proposito delle

confessioni di Pacini Battaglia Fiscalini osservò:" Questi soldi sono


arrivati dalla Banca Karfinco [ di
Pacini Battaglia] a Ginevra. Mi sembra del tutto normale che una
società finanziaria abbia rapporti con

istituti di credito. Quando leggo le dichiarazioni di Pacini Battaglia


appare chiaro che era informato

sulla natura delle sue transazioni. In fin dei conti una parte del
denaro andava al suo ufficio a

Roma."(51) E ancora: "La Karfinco si rivolse alla Fimo, che a sua


volta come altre società finanziarie si

rivolse ad una di quelle organizzazioni che portano materialmente


denaro contante oltreconfine. A esser

precisi non si tratta di vere e proprie organizzazioni ma di singole


persone che - diciamolo chiaro-

realizzano gran parte dei guadagni della piazza finanziaria


ticinese".(52) Del resto secondo Fiscalini la
Fimo dovette essere trasformata in una semplice società di
partecipazione per evitare in futuro questi

incidenti. Si rinunciò-disse Fiscalini-al traffico delle transazioni , che


prima era stato l'attività

principale . Per questo l'ex direttore della Fimo Enzo Coltamai


sarebbe passato dopo l'arresto di

Giuseppe Lottusi alla Comifin appena fondata , che si sarebbe


assunta le attività rischiose della Fimo. "

E la Fimo", aggiunse Fiscalini, " detiene solo una piccola quota di


partecipazione alla Comifin".(53)

SETTEMBRE NERO

Poco dopo l'offensiva di Fiscalini, la Fimo incassò in Belgio il 14


settembre 1993 un altro colpo basso.

Il giudice istruttore di Bruxelles, Jean Claude Van Espen, aprì un


procedimento contro Valentino Foti,

consigliere amministrativo della Fimo. (54) Il giudice belga lo


accusò di manipolazioni finanziarie

illegali nelle quali erano stati coinvolti a suo parere anche Lorenzo
Aloisio e la Fimo. Valentino Foti

aveva fatto parte dal 22 novembre 1988 fino al 3 febbraio 1993 del
consiglio di amministrazione della

Fimo, da cui aveva dovuto dimettersi a causa degli affari andati


male in Belgio, ed era un vecchio

amico del vicedirettore della Fimo Lorenzo Aloisio, morto all'inizio


del 1990. Foti aveva convinto
Aloisio a fare massicci investimenti nella sua vetreria italiana
Sirix.(55) Il nuovo presidente della Fimo

Fiscalini decise di interrompere quello che era stato il


coinvolgimento di Aloisio nella Sirix e nella

società madre belga della Sirix PB Finance. Senza l'aiuto


finanziario di Aloisio la Sirix non potè

sopravvivere e il 5 novembre 1992 fallì. La sua filiale francese


Eurinval fu messa sotto curatela

fallimentare. La società madre della Sirix, PB-Finance, subì una


grave perdita. Foti cominciò a

smobilitare la PB Finance , cosa che spinse gli azionisti di


minoranza ad intraprendere un'azione

giudiziaria. Nel marzo 1993 il presidente della PB Finance Jean


Verdoot (56) morì per un infarto
cardiaco durante il volo di ritorno da Ginevra a Bruxelles. Poco
tempo dopo i membri del consiglio

d'amministrazione della PB-Finance che erano rimasti deposero


volontariamente il loro mandato e il

tribunale di Lüttich nominò due liquidatori d'ufficio. (57)

SMENTITA AMBIGUA

Valentino Foti e la Fimo si diedero da fare per avere visibilità sulla


stampa belga, e reagirono poi ad un

articolo critico della rivista di informazione "Le Vif / L'Express" con


una replica- cosa che in Svizzera,

nonostante accuse analoghe, non avevavo mai osato fare. In essa


si diceva:" La Fimo è una finanziaria
svizzera e si attiene a tutte le norme legali del suo paese. Non ha
mai fatto da mediatrice per la famiglia

Madonia, un'altra famiglia mafiosa o il cartello di Medellìn. La Fimo


non ha mai avuto a che fare con

denaro di provenienza criminale. L'assenza di tali legami, a


differenza di quanto si sostiene nel Suo

articolo del 20 maggio 1994, è già stata confermata più volte. Da


una parte nella relazione della nota

società di revisione Arthur Andersen dell'11 novembre 1991, che


stabilisce che alla Fimo non esisteva

alcun conto a nome di persone o società notoriamente coinvolte in


affari di riciclaggio di denaro.
Inoltre il pubblico ministero del Canton Ticino, dove la Fimo ha
sede, ha fatto indagini approfondite

che hanno avuto termine l'11 novembre 1993. Quest'inchiesta ha


ridisegnato le transazioni criminali

organizzate dal Signor Lottusi, per le quali egli fu condannato dalla


giustizia penale italiana. Le

inchieste contro la Fimo e i suoi organi invece non hanno dato


alcun risultato. Da allora non è stato

aperto alcun procedimento ulteriore contro la Fimo e i suoi organi


nè in Svizzera nè in Italia nè altrove.

Un'altra informazione errata [ contenuta nell'articolo ] riguarda il


signor Tramezzani: non è stato mai

alla Fimo. Era membro del consiglio di amministrazione della


Comifin, che non ha niente a che fare
con la Fimo. è invece vero che il Signor Tramezzani è morto e che
si suppone si sia trattato di suicidio.

Dal momento che Tramezzani non ha mai avuto rapporti con la


Fimo, il collegamento fatto tra il suo

suicidio e la Fimo deve essere definito un'ipotesi puramente


arbitraria ".(58)

Con questa replica la Fimo ha manipolato in modo grave i fatti. Gli


undici miliardi e passa di lire in

banconote , spediti a Ginevra per Lottusi, non erano forse denaro


da narcotraffico? I miliardi di tangenti

ENI , che portava a Roma attraverso la Banca Karfinco di


Pierfrancesco Pacini Battaglia alle sedi

centrali di partito dei socialisti e dei democristiani, non erano forse


illegali in base al diritto italiano? E

che dire delle mazzette dell' AC Milan di Berlusconi per Gianmauro


Borsano, presidente dell' AC

Torino alla Banca Albis? Anche l'affermazione che Tramezzani e la


Comifin non avevano avuto niente

a che fare con la Fimo è falsa.

La Comifin fu fondata dalla Fimo al suo stesso indirizzo per


trasferirvi gli affari rischiosi. Il

vicedirettore della Fimo Enzo Coltamai ne divenne il direttore.

La Comifin era controllata dalla Fiduciaria GiBi, che deteneva pure


un pacchetto di minoranza di più

del 5% alla Fimo. Viceversa la Fimo come aveva dichiarato Elio


Fiscalini, allora suo presidente, il

primo aprile 1993 al giornale "La Regione", aveva una piccola quota
di partecipazione alla Comifin.

HA INIZIO IL GRANDE REPULISTI

Il terzo schiaffo che la Fimo si prese in Belgio fu troppo perfino per


Elio Fiscalini : il 15 settembre

1993, con una comunicazione telegrafica al Registro commerciale


di Mendrisio, egli si dimise senza

preavviso da presidente della Fimo. Come era accaduto a suo


tempo con Gianfranco Cotti anche queste

dimissioni avvennero in modo del tutto inusuale. Le formalità da


compiersi in caso di ritiro presso il
Registro di Commercio vengono espletate di solito dalla ditta
interessata con una raccomandata.

L'attacco di panico che sembrava aver portato Fiscalini alle


dimissioni dipende probabilmente

dall'aggravarsi dei suoi problemi in Italia, dove erano finite nel


vortice delle inchieste sul denaro

riciclato parecchie società per le cui affiliate svizzere lavorava come


consigliere d'amministrazione.

L'uscita di scena dalla Fimo dello stimato avvocato d'affari Fiscalini


fu contemporaneamente il segnale

del ritiro della famiglia Doninelli, che era stata legata alla Fimo dalla
sua fondazione. Con ciò

l'establishment ticinese aveva abbandonato il gruppo Fimo/ banca


Albis. (59) Il 16 settembre 1993, due
giorni dopo l'apertura del procedimento contro Foti a Bruxelles e un
giorno dopo le dimissioni di

Fiscalini il consigliere d'aministrazione della Comifin Capitano


Giancarlo Tramezzani morì nel corso di

un'esercitazione per riservisti. Il comandante di compagnia fu


trovato morto presso Rodi-Fiesso nella

Leventina vicino ad un piccolo lago, dopo esser stato dato per


disperso per alcune ore. Il portavoce

della stampa dell'EMD disse allora:

"A causare la morte sono stati probabilmente uno o più spari di un


fucile automatico. Sembra che si

tratti di un suicidio. Non si può escludere però la colpevolezza di


terzi."(60) Che Tramezzani si sia
sparato con un fucile automatico appare strano, perché l'arma
personale dell'ufficiale Tramezzani non

era un fucile automatico ma la pistola. Questa morte misteriosa


lasciò aperte molte domande. Il 20

settembre 1993, quattro giorni dopo la morte di Tramezzani,


Gianfranco Cotti comunicò del tutto

inaspettatamente il suo ritiro dal Consiglio nazionale. Come motivo


addusse il peso del suo incarico di

presidente d'amministrazione della Volksbank, che tuttavia egli


aveva assunto già nel marzo 1993. Con

la stampa Cotti si lamentò che venisse sempre rivangata la vecchia


storia della Fimo. "Per me questa
vicenda è chiusa. Non so perché venga continuamente
riproposta."(61) Il 25 ottobre 1993 la Banca

Albis cambiò sorprendentemente il nome in Banca Adamas AG ( in


ebraico : diamante) e raddoppiò il

capitale azionario da cinque a dieci milioni di franchi. Con l'aumento


del capitale azionario vennero

esercitati i diritti di opzione legali, si legge nel Registro di


Commercio di Zurigo. Ciò significa

evidentemente che continuò a sussistere il tradizionale partenariato


SBG con circa il 45%, i Doninelli e

gli Aloisio con circa il 25% per uno, e la Itoko con circa il 5%. La
filiale di Chiasso venne chiusa, i 27

posti di lavoro (62) vennero trasferiti immediatamente in Via Nassa


a Lugano. Licenziamenti non ce ne
furono,i quadri dirigenti che avevano dato buona prova sotto il
direttore Fabrizio Donati restarono

invariati, altrettanto il consiglio di amministrazione , formato dal


presidente Rudolf Hegetschweiler e

dai membri Max Schmidlin, Geneviève Aubry, Venerio Quadri e


Hans Rudolf Staiger. Il fulmineo

cambiamento di sede, la variazione del nome e l'aumento di


capitale della Banca Albis si ebbero

durante la riunione straordinaria del 25 ottobre 1993 e ci si chiese


chi fosse stato in grado nell'esausto

gruppo Fimo / Banca Albis di mettere in atto entro pochi giorni


un'efficiente strategia per gestire la

crisi. La famiglia di azionisti di Doninelli al momento delle dimissioni


di Fiscalini si era decisamente

defilata, e su Aloisio pendeva dal 25 settembre la spada di Damocle


di Bruxelles. Nessuno era in grado

di sapere se nel procedimento contro Foti non sarebbero emersi


nuovi fatti incriminanti per Lorenzo

Aloisio. Il gruppo Comifin /Itoko/ GiBi si ritrovò paralizzato dalla


morte di Giancarlo Tramezzani.

Solo la SBG , da 30 anni massima azionista della Fimo , aveva le


risorse necessarie per contenere i

danni. Cosa che fece con la sua strategia di gestione della crisi :
raddoppio del capitale come misura

rassicurante per i clienti della Banca Albis ,separazione solo


apparente dalla non più efficiente società
madremediante immediato trasferimento di sede e cambiamento di
nome.(63)

SBG: IL GIOCO A NASCONDINO RIESCE

La SBG è riuscita ad agire totalmente nell'ombra. In Ticino circolava


la voce che la Banca Albis

appartenesse alla SBG solo come pettegolezzo. La "Regione" del


29 ottobre 1993 informò sul

cambiamento di nome e di sede della Banca Albis e accennò al


fatto che questa apparteneva alla

Bankgesellschaft. A stretto giro di posta il direttore della SBG


(Chiasso) Claudio Rezzonico fece

pervenire alla "Regione" il 30 ottobre 1993 la seguente precisazione


:"Tra la SBG e la Banca Albis non
esiste alcun tipo di rapporto." Evidentemente Rezzonico non
sapeva che i suoi predecessori alla

direzione della filiale SBG di Chiasso Botta, Keller e Pozzi, avevano


sottoscritto nel 1963 e nel 1972

azioni Fimo complessivamente per 2,9 milioni di franchi e che la


Banca Albis dal 1982 era affiliata alla

Fimo. Sebbene le informazioni sulla posizione della SBG nel


registro di commercio di Mendrisio siano

accessibili al pubblico, per il periodo che va dall'arresto di Lottusi


all'imputazione di Foti, alla banca

era riuscito di non venir riconosciuta come azionista principale e


quindi anche come principale

responsabile del gruppo Fimo-Banca Albis. Un risultato eccellente


dell' ufficio di pubbliche relazioni ,

se si considera il clamore che questo scandalo aveva suscitato in


tutta l'Europa nel 1991, nel 1993 e

ancora nel 1994. Solo nell'edizione del 1996 del catalogo Who
owns Whom della casa editrice Orell

Füssli la SBG si era decisa dopo un decennale imbarazzato silenzio


a documentare pubblicamente la

partecipazione alla Fimo per il 50%.

LA GIUSTZIA TICINESE PARTORISCE UN TOPOLINO

Il 27 novembre 1993 il "Corriere del Ticino" titolava nel miglior stile


del comunicato

giornalistico:"Fimo: istruzione penale terminata. Il pubblico ministero


del Ponte scagiona la finanziaria

di Chiasso dall'accusa di riciclaggio di denaro da narcotraffico. Con


un decreto la del Ponte ha messo

fine all' inchiesta giudiziaria per riciclaggio di denaro sporco contro


la Fimo e il suo vicedirettore Enzo

Coltamai. Secondo Carla del Ponte la Fimo non può aver fatto
consapevolmente da riciclatrice di

proventi da traffico di droga."64) Inoltre il "Corriere" informò che la


del Ponte nella disposizione

emanata già l'11 novembre aveva stabilito che la tariffa di 1, 5 fino a


1,75 percento per la transazione di

10, 2754 miliardi di lire eseguita per Lottusi alla Trade Development
Bank di Ginevra (TDB) era
usuale. Il vicedirettore Coltamai, che alla Fimo si occupava di
queste transazioni, aveva sostenuto in

maniera convincente che non aveva potuto nutrire alcun sospetto


nei confronti di Lottusi: Lottusi era

conosciuto alla Fimo e personalmente da lui fin dagli anni '70 e in


Italia aveva una vasta clientela.

CON QUANTA SERIETA' HA INDAGATO LA DEL PONTE ?

L' "accurata indagine" del Pubblico Ministero che il "Corriere"


liberale e vicino alle banche aveva

salutato con giubilo, ad un attento esame deve essere parecchio


ridimensionata. La del Ponte non è stata

in grado di spiegare neppure approssimativamente la durata


estremamente lunga delle indagini, più di
tre anni, nè la mancanza di informazioni precise sull'andamento
dell'inchiesta. Nè informò mai sulle

perquisizioni che su richiesta della magistratura italiana lei aveva


fatto compiere il 22 ottobre 1991

presso la Fimo, la Banca Albis, la Kreditanstalt di Lugano, la Trade


Development Bank (Ginevra) e

presso Merrill Lynch (Lugano). E questo sebbene per trasportare il


materiale raccolto fosse stato

necessario un camion. Dopo le perquisizioni la del Ponte interrogò


Lottusi e alcuni rappresentanti dei

quadri della Fimo e della Trade Development Bank. perché abbia


avuto bisogno per questo di più di

due anni non si è capito. Restò insoluta l'importante questione della


data esatta dell'apertura,

nell’autunno 1990, dell'inchiesta contro ignoti nell'affare Lottusi da


parte di Quadri, predecessore della

del Ponte. Carla del Ponte aveva indicato come data vagamente la
metà di ottobre 1990. (67) L'inizio

delle indagini avvenne su richiesta della polizia milanese quattro


mesi dopo che era cominciata la

sorveglianza di Lottusi. Quali atti istruttori abbiano avviato in questo


procedimento contro ignoti

Venerio Quadri dall'ottobre 1990 fino al suo ritiro nel dicembre 1990
e in seguito Carla del Ponte fino

al 18 ottobre 1991, è restato un segreto di entrambi i magistrati.


Manca anche una giustificazione dello
scandaloso immediato certificato Persil della del Ponte per
Gianfranco Cotti il 18 ottobre 1991. Alla

domanda perché nè in Ticino nè a Ginevra si fosse giunti ad


un'incriminazione per riciclaggio di denaro

nei confronti di Giuseppe Lottusi e Giancarlo Formichi Moglia, la del


Ponte aveva risposto nel luglio

1992 come segue :" La legge ci consente di fare indagini. Ma si


deve esser consapevoli che queste non

possono aver sempre successo. In Svizzera la giustizia dispone di


validi strumenti per combattere il

crimine organizzato. Il nuovo paragrafo di legge sul riciclaggio di


denaro è una buona cosa. Ma è

difficile avere prove sufficienti. Il denaro sporco usa troppo spesso


gli stessi canali del denaro
pulito."(68) perché dopo questa dichiarazione la del Ponte abbia
avuto bisogno ancora di 16 mesi per

terminare le indagini sulla Fimo -poco dopo la vendita della banca


Albis- resterà sempre un mistero. Il

governo e il comitato di sorveglianza della Giustizia, il cosiddetto


Consiglio di Magistratura ticinesi

hanno fatto di tutto per impedire un'inchiesta amministrativa ufficiale


sull'operato della del Ponte. I

rappresentanti del primo non si fecero neppure scrupolo di


offendere Giuseppe Sergi, consigliere

cantonale socialista, che al Consiglio cantonale aveva richiesto


l'indagine. Questa la reazione di un
governo cantonale i cui ex membri tadizionalmente si rendono più
gradevole la vita da pensionati con

mandati e incarichi diversi presso banche e società finanziarie.

UN CASO ESEMPLARE

Lo scandalo della Fimo /Banca Albis può entrare negli annali della
piazza finanziaria Svizzera in questi

termini: In Italia fu dimostrato che attraverso i conti e i corrieri di


denaro contante di questo gruppo

finanziario soldi della mafia italiana e mazzette della centrale


svizzera delle tangenti Eni sono passati

rispettivamente al cartello della droga di Medellìn e a Roma nelle


casse di partiti corrotti. La giustizia
ticinese ebbe bisogno di tre anni per stabilire che nessuno del
gruppo Fimo-Banca Albis aveva

trasgredito la legge svizzera. Dall'importante consigliere nazionale


che presiedeva la società fino alla

direzione che controllava l'attività quotidiana, tutte le persone


coinvolte agivano sempre con scienza e

coscienza. Quando la Fimo si scontrò per la terza volta con la


giustizia in Belgio, la SBG, maggiore

azionista Fimo, che agiva sempre nell'ombra, entrò in azione: la


Banca Albis cambiò nome, trasferì il

domicilio - e il tran tran di sempre potè continuare.

EXCURSUS : DOMANDE SENZA RISPOSTA DALL' ITALIA.


Non in Svizzera ma in Italia la stampa si occupò in maniera più
approfondita della persona del

presidente della Fimo Elio Fiscalini. I giornalisti avevano notato che


la Fimo appariva non solo in affari

di tangenti e transazioni mafiose, ma che il suo nuovo presidente


compariva anche ai margini di altri

due grandi affari di mazzette, legati alla Socimi di Milano e alla Fidia
Pharmaceutica di Abano Terme.

La Socimi gestiva a Milano e a Brescia fabbriche di veicoli e di armi


( veicoli blindati, pistole, fucili e

armi automatiche ) e impiegava circa 1200 persone. Alessandro


Marzocco, delegato del consiglio di

amministrazione, aveva confessato di aver pagato all'uomo politico


socialista ed ex vicepresidente
dell'azienda trasporti milanese Sergio Radaelli, dal 1978 al 1990,
tangenti di 13 miliardi di lire per

forniture alle aziende di trasporto milanesi e alle ferrovie


italiane.(69) Numerosi manager delle ferrovie

vennero poi incarcerati. A quell'epoca la Socimi aveva la


maggioranza in due società ticinesi, la AKG

Holding (Mendrisio) e la società Bremse (Bellinzona) ,ai cui consigli


di amministrazione Fiscalini

prendeva parte con il cognato Giuseppe Doninelli. In un'intervista


fax concessa a "La Repubblica" di

Roma Fiscalini rispose ad alcune domande sull' affare Socimi.


Dichiarò che come consigliere

amministrativo non aveva avuto niente a che fare con la direzione


operativa. Delle tangenti avrebbe

appreso per la prima volta dalla confessione di Marzocco pubblicata


sul giornale.(70) Anche delle

fatture truccate che secondo gli inquirenti milanesi erano state


rilasciate per legittimare le mazzette dall'

Istituto Brakers del Liechtenstein, Fiscalini sostenne di non aver


saputo nulla. Chi fossero i proprietari

della AKG e della Bremse, non volle dirlo.(71)

IL CASO FIDIA: ABUSO DI FARMACI

Il secondo grande caso di corruzione riguardò la Fidia


Pharmaceutica di Abano Terme. La Fidia era

controllata per quanto concerne il capitale dalla Fidiafin, che a sua


volta era detenuta dalla Hyaline

(Mendrisio). Presidente della Hyaline era Giuseppe Doninelli ,


delegata del Consiglio di

amministrazione era Stefania Doninelli e Elio Fiscalini faceva parte


del Consiglio di amministrazione.

La Hyaline era stata creata nel 1964 dal fondatore della Fimo
Ercole Doninelli insieme con sua moglie

Stefania. (72) Sulla scena di Tangentopoli la Fidia era finita al


centro dell’attenzione con l'arresto il 22

giugno 1993 di Francesco Della Valle, suo ex direttore ,ritiratosi nel


febbraio 1991, e per il fallimento

annunciato poche settimane dopo.Fino al fallimento l'azienda dava


lavoro a circa 1200 dipendenti ad
Abano Terme e dal 1975 viveva essenzialmente della vendita di
farmaci Cronassial e Sygen. Della

Valle si era presto assicurato la collaborazione della professoressa


Rita Levi Montalcini. Sebbene

l'efficacia del Cronassial sia stata sempre molto discussa negli


ambienti specialistici, il fatturato della

Fidia salì dalla fine degli anni '70 fino al 1991, soprattutto grazie al
Cronassial, da 50 miliardi fino a

421 miliardi di lire. Ma poi cominciò un forte declino.(73) Dopo che


la registrazione del Cronassial in

altri paesi come gli USA, l' Inghilterra, la Germania era fallita, il
critico farmaceutico tedesco Ulrich

Moebius scrisse diversi articoli allarmanti. Secondo Moebius


l'assunzione di Cronassial può provocare
la sindrome letale detta di Guillain- Barrè. In seguito a ciò i rapporti
tra la Fidia e il Ministero italiano

della salute cominciarono a guastarsi. Della Valle dovette dare le


dimissioni, il Cronassial fu vietato

dallo stato all'inizio del 1993 e poco dopo riammesso, il fatturato


scese del 90 %. Otto mesi dopo il

Cronassial fu proibito in maniera definitiva. Una decisione fatale per


la Fidia, che perdette circa un

terzo del suo giro d'affari. Nel luglio 1993 la Fidia fallì. La maggior
parte del personale rimase

disoccupata, la ditta passò sotto curatela fallimentare dello stato.


Della Valle, presidente della Fidia da
anni, giustificò sempre il fallimento con la scomparsa del
Cronassial, ma la Procura della Repubblica di

Padova aveva trovato alcuni inspiegabili buchi neri nel bilancio.


Nonostante il crollo vertiginoso delle

vendite di Cronassial la Fidia aveva comprato sempre più materie


prime. Materia prima principale per

la produzione del farmaco sono i cervelli di bovini:per un chilo di


Cronassial ne occorrevano alcuni

quintali. La Fidia acquistava decine di migliaia di teste di bovini


soprattutto in Brasile e pagava per vie

avventurose attraverso diverse società in Irlanda, Spagna e su


piazze offshore. I pubblici ministeri di

Padova sospettarono che qualcuno all'interno della Fidia avesse


saputo della proibizione del farmaco e
avesse svuotato rapidamente le casse a spese del personale prima
dell'imminente fallimento. Il 29

settembre 1993 Duilio Poggiolini, direttore generale del ministero


della salute italiano e capo della

sezione per l' autorizzazione dei farmaci, fu arrestato a Losanna e


spedito a Roma. Il pubblico ministero

Di Pietro aveva fatto un cenno alla polizia federale svizzera.


Contemporaneamente sua moglie Pièrr Di

Maria fu arrestata a Roma. La storia dei 200 miliardi e passa di


tangenti in lire, in piccola parte della

Fidia, che il corrotto Poggiolini aveva accumulato insieme a sua


moglie fu traumatica perfino per gli

Italiani ormai a prova di scandalo.(74) Quando i carabinieri durante


la perquisizione nella villa dei

Poggiolini fecero aprire il grande armadio blindato, non fu poca la


meraviglia dei funzionari. Nella

cassaforte c'era un vero e proprio tesoro da fiaba in oro, platino e


diamanti, valutato poi 200 miliardi di

Lire. Migliaia di monete d'oro, Krueger-rands, napoleoni, più di


cento lingotti d'oro da 10 grammi fino

ad un 1 kg., gioielli, diamanti, monete d'oro romane. Duilio e Pièrr


finirono in galera. Dopo 5 mesi di

detenzione nel carcere di Poggioreale a Napoli Poggiolini cominciò


a collaborare con la giustizia il 31

gennaio 1994. La minuta Pièrr che pesava appena 40 Kg. rimase


invece irremovibile e rifiutò ogni
collaborazione. Le dichiarazioni di Poggiolini produssero una
valanga di ulteriori inchieste di

Tangentopoli e attizzarono il fuoco che covava sotto la cenere dello


scandalo Fidia. Secondo Poggiolini

Giulio Andreotti di persona era intervenuto nel 1992


insistentemente presso di lui, perché lasciasse il

Cronassial sulla lista dei farmaci passati dalla mutua.(75) Poggiolini


dichiarò inoltre ai pubblici

ministeri che per anni la Fidia aveva esportato illegalmente capitale,


acquistando bovini in Brasile a

prezzi maggiorati. Questo gliel'avrebbe detto il commendatore


Fabio Bertarelli, direttore della Ares

Serono a Ginevra.(76) Grandissimo stupore suscitò Poggiolini con


l'affermazione che il direttore della
Fidia Della Valle aveva versato 14 miliardi all'Istituto Nobel in
Svezia affinchè la principale ricercatrice

della sua società Rita Levi Montalcini ricevesse il premio Nobel.


Mentre il comitato per il Nobel di

Stoccolma smentì tutto ciò con veemenza, una ricerca del


quotidiano svedese "Dagens Nyheter"

sembrò invece confermare l'assegnazione truccata del Nobel.

Note:

1) Gli altri azionisti erano : Germano Sprela (Milano), Fortunato


Milanesi (Santa Margherita Ligure),

Emilio Bianchi (Vacallo ,TI ), Luigi Veronelli (Morbio Inferiore, TI),


Italo Bevilacqua (Como), Ennio
Saskia (Genova).

2) Emilio Bianchi e Luigi Veronelli

3) Nel 1981 Aloisio, sua moglie Ines e i due figli ottennero la


cittadinanza a Besazio.

4) Questa banca era stata fondata alla fine degli anni '40 e si
chiamava in origine Bank Haerry AG.

Cambiò nome dopo che nel 1973 era stata acquistata dalla
Roulston & Company Inc. (Cleveland,

USA).

5) Lettera della Fimo del 6 aprile 1982 al Registro di Commercio


zurighese
6) Anni più tardi la differenza tra banca e non-banca diventò
importante per il consigliere federale Otto

Stich. Allorché il consigliere nazionale ticinese della FDP Sergio


Salvioni chiese nell'ottobre 1995

perché la Commissione bancaria non fosse intervenuta a proposito


delle bustarelle della Fininvest di

Berlusconi passate attraverso la Fimo, Stich disse che era compito


della Giustizia ticinese e che inoltre

la Fimo non era una banca (“Neue Zürcher Zeitung”, 6. 10. 95.)

7) Luisa Gianella Brioschi e Guido Brioschi lavorano a Lugano in


uno stesso studio con Daniele

M.Timbal, l'ex marito di Carla del Ponte.


8) All'inizio del 1982, poco prima del fallimento avvenuto nell'ottobre
1982, Roberto Feller entrò nel

consiglio di amministrazione della Sasea Holding di Ginevra. Era


direttore della Società finanziaria

zurighese Glaux AG e faceva parte del consiglio di amministrazione


della Buonvicini AG di Zurigo,

una ditta per il commercio di frutta e verdura. (Unico consigliere


d'amministrazione della Glaux è

l'avvocato zurighese Hans Rudolf Staiger, che nel 1992 divenne a


sua volta consigliere

d'amministrazione della Banca Albis.)

9) Andrè W. Cornu era direttore dell' Amministrazione fiduciaria


Refidar a Zurigo.
10) Fernando Rizzoli, che era entrato nel giugno 1987 nel consiglio
d'amministrazione della Banca

Albis, lavorò dal 1980 al 1994 nello stesso studio di Gianfranco


Cotti a Locarno. Nel 1994 si separò da

Cotti e aprì un proprio studio. Il 20 maggio 1995 Rizzoli morì in uno


spettacolare incidente nel suo

garage a Camedo. (“La Regione”, 22.5.95)

11) Predecessore di Cotti era stato Piergiorgio Aloisio, succeduto a


sua volta a Ercole Doninelli, il

presidente della Fimo, morto il 26 gennaio 1988.

12) La WACL nacque nel 1966 a Seoul come erede della Lega
anticomunista dei popoli dell'Asia di
Tschang Kai-schek. Negli anni '70 le sezioni europee della WACL
furono occupate in gran parte da

neonazisti e estremisti di destra. Ne erano membri ad es. il


neofascista italiano Giorgio Almirante, ma

anche i dittatori sudamericani Stroessner, Banzer, Somoza e


Pinochet. All'inizio degli anni '80 il

generale statunitense in pensione John K.Singlaub in qualità di


nuovo presidente ripulì la WACL dai

neofascisti troppo compromettenti. Singlaub più tardi fu implicato


nel caso Iran-Contra. Altri uomini

illustri della WACL sono stati Alfonso Calero, capo della FDN
antisandinista (Contras) in Nicaragua,
l'ideologo della nuova destra francese Jean-Marie Benoist e l'ex
capo di stato del Vietnam del Sud fino

al 1975, Nguyen Van Thieu. Era annunciato come oratore al XXI.


congresso WACL anche l'ex

consigliere federale Rudolf Friedrich, ma all'ultimo momento si


ritirò.( Programmi del XXI. Congresso

WACL, 25-28 agosto 1988,Ginevra)

14) “Il Mondo”, 13./ 20.6.94

15) Vanempten, Jean, e Verduyn, Ludwig: ‘Le Blanchiment en


Belgique’, Bruxelles 1994, p.92

16) All'inizio degli anni '80 Foti divenne presidente dell'Assovetro,


l'associazione vetraria italiana di
categoria.

17) La PB Finance faceva parte di ciò che restava del gruppo


Empain del barone belga Empain, già a

capo del consorzio Schneider ,ed era diretta da Jean Verdoot.


Verdoot dirigeva anche la Cofibel e

Cofimines a Bruxelles, due società che amministravano per


Schneider i resti dell'ex impero coloniale di

Empain nell'ex Congo belga, divenuto indipendente nel 1960 ,oggi


Zaire. In seguito Verdoot portò la

Cofibel come azionista di minoranza alla PB Finance,investimento


Fimo.Nell'olandese Aia Foti e

Aloisio attivarono un'ulteriore Joint-venture nel commercio del vetro,


e precisamente la N.V. Euver, di
cui Foti tenne il 45% e Aloisio il 55%. (« L'Echo de la Bourse »,
Bruxelles, 18.4. 89)

18) Vanempten, Jean, e Verduyn, Ludwig: ‘Le Blanchiment en


Belgique’, Bruxelles, 1994, p.92

19) Saverio Repetto apparteneva anche alla famiglia: il fondatore


della Fimo Carlo Vincenzo Aloisio

era stato sposato con Maria Repetto di Torino

20) Agence France Press, 8.12.91

21) Era entrato nel Consiglio d'amministrazine Fimo il 22 settembre


1990 dopo la morte di Lorenzo

Aloisio
22) Procuratori erano Tiziana de Piaggi e Daniela Pettinello

23) Facevano le funzioni di vicedirettori Marco Calmes e Hansjürg


Giezendanner, procuratori erano

Fiorenzo Albisetti e Maurizio Giannetta.

24) “Giornale del Popolo”, 18.10.91

25) “Giornale del Popolo”, 18.11.91

* Espressione usata per indicare un certificato con cui soprattutto


dopo il 1945 le autorità preposte alla

denazificazione certificavano la pulizia morale di un presunto


nazista.n.d.t.

26) „Neue Zürcher Zeitung“, 18. 10. 94


27) „Corriere del Ticino“, 19.11.91

28) „Weltwoche“, 21. 11. 91

29) Anche il consigliere dell'amministrazione Fimo Demetrio Ferrari


sostiene di aver dato le dimissioni

dal consiglio di amministrazione il 14 otobre, sebbene la sua lettera


di dimissioni sia irreperibile nel

Registro di Commercio di Mendrisio esattamente come quella di


Cotti. Le dimissioni di Ferrari sono

avvenute legalmente il 22 novembre.

30) Cotti faceva parte già da anni del Consiglio d'amministrazione


della Banca popolare svizzera e
aveva guidato il gruppo Pro SKA (Schweizerische Kreditanstalt).
Come segno di gratitudine il direttore

della CS Holding Rainer Gut lo promosse nel 1993 a presidente


della banca e a consigliere

d'amministrazione della CS Holding.

31) “Neue Zürcher Zeitung”,16. 5. 95

32) Il molteplice, avventuroso coinvolgimento di Fiscalini nel


sistema italiano delle bustarelle viene

trattato separatamente (vedi p.56 segg.)

33) Hans Rudolf Staiger faceva parte anche del consiglio di


amministrazione della Neuen Schauspiel
AG, che gestisce il Zürcher Schauspielhaus e attraverso il suo
studio legale aveva legami con il

presidente della Banca Albis Rudolf Hegetschweiler.

34) Politicamente Venerio Quadri così come Gianfranco Cotti e


Geneviève Aubry debbono essere

collocati nel'ampio spettro della destra cattolica. Nel 1983 egli


aveva pubblicato presso una casa

editrice tradizionalista di destra nel frattempo scomparsa di nome


Libertas Schweiz uno studio sul

comportamento degli avvocati nei processi per terrorismo e per


risse di giovani. Anche la Aubry era

membro della Libertas. Due rappresentanti non noti della Libertas


presero parte nel 1980 al Congresso
di Ginevra della World Anti-Communist League (WACL).
(Frischknecht, Jürg e altri.:”Die

unheimlichen Patrioten.Politische Reaktion in der Schweiz“, (‘I


patrioti inquietanti. La reazione

politica in Svizzera’), Zurigo 6, 1987, p.637.

35) “Beobachter” 24/92. Nel consiglio di amministrazione sia della


Banca Commerciale di Lugano che

della Atlantis Bank di Ginevra erano presenti l'ex consigliere


federale Nello Celio e l'avvocato ticinese

Rubino Mensch.

36) Altri esempi sono l'ex procuratore di stato Paolo Bernasconi,


l'ex poliziotto cantonale di Zurigo
Walter Zimmerli o l'ex avvocato di circoscrizione zurighese Hans
Baumgartner (PS).

37) “Weltwoche”, 21.11.93

38) “Le Nouveau Quotidien”, 24.4. 94

39) Suoi colleghi nel consiglio di amministrazione erano qui oltre al


presidente della Fimo Elio

Fiscalini anche Giovanni Gianola, ultimo presidente della Sasea


Holding di Ginevra, che aveva

provocato il più grande fallimento in Svizzera, e l'ex consigliere di


stato ticinese Ugo Sadis.

40) In qualità di rappresentante legale della Fimo SA Venerio


Quadri inviò a fine marzo 1993 a Gian
Trepp e a Paolo Fusi un'ingiunzione di pagamento di più di 999 000
franchi ciascuno per affermazioni

"lesive della personalità" in diversi non meglio definiti articoli.

41) Il controllo di Gianella Brioschi sulla Itoko era strutturato in


modo più complesso: la Hulsa SA

(Lugano, capitale 50 000 franchi) controllava la Interinvestment


Corp. Ltd. (Lugano, capitale 50.000

franchi) che a sua volta controllava la fiduciaria GiBi (Lugano,


capitale 50.000 franchi). La GiBi aveva

la maggioranza nella Karelion Anstalt Etablissement (Vaduz,


capitale 1436 000 franchi), che a sua volta

deteneva il 95% della Itoko Holding ( Lugano, capitale 1 500 000


franchi). La Interinvestment Corp.
Ltd. deteneva anche la metà della Fiduciaria Tramezzani Sa (Ponte
Tresa ).

42) Interrogatorio di Pacini Battaglia del 18 marzo 1993 , citato in :


Calvi, Fabrizio e Sisti, Leo : ‘Les

Nouveaux Réseaux de la Corruption’(‘Il nuovo labirinto della


corruzione’, Parigi 1995, p.83

43) "L' Espresso", 4. 4. 93

45) "Corriere della Sera", 6. 3. 94, p.11

46) Lo scandalo Lentini era venuto alla luce , dopo che Gianmauro
Borsano , deputato socialista al

parlamento e presidente dell' AC Torino , era stato interrogato dalla


procura della repubblica di Torino e
aveva parlato anche dei suoi affari in campo calcistico.

47) "Corriere della Sera", 6.3.94

48) Calvi, Fabrizio e Sisti,Leo : ‘Les Nouveaux Réseaux de la


Corruption’. Paris, 1995, p.308 segg.

49) "Corriere della Sera ", 6.3.94

50) "La Repubblica", 7.9.93

51) "La Regione", 1.4.93. Per ironia della sorte Lottusi fu


condannato a Palermo a 20 anni di prigione

proprio il giorno in cui "La Regione" intervistò Fiscalini.

52) ivi
53) ivi

54) Coimputato fu anche il presidente del complesso industriale


elettronico Schneider SA Didier

Pineau-Valenciennes. La multinazionale Schneider è un


agglomerato di società attive prevalentemente

nel settore dell'elettrotecnica e occupa 90.000 collaboratori in 130


paesi. è sorto da Schneider-Le

Creusot,gruppo di industria pesante e costruzione di macchine con


una lunga tradizione ,dopo una serie

di metamorfosi e fusioni. Negli anni '70 Schneider era sotto


controllo dell'industriale belga barone

Empain. Dopo il ritiro di Empain e la vendita del gruppo d'industria


pesante e costruzione di macchine

da parte del successore francese di Empain Didier Pineau-


Valenciennes, i complessi industriali

elettronici francesi di Merlin Gerin e Tèlèmècanique così come il


gruppo di elettrotecnica statunitense

Square D costituivano i caposaldi della Schneider SA. La Schneider


rappresenta un caso estremo

perfino per le strutture imprenditoriali francesi notoriamente


interdipendenti. Con l'offerta di fusione

fatta al gruppo immobiliare Spie- Batignolles all'inizio del 1995


Pineau-Valenciennes ha rafforzato

questo trend.
55) Il giudice istruttore Van Epen accusò Foti di aver venduto la
Sirix ad un prezzo eccessivo alla PB

Finance, presso cui la Fimo aveva una quota di partecipazione.

56) Verdoot aveva collegato,mediante una partecipazione al


capitale, la PB Finance / Sirix anche con la

belga Cofibel ,affiliata alla Schneider, il cui presidente era Didier


Pineau- Valenciennes ;Verdoot faceva

parte del consiglio di amministrazione. La Fimo deteneva


indirettamente il 10% della Cofibel, per metà

attraverso Euver e per l'altra metà attraverso la Banca Albis


(Vanempten,Jean e Verduyn, Ludwig: ‘Le

Blanchiment en Belgique’, Bruxelles 1994, p.88). Inoltre la Fimo


possedeva circa l'1,5 percento della
Spep, la società capogruppo del complesso industriale Schneider.
In un documento interno del gruppo

Schneider si parlava nel 1990 di "una politica di collaborazione con


il gruppo Fimo" ( “Le Nouvel

Economiste”, 3.6.95 )

57) Il 12 maggio 1993 le cose si misero ancor peggio per Foti. Il


Dipartimento Investigativo Antimafia

italiano DIA, un reparto speciale della polizia italiana, fondato alla


fine del 1991, arrestò nel corso di

un'azione in grande stile sotto il comando del tenente colonnello


Michele Riccio 36 persone, in

maggioranza sulla riviera ligure. Si giunse all'arresto dopo che la


camorra, era già stata sorvegliata da
mesi mentre investiva denaro illegale in borsa. Tra gli arrestati,
accanto ai boss della camorra Antonio

Sarnatoro e Michele Zaza,c’era anche Attilio Repetti , un manager


cattolico (era membro di primo

piano della UCID, Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) e


presidente della Società finanziaria

Ferrovie Torino Nord (FTN) quotata alla Borsa di Milano. Repetti


faceva parte insieme a Foti del

Consiglio di amministrazione della Brondi e Saroldi ( Voghera,


Pavia), affiliata alla Sirix-Intervitrum

(“Il Mondo”, 1. / 8. 11. 93). Giornalisti italiani trovarono allora degno


di nota che un consigliere

d'amministrazione della Fimo, la cui società era stata al servizio


della mafia siciliana e del cartello di

Medellìn come stazione di transito di denaro, facesse parte di un


altro consiglio di amministrazione

proprio con un camorrista. ( “Il Mondo”, 1./ 8.11.93) Gli autori del
libro ‘Le Blanchiment en Belgique’

sostennero : " I piccoli azionisti ( PB Finance) avrebbero dovuto


reagire più in fretta. Ma è ugualmente

significativo che nessuna autorità belga si sia sentita qualificata ad


indagare la provenienza dei soldi

investiti alla PB Finance. Ciò non riuscì neppure alla


stampa."(Vanempten, Jean, e Verduyn, Ludwig :

‘Le Blanchiment en Belgique’, Bruxelles 1994, p.96)


58) ''Le Vif/L'Express'', 10.6.94

59) Nel consiglio di amministrazione Fimo rimasero Luigi Tamburini,


Lucia Galliano-Aloisio e

Piergiorgio Aloisio. La Fimo restò in seguito quasi due anni senza


presidente, fnchè il 17 febbraio 1995

la società duramente provata ebbe un nuovo presidente nella


persona di Franco Galliano (Torino).

60) “Tessiner Zeitung”, 21./22.9.93

61) “Cash”, 1.10.93

62) Fosse un caso o no: come già detto, la filiale della Banca Albis
a Chiasso quando si accollò gli

affari di carattere bancario della Fimo contava ugualmente 27 posti


di lavoro.

63) La strategia di crisi ben arrangiata della Banca Albis ricorda in


qualche modo la vendita della

Banque de Commerce et de Placements BCP al gruppo turco


çukurova nel giugno 1991, pochi giorni

dopo che la casa madre BCP, la Bank of Commerce and Credit


International BCCI, era stata chiusa

coercitivamente dalla Bank of England e dall'Institut Monètaire del


Lussemburgo . La SBG mantenne

una partecipazione di minoranza alla BCP e con la vendita alla


çkurova riuscì ad evitare che la filiale

svizzera BCP della BCCI dovesse venir chiusa. Un' eventuale


chiusura avrebbe prodotto solo un inutile
scandalo e il baccano dei media. (cfr. p.177 segg)

64) "Corriere del Ticino ", 27. 11. 93

65) ivi

66) "Corriere del Ticino", 29. 10. 91

67) Il 15 luglio 1992 in un'intervista al "Nouveau Quotidien" la del


Ponte ha giustificato il suo

certificato Persil per Cotti come segue :" Le indagini [ al momento


del rilascio del certificato il 18

ottobre 1991] erano in corso già da un anno. Avevo intrapreso


procedimenti d'inchiesta e avevo in

mano elementi più che sufficienti per direquello che allora dissi"
68) "Le nouveau Quotidien", 15.7. 92

69) "Il Giornale", 4. 4. 93

70) Fiscalini e Giuseppe Doninelli facevano parte insieme a


Marzocco del Consiglio di

amministrazione della francese Franchi France di Rungis presso


Parigi, una società che importava in

Francia e vendeva armi da caccia e munizioni.

71) "La Repubblica", 7. 9. 93

72) Fino al 12 luglio 1965 la Interchange Bank (Chiasso) era stata


proprietaria della Hyaline. Questa
banca ,presieduta dall'avvocato Bixio Bossi, diede adito al primo
scandalo bancario in Ticino dopo la

guerra. Nel marzo 1967 il delegato del consiglio di amministrazione


Angelo Maternini e il direttore e

azionista unico Umberto Fraschetti furono arrestati, la Interchange


fu chiusa dal pubblico ministero e la

porta sigillata. Maternini aveva fatto parte del consiglio di


amministrazione della Hyaline e della

Stefany con Ercole e Stefania Doninelli. Già dal 1964 la


Interchange non era più stata liquida.

Interchange trattava con monete d'oro e aveva una filiale a Caracas


in Venezuela. L'istituto era stato

fondato nel 1954 da Remo Cademartori, un industriale di Como.


Quest' uomo aveva un passato
movimentato e doveva aver avuto sempre buoni contatti. Infatti egli
collaborò subito dopo la guerra

con il colonnello Charles Poletti, capo dell'amministrazione militare


alleata a Roma e più tardi a

Milano. Dalla relazione della commissione delle banche emerse


allora chiaramente che le autorità

ticinesi avevano preso la faccenda un pò alla leggera, come scrisse


la National Zeitung di Basilea.

(10.4.67) Prima che si arrivasse al processo contro Cademartori,


Maternini e Fraschetti passarono 7

anni. Nel 1974 i tre vennero condannati al carcere per fallimento


fraudolento, Cademartori a 8 anni,
Maternini a 4 anni e Fraschetti a 27 mesi. Tutti e tre erano assenti e
non andarono mai in una prigione

ticinese. Fino alla conclusione del procedimento fallimentare contro


la Interchange nel settembre 1989

passarono ben 15 anni. Molti della parte lesa erano morti, tra questi
non pochi emigranti italiani ai quali

la Interchange si era presentata come cassa di risparmio. Nel


febbraio 1996 si tornò a parlare di nuovo

della Banca Interchange. Un tribunale di New York aveva


condannato il Canton Ticino ad un

risarcimento di 125 miliardi di dollari. Una società americana, la


Granville, presieduta dal cittadino

statunitense Abdul Hafez Muhammed, aveva in prima istanza fatto


valere questa sua richiesta. Secondo
Hafez Muhammed la Graiville aveva versato fiduciariamente nel
1966 alla Interchange 600 milioni di

dollari senza che le fossero più restituiti. Il Canton Ticino fece


ricorso in appello a New York con

successo.

73) L'arresto dell'azionista di minoranza della Fidia, Pia Vecchia, e


di suo marito, il cardiologo

Riccardo Buchberger, il 17 febbraio 1993 a Ponte Chiasso, fa luce


sulla crisi della Fidia. I Buchberger

avevano in auto documenti che dimostravano che avevano versato


432 milioni di lire sui loro conti

bancari svizzeri. Inoltre Pia Vecchia aveva 4 titoli rubati del Banco
di Santo Spirito. Facevano parte di
quei 294 titoli che il 2 novembre 1990 erano stati rubati a Roma e
nel 1992 erano comparsi in diverse

banche in Italia, Svizzera, Inghilterra e Lussemburgo. Questi titoli


aveva cercato di venderli anche

Winnie Kollbrunner, collaboratrice del ministro della giustizia italiano


d'allora, nell'ottobre 1992 a

Ginevra ed era stata arrestata. (v. p.309 segg) Nella sua rubrica
telefonica Pia Vecchia aveva anche il

numero di telefono di Ugo Ziletti, ex vicepresidente del supremo


consiglio dei giudici italiani CSM,

che 3 giorni prima era stato arrestato perché coivolto nella


bancarotta della Compagnia generale
finanziaria di Sergio Cerrutti. La CGF amministrava denaro di Licio
Gelli e di altre persone della P2.

( "L'Unità", 26.8.93)

74) Duilio Poggiolini e sua moglie Pièrr sarebbero argomento per


un intero libro. Nato nel 1929 in una

famiglia di modeste condizioni, dopo la guerra potè studiare


medicina e divenne medico di campagna.

Partecipò ad un concorso per un posto di funzionario al ministero


della salute. Grazie alla fortuna e a

buone relazioni ottenne l'incarico. Da allora cominciò per lui una


brillante ascesa. Diventò professore

universitario e nel 1973 direttore generale del reparto per l'


autorizzazione dei farmaci. Egli incassava
senza ritegno ricche tangenti dall' industria farmaceutica per
l'autorizzazione di farmaci inutili o

addirittura dannosi a prezzi eccessivi. Nel 1979 finì nel mirino della
stampa per una complessiva

inefficienza e per la sua scandalosa prassi delle autorizzazioni. Per


difendersi aderì alla loggia

massonica segreta P2 di Licio Gelli, e immediatamente gli attacchi


diminuirono. All'inizio degli anni

'80 la procura della repubblica di Torino aprì un'istruttoria nei suoi


confronti. L'inchiesta fu trasferita a

Roma dove si insabbiò (“Panorama”, 28.3.93). L'"Espresso" del


4.7.93 cita ad esempio lo spray

Calcitonnia della Sandoz contro l'osteoporosi. Il farmaco non era


riconosciuto negli USA, in
Inghilterra, in Francia perché la sostanza era efficace solo se
iniettata sottocute. O Timunox della Cilag

AG (Schaffhausen), un medicinale per rafforzare il sistema


immunitario, venduto solo in Italia. O

anche TP1 della Ares Serono (Ginevra), contenente la stessa


discutibile sostanza del Timunox, solo

molto più cara.

75) "Corriere della Sera",27 10 93

76) "L'Espresso", 28 10 93

3 LA MISTERIOSA TRADE DEVELOPMENT BANK


Seconda stazione svizzera di transito del denaro da narcotraffico,
nel percorso che dalla mafia portava

al cartello di Medellìn, era il conto Oficina de Cambio Internacional


presso la Trade Development Bank

di Ginevra (TDB). E come alla Fimo anche alla TDB nessuno,


secondo le sentenze di Carla del Ponte,

sapeva qualcosa di proventi da traffico da droga. A giudicare dalle


ordinanze di archiviazione delle

indagini sulla Fimo, Victor Dana e Thierry Dana, due membri dei
quadri TDB, credevano in buona fede

che le banconote in lire, consegnate dal riciclatore Giancarlo


Formichi Moglia di Chiasso, provenissero

dalla vendita di oro venezuelano negli USA. (1) Conclusione: La


TDB non si era resa colpevole di
concorso in riciclaggio di denaro come la Fimo o il servizio postale
ferroviario che aveva trasportato i

sacchi valore con le banconote italiane da Chiasso a Ginevra.(2)


Mentre la giustizia ticinese aveva

archiviato il dossier TDB subito dopo averlo aperto, vale la pena


considerare in questo libro con

particolare attenzione la banca ginevrina in buona fede a cui si


appoggiava per le sue operazioni il

riciclatore di denaro da narcotraffico Formichi Moglia. perché


questa banca ginevrina era stata il perno

e il cardine dell'ascesa di Edmond Safra a "banchiere di maggior


successo da Morgan e Rockfeller".(3)
Edmond Safra è un ebreo sefardita di Beirut con passaporto
brasiliano.(4) Insieme con altre tre famiglie

sefardite medio-orientali egli ha fatto di Ginevra la capitale del


settore bancario sefardita. Senza questo

retroscena la storia della TDB non può essere analizzata. Perciò


bisogna presentare brevemente le

famiglie de Picciotto, Gaon e Dweck prima di cominciare a parlare


della TDB di Safra. Edgar de

Picciotto, un finanziere libanese emigrato in Svizzera da Beirut


passando per l'Italia, ha fondato

insieme ai suoi due figli Guy e Daniel una nuova potente dinastia di
banchieri ginevrini.(5)

Diversamente dal suo connazionale levantino Edmond Safra, che


non ha mai voluto prendere la
cittadinanza svizzera, Edgar de Picciotto nel 1972 è diventato
cittadino di Waadt. Insieme con i

protagonisti del mondo bancario locale è membro anche dell'istituto


"Gèneve Place Financière" (6). Già

nel 1969 De Picciotto aveva fondato con il banchiere privato


zurighese Nicolas Baer la Compagnie de

Banque et d'Investissements (CBI). Nel 1978 Baer diede le


dimissioni dal Consiglio di

amministrazione CBI e fu sostituito dal ginevrino Michel


Brunschwig. (7) Nel 1989 entrò nel consiglio

di amministrazione CBI Rodolfo de Benedetti, figlio del presidente


dell'Olivetti, Carlo de Benedetti

(8), mentre de Picciotto deteneva quote di minoranza delle holding


familiari di De Benedetti CIR

(Parigi) e Sofigen (Ginevra). Nel 1990 infine la CBI, suscitando lo


stupore degli specialisti del settore,

comprò la TDB, dieci volte più grande, fondata da Safra. Se ne


parlerà ancora più avanti. Nessim Gaon,

presidente del congresso sefardita mondiale, era nato nel 1922 in


una famiglia di ebrei turchi in Sudan,

dove suo padre era un alto funzionario coloniale britannico. Nel


1957 venne a Ginevra e ottenne più

tardi la cittadinanza ma senza essere mai veramente accettato. Si


occupava di commercio e di

operazioni immobiliari. Il direttore cantonale dei lavori edili Chistian


Grobet (PS) si oppose ad alcuni
dei suoi progetti edilizi. All'inizio degli anni '90 la famiglia Gaon
controllava due dozzine e più di

società, ad esempio la Sècheron Holding SA (9) e la Noga SA con il


direttore Joel Herzog, figlio dell'ex

presidente israeliano Chaim Herzog. Nel febbraio 1995 Gaon arrivò


sull'orlo della bancarotta, perché

era stato coinvolto nel crac immobiliare di Ginevra con un grande


progetto nel settore industriale della

Sècheron dietro la stazione ferroviaria Cornavin. Sebbene non


confermato ufficialmente, Gaon

potrebbe essere stato aiutato da Safra ; il manager di Safra Isaac


Ormyron fa parte del consiglio di

amministrazione della Noga SA di Gaon. Nel dicembre 1994 il


tribunale di Ginevra concesse a Gaon,
dopo una richiesta di riscossione della Olympia & York, Toronto
(Fratelli Reichmann), un rinvio del

fallimento di per lo meno due anni (10). La terza potente dinastia


sefardita di Ginevra è rappresentata

dagli Dwecks. Questi sono originari come i Safra di Aleppo e sono


giunti più tardi a Ginevra passando

per Beirut prima e per l'Italia poi. Giacomo Dweck aveva lavorato
dall'inizio degli anni '60 per la TDB

di Safra. Maurizio Dweck fondò agli inizi degli anni '70 la Soditic di
Ginevra , che più tardi divenne la

Banca privata SG Warburg Soditic e dopo la vendita della Warburg


SG al Bankverein nel 1995 fu
chiamata di nuovo Soditic.(11) Maurizio Dweck fa parte anche del
comitato direttivo della Borsa di

Ginevra.

LA CAPITALE MONDIALE DEL SISTEMA BANCARIO SEFARDITA

L'integrazione delle famiglie Safra, de Picciotto, Gaon e Dweck -


analogamente all'accoglienza degli

Ugonotti alcune centinaia di anni prima - sottolineò la tradizionale


capacità di assimilazione di

Ginevra. Con ciò la città ospita oggi oltre al gruppo locale dei
tradizionali banchieri privati un secondo

centro decisionale globale nel cosiddetto "Private Banking", il


business della gestione patrimoniale per
gente ricca: Una potenza autonoma con la quale anche gli organi
decisionali delle tre grandi banche

svizzere residenti a Zurigo debbono fare i conti. Senza tener conto


delle radici comuni di una parte dell'

aristocrazia ginevrina del denaro nell' ebraismo sefardita, non si


possono prendere in esame i misteri

dell'ascesa della TDB nè l'avvenire di Ginevra come centro


decisionale nella piazza finanziaria

Svizzera. E bisogna considerare che religiosità personale e


impegno politico delle grandi famiglie

sefardite di Ginevra sono diversi. Mentre Nessim Gaon era


presidente del Congresso mondiale

sefardita, i de Picciotto e i Dwecks mantennero un basso profilo. Il


ricchissimo e potentissimo Edmond
Safra non fa mistero della sua religiosità personale e del suo
impegno per gli interessi terreni dell'

ebraismo sefardita. (12) Nato nel 1932, è il patriarca della famiglia


Safra, di cui fanno parte i suoi

fratelli più giovani che vivono in Brasile, Joseph, Moise, Evelyn,


Ughette, Gabi e Arlette. Ci asono poi

i figli che Edmond ha adottato sposando Lily Monteverde e la


numerosa prole dei suoi fratelli e sorelle.

Safra che ha definito una volta le banche i suoi figli, ha sempre


sottolineato che guadagnr denaro non

era per lui fine a se stesso. Voleva piuttosto fondare una banca che
sopravvivesse mille anni. (13) Il

primo traguardo l'ha raggiunto il discendente di quei mercanti


sefarditi che 150 anni fa nella Aleppo

allora osmanica avevano cominciato a commerciare in denaro e


oro. Si può affermare che la famiglia

Safra abbia superato oggi i Rothschild, la dinastia di banchieri ebrei


finora preminente. Negli anni '90

sembrava in declino soprattutto la stella del ramo inglese dei


Rothschild. La NM Rothschild di Londra

fu superata dalle banche d'affari Schroders e Fleming, tradizionali


concorrenti, cosa di cui il "Sunday

Times" incolpò il capo dei Rothschild, Sir Evelyn. (14) Il tragico


suicidio del successore designato di

Sir Evelyn, Amschel Rothschild, nel luglio 1996, dopo una seduta
decisiva a Parigi, sottolineò
ulteriormente la profonda crisi della casa. Ma anche i Rothschild
francesi avevano conosciuto giorni

migliori. Dopo che nella famiglia non era stato possibile trovare
nessun successore adeguato, nel

settembre 1995 Gérard Worms passò infine alla guida della società
in accomandita Rothschild et Cie.

Banque (Parigi). Nell'estate 1995 Worms era stato destituito da


presidente della finanziaria Compagnie

de Suez (Banque Indosuez, Sociétè Générale de Belgique) in gravi


difficoltà e ricevette il compito di

organizzare il rilancio dei Rothschild - costi quel che costi. Il ramo


franco-svizzero dei Rothschild, la

ginevrina Banque Privée Edmond de Rothschild del padre Edmond


e del figlio Benjamin de Rothschild
faceva ancora, per lo meno esteriormente, un'ottima figura.

EDMOND SAFRA E LA TDB

Motore dell'ascesa di Edmond Safra fu la TDB, la cui vicenda, ricca


di successi, deve essere vista sullo

sfondo della storia della famiglia Safra. Jacob Safra, padre di


Edmond, nacque nel 1891 ad Aleppo

quale figlio di un cambiavalute e commerciante in oro.(15) Ancor


giovane entrò nella banca Safra

Frères, fondata intorno alla metà dell' '800 da suo nonno, che aveva
filiali ad Alessandria e a Istanbul.

Durante l'infanzia di Jacob Safra Aleppo era una città in declino.


L'impero turco ottomano subiva la
pressione degli imperialisti inglesi e francesi e insieme del nascente
nazionalismo arabo. Nel 1914, a 23

anni, Jacob Safra andò nell'ambiziosa Beirut e aprì qui una filiale di
Safra Fréres. Quattro anni dopo,

dopo la prima guerra mondiale l'impero ottomano era storia. I


quattro cugini e soci dell'istituto bancario

(David a Istanbul, Ezra ad Aleppo, Jacques ad Alessandria e Jacob


a Beirut) dovettero chiudere i loro

sportelli. Col crollo dell'impero ottomano molti ebrei di Aleppo,


chiamati Calabi, si erano rifugiati a

Beirut. Così ad es. le famiglie dei Dweck, Tawil, Shammah e


Sasson. Alcuni dei discendenti di queste
famiglie di commercianti e banchieri sefarditi entrarono più tardi nei
quadri delle banche controllate da

Edmond Safra. Nel 1920 Jacob aprì a Beirut, che ora era in
territorio di mandato francese, una nuova

banca: Jacob E. Safra, Maison de Banque. Nel 1922 ebbe da sua


moglie Esther il figlio Elie. Dopo dieci

anni seguì il secondo figlio Edmond, più tardi seguirono Joseph,


Moise, Evelyn, Ughette, Gabi e

Arlette. Negli anni venti e trenta gli affari di Jacob Safra andarono
bene ed egli divenne uno dei leader

dell'allora grande comunità ebraica di Beirut. I suoi clienti erano non


solo ebrei, ma anche musulmani e

cristiani, che allora avevano in Libano rapporti piuttosto buoni. La


banca Safra si occupava soprattutto
di finanziamenti commerciali per prodotti come caffè, cacao, oro e
diamanti. Di Edmond si racconta

che già all'età di otto anni lo si poteva incontrare ogni giorno


nell'ufficio commrciale del padre. Durante

la seconda guerra mondiale il Libano fu amministrato da un alto


commissario del governo filonazista di

Vichy del maresciallo Pétain. Il padre di Edmond, essendo un


leader della comunità sefardita

frequentava l'alto commissario di Vichy e sapeva quale minaccia


incombesse sugli ebrei di Beirut nel

caso che il feldmaresciallo tedesco Erwin Rommel avesse


conquistato il Cairo. Il regime di Vichy

aveva già preparato leggi eccezionali per "il trattamento degli


Israeliti", che legalizzava la consegna

degli ebrei in Nordafrica e nel levante alla Germania nazista. Ma


per fortuna il corpo d'armata

dell'esercito tedesco in Africa fu sconfitto dai britannici ad


ElAlamein, e gli ebrei di Beirut

sopravvissero allo spettro di Vichy più o meno senza danni. Ma


subito dopo la guerra si presentarono

nuovi pericoli. Nella Palestina del mandato britannico cominciò una


guerriglia tra gli ebrei europei

emigrati e i palestinesi lì residenti Con ciò ebbe una fine improvvisa


la tradizionale tolleranza tra Arabi

ed Ebrei che per secoli erano stati sudditi dei Turchi. Ad Aleppo la
sinagoga fu distrutta nel 1947 e la
Banca Safra, guidata da un cugino di Jacob, andò in fiamme.
Anche a Beirut imperversava

l'antisemitismo, e di fronte alla banca Safra ci fu una dimostrazione


: Non fidatevi dell'ebreo Jacob

Safra, si leggeva su un trasparente.

L'ESODO DA BEIRUT

Jacob Safra sapeva che i suoi giorni in Libano erano contati. Inviò i
suoi due figli più giovani Joseph e

Moise in Inghilterra in una scuola privata, il sedicenne Edmond lo


mandò invece nel 1948 in Italia,

dove avrebbe dovuto creare un punto d’appoggio per la Banca


Safra in Europa. Il figlio maggiore Elie,
che conformemente alla tradizione sefardita avrebbe dovuto
assumere l'attività del padre, fu scavalcato.

Da questo Elie non si riprese mai. Andò in Svizzera, si ritirò


completamnte dagli affari e morì giovane.

Si dice che ancor oggi Edmond soffra sotto il peso del tragico
destino del fratello maggiore. Seguito da

un domestico e dal fedele impiegato di suo padre, Jacques Tawil,


Edmond volò nel 1948 a Roma e più

tardi a Milano, dove commerciò in oro. L'Italia del Nord era allora
meta preferita degli ebrei

mediorientali, che non erano riusciti a provare amicizia per il nuovo


stato di Israele dominato dagli

ebrei europei. Accanto a Safra ad esempio anche Edgar de


Picciotto e Maurizio Dweck. C'erano inoltre
i sefarditi residenti da lungo tempo, e nel frattempo italianizzati,
come i De Benedetti. Per cinque anni

Edmond Safra fece la spola tra Beirut e l' Europa e portò a termine
operazioni finanziarie. Allo stesso

tempo teneva sempre gli occhi aperti alla ricerca di un paese in cui
la sua gente potesse emigrare. Nel

1952 individuò infine la meta agognata in Brasile, dove era dovuto


volare per l'ispezione di una

cartiera. Edmond cominciò ad imparare il portohese, levò le tende


da Milano e si trasferì in Brasile,

dapprima a Rio, poi a Sao Paulo. Nel 1953 il padre Jacob con i
fratelli e le sorelle lo seguirono da
Beirut. La banca di Beirut Jacob Safra la cedette ad un fedele
impiegato. Sebbene il vecchio edificio sia

stato distrutto nel 1976 durante la guerra civile, essa esiste ancor
oggi. In Brasile c'era allora un media

borghesia ebraica. Non poche di queste persone avevano dovuto


sfuggire a suo tempo ai nazisti e ora

divennero i primi clienti della piccola banca, che i Safra avevano


comprato a San Paolo. Inoltre

continuarono a finanziare il commercio, come avevano già fatto


cento anni prima.

GINEVRA, PATRIA ELETTIVA

Già dopo tre anni a San Paolo Edmond venne di nuovo in Europa,
questa volta a Ginevra. Qui fondò
nel 1956 la Finanziaria Sudafin con un capitale di 100.000
franchi.(16) Quattro anni più tardi la

Sudafin, sotto il nome Trade Development Bank, fece richiesta di


una licenza bancaria presso la

Commissione Confederale delle Banche. Anche il padre di


Edmond, Jacob Safra, entrò nel consiglio di

amministrazione. Negli statuti si diceva che l'attività si svolgeva


soprattutto all'estero. Sebbene dal

1956 Safra fosse solo raramente in Brasile ricevette nel 1960 la


cittadinanza brasiliana. Non ha una

residenza fissa, ma fa la spola tra Ginevra, la Costa Azzurra,


Londra, San Paolo e New York. Per poter

andar in giro senza bagaglio, ha in tutti questi luoghi un set di


camicie e abiti azzurri identici e un
cameriere che tiene tutto in ordine. Nel 1962 Edmond vendette la
sua partecipazione al Banco Safra SA

di San Paolo ai suoi fratelli più giovani Joseph e Moise, per


concentrarsi completamente sulla TDB.

(17) Nel 1963 morì a nella città brasiliana il padre Jacob. Già dopo
un anno dalla fondazione della TDB

il capitale potè essere aumentato a 26 milioni di franchi. Ai posti di


comando strategici Safra mise,

conformemente alle antiche tradizioni, preferibilmente correligionari


mediorientali. Alcuni di loro

avrebbero fatto una grande carriera: ad esempio Joseph A. Shalam


o Emile Saadia. Nel gennaio 1963 la
TDB aprì una filiale a Chiasso. Vicedirettore divenne Giacomo
Dweck, un calabi di Aleppo che aveva

preso la cittadinanza italiana. Più tardi si unirono al management di


Chiasso anche Alber M.Benezra,

un ebreo turco di Istanbul, e il vecchio uomo di fiducia Jacques


Tawil con cui Safra nel 1948 aveva

fatto per la prima volta un viaggio in Italia. L'impiego di tre tra le più
qualificate e strette persone di

fiducia nella piazza finanziaria di Chiasso, allora ancora piccola,


sottolinea l'importanza di questa

filiale. Negli anni '60 e '70 gli affari andavano lisci come l'olio, senza
che si fossero presentati problemi

di rilievo. Dopo Chiasso furono aperte filiali anche a Londra e a


Nassau (Bahamas). La filiale londinese
divenne uno dei maggiori operatori sui mercati monetari
d'Inghilterra. Nel 1973 la TDB si era

trasformata nella più grande banca svizzera controllata da stranieri


con un capitale di 165 milioni di

franchi. Nonostante il suo fenomenale successo Safra continuò


allora a rimanere quasi del tutto

sconosciuto all'opinione pubblica svizzera. Gran parte della


clientela si trovava in Sudamerica, che in

quegli anni era dominata per lo più da dittature fasciste.

SAFRA VENDE LA TDB

Nel 1983 Safra vendette la sua TDB per 550 milioni di dollari al
gruppo di servizi finanziari
statunitense American Express.(18) La vendita era stata avviata da
Peter Cohen , presidente della

Shearson Lehman, affiliata di American Express. Cohen aveva


lavorato dal 1978 al 1980 per Safra ed

era diventato poi presidente della Shearson Lehman.(19) I capi


dell'American Express Jim Robinson e

Jack Smith volevano rilanciare l'American Express Bank e


ritenevano che a questo scopo fosse ideale

una fusione con la TDB. E questo sebbene il campo d'azione


principale della TDB fosse il Sudamerica

scosso allora da una crisi causata dai debiti, e dove la banca aveva
molti crediti pendenti. Safra

vendette, la TDB confluì nell’American Express Bank, e Safra ne


divenne presidente. Nello stesso

tempo si impegnò per iscritto di non fondare per tre anni una nuova
banca in Svizzera, nel caso di un

ritiro dall'American Express. Si scontrarono due culture: da una


parte la TDB con il suo carattere

marcatamente ebraico e il forte legame con Safra presidente


onorario e fondatore, dall'altra l'American

Express Bank con la sua mentalità tradizionalmente WASP (White-


Anglo-Saxon-Protestant). Safra e il

capo dell'American Express Jim Robinson ben presto litigarono. Già


alla fine del 1984 e pochi mesi

dopo anche il suo fedele sottotenente Giacomo Dweck uscirono dal


consiglio di amministrazione. Nel
corso del 1985 cominciò il grande esodo dall'American Express
Bank dei rappresentanti dei quadri

fedeli a Safra. Michel Cartillier, Sem Almaleh, Jacques Tawil e circa


cento altri del seguito di Safra

lasciarono l'istituto. Nel caso che a Safra e agli uomini del suo
seguito fosse riuscito di portarsi via oltre

ai quadri anche i vecchi clienti migliori della TDB fusasi con la


American Express Bank, la TDB

sarebbe divenuta praticamente senza valore per American Express


e la discreta cifra d'acquisto di 550

milioni di dollari sarebbe andata perduta. Perciò il capo


dell'American Express Jim Robinson ingaggiò

dei detectives privati e incaricò le più note agenzie di investigazioni


economiche come Jules Kroll
(New York) e Carratu International (Londra) di cercare motivi
d'accusa contro Safra. La fiducia dei

clienti in Safra avrebbe dovuto essere distrutta affinchè non


passassero alla sua Republic National Bank

of New York (RNB). La RNB era stata fondata da Safra nel 1966,
sei anni dopo la TDB, come suo

punto d'appoggio a New York.

LA GRANDE CAMPAGNA DENIGRATORIA

Sulla campagna internazionale che il capo dell'American Express


Jim Robinson condusse dal 1986 fino

al 1989 contro Safra il reporter del “Wall Sreet Journal” Bryan


Burrough scrisse un libro di 500 pagine
dal titolo: ‘Vendetta - La campagna diffamatoria dell'American
Express contro il concorrente Edmond

Safra’. (20) Il libro comincia con la frase: "Il finanziere internazionale


Edmond Safra fu accusato di

essere implicato in numerosi delitti di riciclaggio di denaro sporco


fino al delitto su commissione. Per

quanto ho potuto riscontrare nelle mie ricerche si tratta di pure


calunnie". Secondo Burrough "tutte le

dicerie di narcotraffico "si basano solo su pettegolezzi intorno alla


famiglia di bancheri levantina

tradizionalmente discreta, generati da "antisemitismo e invidia per


le ricchezze di Safra". Per Burrough
"il problema d'immagine di Safra nasce dal tradizionale impegno
della famiglia di banchieri in due

branche d'affari considerate sospette da numerosi osservatori


occidentali: le operazioni bancarie

svizzere e il commercio d'oro." In breve: Non è sospetto Safra ma la


piazza finanziaria Svizzera. Nel

tentativo di difendere Safra, lo zelante reporter dello “Wall Street


Journal” è divenuto critico

involontario della piazza finanziaria Svizzera. Se si segue


coerentemente la logica di Burroughs, le

figure sospette non sono da cercarsi nell'ambiente di Safra, ma


piuttosto nel suo elitario ambiente

svizzero. Tutte colonne portanti della migliore società ginevrina: Nel


1982 facevano parte del consiglio
di amministrazione della TDB ad esempio l'ex direttore del
Bankverein Giuliano Pelli e il consigliere

d'amministrazione di Merkur Robert Baur. Gli avvocati ginevrini di


Safra erano nomi famosi come

Pierre Guinaud (21), Marc Bonnant (22), Charles-Andrè Junod (23)


e Jean-Pierre Jacquemoud.(24)

Anche se l'autore di ‘Vendetta’ documenta in modo del tutto


attendibile la massiccia campagna

denigratoria di American Express, il suo libro resta una difesa


acritica di Edmond Safra. E non

meraviglia affatto che gli sia stato rimproverato di scrivere al soldo


del finanziere. L'argomentazione

unidimensionale assomiglia all'arringa di un avvocato per il suo


cliente. Sebbene Safra non avesse

bisogno di quest'arringa: il capo dell'American Express Jim


Robinson si scusò personalmente per la

campagna denigratoria - di cui sostenne di non aver saputo niente -


e versò 8 milioni di dollari a enti

assistenziali indicati da Safra. L'unilateralità di Burrough gli


impedisce ad esempio di rilevare che la

vendita della TDB all'American Express può essere stata una cosa
combinata fin dall'inizio. Il manager

dell'American Express che aveva arrangiato quest'affare, Peter


Cohen, lavorava prima e dopo per Safra.

(25) è possibile che egli abbia spinto i capi dell'American Express


ad acquistare la TDB nell'interesse di
Safra. Sebbene questa banca come nessun'altra, in ultima analisi
fosse a misura del suo fondatore e

guida, Edmond Safra. "Nella sua banca Edmond è presidente,


giudice e giuria", scriveva ad esempio la

rivista economica "Business Week".(26) La lealtà di Safra nei


confronti dei suoi dirigenti spesso

sefarditi era leggendaria; quando qualcuno aveva problemi poteva


contare sul capo. I dirigenti a loro

volta ripagavano, come è comprensibile, con un grande


attaccamento. Stando così le cose, sarebbe

comprensibile che una volta che Safra aveva incassato il prezzo


d'acquisto dall'American Express, i

dirigenti fedeli tornassero dopo un certo periodo di nuovo dal loro


vecchio capo. E come l'esperienza
insegna, i clienti delle banche tendono a seguire gli amministratori
patrimoniali a loro noti. Come detto,

questa è solo un'ipotesi. Ma in un libro di 500 pagine meriterebbe di


venir analizzata.

SAFRA RESTITUISCE IL COLPO

è un fatto che quasi cento dei più importanti quadri della TDB
abbandonarono la TDB-American

Express. Basti qui citare oltre al direttore generale Michel Cartillier


con la segretaria, il direttore

dell’elaborazione elettronica dei dati (EED) Hans Hofer per


esempio, il capo contabile Claude

Frossard, il manager del sistema Costakis Plastiras e l'esperta


tributaria Claire Favre. Si concentrarono

alla Prochimex SA in Rue François Billot. Nello stesso edificio


aveva il suo studio anche l'avvocato di

Safra, Jean-Pierre Jacquemoud.(27) La segretaria di Cartillier e altri


tre disertori dall'American Express

lavoravano alla Rasmal Finance SA, del cui consiglio


d'amministrazione faceva parte lo stesso

Jacquemoud. All'inizio del 1987 venne a mancare alla TDB-


American Express una serie di atti che

documentava i più importanti sistemi di computer e di


comunicazione della TDB. Il 23 marzo 1987 il

presidente della TDB-American Express Bob Terrier fece denuncia


contro ignoti per furto. Il
procedimento si insabbiò. Il 31 agosto 1987 l'American Express
intentò un'azione contro Edmond Safra

presso la commissione confederale delle banche. Lo accusò di


contravvenzione sistematica al divieto di

concorrenza, di portar via il personale altrui per la sua nuova banca


e richiese che fosse vietato a Safra

di aprire un’altra banca in Svizzera. Non avrebbe offerto alcuna


garanzia di una gestione irreprensibile

dell'impresa. La commissione delle banche respinse il ricorso.

DECOLLO IN VERTICALE DELLA NUOVA BANCA

Nel 1988 Safra fondò la Republic National Bank of New York


(Suisse), il cui nome fu poi abbreviato in
RNB (Suisse). A far parte del consiglio di amministrazione chiamò
oltre ai suoi avvocati svizzeri Jean-

Pierre Jacquemoud e Charles-André Junod anche il fedele Jacques


Tawil, con il quale nel 1948 era

venuto da Beirut in Italia, e Guido Hanselmann, vecchio direttore


generale della Schweizerische

Bankgesellschaft. Presidente della direzione generale divenne Sem


Almaleh, sefardita di Beirut, già ai

vertici della TDB. Lo affiancava Joseph Benhamou. C'era anche la


giovane generazione dei Safra:

aveva funzioni di procuratrice Camila Safra.(28) La nuova banca


svizzera di Safra, RNB (Suisse), era

un’ulteriore componente del suo gruppo RNB. Alla fondazione della


RNB numerosi dirigenti della
TDB andarono a New York, ad esempio Cyril Dweck o Jacques
Tawil. Safra non aveva alcun ufficio

operativo presso la sua banca a New York, era solo presidente


onorario. Ma come "Business Week"

informa, gli statunitensi per lo più ebrei che aveva chiamato a far
parte del topmanagement dovevano

essere sempre ai suoi ordini. (29) La RNB fu un grande successo e


nel giro di appena 30 anni si

espanse dalle poche agenzie sulla Park Avenue al ventesimo posto


delle banche USA con 69 filiali a

New York, Florida e California. Inoltre il gruppo RNB comprende


molti altri operatori di borsa,
amministratori patrimoniali e casse di risparmio. Era considerato
inoltre il massimo commerciante in

oro degli USA per le monete e i lingotti e anche nel commercio di


banconote era annoverato tra i

maggiori. (30) Al gruppo RNB appartiene la Republic Mase Bank


(Londra), una delle maggiori banche

al mondo per il commercio dell'oro, e Republic Factoring con filiali in


California e North Carolina. Le

operazioni della Factoring hanno bisogno di un'elevata liquidità: la


banca compra crediti già prima

della loro scadenza in contanti con una riduzione. Alla scadenza di


pagamento incassa dal debitore

l'importo intero. A metà del 1994 Safra possedeva il 28,7 % del


capitale azionario del gruppo RNB, una
concentrazione eccezionalmente alta da parte di un unico
proprietario tra le grandi banche USA. Gran

parte, del resto, lo controllava mediante alcune holding. Gli attivi


complessivi del gruppo RNB

all'inizio del 1996 ammontavano a più di 60 miliardi di dollari. La


Republic National Bank of New

York (Suisse) dal 1988 al 1995 si accrebbe fino a divenire la


maggior banca svizzera di proprietà

straniera con un importo di bilancio di più di nove miliardi di franchi.


Insieme con le altre banche Safra

riunite nella Safra Republic Holding del Lussemburgo sorse nel giro
di pochi anni un gruppo

internazionale di banche private con circa 16 miliardi di dollari di


bilancio totale (1995). Oltre alla

RNB (Suisse) la Republic Holding lussemburghese di Safra aveva


ancora due partecipazioni: la SR

Transport Service di Ginevra, succeduta alla Republic New York


Corporation Air Transport il cui nome

compare nello scandalo Iran-Contra. Essa gestisce i jet dell'azienda


per i dirigenti di Safra. Più

importante è tuttavia la Compagnie de Participations Industrielles et


Financières SA (CPIF) di Losanna,

del cui consiglio d'amministrazione faceva parte Jacob Safra junior


di New York.(31) Era consigliere

d'amministrazione insieme a lui l'avvocato Dominique Rochat dello


studio Lenz & Staehelin di
Ginevra. Dominique Rochat è uno di quegli avvocati d'affari che
fanno collezione di mandati di banche

e società finanziarie. Una dozzina di mandati esteri fanno di lui un


intermediario particolarmente

importante per Safra con questi istituti. (32) Una composizione


interessante ha anche la L&S Conseil

(Ginevra) che ha riunito la RNB (Suisse), la Banque Unigestion e la


Kreditanstalt: Safra era

rappresentato dal direttore generale Joseph Benhamou, la Banque


Unigestion dal suo azionista e

consigliere d'amministrazione Bernard Sabrier e dal suo consigliere


d'amministrazione Robert Pennone.

(33) Nel maggio 1996 Sabrier vendette infine la Banque Unigestion


alla RNB (Suisse), il cui organico
salì a circa 450 persone ed il bilancio totale a 9,5 miliardi di franchi.

IL PESCE PICCOLO MANGIA IL PESCE GROSSO

La campagna del presidente dell'American Express Jim Robinson


non riuscì a bloccare Safra e la RNB

(Suisse) di nuova fondazione passò rapidamente da un record


all'altro. La TDB, sotto l’ala

dell'American Express, non aveva invece successo senza Safra.


Nello stesso tempo anche la casa madre

dell'American Express a New York finiva sempre più in rosso. Nel


1989 i dirigenti della banca

americana decisero di intraprendere un programma di risanamento


che includeva la vendita della TDB.
Tra i primi interessati ci fu nientemeno che Edmond Safra. Ma non
gli fu aggiudicata, anche se si dice

che abbia offerto circa un miliardo di franchi, il doppio della cifra che
l'American Express nel 1983

aveva pagato per la TDB. All'inizio del 1990, dunque poco dopo
l'ultimo trasferimento di denaro da

narcotraffico dalla Fimo alla TDB, l'American Express vendette l'80


% della TDB alla Compagnie de

Banque et d'Investissements (CBI) di Ginevra. Uomo di punta della


CBI era Edgar de Picciotto. La

CBI-TDB, sorta dalla fusione della CBI con la TDB dieci volte più
grande,rappresentò per de Picciotto
il coronamento dell'opera di tutta una vita. Alcuni mesi più tardi la
banca cambiò ancora nome e ne

assunse uno complicato, Union Bancaire Privée CBI-TDB,


abbreviato in seguito in UBP. Poichè la CBI

di de Picciotto era dieci volte più piccola della TDB, si cercò di


indovinare la provenienza della cifra

d'acquisto compresa tra i 500 milioni e un miliardo di dollari, che de


Picciotto aveva pagato

all'American Express per l'80 % della TDB (il 20% lo mantenne


l'American Express). La voce che

allora circolava, vale a dire che Safra avesse prestato a de Picciotto


il denaro necessario, sarebbe una

risposta plausibile a questa domanda. La voce non era del tutto


fuori luogo, perché anche Safra si era
mostrato interessato all'acquisto della TDB, ma non aveva trovato
buona accoglienza. L'ipotesi che

Safra fosse il discreto finanziatore di de Picciotto, è suffragata dal


ritorno di numerosi dirigenti di Safra

alla UPB dopo il ritiro dei quadri dell'American Express: Per primi il
presidente della direzione

generale Michel Cartillier e il direttore generale Daniel Solari, che


avevano lasciato la TDB nel

1985/86. Ma anche dirigenti di primo piano del Backoffice come ad


esempio l'analista dei sistemi

Costakis Plastiras o il capo contabile Claude Frossard. Nel


consiglio d'amministrazione dell'UBP,

ampliato da de Picciotto, entrarono due vecchi compagni di viaggio


di Safra dagli inizi degli anni '60,

originari di Beirut, Emile Saadia e Joseph A. Shalam. Saadia era


entrato in servizio nel 1962 come

direttore della TDB, mentre Shalam era stato nominato nel 1965
procuratore commerciale. Nella prima

metà degli anni '90 la UPB continuò a crescere e con


l'assorbimento della Zürcher Nordfinanz Bank nel

novembre 1995 con poco meno di 1000 dipendenti, un importo di


bilancio di circa 16 miliardi di

franchi e depositi di clienti stimati fra i 35 e i 45 miliardi di franchi,


divenne infine probabilmente la

maggiore banca svizzera dopo le tre grandi banche (escluse le


grandi banche cantonali e forse la banca
Bär di Zurigo).

CONFESSIONI A CUORE APERTO

Nell'ottobre 1995 Edgar de Picciotto smentì in modo fuori del


consueto ogni collegamento dell'UBP

con "affari finanziari oscuri". Ed elencò cinque casi incresciosi, dei


quali allora per lo meno uno era

sconosciuto alla stampa svizzera.(34) In tutte queste storie la sua


banca si sarebbe mantenuta

integerrima, colpevoli sarebbero stati gli impiegati disonesti. Nel


reato più grave era implicato

l'assistente di direzione UBP, che alla fine di novembre 1994 fu


arrestato a Miami con un collaboratore
per sospetto di riciclaggio di denaro. Secondo de Picciotto la sua
banca era stata vittima a Miami di un

impiegato delinquente. Egli promise piena cooperazione con le


autorità e disse inoltre di aver incaricato

Bernhard Ziegler, ex direttore di polizia giudiziaria di Ginevra di


escogitare misure semplici ed efficaci

per un maggiore controllo interno.(35) Le indagini in Florida


portarono alla denuncia di numerose

persone tra cui Handali e il direttore finanziario di un discount


americano di commercio al dettaglio,

per riciclaggio di denaro e appartenenza ad un'associazione


criminale. Ad Handali si rimprovera di

essere stato membro di una grande organizzazione per il


riciclaggio, che aveva predisposto un servizio
di corriere per portare denaro contante degli USA in Svizzera e per
far ciò si appoggiava ad un

complesso sistema di contabilizzazione della UPB. Tra i sospetti


figurò a Miami anche l'ultraottantenne

Albert Shammah, che avrebbe messo a disposizione i suoi conti


bancari, cosa che egli in ogni modo

negò.

Un altro caso criminale pendente della UBP-Connection è il


procedimento penale a Ginevra contro il

consigliere patrimoniale Pierre Hafner. Per Hafner la UBP sarebbe


stata solo banca di deposito e non

attore indipendente, ha sostenuto Edgar de Picciotto. In ogni caso


Hafner, che fu arrestato per sospetto

di appropriazione indebita di fondi d'investimento per l’ammontare


di milioni, fino all'aprile 1994 era

stato consigliere d'amministrazione dell'UBP. La UBP sarebbe stata


vergognosamente sfruttata anche

nel caso del socialista verosimilmente corrotto Luis Roldan, già


"chefe" della milizia spagnola

accasermata Guardia Civil, che aveva trasferito mazzette mediante


conti UBP (36), e così pure nel caso

dello speculatore immobiliare tedesco Jürgen Schneider, che aveva


parcheggiato 245 milioni di marchi

alla UBP, prima di dileguarsi in incognito a Miami. Nel suo esercizio


difensivo Edgar de Picciotto citò
ancora un affare di contrabbando con oro sudafricano, per cui la
UBP era innocente, sul quale tuttavia

non fu possibile apprendere niente di più preciso.

IL CASO FISCALE GRAF

La pubblicità più sgradita fu procurata all'UBP dalla tennista


tedesca Steffi Graf. Dopo che suo padre

era stato arrestato per sospetto di infrazione fiscale per


l'ammontare di milioni, anche il settimanale

illustrato "Stern" si occupò dettagliatamente di questo caso.


Manager di Steffi era Phil de Picciotto.

Padre di Phil era Maurice de Picciotto che viveva negli USA, un


fratello del capo dell'UBP Edgar de
Picciotto. Il padre di Phil Maurice fa parte del consiglio
d'amministrazione dell'UBP. Phil dirige la

Advantage International, la seconda agenzia di sportmarketing al


mondo in ordine di grandezza

secondo Mc Cormack, il cui capitale di fondazione fino al 1992 era


depositato presso la holding della

famiglia de Picciotto, la Compagnie de Banque et d'Investissements


CBI Holding SA. Alla fondazione

dell'Advantage (Switzerland) a Zug entrò nel consiglio di


amministrazione Rudolf Hug, un ex

consigliere d'amministrazione CBI (la banca precedente la UBP),


che aprì un conto alla CBI. Dopo

l'arresto di papà Graf il manager di Steffi, de Picciotto, e lo sponsor


di Steffi, il produttore
automobilistico della Opel, litigarono sul modo di affrontare la crisi.
(37) Questo conflitto divenne

pubblico e la Opel ricevette un dossier sulla UBP e la famiglia de


Picciotto. A questo proposito scrive

"Stern": "Contenuto: cose sgradevoli sulla parentela di de Picciotto -


padre, zio e cugini – tutti occupati

in operazioni economiche per la "Union Bancaire Privèe", coinvolta


in grandi scandali finanziari". (38)

Mittente del dossier era un certo Dean Andromidas dell' "Executive


Intelligence Review" (EIR).

Andromidas appartiene al gruppo che si raccoglie intorno allo


statunitense Lyndon H. Larouche, che
guida una rete internazionale di partiti, associazioni e case editrici.
"Il settantatreenne Larouche aveva

scontato fino al 1993 una pena di parecchi anni di detenzione negli


USA per truffa ed evasione fiscale.

In Germania i suoi seguaci svolgono un'attività cospirativa con


organizzazioni come lo Schiller-Institut

o "Patrioti in Germania". Al centro della loro campagna diffamatoria


c'è "l'alta finanza ebraica". Anche

la famiglia de Picciotto è di origine ebraica".(39)

SAFRA, L'INTOCCABILE

Lasciamo l' UBP sorta dalla vecchia TDB di Safra e torniamo a


Safra stesso. Nell'ottobre 1991, quasi
contemporaneamente all'arresto del corriere finanziario Lottusi,
cominciò a Ginevra un processo per

lesione dell'onore. Safra l'aveva intentato contro l'allora redattore


capo Jacques Pilet della rivista

d'informazione svizzero-occidentale "L'Hebdo" e il redattore dell'"


Hebdo" Jean-Claude Buffle. I due,

dopo più di un anno di ricerche in patria e all'estero, avevano scritto


che l'impero bancario di Safra era

stato sospettato di interessarsi di narcotraffico e di riciclaggio di


narcodollari. In opposizione alla

richiesta dell'avvocato di Safra Marc Bonnant il giudice di Ginevra


ha concesso ai giornalisti la prova

della verità. Ma Edmond Safra ha sporto querela con successo per


oltraggio all'onore. I due giornalisti
cercarono di convalidare i sospetti formulati, presentando al
tribunale materiale, di cui non sapevano

che detectives privati, comprati dall'American Express, l'avevano


falsificato. Le manipolazioni non

erano rimaste ignote all'esercito internazionale di avvocati e


detectives privati che Safra senza badare a

spese aveva ingaggiato. La truppa di investigatori al suo servizio fu


in grado di ricostruire il percorso

del materiale falsificato e nell'aula del tribunale Bonnant potè


smontare il castello accusatorio che era

alla base dell'articolo. Ad esempio il pezzo forte rappresentato dal


sospetto di riciclaggio di denaro nei

confronti di Safra. Il 17 gennaio 1988 il settimanale italiano


"L'Espresso" aveva pubblicato un servizio

sulle vicende di Albert Shammah, accusato di riciclaggio. Shammah


aveva origine come Safra da una

famiglia sefardita di Aleppo e viveva come lui di quando in quando


a Ginevra. Nel 1977 aveva chiesto

un permesso di soggiorno nella città svizzera, e Safra gli concesse


una firma di garanzia. (40) Quando

nel 1985 Shammah fu coinvolto in un'inchiesta sul riciclaggio di


denaro e narcotraffico a Milano, il

pubblico ministero milanese emise un ordine di cattura


internazionale. Il narcotrafficante turco Celal

Erdogan era stato fermato con 35 kg di eroina e aveva fatto il nome


dell'iracheno Abdullah Isaacs come
mandante, che a sua volta fece il nome di Shammah. Shammah
venne poi arrestato a Ginevra, ma non

estradato bensì lasciato di nuovo libero. Questo, dopo che il suo


avvocato Dominique Poncet ebbe

inviato all'Ufficio federale di polizia a Berna una richiesta di rilascio


provvisorio , sottoscritta da sei

personalità. I firmatari erano: Nessim Gaon, Maurice Salam (TDB),


Albert Benezra (TDB), Giuliano

Pelli (TDB), Carlo Ripa di Meana (noto uomo politico italiano dei
Verdi) e Giovanni Testori. (41) La

notizia bomba contenuta nell'articolo dell' "Espresso" su Shammah


non era tuttavia questa faccenda, ma

l'accenno ad un rapporto dell' "U. S. Bureau of Narcotics" dell'anno


1957: Safra sarebbe stato coinvolto
nel contrabbando di eroina-base da Beirut a Milano. Safra incaricò
l'avvocato di Ginevra Charles-

André Junod, consigliere d'amministrazione della RNB (Suisse), di


rintracciare questo rapporto. Lo si

ritrovò presso Rudolf Wyss, direttore dell' Ufficio centrale di polizia a


Berna. La polizia svizzera

l’aveva ricevuto il 21 agosto 1957 con preghiera di informazioni su


Edmond Safra. Ma più tardi era

risultato - così Wyss- che si era trattato di uno scambio di nomi.


Non sarebbe stato ricercato Edmond

Safra ma un certo David Safra, forse un parente di Edmond. Ma


poichè non c'era motivo di supporre un
collegamento criminale tra Edmond e David, l'inchiesta su Edmond
era stata sospesa. Wyss si scusò

che questo fatto non fosse mai stato comunicato alla polizia di
Ginevra. Junod rintracciò poi negli USA

l'autore del rapporto, il poliziotto della sezione narcotici nel


frattempo più che ottantenne e pensionato

Andrew Tartaglino, che confermò lo scambio di nomi. Secondo


Wyss l' U.S. Bureau of Narcotics

chiese per la seconda volta informazioni su Edmond Safra il 24


giugno 1966. Il 12 settembre 1966 gli

Svizzeri risposero che non c'era alcun motivo di sospettare che


Safra fosse coinvolto in affari di droga.

(42) Con ciò questo rapporto aveva perso valore accusatorio per i
giornalisti davanti al tribunale. Anche
altri documenti furono messi in dubbio dall'avvocato di Safra
Bonnant. Ad esempio la relazione della

Drug Enforcement Administration USA su Shakarchi, che citava


anche Safra e la RNB. Testimoni a

discarico la definirono un documento di routine privo d'importanza.

NIENTE A CHE FARE CON IRAN-CONTRA

Un ulteriore successo nei confronti dei giornalisti gli avvocati di


Safra lo registrarono in relazione al

presunto coinvolgimento delle società del loro assistito nel


cosiddetto scandalo Iran-Contra. Si parlò di

affare Iran-Contra a proposito della politica estera illegale "privata",


attuata insieme da Oliver North,
consulente in materia di sicurezza del presidente Reagan, dal
generale USA in pensione Richard

Secord, dal mercante d'armi iraniano Albert Hakim e dall'avvocato


statunitense William Zucker (43).

Hakim e Secord dirigevano a Ginevra lo Stanford Technologies


Trading Group, che aveva lo stesso

domicilio di Republic Air Transport Services, cui era affidato il jet


privato di Safra a 8 posti. Safra

contestò di essere in qualche modo legato a clienti o partner di


Zucker,che avrebbe fondato ditte per lui

solo come fiduciario, ad es. la Republic Air Transport Services o la


società che possedeva la villa di

Lily Safra Monteverde, la vedova brasiliana, sposata da Edmond


nel 1976 e della quale aveva adottato i

figli. Dopo un processo della durata di due mesi il giudice di polizia


di Ginevra condannò i due

giornalisti Pilet e Buffle a 5000 franchi di multa e dieci giorni di


carcere con la condizionale. La casa

editrice Ringier , proprietaria di "L'Hebdo", rinunciò ad


un'impugnazione della sentenza e dovette farla

pubblicare a proprie spese in 15 giornali. Da allora sia "L' Hebdo"


che "Le Nouveau Quotidien",

fondato più tardi da Jacques Pilet, dove anche Buffle trovò rifugio,
lasciarono in pace Safra.

CRITICA DELLA GIUSTIZIA PENALE DI GINEVRA


Dopo il verdetto draconiano della giustizia penale di Ginevra i
giornalisti che si erano messi

ingenuamente nei guai con Safra, trovarono un aiuto inaspettato.


Hermann Bodenmann, allora

presidente della commissione delle banche, e perciò massimo


supervisore delle banche della Svizzera,

mise in dubbio che un semplice giudice di polizia avesse veramente


il tempo necessario e le

conoscenze per valutare il caso in modo adeguato. "A molti giudici


manca l'esperienza. Se un caso

difficile arriva sulla scrivania di un non specialista, questo è tentato,


di addurre motivi di tutti i generi

per non dovere proseguire l'inchiesta finanziaria. Anche la


prescrizione è una specialità ginevrina."(44)
Bodenmann sottolineò anche che il lavoro d'indagine dei media
nell'ambito della criminalità finanziaria

era utile non meno alla commissione delle banche. Del fatto che
Pilet e Buffle si fossero fidati di

documenti sudamericani falsi disse: "La commissione delle banche


in quanto autorità di controllo

ufficialmente riconosciuta non ha i mezzi per fare verifiche. Come


può farlo un giornalista?" L'inusuale

sostegno morale di Bodenmann ai due giornalisti puniti è tanto più


significativo in quanto l'insider del

controllo delle banche aveva potuto seguire l'intera ascesa di Safra


dalla piccola finanziaria ginevrina

alla banca privata internazionale. Il suo intervento non avrebbe


potuto essere più chiaro e deve essere

inteso come segnale alla giustizia ginevrina perché non lasciasse


con troppa condiscendenza che il

potere di Safra crescesse in maniera incontrollata.

SEMPRE AVANTI FINO A ZURIGO, PARADEPLATZ

Nel settembre 1996 la filiale zurighese della RNB (Suisse) ha preso


possesso a Zurigo della sua nuova

sede nel ristrutturato edificio di proprietà a Paradeplatz. Il


trasferimento nel centro della piazza

finanziaria svizzera aveva anche un significato simbolico.


Quarant'anni dopo la fondazione della sua

prima piccola finanziaria a Ginevra, Edmond Safra si trova ben in


vista ai vertici del mondo della

finanza. Conosce l'importanza che l’indirizzo ha nel "Private


Banking” e sa che in questo settore dopo

"Zurigo, Paradeplatz" non è possibile salire più in alto. Ma ora è il


momento di lasciare Edmond Safra.

Altri uomini un pò meno potenti ma non meno misteriosi della


piazza finanziaria Svizzera attendono di

essere presi in attenta considerazione.

Note:

1) "Corriere del Ticino", 27. 11. 93

2) La Trade Development Bank era già comparsa prima dello


scandalo Fimo in un altro affare di
riciclaggio di denaro in Svizzera, la cosiddetta Libanon Connection,
che nel 1990 era terminata con la

condanna dei fratelli Magharian per riciclaggio a favore dei


trafficanti di droga colombiani e sospetto di

rapporti con narcotrafficanti turchi a 4 anni di prigione.


Nell'incartamento del processo Magharian,

datato 5 dicembre 1988, la procura federale constatava che il nome


TDB appariva in quasi tutti gli

affari di riciclaggio, citati nella relazione. ("Le Nouveau Quotidien ",


24. 4. 92)

3) "Business Week", 7.3.94

4) Si chiamano sefarditi gli ebrei che prima della fondazione dello


stato di Israele vivevano in paesi

islamici. La parola deriva dall'ebraico Sefard (Spagna), perché la


regina Isabella la Cattolica nel 1492

aveva cacciato gli ebrei spagnoli in Marocco e nell'impero


osmanico.

5) I de Picciotto hanno buoni rapporti con la Banca Cantonale di


Ginevra : Renè de Picciotto ha

rilevato nel 1995 dalla SBG una partecipazione del 40 % alla


Cantrade Banque Privée Lausanne, a cui

è sostanzialmente collegata anche la Banca Cantonale di Ginevra.


Altri azionisti di questa Cantrade

Banque Privée (da non confondersi con la banca Cantrade, affiliata


alla SBG zurighese) sono il
libanese Adel Kassar e Philippe Setton.

6) Ad es. con Thierry Lombard e Nicolas Pictet delle banche private


con lo stesso nome. Georges

Urban, consigliere d'amministrazione della banca privata Darier,


Hentsch & Cie. e il presidente VR del

"Journal de Gèneve", così come Anton Affeltranger, direttore della


SBG e Jean Louis Delachaux,

direttore della Schweizerische Kreditanstalt.

7) La famiglia Brunschwig lavora soprattutto nel settore tessile (Bon


Génie/Grieder, Ermenegildo

Zegna) e in base al bilancio del dicembre '95 viene valutata tra i


200 e i 300 milioni.
8) Anche i De Benedetti sono di origine sefardita, i loro avi sono
comunque emigrati in Italia già nel

secolo scorso. Oltre alle italiane CIR (Compagnie Industriali


Riunite) e Cofide (Compagnia Finanziaria

De Benedetti) la famiglia possiede in Francia la Cerus Holding,


diretta da Michel Cicurel, in Svizzera

la Cicurel presieduta pure dal francese Sofigen ( Société Financiére


de Genève). A metà degli anni '90

Cerus e Sofigen si trovavano in una cattiva situazione finanziaria.


Questo dopo le grandi perdite con la

banca ginevrina Duménil Leblé alla fine di dicembre 1991. Allora la


Cerus dovette versare dalla sera

alla mattina 120 milioni di franchi del proprio recente capitale per
impedire il ritiro della licenza
bancaria da parte della commissione delle banche. De Benedetti
incolpò il finanziere torinese Roberto

Caprioglio con la sua finanziaria Dominion Trust di fallimento


fraudolento. Si dice che Caprioglio sia

responsabile del buco nero alla Dumènil Leblè. Per tenersi la


Dumènil Leblè De Benedetti dovette

nell'ottobre 1992 vendere il suo pacchetto di minoranza del 10 %


della CBI Holding.

9) Sècheron Holding SA: proprietari: Banque Cantonale de Genève,


Ginevra (86%; solo ad interim);

Famiglia Gaon, Ginevra (14 %); Management: Helfland Henry


(Commugny); Cohen Aslan (Genéve);
Graves Clément (Ginevra); Consiglio di amministrazione: Gaon
Nessim (Ginevra); Chapuis Maurice

(Ginevra); Coen Danielle (Ginevra); Coen David (Ginevra); Gaon


David-Nessim (Ginevra); Gaon

Renée (Ginevra); Herzog Joel (Ginevra); Herzog Marguerite


(Bernex); Partecipazioni: Autométers

Sécheron Ltd., Noida New Dehli (51%); CKD Sécheron spol SR. O,
Praha (61,5 %); Sécheron SA,

Ginevra (100 %); Shangai Sécheron Electrical Apparatus Corp.Ltd.


(Shangai); Skoda Sécheron spol

SR. O (Pilsen). (Fonte: Orell Füssli /Teledata: I CD-ROM.


dell'economia svizzera. Release 1996/ 1,

giorno fissat : 1.8.95)


10) Per i suoi commerci internazionali, Gaon è stato anche
bersaglio della critica di Jean Ziegler.

Nell'ottobre 1995 Ziegler ha dovuto pagare a Gaon 7500 franchi di


ammenda, dopo che il tribunale

federale aveva respinto il suo ricorso. Secondo una sentenza della


suprema corte Ziegler aveva definito

ingiustamente Gaon trafficante di cotone africano e di petrolio.

11) Partner dei Dwecks alla Soditic erano la Mercury Holding


inglese e la Smith Barney Holding.

12) Sebbene Safra nel 1947 avesse rinunciato a passare nello stato
ebraico appena fondato, ne ha

sostenuto sempre la costruzione. Si dice che Safra abbia


assegnato più di 7.000 borse di studio a
giovani sefarditi, e anche negli USA i sefarditi possono contare sul
suo aiuto finanziario. Negli USA ha

potuto profittarne soprattutto il defunto Rebbe Lubavitch Menahem


Schneerson, eminente personalità

dell'ebraismo statunitense, di cui Safra ha ammirato la militanza.


Alla Wharton Business School

dell'Università di Pennsylvania a Philadelphia Safra donò una ricca


biblioteca. L'istituto Safra ha

sovvenzionato la traduzione francese del libro di Stephan Keller su


Paul Grüniger, che durante il

nazismo fece entrare di nascosto profughi ebrei in Svizzera, per


questo fu licenziato dalla polizia,

presso la quale prestava servizio, condannato con sentenza del


tribunale, e venne riabilitato solo nel

1955.

13) "Business Week", 7 3 94

14) "Sunday Times", 1 10 95

15) I dati sulla storia della famiglia Safra sono tratti da : Burrough,
Bryan: ‘Vendetta. American

Express and the Smearing of Banking Rival Edmond Safra’. Londra


1992, pp30-37

(16) Azionisti fondatori con un terzo ciascuno erano in primo luogo


André Guinard, François Boissier e

Georges Vuataz.
(17) All'inizio degli anni '90 il ramo israeliano dei Safra comprò la
maggiornza della First International

Bank (Fibi-Bank), la maggiore banca privata israeliana. Una


minoranza della Fibi rimase alla Israel

Discount Bank della famiglia Recanati. Da allora la Fibi ebbe un


forte incremento e fu considerata

presto tra le banche israeliane a maggior crescita.

18) Tra il giugno 1988 e il febbraio 1990, quando gran parte dei più
di dieci miliardi di lire del

riciclatore Lottusi passò dalla Fimo alla TDB di Ginevra, Safra non
aveva niente a che fare con la TDB.

19) Nel 1989 Peter Cohen si dimise da presidente della Shearson


Lehmann. Nel novembre 1992
divenne capo del settore titoli della Republic New York Bank di
Safra, per la quale aveva già lavorato.

Nel maggio 1994 la Republic New York decise di rinunciare alla


compravendita in proprio e di evadere

solo ordini di clienti. Cohen fondò una propria ditta Wall Street con
Safra come azionista di minoranza.

20) Burrough, Bryan:’ Vendetta. American Express and the


Smearing of Banking Rival Edmond Safra’,

Londra ,1992

21) Pierre Guinod (nato nel 1907), a lungo presidente onorario dell'
"Ordre des Avocats de Genève",

lavorava dal 1956 per Safra, allorché la Sudafin, stadio precedente


della TDB, era ancora una

operazione finanziaria secondaria.

22) L'avvocato difensore e autorità superiore di giustizia


(Justizoberst) Marc Bonnant annoverava tra i

suoi clienti oltre a Safra anche il capo della Sasea Florio Fiorini e il
maestro della loggia P2 Licio Gelli.

23) Charles-André Junod divenne più tardi consigliere


d'amministrazione della Republic Bank of New

York (Svizzera).

24) Jean Pierre Jacquemoud, membro con funzioni direttive del


PPD, faceva parte del consiglio

d'amministrazione della Republic National Bank of New York


(Svizzera). Dal 1989 al 1991

Jacquemoud fu membro del consiglio di amministrazine della


Republic New York Corporation Air

Transport, quella società che comparve nello scandalo Iran-Contra.


Dell'apparizione della Republic

Bank of New York in quest'affare si parla più tardi. Jean-Pierre


Jacquemoud sedeva nel consiglio

d'amministrazione della Finanziaria di Ginevra Atlanticomnium SA,


in cui erano rappresentati anche

Anthony Jack Smouha, Richard Smouha e Georges Fiechter.


Anthony Jack e Richard Smouha sono

sefarditi con cittadinanza inglese residenti a Ginevra. Il fratello di


Richard Smouha è Brian Smouha,
partner della grande ditta a gestione fiduciaria Touche Ross & Co.,
dove egli dirige il Forensic

Department (Sicurezza d'esercizio e polizia aziendale interne ed


esterne). Brian Smouha era stato

liquidatore dell'Ambrosiano Holding Luxembourg e della BCCI


Holding Luxembourg. Georges

Fiechter faceva parte dal 1987 del consiglio d'amministrazione della


MKS Finance SA di Ginevra, in

precedenza Shakarchi Mahamoud SA, casa madre del gruppo


Shakarchi in Svizzera. I Shakarchi,

trasferitisi da Beirut a Ginevra, erano stati a lungo grandi clienti


della TDB di Safra. La consigliera

federale Elisabeth Kopp fu costretta a ritirarsi, perché aveva


ammonito suo marito Hans Kopp che la
Shakarchi Trading AG Zürich, del cui consiglio d'amministrazione
Hans Kopp faceva parte, era stata

nominata in un rapporto interno di polizia. Dal 1987 al 1990 Fiechter


fece parte anche del consiglio

d'amministrazione della Middle East Bank SA (Mebco Bank) di


Ginevra. La Mebco è controllata dalla

Socofi SA ginevrina, controllata a sua volta dalla famiglia libanese


Halabi, originaria di Aleppo.

25) Dopo che Cohen aveva rotto con il capo dell'American Express
Jim Robinson, cominciò a sondare

il terreno da Safra. Alcuni mesi più tardi passò con alcuni uomini
della Shearson-Lehman a Republic
New York di Safra.

26) "Business Week", 7. 3. 94.

27) La moglie di Jacquemoud, Laura, è giudice istruttore a Ginevra.

28) Una Patricia Safra è direttrice della finanziaria ginevrina


Frimusa, un Jacques Safra è presente in

alcune società immobiliari e nelle due finanziarie Hiparion e Safra


SA.

29) cfr. Burrough, Bryan: ‘Vendetta. American Express and the


Smearing of Banking Rival Edmond

Safra’. Londra 1922, p.46 segg.

30) Nel gennaio 1996 apparve nel “New York Magazine” un articolo
di Robert Friedman, che criticava
la fornitura a Mosca di banconote da 100 dollari. Secondo
Friedman, la Republic National Bank

trasportava a Mosca ogni settimana più di 100 milioni di dollari in


banconote nuove da 100 dollari, con

l'assenso del Federal Reserve System, cosa che Friedman


disapprovava, considerando l'elevata

contaminazione delle banche russe da parte della mafia.

31) All'inizio del 1996 Jacob Safra aveva fatto parlare di sè per
l'acquisto della casa editrice

Encyclopaedia Britannica a Chicago. La casa editrice, valutata 900


milioni di franchi, è da anni

deficitaria.
32) Rochat faceva parte tra l'altro del consiglio di amministrazione
della Banque Audi (Suisse) a

controllo libanese, della banca privata Coutts & Co. ( gruppo


National-Westminster ), della Banque

Française de l'Orient (Banque Indosuez), del trust Barclay (Barclay


Bank London), di Mees Pierson

Suisse (Bank Mees Pierson, Amsterdam), della Worms Demachy %


Cie. (la Banque Worms di Parigi

appartiene all'assicurazione francese UAP), della Dai Ichi Suisse


(Dai Ichi Kangyo Bank, Tokio) e della

Banque Robeco Suisse (Robeco Bank, Amsterdam).

33) Robert Pennone era anche consigliere d'amministrazione della


MC Finance, collegata alla

Kreiditanstalt, e direttore della ATAG Ernst & Young.

34) "Neue Zürcher Zeitung", 25. 10. 95

35) "Neue Zürcher Zeitung", 20. 12. 94

36) Secondo la rivista "Facts" (49/95) in quest'affare di tangenti si fa


anche il nome dell'avvocato

d'affari zurighese Ulrich Kohli. è possibile che Roldan abbia usato i


conti di Kohli, sebbene lui l'abbia

negato. Si dice che la tangente per Roldan provenga dalla Siemens


tedesca - come "commissione" ai

socialisti spagnoli - per un ordine di fornitura di locomotive. Kohli e


l'ex Consigliere degli Stati del
PPC Alois Dobler (Schwyz) già nel febbraio 1992 erano finiti sulle
prime pagine dei giornali, perché

facevano parte del consiglio d'amministrazione della Casalee AG


(Lachen), che trattava tabacco e armi,

e che attraverso la Casalee Italia era implicata in forniture di mine


antiuomo all'Iran e all'Irak. Nella

primavera 1993 Kohli si ritirò da giudice amministrativo di Zurigo


per questioni fiscali a titolo di carica

secondaria, ma rimase nella commissione per l'università


zurighese. Più tardi Dobler dovette dare le

dimissioni dall'ufficio di difensore civico delle banche svizzere, non


da ultimo a causa di questo affare.
37) cfr. sull'argomento: Brinkbäumer, Klaus, Leyendecker,Hans,
Schimmöller, Heiner: ‚Reiche Steffi,

armes Kind’[‚Ricca Steffi,povera bambina’],Amburgo 1996

38) "Stern" 44/95

39) Ivi

40) "Il Mondo", 21/30/95

41) Anche l'allora presidente dei ministri Bettino Craxi in una lettera
alla figlia di Shammah prendeva

posizione a favore dell'arrestato. Ruth Andrée Shammah, regista


teatrale a Milano, nel marzo 1987 era

stata nominata da Craxi Cavaliere della Repubblica. Ruth


Shammah inviò la lettera a Berna. "La
richiesta italiana di estradizione era molto incompleta", disse allora
Edgard Gillioz dell'Ufficio Federale

per la Giustizia, "ma non si può contestare che l'intervento di uomini


politici importanti sortì l'effetto".

Shammah fu rilasciato dalla prigione contro una cauzione di


250.000 franchi e gli fu restituito il

passaporto. Nel 1988 la corte di cassazione di Roma tolse il caso


Shammah all'avvocato di sinistra

Mario Vaudano e lo passò ad un'altra magistrata. Questa annullò


immediatamente l'ordine d'arresto

italiano nei confronti di Shammah.(Cfr. anche: Auchlin, Pascal e


Garbely, Frank: ‘Das Umfeld eines
Skandals’ (‘Il contesto di uno scandalo’)Zurigo, 1990, p. 177

42) Burrough, Bryan :’ Vendetta. American Express and the


Smearing of Banking Rival Edmond

Safra’. Londra, 1992, p. 158

43) Di Zucker si era saputo nel novembre 1986 che i contras


nicaraguensi per l'acquisto di un aereo da

combattimento presso una sua ditta alle Bermude avevano pagato


con conti bancari della RNB. Zucker

era un avvocato statunitense, che all'inizio degli anni '70 si era


stabilito a Ginevra. Negli anni '60 aveva

lavorato con Bernard "Bernie" Cornfeld e Robert L.Vesco della


leggendaria ditta-truffa Investors
Overseas Services (IOS), con cui anche lo speculatore Werner K.
Rey aveva un tempo collaborato.

L'avventuriero Vesco si rifugliò nel 1982 a Cuba, dove visse


indisturbato nella sua villa a L'Avana, fino

al 31 maggio 1995, quando Fidel Castro lo fece arrestare. Il


processo annunciato contro Vesco promette

di diventare interessante, perché non si può non chiedersi che cosa


avesse procurato ad un uomo come

lui la benevolenza di Fidel Castro. ]NdT: Vesco poi venne


condannato a 13 anni di carcere nel 1996.

Morì in un carcere all'havana nel novembre 2007]

44) "Tages-Anzeiger”, 3.2.92


4 PIU' LUCE SUL BUSINESS DELL' OFFSHORE

La piazza finanziaria Svizzera non può essere presa in esame


senza considerare le crescenti

ripercussioni del business dell'offshore. Il concetto “piazza


finanziaria offshore” è divenuto d'uso

comune anche in lingua tedesca. Indica un luogo la cui legislazione


rende possibile la presenza di

società in sede, controllate da stranieri, dunque delle pure società


di comodo senza un proprio ufficio,

per non parlare di un'attività economica locale. Queste società


offshore permettono al committente

l'occultamento della propria identità, per cui vengono impiegate


come strumento per l'amministrazione
di patrimoni o come stazioni di passaggio per transazioni
finanziarie. Oggi esistono in tutto il mondo

circa 40 zone il cui diritto commerciale, fiscale, societario, è


commisurato alle esigenze di queste

società appartenenti ad una clientela internazionale.(1) Il concetto


"finanza offshore" diventò d'uso

corrente all' inizio degli anni '60, quando si cominciò a parlare dei
cosiddetti eurodollari. Era esploso

allora il deficit commerciale USA, causato dalla guerra in Vietnam.


Vari depositi in dollari si

accumularono nelle mani di non statunitensi e furono investiti


presso banche fuori degli USA,

soprattutto a Londra. In quegli anni perfino Londra, la piazza


finanziaria arciliberale, era soggetta
ancora a innumerevoli controlli e norme statali per quanto
riguardava il movimento dei capitali. Per

aggirarli, gli eurodollari ripiegavano su minibanche in centri offshore


con poche regole, che esistevano

già come eredità storica dell'imperialismo britannico e olandese. Ad


esempio, le isole britanniche del

Canale (Guersney, Jersey, Sark), l'Isola di Man tra l'Inghilterra e


l'Irlanda, numerose isole caraibiche

inglesi e olandesi. Ma anche alcuni ministati europei: Lussemburgo,


Liechtenstein, Monaco. Della

questione se anche l'amministrazione patrimoniale per stranieri in


Svizzera sia da annoverare nella
categoria del business offshore, si parlerà ancora più avanti.

PARADISI PARASSITARI

Le piazze offshore sono sorte - non per caso - su quelle isole o stati
minuscoli ai quali, per un capriccio

della storia, è stato concesso il diritto di emanare le loro leggi


interne indipendentemente dal grande

fratello del momento (Inghilterra, Francia o Olanda). Chi potrebbe


rimproverare a questi paesi spesso

poverissimi di vendere, con opportuni adattamenti, un tale diritto ad


una clientela internazionale agiata?

Le giurisdizioni tipicamente offshore permettono agli stranieri di


fondare società di comodo con
agevolazioni fiscali che hanno bisogno solo di un capitale proprio
minimo e non richiedono né

un'iscrizione al Registro di Commercio né un revisore contabile


esterno. Le funzioni della gestione e

dell'azionista possono essere delegate per statuto a dei fiduciari


locali, che non fanno nulla se non

vuotare cassette delle lettere, spedire la posta dopo averla


imbustata di nuovo ed eventualmente prima

copiata su altra carta da lettere. (Nell'epoca di Natel e dell' E-Mail


questo servizio postale diventa

sempre più superfluo). Tirando le somme: Chi è autorizzato a


gestire economicamente la società

offshore può fare affari a nome di questa in qualsiasi parte del


mondo, senza perdere con ciò
l’anonimato.

L' OFFSHORE E' UTILE A MOLTI

Dell'attività dell'offshore profittano in molti, a cominciare dalla mafia


siciliana fino a rispettabili gruppi

industriali di portata mondiale come l'ABB. In concreto: dal 1988 al


1992 la famiglia mafiosa

Cuntrera-Caruana di Siculiana (Agrigento) ha investito una cifra di


parecchi milioni di dollari ad

Aruba, isola delle Antille, un centro offshore davanti alla costa


venezuelana. Nel capoluogo Oraniestad,

Don Alfonso Caruana arraffò, con i profitti della droga, quanto più
possibile, fondò società e fece con i
politici locali piani ambiziosi per la costruzione di un enorme
complesso composto da un hotel e un

casinò. Nel 1992 fu infine arrestato e estradato in Italia. La ABB a


sua volta risparmia tasse a Curaçao,

isola vicina ad Aruba, perché per i suoi prestiti obbligazionari in


franchi, offerti in Svizzera, si serve

dell'ABB International Finance NV, domiciliata a Pietermaaiplein


nella capitale dell’isola Willemstad.

Lo scopo di questa società offshore consiste nell'acquisizione di


fondi e nel suo inoltro al gruppo ABB.

Così il capo dell'ABB, Percy Barnevik, sottrae alle casse statali


della Svizzera tributi fiscali e li fa

scomparire nel portamonete dell'azionariato internazionale ABB-


mentre l'(ex) consigliere

d'amministrazione ABB, David de Pury, fiancheggiandolo, favorisce


la spoliazione della società

svizzera. I centri offshore si dividono in due grandi gruppi: la serie


A, in cui il paese d'origine della

clientela ha stretto con il centro offshore un accordo sulla doppia


imposizione fiscale, e la serie B, dove

un tale accordo manca. Con la doppia imposizione fiscale gli stati


contraenti riducono,

vicendevolmente, l'imposta preventiva su interessi e dividendi.


Questo è particolarmente importante

nell'amministrazione patrimoniale, perché le convenzioni di doppia


imposizione fiscale rendono
possibile agli stranieri un'amministrazione patrimoniale fiscalmente
legale alle basse aliquote d'imposta

offshore, senza che vengano loro sottratti gli alti tassi del loro
paese. Quanto possano essere cinici i

legislatori delle piazze offshore, lo rivela l'esempio delle Seychelles,


un'ex colonia britannica

nell'oceano indiano. Per migliorare le condizioni economiche


catastrofiche, il presidente Albert René

presentò, all'inizio del 1996, una legge che concede assoluta


immunità nei confronti di procedimenti

penali internazionali agli uomini d'affari stranieri che investano per


lo meno 10 milioni di dollari USA

in progetti locali e non prevede l'estradizione dei rei. Punibili restano


solo il narcotraffico e atti di
violenza sul suolo delle Seychelles. Alle Seychelles, come descritto
nel capitolo sulla bancarotta della

Sasea, Florio Fiorini nel 1985 aveva fondato la Seychelles


International Bank (SI Bank, con ufficio a

Montecarlo). Questa ebbe negli intrighi oscuri che portarono alla più
grande bancarotta della storia

economica svizzera, un ruolo essenziale su cui la Giustizia


ginevrina non ha potuto, o voluto, far

chiarezza. Ma c'è offshore e offshore: accanto alle scandalose


Seychelles ed Aruba, ci sono i più seri

centri caraibici Bermudas o Curaçao. L'oasi fiscale Curaçao gode di


alta considerazione presso i
dirigenti finanziari di grandi ditte. Le Bermudas a loro volta sono
considerate un porto sicuro per le

grandi assicurazioni del mondo: secondo le indicazioni del


settimanale "Business Week", circa in 1.300

hanno qui una casella postale. Un caso, reso noto nel febbraio
1996, mostra come una di queste società

d'assicurazione abbia profittato della sua casella postale alle


Bermudas. A metà del 1995 l'assicurazione

Electric-Mutual, affiliata del gruppo industriale statunitense General


Electric (GE) a Boston, si divise

in due società separate. Una delle due trasferì la sede a Hamilton,


capitale dell'isola. Appena giunta qui,

la nuova assicurazione offshore identificò nel suo portafoglio


assicurativo richieste potenziali (amianto
e altri danni ambientali) per 750 milioni di dollari USA e dichiarò
bancarotta. Con ciò i capi della GE

presero due piccioni con una fava: la società madre si era liberata
elegantemente dei rischi peggiori, nel

momento in cui le leggi delle Bahamas permettevano una


liquidazione controllata dell'affiliata offshore

in bancarotta, a delle condizioni che la vigilanza statale


sull'assicurazione in Massachusetts non

avrebbe mai tollerato.

IL LIECHTENSTEIN, PIAZZA OFFSHORE

Alla fine della prima guerra mondiale il principato del Liechtenstein


era una delle regioni più povere
d'Europa. Un consorzio di banche svizzere, composto da
Kreditanstalt, Bankverein, Bankgesellschaft e

Bank Leu, classificò allora il principato, il cui principe risiedette a


Vienna fino al 1939, come non

degno di credito, e rifiutò di concedere una somma di un milione di


franchi, di cui aveva urgente

bisogno. Nel 1926 il Liechtenstein fu tra i primi che crearono il diritto


societario offshore. Questo mette

a disposizione degli stranieri un gran numero di società in sede con


vantaggi fiscali. Esse possono

essere iscritte nel registro pubblico (registro di commercio) senza


esercitare un'attività nel paese, anzi,

non hanno neppure bisogno di aprire un ufficio. Alla fine del 1995
erano registrate in Liechtenstein

73.300 società con sede o con casella postale. Vale a dire 2,5
società per abitante. Complessivamente le

società con sede versarono, nel 1995, 77,5 milioni di franchi in


tasse. Il numero delle ditte con attività

economica nazionale ammontava a 1800. (2) Hanno particolare


importanza in Liechtenstein l'

"istituto", la fondazione non di pubblica utilità e il "trust", forme


societarie che non esistono altrimenti

da nessuna parte nell' Europa continentale. L' "istituto" è patrimonio


resosi autonomo, con propria

personalità giuridica, per cui garantisce solo il patrimonio dell'istituto


(non il proprietario del
patrimonio), e può perseguire gli stessi scopi di una società per
azioni. Uno dei primi istituti fu l'Istituto

presidenziale fondato dal Consigliere Dr. Rupert Ritter a Vaduz, che


ancor oggi è la più grande impresa

a gestione fiduciaria nel minuscolo stato. (3) E il Liechtenstein è


anche l'unico paese del continente

europeo a conoscere il "trust" secondo il modello anglosassone. Un


trust del genere è un rapporto

giuridico tra un fiduciante e un fiduciario con una propria personalità


giuridica. Il primo affida al

secondo il patrimonio, che il fiduciario amministra a suo nome ma


per conto del fiduciante. L'iscrizione

nel registro pubblico non è obbligatoria in tutti i casi, all'esterno


l'identità del fiduciante può restare
segreta. Dunque, il mezzo ideale di amministrazione patrimoniale
per vedove, evasori fiscali, orfani e

mafiosi. Questi trust offshore costituiscono il nocciolo


dell'amministrazione patrimoniale discreta. La

sua importanza aumenta continuamente in tutto il mondo. Il


Liechtenstein si presenta particolarmente

attraente come meta dei patrimoni stranieri grazie alla sua rinuncia
a qualsiasi tipo di tassa preventiva

(in Svizzera ammonta al 35 %). Oltre alle leggi favorevoli agli


stranieri, anche le banche del

Liechtenstein hanno contribuito alla trasformazione del vecchio


ospizio per poveri in un hotel di lusso.
Il Liechtenstein non conta neppure 30.000 abitanti, in compenso ha
tre grandi banche con circa 25

miliardi di franchi di bilancio: la Banca regionale statale del


Liechtenstein con 8 miliardi e passa, la

Banca del Liechtenstein, sotto il controllo del principe, con la stessa


cifra, e la Banca privata e

amministrativa SpA (VP Bank) con 5 miliardi e più. Ci sono poi due
piccoli istituti, la Centrum Bank e

la Nuova Banca, ed inoltre l'unica banca straniera, l'olandese ABN-


Amro. Con ciò il Liechtenstein offre

alla clientela straniera la possibilità di gestire i propri conti sulla


piazza offshore, cosa che molti clienti

desiderano per motivi di segretezza, sebbene una società offshore


possa aprire un conto bancario
dovunque nel mondo. A differenza della maggior parte delle altre
piazze offshore, servite in maniera

primaria da istituti finanziari gestiti da stranieri, la piazza bancaria


Liechtenstein, grazie all'alta

concentrazione di banche nazionali, è un centro decisionale


autonomo.

LA SVIZZERA, UNA PIAZZA OFFSHORE ?

Se anche la Svizzera sia una piazza finanziaria offshore, è un


argomento su cui si può discutere. In

verità le banche svizzere con circa 2.400 miliardi di franchi


amministrano con grande probabilità molti

più patrimoni esteri dell'Inghilterra o degli USA. (4) (I centri caraibici


Grand Caiman e Bahamas
praticano poca amministrazione patrimoniale, perché hanno troppo
poco personale; essi sono in primo

luogo delle stazioni di rapido passaggio per occultare l'identità). Ma


la Svizzera non è né un ministato

né una piccola isola con 30.000 abitanti, in grado di conformarsi


totalmente alle esigenze dei clienti

stranieri, ma un piccolo stato con 7 milioni di abitanti nel cuore


dell'Europa. Da ciò deriva un

dinamismo sociale ed economico che impedisce la nascita di pure e


semplici leggi offshore

nell'interesse dei riciclatori di denaro stranieri. La Svizzera non è la


più grande piazza finanziaria
offshore ma la più piccola nella prima serie, dopo New York, Tokio,
Londra, Francoforte, Parigi. Vale a

dire che nella legislazione svizzera confluiscono non solo gli


interessi del settore offshore, ma anche le

esigenze di tipo diverso dell'economia reale. Ciò è illustrato da un


piccolo episodio avvenuto in

Consiglio nazionale durante la revisione della legge bancaria nel


dicembre 1993. Allora il Consiglio

decise che le autorità straniere preposte alla sorveglianza bancaria


potessero trasmettere alle autorità

del loro paese le informazioni ricevute dalla commissione delle


banche, se queste prima avessero

ricevuto assistenza giudiziaria dalla Svizzera. In considerazione dei


ritardi di anni dell'assistenza
giudiziaria, per via dei ricorsi, il mutuo aiuto fra pubbliche autorità di
paesi diversi in questo ambito

sarebbe stato reso di fatto impossibile - dunque una tipica


legislazione offshore a protezione degli

utenti stranieri del sistema finanziario interno. I massimi


rappresentanti di questo tentativo furono

allora l'avvocato d'affari di Ginevra Charles Poncet (Lib.), il


presidente della SVP Christoph Blocher e

il lobbista della piazza finanziaria Georg Stucky (FDP) di Zug. Ma il


gruppo parlamentare pro offshore

aveva sottovalutata l'alleanza della Sinistra e del Centro, per i quali


il cinismo di Blocher e degli altri

oltrepassava ogni limite. Dopo che anche nei media si era gridato
allo scandalo, il Consiglio nazionale

cancellò di nuovo il passo di cui sopra dalla legge bancaria. Mentre


la Svizzera complessivamente non

può essere considerata una classica piazza finanziaria offshore, si


è sviluppato nei decenni passati il

fenomeno delle piazze finanziarie – inhouse. Notoriamente alcuni


cantoni hanno conformato

elasticamente le loro leggi fiscali alle necessità di società straniere


e di ricchi privati con profitti non

indifferenti, per esempio Zug, Schwyz, Glarus o Freiburg. In


qualche misura anche il Liechtenstein può

essere considerato una stazione inhouse della piazza finanziaria


Svizzera, come indirizzo
raccomandabile per i ricchi che hanno particolarmente bisogno di
discrezione e i superricchi, per i quali

il segreto bancario svizzero è ancora troppo poco rigoroso. Negli


anni '90 le banche svizzere hanno

combinato questo principio inhouse con il classico business


offshore. Si ritiene che fino al 1996 quasi

la metà dei depositi negli istituti finanziari dell'isola del canale


britannico Guernsey provengano da

banche e società finanziarie svizzere. E anche in Lussemburgo e


nelle isole Cayman le banche svizzere

hanno una posizione ragguardevole. Il futuro profilo della gestione


patrimoniale svizzera sembra

consistere nella funzione di piattaforma girevole. Ai clienti privati


stranieri viene offerta una piazza
finanziaria con tradizione e know-how, i cui operatori possono
elaborare soluzioni confezionate su

misura in tutte le piazze offshore e inhouse di questo mondo.

LA FONDAZIONE FAMILIARE SANDOZ : NOVITA' NEL


BUSINESS DELL' OFFSHORE.

L'acquisto della Citco (Curaçao International Trust Company),


numero uno nel business offshore, da

parte della fondazione familiare Sandoz nell'agosto 1995, conferma


questo trend. La Citco, con sede

sull'isola caraibica olandese Curaçao, amministrava a metà degli


anni '90 dei patrimoni che

ammontavano a 80 miliardi di dollari. Era rappresentata a Ginevra,


Losanna e in altri 23 paesi e dava

lavoro a più di 500 persone. La famiglia fondatrice della Citco,


Smeets di Curaçao, mantenne una quota

di minoranza, mentre il presidente della nuova fondazione Sandoz,


azionista di maggioranza, Pierre

Landolt, divenne nuovo presidente della Citco. La famiglia Landolt,


al terzo posto secondo Forbes nel

1996 tra le famiglie più ricche della Svizzera con un patrimonio di


4,5 miliardi di dollari, controlla

anche la Banque Scandinave en Suisse e la banca privata Landolt


& Cie (Lausanne). La famiglia è

inoltre azionista di maggioranza dell'hotel di lusso Beau-Rivage di


Losanna, ha una quota di
partecipazione alla ditta di orologi Parmigiani e alle acque minerali
Henniez, e detiene il dieci percento

del "Journal de Genève". La fondazione familiare domiciliata a


Glarus e diretta da Losanna, fu fondata

nel 1964 dallo scultore Marcel Sandoz, il figlio più giovane del
fondatore della ditta. I principali

beneficiari oggi sono la figlia di Edouard Sandoz, Nicole Landolt-


Sandoz, suo marito Pierre e i loro

figli. La Banque Scandinave si è profilata ingegnosamente come


rappresentante di "portafogli

eticamente responsabili". Per cui un "ethical investment" può


aumentare efficacemente la rendita di

portafogli azionari svizzeri, dove per etica si intende un


comportamento che rispetta le convenzioni
usuali nel settore e offre trasparenza all'esterno.

IL LUSSEMBURGHESE

Negli anni '70 e '80 il lussemburghese Francis Hoogewerf fece


progressi e divenne un Big Player del

business offshore. Gestiva filiali dei suoi uffici d'amministrazione


fiduciaria, di revisione e

patrimoniale in Lussemburgo, a Ginevra e a Monaco. A ciò si


aggiunsero centinaia di società offshore,

dove egli compariva con funzioni alterne di azionista, consigliere di


amministrazione o revisore. (5) Tra

i suoi clienti c'era ad esempio anche il capo della Sasea Florio


Fiorini, la cui società offshore
Beaverbrook Ltd. (Dublino) aveva la sede nell'ufficio di Hoogewerf
& Cie. a Montecarlo. (6) Il

Companies register di Londra (Registro di commercio) elencava nel


maggio 1994 sotto Francis

Hoogewerf con indirizzi diversi in Lussemburgo, Ginevra e


Montecarlo, 32 registrazioni o come

revisore o come consigliere d'amministrazione. 27 di queste erano


estinte e cinque attive, e

precisamente quattro mandati come consigliere d'amministrazione


e uno come revisore.(7) Poichè per il

Lussemburgo e altri centri offshore non c'è un registro in ordine


alfabetico di tutti i consigli di
amministrazione, è praticamente impossibile riconoscere le società
di Hoogewerf in quel paese. Inoltre,

nel businnes dell'offshore, le società cambiano continuamente


ragione sociale, vengono ristrutturate e

messe in vendita. Alcuni esempi di società di Hoogewerf sono


tuttavia noti. Così la Arden Investments

Ltd. E Avondale Nominees Ltd. (St. Peter Port, Guersney), da lui


controllate, costituirono nel maggio

1991 in Lussemburgo l'Eurotrust International Holding Corp.


Revisore: Roger Usher. Eurotrust offrì al

rispettabile pubblico ogni tipo di servizio come la fondazione di


società in Svizzera e Lussemburgo,

revisioni, servizio telefonico e inoltro di posta ad un nuovo indirizzo.


Come persona di riferimento il
prospetto informativo dell'Eurotrust fa il nome di Urs von Sury,
direttore generale degli OCRA

Management Services (Basilea). Quest' OCRA di Basilea lavorava


in collegamento con la Overseas

Company Registration Agents Ltd. a Ramsay, Isola di Man. Di


questa faceva parte anche Hoogewerf.

L'OCRA con più di una dozzina di indirizzi di contatto internazionali,


divenne fino alla metà degli anni

'90 una delle maggiori venditrici al mondo di società offshore e dei


relativi servizi erogati. Secondo

un'inserzione, apparsa sul settimanale " The Economist" del


gennaio 1996, l' OCRA dava lavoro a più

di 230 specialisti, avvocati, contabili, banchieri e segretarie. OCRA


si trova anche su Internet,

indirizzo: hptt://www.ocra.com. Nella pubblicazione "Offshore


Investment" dell' Offshore Institute

(Douglas. Isola di Man) Hoogewerf firmava come consigliere del


redattore capo. Il numero di febbraio

del 1989 contiene una lista di indirizzi di circa 150 Offshore-


Professionals da Andorra a Vanuatu,

stampata fitta in 15 pagine. Per la Svizzera si indicano 4 indirizzi:


Hoogewerf & Cie. (Ginevra), Arner

SA (Lugano), Riggs Valmet (Ginevra) e Citco (Losanna e Ginevra).


L'Arner SA precorre la Banca

Arner.(8) La Valmet a Ginevra è il braccio offshore della Riggs


National Bank a Washington, D.C.(9) E
la Citco della fondazione familiare Sandoz infine è il più grande
istituto offshore del mondo. A

Hoogewerf riuscì di passare sempre inosservato. Una ricerca sul


database diede solo due risultati. Il

comunicato del "Financial Times" del 13 luglio 1994 non mette nella
miglior luce il professionista

Hoogewerf. Allora il ministero britannico del Commercio e


dell'Industria (DTI) aveva ammesso i

membri della piccola associazione di revisori Association of


International Acountants (AIA)

nell'inglese Gateshead come revisori dei conti riconosciuti dallo


stato. Ma, conformemente alla

normativa per l'attività di revisore, i membri dell'AIA dovettero prima


farsi registrare a livello statale.
Hoogewerf, che non era solo membro dell'AIA , ma anche revisore
della Cassa sociale dell' AIA,

temeva le richieste dello stato e come revisore AIA dovette essere


sostituito dalla ditta BDD Binder

Hamlyn. (10) La seconda notizia proviene dall' edizione


lussemburghese de "Le Republicain Lorrain"

del 16 novembre 1994: Hoogewerf (con foto) si presentava fianco a


fianco della regina inglese del

salmone Joanne Spencer come finanziatore del suo affumicatoio di


salmone Riverstar (nome della

marca: Van Pieters). Certamente un appoggio non sgradito alla


Spencer: proprio in Lussemburgo lei
aprì una filiale e annunciò un going public (apertura al pubblico)
della sua Riverstar alla Borsa di

Lussemburgo.

ILEX TRUST SERVICES SA, GINEVRA

Fu fondata nel marzo 1975 col nome Rossminster SA e con sede


presso l'ufficio di amministrazione

fiduciaria Hoogewerf, Usher & Co. (11) nell'edificio di proprietà a


Ginevra. Del consiglio di

amministrazione facevano parte l'inglese Roger John Usher e il


lussemburghese Karl Ulrich Sanne,

entrambi collaudati esperti contabili in Lussemburgo. Usher era già


noto in Svizzera. Era revisore
presso la Società lussemburghese Coim-Suisse SA, mentre il
ticinese Tito Tettamanti era membro del

consiglio di amministrazione. Dall' aprile1973 Hoogewerf era


vicepresidente della filiale

lussemburghese Fidinam di Tettamanti. Nel 1981 la Rossminster


cambiò il nome in Ilex, si trasferì in

uffici propri e aumentò infine, nel febbraio 1983, il capitale da


50.000 a 250.000 franchi. Usher,

presidente dell'Ilex, si trasferì dal Lussemburgo a Ginevra e divenne


membro ordinario della Camera

per l'amministrazione fiduciaria della Svizzera, mentre Hoogewerf e


Sanne rimasero in Lussemburgo e

fondarono le loro ditte. In pubblico Usher e Hoogewerf


cominciarono a non apparire più in coppia. In
qualità di direttore della Ilex, Usher assunse l'indiano Raj Nair che
più tardi fece anche parte del

consiglio di amministrazione. Come nuovo consigliere


d'amministrazione Ilex Usher acquisì l'esperto

tributario di Losanna Kaloyan Stoyanov ben introdotto nella migliore


società di Waadtland. Oltre alla

Ilex, Usher ha fondato anche la Usher and Co. con sede a Ginevra
e filiale a Lugano. In apparenza

avwva interrotto i legami con Hoogewerf, nell'ombra tuttavia


rimaneva legato a lui e al suo gruppo, tra

l'altro nella veste di procuratore della ginevrina Hoogewerf & Cie.


(12) Da parte sua Hoogewerf fondò

dal Lussemburgo contemporaneamente due nuove ditte in


Svizzera, la Hoogewerf Trustees

(Neucha^tel) e la società in nome collettivo di Ginevra MacPhail &


Co., insieme con l'ex direttore dell'

Ilex Donald Mac Phail. Anche il vecchio socio di Hoogewerf, Sanne,


lavorò in Svizzera col proprio

nome, e precisamente come presidente della Safes Fidelity SA a


Ginevra. (13) Inoltre Sanne dirigeva

per la Compagnie Financière Espiritu Santo in Lussemburgo la


Partridge Investments SA.(14) Nel

1992 e nel 1993, Hoogewerf e Usher appaiono più volte nella


"Gazzetta Ufficiale" del Lussemburgo

rispettivamente come consigliere d'amministrazione e revisore delle


stesse società di recente
fondazione. Così Hoogewerf era ad esempio consigliere
d'amministrazione delle seguenti sei holding

per azioni "société anonyme holding ", precisamente B.E.G.


International SA ,Trinity Finance Holding

SA, Euro-Oil Invest SA e Vitco SA, Multiestate Holdings SA e Sea


Star Seven Holding SA. In tutte e

sei le società Usher ricopriva l'ufficio di revisore legale. I


collegamenti tra Hoogewerf e Usher, che

risultano dal Registro di Commercio lussemburghese e svizzero,


possono essere interpretati come

indizi del fatto che i due coordinano sistematicamente la loro


attività, senza che questa loro

collaborazione fosse comprensibile nei dettagli agli estranei. Quindi


i due, in termini economici, si
rapporterebbero come il dare e l'avere nella contabilità a partita
doppia, ma legalmente una parte non

potrebbe essere considerata responsabile per le attività dell'altra.


Questa lettura dei fatti farebbe di

Hoogewerf e Usher l'esempio di una di quelle strutture sorte negli


anni '90 che si possono definire

“parabanca virtuale”. Parabanca perché vengono offerti servizi


finanziari globali non soggetti, o solo

parzialmente, alle leggi nazionali bancarie e fiscali in vigore. E


virtuale perché la struttura che produce

profitto viene tenuta insieme da invisibili legami personali e non da


reali organismi economico-
aziendali, giuridici o amministrativi.

VASTE ATTIVITA'

Nel 1981 fu fondata a Ginevra una società di comodo di nome


Corakges SA. L'azionista era il canadese

Roger G.Francis, che viveva a Ginevra, e fungeva da società di


revisione la Hoogewerf, Usher & Co.

Lo scopo statutario della società era così formulato: "fornire servizi


e consulenze di ogni genere,

nell'ambito della finanza, del commercio e della produzione ad un


gruppo di società attive nel settore

del petrolio".(15) Nel febbraio 1984 la Corakges cambiò nome in


RGF Counsel SA, e Kaloyan
Stoyanov si insediò nel consiglio di amministrazione. Nel 1992 la
Usher and Co. divenne società di

revisione. Il 20 dicembre 1993 la RGF Counsel andò in


liquidazione. Liquidatrice diventò la Ilex Trust

Services. La liquidazione fu probabilmente dovuta al fatto che


Roger Francis era finito sulle prime

pagine dei giornali in Italia con titoli a caratteri cubitali dall'inizio del
1993. Nello scandalo delle

tangenti ENI egli era sospettato di avere emesse in maniera


massiccia e sistematica da Ginevra fatture

false per consulenze (non prestate) ad affiliate ENI a Milano e a


Roma. Esse erano necessarie per la

registrazione delle spese, sostenute per le tangenti, nel bilancio


dell'ENI. Francis non fu arrestato ma
interrogato più volte a Milano. All'inizio dell' agosto 1995 la Ilex
Trust dava lavoro a 15 impiegati nella

sede principale di Ginevra e a tre nella filiale di Lugano. Del


consiglio di amministrazione facevano

parte Roger Usher, Kaloyan Stoyanov, Raj Nair, Walter Koenig,


Rico Luginbühl e Jürg Stäubli.(16)

L'azione esercitata da Luginbühl e Stäubli è limitata dal fatto che


sono gli unici a non poter firmare

insieme. Dei due consiglieri d'amministrazione della Ilex è finora


divenuto famoso solo Jürg Stäubli.

Ma procediamo con ordine. Qui di seguito si esaminano in maniera


dettagliata i più importanti

consiglieri d'amministrazione della Ilex in base alla loro effettiva


influenza. L'inglese Roger Usher,

classe 1935, può essere definito il veterano del business offshore.


Dopo aver iniziato in Inghilterra,

Zurigo e Lussemburgo si trasferì, come già ricordato, a Ginevra.


Qui egli diresse dall'inizio degli anni

'80 oltre alla società per azioni Ilex Trust Services anche la società
in nome collettivo Usher and Co. A

Londra (17) e in Lussemburgo (18) fu soprattutto revisore dei conti.


Insieme con l'indiano Raj Nair

quale direttore e più tardi consigliere d'amministrazione dell'Ilex,


riuscì ad Usher di stabilirsi a Ginevra

e Lugano. Nella persona dell'ex procuratore dell'Ilex, Jean-Louis


Hurst potè formare un valido
successore. Hurst firmava nell'estate 1995 come amministratore di
Usher and Co. (Lugano) e aveva

creato per il suo protettore una rispettabile filiale ticinese.


Collaborava strettamente con l'italiano

Sergio Avanzi, attivo a Londra, e la sua White Eagle Holding di


Ginevra, per la quale firmava anche

come procuratore. Dei consigli di amministrazione delle società di


Avanzi, la Holding White Eagle

(Ginevra e Lugano), la Suni Trading Associates (Lugano) e la


Rose-Bud & May Partnership SA

(Lugano) facevano parte anche i due ticinesi Antonio Canavesi e


Renata Scacchi, stretti collaboratori di

Hurst. (19) Il collaboratore di Canavesi, Hurst, era inoltre presente


nel consiglio di amministrazione
della società di partecipazione Gurta SA, insieme con Fausto
Gianini, direttore della filiale di

Bankverein a Lugano. La Gurta è guidata da due dirigenti Fidinam,


precisamente dal manager della

Fiduciaria Fidinam Sergio Croci e del suo collega Flavio Maggioni,


che fa parte anche del consiglio

d'amministrazione della società consociata alla Fidinam Inse &


Pessina. Un'altra linea porta al noto

procuratore ticinese Roberto Bassi (Roberto Bassi & Partners). Il


collaboratore di Hurst Canavesi fa

parte del consiglio di amministrazione della Building Development


Components Ltd. (Dublino), filiale
di Lugano. Qui troviamo anche Claudio Morotti, un manager di
Roberto Bassi & Partners.(20) La

collaboratrice di Hurst Renata Scacchi nell'estate 1995 faceva parte


a sua volta di 31 consigli di

amministrazione ed era procuratrice della Metals and Chemical


Promotion (MCP) Ltd. (Londra),

Filiale di Lugano. I suoi mandati amministrativi erano per lo più


esclusivi. A ciò si aggiungevano quelle

società che lei amministrava insieme a Hurst e Canavesi. Chi vuole


scoprire i misteri del sistema

offshore, deve seguire tutte queste ramificazioni. Sono gli assi vitali
di questo business. Non possiamo

dunque risparmiarci del tutto tali peregrinazioni attraverso il labirinto


delle mutue partecipazioni. Ma
non dobbiamo perdere la visione d'insieme, e dobbiamo richiamare
ancora alla memoria le linee di

forza della Usher and Co.(Lugano). Roger Usher a Ginevra è il


capo, Jean-Louis Hurst è la sua mano

destra a Lugano. (21) Sul posto Antonio Canavesi e Renata


Scacchi lavorano per il miglior cliente

ticinese, precisamente per l'italiano Sergio Avanzi. Canavesi


assicura inoltre il collegamento con l'alta

finanza ticinese, dalla Fidinam attraverso il Bankverein fino a


Roberto Bassi & Partner.(22)

KALOYAN STOYANOV

Il consigliere d'amministrazione dell’Ilex Kaloyan Stoyanov,


residente a Losanna, sembra essersi
concentrato soprattutto sulla Svizzera occidentale a complemento
di Usher, attivo in Ticino. Stoyanov

firmava come consigliere d'amministrazione unico di un'intera serie


di società, i cui libri venivano

esaminati dalla Usher and Co. di Roger Usher, suo socio d'affari
per anni.(23) Con ciò le società di

Stoyanov, che era membro ordinario della Camera fiduciaria


svizzera, non davano proprio esempi da

manuale di revisione contabile indipendente. Stoyanov intratteneva


rapporti con i migliori indirizzi dell'

Establishment del canton Vaud. Con Jean Chevallaz faceva parte


del Consiglio di amministrazione
della società finanziaria di Losanna Cofiducia. Chevallaz, che dopo
una carriera movimentata divenne

nel 1989 sindaco di Pully presso Losanna (24), è il fratello del


vecchio consigliere federale Georges-

André Chevallaz.(25) Un importante contatto di Stoyanov era


rappresentato dalla A.Testoni AG,

commercio di articoli di cuoio, a Zug. Del consiglio di


amministrazione facevano parte oltre

all'amministratore fiduciario lussemburghese Robert McGaw,


all'avvocato di Zug e consigliere

cantonale-FDP Christoph Straub (26), anche il commerciante in


pellami Antonio Lembo di Ginevra.

Robert McGaw è una figura di grande rilievo sulla scena offshore


del Lussemburgo e ha lavorato di
quando in quando anche con Usher e Hoogewerf (Usher era
revisore della sua International Financial

Development Luxemburg SA).(27) McGaw aveva anche società in


comune con esponenti della Arner

Holding SA (Lugano), ad esempio la Energy Investments SA


(Lussemburgo) con il consigliere di

amministrazione Nicola Bravetti. (28) Che Mc Graw in


Lussemburgo avesse un ruolo leader, lo

dimostrò anche il suo mandato di rappresentanza legale del


Fountainhead Group SA (Domicilio presso

Hoogewerf & Cie.). Nel 1987 Fountainhead era controllato dalla


famiglia Gaon di Ginevra, del

consiglio d'amministrazione facevano parte tra l'altro i famosi Leon


Gaon, David Gaon, Sammy Hanein

e Guy Fontanet (29), tutti di Ginevra. Insieme con Pascale King e


Lim Keen di Singapore, Stoyanov

faceva parte anche del consiglio di amministrazione della ditta


ginevrina d'orologi SA de la Montre

Royal. La King lavorava per Farhad Baktiar ( cugino del leader


assassinato dell'opposizione iraniana

Shapour Baktiar), ad esempio come consigliera d'amministrazione


della Firsec SA (Ginevra) di

Shapour. Baktiar fu arrestato nel 1992 in relazione ad una presunta


frode nel pignoramento di due delle

sue società. Egli aveva anche società in comune con la Sasea, ad


esempio la Société Hotelière d'
Investissements. Un ultimo, significativo mandato di consiglio d'
amministrazione di Stoyanov è

l'incarico presso la JS Consulting ginevrina di Jürg Stäubli. Jürg


Stäubli è protagonista di una storia a

sè. Venuto come una cometa dal nulla, comparve per anni sulle
prime pagine dei giornali nel ruolo di

multimilionario che si è fatto da sè, arrivò ad essere "uomo del


mese" della rivista "Bilanz" e

scomparve di nuovo dalla scena quasi da un giorno all' altro.


Insieme a Tettamanti e ad altri fa parte del

gruppo dei maghi della finanza degli anni '80.(30)

JUERG STÄUBLI
Jürg Stäubli, classe 1957, crebbe a Zollikofen, sobborgo di Berna,
dove i suoi genitori gestivano un

piccolo negozio di vendita al dettaglio. Assolse poi un periodo di


apprendistato come commerciante.

Tornato a Berna, il giovane frequentò corsi di aggiornamento per


commercianti, tra cui uno sul tema:

beni immobili. All'esame impressionò talmente l'esperto


esaminatore e pescecane immobiliare Toni

Stiffler che questo gli offrì un impiego presso la sua Stifag AG.(31)
Dal 1980 Stäubli costruì per

Stiffler case per le vacanze in Spagna. Nel luglio 1981, a soli 24


anni, diventò capo della filiale Stifag

di Ginevra. In un modo collaudato con successo Stäubli comprava


vecchi immobili e, dopo un restauro,
metteva in vendita l'abitazione a prezzi elevati . Per Stäubli un
affare lucrativo dal momento che gli

inquilini per la carenza d'alloggi allora a Ginevra erano praticamente


costretti a comprare, se non

volevano perdere l'abitazione. Nell'ottobre 1982 l'esattore del valore


aggiunto ebbe per la prima volta

dei problemi. Un gruppo di giovani occupò un immobile Stifag sulla


Avenue Soret Nr. 12 a Ginevra.

Staeubli trattò con gli inquilini indesiderati, alcuni si lasciarono


convincere ad uscire con un assegno di

2.000 franchi o dal fatto che egli si assumesse i costi del trasloco.
Ma altri restarono irremovibili.
Stäubli andò a Berna e ingaggiò per 10.000 franchi la gang dei
rocker Broncos. Armati di mazze da

baseball, i Broncos gettarono gli occupanti sulla strada a suon di


botte, una donna finì in ospedale con

ferite alla testa. Il comportamento brutale della sua squadra di


mercenari procurò allora a Staeubli

cattiva stampa in tutta la Svizzera. Di più, nel settembre 1984 egli si


prese una condanna a 8 mesi di

prigione con la condizionale e 20.000 franchi di ammenda. Gli otto


Broncos ebbero tra i due e i quattro

mesi con la condizionale. (32) Poco tempo dopo la vicenda dei


Broncos Stäubli fece una bizzarra

escursione nella politica locale di Ginevra. Come presidente del


"Rassemblement Genevois hors Partis"
voleva entrare nel consiglio cittadino. Nonostante egli ritirasse ben
presto la candidatura, presentò le

perdite di voti dei partiti di sinistra che allora si registrarono, come


"la sconfitta dei socialcomunisti a

Ginevra", e come merito della sua campagna.(33) Dopo questi due


flop Staeubli ne ebbe abbastanza di

Ginevra e il suo capo Toni Stiffler, nel 1983, lo fece direttore a soli
26 anni del gruppo Stifag (volume

d'affari annuo d'allora: circa 150 milioni). Nonostante il trasferimento


a Berna, Staeubli non interruppe

mai del tutto i contatti con Ginevra in quanto comproprietario della


locale Régie Immobilière SA .

JS HOLDING: SCORRONO I MILIONI


Il 21 novembre 1984 Stäubli fondò la JS Holding con un capitale
azionario di 100.000 franchi e

domicilio presso la Ilex Trust Services in Place des Eaux-Vives a


Ginevra. Presidente era l'avvocato di

Ginevra Louis Waltenspühl, che allora aveva lavorato per la Stifag.


In seguito Stäubli sembra aver

operato con immobili sia per la Stifag che per conto proprio. Nel
luglio 1985 egli trasferì il domicilio

della JS Holding alla sede della filiale Stifag di Ginevra, e il capitale


fu accresciuto ad un milione.

L'anno 1985 vide l'ascesa di Stäubli a sponsor del club calcistico di


Berna “Young Boys”, che allora
con tre milioni di franchi di debito era sull'orlo della bancarotta. Il
giovane capitalista spendereccio era

presidente fondatore del "Palace-Club", il cui compito doveva


essere quello di trovare denaro per gli

Young Boys. Membro del club era il suo boss Toni Stiffler,
segretario era il notaio di Berna Rico

Luginbühl. Più tardi Stäubli, Stiffler e altri fondarono la Fimag AG


(Finanza e Management SA per lo

sport e la cultura). A questa società appartenevano allora alcuni


giocatori YB, tra i quali Lars Lunde.

Quando YB nel maggio 1986 vinse il campionato, la Fimag AG


vendette Lars Lunde per 1,5 milioni di

franchi al Bayern Muenchen e intascò la metà del guadagno; Lunde


era costato solo 155.000 franchi.
La sponsorizzazione dello sport da parte di Stäubli era più egoistica
del previsto. Nell'aprile 1986

Stäubli trasferì il domicilio a Montecarlo, ma continuò a lavorare a


Berna con i due fan degli YB

Stiffler e Luginbühl. (34) Poco dopo cominciarono a scorrere i


milioni e la JS Holding si espanse. Nel

marzo 1987 Stäubli aumentò il capitale da uno a tre milioni, in aprile


entrò con Luginbühl nel consiglio

di amministrazione della Ilex Trust Services, in novembre la JS


Holding elevò il capitale a 3,5 milioni

di franchi e nel dicembre 1987 la Holding spostò la sede dalla Stifag


(Ginevra) di nuovo alla Ilex Trust.

Stäubli, che risiedeva ormai da un anno a Montecarlo, aveva un


sacco di soldi. Comprava e comprava,

tra l'altro, una casa in Rue Bellot 11. Secondo la stampa locale
d'allora, che si riferiva ad interviste con

Stäubli, egli fece questo col proposito di cacciare di casa il


presidente dei liberaldemocratici di Ginevra

e consigliere nazionale Gilbert Couteau, che vi abitava. Questo


come punizione per aver firmato un

appello politico per la tutela degli inquilini. All'agenzia telegrafica


svizzera Stäubli disse allora che

giudicava "una porcheria assoluta" il fatto che un liberale prendesse


partito per gli inquilini.(35) Del

resto lui non era un mostro, perché la vedova dello svizzero


occidentale Ernest Ansermet, che abitava
nella stessa casa, avrebbe potuto rimanervi. Oggi Stäubli nega di
avere mai concesso interviste del

genere. Tra il marzo e l'ottobre 1988 egli aumentò il capitale della


JS Holding gradualmente da 3,5 a 9

milioni di franchi. Diventò presidente del Genf-Servette, un club


dell'hockey su ghiaccio di lunga

tradizione e rilevò ditte senza un piano preciso. Ecco una piccola


selezione dei suoi acquisti: nella

prima metà del 1988 la JS Holding prese una partecipazione di


minoranza alla casa di distribuzione

cinematografica di Ginevra Alpha Ciné, la terza in grandezza della


Svizzera. Comprò la fonderia mal

ridotta di Friburgo e una partecipazione di minoranza ad una


società che possedeva l'immobile del
locale di streaptease di Ginevra Maxim's. Ai giornalisti Stäubli
raccontò di investimenti in Tunisia e

Venezuela. Per curare l'immagine egli fondò inoltre un proprio ente


culturale con a capo nientemeno

che l'ex presidente della città, il socialdemocratico Claude Ketterer.


Inoltre acquistò una partecipazione

alla Filocity 7 (media, sport), la società pubblicitaria di Ginevra


Diffusia SA, quote delle stazioni radio

locali Radio Plus e Radio Nostalgie oltre che del canale TV privato
Mont Blanc. Nell'ottobre 1988

Stäubli lanciò infine l'organo di informazione gratuito Jeudi Sports


con una tiratura di 200.000
esemplari.

TENTATIVO DI ACQUISIZIONE DELLA PUBLICITAS

Già alla fine dell'agosto 1988 Stäubli aveva reso noto di voler
rilevare la grande società pubblicitaria

svizzera Publicitas SA. La società, fondata nel 1890, era


l'indiscusso numero uno del business

pubblicitario svizzero con un volume d'affari valutato in due miliardi


di franchi. Controllava ad

esempio la Orell Füssli Annoncen AG e la "Tribune de Genève". La


JS Holding lanciò un'offerta

d'acquisto non favorevole per il 51% delle azioni Publicitas ad una


quotazione di 4.150 franchi per
azione - 900 franchi in più del corso di borsa d'allora, operazione
che sarebbe costata circa mezzo

miliardo di franchi. (36) Tutti si chiesero da dove Staeubli


prendesse questo denaro. La JS Holding

stessa dichiarò di agire per contò proprio e per conto di terzi. Sui
giornali della Svizzera occidentale si

fecero congetture su chi mai potessero essere questi terzi. La


rivista "L'Hebdo" nominò ad esempio Tito

Tettamanti, Werner K.Rey e il grande editore Pierre Lamunière.


(37) Ci si può chiedere se non fossero

invece persone del tutto diverse, intenzionate a procurare a Stäubli


tutto quel denaro. Il progetto

Publicitas si risolse infine per lui in un flop, nonostante l'aiuto dei


suoi potenti alleati dietro le quinte.
L'establishment della Svizzera occidentale seppe infine impedire
che per l'offerta di Stäubli si

trovassero azionisti a sufficienza. Uno dei motivi fu forse anche il


numero crescente dei suoi precedenti

penali. Dopo la condanna a causa della brutale azione dei


picchiatori Broncos, il giudice nel 1985 gli

aveva tolto la patente per eccesso di velocità. Nel 1987 finì di


nuovo nelle grinfie della polizia

autostradale presso Aigle VD per via della velocità troppo elevata


ed una patente monegasca. Per questi

reati fu infine condannato dal tribunale penale di Vevey in seconda


istanza a due mesi di prigione senza

condizionale in regime di semilibertà e a 5.000 franchi di multa. (38)


Dopo il flop con Publicitas sui

giornali della svizzera tedesca ci furono alcuni articoli critici nei


confronti di Stäubli. Così la

"Handelszeitung" non lamentò solo l'assenza di trasparenza della


JS Holding ma criticò anche che

Stauebli non avesse dato prova di capacità come direttore


d'impresa nel settore industriale. (39) Un

articolo prevalentemente positivo su Juerg Stäubli, "divenuto nel


corso degli ultimi anni più tranquillo,

quasi signorile”, apparve invece sul numero di dicembre di "Bilanz".


La rivista parlò della JS Holding

come di " un conglomerato dall'apparenza un po' folle".(40)


L'organigramma, pubblicato da "Bilanz",
mostrava che la febbre degli acquisti di Stäubli aveva creato dal
nulla quattro settori d'attività quanto

mai distanti uno dall'altro, precisamente tempo libero e


comunicazione, industria e commercio,

immobili, servizi e finanziamenti.

STÄUBLI VUOLE DIVENTARE SERIO

Nel 1989 Stäubli cominciò una grande offensiva. Voleva scrollarsi di


dosso l'immagine negativa e

trasformarsi definitivamente in un grande imprenditore serio. La JS


Holding si stabilì per la prima volta

in uffici propri in Rue Gautier: "La targhetta della cassetta della


posta sull'edificio appare modesta,
quasi volutamente inappariscente: un'etichetta di cartone attaccata
alla svelta con lo scotch".(41) La sua

Testarossa dovette da quel momento restare in garage a


Montecarlo, in Svizzera aveva al suo servizio

due autisti, uno era medico, l'altro pilota. Il rimprovero della rivista
d'economia "Cash", che alla

chiusura dell'Hermes Precisa International ad Yverdon egli avesse


guadagnato moltissimo con un

sospetto insider trading, fu respinto categoricamente da Stäubli.(42)


Egli promise invece di salvare i

posti di lavoro alla fonderia di Giessen in dissesto. Nel cantone di


Friburgo Stäubli trovò buona

accoglienza, particolarmente soddisfatto si mostrò il


socialdemocratico dissidente e consigliere di stato
Félicien Morel: "Un uomo che merita rispetto e fa cose eccellenti
per le finanze del cantone." (44)

Stäubli annunciò un rapido accrescimento della sua holding e, per


la prima volta, anche rispettabili

conti consolidati. Parlò di un prestito convertibile di 40 milioni di


franchi e del progetto di andare in

borsa. (45) Il rilancio della società Stäubli lo condusse sulla stampa


della Svizzera occidentale. Che il

giornale francese di Migros "Construire" salutasse con particolare


benevolenza Stäubli, non desta

meraviglia se si conosce l'impegno dell'ex presidente di Migros


Pierre Arnold in consigli di
amministrazione di società affiliate della JS-Holding. (46) Del ruolo
di Arnold si parlerà ancora in

maniera dettagliata. Anche Jean Chevallaz, fratello del consigliere


federale, assicurò di avere piena

fiducia in Juerg Staeubli, allorché questo nel 1989 rilevò la


maggioranza del gruppo alberghiero

Leysintour Let da lui presieduto. Inoltre, Stäubli aveva in Rico


Luginbuehl una specie di dama di

compagnia. Dai giorni del "Palace-Club", Luginbühl era stato


sempre al suo fianco negli affari ed era

consigliere d'amministrazione nelle società importanti collegate alla


JS-Holding. (47)

DA STÄUBLI SI PRETENDE TROPPO


Presto si rivelò che Stäubli era quanto mai inadeguato al nuovo
ruolo di grande industriale a lui

riservato. Lo si riconosce dai suoi significativi principi guida che in


un' intervista presentò così:

"Domanda: Lei controlla più di 40 società. Come riesce a


mantenere una visione d'insieme? Stäubli:

Ogni ditta lavora in modo autonomo. Ma qui a Ginevra nella holding


abbiamo uno stato maggiore

generale composto di dieci alti dirigenti, tutti specialisti nel loro


settore. Ognuno di loro si occupa di un

paio di ditte ed è sempre a disposizione, quando una di queste ha


bisogno di aiuto. Io stesso incontro

ogni lunedì ognuno dei miei dieci collaboratori dello stato maggiore
per una seduta di un'ora. Ogni
lunedì aspetto da ogni ditta un rapporto scritto e voglio essere
informato con esattezza su ogni deroga

dal budget. Mi preoccupo sempre di movimentare le sedute, perché


un gruppo non può starsene

tranquillo, altrimenti si impigrisce." (48) La JS Holding assunse altri


impegni: col gruppo per

l'imballaggio Papival del Vallese, con il fabbricante di abiti sportivi di


Thurgau Blacky, che a sua volta

aveva partecipazioni presso il produttore di costumi da bagno


Lahco. Nel giugno 1991 Stäubli ebbe un

successo strepitoso con la JS Finance Canada. Le azioni della sua


filiale canadese (volume d'affari: 20
milioni di dollari canadesi appena) furono quotate alla borsa di
Montreal. La JS Finance Canada aveva

partecipazioni in diverse società di settori completamente diversi,


ad esempio nella catena di negozi

sportivi André Lalonde e nella fabbrica di spaghetti Cortina. (49)


Anche qui siamo in presenza di una

febbre degli acquisti irrazionale che si manifesta quando uno ha


troppi soldi in tasca.

UNA COMETA SI SPEGNE

L'8 luglio 1991 Stäubli organizzò a Ginevra una specie di


conferenza stampa per fare il bilancio della

JS Holding. In quest’occasione dichiarò che dopo una fase di


crescita di tre anni era venuto il momento
del consolidamento e rese noto che lui stesso manteneva ancora
l'80 % del capitale. Il resto si trovava

presso la Banca Cantonale di Ginevra e i quadri delle sue ditte. (50)


Staubli sprizzava allora un

ottimismo indomito. Ma ancora per poco. Sulla società collegata Let


Holding si vedevano già

addensarsi le nuvole. La Let Holding, con alcuni hotel a Leysin,


quotata alla borsa di Ginevra e diretta

dall’eminente presidente Jean Chevallaz, era stata fondata da


Staeubli un anno prima. Più tardi questa

società acquisì una partecipazione di minoranza presso la ditta


tessile Blacky. Circa due anni più tardi

la Blacky rilevò la Lahco. Inoltre la Let Holding sottoscrisse un


prestito obbligazionario della ditta del
produttore di veicoli da pista svizzero-tedesco Rolba. Era pianificato
un aumento di capitale della Let

Holding da 10 a 14 milioni di franchi sotto la responsabilità della


banca cantonale del Vaud. All'inizio

di agosto l'analista di borsa Pierre Tissot della banca privata di


Ginevra Lombard, Odier & Cie. mise in

guardia insistentemente dall'acquisto di azioni Let: "è molto difficile


raccomandare la Let Holding ai

nostri clienti, perché in tutto il gruppo Staeubli manca la


trasparenza. Non si sa che strategia venga

perseguita. Tutto resta nebuloso." (51) Staeubli smentì, ma un'altra


notizia funesta era alle porte: La
belga-lussemburghese Filocity 7, produttrice della racchetta da
tennis Snauwaert, di cui la JS Holding

deteneva il 30%, era sull'orlo della bancarotta. Il suo settimanale


gratuito "Jeudi Sports", fondato

solennemente a Ginevra, dovette all'improvviso interrompere le


pubblicazioni nell'ottobre 1991.

L’inizio del 1992 portò la vendita di tre importanti partecipazioni:


Chimica Agol Luginbühl, Ilex Trust

Services e WTC Management. (52)

STÄUBLI COMMETTE UN FALLO

Nell'edizione di luglio-agosto 1992, la rivista economica della


Svizzera occidentale "Bilan" pubblicò
un articolo dal titolo "Le bluffeur de Monaco". Vi si diceva che la JS
Holding era oberata di debiti.

Inoltre in inserzioni di giornali, che facevano pubblicità a "Bilan", si


leggeva che la JS Holding era

sull'orlo del crollo. Stäubli annunciò immediatamente un'azione


giudiziaria (53) e trasferì la residenza

da Montecarlo al Cantone di Friburgo. L'articolo di "Bilan" fece


vacillare la fiducia nella JS Holding ed

ebbe conseguenze determinanti per Stäubli. Egli si dimise da


presidente e il consiglio di

amministrazione venne totalmente rinnovato. I consiglieri


d'amministrazione, da lui nominati,

sconosciuti all'opinione pubblica, diedero le dimissioni ad eccezione


di Rico Luginbühl. Staeubli stesso
divenne delegato del consiglio di amministrazione. Nuovi consiglieri
furono nominati i noti

rappresentanti dell'economia della Svizzera occidentale Pierre de


Chastonay, Roland Soldati e Bernard

Taramarcaz. Pierre de Chastonay di Siders è una figura di rilievo


del mondo economico del Vallese ed

ex consigliere nazionale. (54) Entrò anche in diverse società


collegate alla JS che hanno una certa

importanza nella regione, come la Papival Holding (Sitten) o la Let


Holding (Ginevra) e diverse

imprese edili della Svizzera occidentale. Roland Soldati era


direttore della Banca Cantonale di Ginevra,

diventata azionista di minoranza in quanto grande creditrice.


Bernard Taramarcaz fu presentato infine

dalla rivista "L'Hebdo" come il vero autore del risanamento. (55) Si


ha l'impressione che i nuovi tre

siano entrati nel consiglio di amministrazione per salvare le


importanti società affiliate della Svizzera

occidentale nel settore dell'economia edilizia, del turismo e


dell'industria. (56)

PERCHE' PIERRE ARNOLD?

Alla fine del 1992 l'ex capo della Migros Pierre Arnold diventò
nuovo presidente della JS Holding.

Dopo il pensionamento dai vertici della Migros, Arnold, nel 1985,


era diventato presidente del
consorzio per la produzione d'orologi SMH e progressivamente era
entrato nei consigli di

amministrazione di più di trenta altre ditte, in parte famose. La


prima misura presa da Arnold fu di

mettere il bavaglio a Staeubli. Da allora nei media non si è più


sentito niente di lui. Anche della JS

Holding non si udì più nulla da quando Arnold era alla testa
dell'impresa. Nel giugno 1993 Arnold

rispose alla domanda del "Bund" di Berna: "Signor Arnold, Lei è


considerato uno dei cervelli

dell'economia svizzera. Come è successo che si ritrovi presidente


del consiglio di amministrazione di

una società relativamente insignificante come la JS Holding di


Ginevra? Pierre Arnold: conosco il
signor Staeubli da lungo tempo. è stato sempre corretto nei miei
confronti. In quanto persona

intelligente, laboriosa, attiva e ricca di idee, conosce la mia


inflessibilità e le mie pretese. Con me ha

sempre mantenuto la parola data. Ogni volta che l'ho pregato di


aiutare una persona o un'associazione

caritativa in difficoltà, è sempre intervenuto senza esitare e con


generosità. Quando fu attaccato da

"Bilan", la rivista d'economia - questo è del resto oggetto di un


processo in corso - io trovai ingiuste e

pericolose le accuse mossegli. Nella mia ricerca di giustizia accettai


di assumere l'incarico di presidente

del consiglio di amministrazione alla Holding, e ciò in accordo con


le banche." (57) Poi gli fu rivolta la

domanda: "Signor Arnold, per Lei Juerg Staeubli è un uomo d'affari


di successo? ". Risposta di Arnold:

"Il Signor Stäubli è un uomo d'affari che ha dimostrato la sua


capacità di essere all'altezza dei problemi,

di avere idee e conseguire risultati positivi. è un'eccellente


controparte nelle trattative e, a conoscerlo

meglio, ci si guadagna".(58) Anche Stäubli parlava di Arnold in


modo favorevole, come Arnold di lui.

Stäubli nell'ottobre 1990: "Pierre Arnold è una specie di padre


spirituale, abbiamo una sorta di rapporto

padre-figlio. Ci siamo conosciuti sei o sette anni fa, quando


facevamo parte della ditta Agol di Berna.
L'intesa fu immediata e, da qualche anno, lavoriamo insieme. Ci
telefoniamo due volte la settimana e

Pierre Arnold vuol sapere esattamente come vanno le cose."(59)


Staeubli ha dichiarato più volte ai

media di considerare Arnold il proprio padre spirituale. (60) Questo


non meraviglia, se si pensa che il

potente Arnold gli procurò quella rispettabilità di cui egli, dopo


l'articolo critico di "Bilan", aveva

urgentemente bisogno. Alla ditta Agol, dove Arnold e Staeubli nel


1983/84 si erano conosciuti, il primo

nel 1994 era presidente, mentre Staeubli, Stiffler e Luginbühl,


facevano parte del consiglio di

amministrazione. (61)
SEGNALE AMBIGUO

"Anche dopo il colloquio con Jürg Stäubli", scrisse la "Schweizer


Handelszeitung" (“Il giornale

finanziario svizzero”) nel dicembre 1988, "non è chiaro che cosa sia
veramente la JS Holding SA, da

dove provenga in effetti il denaro investito e che cosa si persegua


con una strategia di partecipazione

piuttosto destrutturata. Le malelingue dicono, a Ginevra, che Stäubli


sia solo una figura di facciata,una

pedina destinata a far effetto sul pubblico nel gioco condotto da


finanziatori stranieri".(62) Ciò che la

"Handelszeitung" scrisse su Stäubli non vale forse anche per Pierre


Arnold? Il veterano capitano
d’industria si mise come pompiere e parafulmine alla testa di un
agglomerato impenetrabile di ditte.

Nasce così L’interrogativo se egli abbia reso possibile di


dissimulare i veri rapporti di forza all’interno

della JS Holding. Con il suo comportamento, Arnold ha dato un


segnale che fino ad oggi non è stato

ancora discusso pubblicamente. Onestamente bisogna dire che


questa critica non tocca solo Arnold ma

anche la Banca cantonale del Vaud. L'istituto ha fondato all'inizio


del 1994 a Leysin, che per una

diminuzione di un terzo dei pernottamenti soffriva con particolare


intensità la crisi del turismo, una
società per l'acquisto di hotel in difficoltà: la Leysin Holding. Il suo
presidente è Jean Chevallaz, ex

presidente della società, collegata alla JS-Holding, Leysintours, i cui


alberghi furono pure assorbiti

dalla nuova Leysin Holding. Nel consiglio di amministrazione di


questa è presente accanto ad alcuni

rappresentanti di banche e del settore turismo, anche Juerg


Stauebli. Facendo un'analisi di carattere

economico, ciò non significa altro che la banca cantonale del Vaud,
nel suo comprensibile tentativo di

salvare Leysin da un tracollo totale, si appoggia a organismi non


trasparenti. Gli affari fatti in centri

offshore non sono assolutamente equiparabili di per sé al riciclaggio


di denaro. Ma queste piazze
finanziarie vengono sfruttate come importante stazione di
collegamento delle correnti di denaro sporco

ai mercati finanziari legali. La richiesta in tutto il mondo di una lotta


più incisiva al riciclaggio di

denaro rende necessaria più trasparenza nel business offshore. Sul


piano internazionale ciò significa

maggior regolamentazione dei paradisi fiscali e dei porti dei capitali


in fuga da parte di istituzioni

sovrastatali. Per quanto riguarda la Svizzera, è necessaria anche


avere chiarezza sui finanziatori segreti

di quelle società svizzere finanziarie e d'investimento che si


nascondono dietro uno schermo protettivo

offshore di istituti, trust e fondazioni.


Note:

1) Nei Caraibi: Anguilla, Antigua, Aruba, Bahamas, Barbados,


Bermudas, Isole Vergini britanniche,

Isole Cayman, Montserrat, Curaçao, Sint Maarten, Nevis, Panama,


Turks & Caicos. In Europa:

Andorra, Cipro, Gibilterra, Guernsey, Irland, Isola di Man, Jersey,


Sark, Liechtenstein, Luxemburg,

Madeira, Malta, Monaco. Nel Pacifico: Vanuatu, Isole Cook.


Nell'Oceano Indiano: Seychelles,

Mauritius.

2) "Neue Zürcher Zeitung", 9 5 96


3) Nel 1944 l'austriaco Helmuth Merlin giunse ai vertici dell'Istituto
presidenziale. L'ufficio di Vaduz

della "Colonia tedesca in Svizzera", un'organizzazione popolare


nazionalsocialista in Svizzera con

succursale in Liechtenstein, si serviva allora della stessa casella


postale di Merlin e dell'Istituto

presidenziale.

4) Uno studio del centro ricerche sul mercato del lavoro e


l'economia industriale ha valutato il

patrimonio amministrato dalle banche svizzere nel giugno 1996 in


2.340 miliardi di franchi. Si dice

quindi che il settore dell'amministrazione patrimoniale crei 50.000


posti di lavoro e produca due terzi
dei guadagni bancari.

(5) Hoogewerf esercita anche l'attività di revisore contabile


internazionale. Hoogewerf & Cie. firmano

insieme con la First Professional Audit di Fausto Vitucci (Roma,


Milano, Prato, Verona) come Ufficio

di revisione di Cragnotti & Partners capital Investement SA


Luxembourg. La Cragnotti & Partners fu

fondata dall'ex topmanager Enimont Sergio Cragnotti, implicato in


numerosi scandali di tangenti, del

quale si parla in maniera approfondita nel capitolo sull'ENI.

6) "Eurobusiness" 11/1993
7) I quattro mandati in consiglio d'amministrazione erano: Almeria
Properties Ltd., Geldof Sales

Promotion Ltd., Imperio Reinsurance (UK) Ltd., Coastline Securities


Ltd. Alla Portomega Ltd

Hoogewerf infine firmava come revisore.

8) Su Arner SA vedi il capitolo 10, p.226 segg. Hoogewerf e Arner


hanno collaborato. La società di

Hoogewerf Wenham Ltd. (Douglas, Isle of Man) e la società di


Arner Wedel Holdings (Tortola, Isole

Vergini britanniche) partecipava alle 4 società lussemburghesi


Etairoi Holding, Carib Holding,

Caribbean Estate Company SA e Caribbean Hotel & Resort.


9) Valmet SA : Proprietari: Riggs National Bank, Washington (51%);
Management : Aubertinaz Claire;

Nicolin Danièle; Ghillani Jean-Philippe; Consiglio d'


amministrazione: Michel Christian; Degeller

Otto; Fasel Roland; Partecipazioni: Valmet Fiducie et Conseils SA,


Ginevra (100 %). (Fonte: Orell

Füssli/Teledata : Il CD-ROM dell'economia svizzera. Versione


1996/1, scadenza: 1.8.95)

10) Binder Hamlyn è parte di Arthur Andersen dal 1984. La ditta finì
sulle prime pagine dei giornali nel

1994 quando fu condannata in prima istanza da un tribunale di


Londra ad un risarcimento danni di 100

milioni di sterline. Aveva valutato troppo con un cliente una


candidata all'accettazione e dovette

prendersi la responsabilità dell'ammanco.

11) Le formalità di fondazione furono sbrigate dall'avvocato di


Basilea Walter Koenig, che entrò anche

nel Consiglio di amministrazione - dove si trovava ancora venti anni


dopo. Tra i mandati di consiglio di

amministrazione di Koenig c'era nell'estate 1995, la società di


comodo Tecom Pipeline Consultants AG,

Basilea. Un altro interessante mandato Koenig l'ha presso la


Medisafe SA (Ginevra), dove Georg

Walker Balzers, è direttore. Walker è manager di 13 società , nel


consiglio di amministrazione di nove
dei quali c'è Barbara Merz Wipfli. Merz Wipfli è la donna di punta
del guppo Curator di Zurigo che si

occupa di consulenza aziendale, revisione, finanza e commercio.


Anche Walker è un uomo della

Curator e fa parte di alcuni consigli di amministrazione di questo


gruppo zurighese (a proposito della

Curator cfr. p. 210 segg.)

12) Oltre a Roger Usher anche François Mehrmann collega la Ilex e


Usher and Co. Mehrmann: firma in

entrambe le società come procuratore.

13) Altri consiglieri d'amministrazione della Safes Fidelity: Etienne


Costomeni (Losanna) e René
Wuergler (Borex). (fonte: Orell Füssli/Teledata: Il CD-ROM
dell'economia svizzera. Release 1996/1,

data di scadenza: 1.8.95). In Lussemburgo Sanne e Hoogewerf


gestirono insieme dal 1976

l'amministrazione fiduciaria e patrimoniale Webber, Wentzel & Co.


GmbH, dal 1992 Maitland AG.

14) La società finanziaria era stata fondata dalla famiglia Espiritu


Santo dopo la nazionalizzazione della

loro banca a Lisbona nell'ambito della rivoluzione dei garofani. Più


tardi gli Espiritu Santo riebbero la

loro banca. Nel consiglio di amministrazione della Partridge


Investments c'erano, nell'aprile 1994, oltre

a Sanne il manager dell'Espiritu-Santo di Losanna, Rui Barros,


Roland Cottier e Michel Joseph
Ostertag, anche lui dipendente dell'Espiritu Santo.

15) Régistre de Commerce, Genève, dossier no. 2423, 1981

16) Nel 1994 anche Robert March era entrato a far parte del
Consiglio d'amministrazione Ilex.

17) Delle 15 registrazioni al Companies House di Londra (Registro


di Commercio ) nel maggio 1994,

undici erano estinte e quattro attive. Dei complessivi 15 mandati 13


erano mandati di revisore e 2 di

consigliere d'amministrazione. I mandati attivi nel maggio 1995


erano Trentplus Ltd., Visualrout Ltd.,

Arden Equities Ltd., Rarecall Ltd.


18) In Lussemburgo fu anche revisore delle società di Hoogewerf,
ad esempio alla società madre

OCRA Eurotrust International Holding Corp.

19) Canavesi e Scacchi erano nel Consiglio d'amministrazione della


Barinvest SA di Lugano, la cui

affiliata di Vaduz Barinvest AG nell'aprile 1994 fondò insieme con la


Heathland Ltd. (Douglas, Isola di

Man) in Lussemburgo la società di partecipazione Arnus Holding


SA. Consigliere d'amministrazione è

Jean-Louis Hurst che è iscritto nel Registro di commercio


lussemburghese come Louis Hurst (per

rendere più difficile la ricerca!) Commissario della Arnus Holding è


la Gestinv SA (Lugano). Del
consiglio d'amministrazione di questa società Hurst fa parte insieme
con Renata Scacchi, Vincenzo

Chiarella e Elio Castaldini, entrambi originari di Genova.

20) Morotti fa parte anche dell'Overland Trust Holding (Lugano)


controllata da Roberto Bassi della

KPMG Fides (Lugano). Roberto Bassi & Partner a sua volta firma
come revisore di alcune società

Hurst. Ad esempio: Gestinv SA (Lugano); Gurta AG (Lugano);


Laconfida SA (Lugano); Plettli SA

(Lugano).

21) Un mandato di consiglio d'amministrazione di Hurst,


particolarmente importante, è la Duferco SA,
una società a partecipazione di Lugano con 70 posti di lavoro. è
presieduta dall'italiano Bruno Bolfo,

Maurizio Bergonzi è delegato del Consiglio d'amministrazione.

22) Nel maggio 1996 la Procura della Repubblica di Pisa rese note
presunte frodi dell'uomo d'affari

italiano Fabrizio Serra in relazione a bilanci manipolati della Casa


editrice pisana Giardini. La Procura

della repubblica accusò Serra di essere riuscito ad ottenere con


informazioni false, da tre banche

svizzere (Kreditanstalt, Bankverein e Gotthard Bank), crediti per


240 milioni di franchi. Roberto Bassi

era consigliere d'amministrazione della filiale ticinese della casa


editrice Giardini. Serra si definì
vittima di un complotto di Roberto Bassi & Partners, del cui
Consiglio d'amministrazione fa parte

anche l'ex avvocato Paolo Bernasconi. Nella "Sonntagszeitung" del


12.5.96 Bassi definì "assurde" le

accuse di Serra, e tuttavia "quasi logiche nella sua posizione". Lui


stesso avrebbe fatto fallire Serra,

quando si era accorto di essere incappato in un imbroglione. Ma


per gli inquirenti italiani il ruolo di

Roberto Bassi non era ancora chiaro (nel maggio 1996), egli aveva
tuttavia avuto per anni rapporti

d'affari con Serra.

23) Si tratta di Palma Medical Supplies SA (Villars-sur-Glane),la


Nord Marine Trading SA (Ginevra),

la RACB Communication SA (Friburgo), la Comsefin SA (Ginevra).

24) Pully sembra esercitare un fascino discreto. Il finanziere


d’assalto Asher Edelmann di New York

regalò al comune la sua squisita raccolta d'arte. Lo specialista


francese di offshore Eduard Chambost,

autore di una nota guida ai paradisi fiscali (Editions Sand,1993),


prese la residenza a Pully.

25) Prima di iniziare la carriera politica Chevallaz era stato per dieci
anni giornalista sportivo, poi

presidente della scuola alberghiera di Losanna, fu poi a capo della


Camera dell'Agricoltura di Vaud, per
vendere infine birra nei cantoni di Waadt e del Ticino come
rappresentante del gruppo Sibra. ( “24

Heures”, 11.7.96)

26) Insieme a Stoyanov, Straub faceva parte del consiglio


d'amministrazione oltre che della A.Testoni

AG anche della Nummus Tugensis AG di Zug, specializzata nel


commercio di monete d'oro. Straub è

uno di quegli avvocati che collezionano mandati d'amministrazione


a dozzine. Tra i suoi mandati si

trova anche la Reiluma Anlage AG (Zug), nel cui consiglio


d'amministrazione è presente anche Rudolf

Hegetschweiler, temporaneo consigliere d'amministrazione della


Banca Albis/Adamas. Ulteriori
mandati nell'agosto 1995: Alma SA (Cormagens); ES Consult AG
(Zug); ISM Consult and Investment

AG (Zug); Plasticos Holding AG (Zug); Assem AG (Zug); Sindacato


di vendita Bruker-Spectrospin AG

(Zug); Foseco Trading AG (Zug); Laetitia AG (Zug); Nutrasweet AG


(Zug); Admina AG ,Baar; Altawa

AG ( Zug); FIA Fachinspektorat für Aufzüge AG (Schaffhausen);


Gazinvest AG (Zug); Jaspen AG

(Zug); Kamer Martin Ltd. (Zug); Lisag-Liftcheck AG (Sarnen);


Società del mercoledì di Zug (Zug);

Orbo Finanz AG (Zug); Otopex-Holding AG (Zug); Pecufina AG


(Zug); Fondazione per l'assistenza

sociale al personale della Foseco Holding AG (Zug); Quim-Invest


AG (Zug); Siromatic AG (Zug);
Sondia AG (Zug); Walzstahl AG (Zug); Westport AG (Zug); Fenrir
AG (Zug). (Fonte: Il CD-ROM

dell'economia svizzera, scadenza: 1.8.95)

27) L'8.4.94 Francis Hoogewerf diede le dimissioni dalla Sycomore


Investments SA (Luxemburg) e fu

sostituito da McGraw. Il 27.4 si ritirò anche Roger Usher e fu


sostituito dalla General Trust Company

(Lussemburgo). La General Trust Company fu fondata lo stesso


giorno e apparteneva a McGaw e a R.

Turner.

28) Predecessore di Bravetti fino al 12.12. 91 fu Reto Kessler,


direttore della Banca svizzera italiana
(BSI).

29) Guy Fontanet, ex consigliere di stato del Cantone di Ginevra,


faceva parte del consiglio di

amministrazione del World Economic Forum insieme con Klaus


Schwab e Helmuth Maucher, tutti e

due dell'Allgaeu, con l'ex premier francese Raymond Barre e altri.


Inoltre Fontanet era presente nel

consiglio di amministrazione della fondazione Ignacia di Friburgo,


rigidamente cattolica.

30) Altri mandati amministrativi di Kaloyan Stoyanov: Credex AG


(Zurigo); Ilex Trust Services SA

(Ginevra); Braxton & Cie. SA (Ginevra); Compimassa SA (Lugano);


Granser Société de Services SA

(Ginevra); HTC SA (Ginevra); Nummus Tugensis AG (Zug); Safinco


Holding SA pour le financement

de l'Industrie et du Commerce (Friburgo); Seldeco SA (Villars -sur-


Glane); SI Louvois SA (Ginevra);

Trimaco Trading SA (Ginevra); Fortress Trust Company SA


(Ginevra); Associazione svizzera degli

esperti tributari diplomati (Solothurn). (Fonte: Orell


Fuessli/Teledata: Il CD-ROM dell' economia

svizzera. Versione 1996/ 1, Scadenza: 1.8.95)

31) Toni Stiffler, originario di una famiglia di albergatori di Davos,


era con la sua Stifag AG uno dei
più grandi speculatori immobiliari di Berna. Aveva cominciato già
negli anni '60, i più grandi affari li

fece, secondo la rivista economica "Bilanz" (12 / 89), negli anni


1987 e 1988. "Bilanz" valutava il suo

patrimonio privato a più di 100 milioni di franchi. Nel 1989 Stiffler


cooperò anche con la fiduciaria

zurighese Huber, che più tardi dovette essere liquidata a causa di


affari immobiliari andati male. Negli

anni '90 l'impero di Stiffler si ridusse decisamente. Diversamente da


colleghi del settore, come ad

esempio Albert Heer di Solothurn o Stephan Goetz di Zurigo, gli


riuscì di evitare la bancarotta - per lo

meno fino all'estate 1996.


32) "Berner Zeitung, 19. 9. 84

33) "Tribune de Genéve" ,5. 5. 83

(34) Il legame di Stäubli con la Stifag non si interruppe fino al 1991,


gli restò il diritto di firma come

procuratore e consigliere d'amministrazione.

35) "24 Heures", 4.2.87

36) "Berner Zeitung" 1.9.88

37) "L'Hebdo", 8.9.88

38) "Blick", 26.4.88


39) "Schweizer Handelszeitung", 8.12.88

40) "Bilanz" 11/88

41) "Politik und Wirtschaft", 26 . 7. 89

42) "Cash", 22.9.89

43) In realtà Stäubli mostrò nei confronti dei suoi impiegati un


atteggiamento arrogante. Anche alla

fonderia di Friburgo. Dopo che lo SMUV in un comunicato aveva


manifestato la sua disapprovazione

per il piano sociale presentato, in "La Liberté" di Friburgo dell'


8.2.89 Stäubli fece annunciare quanto

segue: " Per me un licenziamento è un licenziamento di troppo. Ho


cercato le migliori soluzioni e ho

affrontato il rischio di continuare a gestire la fonderia. All'interno i


sindacati hanno apprezzato molto il

nostro atteggiamento e ci hanno ringraziato. Alcuni giorni dopo


hanno reso nota la questione al

pubblico a mia insaputa . Se i sindacati vogliono una piccola guerra


a coltelli tratti, si accomodino. Io

non sono abituato a perdere queste battaglie (...) Se dovessi


leggere di nuovo qualcosa di simile dello

SMUV, anche una sola volta, licenzierò tutti". Un mese più tardi
nella "Tribune de Genève" (14.3.89)

diede una strigliata ai giocatori del suo Hockeyklub Genève-


Servette: "Io che lavoro da 12 a 14 ore al
giorno so che cosa significa la parola pressione. I giocatori, con il
loro training e due partite alla

settimana, non ne hanno idea. Sono stato troppo amabile! Ma non


sarà più così."

44) "Politik und Wirtschaft", 26.7.89

45) "Bund", 23.10.89

46) "Construire", 26.4.89

47) Luginbühl era diventato noto con il caso del cinema Splendid a
Berna. Nel 1986 egli voleva

abbattere l'immobile adibito a cinema, appartenente alla sua Hipleh-


Walt AG, e sostituirlo con negozi e
uffici. Seguì una disputa di anni con la città e la protezione dei
monumenti, finché nel 1994 rinunciò

all'abbattimento della sala Art-déco e restaurò l'edificio.

48) "Schweizer Illustrierte ", 22.10.90

49) "Agefi", 24.6.91

50) "24 Heures", 9.7.91

51) "Cash", 2.8.91

52) Il WTC Management (World Trade Center Management) era


attivo in Canada. A Francoforte e a

Monaco Rico Luginbuehls Marua Holding (Berna) deteneva il 49%


del WTC-Management GmbH
(rispettivamente a Francoforte e a Monaco).

53) Nel novembre 1994 egli ha infine vinto l'azione legale, intentata
stranamente a Parigi. La 17esima

camera della corte penale parigina ha accertato il reato di


diffamazione in tre parti dell'articolo e ha

condannato il redattore capo Max Mabillard e il giornalista ad una


pena pecuniaria di 10.000 franchi

francesi e ad un risarcimento simbolico di un franco. Max Mabillard


era uno dei pochi giornalisti

francesi che negli anni '80 non si erano lasciati ingannare da


Staeubli (vedi ad esempio: “Le Matin”,

28.3.87)
54) De Chastonay firma anche come consigliere d'amministrazione
della CSC Impresa Costruzioni

(Lugano, appartenente al complesso industriale Fiat). La società


madre italiana Cogefar Impresit fu nel

1993 una delle prime imputate negli scandali per le tangenti.

55) Taramarcaz è presidente del deposito franco doganale di


Ginevra e fa parte come l'avvocato d'affari

Carlo Sganzini di Lugano e il presidente dell' Unigestion di Ginevra,


Bernard Sabrier, del consiglio di

amministrazione della Kofisa Trading di Ginevra, un'affiliata del


gruppo turco Koç.

56) Una società del genere è ad esempio l'officina per macchine


agricole Hämmerli et Cie. SA a Nyon
con 60 posti di lavoro. E’ stata acquisita dalla JS Holding e,
conseguentemente, anche Pierre Arnold e

de Chastoney sono entrati nel consiglio di amministrazione.

57) "Der Bund", 25.6.93

58) Ivi

59) "Schweizer Illustrierte", 22.10.90

60) Ad esempio il "Tages-Anzeiger", 14.3.87

61) "Schweizer Illustrierte", 22.10.90

62) "Schweizer Handelszeitung", 8. 12. 88


5. MANI PULITE

Dalla fine della seconda guerra mondiale l'Italia ha vissuto una serie
ininterrotta di scandali, affaires e

congiure. I poteri segreti che agivano fuori di ogni controllo erano


qui più forti che in ogni altra

democrazia rappresentativa europea. (1) La corruzione moderna in


Italia risale all'inizio della guerra

fredda, a metà del 1946. Fu allora che si inasprì la critica degli USA
nei confronti dei ministri

comunisti, che avevano assunto l'incarico al crollo del fascismo


nell'Italia del nord, e culminò nella

richiesta ultimativa di estromettere il PCI dal governo. Questa


domanda non fu tuttavia facile da

soddisfare da parte dei sostenitori degli USA. (2) I comunisti si


accrebbero soprattutto nel Norditalia

industrializzato, divenendo la forza organizzata più forte. Il


segretario generale del PCI Palmiro

Togliatti fu ministro della giustizia dal 1945 al 1948, inoltre i


comunisti ricoprirono altri tre ministeri e

fornirono diversi segretari di stato. Nata nel 1945 dalla fusione di


diverse correnti cattoliche, la

Democrazia Cristiana (DC) sotto Alcide De Gasperi, segretario


Giulio Andreotti, era troppo debole

nell'Italia del Nord per poter escludere i comunisti. Per rafforzare la


loro base al Nord, De Gasperi e
Andreotti cercarono di copiare la politica sociale progressista dei
comunisti. Contemporaneamente

lavoravano con tutte le loro forze per indebolirli. Gli USA


promossero questa politica. L'Italia fu,

insieme alla Francia e alla Grecia, il fronte principale della guerra


contro il comunismo nell'Europa

occidentale.(3) Nel 1948 De Gasperi e la Democrazia Cristiana


ottennero, sotto il segno della guerra

fredda, il 48% dei voti e si sentirono abbastanza forti per


estromettere i comunisti dal governo. (4) Con

ciò la DC ebbe l'egemonia della politica italiana per 45 anni. Fino al


1993 le lotte delle frazioni interne

al partito ebbero un influsso maggiore sulla politica italiana delle


controversie parlamentari con
l'opposizione. Anche se dagli anni '60 l'egemonia poté essere
mantenuta solo grazie a mutevoli

coalizioni con partiti minori, l'Italia rimase di fatto, fino a Mani Pulite,
dominio di un partito. Nel corso

di 45 anni ci furono invero 50 cambiamenti di governo e sei elezioni


parlamentari anticipate, ma il

gruppo dirigente non è cambiato. Il leader democristiano Giulio


Andreotti è stato sette volte primo

ministro. Il suo collega di partito Emilio Colombo ricoprì tra il 1948 e


il 1993 tutti gli incarichi di

governo, da presidente dei ministri a ministro degli esteri.

DENARO DAL GRANDE FRATELLO


Come contropartita per l'estromissione dei comunisti De Gasperi
ricevette dagli USA grande sostegno

economico per il suo partito. Una parte di questo denaro passò per i
canali legali del piano Marshall,

un'altra parte per vie illegali. A questo proposito l'ex direttore della
CIA e capo della sezione CIA a

Roma, William Colby ha detto: "Noi abbiamo una responsabilità


storica, in certo qual modo

Washington ha attizzato la corruzione in Italia. Per noi il


finanziamento della DC e dei socialisti ha

significato condurre la battaglia contro il comunismo. Il futuro


dell'Europa occidentale era allora in
gioco in Italia, Grecia e Francia".(5)

Nell'ambito del piano Marshall anche l'istituto per la ricostruzione


industriale (IRI) ha ricoperto un

ruolo centrale. L'IRI era ancora un'espressione dell'epoca del


corporativismo fascista. Il suo fondatore ,

Alberto Beneduce, era un compagno del Benito Mussolini del


periodo socialista antecedente la prima

guerra mondiale e aveva dato alle sue due figlie i nomi Idea
Proletaria e Idea Socialista. Più tardi

Beneduce condivise la svolta di Mussolini da socialista a fascista.


L'holding di stato IRI, da lui

concepita, comprese presto ampi settori della grande industria


(tranne Fiat e Pirelli) e anche le grandi
banche come il Banco di Roma, la Banca Commerciale Italiana, il
Credito Italiano e la Banca

Nazionale del Lavoro. Dopo la guerra ci furono tentativi della


cerchia delle grandi famiglie di

capitalisti, gli Agnelli, i Pirelli e altri, di privatizzare di nuovo le


aziende IRI. Ma esse avevano nemici

anche tra i politici dell'Italia centrale e del sud, perché il sistema IRI
aveva concentrato la sua politica

di sviluppo nel Norditalia. De Gasperi risolse il conflitto dell'IRI con il


sud nell'ambito della sua

strategia di conciliazione nazionale. Per promuovere


l'industrializzazione del sud fu creato un nuovo

istituto, la Cassa per il Mezzogiorno. Nel 1946 il banchiere Enrico


Cuccia diventò capo di una nuova
banca, organizzata nell'ambito dell'IRI, Mediobanca. (6) Questa
doveva garantire, nell'interesse dei

grandi capitalisti privati in tutta Italia, finanziamenti industriali a


lungo termine a interessi favorevoli,

ricorrendo al gettito del risparmio, e oltre a ciò garantire che gli


interessi delle grandi famiglie di

capitalisti come Agnelli e Pirelli fossero rappresentati all'interno


della burocrazia IRI. 50 anni dopo

Mediobanca era, sotto l'ottantasettenne Cuccia , ancor sempre una


delle banche italiane più importanti.

(7) La sua filiale in Svizzera fu la Graucom SA (Chiasso).

IL COMPROMESSO STORICO LIQUIDATO


Il sistema di potere di De Gasperi e Andreotti entrò in una crisi
strutturale all'inizio degli anni '70. Per

la prima volta nella storia italiana postbellica si profilò un'alternativa


promettente: il compromesso

storico dei democrstiani con i comunisti. Il segretario del Partito


comunista Enrico Berlinguer e il

segretario del partito democristiano Aldo Moro, lavoravano alla


riassunzione dei comunisti al governo.

Il prezzo fu la rinuncia del Partito comunista italiano alla rivoluzione


socialista, il riconoscimento della

proprietà privata e dell'economia di mercato e la presa di distanza


dall'URSS. Un fine importante del
compromesso storico fu il superamento dell'economia della
corruzione. Il compromesso storico

rappresentava un pericolo anche per l'influenza americana in Italia.


Accadde allora che Moro fosse

sequestrato dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978, la stessa mattina


in cui in parlamento doveva andare

in scena il primo governo DC con presidente dei ministri Giulio


Andreotti e sostegno parlamentare del

Partito comunista italiano. Il 9 maggio 1978 il suo cadavere fu


ritrovato nel portabagagli di un’auto a

Roma, e da allora si discute sui retroscena di questo delitto. (8) Il


ruolo centrale in tutto questo della

loggia segreta massonica P2, di cui si parlerà con maggiori dettagli,


è sicuro. Nessuno aveva da temere
da riforme di fondo più di Gelli e dei suoi fratelli di loggia che
ricavavano ricchi profitti dalla

corruzione.

Note:

1) Sulla storia degli scandali italiani dal 1943 vedi Galli, Giorgio:
‘Staatsgeschäfte: Affären, Skandale,

Verschwörungen. Das unterirdische Italien 1943-1990’(‘Affari di


stato.L’Italia sotterranea 1943-1990:

storia politica, partiti, corruzione, misteri,scandali.’,Milano 1991)


Amburgo, 1994

2) Durante l'occupazione dell'Italia dopo la seconda guerra


mondiale gli USA si appoggiarono anche
alla mafia. Importanti mafiosi italoamericani, come ad esempio
Lucky Luciano, erano stati rilasciati nel

1943 dal carcere negli USA e inviati in Sicilia. La collaborazione


degli occupanti statunitensi con la

mafia produsse, nel vuoto economico tra il 1943 e il 1948,


soprattutto al sud, un effetto fortemente

corruttore. Il sistema di mercato nero, controllato dalla mafia,


divenne presto la base economica del

mezzogiorno. Questa palude fu anche il fondamento economico


della nuova classe politica di tutti i

partiti, sorta qui dopo il 1945.

3) La politica, che più tardi sfociò in "Gladio", cominciò


immediatamente dopo la seconda guerra
mondiale, quando l' organizzazione di spionaggio statunitense OSS
(precorritrice della CIA) promosse

anche in Italia la creazione di cosiddetti programmi "Stay-behind".


Gladio si chiamò quell'esercito di

resistenza, finanziato dagli USA e non controllato dal governo


italiano, composto di elementi fascisti e

della destra radicale, che nel caso di un'invasione sovietica


avrebbero dovuto continuare a combattere

dietro le linee nemiche.

4) Togliatti cercò di opporre resistenza al corso di centro della DC


con una strategia del fronte

popolare. Dopo che egli ebbe perduto le elezioni del 1953, il blocco
di sinistra, composto di socialisti e

comunisti, si scisse.

5) Calvi, Fabrizio , et Sisti, Leo: ‘Les Nouveaux Réseaux de la


Corruption’. Parigi 1995, p.111

6) Cuccia era originario della Sicilia e durante la guerra fu membro


del Partito d'Azione antifascista.

Insieme con Andrè Meyer della Lazard Frères (Parigi) nel 1945,
quando la stella rossa del comunismo

splendeva più fulgida, si dice si sia adoperato ad assicurare il


predominio del capitalismo mediante il

sistema finanziario. Cfr. Galli, Giancarlo: ‘Il Padrone dei Padroni.


Enrico Cuccia - Il Potere di
Mediobanca e il Capitalismo Italiano’. Milano, 1995.

(Nota nella nota: qualcuno dice che Cuccia era figlio di un padrino
della Piana degli Albanesi e che il

suo vero cognome era Cuccìa, con l'accento sulla "i".)

7) La composizione del consiglio di amministrazione alla fine del


1992 rivela nel migliore dei modi

l'importanza di Mediobanca. Membri erano tra gli altri: Gianni


Agnelli (Fiat), Carlo De Benedetti

(Olivetti), Raul Gardini (Ferruzzi / Montedison), Leopoldo Pirelli,


Antoine Bernheim (Lazard Frères),

Wolfgang Graebner (Deutsche Bank).

8) Vedi a questo proposito Raith, Werner: ‘In höherem Auftrag. Der


kalkulierte Mord an Aldo Moro’.

(‘Per ordine superiore. L'assassinio calcolato di Aldo Moro’), Zurigo,


1985

6. IL MISTERIOSO CONTO PROTEZIONE

"Ciò che portò al successo Mani Pulite" disse il procuratore


Gherardo Colombo, "fu la scoperta del

conto 633.369 Protezione presso la Schweizerische


Bankgesellschaft di Lugano. Coloro che stavano

dietro questo conto delle tangenti alla Bankgesellschaft luganese si


rivelarono i principali burattinai

della corruzione italiana" (1). Il conto Protezione collegava il


segretario socialista Bettino Craxi con il
presidente del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi, e con Licio Gelli,
il gran maestro della loggia

massonica segreta P2. L'elevato ruolo politico ed economico di


questo terzetto faceva ben capire che

qui non si trattava di un caso singolo ma del sistema delle tangenti


nel suo complesso. Anche in

Svizzera, lo smascheramento del conto Protezione alla fine di


gennaio 1993 segnò una svolta. Da quel

momento gli aiuti sistematici, forniti per decenni alla corruzione


italiana sulla piazza finanziaria

Svizzera, non poterono essere più oggetto di rimozione.

UNA VECCHIA STORIA


L'esistenza del conto Protezione era già divenuta nota nel maggio
1981. Allora Colombo e il suo

collega Giuliano Turrone indagavano contro il banchiere della mafia


Michele Sindona. Nel corso delle

indagini la Guardia di Finanza perquisì anche la villa di Licio Gelli a


Castiglion Fibocchi presso

Arezzo.(2) Nel corso di questo rastrellamento i funzionari


scoprirono una busta non appariscente con la

scritta: " Deputato Claudio Martelli", e all'interno la seguente


annotazione: "SBG-Lugano, Conto

633.369 Protezione: numero di Claudio Martelli, sul quale il


28.10.1980 all'attenzione di Bettino Craxi

per il contratto con l'ENI è stata versata, per ordine del Dr. Roberto
Calvi, una somma di 3,5 milioni di
dollari. Dopo la firma il 20.11.1980 da parte del Dr. C.R. e D.D.L.
vengono pagati ancora 3,5 milioni di

dollari." (3) Dopo che la rivista romana "L'Espresso" ebbe


pubblicato questo documento, Martelli si

preoccupò di avere una spiegazione alla SBG (Lugano) e la


ottenne, nel senso che egli non era

intestatario di un conto presso la banca né aveva beneficiato di un


bonifico. La procura romana (4)

rivolse una richiesta di rogatoria alla Svizzera per la consegna della


documentazione del conto. Al ché

l'avvocato di Lugano John Rossi, dello studio legale Tettamanti &


Spiess, a stretto giro di posta fece

ricorso in nome della SBG e dell' (allora) sconosciuto intestatario


del conto presso il Tribunale

cantonale di seconda istanza.(5) Dopodiché non successe più


nulla. Secondo dichiarazioni di Rossi i

giudici istruttori romani avrebbero archiviato il procedimento.(6)

UN GIUDICE SUPERIORE DI DEBOLE MEMORIA

Ma del misterioso Conto Protezione non ci si dimenticò. Nel 1984


giunse a Lugano una seconda

rogatoria. Questa volta da Milano da parte dei due giudici istruttori


Antonio Pizzi e Renato Bricchetti,

che indagavano contro i responsabili del Banco Ambrosiano per


sospetto di bancarotta fraudolenta. Di

nuovo l'avvocato Rossi fece ricorso a nome della SBG e


dell'intestatario sconosciuto del conto. Il

giudice superiore Claudio Lepori, presidente della Camera dei


ricorsi ticinese, tirò poi per le lunghe

questa richiesta in maniera sistematica. La domanda di rogatoria


per anni fu come dimenticata. Più

tardi Lepori non riuscì più a ricordarsi come si fosse arrivati a


questo. "Negli ambienti del palazzo di

giustizia di Lugano si viene a sapere che sotto il giudice Lepori


sono scomparsi o sono stati rinviati altri

ricorsi. è stato biasimato questo giudice venuto meno ai suoi


doveri? No. Come giudice superiore

appartenente al partito popolare cristiano-democratico, con


maggiore anzianità di servizio nel Cantone,
egli ha rinunciato nel 1992 a presentarsi al suffragio popolare
diretto per questo tribunale. Ma alla fine

dello stesso anno il Gran Consiglio Ticinese l'ha eletto nel piccolo
collegio dei giudici istruttori, che

egli da gennaio [1993] anche presiede." (7) La cortina di ferro con


cui Lepori, il giudice superiore

smemorato aveva protetto per otto anni il Conto Protezione presso


la SBG (Lugano), fu infine aperta

con forza. E precisamente da una direzione inaspettata,


precisamente da Ginevra, dove il 30 ottobre

1992 la Sasea Holding era finita in bancarotta. Il suo delegato al


consiglio di amministrazione Florio

Fiorini era già in prigione per frode nel pignoramento. Con un


ammontare del danno a circa tre miliardi
di franchi, il fallimento della Sasea diventò la più grande bancarotta
della storia economica svizzera;

del caso si parlerà ancora nei particolari.

VIENE SOLLEVATO IL VELO

Il giudice istruttore di Ginevra Jean-Louis Crochet, che guidava le


indagini contro Fiorini, perquisì alla

fine del 1992 a Montecarlo gli uffici di una piccola banca sospetta
appartenente al gruppo delle più di

300 banche collegate alla Sasea-Holding. La SI Bank a Montecarlo


si presentò come un ufficio non

appariscente, sulla cui scrivania c'era tra le altre carte una lettera
che identificava un certo Silvano
Larini quale titolare del conto Protezione a Lugano. Crochet sapeva
che in Italia fino allora 10

procuratori e la commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2 non


erano riusciti a trovare l'intestatario

del conto. Il 22 dicembre 1992 egli fece visita alla SBG (Lugano).
Più tardi ha così descritto questo

episodio: "Chiedemmo al direttore di poter prendere visione degli


estratti conto, del cui titolare

eravamo in grado per la prima volta di dire il nome. Il direttore


dichiarò che questo nome non esisteva

sulle liste della banca. Dopo che con la dovuta chiarezza gli ebbi
spiegato che avrei apposto legalmente
i sigilli alla sua banca, se non mi avesse fornito immediatamente le
documentazioni dei conti, disse

scusandosi che il conto era effettivamente esistito ma che era stato


estinto".(8) La risposta della SBG

alla visita del giudice istruttore di Ginevra fu un ricorso contro la


consegna del materiale richiesto.

"Questi documenti li avrete solo quando avrete vinto in tribunale"


disse il direttore.(9) Egli sapeva di

non avere cattive chances. L'assistenza giuridica o rogatoria


intercantonale dovette superare ostacoli

grandi quasi quanto quella internazionale. (10) Il primo procuratore


del Cantone di Ginevra, Bernard

Bertossa, si vide più tardi costretto a protestare: "è inaccettabile che


in Ticino un cantone svizzero
venga trattato come un paese del terzo mondo, ad esempio le
Filippine".(11) In un'intervista alla rivista

"L'Espresso" di Roma Bertossa ha confermato con più forza la


critica alla letargica giustizia ticinese.

(12) La risposta del primo procuratore ticinese Piergiorgio Mordasini


fu immediata: "Per quanto

concerne la rogatoria intercantonale e internazionale", disse


Mordasini, "non abbiamo bisogno di

lezioni" (13). Il 23 gennaio 1993 la radio ticinese annunciò che il


giudice superiore Michele Rusca,

successore di Lepori presso la Camera dei ricorsi, aveva respinto le


istanze della SBG a proposito del

conto Protezione, ma il rivio di anni il giudice non seppe spiegarlo.


(14) L'avvocato Rossi bloccò

immediatamente questa sentenza con un'impugnazione presso il


tribunale federale. Ma alcuni giorni più

tardi, il 7 febbraio 1993, il titolare del conto Silvano Larini si


presentò alla polizia italiana. La cosa

prese l'avvio. L'amico intimo e, come più tardi si rivelò, tesoriere di


Bettino Craxi, era scomparso nel

maggio 1992, sottraendosi ad uno dei primissimi ordini d'arresto


dell'inchiesta di Mani Pulite. (15)

Interrogato dai due procuratori Antonio Di Pietro e Pierluigi


Dell'Osso, Larini si rivelò loquace. Il suo

cliente sapeva fin troppo bene - disse più tardi un avvocato di Larini
alla stampa - che la colpa in un
affare del genere era sempre dei fuggiaschi e dei morti. Larini chiarì
anche il mistero del Conto

Protezione: Un bel giorno del 1980 egli aveva fatto una passeggiata
a Milano con i suoi due vecchi

compagni, Bettino Craxi (più tardi presidente del consiglio dei


ministri) e Claudio Martelli (poi

ministro della giustizia). Craxi mi interrogò su conti bancari


all'estero. "Io risposi: alla SBG di Lugano,

dopo di che Bettino mi chiese il numero del conto che Claudio


annotò subito su un foglietto." (16)

Questo foglietto -disse ancora Larini- poteva essere lo stesso


dell'appunto trovato nella villa di Gelli.

Quando del conto Protezione si parlò sui giornali, lui aveva


prelevato quasi tutto il denaro in contanti,
precisamente 4,7 milioni di dollari. Larini sottolineò che non aveva
tenuto una lira per sè ma aveva

sempre portato tutto a Craxi - un servizio da amico socialista nel


contesto di una militanza politica

comune decennale.

MAZZETTE PER I SOCIALISTI

A poco a poco il mistero si svelò. Il conto Protezione, di cui era


titolare Larini, serviva da stazione di

transito per tangenti del valore di sette milioni di dollari al partito


socialista italiano (PSI), guidato da

Bettino Craxi e Claudio Martelli. Chi pagava era Roberto Calvi,


presidente del Banco Ambrosiano, la
più grande banca privata italiana. Con questo denaro Calvi, vicino
alla bancarotta, acquisì un credito di

cinquanta milioni di dollari dall'impresa petrolifera di stato ENI.


L'operazione fu ordita dal Gran

Maestro della P2 Licio Gelli. Il vice dell'ENI, Leonardo Di Donna,


era membro della P2. Inoltre l'ex

comunista era insieme a Bettino Craxi e a Claudio Martelli un


leader del partito socialista (PSI). Contro

il pagamento di 7 milioni di dollari i socialisti tollerarono infine che


l'ENI, a spese del contribuente

fiscale, cedesse al malconcio Banco Ambrosiano 50 milioni di


dollari poco prima del fallimento della
banca. Fu il capo del settore finanziario dell'ENI, Florio Fiorini, più
tardi bancarottiere della Sasea a

Ginevra, a eseguire la transazione illegale. Egli non stava con i


socialisti né nella P2, sapeva tuttavia di

che cosa un tecnocrate senza partito era debitore al suo


presidente.(17) Dopo la confessione di Larini la

procura milanese aprì un'inchiesta contro Craxi e il ministro della


giustizia Martelli. Martelli lasciò

l'incarico di ministro e Craxi diede le dimissioni da segretario del


partito socialista. Il 10 febbraio 1993

i procuratori italiani interrogarono Fiorini a Ginevra. Egli confermò le


dichiarazioni di Larini.(18)

Nelle sue memorie, scritte nella prigione di Ginevra Champ Dollon,


che vennero pubblicate nel 1993
col titolo ‘Ricordàti da lontano’, Fiorini si occupa anche del Conto
Protezione. Inoltre parla di due noti

banchieri svizzeri: il presidente della SBG Nikolaus Senn e il


direttore della SBG Karl Janjoeri.

Secondo Fiorini, i due sarebbero intervenuti presso organi della


giustizia svizzera contro la rogatoria

italiana. E racconta così la storia: "Un anno dopo il mio


licenziamento dall'ENI [1981] mi chiamò

Leonardo Di Donna, il mio ex capo: Craxi voleva diventare


presidente dei ministri ed era estremamente

inquieto per via del Conto Protezione. Il vertice della SBG doveva
essere sensibilizzato ad ogni prezzo,

disse Di Donna. Il vicedirettore della SBG Romano Bertoli [a


Lugano], che gestiva il conto, era tuttavia

troppo poco importante, per ottenere qualcosa. Io invece avevo


coltivato secondo lui contatti cordiali

con i capi della SBG a Zurigo, ad esempio con il direttore generale


[Karl] Janjoeri, presidente della

holding ENI all'estero Hydrocarbons International (HIH), e con il


presidente della SBG [Nikolaus]

Senn, predecessore del primo presso la HIH. Di Donna chiese un


intervento alla SBG contro la

consegna della documentazione del conto all'Italia. E non


dimenticare -disse minaccioso- che se la

storia viene alla luce, sei nei guai anche tu. Alla fine accettai di
parlare col capo supremo della SBG,
ma volli prima essere informato con esattezza sul retroscena della
faccenda. Alcuni giorni più tardi in

uno studio notarile di Lugano (19) Di Donna mi fece conoscere


l'architetto Larini che si rivelò un idiota

completo. In confronto all'ENI, Larini usava metodi da età della


pietra. Si serviva del suo numero di

conto personale, senza mettere in mezzo una società. E ancora: I


pagamenti avvenivano senza

plausibilità economica e privi di qualsiasi legittimazione.


Maledizione, se questo Larini avesse per lo

meno stipulato in Italia un contratto di consulenza! In questo caso la


giustizia svizzera avrebbe dovuto

dimostrare che questo contratto era solo fittizio, cosa che è


praticamente impossibile. Ma se nonostante
tutto ci fosse riuscita, saremmo ricorsi ad una superperizia.[...] Nel
corso della mia visita mi riuscì

infine di convincere la SBG di non dare pubblicità eccessiva a


questa faccenda. Il dossier finì poi nelle

mani dei migliori avvocati di Lugano e al tribunale federale di


Losanna. Avemmo pure fortuna. Il

pubblico ministero ticinese a noi ostile, Bernasconi, diede le


dimissioni e fu sostituito dal Lahmsieder

Luison. Per leggere le 500 pagine di memorandum che noi


depositavamo a scopo di rinvio ogni venerdì

presso il pubblico ministero a Lugano, il poveretto aveva bisogno


ogni volta di due settimane di tempo;
Bernasconi li gettava regolarmente nel cestino della carta senza
leggerli. Passarono così gli anni e

infine Roma archiviò la richiesta di rogatoria per insufficienza di


prove" (20).

CERTIFICATO PERSIL PER LA SBG

Le denunce di Fiorini nei confronti di Senn e Janioeri fecero


straripare all' inizio dell'aprile 1993 lo

scandalo nei media svizzeri. L'addetta stampa della SBG Gertrud


Ehrismann smentì: "Queste accuse

sono prive di ogni fondamento e lesive dell'onore."(21) La SBG


avrebbe fatto allora ricorso contro la

richiesta italiana di avere visione del Conto Protezione, perché si


trattava di una questione politica
piuttosto che penale. Alla riunione generale della SBG di fine aprile
1993 allo stadio Hallon di Zurigo

un presidente Senn visibilmente agitato rispose alla domanda di un


azionista che aveva chiesto cosa

significassero le accuse di Fiorini. Egli non contestò di conoscere


Fiorini né di avere parlato con lui del

Conto Protezione. Respinse invece in maniera categorica l’accusa


di essere intervenuto presso le

autorità svizzere contro la richiesta di rogatoria. "Se quest’italiano


sostiene", disse Senn, "che i miei

rapporti con lui siano stati di natura particolarmente cordiale, è affar


suo." Sulla base delle accuse di

Fiorini si attivò anche la Confederazione confederale delle banche,


l'organo di controllo statale per una
gestione d'affari irreprensibile da parte delle banche svizzere. Dopo
un'inchiesta di due mesi la SBG

ricevette il 18 luglio 1993 dalla Commissione confederale delle


banche il certificato Persil: il conto

collettivo Protezione presso la SBG (Lugano) era stato gestito in


modo corretto senza occultare nulla e

senza irregolarità. La SBG trasse da parte sua le conseguenze: il


sistema di pagamento dei conti

collettivi cifrati per "clienti con elevate necessità di discrezione" (22)


sarebbe stato cambiato, per

ovviare alle interpretazioni errate che c'erano state. Si rinunciava al


sistema del numero collettivo
comune per una pluralità di singoli clienti, identificati con una parola
in codice. Ad ogni singolo cliente

che aveva bisogno di un conto per fare incassi o pagamenti senza


render noto il suo nome, fu assegnata

non solo una parola in codice separata ma anche un numero


separato.

DIRIGENTI DELLA SBG IN VESTE DI TESTIMONI

In Svizzera il caso Conto Protezione si considerò chiuso, per la


SBG, nell'estate 1993 con il certificato

Persil della commissione delle banche. Le cose andarono


diversamente in Italia. Nel luglio 1994 il

tribunale penale di prima istanza a Milano condannò Silvano Larini,


Bettino Craxi, Claudio Martelli,
Leonardo di Donna e Licio Gelli, a lunghe pene detentive e ad un
risarcimento danni ai liquidatori del

Banco Ambrosiano per concorso in bancarotta fraudolenta. Nel


corso delle indagini della giustizia

milanese erano stati interrogati grazie alla rogatoria anche il


presidente della SBG Nikolaus Senn e il

direttore generale della SBG Karl Janjöri. I verbali degli interrogatori


relativi a queste audizioni

rivelano che Fiorini, nel suo libro prima citato, non ha detto tutta la
verità. In effetti egli aveva parlato

del Conto Protezione alla SBG non solo dopo il suo licenziamento
dall'ENI, ma già nel 1981, ancora in

qualità di direttore finanziario dell'ente. Come il presidente della


SBG Senn ha spiegato al giudice
istruttore nel maggio 1994, che Fiorini, a lui noto come direttore
finanziario dell'ENI, gli fece visita nel

1981. Egli aveva supposto si trattasse di una faccenda che


riguardava l’ente. Ma Fiorini aveva portato

la sua attenzione sul Conto Protezione che sarebbe stato una


questione molto delicata per motivi

politici. "Io assicurai Fiorini", disse Senn, "che in Svizzera un conto


in banca era sempre protetto dal

segreto bancario, anche se era implicato in delitti punibili secondo il


diritto svizzero."(23) Inoltre Senn

disse che in seguito egli era stato informato sullo sviluppo dell'affare
solo in modo sommario da Karl
Janjöri [direttore generale della SBG]. Janjöri da parte sua dichiarò
al giudice istruttore che nell'estate

1981 Fiorini aveva affermato al telefono che in Italia erano in corso


inchieste per identificare il titolare

del conto Protezione," e mi chiese se fosse possibile tener segreta


quest'informazione. Io consigliai a

Fiorini", così Janjöri, "che l'unica cosa che il titolare o i titolari del
conto potevano fare era andare da

un avvocato, per poter difendere i loro interessi nell'ambito delle


leggi svizzere. (24) Janjöri disse

inoltre di aver parlato brevemente con il direttore della SBG


(Lugano), Amilcare Berra,(25) che gli

aveva confermato che il conto esisteva e che era in corso


un'inchiesta. Janjöri continuò: " Più tardi
Fiorini comparve di persona da me, in compagnia di Leonardo Di
Donna, un altro manager ENI che io

non conoscevo. Allora, nel 1981/82, non avevo ancora sentito il


nome di Larini. In seguito l'ho

incontrato una sola volta a Zurigo, in compagnia del direttore della


SBG Bertoli. Egli si limitò a

porgermi i saluti di Fiorini. Non so più la data esatta della visita, ma


deve essere stato un anno dopo

l'incontro con Fiorini e Di Donna. Il direttore Romano Bertoli


avrebbe sostenuto, di avere parlato

ripetutamente con me del conto Protezione, e questo è possibile,


sebbene io non me ne ricordi con

esattezza. Ma sicuramente non siamo più entrati nei dettagli. Con


Bertoli io ho regolari contatti di

lavoro. Probabilmente anche con il Dr.Senn ho scambiato alcune


parole sul conto Protezione,

sicuramente però senza soffermarmi sui particolari, perché la cosa


era di competenza della direzione

della filiale a Lugano".(26)

ASSISTENZA GIURIDICA RESTRITTIVA

Per dodici anni la SBG e Larini avevano impedito la rogatoria con


ricorsi sistematici. Forse un caso

estremo ma sicuramente non un caso unico di ostruzione. Al


contrario. Complessivamente l'Italia ha

fatto dal 1992 al 1995 più di 800 richieste di rogatoria alla Svizzera.
Una delle prime fu l'istanza

collettiva della procura di Milano del 13 Maggio 1992 presentata per


poter esaminare i documenti

bancari di 44 conti in totale, sospetti di corruzione. Contro questa


richiesta l'associazione ticinese delle

banche ha invitato il 19 maggio 1992 i suoi membri ad un ricorso


comune.(27) Tre anni più tardi, il 19

maggio 1995, il procuratore milanese Colombo rispose alla


domanda se la Svizzera avesse trattato i

ricorsi del 13 maggio con sollecitudine: "Molte risposte e documenti


non sono ancora pervenuti. Anche

delle documentazioni bancarie richieste successivamente è giunta


solo una piccola parte." (28) I motivi
della lentezza dell'assistenza legale svizzera sono le possibilità di
ricorso quasi sconfinate contenute

nella legge federale sulla rogatoria internazionale in materia penale.


(29) Le persone coinvolte possono

non solo impugnare la decisione di principio, ma anche opporsi


ripetutamente alla trasmissione di ogni

singolo documento finché non si arrivi all'ingiunzione del tribunale


federale.(30) In linea di principio la

Svizzera, conformemente all'articolo 3 comma 3 della legge sulla


rogatoria, non concede alcuna

assistenza giuridica nel caso di evasione fiscale, per violazione


delle disposizioni valutarie e per

contravvenzione alle leggi commerciali. Nonostante questa


complessa situazione giuridica non ci sono
nè libri di testo né commenti alle leggi, e le sentenze praticamente
non vengono mai pubblicate.(31)

Nell'estate 1996 mancava ancora una statistica nazionale della


rogatoria. L'Ufficio federale di polizia a

Berna ha indicato un numero forfettario di richieste di assistenza


legale compreso tra 15.000 e 20.000.

Nel gennaio 1990 il consiglio federale aveva deciso il riesame della


legge per la rogatoria in vigore dal

1983. Solo cinque anni più tardi, nel dicembre 1995, questa
revisione della legge è stata infine discussa

al consiglio nazionale, la prima Camera. Il Consiglio nazionale


approvò una limitazione delle
possibilità di ricorso e inserì nella legge la disposizione che
l'assistenza legale di regola doveva

avvenire entro nove mesi. La rogatoria in caso di evasione fiscale fu


respinta con 100 voti contro 62.

(32) Nel 1996 l'entrata in vigore della legge si presentava ancora


quanto mai lontana.

Note:

1) Conversazione di Colombo con Gian Trepp e Paolo Fusi, il 2


agosto 1994.

2) Il principale ritrovamento durante questo rastrellamento fu


l'elenco dei membri della loggia

massonica segreta P2, di cui si parla ancora più avanti.


3) "La Repubblica", 26. 1. 93

4) A Roma per il fatto che le indagini per lo scandalo P-2 erano


state sottratte ai procuratori progressisti

Gherardo Colombo e Giuliano Turrone di Milano e trasferite a


Roma. La procura romana era

considerata allora in Italia "porto delle nebbie", perché indagini


contro persone d'alto rango spesso vi si

trascinavano fino alla prescrizione.

5) Gli avvocati Tito Tettamanti e Giangiorgio Spiess lavorarono


dall'inizio degli anni '60 in uno studio

comune. Alla fine degli anni '80 Tettamanti si ritirò, nel 1994 Spiess
fuse il suo studio con quello di
Gianfranco Cotti.

6) "Corriere della Sera", 27.1.93

7) "Tages-Anzeiger", 17.2. 93

8) "Le Nouveau Quotidien" , 24. 1. 93

9) ivi

10) Da allora numerosi cantoni hanno aderito ad un concordato


sulle rogatorie che permette alle

autorità responsabili di ognuno di questi di intervenire anche in altri


cantoni. Con ciò viene meno la

rogatoria intercantonale.
11) "Le Nouveaux Quotidien", 24.1.93

12) "L'Espresso", 26.9.93

13) "La Regione", 23.9.93 (apparsa due giorni dopo l' "Espresso"
predatato)

14) "Neue Zürcher Zeitung", 27.1.93

15) Nel marzo 1994 venne denunciata a Milano una serie di ditte e
persone per corruzione in relazione

all'assegnazione degli appalti per la costruzione della linea 2 della


metropolitana milanese. L'accusa

imputa a diverse grandi industrie come la ABB, la Siemens e la


Ericsson, di avere corrotto alti
funzionari statali e funzionari di partito con una somma equivalente
circa a 8 milioni di franchi. Tra gli

imputati ci sono oltre a Bettino Craxi e a Silvano Larini anche il


manager dell’ ABB Werner Huber di

Aargau, nel frattempo morto.

16) "Corriere della Sera", 11.2.93

17) Grazie ai 7 milioni di tangenti, che col favore di Gelli riuscì a


spremere al malconcio Banco

Ambrosiano, Craxi fu in grado di diventare il dittatore del Partito


Socialista. Il denaro pervenuto

attraverso l'allora tesoriere ufficiale del partito, servì a Craxi ad


eliminare l'opposizione di sinistra e a
prendere il potere. Vicepresidente del partito divenne Claudio
Martelli, fino allora praticamente

sconosciuto. Nei dieci anni successivi Craxi e Martelli ebbero un


ruolo di primo piano nel fare della

corruzione in Italia un sistema di dimensioni nazionali.

18) "Corriere della Sera", 11. 2. 93

19) Avvocato John Rossi dello studio Tettamanti & Spiess

20) Fiorini, Florio: ‘Ricordàti da lontano’, Milano, 1993, p.76 segg.

21) "Tages-Anzeiger", 7.5.93

22) "Sonntagszeitung", 18.7.93


23) Citazione dal testo della sentenza pubblicata nel libro: ‘UBS
Lugano 633369 Protezione’. Milano

1996, p.32 segg.

24) ‘UBS Lugano 633369 Protezione’. Milano 1996, p.35

25) Amilcare Berra fece parte per alcuni anni, dopo il


pensionamento, della commissione delle banche.

26) ‘UBS Lugano 633369 Protezione’. Milano 1996,p.37

27) "Tages-Anzeiger", 17.2.93

28) "Tages- Anzeiger", 19.5.95

29) L'affare Marcos, il caso di rogatoria certamente più noto della


Svizzera, dimostra in modo
esemplare come la legge sulla rogatoria favorisca coloro che
presentano il ricorso. Il 24 marzo il

Consiglio federale, in base alla costituzione federale, congelò i fondi


del clan Marcos in Svizzera, circa

500 milioni di franchi, soprattutto alla Kreditanstalt, alla Volksbank e


alla Bankgesellschaft. Gli

avvocati del clan Marcos e delle banche organizzarono una vera e


propria cascata di ricorsi e si

rivolsero più di cinquanta volte al tribunale federale. Con ciò la


decisione di principio della consegna di

documenti bancari alle Filippine fu procrastinata di cinque anni fino


al 1991. In effetti, fino all'estate
1996 il denaro non era stato ancora rimborsato alle Filippine.

30) Nel 1993 il procedimento di rogatoria svizzero era regolato


giuridicamente in numerosi trattati

internazionali e in due leggi federali. I più importanti trattati


internazionali sono la Convenzione

europea del 1959 per l'Europa occidentale e il trattato


internazionale con gli USA degli anni '70.

Esistono inoltre numerosi trattati singoli che risalgono in parte


ancora al secolo scorso. Le due leggi

sono la legge federale sulla rogatoria internazionale in materia


penale e la legge federale per la

rogatoria con gli USA. La posizione privilegiata degli USA, in


relazione alla rogatoria, si manifestò
anche nella centralizzazione della rogatoria USA presso l'Ufficio
federale di polizia a Berna, per tutti

gli altri stati sono competenti i cantoni.

31) Secondo la lista di controllo dell' Ufficio federale di polizia


(1994) una richiesta di rogatoria

doveva comprendere quattro punti: 1. il fondamento giuridico della


richiesta d'aiuto; 2. la persona di

cui si tratta; 3. l'autorità che richiede la rogatoria; 4. una breve


definizione del fatto. La rogatoria può

includere l'estradizione di persone, l'appoggio ad un procedimento


penale all'estero, l'azione penale

sostitutiva o l'esecuzione di decisioni amministrative infliggenti una


pena.
32) "Neue Zürcher Zeitung", 21.12.95

7 ENI - LA MADRE DELLA CORRUZIONE ITALIANA

L'ENI, Ente Nazionale Idrocarburi, era nel 1993 l'ottavo complesso


industriale per l'energia al mondo.

Aveva un capitale di 7,1 miliardi di dollari, un volume d'affari di 44,2


miliardi di dollari, e 132.000

dipendenti.(1) La multinazionale, attiva in campo energetico a livello


mondiale, era suddivisa in dodici

società settoriali, le più importanti delle quali erano l'Agip


(prospezione del petrolio e raffinerie), Agip

Petroli (distributori di benzina), Snam (gas naturale), Enichem


(petrochimica), Saipem (trivellazioni
profonde, costruzione di oleodotti), Snamprogetti (costruzione di
impianti per petrochimica e gas

naturale) e Enirisorse (materie prime).(2) L'attività quotidiana


dell'ENI era diretta da un "Giunta

esecutiva", composta da cinque persone, che risiedeva nel


grattacielo ENI in Piazza Enrico Mattei alla

periferia di Roma. Presidente e vicepresidente di questa giunta


erano anche a capo di un Consiglio di

amministrazione di cui facevano parte rappresentanti dei più diversi


ministeri. All'inizio del 1993 era

presidente il socialista Gabriele Cagliari, il suo vice si chiamava


Alberto Grotti.

VENTI MILIONI DISPERSI A ZURIGO


Nella primavera del 1990 una società milanese di nome Piico
denunciò la Saipem, collegata all' ENI,

per appropriazione indebita.(3) Le inchieste triennali del procuratore


Gherardo Colombo diedero come

risultato che questo denaro era scomparso, senza lasciar traccia,


alla Saipem AG di Zurigo. Il 13

febbraio 1993 il procuratore Colombo fece arrestare il delegato del


Consiglio di amministrazione della

Saipem, Paolo Ciaccia, per sospetto di appropriazione indebita.


Una settimana prima Silvano Larini,

titolare del Conto protezione e manager personale in fatto di


tangenti del segretario del partito socialista
Craxi, dopo una fuga di alcuni mesi si era costituito alla polizia
italiana. Larini, che faceva parte anche

del Consiglio di amministrazione della Snamprogetti, collegata


all'ENI, fu molto loquace. Ai

procuratori di Mani Pulite, Gherardo Colombo e Antonio Di Pietro,


era stato chiaro, già dopo il primo

interrogatorio, che avevano smascherato la corruzione dell'ENI.


Larini e Ciaccia fecero a gara a chi

faceva più confessioni. Ciaccia raccontò ai procuratori anche di un


misterioso tesoriere di fondi neri

ENI di nome Pierfrancesco Pacini Battaglia e della sua Banque


Karfinco a Ginevra. Disse di aver visto

come Vincenzo Balzamo, il cassiere del Partito socialista, nell'


ufficio romano di Battaglia aveva
ritirato mazzette in contanti.(4) Il 17 febbraio e ancora il primo
marzo 1993, il procuratore Colombo

emise un mandato d'arresto contro Pacini Battaglia per sospetto di


concorso in truffa e appropriazione

indebita. Il 10 marzo 1993 Battaglia si presentò infine


all'interrogatorio. Dopo una prima audizione fu

rilasciato con la promessa di tenersi ulteriormente a disposizione. Il


collega di Colombo, il procuratore

Di Pietro, interrogò ancora tre volte Pacini Battaglia nel marzo


1993. Il tesoriere dei fondi neri e la sua

Banque Karfinco a Ginevra sono qui oggetto di un capitolo a parte.


Per completare le rivelazioni, in

quei giorni storici del febbraio 1993, i procuratori milanesi erano


andati anche a Ginevra. Lì era in

prigione Florio Fiorini che parlò con franchezza dei tempi in cui era
stato direttore finanziario dell'ENI,

fino al 1982. Tra il 1972 e il 1982 egli avrebbe trasferito ai partiti


italiani di governo a Roma, mese per

mese, secondo un codice prestabilito, qualche centinaio di migliaia


di dollari.(5)

IN PRIGIONE!

Poi gli eventi precipitarono. L'8 marzo fu arrestato il presidente


dell'ENI Gabriele Cagliari. Contro di

lui alla Procura di Roma era già in corso un procedimento per


possibile coinvolgimento nel caso delle
tangenti Enimont, chiamato dai media italiani "la madre di tutte le
tangenti". Qui se ne parla a parte più

avanti. Due giorni dopo il loro capo Cagliari anche il presidente


della Saipem Gianni Dell'Orto, il

presidente della Snam Pio Pigorini e il presidente dell'Agip Raffaele


Santoro, finirono nel più che

centenario carcere milanese di San Vittore. Dovettero andare in


prigione anche il presidente della

Saipem Italia, Carlo Fiore, e il presidente della Snamprogetti Mario


Merlo. Dalla Guardia di Finanza

vennero perquisite le sedi delle ditte Saipem, Snam e


Snamprogetti, situate a San Donato presso

Milano. Più di mille dipendenti furono costretti a rimanere per


parecchie ore fuori del loro posto di
lavoro. Alla fine di marzo il ministro socialista delle finanze Franco
Reviglio dovette dare le

dimissioni. Era stato il predecessore di Gabriele Cagliari come


presidente dell'ENI. Anche Reviglio fu

coinvolto nello scandalo perché si supponeva implicato nel


pagamento di tangenti della Saipem in

Nigeria e in Irak. Negli ingranaggi di Mani Pulite finirono tutta una


serie di direttori ed ex direttori. Tra

di loro anche Renato Marnetto che confessò di aver pagato all'inizio


degli anni '70 venti milioni di

dollari al numero due della Libia, il colonnello Jalloud, per impedire


la statalizzazione di Agip Lybia.

(6) All'inizio di aprile erano in prigione complessivamente undici top


manager dell'ENI e delle loro

società settoriali; venivano loro imputati falso in bilancio, pagamenti


di tangenti e infrazioni alla legge

di finanziamento dei partiti. Il quadro che i procuratori misero infine


insieme, in base alle deposizioni

di questi, rivelò una corruzione di proporzioni gigantesche e non


meno la predisposizione strutturale

delle aziende di stato alla piaga delle tangenti e ai fondi neri.

VOCE DI BILANCIO "MAZZETTE"

Nell'estate 1993 il presidente ad interim dell'ENI, Franco Bernabè,


passò all'offensiva. Ad eccezione di

Gabriele Cagliari che si era suicidato in carcere i dirigenti dell' ENI


furono liberati. Furono sostituiti

insieme ai loro clan da un nuovo management. Alle riunioni generali


delle società collegate Saipem e

Nuovo Pignone vennero presentati per la prima volta in Italia bilanci


con la voce: conto "tangenti".(7)

In base a questo, Nuovo Pignone, la società per costruzioni


meccaniche collegata all'ENI, nell'anno

finanziario 1989/90 aveva pagato tangenti per circa quattro miliardi


di lire a partiti politici, secondo il

cambio d'allora 4, 5 milioni di franchi. Inoltre, dal 1987 al 1990


aveva fatto pervenire ad altre società

settoriali dell'ENI tangenti per 21 miliardi di lire. La Saipem, da parte


sua, espose dettagliatamente
nella relazione d'accompagnamemto al bilancio 1992 di avere
versato all'estero "commissioni e

provvigioni di intermediazione" per 128,58 milioni di dollari. Di


questo denaro presumibilmente 21,6

milioni di dollari sarebbero rifluiti a partiti italiani. Il presidente


uscente della Saipem Gianni Dell'Orto

spiegò di essere stato praticamente costretto a pagare tangenti


perché senza di esse la Saipem non

avrebbe ricevuto ordini né dallo stato né dall'economia privata.


Destinatario delle tangenti sarebbe stato

in gran parte Pierfrancesco Pacini Battaglia e la sua Banque


Karfinco a Ginevra. Inoltre la società

collegata svizzera Saipem AG (Zurigo) avrebbe sborsato 50,83


milioni di dollari di "commissioni e
provvigioni d'intermediazione". Il presidente dell' ENI Franco
Bernabè mezz'anno più tardi fece

ammontare la cifra complessiva delle tangenti, che Saipem, Nuovo


Pignone e Snamprogetti avevano

pagato dal 1985 al 1992, a 500 miliardi di lire, secondo il cambio


d'allora più di 500 milioni di franchi.

(8) Anche Bernabè sottolineò il ruolo avuto in ciò da Pacini Battaglia


a Ginevra che aveva

amministrato e trasferito la gran parte di questo denaro. Le


dichiarazioni dei massimi dirigenti dell'ENI,

per non parlare delle confessioni dei loro galoppini (Fiorini, Ciaccia
e Pacini Battaglia), non lasciano il
minimo dubbio che l'ENI avesse in Svizzera, accanto alle società
legali collegate, una struttura segreta

illegale. Senza i buoni servizi della piazza finanziaria Svizzera, il


sistema di tangenti ENI non avrebbe

potuto funzionare. Ma prima di esaminare in maniera approfondita


questa struttura segreta si deve

considerare brevemente la storia dell'ENI.

LA STORIA DI UN'AZIENDA DI STATO

L'ENI era una creazione di Enrico Mattei. Nel 1945, subito dopo la
fine della guerra, Mattei, un capo

partigiano antifascista del gruppo cristiano, aveva ricevuto dal


governo provvisorio postbellico
l'incarico di liquidare le holding di stato fasciste Agip (benzina) e
Snam (gas). Ma dopo che grandi

ritrovamenti di metano in Lombardia e, tre anni più tardi, in Emilia


avevano procurato alla Snam una

propria base di approvigionamento di gas naturale, Mattei non


voleva più saperne di una liquidazione.

Voleva invece assicurare al suo gruppo Agip/Snam il diritto


esclusivo allo sfruttamento e alla

commercializzazione di questi giacimenti di gas. Per rendere


appetibile ai politici un simile monopolio,

Mattei, divenuto nel frattempo parlamentare democristiano, riesumò


le idee autarchiche e

corporativistiche di Mussolini.(9) Nell'agosto 1949 il congresso


nazionale DC approvò la sua proposta
di un'agenzia statale per l'energia al fine di assicurare
l'indipendenza dell'Italia nel settore dei

combustibili fossili. Tra gli avversari di Mattei interni al partito, c'era


anche il padre fondatore della DC

Don Luigi Sturzo, un prete siciliano. Il carismatico antifascista


cattolico era considerato allora l'autorità

morale della politica italiana. (10) "Non si può essere


contemporaneamente controllore politico e

manager responsabile di un gruppo industriale statale, vale a dire di


denari pubblici", scrisse Don

Sturzo nel 1949 sul settimanale cattolico "Via". (11) Con ciò il
sacerdote cattolico aveva previsto quasi

profeticamente la futura corruzione dell'ENI. Sebbene nel 1952 Don


Sturzo si scagliasse in senato

contro un'agenzia statale per l'energia e i conflitti d'interesse di


Mattei in quanto politico e manager,

l'ENI fu infine fondata ufficialmente nel febbraio 1953.

L'ENI SI ESPANDE

Conformemente alle sue idee autarchiche Mattei voleva rendere


indipendente la crescente sete di

petrolio greggio delle raffinerie Agip dalle sette società petrolifere


anglosassoni che dominavano i

mercati, le cosiddette "sette sorelle". (12) Egli stipulò contratti diretti


di fornitura con i paesi produttori.

Non solo nel vicino oriente ma - nel pieno della guerra fredda -
anche con l'Unione Sovietica e la Cina.

Dall'Iran nazionaldemocratico, sotto il primo ministro Mossadeq,


Mattei comprò all'inizio degli anni

'50, nonostante il boicottaggio USA, grandi quantità di petrolio


greggio. Dopo che Mossadeq era stato

fatto cadere dai servizi segreti CIA, Mattei cominciò ben presto a far
affari anche con lo scià.Per la

prima volta un acquirente straniero lasciò al produttore di petrolio il


75% del guadagno. Il sistema

corrente di ripartizione delle sette sorelle era allora fifty-fifty. Mattei


trattava anche con il presidente

dell' Egitto Nasser, con re Idris el Senussi di Libia e con il Fronte di


liberazione algerino FLN già prima
che andasse al potere. Nel frattempo il peso economico dell'ENI in
Italia continuava a crescere. Il logo

Agip con il cane a sei zampe che sputa fuoco divenne simbolo di
sviluppo economico in tutto il paese.

Mattei fondò società per la prospezione di gasolio e la costruzione


di oleodotti, per la produzione e la

vendita di gas, per la costruzione di turbine a gas e anche


innumerevoli ditte minori. Sul mercato

italiano della benzina la concorrenza straniera fu emarginata. L'Agip


e l'IP-Petroli (Ex-BP), da questa

controllata, e Monte-Shell, la Joint-venture tra Montedison e Shell,


dominavano all' inizio degli anni

'90 più della metà del mercato della benzina , dopo che controlli dei
prezzi, crisi valutarie e scandali
avevano scacciato dal mercato italiano Shell e BP negli anni '70 e
Gulf, Texaco, Chevron, Elf, Total,

Amoco e Mobil negli anni '80. Ma l'ascesa dell' ENI è lastricata di


tangenti. Di più, il giornalista

conservatore di destra Indro Montanelli ha definito Mattei il vero e


proprio padre fondatore del sistema

italiano delle tangenti chiamato più tardi "Tangentopoli". Mattei


stesso avrebbe detto una volta: "I

partiti politici io li uso come se fossero un taxi, una volta arrivato alla
meta, scendo." Di lui si dice

anche che nel 1955 abbia contribuito con tangenti in maniera


decisiva all'elezione di Giovanni Gronchi
a presidente della repubblica. Il suo modo abituale di gestire il
finanziamento in nero dei partiti è stato

descritto ai procuratori milanesi nell'estate 1993 da Eugenio Cefis,


suo successore come presidente

dell'ENI: "Pagava i partiti solo alla terza richiesta e dava al massimo


dal 25 al 30% della cifra pretesa".

(13)

DELITTO O INCIDENTE ?

Il 27 ottobre 1962 Enrico Mattei morì, precipitando con il suo aereo


privato in arrivo all' aereoporto

milanese di Linate. Sulla sua morte non si è ancora finito in Italia di


discutere. Ufficialmente la caduta
fu causata da forti raffiche di vento durante un temporale
all'atterraggio. Un'altra tesi sosteneva che il

servizio segreto CIA aveva sabotato l'aereo con l'aiuto della mafia
siciliana per togliere di mezzo il

fastidioso concorrente delle multinazionali petrolifere anglosassoni


e insieme il petroliere politicamente

non corretto. Nell'estate 1993 fecero nuovamente il giro della


stampa italiana notizie che rafforzavano

la tesi dell'attentato. Le informazioni erano divenute di dominio


pubblico nel corso di un'inchiesta

contro il corrotto servizio segreto militare italiano SISMI. Il pilota


dell'aereo di Mattei sarebbe stato

chiamato al telefono nella torre di controllo dell'aereoporto di


Catania poco prima del decollo. Quando
andò all'apparecchio, non gli rispose nessuno. Mentre il pilota si
trovava nella torre di controllo, tre

uomini avrebbero simulato di ispezionare l'aereo. Al Carabiniere


che faceva la guardia all'aeroplano,

uno disse: "Sono il capitano Grillo, dobbiamo fare un controllo." Né


il pilota Irneri né Mattei ne erano

stati informati. (14) Anche l'ex mafioso pentito Tommaso Buscetta


ha dichiarato che la mafia siciliana

aveva sabotato l'aereo di Mattei per ordine della mafia degli


USA.(15) Oltre alla CIA, Mattei aveva

molti nemici in Italia e all'estero che attentavano alla sua vita: ad


esempio l'organizzazione francese

terrorista di destra dei Francesi d'Algeria ( OAS). Questa odiava


Mattei perché conduceva trattative con

i ribelli algerini per forniture di petrolio. Che si sia trattato di una


disgrazia o di un assassinio, la morte

di Mattei non ha fermato l'ulteriore ascesa dell'ENI.

I SOCIALISTI SI PRENDONO L'ENI

Aldo Moro nel 1963 portò i socialisti al governo e furono quindi


assegnati loro anche posti quadro nel

settore statale. Nel putsch interno di Bettino Craxi contro l'ala


sinistra del PSI, nel 1976, i due

transfughi della sinistra PSI Giorgio Mazzanti e Leonardo Di Donna


vennero gratificati con un alto

incarico all'ENI: Mazzanti diventò presidente, Di Donna


vicepresidente. I due erano anche membri

della loggia massonica P2 di Licio Gelli. (16) Mazzanti dovette


dimettersi già nel 1979 dopo un breve

periodo di servizio: era ormai di dominio pubblico che la società


Petronim, collegata all'ENI, aveva

pagato una tangente di 100 miliardi di lire per un contratto di


fornitura di più di dieci milioni di

tonnellate di petrolio greggio proveniente dall'Arabia Saudita. Con la


forte crescita dell'ENI aumentò

anche il suo bisogno di divise. Gli acquisti di petrolio greggio


dovevano pagarsi in dollari, mentre le

entrate legate alla vendita di benzina risultavano soprattutto in lire.


Alcune società collegate,
concorrenziali a livello internazionale, come ad esempio la Saipem,
che aveva successo con la

costruzione di oleodotti subacquei, producevano non trascurabili


redditi in dollari, ma questi non

bastavano a pagare le importazioni miliardarie di petrolio greggio.


La gran parte dei dollari necessari

l'ENI dovette procurarseli vendendo lire all'estero. Gli affari con


l'estero erano concentrati nel Palazzo

di vetro in Piazzale Mattei a Roma. Qui il direttore finanziario


dell'ENI elaborava i piani finanziari

internazionali, gestiva l'acquisto di divise e coordinava la


collaborazione con le banche nazionali e

internazionali delle società consociate.


IL RUOLO DI EUGENIO CEFIS

Architetto dell'ascesa fu negli anni '60 Eugenio Cefis che durante la


guerra aveva combattuto, come

Mattei, con i partigiani cristiano-democratici. Cefis aveva compiuto


gli studi all'Accademia militare

fascista di Modena e nell' autunno 1944 fu sottotenente nella


Repubblica partigiana di breve vita in Val

d'Ossola. Qui egli fece conoscenza con l'agente dei servizi segreti
inglesi John McCaffery, più tardi

socio della Hambros Bank di Londra, che faceva affari con Sindona,
il banchiere della mafia. (17) Il 18

ottobre 1944 presso Bagni di Craveggia a Centovalli, Cefis cercò


rifugio in Svizzera insieme con 256
uomini e donne (18). Dopo aver atteso la fine della guerra nel
sicuro esilio svizzero, cosa che più tardi

gli tirò addosso critiche, Cefis tornò a Milano. Negli anni '50 diventò
il braccio destro di Mattei. Al

culmine delle dispute dell'ENI con le multinazionali petrolifere


americane, nel 1961, Cefis disertò.

Dopo la morte di Mattei un anno più tardi il governo lo nominò di


nuovo vicepresidente dell'ENI e nel

1967, infine, presidente. Nel 1971 egli lasciò definitivamente l'ENI e


diventò presidente della holding

chimica milanese Montedison. Ora era uno degli uomini più potenti
uomini d'Italia, capo del secondo
maggior gruppo industriale italiano dopo l'ENI. Grazie al suo
passato nell'ente idrocarburi poteva

contare su un filo diretto con l'economia pubblica che gli forniva


capitale a buon prezzo per la sua

espansione. Cefis voleva infrangere i vincoli nazionali e trasformare


la società per azioni Montedison

in un'impresa chimica globale a gestione privata. Inoltre egli cercò


anche di manipolare la stampa in

grande stile. Mentre in pubblico negava ogni interesse per il


controllo di giornali, nel 1974 comprò

partecipazioni alla "Gazzetta del Popolo" di Torino, al "Messaggero"


di Roma e al "Corriere della Sera"

di Milano. Con un impiego mirato della pubblicità per inserzioni, la


Montedison cercava di
condizionare anche l'informazione di alcuni altri giornali, ad
esempio del "Borghese" di Giorgio

Pisanò, settimanale romano, cattolico di destra e di "Paese Sera" di


Giorgio Terenzi, giornale romano

comunista. Terenzi incassava anche le tangenti che l'ENI doveva


pagare ai comunisti italiani quando si

concludevano contratti con l'Unione Sovietica. Con il "Corriere della


Sera" Cefis aveva addirittura

stipulato un contratto che assicurava quote per la pubblicità di per


lo meno 2,5 miliardi di lire in

cambio della “completa e realisticamente obiettiva" considerazione


degli interessi del gruppo

Montedison nella parte redazionale del giornale. (19) Questi


ambiziosi piani espansionistici fallirono

infine con la recessione economica mondiale iniziatasi nel 1974. "Il


distruttore dell' industria chimica

[italiana]" (20) andò in esilio a Zurigo nel 1976.(21)

SALUTI E BACI DA MOSCA

Nella primavera 1993 Cefis fu interrogato in maniera approfondita


dal pubblico ministero Dall'Osso sul

conto Protezione. Cefis parlò dell'acquisto del quotidiano "Il


Messaggero" e del tentato acquisto del

"Corriere della Sera" da parte della Montedison, ma soprattutto


delle tangenti che l'ENI per desiderio

del Cremlino aveva pagato al partito comunista italiano. (22) La


rivista "L'Espresso" pubblicò più tardi

il protocollo delle sue dichiarazioni su una supertangente di 12


milioni di dollari, da lui pagata nel

dicembre 1969. "Coordinai l'azione con il direttore generale dell'ENI


Angelo Fornaca", disse Cefis.

"Dall'altra parte avevamo a che fare con l'ambasciatore russo a


Roma Rijov e Amerigo Terenzi,

direttore della stampa comunista italiana. Per forniture di gas del


valore di un miliardo di dollari, la

Snam avrebbe dovuto pagare al PCI dodici milioni di dollari.


Agostino Diana della holding straniera

dell'ENI a Zurigo Hydrocarbons International, eseguì la transazione.


Terenzi ci indicò un conto cifrato
di una banca svizzera il cui nome mi è sfuggito. Il conto
apparteneva ad un istituto del Liechtenstein di

nome Rodetta, chi ci fosse dietro non lo sapevo. (23) Stupisce che
quella vecchia volpe di Cefis dopo

25 anni sia in grado di ricordarsi di tutti i dettagli tranne che del


nome della banca svizzera che allora

serviva da stazione di transito.

SOCIETA' LEGALI DELL'ENI IN SVIZZERA

Per operazioni in valuta e altre operazioni finanziarie, l' ENI creò nel
corso degli anni una rete

gigantesca: circa 200 società straniere che giuridicamente erano


riunite sotto il tetto dell'ENI
International Holding (Amsterdam). Questa aveva un' importante
centrale operativa nella

Bahnhofstrasse a Zurigo: la Hydrocarbons International Holding


(HIH). Fondata nel marzo 1963, la

HIH era la prima società finanziaria dell'ENI in Svizzera. Un anno


dopo la morte di Enrico Mattei,

Eugenio Cefis e il suo braccio destro Raffaele Girotti passarono all'


estero. Le formalità di fondazione a

Zurigo le sbrigò il bibliofilo zurighese Albert Ronc, che più tardi


doveva fondare in Svizzera altre

società ENI. (24) Nel primo consiglio di amministrazione della HIH


c'erano accanto a Cefis, Girotti e

Ronc anche Hermann Budich, direttore generale della


Schweizerische Bankgesellschaft (SBG), inoltre
il direttore della SBG Richard Schait e l'avvocato di Zurigo Werner
L. Scherrer.(25) La SBG sottolineò

l'importanza di questo mandato, facendosi rappresentare da un


direttore generale. A Hermann Budich

seguì Nikolaus Senn e infine Karl Janjöri. (26) La centrale dell'ENI a


Roma delegava di volta in volta

da due a tre quadri direttivi al consiglio d'amministrazione di Zurigo,


uno dei quali ricopriva l'incarico

di vicepresidente. Così Florio Fiorini fu dal 22 agosto 1977 fino


all'ottobre 1982 vicepresidente della

HIH. Tra il 1981 e il 1987 anche l'avvocato Ettore Tenchio (ex


presidente della Banca della Svizzera
Italiana) era membro del consiglio di amministrazione della HIH. La
HIH di Zurigo aveva dal punto di

vista legale tre società collegate, precisamente la International


Bank dell'ENI, la HIH Luxemburg e la

Finas Versicherung, l' assicurazione Finas. Le attività di queste tre


società non erano tuttavia controllate

a Zurigo. L'ENI International Bank con sede legale a Nassau,


Bahamas, aveva gli uffici a Montecarlo e

nel 1991 vantava un capitale di 160 milioni di dollari e un importo di


bilancio di 4,2 miliardi di dollari.

(27) Era una tipica banca offshore, dunque un istituto le cui attività
sono completamente sottratte

all'attività di sorveglianza del paese (economico) d'origine. (28)


Anche la Finas Assicurazioni era una
struttura analoga. Aveva il reparto contabilità a Montecarlo, ma
veniva di fatto gestita dalla Saipem a

San Donato Milanese. (29) Accanto all'HIH c'erano in Svizzera


all'inizio degli anni '90, una buona

dozzina di altre società ENI con un capitale complessivamente di


più di un miliardo di franchi. Si

dividevano in tre gruppi: holding finanziarie, società di distribuzione


e società per la gestione delle

attività internazionali delle affiliate ENI. Le più importanti erano il


gruppo Saipem a Zurigo (Saipem

AG Zurigo e Saipem International), il gruppo Snamprogetti a


Ginevra (Snamprogetti e Snamprogetti

International) e la Snam International Holding a Ginevra. La Saipem


era stata fondata un anno dopo la

HIH dal collaudato duo Ronc e Scherrer. Scherrer entrò nel


consiglio di amministrazione, mentre Ronc

aveva funzioni di controllo. Come banca di riferimento della Saipem


fu scelta la SBG. Il consiglio

d'amministrazione della Saipem era strutturato come quello dell'HIH


e precisamente era composto di

manager dell'ENI, rappresentanti della SBG e governatori dell'ENI


svizzera. Basti qui ricordare

brevemente i nomi più importanti: Giancarlo Cappello entrò nel


comitato nel novembre 1973 e un anno

più tardi la sua Curator Revision fu scelta come ufficio di controllo


legale. Di una revisione contabile
indipendente non si poteva qui parlare. Nel luglio 1980 fece la sua
comparsa nel consiglio

d'amministrazione il direttore della SBG Karl Janjoeri e nel maggio


1988 il marito della consigliera

federale Hans W. Kopp fu eletto presidente. Per lungo tempo Kopp,


condannato dal tribunale federale

nel caso Trans KB per frode e falsificazione di documenti, non ebbe


molto da rallegrarsi del suo

incarico presso la corrotta holding di stato italiana. Dopo le


dimissioni di sua moglie egli fu sostituito,

il 19 dicembre 1988, dall'avvocato di Chur e allora consigliere delle


corporazioni di Buend, Luregn

Mathias Cavelty. Nel 1993 la Saipem AG (Zurigo) aveva un capitale


di 130 milioni di franchi.
Presidente era Cavelty, delegato del consiglio di amministrazione
era Nicola Grillo mandato a Zurigo

dalla centrale di Milano. Si aggiunsero poi il presidente della


Saipem Gianni Dell'Orto, il topmanager

dell'HIH Agostino Diana e il manager romano dell'ENI Cesare


Pessina ed inoltre gli svizzeri: Karl

Janjoeri, Giancarlo Cappello, Adriano Cavadini, Albert Ronc e Alois


Ehrler, un manager del gruppo

Curator di Cappello. Già nel dicembre 1985 la Saipem AG di Zurigo


aveva creato una succursale, la

Saipem International. In questa società furono parcheggiate le


azioni di diverse filiali internazionali,
come l'Iran Saipem (Teheran), la Saipem Argentinia (Buenos
Aires), la Saipem UK (Londra), la Saipem

Nigeria (Lagos) e la Saipem Saudi Arabia (Riad). Nel 1992 la


Saipem International aveva un capitale di

224 milioni di franchi. Presidente era il presidente zurighese della


Saipem Gianni dell'Orto, del

consiglio d'amministrazione facevano parte Karl Janjöri, Albert


Ronc, Giancarlo Cappello, Luregn

Mathias Cavelty, Alois Ehrler, Cesare Pessina, il manager della


Saipem milanese Fortunato Lo Presti e

Giorgio della Flora della centrale della Saipem nel sobborgo


milanese di San Donato detto

"Metanopoli". La Snamprogetti SA (Ginevra) fu fondata nel 1964 e


aveva un capitale di 10 milioni di
franchi, la Snamprogetti International SA ne aveva uno di 63,8
milioni di franchi. Presidente della

prima Snamprogetti fu Francesco Chiariello, uomo di punta della


casa madre milanese. Delegati del

consiglio di amministrazione erano i due italiani Romulo Chiari e


Borromeo Peschiera. Nel consiglio di

amministrazione erano presenti, oltre ai già noti Karl Janjöri e Albert


Ronc, anche il direttore generale

del Bankverein Ulrich Leber, il capo del settore finanziario dell'ENI


Enrico Ferranti di Roma, il

manager della Snamprogetti Rinaldo Pollak di Milano e il ticinese


Franco Noel Croce (presidente della

Banque Karfinco di Ginevra). Presidente della Snamprogetti


International era l'italiano Mario Merlo,

mentre Francesco Chiariello aveva funzione di delegato. Del


consiglio di amministrazione facevano

parte oltre ai già citati Karl Janjöri, Ulrich Leber e Franco Noel
Croce anche gli italiani Giorgio Della

Flora, Rinaldo Pollak e Patrick Piergili della Snamprogetti di Milano,


e ancora lo svizzero François

Goeldlin. Nel gennaio 1986 l'Agip aprì per la prima volta una filiale
in Svizzera, l'Agip International

Holding con sede nella Bahnhofstrasse 18 presso la HIH. Ma


questa società disponeva unicamente di

un piccolo capitale di 1,1 milioni di franchi. Presidente del consiglio


di amministrazione e delegato era
l'italiano Salvatore Portaluri, nel consiglio d'amministrazione erano
presenti Giancarlo Cappello e Alois

Ehrler. La Snam International Holding fondata nel dicembre 1990


con sede parimenti presso l'HIH, era

una semplice società di partecipazione e aveva un capitale di 129,5


milioni di franchi. Come unico

consigliere d'amministrazione firmava Giancarlo Cappello. Anche il


settore chimico dell'ENI Enichem

aveva numerose società finanziarie e di distribuzione svizzere,


precisamente a Lugano-Viganello

(quattro) e a Zug (tre). Presidente delle due società più importanti,


l'Enichem Finance SA (Lugano-

Viganello) con un capitale di 66,1 milioni di franchi e l'Enichem


Overseas AG con un capitale di 6,5
milioni di franchi, era il presidente dell'Enichem Ferdinando Belli di
Roma. Nel consiglio

d'amministrazione di Zug c'erano accanto ai manager italiani anche


gli avvocati locali Iso Lenzlinger

(30) e Urs Schwyter, mentre a Viganello, oltre ai già citati Giancarlo


Cappello e Adriano Cavadini, era

presente anche il famoso avvocato di Lugano Carlo Sganzini. Le


restanti cinque società Enichem

svizzere collegate erano la società per le vendite Enichem


Distribution e Enichem Supply e le società

finanziarie Enichem Servizi a Viganello. A queste si aggiungevano


la Enichem Suisse e la Enichem
Schweiz a Zug.

IL PRESIDENTE DELLA SAIPEM, CAVELTY, IN GRANDE


DIFFICOLTA'

Alcuni importanti esponenti italiani delle filiali svizzere dell'ENI


finirono nella primavera 1993 in

carcerazione preventiva: ad esempio, il capo della Snamprogetti


Francesco Chiariello, il presidente del

settore finanziario ENI Enrico Ferranti e il capo della Saipem Gianni


dell'Orto. A differenza di questi

sfortunati i loro colleghi svizzeri in consiglio d'amministrazione non


ebbero alcun problema né con i

media e né con la giustizia. (31) Con un' eccezione: il consigliere di


stato Cavelty cominciò a vacillare.
Cavelty era diventato presidente della Saipem Ag (Zurigo) nel 1988
succedendo ad Hans W. Kopp.

Dopo che la "WochenZeitung" (WoZ) ebbe informato sugli scandali


delle tangenti in Italia, sull'arresto

del delegato zurighese della Saipem Nicola Grillo e l'implicazione


della Saipem di Zurigo nelle

inchieste di Mani Pulite, Cavelty smentì il 27 maggio 1993 sulla


"Buendner Zeitung" ogni

coinvolgimento in affari di tangenti. Tre settimane più tardi dovette


ritirare la smentita e confermare i

pagamenti di mazzette: il presidente della Saipem Gianni Dell'Orto


in persona aveva parlato

all'assemblea generale di Roma di una cifra di 50 milioni di dollari,


pagata via Zurigo come tangente a
scopo di corruzione. Cavelty sottolineò che i pagamenti fatti da
Zurigo erano stati eseguiti per ordine

della Saipem di Milano. Le motivazioni sarebbero state sempre


credibili e corrette. Che cosa con quei

soldi fosse infine successo in Italia sarebbe stato fuori della portata
e dall’ambito di influenza della

società affiliata di Zurigo. " Da parte della Saipem non è stato fatto
nulla di scorretto. Non abbiamo né

conti in nero né entrate o uscite di denaro non registrate." (32) Nel


1995 Cavelty diede le dimissioni da

presidente della Saipem S.p.A. (Zurigo), ma restò tuttavia


consigliere d'amministrazione delle società
collegate all'ENI Oleodotto del Reno, Enichem e Snam
International. La Oleodotto del Reno gestisce

l'oleodotto che da Genova, attraverso il passo dello Spluga, arriva


al lago di Costanza e poi a

Ingolstadt. L'oleodotto è considerato dai politici verdi nella Svizzera


dell'est, nel Voralberg e in Baviera

un grande rischio ambientale. Già all'inizio degli anni '60 Cavelty


aveva lavorato per l'Oleodotto del

Reno. Allora molti comuni si sentirono ingannati perché Cavelty e il


suo capo d'allora, Ettore Tenchio,

non avevano pagato nulla per i diritti di attraversamento, mentre


questo era un fatto abituale in altri

paesi.
SPECULAZIONI DELLA "BANDA DEI SETTE"

Un caso particolare tra le consociate ENI in Svizzera era


rappresentato dalla Banque de Commerce et

de Placement (BCP) a Ginevra, con filiali a Zurigo, Lugano e


Lussemburgo. L'ENI ebbe presso di essa,

dal 1968 al 1976, la maggioranza delle azioni. La BCP era stata


fondata alla fine degli anni '50 a

Basilea come banca commerciale e banca di investimenti e, più


tardi, aveva francesizzato il nome. Fu

poi rilevata dalla Bankgesellschaft e nel 1963 trasferì la sede a


Ginevra. Il presidente fu, per lunghi

anni, il direttore generale della SBG, Hermann Budich, che faceva


parte anche del consiglio di
amministrazione della HIH. Nel luglio 1968 la Bankgesellschaft
vendette la maggioranza delle azioni

dell'istituto all' ENI e al Banco di Napoli e ne tenne solo una


minoranza. Budich restò presidente e

l'uomo dell'ENI Agostino Diana (33) entrò nel consiglio di


amministrazione. Alcuni mesi dopo lo

seguirono l'avvocato dell'ente italiano di Zurigo Werner L. Scherrer,


l'avvocato di Chur Ettore Tenchio

e Giorgio Corsi di Roma. Nel 1971 entrò in consiglio di


amministrazione il direttore finanziario

dell'ENI Renato Marnetto, un anno dopo lo seguì il suo braccio


destro Florio Fiorini. Nel libro

‘Ricordati da lontano’ Fiorini ha spiegato come la BCP sia stata


usata dall'ENI per una speculazione in

grande stile sui cambi: "Come diceva il mio conterraneo toscano


Machiavelli: Il fine giustifica i mezzi.

Abbiamo portato avanti il finanziamento dei partiti, cominciato con


Cefis [presidente dell'ENI dal 1963

al 1970], per dieci anni. E precisamente senza impoverire il bilancio


ENI, vale a dire senza usare

denaro pubblico. Avevamo un sistema molto semplice che


funzionava a spese delle banche centrali.

L'ENI era ed è una grande potenza sul mercato valutario. Compra


circa il 25 % di tutti i dollari in Italia,

perché deve pagare circa il 50 % del conto energetico nazionale. In


base a questa grande forza di
mercato e a informazioni privilegiate, provenienti dagli ambienti
degli sceicchi del petrolio e delle

banche centrali, facevamo grandi guadagni da speculazione che


usavamo in maggior parte per il

finanziamento dei partiti. Era un sistema efficiente e anche


eticamente pulito." (34) Secondo Fiorini, il

mercato valutario dal 1970 al 1980 era stato una partita a poker con
carte segnate, in cui i membri di un

certo club potevano solo vincere. "Ai miei tempi c'ero io dell'ENI, e
inoltre Sexauer della Deutsche

Bank, Semadeni della Schweizerische Bankgesellschaft,


Voroschilov della Vneschtorgbank, Roger Fiss

della Citibank, Cadario della Renault Finance e Pellegrini della


Schweizerische Bankgesellschaft.
Agivamo con coordinazione per cui ci avevano chiamato la banda
dei sette. Eravamo il terrore delle

banche centrali che tuttavia ci tolleravano perché avevamo


imparato a renderci utili di quando in

quando.[...] In quegli anni, i partiti avevano ancora bisogno di meno


denaro di oggi. Allora erano

300.000 dollari al mese. Il 40% sia ai socialisti che ai democristiani


e il 10% ai socialdemocratici

(PSDI) e ai repubblicani (PRI)." (35) Fino al 1975 Fiorini si servì per


le sue operazioni sul mercato

valutario della BCP a Ginevra, di cui l'ENI controllava la


maggioranza delle azioni. Ma dopo il
fallimento della Herstatt Bank, che dovette chiudere gli sportelli in
seguito a speculazioni nei cambi

andate male, intervenne la commissione confederale delle banche


e vietò alla BCP le operazioni

speculative rischiose. Anche altre banche avevano avuto grandi


perdite, quando i corsi delle divise,

dopo il crollo del sistema di cambio fisso Bretton-Woods,


cominciarono a oscillare fortemente. Nel

1976 intervenne la SBG e comprò dall'ENI la BCP, divenuta inutile.


Fiorini trasferì le sue operazioni in

divise a Beirut dove collaborava con la Marine and Merchant Bank


di Samir al Mussa.

EXCURSUS: FILA DELLO SCANDALO BCCI


Seguiamo ancora un istante il destino successivo di questa banca,
spinta qua e là come una figura degli

scacchi. Dopo una ristrutturazione operata da Rolf Balli,


vicedirettore della SBG, (36) la

Bankgesellschaft vendette, nel febbraio 1977, l'85 % del capitale


azionario al banchiere pachistano

Agha Hasan Abedi, che entrò anche nel consiglio di


amministrazione BCP. Il compratore Abedi era

fondatore e presidente della Bank of Commerce and Credit


International (BCCI) con sede a Londra e

Lussemburgo. Azionista principale di questa con circa tre quarti del


capitale era lo sceicco Zayed bin

Sultan di Abu Dhabi. Altri azionisti erano l'ex presidente del servizio
segreto dell'Arabia Saudita Kemal
Adham e il finanziere saudita Ghait Pharaon. Abedi era nato
musulmano nell' India britannica e quando

nel 1947 ci fu la divisione tra un'India induista e un Pakistan


musulmano, dovette fuggire a Karachi.

Qui egli portò a compimento l'apprendistato bancario, iniziato a


Bombay alla Habib Bank.(37) Più tardi

entrò al servizio della United Bank della famiglia Saigol a Karachi,


per la quale egli negli anni '60

fondò una filiale a Zurigo. Dopo la statalizzazione della United Bank


da parte di Ali Bhutto, Abedi nel

1971 fu per breve tempo in prigione. Nel 1972 fondò la BCCI,


destinata a diventare tristemente
famosa. La Banque de Commerce et de Placements (BCP) era
dunque ora una filiale della BCCI.

Nuovo presidente della BCP divenne Franz Muheim di Urn, ex


consigliere degli stati.(38) Abedi aveva

conosciuto Franz Muheim all'inizio degli anni '70 come direttore


amministrativo della United Bank a

Zurigo, dove quest'ultimo faceva parte del consiglio


d'amministrazione. Muheim portò alla BCP come

consigliere amministrativo il connazionale Marco Bruesch, un ex


direttore della fabbrica di articoli di

gomma Daetwyler a Altdorf. In seguito anche il braccio destro e


numero due della BCCI, Mohammed

Swaleh Naqvi, entrò nel consiglio d'amministrazione della BCP,


cosa che sottolinea ulteriormente
l'importanza di questa banca nel sistema criminale BCCI. A
Muheim, dopo sei anni di presidenza della

BCP, subentrò Alfred Hartmann (39), che più tardi entrò anche nel
consiglio di amministrazione della

BCCI Holding in Lussemburgo. La BCP divenne, soprattutto con le


filiali a Zurigo e in Lussemburgo,

un anello di congiunzione tra la BCCI ufficiale ed una "banca nella


banca" illegale, creata da Abedi.

(40) La relazione della Bank of England, che portò alla chiusura


della BCCI, registra che alla BCP di

Zurigo e di Lussemburgo venivano tenuti sistematicamente conti


sotto falso nome, dove il denaro

scompariva anonimamente in buchi neri. Per quanto riguarda BCP


di Zurigo questa relazione parla di

226 milioni di dollari di pagamenti inspiegabili. (41) Presidente di


questa filiale BCP zurighese era

dalla fine del 1986 Kazem Naqvi.

L' UNICA FILIALE BCCI PULITA AL MONDO ?

Nel luglio 1991 la BCCI fu chiusa per l'azione congiunta della Bank
of England e dell'autorità di

vigilanza bancaria del Lussemburgo. Era fallita con un buco in


bilancio di circa dieci milioni di

sterline. La bancarotta si rivelò il più grande scandalo bancario della


storia.(42) Abedi non aveva solo

trasferito in Inghilterra e negli USA da paesi in via di sviluppo


capitali in fuga di elites corrotte e

comprato banche centrali, affinché investissero le loro riserve


valutarie presso la BCCI, ma aveva

anche riciclato sistematicamente i proventi da narcotraffico dei


baroni della cocaina. In apparenza egli

restava nonostante tutto un galantuomo che si valeva di personaggi


illustri come l'ex presidente Jimmy

Carter e l'ex cancelliere dello scacchiere britannico lord Calaghan in


qualità di consiglieri regolarmente

retribuiti. Grazie ad una struttura offshore, composta da una holding


in Lussemburgo, una società di

comodo sulle isole Cayman e un quartier generale di fatto,


giuridicamente non indipendente, a Londra,
la BCCI aveva potuto lavorare indisturbata da controlli bancari di
qualsiasi genere. Solo nel 1988 i

riciclatori di denaro della BCCI incapparono nei doganieri USA.


Questi scoprirono una rete di

riciclaggio di proporzioni mondiali in cui comparivano anche conti


della filiale svizzera BCP. Ora

Abedi cominciò ad avere gravi difficoltà con l'autorità inglese di


sorveglianza bancaria. Quando la

pressione a Miami divenne più forte, si attivò anche la Banca di


Inghilterra, che aveva archiviato per

anni il caso BCCI. Negli USA si arrivò più tardi al processo contro
alcuni rappresentanti di alto rango

della BCCI. Il numero due, Swaleh Naqvi, fu condannato nel 1994 a


11 anni di prigione. Abedi era
fuggito nel 1991 in Pakistan, che lo protesse da un'estradizione, e
morì nel 1995. Delle più di settanta

filiali e società consociate della BCCI in tutto il mondo - con


l'eccezione del Pakistan- solo la filiale

svizzera BCP restò indisturbata. Cinque giorni dopo la chiusura


della casa madre la BCP fu venduta

dalla SBG, che all'epoca della BCCI era rimasta sempre azionista di
minoranza, alla holding turca

Cukurova. Perché la BCCI ufficialmente chiusa abbia potuto


vendere la sua filiale svizzera e quale

ruolo abbia avuto in ciò l'azionista di minoranza SBG è rimasto fino


ad oggi una domanda senza
risposta. Alla fine del giugno 1995 l'avvocato di Ginevra Laurent
Kasper-Ansermet rese nota in un

comunicato la fine dell'inchiesta sul fallimento della BCCI. Non si


arrivò ad una denuncia, e i 250

milioni di dollari, confiscati nel giugno 1991, vennero messi a


disposizione della liquidatrice Touche

Ross. Dopo questo piccolo excursus torniamo all'ENI: Anch'essa


aveva collaborato con la banca dello

scandalo, la BCCI. Nell'ottobre 1979 Florio Fiorini per l'ENI,


Mohammed Swaleh Naqvi e Sayed

Mohammed Akbar per la BCCI e Cristina d' Alessandro per la


Kuwait International Finance Company,

fondarono a Roma la società finanziaria Italfinance international


Spa. Fiorini fu sostituito più tardi
dall'uomo dell'ENI Giorgio Della Flora e dal capo dell'Agip Raffaele
Santoro.

SERVIZIO COMPLETO SVIZZERO

Anche se i gruppi statali per l'energia, come ad es. la Elf-Aquitaine


in Francia, la Repsol in Spagna o la

Pemex in Messico, sono generalmente inclini alla corruzione -


nessun altro è stato così fortemente

pervaso dall'etica perversa delle tangenti come l'ENI.


L'organizzazione estera legale dell'ENI in

Svizzera fu per trenta anni parte integrante di questo sistema


illegale di tangenti e di finanziamento dei

partiti unico al mondo. In Svizzera il pagamento di tangenti


all'estero a stranieri non è, a differenza di
quanto accade in Italia, un crimine. Al contrario. è detraibile dalle
tasse come spesa sostenuta per la

propria attività. L' ENI non aveva quindi problemi a ricoprire decine
di posti di consigliere

d'amministrazione delle sue società svizzere affiliate con ogni sorta


di persone importanti, dal marito

della consigliera federale Hans W. Kopp all'ex consigliere di stato


Luregn Cavelty fino all'uomo di

punta del gruppo Curator Giancarlo Cappello. Gli italiani presenti


nei consigli di amministrazione delle

filiali svizzere dell'ENI, ad es. Gianni Dell' Orto o Francesco


Chiariello, dovettero andare in prigione. I
rappresentanti dell'economia svizzera naturalmente no, a differenza
dei loro colleghi italiani non si

erano infatti resi colpevoli di alcun reato. Anche la più grande banca
svizzera per trenta anni non si

curò affatto della corruzione all'ENI. Alla SBG l'ENI era


tradizionalmente affare del presidente, la

banca collocava i suoi più alti dirigenti come Nikolaus Senn o Karl
Janiöri tra i consiglieri

d'amministrazione dell'ente italiano. Con ciò Senn e Janiöri vennero


a contatto personalmente con i

grandi burattinai della scena delle tangenti ENI come Florio Fiorini e
Silvano Larini. Anche l'esame

prescritto per legge (revisione) della contabilità e del rendiconto


annuale delle società svizzere affiliate
all'ENI non trovò mai motivo di scandalo nell'economia delle
tangenti. Il nono principio della revisione

del bilancio di chiusura della Camera fiduciaria svizzera esclude


espressamente dalla categoria delle

azioni delittuose il pagamento illegale di tangenti o la violazione di


norme fiscali. Per la maggior parte

delle società svizzere affiliate all'ENI fungeva tradizionalmente da


ufficio di controllo la Curator

Revision di Zurigo.(43) Fondatore e uomo di punta del gruppo


Curator era Giancarlo Cappello. Dall'

inizio degli anni '70 egli compare anche in parecchi consigli di


amministrazione delle società ENI, che

sono state controllate dalla Curator, ad es. la Hydrocarbons


International Holding (Zurigo), la Saipem

Zuerich AG, la Snam International (Ginevra) e molte altre. Con ciò


Cappello fungeva de facto

contemporaneamente da consigliere d'amministrazione e da


revisore, e di conseguenza non c'era una

revisione contabile indipendente. Perfino quando Cappello non


esaminava e convalidava

personalmente le contabilità, lo facevano impiegati che


dipendevano da lui. Si può obiettare che questo

era perfettamente conforme alla legge e si atteneva alla prassi


regolare in Svizzera. Può darsi. Teniamo

a mente che l'ENI stessa nel corso del suo processo di


"autodepurazione" ha ammesso l'esistenza di
fondi neri per l'ammontare di 500 miliardi di lire, allora circa 500
milioni di franchi. Si trattava

esclusivamente di fondi, che dal 1985 al 1992 sono stati accresciuti


da Saipem, Snamprogetti e Nuovo

Pignone. (44) Gran parte di questi transitò per le società affiliate


svizzere. Passando il confine il denaro

illegale italiano diveniva denaro svizzero legale.

Note:

1) Dopo la graduale privatizzazione, queste cifre, dal 1994, si sono


ridotte.

2) Le restanti società ENI erano: Nuovo Pignone (costruzione di


macchine), Savio (macchine tessili),
Tefin (Consulting), Sofid (Finanziamento Italia) e ENI International
Holding (Gestione e finanziamento

internazionale).

3) Piico e Saipem avevano ricevuto in Iran, ancora ai tempi dello


scià, l'incarico di costruire otto

stazioni di pompaggio del gas. La rivoluzione di Komeini fermò i


lavori. A metà degli anni '80 la

Saipem ottenne la riapertura del cantiere e nel bilancio finale Piico


si sentì frodato dalla Saipem per

venti milioni di dollari. ("Il Giornale", 22. 4. 93)

4) "L'Espresso", 11.4.93. Come già detto, questo denaro era stato


portato a Roma da corrieri della Fimo
di Chiasso.

5) Per trasferire il denaro Fiorini usava gli stessi portavalori di


Pacini Battaglia, quelli della Fimo di

Chiasso.

6) Mediatori di quest'affare furono la mano destra di Licio Gelli,


Umberto Ortolani e un alto

funzionario del ministero degli esteri, Ruggiero Firrao, che era pure
membro della P2. Firrao si stabilì

più tardi a Lugano come consulente finanziario autonomo e fu qui


arrestato nel 1993 e più tardi

condannato in Italia.
7) "L'Unità", 8.6.93

8) "L'Unità", 8.1.94

9) Il postfascista Gianfranco Fini, segretario di Alleanza Nazionale e


alleato di Berlusconi, era solito

provare il suo distacco da Mussolini, facendo notare di aver


rinnegato qualsiasi corporativismo e

interventismo statale in economia.

10) Don Sturzo aveva fondato il Partito Popolare, il primo partito


cattolico in Italia, dopo la prima

guerra mondiale. Dapprima i papi, come vendetta per la


liquidazione dello stato della chiesa da parte

dei Piemontesi, avevano imposto ai cattolici praticanti che si


astenessero dalla politica. Dopo

l'assassinio del socialista Matteotti da parte dei fascisti nell'anno


1924, Don Sturzo abbandonò il suo

seggio al parlamento per protesta. Quando il papa stipulò con


Mussolini i patti lateranensi, fece cadere

Don Sturzo, che dovette emigrare negli USA. Dopo la seconda


guerra mondiale egli tornò, ma divenne

presto una figura puramente simbolica, perché nel primo congresso


postbellico del partito De Gasperi e

Andreotti avevano prevalso su di lui. (Cfr. "Neue Zürcher Zeitung", 6


/7. 5. 95)

11) Galli, Giorgio: Staatsgeschaefte. Das unterirdische Italien 1943-


1990’, Amburgo,1994, p.30
12) Esso, Shell, BP, Mobil, Texaco, Chevron e Gulf.

13) "L'Espresso", 6.6.93

14) "Panorama", 20.6.93

15) Arlacchi, Pino: ‘Addio Cosa Nostra. La vita di Tommaso


Buscetta’, Milano, 1994

16) "L' Unità", 21.7.93

17) Galli, Giorgio: ‘Affari di stato. L' Italia sotterranea 1943-1990’,


Amburgo, 1994, p. 155 segg.

18) Come ha raccontato Aline Valangin nel suo romanzo "Villaggio


al confine", la Svizzera concesse

inizialmente l'ingresso ai civili della Val d'Ossola solo con


esitazione. Il 18 ottobre 1944 truppe delle

SS e le camicie nere neofasciste della repubblica di Salò aprirono il


fuoco su un gruppo numeroso di

partigiani e civili in fuga e ne uccisero alcuni. Mitraglieri dell'esercito


svizzero, guidati dal capitano

Carlo Speziali, risposero al fuoco e permisero ai fuggiaschi di


passare il confine.

19) "L' Espresso", 4.7.93

20) Galli, Giorgio: ‘Affari di stato. L'Italia sotterranea 1943-1990’,


Amburgo, 1994, p.168

21) Da allora Eugenio Cefis vive a Zurigo. All'inizio del 1994 era
ancora molto attivo
professionalmente. Insieme alla figlia Cristina Cefis faceva parte del
consiglio di amministrazione della

Cohor Holding di Zurigo. Membro dello stesso consiglio è Barbara


Merz Wipli. Presidente della Cohor

Holding è Giancarlo Cappello, insieme al quale Cefis è presente


anche nel consiglio di

amministrazione della White Con-Trading Company AG (Lugano).


L'altra società della Cohor si

chiama Sycofin AG (Zug). Giancarlo Cappello, presidente


dell'amministrazione fiduciaria zurighese

Curator, fa parte anche del consiglio di amministrazione delle


grandi affiliate ENI svizzere

Hydrocarbons International Holding, Saipem AG (Zurigo), Saipem


International. Nel 1992 Cefis pagò
a Zurigo le imposte su un reddito di 1,123 milioni di franchi e un
patrimonio di 34,748 milioni di

franchi.

22) "L'Unità", 23.4.93

23) "L'Espresso", 6.6.93

24) Nel 1991/92 c'erano tra i mandati di consiglio d'amministrazione


di Albert Ronc, anche due società

di comodo con 50.000 franchi di capitale: AG (S.p.a.) per


progettazioni tecniche e AG (S.p.a.) per

progettazioni industriali. Insieme con l'avvocato di Lugano Marco


Gambazzi, Ronc controllava nel
1991/92 anche la Cofaba SA (Lugano).

25) Ulteriori mandati di consiglio d'amministrazione di Wener L.


Scherrer sono: Apolab AG (Zug);

Honeywell AG (Wallisellen); Hirschi AG (Brügg b. Biel); Air Express


International Enterprises Ltd.

(Zug); Credinter AG (Zug); Domino Musik AG (Chur); Dumex AG


(Zug); General Electric

Information Services AG (Zürich); Golbrig AG (Zollikon); Handels-


und Finanzgesellschaft HFZ

(Zug); Heraf Holding AG (Zug); HMF Holding AG (Zug); Jordan


Brushes SA (Zug) ; Lely Patent AG

(Chur); Newap Trading AG (Luzern); Nopal International AG (Zug);


Peri AG (Seuzach); SMH Steel-
and Metal -Trading Ltd. (Trübbach); Transmark Automanet AG
(Ebmatingen); Utilité Chur SA (Chur);

Weinberger Josef AG (Glarus); Olivetti (Svizzera) S.p.A


(Wallisellen); Patra Holding AG ( Chur);

MCC Mobile Communications Company AG (Maur). (Fonte : Orell


Füssli / Teledata: Die Schweizer

Wirtschafts-CD-Rom. Version 1996/1, termine fissato: 1.8. 95)

26) Dopo le cattive esperienze fatte da Nikolaus Senn e da Karl


Janjoeri con il mandato in consiglio di

amministrazione presso la HIH, che li aveva coinvolti nell'affare


increscioso del conto Protezione, un

direttore generale della SBG non avrebbe più potuto entrare in


questo consiglio. Al business con l’ENI
la SBG naturalmente non vuole rinunciare, per cui dal 1995 si fa
rappresentare dall' avvocato d'affari

André Wicki. Wicki cominciò la sua carriera nel settore legale della
SBG e anche dopo che si era reso

autonomo continuò a lavorare come avvocato per la SBG, ad


esempio nei processi contro Martin Ebner

e la BZ Bank.

27) Rendiconto annuale 1991 dell'HIH, Zurigo.

28) La banca dell'ENI si chiamava inizialmente Tradinvest Bank e


nel 1981 servì all’allora presidente

del settore finanziario dell'ENI, Florio Fiorini, per versare i sette


milioni di dollari di tangenti destinate
ai socialisti sul conto Protezione della SBG (Lugano).

29) La Finas fu coinvolta nel 1993 in uno scandalo di tangenti con


lo speculatore milanese, originario

della Sicilia, Salvatore Ligresti. L'assicurazione SAI di Ligresti aveva


pagato alla Finas 13 miliardi di

lire, per poter stipulare assicurazioni con l'ENI. ("L'Unità",


30/31.5.93)

30) La rivista "Bilanz" del settembre 1994 si occupò di Iso


Lenzlinger, in qualità di padrino di oscure

società di comodo di ex agenti del KGB e di clan della vecchia


nomenclatura sovietica, ai quali veniva

imputato traffico illecito di divise e ogni sorta di altri affari a Ginevra,


Zug e Vaduz.

31) La cattiva stampa che ebbero il direttore generale della SBG e il


presidente della HIH Karl Janjoeri,

era soprattutto il risultato del coinvolgimento nel conto Protezione.

32) "Bündner Zeitung", 18. 6. 93

33) Agostino Diana faceva parte anche del consiglio di


amministrazione della Treuhandbank Luzern, la

banca fiduciaria Lucerna. Qui si trovavano anche Giangiorgio


Spiess, avvocato e partner di Tettamanti,

Willi Futterknecht (che negli anni '90 era diventato famoso per le
sue posizioni ostili alla UE) e André

Curiger (direttore del Crédit Commercial de France a Zurigo e


rappresentante del Vaticano nel

consiglio di amministrazione della Sasea)

34) "L'Espresso", 21.3.93

35) Ivi

36) Negli anni '70 Rolf Bolli fu uno specialista della SBG per il
grande business con i petroldollari. Più

tardi creò nella sede principale l'archivio storico. Morì nel 1992
inseguito ad un tragico incidente - era

caduto dal tetto della sua villa nell'Arni di Aargau.

37) Anche gli Habib nel 1947 si rifugiarono in Pakistan. Nel 1974 la
loro banca, la più grande di questo
paese, fu statalizzata da Zulfikar Ali Bhutto. Gli Habib dovettero
emigrare per la seconda volta, questa

volta in Svizzera, dove a Zurigo possedevano già una piccola


banca. Fino al 1995 la loro Habib Bank

AG Zürich ebbe uno sviluppo enorme. Divenne la banca svizzera


con la più grande rete internazionale

di filiali dopo le tre grandi banche. Habib AG Zuerich ha più di trenta


filiali in tutto il mondo, un

importo di bilancio di 1,8 miliardi di franchi e circa 900 dipendenti.


La banca Habib rappresenta un

problema per la commissione delle banche, perché la sua attività si


svolge in gran parte in paesi

islamici (Pakistan, Stati del Golfo) e viene condotta in lingue come


l'arabo e l'urdu che alla

commissione delle banche nessuno capisce.

38) Franz Muheim, di origini proletarie - suo padre,


socialdemocratico, lavorava nell’ufficio della

fabbrica di munizioni Altdorf - potè fare la maturità nel collegio Carlo


Borromeo ad Altdorf e più tardi

studiare legge. All'inizio degli anni '50 aprì uno studio d'avvocato a
Altdorf e fece rapidamente carriera

in ambito economico, politico e militare. In politica militò all'inizio


nell'ala cristiano-sociale dei

lavoratori della CVP e già a 31 anni divenne presidente comunale di


Altdorf. La sua fiorente attività
d'avvocato lo portò a passare all'ala cattolico-conservatrice della
CVP, vicina al mondo economico. Per

lunghi anni Muheim fu consigliere degli stati di Urn e presidente


della commissione militare. Nel 1973

e nel 1982 si candidò senza successo al consiglio federale. Come


colonnello di stato maggiore ebbe un

ruolo importante nella politica svizzera della sicurezza. "Alternative


Uri" del dicembre 1990-gennaio

1991 informò che Muheim negli anni '80 era anche membro del
comitato consultivo parlamentare

segreto autoproclamatosi dell'esercito segreto P-26. Negli anni '70


Muheim fu successivamente

presidente di due banche pachistane in Svizzera, precisamente


della United Bank e della BCCI.
"L'atmosfera da mondo degli affari orientale", scriveva "Bilanz"
nell'agosto 1983, "la Weltanschauung"

degli uomini d'affari di fede maomettana è molto vicina alla


sensibilità di Muheim". Come si è rivelato

più tardi, l’ideologia della BCCI di Abedi prevedeva fin dall'inizio il


riciclaggio e la frode sistematici.

Alla fine degli anni '80 Muheim raggiunse l'apice della carriera come
consigliere d'amministrazione del

Bankverein e presidente della Schindler.

39) Alfred Hartmann era stato all’inizio direttore generale della


Bankgesellschaft, che lasciò più o

meno volontariamente. Più tardi diventò direttore generale della


Hoffmann-La Roche a Basilea, dove
dovette andare nel 1976 dopo lo scandalo di Seveso. Presto
ricomparve come direttore generale della

Rothschild Bank AG (Zurigo). Alcuni mesi dopo che la Bank of


England aveva chiuso la BCCI,

Hartmann diede le dimissioni nel febbraio 1992 da presidente della


BCP. Più di un anno dopo lo

scandalo che aveva coinvolto il direttore della Rothschild Jürg Heer,


egli dovette rinunciare anche

all'incarico di direttore generale della Rothschild. Strano che uno


debba lasciare per quattro volte il

posto di presidente in seguito ad uno scandalo, senza che questo


abbia per lui altre conseguenze.
40) Nel consiglio di amministrazione della BPC furono presenti di
tanto in tanto anche John Hilbery e

Johann D. Van Oenen. I due erano inizialmente manager della


Bank of America, che alla fondazione

della BCCI, avevano preso e poi nuovamente venduto una


partecipazione di minoranza. Vennero più

tardi alla BCCI per compiti speciali.

41) Bank of England : Report on Sandstorm SA [nome in codice per


la BCCI] under Section 41 of the

Banking Act 1987. 22. June 1991

42) Cfr. a questo proposito ad esempio Truell, Peter e Gurwin,


Larry: ’False Profits’, New York, 1992 o
Kochan, Nick e Whittington, Bob: ‘The BCCI Fraud’. Londra 1991

43) A proposito della Curator vedi anche p.210 segg.

44) "L' Unità", 8.1.91

8 IL CASSIERE DELLE TANGENTI ENI A GINEVRA

Con l'appellativo metafisico "Quello appena sotto Gesù Cristo", che


gli aveva dato il procuratore

Antonio Di Pietro, il tesoriere delle tangenti ENI a Ginevra fece il


suo ingresso sulla scena di Mani

Pulite per la prima volta nel marzo 1993. Si parla di Pierfrancesco


Pacini Battaglia. In seguito alle

prime audizioni dei manager dell'ENI arrestati, il suo nome era


balzato repentinamente al centro delle
inchieste. Dopo che la giustizia milanese già il 17 febbraio 1993
aveva emesso un ordine di cattura

internazionale contro Battaglia, egli si presentò infine


volontariamente il 10 marzo per essere

interrogato. Complessivamente quattro volte nel marzo 1993 e


ancora nel febbraio 1994 il "maestro

occulto" (1) dei circuiti segreti del denaro ha vuotato il sacco di


fronte ai procuratori di stato. Pacini

Battaglia rese noti centinaia di conti segreti e di società offshore,


che egli aveva usato per ordine dei

capi dell' ENI per transazioni illegali. Beninteso: illegali secondo il


diritto italiano. Secondo i parametri
svizzeri Pacini Battaglia era un rispettabile banchiere straniero a
Ginevra, che eseguiva gli ordini di

pagamento dei suoi stimati clienti a favore di destinatari altrettanto


stimati. Ad esempio per il

presidente dell' ENI Gabriele Cagliari o il presidente della Saipem


Gianni Dell'Orto al tesoriere del

partito socialista Vincenzo Balzamo. Per la sua loquacità Pacini


Battaglia divenne il teste principale

contro la corruzione nell'ENI e rese infine possibile ai pubblici


ministeri la ricostruzione di un colossale

circuito di fondi neri.

UN ALLEGRO TERZETTO SUL RODANO


Dopo lo scandalo del conto Protezione l'ENI cambiò il sistema delle
tangenti. Dai pericolosi pagamenti

diretti si passò alle fatture falsificate: società di comodo offshore di


prestanome presentavano all'ENI il

conto per servizi mai prestati. In tal modo le tangenti potevano


apparire nella contabilità come spese

regolari. Il nuovo metodo richiedeva abili professionisti, e venne


l'ora di Pacini Battaglia. Ad aprirgli le

porte dell'ENI era stato il cassiere delle tangenti di Craxi Silvano


Larini. Larini gli fece conoscere

personalmente la maggior parte dei capi dell'ENI, a cominciare dai


due presidenti Franco Reviglio e

Gabriele Cagliari, poi il presidente della Saipem Gianni Dell'Orto


fino al capo dell'Agip Raffaele
Santoro. Presso i socialisti Pacini Battaglia era considerato già negli
anni '80 l'uomo dell'allora ministro

dei trasporti PSI Claudio Signorile, più tardi Larini lo introdusse


anche presso il tesoriere del PSI

Vincenzo Balzamo. Pacini Battaglia viveva a Ginevra dal 1980 dove


collaborava con l'avvocato

ticinese Franco Noel Croce, che qui svolgeva la sua attività.


L'avvocato ticinese Franco Noel Croce,

allora non ancora trentatreenne (2), aveva contatti con il Gran


Maestro della P2 Licio Gelli. Il numero

di telefono ginevrino di Croce era stato trovato nel 1981 nel corso
della perquisizione nella villa di

Gelli a Castiglion Fibocchi, (3) insieme con i numeri telefonici della


SBG a Ginevra e a Zurigo, del

Banco Financieiro sudamericano in Avenue Miremont 20 (sede


della Karfinco) e quello dell'avvocato

di Ginevra Fritz Von Aesch. (4) Fin dai primi tempi a Ginevra Pacini
Battaglia e Croce si ritrovarono

insieme in affari fantasiosi. Alla fine degli anni '70 la Siai Marchetti
italiana vendette ai libici 240

aeroplani del tipo SF- 260. Costo: 35 miliardi di lire l'uno ad


esclusione dell'avionica, fornita dall'

industria degli armamenti USA Hughes. Per addestrare i piloti libici


il generale d'aviazione italiano

Paolo Moci fondò l'impresa Aero Leasing Italiana (ALI), che


ingaggiò 180 piloti militari italiani come
istruttori per la Libia. Si dice che Gheddafi abbia compensato il loro
impegno nel deserto con un

guadagno sei volte più alto di quello percepito presso l'aviazione


italiana. Mogli e fidanzate dovevano

tuttavia rimanere a casa. Dopo la firma del contratto, secondo la


stampa italiana, Pacini Battaglia e

Croce sarebbero stati cooptati nel consiglio di amministrazione


dell'ALI. I due avrebbero fondato in

Svizzera una struttura finanziaria segreta per eseguire le


transazioni della grande vendita di aerei che

non potevano figurare nei bilanci ufficiali di Siai-Marchetti, ALI e


Hughes.(5) Ma Pacini Battaglia

contestò queste illazioni oltraggiose già nel numero successivo di


"Panorama" (4.4.93): egli e Croce
sarebbero entrati nell’ALI solo nel 1984 quando il business con la
Libia era già concluso. Il terzo

nell'alleanza con Battaglia e Croce era il canadese che viveva a


Ginevra Roger G. Francis. Era

particolarmente utile a Pacini Battaglia perché parlava


perfettamente undici lingue e ogni volta gli

faceva conoscere uomini d'affari arabi che volevano lavorare in


Italia. (6) Già nel 1981 Francis aveva

fondato la società di comodo Corakges SA con un capitale


azionario di 50.000 franchi. (7) Scopo

statutario di questa era: "Fornire ad un gruppo di società attivo nel


settore del petrolio servizi e
consulenze di ogni tipo in relazione alla finanza, al commercio e alla
produzione". (8) Nel febbraio

1984 la Corakges cambiò nome in RGF Counsel SA, e comparve


nel consiglio di amministrazione

Kaloyan Stoyanov, consigliere d'amministrazione dell'Ilex e


business partner di Roger Usher. Nove

anni più tardi il 20 dicembre 1993 la RGF Counsel andò in


liquidazione, con la Ilex Trust Services

come liquidatrice. La liquidazione potrebbe essere dipesa dal fatto


che dall'inizio del 1993 Roger

Francis era comparso con gran risalto sulle prime pagine dei
giornali in tutt'Italia come collaboratore di

Pacini Battaglia. Un caso di tangenti analogo riguardò la Nigeria. A


questo proposito Pacini Battaglia
raccontò a Di Pietro: "Quest'operazione fu organizzata da Nicola
Grillo della Saipem di Zurigo e dal

mio collaboratore Roger Francis. Anche qui fu impiegato il sistema


delle fatture false." (9)

CHE COS' è LA BANQUE KARFINCO?

Nel 1981 Pacini Battaglia e Croce fondarono la società finanziaria


Karfinco che nel 1987 ricevette

dalla commissione delle banche la licenza bancaria e divenne


Banque Karfinco.(10) Suo presidente fu

Croce, vicepresidente Pacini Battaglia. Già dopo un anno la


Karfinco raddoppiò il suo capitale da 15 a

30 milioni di franchi con un’operazione stravagante. Le azioni


furono emesse con un aggio del 20 % ed
erano suddivise in azioni con diritto di voto da 100 franchi e azioni
ordinarie da 1000 franchi. Le azioni

ordinarie furono sottoscritte fiduciariamente a Ginevra dalla Paribas


(Svizzera). (11) Chi fosse stato

allora disposto a rendere più attraenti i 15 milioni di azioni Karfinco


con un aggio di 3 milioni, non si è

mai saputo. Si può supporre ragionevolmente che questo denaro


provenisse dalla società ENI, poiché

finanziariamente la Karfinco era una creatura del sistema delle


tangenti ENI. Pacini Battaglia si

addossò in ogni caso tutte le responsabilità e scagionò la Karfinco.


Croce invece si astenne da qualsiasi
presa di posizione pubblica. Significativi sono anche i numerosi
azionisti con diritto di voto. Oltre a

Pacini Battaglia e Croce sono tra questi quattro società di Panama:


Mora Overseas, Doren Overseas,

Pelter Business Corp. e Hemlock Business Corp., tutte a Panama


City, inoltre l'immobiliarista Luigi

Paolo Serra di Cassano, pure a Panama City, il direttore delle


vendite Günther Franke (Düsseldorf), la

casalinga Adelheid Da Empoli-Gautschi (Interlaken), Gabriel


Thomas (Montecarlo), e Marcel Morard,

Dominique Pugnat e Dominique Gherardi di Ginevra. (12) Ci sono


poi la Nadex SA di Croce, la

Investair SA di Friburgo, la nota Ebel Finance dell'industriale degli


orologi di Neuenburg Pierre Alain
Blum e la non meno nota Emaco Holding, affiliata del gruppo
Cortaillod (13), pure di Neuenburg.

Evidentemente Pacini Battaglia, che prima di fare la sua


apparizione a Ginevra aveva vissuto qualche

tempo a Neuchatel, si era fatto lì alcuni buoni amici. Nel marzo


1991 la Karfinco aumentò il capitale da

30 a 40 milioni di franchi, questa volta con un aggio del 50%. A quel


punto lo speculatore di borsa

Werner K. Rey era già crollato, la Sasea di Florio Fiorini versava in


gravi difficoltà e la crisi

immobiliare di Ginevra era già cominciata. In una situazione del


genere, in un tale ambiente un aggio

del 50% con un aumento di capitale non è finanziariamente


sostenibile. L'aumento di capitale avvenne

nel 1991 secondo il vecchio schema: le azioni ordinarie furono


sottoscritte fiduciariamente dalla

Paribas (Svizzera), e di nuovo si può tranquillamente ritenere che


nessuno tranne l'ENI fosse pronto a

comprare le azioni di questa piccola banca di Ginevra.(14)

IL SALVATAGGIO DELLA KARFINCO .

Dopo che nella primavera 1993 sui media italiani si era parlato per
settimane di Pacini Battaglia e della

sua Karfinco, Croce e Pacini Battaglia si dimisero rispettivamente


da presidente e da vicepresidente.

L'ex direttore generale del Bankverein e ex consigliere


d'amministrazione della società finanziaria

FGNA Montecarlo di Tito Tettamanti Hubert Baschnagel diventò


nuovo presidente. In un'intervista al

"Corriere della Sera" Pacini Battaglia disse di aver dato le dimissioni


dall’incarico di vicepresidente,

ma che rimaneva tuttavia azionista di maggioranza.(16)


Sembrarono opportuni un cambiamento di

nome e un movimento di personale: dal settembre 1993 la Karfinco


si chiamò Banque Privée

Genevoise. Già all'inizio del 1994 Baschnagel si ritirò e anche


Sergio Bassi lasciò il consiglio di

amministrazione. La banca cambiò nome una seconda volta in


Banque de Patrimoines Privés Genève
(BPG). Il team di successo che risanò e salvò la Karfinco in gravi
difficoltà divenuta ormai BPG,

apparteneva alla crème del settore finanziario svizzero. Nuovo


presidente della banca divenne Richard

Schäfer. Era presidente della fiduciaria Fidirevisa, che apparteneva


all'impero Fidinam di Tito

Tettamanti. Nell'ambito del gruppo Fidinam Richard Schäfer era un


uomo di punta. Fino al 1991 fece

parte del consiglio d'amministrazione della società madre Fidinam


Servizi Fiduciari Holding SA

(Lugano), insieme con Tito Tettamanti, il direttore generale Giorgio


Ghiringhelli della Banca della

Svizzera Italiana e altri. (17) Nuovo vice divenne l'avvocato d'affari


zurighese Johannes Stolba. Faceva
parte del consiglio di amministrazione della Arner Bank di Lugano
(18) e del famoso Studio Uckmar

pure di Lugano (Il prof. Victor Uckmar insegna alle università di


Genova e alla Bocconi di Milano, è

presidente della camera fiduciaria e dei revisori italiana e


presidente della camera di commercio Italia-

Russia). Un mandato non privo d'importanza di Stolba era anche


l'incarico di consigliere

d'amministrazione alla R.F. & W. Partner di Zurigo: Gertrud Weber,


René Feybli e Gustave Adolphe

Rychner rappresentavano in Svizzera Technische Projektleitungen


(TPL, Zug) [gestioni tecniche di
progetti], la Technip Zug e la Technipetrol di Roma. Queste tre
società sono filiali del gruppo

petrolifero francese Elf-Aquitaine. Secondo il presidente dell'Agip


Raffaele Santoro il presidente di Elf

Loik Le Floch-Prigent apparteneva a quel club di mediatori, nel


business internazionale del petrolio, ai

quali si annoverava anche Pacini Battaglia, e ha sempre seguito


con attenzione gli affari della TPL. (19)

La filiale TPL di Roma e il suo direttore generale Mario Maddaloni


compaiono nello scandalo delle

tangenti Enimont, di cui si parla più avanti, separatamnte. (20) Altre


due figure importanti del settore

finanziario svizzero accompagnarono la trasformazione della


Karfinco in BPG: Erwin W. Heri e Robert
Vieux. Heri è dirigente finanziario dell'assicurazione Winterthur e fa
parte del consiglio

d'amministrazione della filiale svizzera della Deutsche


Commerzbank. Robert Vieux è una colonna

portante della piazza finanziaria Ginevra. Faceva parte del consiglio


di amministrazione di due società

dello statunitense naturalizzato a Ginevra Bruce Rappaport,


precisamente della EP Services per il

commercio di petrolio e della Soviet Intershipbuilders. (21) Inoltre


Vieux era nel consiglio d'

amministrazione della società finanziaria Norfinsud.(22) Lo troviamo


anche nell'ente "Un Avenir pour

Genève" con la presidentessa della SMUV Christiane Brunner, l'ex


consigliere federale Renè Felber

(SP) e i due banchieri privati Ivan Pictet e Thierry Lombard. E


ancora nella "Fondation pour Genéve"

con il manager della banca Rothschild Pierre Sciclounoff. Il


desiderio di Pacini Battaglia che la

Karfinco potesse sopravvivere al disastro, tutto sommato si è


realizzato. Ha resistito finora

brillantemente all'uragano di Mani Pulite, anche se sotto nuovo


nome e con una nuova squadra. Piano,

la squadra non è poi cosi nuova. Il presidente appena incaricato


della BPG, e presidente di Fidirevisa,

Richard Schäfer era già comparso in precedenza nell’orbita di un


azionista Karfinco, Rafic Claude
Abdallah Defouni del Cairo (23), di cui dovremo ancora occuparci.
Ma prima debbono essere illustrati

due grandi affaires di fondi neri, che la "struttura" di Pacini Battaglia


aveva elaborato per l'ENI:

l'affaire Transmed e l'affaire Ipsa 2.

DUE GRANDI AFFAIRES

Dei vari scandali che Pacini Battaglia ha rivelato ai pubblici ministeri


verrano qui descritti nei

particolari due grandi casi: l'affaire Transmed e l'affaire Ipsa 2. Per


quanto riguarda Transmed si

trattava dell'acquisto di grandi quantità di gas naturale algerino per


l'Italia. Per ottenere un prezzo del
metano il più possibile favorevole, il presidente dell' ENI Gabriele
Cagliari ingaggiò alla fine del 1989

il diplomatico turco di origine libica Omar Yehia, residente a


Ginevra. Egli aveva rapporti eccellenti

con il presidente algerino d'allora Chadli Bendjedid. Questo


consiglio il presidente dell'ENI Cagliari

l'aveva ricevuto niente meno che dal presidente dei ministri Giulio
Andreotti. Dopo colloqui

preliminari con il presidente della Snam Pio Pigorini, Yehia richiese


per il suo passo diplomatico presso

Bendjedid una provvigione di 30 milioni di dollari, che dovevano


essere accreditati sul conto 61900

della United Overseas Bank (24) di Ginevra, diretta dal suo


banchiere Ken Scott. Pigorini incaricò
Pacini Battaglia di versare a Yehia questa somma e gli affidò anche
la trattativa dei tempi e delle

modalità esatte. Poichè secondo le leggi italiane e secondo le


convenzioni internazionali d'appalto il

pagamento di commissioni di intermediazione era vietato, questo


denaro doveva passare fuori bilancio.

Poichè la Snam non potè procurarsi una somma così elevata di


denaro in nero, Pacini Battaglia fu

indirizzato da Pigorini ai dirigenti della Saipem Gianni Dell'Orto e


Paolo Ciaccia, che avrebbero messo

a disposizione il denaro. Pacini Battaglia ha così descritto ai


pubblici ministeri l'operazione condotta
insieme a Ciaccia: "La International Investment Development, con
sede a Guernsey nelle isole

britanniche del canale, diretta dal mio collaboratore Roger Francis,


emetteva fatture di comodo per

provvigioni alla Chemtrade & Finance (Vaduz) [una società Saipem


per l'accrescimento dei fondi neri].

Altre quattro società di Guernsey, la Burbridge, la Rodvale, la Coral


Fish e la IOOC, emettevano alla

Saipem UK a Londra fatture fittizie". (25) Con il pagamento di tutte


queste fatture false la Saipem

trasferì a Pacini Battaglia 33,65 milioni di dollari, 3,65 milioni di più


di quanto Yehia avesse a

disposizione. La ripartizione di questo denaro Pacini Battaglia la


presentò così: "22 milioni di dollari li
incassò il banchiere di Yehia Ken Scott [Scott firma alla United
Overseas Bank come procuratore]. 2,1

milioni di dollari, una parte dei quali in obbligazioni statali, li


consegnai a Ciaccia nel mio ufficio a

Roma. Il resto lo versai sul conto 14925 / SCT Albatros presso la


Republic National Bank (Suisse) a

Ginevra. 310.000 dollari li prese il presidente della Saipem


Dell'Orto. 1,4 milioni di dollari li incassò

un funzionario libico, di cui mi aveva fatto il nome Ciaccia. E


rimasero ancora le tangenti per i partiti:

3,5 miliardi di lire per il PSI e il miliardo di lire per la DC. Tra la fine
del 1991 e il maggio 1992 feci

portare da Chiasso a Roma questo denaro in contanti dai corrieri di


fondi neri della Comifin/Fimo. I

soldi per il PSI furono consegnati in strada davanti all' ufficio


romano di Pacini Battaglia ad un inviato

del tesoriere Vincenzo Balzamo. Il denaro per la DC fu portato


direttamente alla centrale di partito in

Piazza del Gesù." (26) Quando nell'aprile 1993 questo caso finì
sulle prime pagine dei giornali italiani,

anche la stampa algerina ne parlò e pubblicò alcuni articoli su Omar


Yehia. La procura della repubblica

di Algeri aprì un'inchiesta e il ministro algerino della giustizia


Mohamed Teguia promise di far luce su

questo caso di corruzione. Se questa sua iniziativa coraggiosa si


sia conclusa con successo, non si è
saputo. Il caso Ipsa 2 riguardava la costruzione di un oleodotto per
l'Irak. Durante la guerra Iran-Irak

del 1986 Saddam Hussein voleva raddoppiare un oleodotto lungo


circa 900 km., che trasportava

petrolio greggio iracheno ad una destinazione in Arabia Saudita,


fuori della portata dell'artiglieria

iraniana. Quattro consorzi internazionali si contendevano


quest'incarico: uno italofrancese (Saipem,

Snamprogetti, Spie-Capag), uno giapponese-coreano (Mitsubishi,


Hyndai), uno statunitense (Bechtel) e

uno tedesco (Impiantistica Mannesmann). Si trattava di un volume


di commesse per un miliardo e

mezzo di dollari, da qui la durezza delle trattative. Infine il contratto


concupito andò per metà al
consorzio italofrancese e per metà al consorzio giapponese-
coreano. Il 26 marzo 1993 Pacini Battaglia

confessò ai pubblici ministeri perché Saipem, Snamprogetti e Spie-


Capag avevano ricevuto l'incarico:

il presidente della Saipem Gianni Dell'Orto gli avrebbe assegnato il


compito di pagare ad un mediatore

iracheno una commissione di 16,5 milioni di dollari e 26,5 milioni di


marchi. Questo mediatore era

l'iracheno con cittadinanza inglese Nadhmi Auchi, residente a


Londra e in Lussemburgo. Auchi era

allora grande azionista della Investmentbank francese Paribas.


All'inizio della guerra del golfo egli
controllava il 4,4 % del capitale e il 6,4 % dei diritti di voto. Inoltre
possedeva il 20 % della Paribas

Luxemburg e l'8% della società finanziaria Compagnie de


Navigation Mixte, che a sua volta deteneva l'

8 % della Paribas. Tutto questo inquietò moltissimo, nel pieno della


guerra del golfo, il conservatore

"Figaro".(27) Auchi era particolarmente potente in Lussemburgo


dove presiedeva la General

Mediterranean Holding (GenMed ), del cui consiglio di


amministrazione facevano parte anche

l'avvocato ticinese e fondatore della Fidinam Tito Tettamanti. Del


collegamento tra Tettamanti e Auchi

si parla ancora dettagliatamente nel capitolo 16. Pacini Battaglia


fornì un quadro dettagliato della
transazione della tangente con Auchi: "L'iracheno mi ordinò di
pagare il denaro alla sua Barsy Services

a Panama City. Per questo mi servii della mia Projecta a St. Peter
Port, Guersney. Il denaro passò

dapprima attraverso una cassa per fondi neri della Saipem,


Promoters & Contractors (Vaduz) alla

Projecta. Per giustificare il trasferimento di tanto denaro, Promoters


& Contractors avevano stipulato

con la Saipem un contratto fittizio di consulenza. La partner della


Saipem Spie-Capag pagò

direttamente la sua partecipazione alla tangente Auchi direttamente


con un finto contratto di consulenza

con la Projecta. Complessivamente 20,28 milioni di dollari e 31,178


milioni di marchi giunsero alla

Projecta. Di questi pagai 16,5 milioni di dollari e 26,5 milioni di


marchi a Auchis Barsy. Con il resto

pagai due milioni di marchi alla Spie-Capag e un milione di dollari li


tenni per me. 3,5 miliardi di lire li

lasciai, su richiesta del presidente dell'ENI Franco Reviglio, a


disposizione di Silvano Larini. Questo

mi ordinò di portare immediatamente il denaro a Roma al tesoriere


del PSI Franco Reviglio.

L'operazione si svolse nei primi sei mesi del 1988 con l'aiuto della
Fimo di Chiasso".(28)

FATTURE DA BERNA
Nel settembre 1993 la Procura della Repubblica di Milano nominò
una commissione speciale per l'ENI

sotto la direzione del revisore Giorgio Laganà di Monza. Laganà


aveva ricevuto dal tribunale ampie

competenze. Egli era autorizzato a richiedere alle società ENI tutti i


documenti e le informazioni, a

controllare la contabilità e a sottoporre i "contratti di consulenza " ad


un test economico di plausibilità.

L' ex procuratore Paolo Bernasconi dichiarò nel febbraio 1994 sulla


"Neue Zürcher Zeitung" in

relazione al problema delle fatture false: "In base agli atti allegati
alle richieste di assistenza giuridica i

giudici civili e penali svizzeri hanno dovuto prender atto nel 1993
che in Svizzera decine di società
fiduciarie producono ogni anno come per magia infinite fatture
fittizie per mascherare pagamenti di

mazzette- onorate conformemente all'importo della fattura".(29) Il


presidente dell'ENI Bernabè ordinò

ai presidenti delle società settoriali di collaborare lealmente con gli


ispettori giudiziari, chiamati dalla

stampa "sceriffi". (30) Sei mesi più tardi la squadra di Laganà aveva
scoperto nuovi fondi neri per circa

70 miliardi di lire (allora circa 70 milioni di franchi) alla Snamprogetti


e 12 milioni di dollari alla

Saipem. Inoltre solo alla Snamprogetti furono considerate sospette


per formulazioni non chiare fatture

di più di 37 miliardi di lire: Ad esempio un conto di oltre dodici


miliardi di lire per un'analisi

dell'economia energetica russa che la Snamprogetti aveva ricevuto


da una società offshore. Più tardi la

stessa Snamprogetti rivendette il medesimo studio all'Agip e alla


Snam.(31) Tra quelle società che

avevano emesso all'ENI fatture, la cui plausibilità economica era


considerata sospetta da Laganà,

comparvero anche tre ditte di Berna: la RAD- Trading, la RAD-


Tecnica e la RAD-Fiduciaria. A queste

società è finora riuscito di tener nascosti il contesto, la connessione


dei fatti.

CHI C'ERA DIETRO IL GRUPPO RAD?


Presidente delle tre società RAD era Rafic Claude Abdallah Defouni
del Cairo.(33) Alla fondazione di

RAD-Trading (capitale 200.000 franchi), RAD-Tecnica (capitale


200.000 franchi) e RAD Fiduciaria

(capitale 100.000 franchi) nel maggio 1989 egli sottoscrisse il 98%


del capitale azionario. Le azioni

furono liberate in base all'iscrizione nel registro commeciale di


Berna, mediante pagamento in contanti

presso il Bankverein di Berna. Quel poco che restava del capitale lo


presero i due fiduciari bernesi

Robert Wöhrle e Peter Stampfli, che entrarono a far parte anche dei
tre consigli di amministrazione.

RAD-Fiduciaria e RAD-Tecnica avevano domicilio nella


Giacomettistrasse presso l'Altra Fiduciaria, la
RAD-Trading in Niesenweg 2 pure presso la fiduciaria Altra. Pochi
mesi dopo l'insediamento della

commissione speciale dell'ENI, il gruppo RAD si sciolse. Il 25


novembre l'assemblea generale decise la

liquidazione. Defouni era assente e si fece sostituire da Robert


Wöhrle. Liquidatrice era la fiduciaria

Altra.(34) Fondatore e consigliere d'amministrazione di questa era


Robert Wöhrle che dunque contribuì

a liquidare ciò che nel 1989 aveva contribuito a fondare. Wöhrle è,


in quanto bibliofilo con diploma

federale, uno specialista riconosciuto del suo settore a Berna.


Come presidente di Altra ritroviamo

Richard Schaefer, presidente della BPG, succeduta alla


Karfinco.(35) Secondo le convenzioni svizzere

un comportamento del genere non era reato. Le linee guida della


camera fiduciaria svizzera per la

revisione contabile escludevano espressamente il pagamento


illegale di tangenti all'estero dalle "azioni

delittuose". Anche il consiglio federale dichiarò nel settembre 1993


che solo di rado era possibile

riconoscere tangenti in base ai libri contabili e distinguerle da


commissioni legali.(36)

Note:

1) Pacini veniva chiamato dal delegato della Saipem Paolo Ciaccia


"il vero dominus occulto della
Snam e dell'Agip". ("L'Espresso", 11.4.93)

2) Croce aveva trasferito il domicilio della società finanziaria Nadex


SA da Lugano a Ginevra e fondato

lì la Orox SA, mentre Pacini Battaglia contemporaneamente fece


registrare la società finanziaria

Karfinco al registro commerciale. A Roma i due fondarono una


filiale dell' Orox , dove oltre a Pacini

Battaglia e Croce anche il direttore dell' Agip Bruno Cimino e il


presidente della SNAM Nicola

Melodia facevano parte del consiglio di amministrazione.

3) Camera dei Deputati, IX. Legislatura, Disegni di Legge e


Relazioni, Documenti, p.433
4) Nel 1991 Fritz Von Aesch era consigliere d' amministrazione
della Borak SA a Cologny, che

apparteneva al finanziere turco residente a Ginevra Mehemet


Karamehmed, la cui Cukurova holding

comprò la filiale svizzera della BCCI ( vedi p.181).

5) "Panorama", 28. 3. 93

6)Interrogatorio condotto da Antonio Di Pietro il 2. 2. 94

7) Negli anni 1986 e 1987 2,5 milioni di dollari passarono dalle


casse dell'ENI ad una Corak Ltd. senza

visibile contropartita (Verbale dell'interrogatorio di Pacini Battaglia


del 2.2.94, p.89)

8) Registre de Commerce, Genève, dossier no. 2423, 1981 (vedi


p.107)ù

9) Verbale dell'interrogatorio di Pacini Battaglia, 26.3.93

10) Azionisti fondatori della banca furono Pacini Battaglia e il suo


socio Franco Noel Croce con

750.000 franchi per uno, inoltre la Karfinco Holding NV


(Amsterdam) di Pacini Battaglia con 13,5

milioni di franchi.

11) Il direttore generale della filiale svizzera della più grande


Investment Bank Paribas francese era

allora Michel de Werra. La Paribas (Svizzera) fu fino al 1989 la


banca di riferimento della Sasea di

Florio Fiorini, finchè essa passò questo cliente alla concorrente


Crédit Lyonnais. Prima di diventare

direttore generale a Ginevra, de Werra si era affermato alla filiale


della Paribas a Lugano. Nell'estate

1995 si svolse a Parigi un'istruzione penale contro il presidente


della Paribas André Lévy-Lang per

supposto falso in bilancio.

12) Gherardi era socio della Compagnie Financière du Chateau


d'Allaman insieme con il direttore

generale della Paribas Michel de Werra e l'avvocato di Losanna


Paolo Gallone. Gallone ha dichiarato al

giornale "El Pais" all'inizio del 1996 di avere gestito a Losanna


società per il presidente corrotto della
Guardia Civil spagnola. Gallone era anche presidente della Multi
Media Consult di Ginevra, del cui

consiglio di amministrazione faceva parte Markus Binggeli della


Fidinam Fiduciaire di Ginevra.

13) Il gruppo Cortaillod, nel cui consiglio di amministrazione era


presente anche l'ex presidente della

FDP e presidente della Sasea Yann Richter, appartiene al gruppo


industriale francese Alcatel-Alsthom.

Contro il presidente dell'Alcatel Pierre Suard la giustizia francese


indagò per supposti reati economici.

14) L’insieme degli azionisti con diritto di voto mostrò una


composizione leggermente mutata. Accanto

a Pacini Battaglia e a Croce compare per la prima volta come


azionista anche Roger Francis. E ancora
la casalinga Adelheid Da Empoli-Gautschi di Interlaken, Luigi Paolo
Serra di Cassano di Panama City

e le cinque società panamensi Doren Overseas, Morland Overseas,


Morland Finance, Pelter Business

Corp. e Malden Overseas. Nel consiglio d'amministrazione della


Karfinco erano presenti nel 1991 oltre

al presidente Franco Croce e al vicepresidente Pacini Battaglia


anche l'ex direttore generale del

Bankverein Hubert Baschnagel, il direttore della Karfinco di Ginevra


Marcel Delley e Giovanni

Gilardoni di Roma. C’era poi il consigliere finanziario di Lugano


Sergio Bassi, al cui indirizzo (Via dei

Solari 4) si trovava anche la filiale di Lugano della banca Karfinco.


15) Croce perdette anche i suoi mandati alla Snamprogetti
International, la Snamprogetti SA e l'

affiliata della Snamprogetti Comerint, tutte a Ginevra.

16) "Corriere della Sera", 30. 7. 93

17) Anche la composizione di alto livello del consiglio di


amministrazione della Fidirevisa, presieduto

da Schäfer, indica l'importanza dell'uomo dell'Oberland bernese. Vi


si trovano accanto all'inglese

Michael Golding di stanza a Milano e Gilberto Zwahlen, presidente


della sezione ticinese della camera

fiduciaria svizzera, residente a Lugano, anche Hansjakob Strickler,


direttore di Ringier (?) e Luciano
Giudici, consigliere d'amministrazione della Banque Bruxelles
Lambert (Svizzera ). Schäfer aveva un

filo diretto anche con la Fidinam di Ginevra: il procuratore della


Fidirevisa di Ginevra Christian

Durussel firmava anche come direttore della Fidinam di Ginevra.

18) La Arner Bank era stata perquisita nel dicembre 1994 dalla
polizia in relazione ad un affare di

tangenti di Berlusconi (cfr. capitolo 10)

19) Calvi, Fabrizio, e Sisti, Leo: ‘Les Nouveaux Réseaux de la


Corruption’. Parigi, p.292

20) Qui basti dir questo: nel 1989 Pacini Battaglia pagò al
presidente dell' ENI Sergio Cragnotti per
ordine di Maddaloni una tangente di 5 miliardi di lire (verbale dell'
interrogatorio di Pacini Battaglia

del 2.2.94, p.129 segg.). Retroscena era un contratto per la


costruzione di un petardo all'etilene, che la

TPL aveva concluso con l'Enichem, la società precedente


l'Enimont. Quando l'Enichem nel 1989 si fuse

con la Montedison a formare l'Enimont, il nuovo uomo di punta


dell'Enimont, Raul Gardini, voleva

togliere il contratto alla TPL. La TPL potè conservarlo solo prchè


Maddaloni pagò una tangente al

topmanager di Gardini Cragnotti.

21) Rappaport è anche presidente della Bank of New York - Inter


Maritime Bank. I consigli di

amministrazione delle sue società furono da lui dotati di nomi


prestigiosi come l'ex consigliere federale

Nello Celio o il professor Raoul Oberson.

22) Lucio Velo, presidente della Arner Bank, era anche consigliere
d'amministrazione della Norfinsud.

23) Nel dicembre 1988 sottoscrisse 10 azioni con diritto di voto a


100 franchi.

24) La United Overseas Bank (Ginevra) è una Joint-venture della


Dresdner Bank e della Banque

Nationale de Paris (BPN).

25) Verbale dell'interrogatorio di Pacini Battaglia, 10.3.93


26) Verbale dell'interrogatorio di Pacini Battaglia, 26.3.93

27) "Le Figaro", 2.4.91

28) Verbale dell'interrogatorio di Pacini Battaglia, 26.3.93

29) "Neue Zürcher Zeitung", 7.2.94

30) "Milano Finanza", 23.9.93

31) "Milano Finanza", 15.2.94

32) Intervista a Giorgio Laganà, giugno 1994

33) Nel marzo 1992 Pacini Battaglia aveva fatto versare una
tangente sul suo conto presso la
Allgemeine Bank Nederland, con l'annotazione "Defouni". Il denaro
era destinato al socialista Claudio

Signorile e fu pagato da Enzo Papi, direttore dell'impresa di


costruzioni Cogefar del gruppo Fiat.

("L'Espresso", 23.5.93)

34) Era rappresentata dalla Fiduciaria Kristall con potere di firma.

35) A proposito di Richard Schäfer vedi anche p.385.

36) "Neue Zürcher Zeitung", 7.2.94

9 LA CENTRALE DEI FONDI NERI DI FERRUZZI A LOSANNA


"Il mio ruolo nell'ambito del gruppo Ferruzzi consisteva nella
gestione di fondi fuori bilancio, sia per il

gruppo che per la famiglia Ferruzzi"(1). Questa confessione


Giuseppe Berlini la fece nell'ufficio del

procuratore Antonio Di Pietro a Palazzo di Giustizia a Milano,


quando il 25 luglio 1993 si presentò con

due grosse valigie piene di documenti e estratti conto bancari.


Giuseppe "Pino" Berlini si occupava

allora in qualità di leale amministratore delegato del presidente


della Ferruzzi Raul Gardini della cassa

dei fondi neri a Losanna. Le coraggiose rivelazioni, che fece al


pubblico ministero, gettano luce sulle

consuetudini diffuse in un ambiente che altrimenti resta ignoto ai


comuni mortali: la gestione
finanziaria di un ambizioso clan familiare miliardario - in franchi, non
in lire ! Grazie ai fondi neri

custoditi da Pino Berlini a Losanna, sia il gruppo Ferruzzi che le


casse private delle varie ramificazioni

dei membri del clan potevano aggirare in tutto il mondo le


disposizioni e le leggi dello stato. Pino

aveva creato per la Ferruzzi, in Svizzera, una vera e propria finanza


parallela segreta e in ciò si valeva

solo di collaboratori di prima qualità, come l'ufficio fiduciario KPMG


Fides (Losanna) o la Fidinam

Fiduciaire a Ginevra. Della struttura finanziaria in nero di Berlini si


parlerà presto dettagliatamente,

ma, come si conviene in questi ambienti, prima di passare alle


rivelazioni dell'amministratore delegato

è il caso di prendere in considerazione il padrone.

FIDUCIANTI IN ITALIA

I Ferruzzi erano da generazioni commercianti di cereali residenti a


Ravenna. All'inizio del "miracolo

economico" italiano nei primi anni '50 il presidente fondatore


Serafino Ferruzzi entrò nel settore

immobiliare e nel business del cemento (Calcestruzzi, Cementi


Ravenna). Nel 1957 il giovane Raul

Gardini sposò Idina, la figlia del patriarca. Nel corso degli anni '60 e
'70, il gruppo Ferruzzi si espanse

nel settore edilizio e immobiliare italiano e divenne una presenza


notevole nel business agronomico

internazionale con filiali nel mondo intero. Serafino Ferruzzi era


considerato allora la personificazione

degli aspetti migliori del capitalismo familiare italiano: partendo dal


commercio di prodotti agricoli

della pianura del Po aveva messo insieme quasi inosservato nella


città di provincia di Ravenna un

impero economico di portata mondiale. Rivelatore del suo stile negli


affari è l'acquisto del quotidiano

romano "Il Messaggero", agli inizi degli anni '70. Poiché


l'informazione del giornale sul suo gruppo

non gli andava a genio, senza pensarci su si comprò la casa


editrice. Il presidente fondatore morì nel
1979 quando il suo LearJet si schiantò al suolo all'arrivo
all'aeroporto di provincia di Forlì. Nuovo

patriarca della Ferruzzi non divenne il primogenito di Serafino,


Vittorio, ma il genero Raul Gardini. Il

cognato di Raul, Carlo Sama, e Vittorio Giuliani Ricci, che avevano


sposato le altre due figlie di

Ferruzzi, entrarono nel top management dell'azienda a conduzione


familiare. Nel corso degli anni '80

Gardini moltiplicò rapidamente l'eredità di Serafino. Nel 1981


acquistò la Béghin-Say, la più grande

azienda produttrice di zucchero, e la fuse con Eridania, leader


italiana nel settore. La sua posizione nel

settore della stampa fu completata dall' acquisizione della


maggioranza delle azioni della stazione
televisiva Telemontecarlo.(2) A metà degli anni '80 rivolse infine
l'attenzione al gruppo chimico

Montedison, allora il terzo gruppo industriale privato più importante


d'Italia dopo Fiat e Olivetti.

Attraverso prestanome, come Pino Berlini, e soci in affari, come il


banchiere francese Jean Marc

Vernes e il finanziere milanese Gianni Varasi, Gardini si accapparrò


segretamente le azioni Montedison.

Nel dicembre 1987 l'acquisizione, condotta in modo scorretto, fu


infine perfezionata. Il presidente della

Montedison Mario Scimberni, che gli aveva creato difficoltà, dovette


dare le dimissioni.(3) Poi Gardini
riunì la Ferruzzi e la Montedison nella Ferfin Holding e trasferì la
sede principale da Ravenna a

Milano.

INSPIEGABILI OPERAZIONI FINANZIARIE A ZURIGO

Per prima cosa, Gardini fece redigere un rapporto di revisione


esterno su tutte le società Montedison,

tra queste la Montedison International a Zurigo. La relazione,


consegnata nell'autunno 1988, appurava

operazioni finanziarie inspiegabili soprattutto alla Montedison


International NV a Curaçao, nelle

Antille olandesi.(4) Vennero alla luce ad esempio anche contratti di


consulenza della Montedison
International NV con la Tradilor di Ginevra. La Tradilor apparteneva
a Carlo Massimiliano Gritti, l'ex

presidente del servizio segreto della Montedison, interno


all'azienda, nell'era del presidente Eugenio

Cefis all'inizio degli anni '70. Più tardi Gritti divenne presidente della
Montefibre strettamente collegata

alla Montedison e quando infine Cefis,il suo padre spirituale, si ritirò


a Zurigo, se ne andò pure lui in

Svizzera a Ginevra. Allora Gardini archiviò con discrezione questo


rapporto, ma nel corso di

un'operazione segreta trasferì la sede della Montedison


International da Zurigo a Lugano-Viganello.

Dopo il crollo dell'Enimont nel 1989 (vedi p.215 segg.) e una grande
speculazione sbagliata con
Sojafutures al mercato a termine di Chicago (5), Gardini ruppe con i
discendenti di Ferruzzi Arturo,

Franca e Alessandra. Sua moglie Idina, pure figlia di Severino,


restò dalla sua parte e i due si fecero

liquidare nel 1991 dalla ditta di famiglia con 505 miliardi di lire. (6)
Gardini fondò una nuova ditta, la

Gardini Srl, ereditata da suo figlio Ivan. Due anni dopo la grande lite
in famiglia, il passato riafferrò

Gardini. Vennero alla luce i suoi affari di tangenti. Il suo complice, il


presidente dell'ENI Cagliari,

aveva confessato tutto. In quei giorni caldi del luglio 1993, l'Italia
visse la fase più drammatica di Mani

Pulite: il 20 luglio il presidente dell'ENI Gabriele Cagliari fu trovato


morto con un sacco di plastica sul

capo nella sua cella a San Vittore. Tre giorni più tardi, Raul Gardini
si diede la morte con una pallottola

nel suo appartamento di lusso in Piazza Belgioioso a Milano. Aveva


un mandato di comparizione sul

tavolo e il giorno stesso avrebbe dovuto essere interrogato da Di


Pietro. Ciò che non sapeva: era già

stato firmato il suo ordine d'arresto. Idina, la sua vedova, che era
stata sempre molto religiosa, entrò più

tardi in convento.

FIDUCIARI IN SVIZZERA

Prendiamo ora in esame il leale amministratore svizzero di Gardini.


Solo poche ore dopo la morte

dell’imprenditore italiano, gli avvocati di Giuseppe Berlini, residente


a Losanna, segnalarono alla

procura di Milano la disponibilità del loro mandante a rispondere


alle domande. Ciò che Berlini

ignorava: Di Pietro aveva già firmato anche il suo ordine d'arresto.


Dopo che Roberto Magnani, il

direttore generale della finanziaria Ferruzzi, all'inizio di luglio aveva


cominciato a cantare, i procuratori

sapevano del ruolo centrale di Berlini quale "piattaforma girevole


dei fondi neri" in Svizzera. L'ex

portiere d'albergo Berlini era stato inviato a Losanna all'inizio degli


anni '70 dal presidente fondatore
Serafino Ferruzzi per sostituire il suo uomo di fiducia Florence Ley
Ravello. Berlini creò rapidamente

una struttura segreta per gli affari finanziari fuori bilancio del
vecchio Serafino. La piattaforma girevole

segreta dei fondi neri Ferruzzi fu amministrata dal 1980 al 1991


dalla Partival SA (domicilio in Avenue

de Rumine 20 presso la fiduciaria KPMG Fides). L'acquisizione


della Partival coincide con l'ascesa di

Gardini a capo della Ferruzzi. La Partival era già stata fondata nel
1968 con il nome Rapaga e fu

controllata, dal 1975 al 1980, dal finanziere pachistano Mohammed


Mir Khan. Consigliere

d'amministrazione della Partival era l'avvocato di Losanna e


direttore generale della KPMG-Fides Eric
Baudat. Il suo mandato finì nel settembre 1986. Dal marzo 1985
Baudat era anche consigliere

d'amministrazione alla Sasea di Florio Fiorini, dal 1989 al 1991 egli


firmò come presidente. Altri

consiglieri d'amministrazione della Partival erano Charles-Daniel


Pache e François Kirschmann,

uomini della KMPG-Fides. Nell'ottobre 1991 la Partival fu liquidata


e, contemporaneamente, Berlini

fondò la Solem Gestion SA, anch'essa domiciliata nella sede della


KPMG-Fides. Pache e Kirschmann

rimasero nel consiglio d'amministrazione dove comparve per la


prima volta anche Berlini.
Quest'operazione fece allora capire chiaramente agli addetti ai
lavori che Berlini, dopo la scissione di

Gardini dal gruppo Ferruzzi, era rimasto con il primo. (7) Berlini
ricavava i fondi neri o mediante

prestiti delle società legali affiliate alla Ferruzzi, ammortizzate


periodicamente nella contabilità

ufficiale come perdita dovuta alle tasse, o mediante i cosiddetti


affari "back to back". Vengono chiamati

"affari back-to-back" i finanziamenti in cui importanti società offrono


in segreto garanzie per una

società oscura, rendendola degna di fiducia. Così le società


offshore di Berlini avevano credito presso

le banche solo grazie alle garanzie e fideiussioni di importanti


società Ferruzzi. Berlini descrisse in
questo modo ai procuratori le sue tecniche finanziarie: "Per poter
eseguire le mie operazioni

economiche in maniera discreta, avevo creato uno schermo


protettivo di società offshore. Bisogna

infatti sapere che la legislazione commerciale nelle cosiddette zone


offshore è molto generosa: nessun

obbligo di tenere i libri, esenzione fiscale, segreto bancario


assoluto. Su queste piazze si può operare

senza che terzi possano sapere chi si nasconde dietro le


transazioni. Le società offshore si possono

comprare belle e pronte direttamente in Lussemburgo ma anche in


Svizzera, ad esempio a Ginevra o a

Friburgo, da fiduciari specializzati. Oppore si può farsene fondare


una nuova nel corso di una

settimana. Si possono stipulare anche contratti fiduciari e servirsi


così di società preesistenti per i propri

movimenti finanziari bisognosi di discrezione. Le più importanti


piazze offshore sono, in base alla mia

esperienza, le isole britanniche del Canale, le isole Vergini


britanniche, Curaçao, Panama, le Bahamas,

Irlanda e Lussemburgo. Io stesso ho gestito da quattro a cinque


società offshore di questo tipo a

Panama e nelle Isole Vergini britanniche. Inoltre mi servivo, per


compiti speciali, anche della Fidinam a

Ginevra, dove collaboravo con il Signor Binggeli".(8)


IL CASO ELOSUA

Un esempio della collaborazione di Berlini con la Fidinam Fiduciaire


(9) di Ginevra è il caso Elosua. Il

retroscena di questo caso è stato illustrato ai procuratori, il 22


novembre 1993, da Renato Picco,

direttore finanziario di Eridania (si chiamava così la più grande


impresa italiana produttrice di zucchero

appartenente a Ferruzzi) come segue: "Elosua è la più grande


produttrice d'olio spagnola. Era

controllata dal governo spagnolo, dal Banco Pastor e dalla famiglia


Elosua. Nel luglio 1989 i fratelli

Andreas e José -Manuel Elosua resero noto il loro desiderio di


vendere la propria partecipazione del
30%. Il gruppo Ferruzzi, che in Spagna controllava già l'importante
ditta produttrice d'olio d'oliva

Koipe, era intenzionato a comprare. Avrebbe tuttavia dovuto fare


un'offerta pubblica di acquisto, perché

la partecipazione da comprare superava il 25%. Inoltre, sarebbe


divenuto noto il controllo della Koipe

da parte della Ferruzzi che avrebbe dominato il mercato spagnolo


dell'olio d'oliva e sarebbe entrata in

conflitto con le leggi antimonopolio. Stando così le cose, 448.071


azioni Elosua furono rilevate dalla

Fidinam.(10) Il dott.Gardini mi aveva detto, allora, che Berlini mi


avrebbe fatto conoscere il nome

della società acquirente, che mi fu poi indicato come Fidinam, una


nota società fiduciaria
internazionale. 420.000 azioni furono comprate su incarico del
[banchiere francese] Jean Marc Vernes

dalla [banca francese] Paribas."(11) Berlini stesso aveva fatto luce


già il 15 settembre 1993 sul caso

Elosua: "Dal luglio al novembre 1989 comprai con la mia struttura,


su ordine del Dott. Gardini e del

direttore dell'Eridania Renato Picco, 450.000 azioni Elosua del


valore di ca. 36 milioni di dollari. Lo

scopo di quest'operazione era l'entrata dissimulata della Ferruzzi in


Elosua per impedire un rialzo delle

quotazioni alla borsa di Madrid. Più tardi, la mia struttura cedette


queste azioni al gruppo Ferruzzi".
(12) Alcuni mesi dopo questi acquisti mascherati, Gardini cominciò
a trattare con il governo spagnolo

su un'offerta pubblica di acquisto per la Elosua, cosa che non portò


tuttavia ad alcun risultato. Infine la

Koipe comprò nel giugno 1991 il 24,9 % della Elosua, il massimo


consentito secondo la legge dei

cartelli senza offerta pubblica di acquisto, vale a dire 448.071 azioni


della Fidinam e 298.929 della

Paribas. Nel settembre 1992 si pervenne infine con successo ad


un’offerta comune di acquisizione della

Koipe e della statale Tabacalera per Elosua. Purtroppo però il


prezzo delle azioni dell'offerta era più

basso di quello che la Fidinam aveva pagato al suo acquisto


fiduciario per Gardini. "Nel novembre
1992 Berlini mi comunicò che il saldo dell'operazione Fidinam era
stato negativo".(13) Dopo delle

trattative, la Ferruzzi risarcì infine alla Fidinam una parte delle


perdite per l'operazione fiduciaria.

UN BUCO DI MILIONI A LUGANO

Il 28 giugno 1993, appena un mese prima della scomparsa di


Cagliari e Gardini, Carlo Sama, delegato

del consiglio di amministrazione, rese nota del tutto


inaspettatamente all'assemblea generale della

Montedison una perdita di 742 miliardi di lire per la Montedison e di


1.697 miliardi per tutto il gruppo

Ferruzzi-Montedison e annunciò le sue dimissioni. A Lugano era


venuto alla luce poco prima un buco
di 320 miliardi di lire alla Montedison International (Lugano-
Viganello). (14) Spiegazione: crediti

irrecuperabili. Più tardi la cifra aumentò ulteriormente fino a 435


miliardi di lire. (15) Concretamente il

buco in bilancio era emerso alla Financing and Investments NV


(FAI) a Curaçao nelle Antille olandesi,

un'affiliata della Montedison International a Lugano-Viganello. La


Montedison International (capitale:

834 milioni di franchi) era presieduta allora dal manager della Ferfin
Romano Venturi. Vicepresidente

era il consigliere d'amministrazione della Kreditbank, Hanspeter


Bruderer, consigliere
d'amministrazione e direttore generale era Emilio Binda, consiglieri
d'amministrazione erano il

consigliere d'amministrazione della Karfinco, Hubert Baschnagel, il


vicepresidente della Banca del

Gottardo, Francesco Bolgiani, Alberto Ferrari, il direttore generale


della SBG Karl Janjöri e il noto

avvocato d'affari Carlo Sganzini, socio dello studio dell'ex


procuratore Paolo Bernasconi.

LA REVISIONE CURATOR DORMIVA

Quando un grande gruppo industriale come la Montedison il giorno


dell'assemblea generale è costretto

a rivelare una perdita di miliardi, di cui fino allora non si sapeva


nulla, può essere che i revisori
contabili, che nelle società per azioni sono responsabili della
contabilità regolare, non siano all’altezza

del loro compito. La revisione della Montedison era affidata alla


Price Waterhouse, il cui collaboratore

Matteo Dunatov certificava i bilanci di Montedison e Ferruzzi


finanziaria. "Dov'erano i revisori?" si è

chiesto "L' Espresso". Dunatov: "In un gruppo così ramificato la


Price non poteva fare tutto da sola.

Numerose società erano controllate da altri revisori, ad esempio la


Deloitte , la Reconta o l'Arthur

Andersen. E noi coordinavamo tutto. La società in cui si è


presentato il buco era stata esaminata dalla

Curator Zuerich. "Espresso": E che cosa le ha scritto la Curator? Il


signor [Ernst] Esslinger ci ha inviato
il suo attestato incondizionato che tutto era in ordine. - E ora, avete
richiesto chiarimenti? - Cerchiamo

di capire tutto meglio e riesaminiamo le nostre precedenti


valutazioni. Se Esslinger dichiara di

conoscere la Financing and Investments NV, che non figura


nell'elenco delle società da consolidare,

deve anche sapere a chi questa società ha prestato denaro".


Interpellato a questo proposito dall'

"Espresso", Ernst Esslinger disse lapidario: "La Financing and


Investments è stata sempre una società

poco attiva". (16) Il 30 agosto 1993 la società di revisione Deloitte &


Touche produsse la relazione
analitica sulla Montedison International a Viganello, richiesta dal
nuovo uomo di punta della

Montedison, Guido Rossi. In essa la Financing and Investments NV


si rivela una rilevante interfaccia

tra la Ferruzzi-Montedison legale e la cassa fuori bilancio di


Giuseppe Berlini: "Secondo informazioni

della direzione della Montedison International (Viganello)


l'operazione Fal faceva parte di quelle

transazioni che sono state compiute per ordine dei massimi


esponenti della Ferruzzi-Montedison a

favore di terzi sconosciuti. Dal dicembre 1988 all'ottobre 1992, la


Montedison International NV,

Curaçao, ha concesso crediti straordinari a terzi, estranei alla


Montedison. Questi finanziamenti furono
accordati a banche, per cui usualmente valevano convenzioni che
permettevano a terzi l'accesso alla

somma in questione, o furono concessi direttamente a terzi. Ad


esempio, a Clubeira Establishment

Eschen, Fürstentum Liechtenstein; Etablissement Valina / Fidinam


Fiduciaire SA, Ginevra (17); Wesex,

Panama; Greengage Investments Ltd. Tortola, British Virgin


Islands; Yerovi SA, Panama. Una parte di

queste società collaborava anche con la Ferruzzi Trading


International SA. I motivi di questi

finanziamenti non risultavano dai documenti presi in esame. La


direzione della Montedison

International [Lugano], che predisponeva materialmente le relative


somme, ha dichiarato di non aver

conosciuto né il motivo del pagamento né il destinatario finale e di


aver agito per ordine dei massimi

esponenti della Ferruzzi-Montedison. Il collegamento di questi


finanziamenti con convenzioni

fiduciarie a favore di terzi non risulta né dal bilancio della


Montedison International NV nè dal conto

consolidato della Montedison SpA di Milano."(18) Giuseppe Berlini


ha confermato le indicazioni di

Deloitte & Touche. Interrogato dal procuratore Di Pietro, nominò 23


società con cui nel corso del

tempo aveva compiuto transazioni per la famiglia e per il gruppo


Ferruzzi. A questi nomi ha aggiunto
quelli delle più importanti banche a cui ogni società appoggiava le
proprie operazioni finanziarie. (19)

Nell'aprile 1994 la Montedison ha intentato un’azione legale contro


Price Waterhouse per carenze nel

controllo durante la decennale attività di revisione, dal 1983 al


1992, e chiesto il risarcimento-danni di

più di 1.000 miliardi di lire (allora circa 850 milioni di franchi). Il 18


giugno la Ferruzzi Finanziaria

replicò con un'analoga denuncia contro la Price per 650 miliardi di


lire. Furono queste le prime grandi

azioni giudiziarie a chiarimento delle responsabilità nel controllo


delle società di revisione in Italia.(20)

La Curator svizzera invece, che revisionava la Montedison


International Holding di Lugano, restò al
riparo da una denuncia, ma perdette il mandato di revisione che
passò alla Deloitte & Touche Experta.

Fondatore e uomo di punta della Curator, un gruppo quanto mai


ramificato, era il ticinese Giancarlo

Cappello, che abitava in un sobborgo di Zurigo. (21) Fino al 1990,


Cappello fu anche presidente della

Revisione Curator prima che gli succedesse Ernst Esslinger. (22)


Diversamente dalla Price Waterhouse,

che a causa della sua attività per la Montedison in Italia dovette


subire molti attacchi della stampa e una

denuncia miliardaria, la Curator fu risparmiata da critiche.(23)


Strano veramente, se si pensa che i
rendiconti annuali di gestione della Montedison International, da
questa esaminati e convalidati,

secondo le confessioni dei suoi massimi dirigenti, contenevano


sempre, dal 1984 al 1992, movimenti di

fondi neri fino a cifre miliardarie. In Svizzera, la prassi della


revisione ostacola la lotta ai reati

economici. Questa era la conclusione di una dissertazione di San


Gallo sul ruolo dei

revisori contabili nella scoperta di crimini economici. (24) Ciò può


essere spiegato chiaramente con

l'esempio della Revisione Curator. Per circa venti anni Cappello o i


suoi manager controllarono diverse

affiliate svizzere del gruppo statale ENI e la Montedison di Raul


Gardini. Cappello faceva
contemporaneamente parte anche di alcuni consigli di
amministrazione ENI in Svizzera. Per tutti questi

anni, l'ENI e la Montedison furono tra le società più corrotte in Italia.


Tangenti di molte centinaia di

milioni di franchi passarono per le casse delle loro affiliate svizzere.


Ma di questo i revisori della

Curator non si interessavano. Conformemente alle direttive della


camera fiduciaria svizzera, la scoperta

della criminalità economica non è l'obiettivo di un normale controllo


del bilancio annuale da parte

dell'istituto di revisione. Inoltre, come già ricordato, questi principi


stabiliscono che il pagamento

illegale di tangenti o l'infrazione di disposizioni in materia di diritto


tributario sono espressamente

escluse dalla categoria delle azioni delittuose. Finchè questi principi


di revisione superati non saranno

sostituiti da norme più severe, le pecore nere tra i fiduciari svizzeri


avranno via libera. Questo incide

tanto più negativamente in quanto è aumentata l'importanza della


lotta ai reati economici mediante la

revisione, da quando il paragrafo sul riciclaggio di denaro rende


difficile l'utilizzo del sistema bancario

per legalizzare il denaro sporco. Se i riciclatori operano in nome di


società di copertura con finti affari e

ricevute falsificate, possono semmai essere d'aiuto solo tecniche di


controllo di più facile uso.
ENIMONT: "LA MADRE DI TUTTE LE TANGENTI"

Il presidente della Ferruzzi Raul Gardini può rivendicare di avere


pagato la tangente più alta d'Italia, "la

madre di tutte le tangenti". Nel 1989 ENI e Ferruzzi-Montedison


decisero di fondersi con il nuovo

nome di Enimont. Ogni partner della Joint-venture doveva tenere il


40% delle azioni Enimont, il

restante 20% era destinato al libero mercato. Gardini non si attenne


ai patti e fece comprare

segretamente in borsa azioni Enimont dai suoi alleati (25) In questo


modo controllò infine il 51% di

Enimont. Gardini voleva quindi assumere il potere, cambiare il


consiglio di amministrazione e
allontanare dal management gli uomini dell'ENI. Il piano fallì. Il 9
novembre il presidente del tribunale

di Milano Diego Curtò ordinò il sequestro delle azioni Enimont di


Gardini e dell' ENI e convocò

l'avvocato socialista e consigliere d'amministrazione della Banca


Commerciale Italiana Vincenzo

Palladino dall'amministratore fiduciario di queste azioni. (26) Gardini


capì che l'ENI, controllata dai

socialisti, non gli avrebbe ceduto mai il dominio esclusivo


sull'Enimont. Il 22 novembre rese nota la

vendita all’ENI della sua quota Enimont del 40%. Nei 13 giorni tra il
9 e il 22 novembre, l'ENI e

Ferruzzi si erano accordati. L'ENI era disposta a pagare per le


azioni un prezzo di riacquisto

maggiorato: 2.805 miliardi di lire. Affinchè i politici e i grandi partiti


sostenessero questo mercato delle

vacche, Gardini avrebbe distribuito una tangente ammontante a


130 miliardi di lire (allora più di cento

milioni di franchi). Di fatto questo sporco affare equivaleva ad un


furto ai danni del patrimonio statale

italiano e del contribuente fiscale italiano. Giuseppe Berlini,


Giuseppe Garofano, Carlo Sama e il

presidente finanziario della Montedison, Roberto Michetti, hanno


rivelato nei dettagli ai pubblici

ministeri la storia di questa enorme tangente. Il direttore finanziario


Michetti propose di pagare la
mazzetta ai socialisti attraverso la Montedison International NV,
Curaçao, che aveva nelle sue casse tra

i 15 e i 20 milioni di dollari. Michetti prese contatto con il direttore


finanziario dell'ENI, Enrico

Ferranti. Questo gli indicò la Allied Engineering Ltd. (Londra) che


avrebbe emesso una fattura falsa

alla Montedison International, che lui Michetti avrebbe pagato. Il


denaro passò così dalla Montedison

all'ENI. La Allied era una società del tesoriere dei fondi neri dell'ENI
Pacini Battaglia e veniva diretta

dal suo collaboratore Roger Francis. (27) Francis inviò, come


ordinato, una fattura della Allied per più

di 10,5 milioni di dollari alla Montedison International NV, che fu


pagata prontamente il 17 gennaio
1991. Quindi Pacini Battaglia, secondo le indicazioni del direttore
finanziario dell'ENI Ferranti,

distribuì il denaro al partito socialista e a diverse persone


nell'ambito di influenza dei socialisti come ad

esempio il direttore dell'ENI Gabriele Cagliari. Con ciò Berlini e


Pacini Battaglia avevano suddiviso

con successo la quota della tangente Enimont spettante ai


socialisti.

I PECCATI DELLA BANCA VATICANA

I pagamenti alla Democrazia Cristiana erano di competenza dei due


uomini di fiducia di Gardini,

Sergio Cusani e Luigi Bisignani. La raccolta fondi per la quota di


questa tangente passò per affari

immobiliari fittizi di Gardini a Roma a carico della Montedison. I


fondi così procurati figuravano in

forma di cosiddetti CCT. I CCT sono obbligazioni di cassa della


Repubblica italiana al portatore e

avrebbero potuto compromettere i loro destinatari, mediante il


numero di serie, se fossero stati venduti

ad una banca. I democristiani insistettero per avere denaro


contante. Poiché Cusani, l'uomo di fiducia di

Gardini, aveva buoni rapporti con il Vaticano e con la banca


vaticana IOR, il procuratore Di Pietro

suppose che lo IOR avesse riciclato una parte delle tangenti


Enimont, vale a dire cambiato i CCT in
denaro contante. Nell'ottobre 1993 Di Pietro presentò al Vaticano
una richiesta di assistenza giuridica.

Senza grande speranza, in verità, perché Pio Cipriotti, giudice


supremo del Vaticano, non l’aveva mai

concessa prima alla giustizia italiana. Già dopo il crollo del Banco
Ambrosiano nell'anno 1982 il Santo

Padre aveva rifiutato la collaborazione e aveva protetto Paul


Marcinkus, l'arcivescovo a capo dello

IOR, gravemente incriminato. Karol Wojtyla preferì vendere il Banco


di Roma per la Svizzera, filiale

IOR, alla SBG e rabbonire i creditori danneggiati dell'Ambrosiano


con i 241 milioni di dollari così

ricavati. (28) Nel 1987 il papa rifiutò una richiesta di estradizione a


Milano dell'arcivescovo
Marcinkus, richiamandosi ai patti lateranensi, stipulati con Mussolini
nel 1929. Ma nel dicembre 1993

il Vaticano, suscitando lo stupore generale, ebbe un ripensamento


e, per la prima volta nella sua storia,

concesse assistenza giudiziaria all'Italia in un caso di corruzione. E


si trattò di una sorta di confessione

che rivelò che anche nella Banca vaticana si pecca. (29) Sergio
Cusani aveva collaborato con Luigi

Bisignani che fungeva, senza legami con altri, da intermediario con


il Vaticano. Bisignani era una

figura pittoresca: giornalista dell'agenzia ANSA, membro della P-2 e


consigliere di Licio Gelli, lavorò
più tardi come uomo di collegamento di persone potenti, come
Giulio Andreotti, con il Vaticano. Era

anche buon amico dell'amico di Andreotti Lamberto Dini, più tardi


direttore generale della Banca

d'Italia e presidente dei ministri italiano. Dal 1989 Bisignani lavorò


anche come "consulente esterno" di

Raul Gardini. Bisignani, Cusani e il manager della Ferruzzi Carlo


Sama, trattarono con monsignor

Donato de Bonis, presidente dello IOR, la fondazione dell'Istituto


San Serafino con domicilio presso lo

IOR. Scopo della fondazione doveva essere quello di versare ai


partiti italiani e ad altre opere

caritatevoli generosi contributi. Bisignani riempì la cassa della San


Serafino con obbligazioni statali da
riciclare. Una parte del controvalore delle obbligazioni lo ricevette
dallo IOR in contanti. (30) I partner

della trattativa erano in stretti rapporti anche a livello personale.


Monsignor De Bonis aveva unito in

matrimonio in Vaticano il manager della Ferruzzi con Alessandra


Ferruzzi, la figlia erede del gruppo

industriale. Dopo che si era dimesso da presidente dello IOR, nel


settembre 1993, il papa nominò

Monsignor De Bonis prelato dell'Ordine di Malta.

MERCHANTBANK CRAGNOTTI & PARTNERS

Abbiamo già appreso da alcune testimonianze che gli acrobati della


finanza pensano volentieri per
"strutture", che oltrepassano paesi e legislazioni, eludono governi e
parlamenti. Non si preoccupano di

limitazioni economico-politiche nazionali. Sono instabili come il


capitale che le attraversa. Cambiano

sempre nome, domicilio, forma giuridica e personale - in totale


conformità con le esigenze del giorno.

Ad una buona "struttura" si addicono amministratori leali perché


bisogna sfruttare al massimo ogni

pertugio. Al di là di tutti gli intrecci organizzativi, una "struttura" è


una rete di persone e di fedeltà

mafiose. Un esempio è la "struttura Cragnotti & partners". Sergio


Cragnotti era un manager in carriera

della Ferruzzi nel settore finanziario e negli anni '80 era considerato
il braccio destro di Raul Gardini.

Nel 1990 comprò alla Matsack UK Ltd. di Londra nella Dublino


irlandese una società di comodo senza

impiegati di nome Standuff Limited, nel cui consiglio di


amministrazione egli entrò con il suo

collaboratore Paolo Opromolla. Più tardi anche Giuseppe Berlini,


tesoriere dei fondi neri Ferruzzi a

Losanna, e Jean Marc Vernes, alleato di Gardini in Francia,


entrarono nel consiglio di amministrazione

Standuff. A metà del 1991 la Standuff cambiò nome in Cragnotti &


Partners. Da Raul Gardini, Arturo

Ferruzzi e Carlo Sama in giù, l'intero top management responsabile


degli affari finanziari internazionali
della Ferruzzi - Montedison entrò nel consiglio di amministrazione,
non escluso l'uomo di fiducia di

Gardini, Sergio Cusani .(31) Già nel febbraio 1991 Cragnotti aveva
fondato a Lugano la Cragnotti &

Partners, Services, con domicilio nello studio legale Sganzini &


Partner. A questa società seguì nel

marzo 1991 la Cragnotti & Partners Finance, pure a Lugano. Del


consiglio di amministrazione della C

& P Finance facevano parte l'allora consigliere nazionale ticinese


FDP Geo Camponovo di Chiasso,

l'avvocato Carlo Sganzini, il manager della Ferruzzi-Montedison


Paolo Opromolla e il presidente della

Curator, Giancarlo Cappello. (32) Presidente della Cragnotti &


Partners Finance era Roberto Marziale,
consigliere delegato della Montedison International a Viganello.
Marziale era, allora, nonostante avesse

appena 30 anni, un esperto specialista finanziario internazionale.


Aveva cominciato nel 1984 come

praticante presso la Ferruzzi Services a Ginevra, era passato nel


1987 alla Montedison Finance Lugano,

prima di diventare presidente della Montedison International.


Marziale era anche consigliere

d'amministrazione di Fal NV (Curaçao), dove, nel 1993, si era


prodotto il buco già descritto di 320

milioni di lire. Inoltre Marziale era presidente finanziario della filiale


Enimont a Lugano-Viganello.
Quando nell'estate 1993 le pustole purulente si aprirono e Cragnotti
entrò a far parte dei sospettati nello

scandalo Ferruzzi-Montedison (33), il più scaltro Marziale se ne era


già andato alla C&P. Nel maggio

1991 era stata fondata la Cragnotti & Partners Capital Investment


Luxemburg. Azionista principale di

questa Joint- venture era la C&P ( Dublino) con il 45 %, inoltre


quasi due dozzine di banche famose

detenevano quote di minoranza: ad esempio lo Schweizerische


Bankverein l '8,1 %, la Rabobank

(Svizzera) il 6,1 %, il Banco di Napoli il 5,1 % e il Crédit Lyonnais il


3,7 %. Del consiglio

d'amministrazione facevano parte Giuseppe Garofano, manager


della Montedison-Ferruzzi, Roberto
Michetti e Paolo Opromolla. Mancavano Gardini e Cragnotti, dopo
la rottura di Gardini con la famiglia

Ferruzzi. I consiglieri d amministrazione svizzeri erano l' avvocato di


Lugano Lucio Velo, Robert

Villiger, legato al Bankverein e Hans C. Schulthess, uomo della


fiduciaria Fides (34). Che la C&P

Capital Investment lussemburghese avesse grandi progetti, lo


mostra l'entrata di Stanislas Yassukovich

nel consiglio di amministrazione. Negli anni '70, Yassukovich era la


superstar degli euromercati e

divenne più tardi presidente dell'associazione londinese di categoria


Securities Association. Egli

avrebbe dovuto procurare credibilità e rispettabilità alla C&P a


Londra. All'inizio del 1994,

Yassukovich lasciò di nuovo la C&P.(35) La C& P ha retto al tifone


Mani Pulite, anche se fortemente

ridimensionata.

C'E' VITA DOPO ENIMONT?

Dopo aver comprato nel 1994 le aziende alimentari IRI Cirio


Polenghi De Rica (conserve,latte), allora

privatizzate, Cragnotti annunciò sulla stampa il suo ritiro dagli affari


finanziari. Diventò un industriale

romano e si dedicò all'incarico di presidente dell’AS (Associazione


sportiva) Roma e al "Messaggero",

un giornale che aveva rilevato dai Ferruzzi dopo il loro crollo.


Cragnotti non ha tuttavia interrotto del

tutto i rapporti con la C&P da lui creata. I tre procuratori della sua
Cirio International BV, Amsterdam,

filiale di Lugano, e precisamente Gianni Patuzzo, Daniele Poggi e


Raffaele Riva, firmano tutti e tre

anche come procuratori della C&P Finance (Lugano). Poggi è


inoltre procuratore della succursale di

Lugano della società Cragnotti Compagnia Mobiliare SpA a Roma.


L' ex presidente della C&P Roberto

Marziale ha dato le dimissioni e ha fondato la società finanziaria


Sagres da lui presieduta. Consiglieri

d'amministrazione della Sagres sono: Lucio Velo, consigliere d'


amministrazione della C& P in
Lussemburgo, il socio di Velo Andrea Balerna (direttore della TS
Truster) e Brunello Donati

(consigliere d'amministrazione della Atlantis di Friburgo). Del


consiglio di amministrazione della

Sagres fa parte anche Silvano Grassi (direttore della filiale di


Lugano della Società Finanziaria

Chimica, una filiale dell'Enichem). Con ciò risulta chiaro che l' ENI
non nutre alcun risentimento nei

confronti dell' ex manager della Ferruzzi-Montedison Marziale. Che


il rapporto tra ENI e Montedison

sopravvivesse anche alla terribile avventura Enimont, costata la vita


a due grandi presidenti, Raul

Gardini e Gabriele Cagliari, lo dimostra il consiglio


d'amministrazione della C&P Services (Lugano).
Qui sedevano tranquillamente uno accanto all'altra al tavolo delle
sedute, alla fine del 1995, la

rappresentante dell'Enichem Fiamma Bindella e l'uomo della


Montedison Fabio Gaggini. Si

scambiavano solo ricordi? Ci farebbe veramente piacere sapere


che affari venivano qui trattati.

Note:

1) Verbale dell'interrogatorio di Giuseppe Berlini, 25.7.93

2) Telemontecarlo fu venduta più tardi all'imprenditore e politico


fiorentino Mario Cecchi Gori, che

negli anni '90 divenne un imprenditore mediatico.


3) "L'Unità", 8.12.93. Nel dicembre 1993 Mario Schimberni fu
arrestato dai procuratori di Mani Pulite

per sospetto di falso in bilancio e finanziamento illegale dei partiti.


L'accusa era che tra il 1984 e il

1987, prima che Ferruzzi rilevasse la Montedison, egli avesse


aumentato i fondi neri alla Montedison

International svizzera, usati probabilmente per corrompere i politici,


a 500 miliardi di lire.

4) "Panorama", 31.12.93

5) Nel 1989 Gardini aveva cercato di mettere alle corde ("corner") il


mercato della soia di Chicago con

l'impiego di circa 350 milioni di dollari. Il termine tecnico, tratto dal


linguaggio della borsa, significa
acquisire tanti Futures (diritti d'acquisto del prossimo raccolto di
soja), così che la libera offerta

divenga troppo limitata e il prezzo della soja si alzi. Per cui Gardini,
in una vendita controllata, avrebbe

potuto valorizzare i suoi Sojafutures (diritti d' acquisto ad un prezzo


più basso fissato prima). Ma la

prassi di mettere alle corde ("corner") un mercato, mediante un


massiccio intervento, è vietata in base

al regolamento del CBOT (Chicago Board of Trade). Il presidente


del CBOT Karsten Mahlmann

costrinse Gardini a liquidare in perdita gran parte delle sue


posizioni. Si dice che con ciò la Ferruzzi
abbia perduto 350 milioni di dollari. Una parte di queste perdite
Gardini le nascose nella struttura

segreta di Berlini. Dopo la sua morte questi buchi vennero alla luce
seminando sgomento tra gli

azionisti di minoranza della Ferruzzi.

6) Nuovi presidenti divennero, accanto ad Arturo Ferruzzi, Carlo


Sama e Vittorio Giuliani Ricci,

sposati entrambi, come Gardini, con figlie del patriarca Serafino.


Dopo i grandi scandali del 1993, la

famiglia Ferruzzi fu estromessa dal gruppo. Questo fu risanato e


ristrutturato con successo dal manager

Guido Rossi, sotto la responsabilità della Mediobanca milanese.


7) Anche il presidente della Montedison Giuseppe Garofano,
arrestato a Ginevra il 16 luglio, confermò

nelle sue dichiarazioni l'importante ruolo di Berlini.

8) Verbale dell'interrogatorio di Giuseppe Berlini, 25. 7. 93, foglio


n.5

9) Markus Binggeli era nel 1995 presidente della Fidinam Fiduciaire


(Ginevra). Del consiglio di

amministrazione facevano parte Tito Tettamanti, Rolf Macchi e


Jean Steiner. Nel management

firmavano Christian Durussel, Luis Arias, Patrice Aubry e Peter


Wyss, la revisione era compiuta da

Fidirevisa SA.
10) Alla stampa ticinese quest'operazione non era rimasta ignota. Il
4.10.89 il "Giornale del Popolo"

scrisse che l'acquisto di azioni era avvenuto per via fiduciaria per un
importante cliente italiano,

probabilmente il gruppo Ferruzzi.

11) Verbale dell'interrogatorio di Renato Picco, 22.11.93

12) Verbale dell'interrogatorio di Giuseppe Berlini, 15.9.93

13) Verbale dell'interrogatorio di Renato Picco, 22.11.93

14) Come già ricordato, era emerso in questa ditta già nel 1988 un
buco di 500 miliardi di lire, di cui fu

attribuita la responsabilità all'allora capo della Montedison Mario


Schimberni.
15) "L'Espresso", 11.7.93

16) ”L’Espresso”, 11.7.93

17) L'Istituto Valina (Etablissement Valina) ha una storia


movimentata. Fu fondato nel 1935

dall'austriaco Helmuth Merlin, allora vicepresidente del famoso


Praesidial- Anstalt di Vaduz. Nel 1979

Merlin fu sostituito nel consiglio di amministrazione da Markus


Binggeli (Ginevra) e da Alfred Hasler

(Vaduz). Binggeli era allora un ambizioso dirigente della filiale


ginevrina della società fiduciaria

Fidinam di Tito Tettamanti, Hasler era, dall'inizio degli anni '60, il più
importante uomo di fiducia della
Fidinam in Liechtenstein. Già nel 1982 Binggeli e Hasler lasciarono
la Valina e furono sostituiti da

Hannelore Donhauser e Edwin Nutt (entrambi di Vaduz). I due


diedero a loro volta le dimissioni nel

1988 a favore di Markus Hasler (Vaduz). (Per la storia della


Fidinam vedi cap.16)

18) Assemblea Montedison SpA, Milano del 30 agosto 1993: Stralci


del rapporto Deloitte & Touche,

Gruppo Montedison International Holding Company

19) I nomi di queste 23 società e delle loro banche di riferimento


sono: Carelle SA (Panama), banche di

rif.: Indosuez (Luxemburg), BSI (Ginevra); Yerovi SA (Panama),


banche di rif.: Indosuez

(Lussemburgo), UOB (Lussemburgo), BSI (Nassau); Etablissement


Valina SA (Vaduz), banca di rif.:

BSI (Ginevra); Wesex Investment Inc.(Panama), banche di rif.:


S.E.B.(Lussemburgo), UOB

(Lussemburgo), Bank Leu (Ginevra); Honil Ltd.(Isola di Man),


banche di rif.: CCF (Ginevra), UOB

(Lussemburgo), Paribas (Nassau; Lamerton Holding Inc.(Panama),


UOB (Lussemburgo), Indosuez

(Lussemburgo); Amapola R.Estate Est.(Vaduz), banca di rif.: UOB


(Lussemburgo); Xoil Corporation

(Panama), banca di rif.: Banca del Gottardo (Nassau);


Kiwexim(Panama), banca di rif.: BSI (Ginevra);
Esib Smile (Vaduz), banca di rif.: BSI (Guersney); Sofilu
Inc.(Panama), banca di rif.: BIL

(Lussemburgo); Clubeira Est.(Panama), banca di rif.: Banca del


Gottardo (Lussemburgo); Fidinam SA

Ginevra, banca di rif.: BSI (Ginevra); Gratisalz SA (Panama), banca


di rif.: BSI (Ginevra); Greengage

Inv.Ltd.(Panama), Banca di rif.: Indosuez (Lussemburgo);


Participations Européennes SA

(Lussemburgo), banche di rif.: Indosuez (Lussemburgo), UOB


(Lussemburgo); Luxembourg European

Investment Holding SA (Lussemburgo), banche di rif.: UOB


(Lussemburgo), Bank Leu (Ginevra),

Compagnie Internacional de Industria y Comercio (Paraguay),


banca di rif.: Bank Leu (Ginevra); Zinal
Corporation,(Panama), banche di rif.: Bank Leu (Ginevra), BSI
(Ginevra); Cross Hill Investments

(Panama), Banca di rif.: BSI (Ginevra); Faltet SA (Panama), banca


di rif.: DG Bank (Ginevra); Onley

Inc.(Lussemburgo), banca di rif.:BIL (Lussemburgo); Union


Securities (Lussemburgo), banca di rif.:

BIL (Lussemburgo).

20) A livello internazionale la Price Waterhouse era già abituata a


queste accuse. La società aveva

convalidato per anni il bilancio alla malconcia e criminale Bank of


Commerce and Credit International

(BCCI), finchè l'istituto nel giugno 1991 fu chiuso improvvisamente


dalle autorità. I liquidatori della

BCCI, Touche & Ross, hanno perciò sporto denuncia contro Price e
Waterhouse. Nel giugno 1994

presso un tribunale australiano si iniziò un'azione legale di 1,1


miliardi di dollari australiani. Si trattava

qui del collasso della South Australia State Bank, i cui bilanci erano
stati controllati dalla Price

Waterhouse.

21) Come già ricordato, Cappello faceva parte anche dei consigli di
amministrazione di numerose

affiliate svizzere dell' ENI. E anche del consiglio di amministrazione


della Enichem Finance - che
veniva controllata dalla Curator Revision- e della Enimont
International (Lugano), l'affiliata svizzera di

quella Joint-venture tra Enichem e Montedison, e ancora di


Cragnotti & Partners (Lugano), la

Merchantbank fondata dal braccio destro di Gardini.

22) Altri mandati di consiglio d'amministrazione di Ernst Esslinger:


Aerpat AG ( Zug); Girofina AG

(Zug); Industrial Machinery Company (Zug); Curator & Horwath AG


(Zurigo). (Fonte: Orell Füssli/

Teledata: Die Schweizer Wirtschafts-CD-ROM. Version 1996/1,


giorno: 1.8.95

23) Un articolo sul ruolo della Curator apparve l'11 ottobre 1993 nel
"Wall Street Journal Europe".
24) Gisler, Markus : ‚Wirtschaftsdelikte - Herausforderung für die
Revision’. (‘Reati economici- Una

sfida per la revisione’), Zurigo, 1994

25) L'11 % della quota libera lo accaparrarono fiduciariamente per


Gardini la Investmentbank

Prudential Bache statunitense, l'amico finanziere Gianni Varasi e il


partner francese di Gardini, Jean

Marc Vernes.

26) Il presidente del tribunale Curtò e Palladino finirono entrambi in


prigione nel settembre 1993

perché erano stati compensati con tangenti per aver favorito l'ENI.
27) "L'Espresso", 15.8.93

28) La SBG diede alla banca acquistata il nuovo nome di Banco di


Lugano.

29) Oltre che nello scandalo Enimont, il Vaticano era implicato in


altri affari di tangenti. Al centro c'era

il corrotto cardinale Fiorenzo Angelini, nel cui ufficio il pittore


comunista italiano Renato Guttuso,

poco prima della morte, passò alla fede cattolica. Dal 1970 Angelini
era responsabile del settore sanità

in Vaticano ed era inoltre presidente dell'associazione italiana dei


medici e dei farmacisti. Egli

interveniva di volta in volta presso Duilio Poggiolini che, nel


ministero italiano per la salute, era
responsabile dell'accettazione dei farmaci. Le ditte farmaceutiche
che lo corrompevano, ottenevano che

le loro nuove medicine comparissero subito nella lista dei farmaci


mutuabili. (vedi p.56 segg.)

30) Calvi, Fabrizio et Sisti, Leo: ‘Les Nouveaux Réseaux de la


Corruption’ . Parigi, 1990, p.238

31) Companies Register, Dublino.

32) Il socio di Cappello Ernst Esslinger era revisore della


Montedison International (Lugano).

33) Nel 1994 Cragnotti fu condannato in prima istanza a Ravenna


per reati economici ad una breve

pena detentiva. Già nel 1993 era stato escluso dal commercio
nell'Ontario canadese per insider-trading.
34) Tribunal d' Arrondissement de et à Luxembourg, Registre du
Commerce et des Sociétés

35) ”Financial Times”, 7.3.94

10 LUGANO - L'HINTERLAND DI BERLUSCONI

L'ascesa e la caduta di Silvio Berlusconi sono strettamente legate ai


suoi affari non trasparenti sulla

piazza finanziaria di Lugano. A metà degli anni '60 Berlusconi era


un giovane speculatore immobiliare

ambizioso, e il suo primo grande quartiere residenziale per 4.000


inquilini lo fece sorgere a Brugherio,

a nord di Milano. Il capitale necessario arrivò dalla Svizzera. Socio


occulto dell'impresa costruttrice di
Brugherio (Edilnord società in accomandita Silvio Berlusconi e soci)
era la Società finanziaria per

residenze s.p.a. (Lugano), rappresentata dall'avvocato ticinese


Renzo Rezzonico. La finanziaria

svizzera fornì alla Edilnord il capitale, mentre Berlusconi in cambio


di una percentuale sugli utili fornì

la forza lavoro. (1) Subito dopo aver terminato il complesso di


Brugherio, Berlusconi intraprese un

progetto ancora più vasto: Milano 2, una città artificiosa, quasi fosse
stata prodotta in provetta, per

10.000 abitanti nel sobborgo milanese di Segrate. L'impresa


costruttrice era la società in accomandita

Edilnord Centri Residenziali, Lidia Borsani e soci. La signora


Borsani era una cugina di Berlusconi e

fungeva da prestanome con una quota minima di capitale. Il 96 %


del capitale era posseduto dalla S.p.a.

svizzera per investimenti immobiliari in centri residenziali (Lugano),


presieduta di nuovo da Renzo

Rezzonico. (2) Il 2 febbraio 1973 Berlusconi fondò a Milano un'altra


impresa di costruzioni, la

Italcantieri. Le formalità necessarie furono sbrigate dal notaio


Renato Pironi e dalla casalinga Elda

Brovelli. Pironi operava in nome della Cofigen s.p.a. (Chiasso) e


Brovelli in nome della Eti s.p.a.

holding, pure di Chiasso. (3) L' Eti era stata fondata il 24 aprile 1969
da una ticinese e da due ticinesi:
Ercole Doninelli, sua moglie Stefania Doninelli-Binaghi e Arno
Ballinari.(4) La Signora Doninelli

sottoscrisse 48 delle 50 azioni Eti a 1000 franchi per e in nome


della Aurelius Financing Co. SA

(Chiasso).(5) La Cofigen SA era una joint-venture della Banca della


Svizzera Italiana (BSI) e della

Banca privata di credito zurighese (PKB) (6). La BSI era allora


controllata dalla statale Banca

Commerciale Italiana, azionista di minoranza della BSI era Tito


Tettamanti. Il cablaggio delle

abitazioni di Milano 2 permise a Berlusconi di inaugurare agli inizi


degli anni '70 per questo quartiere il

canale TV via cavo Telemilano. Cominciò così la sua ascesa a


dominatore incontrastato della TV
italiana. Grazie alla sua alleanza con il maestro della loggia P2 Licio
Gelli e con il segretario socialista

Craxi, fece una carriera rapidissima. Alla P2 aveva aderito


segretamente nel 1978 e il contatto con

Craxi glielo aveva procurato l'architetto e intimo di Craxi, Silvano


Larini. Nei decenni della sua ascesa

Berlusconi coltivava rapporti con la Svizzera poco visibili


all’osservatore esterno. Se si esclude il fatto

che egli aveva preso in affitto a St. Moritz la villa del deposto scià di
Persia.

OPERAZIONE MATO GROSSO

Nei rapporti di polizia ticinesi il nome di Berlusconi comparve a dire


il vero all'inizio degli anni '90 ai

margini dell'operazione Mato Grosso. Si chiamò così tra il febbraio


e l'ottobre 1991 un procedimento

istruttorio internazionale contro il traffico di cocaina in Brasile. Nel


gennaio 1991 alla Migros Bank di

Lugano, fallì una notevole operazione di riciclaggio di denaro di un


cliente e fu arrestato il brasiliano

Edu De Toledo. La procura federale, il comando di polizia e la


procura ticinesi decisero di inviare in

Brasile il commissario di polizia ticinese Fausto Cattaneo come


investigatore in incognito. Nella

relazione sulla sua missione nel paese sudamericano il


commissario Cattaneo scrisse tra l'altro del
narcotrafficante brasiliano Juan Ripoll Mary. Questo gli avrebbe
parlato delle sue operazioni di

riciclaggio con quattro società di Panama, rappresentate anche a


Lugano, e a questo proposito avrebbe

affermato: "Il denaro che arriva dall'Italia proviene dall'impero


finanziario di Silvio Berlusconi"7). Con

disappunto del commissario Cattaneo, Carla del Ponte e le autorità


di giustizia e di polizia competenti

non valutarono più di tanto queste e altre considerazioni e tutto fu


silenziosamente archiviato. Questo

nonostante il nome di Berlusconi fosse già emerso alcuni anni


prima in margine ad un affare di

riciclaggio: nel 1985 nell'ambito delle inchieste relative a Pizza


Connection. Allora il procuratore
italiano Antonio Di Maggio fece visita a questo proposito al collega
Dick Marty di Bellinzona.

All'incontro era presente anche il commissario Cattaneo.

MANI PULITE COLPISCE BERLUSCONI

Berlusconi e il gruppo Fininvest riuscirono ancora a superare in


qualche modo la prima fase delle

inchieste milanesi sulle tangenti, tra la fine del 1992 e la fine del
1994. Nonostante numerosi

procedimenti a suo carico per diversi reati economici e nonostante


la condanna di suo fratello Paolo per

corruzione, nel marzo 1994 Silvio Berlusconi fu eletto presidente


del Consiglio dei ministri. Nel corso
dei suoi otto mesi a Roma Berlusconi fece il possibile per sabotare
il lavoro della giustizia milanese,

cosa che alla luce degli avvenimenti successivi si capisce fin troppo
bene. Alla fine del dicembre 1994

il suo tempo come presidente del Consiglio era in definitiva


scaduto. Già il 5 dicembre 1994 il

procuratore Carla del Ponte aveva ordinato due perquisizioni


domiciliari a Lugano motivate da

procedimenti d' assistenza giuridica della procura di Milano: una


alla Fininvest Service a Lugano-

Massagno e una alla banca Arner di Lugano. La Fininvest di


Berlusconi era sospettata di aver corrotto
la polizia finanziaria , per evitare un controllo fiscale della
contabilità.(8) Come consueto in casi del

genere, gli avvocati di Berlusconi, sollecitati da Pier Felice Barchi,


consigliere d'amministrazione della

Fininvest Service (Lugano-Massagno), fecero subito ricorso. La


grande importanza che la filiale

Fininvest ticinese riveste per la centrale di Milano appare chiara se


si considera la composizione d' alto

livello del consiglio di amministrazione. Presidente e delegato era


Giancarlo Fiscale , cugino di

Berlusconi e uno dei suoi manager più importanti. Membri erano


l'avvocato Barchi, l'ex moglie di

Foscale Canda Camaggi e i due fiduciari ticinesi Giorgio Ferrechi e


Mario Postizzi.(9) Ma questa volta
la grandine dei ricorsi della Fininvest non servì a nulla. L'8 dicembre
1995 il tribunale federale li

respinse tutti, e l’intero materiale sequestrato nelle perquisizioni


andò a Milano. In seguito i procuratori

milanesi analizzarono i documenti provenienti dalla Svizzera e


estesero le loro ricerche a Londra e a

Montecarlo. Il 16 aprile 1996 irruppero nello studio legale londinese


di David Mc Kenzie Mills, che da

16 anni era rappresentante legale della Fininvest a Londra.


Sequestrarono la documentazione sull'

impero offshore della Fininvest. Soprattutto cercarono informazioni


sulla società All Iberian , che

Foscale aveva fondato a Jersey nel canale della Manica. Questa


società sarebbe stata usata per pagare

una tangente di dieci miliardi di lire di Berlusconi a Bettino


Craxi.(10) Il 16 maggio 1996 il

management finanziario Fininvest, composto di sette persone,


venne arrestato a Milano e a Montecarlo,

tranne Giancarlo Foscale che presentò un certificato medico. Restò


in libertà la direttrice

amministrativa della Fininvest Services a Lugano, Candia Camaggi,


perché i reati economici che le

venivano imputati, non erano in Svizzera motivo sufficiente per


arrestarla. Mario Vanoni, direttore

della tesoreria Fininvest a Montecarlo, si sottrasse al carcere con la


fuga. Le accuse del giudice
istruttore si rivelarono pesanti: "Gli imputati Berlusconi, Foscale,
Gironi, Camaggi, Scabini, Moranzoni

e Zenoni hanno falsificato in modo fraudolento il bilancio


consolidato del gruppo Fininvest dal 1989 al

1995" (11). Si tratta dell'impero offshore,composto di circa 50


società in Svizzera, Lussemburgo,

Panama, Malta, Inghilterra e Isole Vergini britanniche che la


Finivest secondo l'accusa gestiva come

contabilità parallela in nero. Dopo le prime valutazioni i revisori


contabili della procura pervennero ad

una cifra di 300 milioni di dollari, di cui 91 miliardi di lire destinati


alla corruzione di partiti e politici.

Inoltre 150 milioni di dollari giunsero attraverso la società offshore


Natoma allo speculatore
immobiliare milanese Renato della Valle 12). Questo pagamento
ebbe l' effetto di materiale esplosivo.

Della Valle aveva infatti appena comprato il 32% della stazione


televisiva Telepiù di Berlusconi ,che le

nuove leggi italiane sui media costringevano a vendere. Questo


pagamento destò il sospetto che

Berlusconi facesse una finta vendita. Si sparse allora anche la voce


che la Natoma di Berlusconi avesse

pagato alla Arner SA (Lugano) molti miliardi di lire sul conto 60028
di questa società presso la

Vereinsbank International (Lussemburgo). Ciò che successe con


questo denaro è oggetto di indagine.
Nel consiglio di amministrazione della Arner SA (Lugano) erano
presenti l'italiano Paolo Del Bue e il

ticinese Nicola Bravetti (13). La società era parte di un intero


gruppo di società dello stesso nome

( Arner Fiduciaria, Arner Merchant, Banca Arner) al cui vertice


accanto a Del Bue operava l'italiano

Ivo Sciorilli Borrelli. Il gruppo Arner era attivo nel business offshore
e comparve nelle liste di questo

settore. (14) La Banca Arner, nave ammiraglia del gruppo Arner,


può rivendicare per sè l'ambiguo

record svizzero di essere stato perquisito dalla polizia nell'ambito di


una richiesta di assistenza legale il

5- 12- 1994. Come presidente dell'Arner Paolo Del Bue e Ivo


Sciorelli Borelli avevano ingaggiato lo
specialista dell'offshore Lucio Velo (15). Vicepresidente divenne
Borelli , mentre il consiglio di

amministrazione era completato dai due ticinesi Giovanni Giacomo


Schraemli, un ex direttore della

BSI , da Nicola Bravetti e dall'avvocato di Zurigo Johannes


Stolba.(16)

GIUDICI ROMANI CON CONTI BANCARI A LUGANO

Il 12 marzo 1996 furono arrestati a Roma Renato Squillante e Attilio


Pacifico (17). Il procuratore di

stato Squillante era il capo supremo di tutti i giudici istruttori e


Pacifico un avvocato famoso. Gli arresti

avvennero in seguito alle dichiarazioni di Stefania Ariosto. Era l'ex


fidanzata dell'avvocato Vittorio
Dotti, uno dei più stretti collaboratori di Silvio Berlusconi. Già nel
luglio 1995 la Ariosto, pseudonimo

"Omega", aveva cominciato a fare rivelazioni, destinate a


influenzare il corso della politica italiana. Le

sue accuse portano alla conclusione che gli avvocati romani Cesare
Previti e Attilio Pacifico

corrompevano i giudici e gli avvocati di Roma nell'interesse di


Berlusconi. Previti era un suo vecchio

amico fidato ed era stato anche il suo ministro della difesa. Più tardi
le inchieste si allargarono ad otto

alti funzionari romani dell'ordine giudiziario. (18) Il controllo più


stretto cui fu sottoposto l'avvocato
Attilio Pacifico, collaboratore del presidente dei giudici istruttori,
mise in moto un nuovo scandalo, che

sottolineò la credibilità della testimone Ariosto. Pacifico fu


sospettato di avere incassato insieme con i

due avvocati Giovanni Acampora e Cesare Previti dall'industriale


Nino Rovelli una tangente di 67

miliardi di lire, per corrompere i giudici che esaminavano la


denuncia di Rovelli contro la banca di

stato IMI. Pacifico e Acampora furono arrestati a metà maggio


1996, Previti restò in libertà grazie

all’immunità parlamentare di cui godeva in quanto presidente del


gruppo di Forza Italia in senato.

IL CASO IMI-SIR
Il caso IMI/ SIR, che porta a tutti questi arresti, è una storia italiana
di corruzione di dimensioni epiche,

in cui diviene particolarmente evidente anche il ruolo della Svizzera


quale hinterland e scialuppa di

salvataggio dei protagonisti. Gli inizi risalgono alla metà degli anni
'60: Nino Rovelli, un protetto del

presidente del Consiglio Giulio Andreotti, incassò elevate


sovvenzioni quando promise di portare in

Calabria posti di lavoro con la sua azienda chimica SIR. Ma non se


ne fece nulla. Mentre Rovelli

diventava sempre più ricco, la SIR passava da un flop all'altro e nel


1978 fece clamorosamente

bancarotta. Si giunse ad un processo contro Nino Rovelli. Per


sottrarsi ad un ordine d'arresto nel 1980
egli fuggì in segreto a Zurigo con la sua famiglia. Ma il suo
protettore Andreotti continuò a dargli

manforte e nel 1982 l' ordine d'arresto fu revocato. Rovelli portò in


giudizio a sua volta la banca

ipotecaria statale IMI (Istituto mobiliare italiano), che aveva fatto


fallire la SIR, quando non aveva più

pagato gli interessi. Seguì una controversia giuridica protrattasi per


dodici anni che si concluse

all'inizio del 1994 con la condanna dell'IMI che dovette pagare agli
eredi di Rovelli, morto a Zurigo nel

1990 di infarto miocardico, nientemeno che 590 milioni di franchi.


Poiché l'IMI non disponeva degli
spiccioli necessari, lo stato si assunse l'onere del pagamento: 100
milioni passarono come tassa nelle

casse statali del Canton Ticino. Nel marzo 1996 i procuratori


trovarono nell'agenda di Pacifico tracce di

incontri con Felice Rovelli, figlio di Nino Rovelli. Poi i procuratori di


Milano interrogarono a Berna l’8

maggio 1996, chiamando a consulto Carla del Ponte, Felice e sua


madre. I due eredi di Rovelli

dichiararono di aver pagato ai tre avvocati romani 67 miliardi di lire


di tangenti, 21 a Previti, 13 ad

Acampora, e 33 a Pacifico. In cambio i tre, grazie ai loro buoni


rapporti con l'alta burocrazia

giudiziaria, si adoperavano per un esito favorevole del processo


contro l'IMI.
LA FINE DI BERLUSCONI

Nell'aprile 1996 Forza Italia perdette le elezioni. All'inizio di luglio


Berlusconi fu messo sotto accusa

insieme con il suo più importante manager finanziario, per


pagamento di tangenti a Craxi e falso in

bilancio alla Fininvest. E contemporaneamente Cesare Previti, il


suo più autorevole collaboratore in

Forza Italia, si sottrasse alla carcerazione preventiva per grave


sospetto di corruzione, solo grazie

all'immunità parlamentare. Con ciò si annunciò nell'estate 1996 la


fine del sogno di Berlusconi di una

seconda presidenza del Consiglio.


Note:

1) Ruggeri, Giovanni e Guarino, Mario: ‘Berlusconi, Showmaster


der Macht’ (‘Berlusconi,

Showmaster del potere’) Berlino, 1994, p.36

2) Il 96 % del capitale di questa società lo deteneva la filiale di


Lugano della Discount Bank Overseas

(Ginevra), che appartiene alla famiglia Recanati (Israel Discount


Bank). Negli anni '50 e '60 era la più

grande banca straniera della Svizzera finchè fu superata dalla


Trade Development Bank di Edmond

Safra. Edmond Safra e i Recanati controllano insieme la Fibi Bank


israeliana.
3) Ruggeri, Giovanni e Guarino, Mario, op. cit., p.42

4) Nell'ufficio del notaio Ercole Doninelli, a Chiasso, fu fondata nel


1956 anche la Fimo, della quale

egli rilevò più tardi una quota di capitale del 25 %. Vedi p.23 segg.

5) Atti costitutivi dell'Eti, Registro commerciale di Mendrisio. La


Aurelius Financing Co. Aurelius fu

fondata a sua volta l'11 aprile 1992 ed era controllata per il 95%
dalla Interchange Bank (Chiasso). Per

l'Interchange vedi la nota a p.53.

6) La Privat Kredit Bank era controllata per l'83% dalla Compagnie


de l'Occident pour la Finance et
l'Industrie (COFI), una joint-venture della BSI con il banchiere
privato di Ginevra Robert Leclerc e la

società finanziaria italiana Milano Internazionale.

7) Cattaneo, Fausto: Rapporto di Segnalazione sull'inchiesta Mato


Grosso. Bellinzona, 27 novembre

1992, p. 18 segg.

8) A questo proposito cominciò a Milano un procedimento


giudiziario che tuttavia il giorno stesso fu

rimandato a tempo indeterminato.

9) Il 94% del capitale azionario di un milione di franchi si trovava


presso la Fininvest Servizi SpA
( Milano), il 5% della Fininvest Service (Lugano) alla Discount Trust
Company SA Lugano ( che negli

anni '60 con il suo vecchio nome Discount Bank Overseas aveva
contribuito a finanziare l'ascesa di

Berlusconi). L'ultima percentuale era presente alla Suprafid SA


(Lugano), a cui partecipavano per metà

la Discount Trust Company SA e per metà l'avvocato Renzo


Rezzonico (Rezzonico aveva presieduto a

metà degli anni '60 le prime società finanziarie di Berlusconi. Negli


anni '90 faceva parte, insieme con

il consigliere d'amministrazione della Fininvest Servizi Lugano


Giorgio Ferrechi, del consiglio di

amministrazione della Allfinanz AG [Zug] e della Precicast


[Novazzano]
10) "L'Espresso", 30.5.96. Il processo contro Berlusconi, Craxi e
altri imputati per finanziamento

illegale dei partiti e falso in bilancio fu fissato per il 21 novembre


1996.

11) "L' Espresso", 23. 5. 96

12) "L' Espresso", 30. 5. 96

13) Paolo Del Bue era anche consigliere d'amministrazione del


giornale finanziario "Milano Finanza".

14) Attraverso la sua affiliata Wedel Holdings a Tortola (Isole


Vergini britanniche) la Banca Arner era

collegata per affari con il re dell' offshore Hoogewerf del


Lussemburgo. Insieme con la società di
Hoogewerf Wenham Ltd. (Douglas, Isle of Man) la Wedel Holdings
aveva partecipazioni alle 4 società

lussemburghesi Etairoi Holding SA, Carib Holding SA, Caribbean


Estate Company SA e Caribbean

Hotel & Resort SA.

15) Nel corso degli anni '70 Lucio Velo aveva studiato legge a
Ginevra e aveva fatto il praticantato di

avvocato nello studio Tettamenti & Spiess. Più tardi si rese


professionalmente indipendente nel 1985

fondò tra l'altro il gruppo TS Truster (il 96% del capitale azionario
della TS Truster era stato

sottoscritto dalla Midgen Corp. Panama, nel cui consiglio di


amministrazione erano presenti i due
manager Fidinam Markus Binggeli e Christian Durussel). All'inizio
degli anni '90 Velo fece la sua

comparsa nel consiglio di amministrazione della Cragnotti &


Partners in Lussemburgo, una banca

offshore di Sergio Cragnotti, allora mano destra del presidente della


Ferruzzi Raul Gardini (vedi cap.

9).

16) Stolba faceva parte anche del consiglio di amministrazione


della Banque de Patrimoines Privés

(Ginevra)- vedi anche pag. 191 segg.

17) La giustizia italiana supponeva che Squillante e Pacifico


avessero usato per le tangenti i loro conti
presso la Società Bancaria Ticinese (SBT, Bellinzona). Alle
richieste di assistenza giuridica ricevute la

SBT aveva risposto con ricorsi. Ma il direttore della SBT Resinelli


aveva sottovalutato la risolutezza

della procura milanese. All'inizio del luglio 1996 il procuratore


Gherardo Colombo mise agli arresti

domiciliari per una settimana Resinelli, che stava trascorrendo le


ferie nella sua villa a Porto Cervo in

Sardegna.

18) Precisamente ad Antonio Pelaggi, Tommaso Figliuzzi, Raffaele


Fiore, Fabio Mondello, Michele

Coiro, Raffaele de Luca Comandini, Vittorio Mele, Giorgio


Santacroce, Orazio Savia, Ivo Greco.

11 INTERROGATIVI SU CARLA DEL PONTE

All'inizio del dicembre 1993, poco dopo che aveva interrotto le


indagini nel caso Fimo (vedi p.49

segg.), ci fu per Carla del Ponte il grande balzo in avanti nella


carriera: fu promossa procuratrice

federale. La ticinese con la fama di impavida cacciatrice di mafiosi


salvò allora il ministro della

giustizia Arnold Koller da una situazione estremamente sgradevole.


Koller cercava urgentemente, dopo

molte risposte negative, candidati validi per l’ingrato compito di


riorganizzatore della procura federale
fortemente danneggiata dalla crisi di dirigenza e del sistema degli
schedari .(?) Da quando Rudolf

Gerber nel marzo 1989 era stato licenziato, l'ufficio guidato dal
tappabuchi Willy Padrutt, andava

avanti senza un piano preciso. Gerber era stato destituito a suo


tempo, dopo aver fatto oggetto di

pesanti intimidazioni e di angherie Jacques- Andrè Kaeslin,


l'investigatore della polizia federale,

addetto al narcotraffico. Kaeslin si era lamentato presso l'ex


presidente del tribunale federale Arthur

Haeflinger, che a seguito dello scandalo Kopp conduceva


un'inchiesta amministrativa interna.(1)

Secondo Kaeslin Gerber considerava la lotta al narcotraffico


internazionale non un compito centrale ma
un noioso fattore di disturbo. Egli bloccava quindi di volta in volta i
rapporti sul riciclaggio di denaro

di Kaeslin. E ciò avvenne anche con quella relazione in cui


compariva per la prima volta la società per

il commercio di valute Shakarchi Trading AG a Zurigo, nel cui


consiglio di amministrazione era

presente il marito della consigliera federale Hans W. Kopp. Kaeslin


perse le staffe, e passò sottomano il

suo rapporto all'Ufficio federale per la giustizia. Si giunse così, in


seguito a quella "brevissima

telefonata" in codice della consigliera federale al marito Hans, che


produsse il ritiro inglorioso di

Elisabeth Kopp. Quando nel 1989 il consigliere federale Arnold


Koller successe alla signora Kopp,

ministro della giustizia decaduto, la riorganizzazione e il nuovo


orientamento strategico della procura

federale, ormai senza guida, divennero un compito importante del


dipartimento di giustizia e di polizia.

Sia la situazione disastrosa degli schedari che la fine della guerra


fredda rendevano necessario un

nuovo leitmotiv ideologico per la difesa dello stato. La procura dello


stato era scossa da una crisi di

adattamento. Tale crisi era rafforzata dall'insicurezza serpeggiante


tra i funzionari al numero 10 della

Taubenstrasse di Berna. In primo luogo il parlamento si occupò di


settori per la protezione dello stato
non controllati da decenni, dove burocrati incompetenti avevano
tirato a campare. In questa situazione

due compiti principali attendevano il nuovo procuratore di stato:


riposizionare il suo tribunale

nell'ambito della lotta al crimine organizzato e alla corruzione e


d'altra parte elaborare e presentare

progetti per la riorganizzazione interna.

SCELTA IDEALE O FLOP?

Il primo aprile 1994 Carla del Ponte assunse il suo alto incarico a
Berna, e due anni dopo si presentò il

problema se il consiglio federale avesse fatto una scelta ideale o


dovesse assumersi la responsabilità di
un flop. Il riposizionamento della procura federale sul terreno della
lotta alla mafia e alla corruzione è

riuscito alla del Ponte, per lo meno a guardar da fuori. Non sono più
gli schedari che contrassegnano

l'immagine della procura federale presso l'opinione pubblica, bensì


la battaglia della del Ponte contro la

corruzione all'Unione casearia, al dipartimento militare o all'ufficio


federale per la statistica. Per quanto

riguarda la riorganizzazione dei compiti del suo ufficio la


procuratrice federale ha invece da esibire

poco di concreto. Anziché presentare progetti consistenti, fino alla


primavera 1996 la del Ponte chiese

solo più poteri.(2) Voleva avocare a sé procedimenti giudiziari


importanti per tutta la Svizzera e sul
piano internazionale e auspicava una legge sui testimoni principali
e un programma di protezione dei

testimoni, come esisteva già negli USA o in Italia. (3) Lealmente


bisogna ricordare che l'inadeguatezza

programmatica nel dipartimento di giustizia non rappresenta


l'eccezione ma la regola. La procuratrice

federale si trova in ciò in ottima compagnia con il presidente della


polizia federale Urs von Däniken e il

presidente dell'ufficio federale di polizia, Josef Anton Widmer.(4)


Alcuni funzionari non ressero al caos

della procura federale. Il sostituto della Del Ponte Markus Peter e il


segretario di direzione Roland
Sitter diedero le dimissioni nell'autunno 1995, mentre un terzo
collaboratore, precisamente l'addetto al

servizio stampa Peter Lehmann fece sapere contemporaneamente


che egli voleva, all'occasione,

cambiare lavoro. Significativo dei problemi del terzetto,


responsabile della sicurezza interna, al vertice

del dipartimento di giustizia fu la strutturazione dissennata


dell'Ufficio centrale, di nuova costituzione,

contro il crimine organizzato (5) L'Ufficio centrale, suddiviso


inizialmente nei settori narcotraffico,

denaro falso e tratta degli schiavi, dava l'impressione che il


fenomeno "criminalità organizzata" fosse

interpretato nel dipartimento Koller in chiave puramente


criminale.(6) La strutturazione dell'Ufficio
sulla base di crimini punibili presuppone una chiara linea di confine
tra legalità e illegalità, che nel

cosiddetto crimine organizzato assolutamente non esiste. Al


contrario questo confine si confondeva

decisamente nell'economia di mercato globale degli anni '90. La


comparsa massiccia di operatori

provenienti da paesi dell'ex blocco orientale aumentava l'incertezza


del diritto nell'economia mondiale.

Appena un anno dopo la fondazione l'Ufficio centrale fu già


ristrutturato. Si costituirono due nuove

sezioni: "operazioni" e " notizie". La sezione operativa si suddivise a


sua volta in base ai reati punibili

in ambiti come narcotraffico e crimine organizzato, mentre la


sezione informativa doveva raccogliere e

analizzare le informazioni. Con ciò si produce una mescolanza,


biasimevole in uno stato di diritto, di

servizi segreti e polizia. (7) Professori di diritto penale come Mark


Pieth di Basilea e Niklas Oberholzer

di San Gallo hanno insistentemente fatto notare che ci sono


fondamentali diritti civili democratici da

proteggere- anche nell'ambito della procura federale e dell'Ufficio


federale di Polizia. Certi ambienti

aspiravano alla fusione della protezione preventiva dello stato (che


può attivarsi senza sospetto

concreto nei confronti di cittadine e cittadini) con la lotta al crimine


organizzato. Un simile amalgama
di servizi segreti e polizia avrebbe offerto alla procura federale
competenze desiderate per impiegare

anche nel campo del crimine organizzato l'intero arsenale di misure


preventive ( intercettazioni

telefoniche, cimici, sorveglianza ecc.) (8). Con ciò si sarebbe


lasciato campo libero all'arbitrio della

polizia: ogni banca, anzi ogni singolo titolare di conto avrebbe


potuto essere preventivamente

intercettato, spiato con la cimice e schedati con microfiches, perché


ogni banca e ogni conto in linea di

principio possono essere usati per il riciclaggio di denaro.

L' ATTIVISMO DELLA PROCURATRICE FEDERALE


Mentre i colleghi e le colleghe di Milano fanno un lavoro d'indagine,
condotto in maniera sistematica,

la del Ponte preferisce la tattica dello spontaneismo. Una volta


spentosi il fuoco di paglia, il caso viene

archiviato e a tempo debito smaltito silenziosamente come i rifiuti.


Qualcosa del genere è successo

anche con l'affare dei presunti complici del terrorista "Carlos"


nell'inverno 1994 a Berna: un rimasuglio

degli anni '70 che la procuratrice federale fresca fresca ha


sapientemente stilizzato a faccenda da donne

ai vertici del potere. I quattro imputati dovettero rimanere in carcere


quasi tre mesi. Dopo il rilascio ci

fu silenzio stampa (fino alla primavera 1996) e la del Ponte non


presentò prove di alcun tipo. Alla
stampa non fu in grado di fornire giustificazioni plausibili del suo
rabbioso modo di procedere nei

confronti dei quattro. Stando all'interrogatorio, essi dovettero


rimanere in prigione così a lungo perché

la del Ponte aveva aspettato inutilmente documenti accusatori


dall'estero. Discontinue appaiono le

inchieste della del Ponte anche nel caso Giovanni Cannizzo. Dopo
che all'inizio del 1993 ella aveva

aperto ancora a Lugano un procedimento contro il presunto


riciclatore di denaro mafioso Cannizzo e

dopo alcuni mesi l'aveva interrotto, questo fu arrestato nel febbraio


1995 a Catania. Secondo notizie di
stampa italiane si trattava in questo caso di un intreccio di truffa e
riciclaggio di denaro a favore del

clan mafioso Santapaola.(9) Una relazione di Otello Carli, esperto


della Banca d'Italia, che ha

analizzato gli atti della procura della repubblica di Catania ,sospetta


la filiale della SBG di complicità

nel riciclaggio di denaro. Nella perizia Carli del 13 maggio 1995 si


poteva leggere: "La banca ha messo

a disposizione del gruppo Cannizzo alcuni dei propri collaboratori


(tra questi Davide Regazzoni della

Filiale di Lugano) per la supervisione e la consulenza tecnica del


riciclaggio di somme di provenienza

illegale" (10) L'Ufficio stampa della SBG rifiutò al giornale


economico "Cash" un commento a queste
accuse, poichè la del Ponte aveva ordinato il silenzio. Nell'autunno
1995 la del Ponte dichiarò in un

comunicato stampa ( prima della conclusione dell'indagine!): "In


particolare non si è potuto appurare

alcun coinvolgimento di SBG, SKA e Banca di Credito e Commercio


in attività di riciclaggio del

Cannizzo. I risultati conseguiti finora fanno piuttosto sospettare un


tentativo di frode di Cannizzo e di

altri complici." (11) Per interrogare in maniera più approfondita


l'indiziato Cannizzo la del Ponte andò

nel dicembre 1995 con il jet del consiglio federale in Sicilia, a


Catania, senza aver fissato prima in

maniera adeguata con la procura del luogo i termini


dell'interrogatorio. A Palazzo di Giustizia di

Catania dovette apprendere dal procuratore di stato che in Italia i


detenuti in attesa di giudizio hano il

diritto di essere accompagnati negli interrogatori dai loro avvocati.


L'avvocato di Cannizzo, non

informato, era appunto assente. La del Ponte se ne andò ,senza


aver concluso nulla, e nel gennaio 1996

tornò per la seconda volta a Catania in jet, a spese del contribuente


svizzero. E la procuratrice federale

ritenne superfluo fornire informazioni all'opinione pubblica. La rivista


economica "Cash" l’ha per

questo criticata aspramente e l'ha accusata di creare una gran


confusione con i suoi metodi non
trasparenti di lotta alla mafia: "Nel caso di riciclaggio di denaro
Giovanni Cannizzo l' autoproclamatasi

cacciatrice di mafiosi si esprime in modo così contraddittorio da


apparire incompetente." (12) Il grande

problema della del Ponte è la mancanza di comprensione per le


esigenze dell'informazione. "L'opinione

pubblica e i media le sono completamente indifferenti "ammisero


perfino funzionari di grado elevato

del dipartimento di giustizia. (13) Un esempio di questa smania di


far misteri è l'affaire Raul Salinas. Il

fratello dell'ex presidente messicano Salinas fu arrestato nel


febbraio 1995 per irregolarità finanziarie e

sospetto di istigazione all'assassinio. Nel novembre seguente sua


moglie Paulina fu fermata dalla
polizia allo sportello della banca privata Pictet a Ginevra mentre
cercava di ottenere una parte dei 120

milioni di dollari che suo marito aveva nascosto in Svizzera e


altrove. Da allora il caso Salinas si

trasformò in un affare internazionale. Alla fine del marzo 1996 il


quotidiano messicano "Reforma"

riferì che Raul Salinas aveva avuto lo stesso consulente finanziario


svizzero del cartello delle droghe

colombiano, precisamente il vicedirettore della SBG Josef


Oberholzer. (14) Oberholzer è una delle

figure chiave nel caso finora più grande di riciclaggio di denaro in


Svizzera ed è accusato di avere
riciclato proventi da narcotraffico per milioni e miliardi a favore della
colombiana Sheila Miriam Arana

de Nasser. (15) Nonostante la rilevanza di questo importante caso,


la procuratrice federale non aveva

informato fino all'estate 1996 in maniera completa sui risultati


conseguiti dalla sue inchieste.

LEGGI STRAPAZZATE

Attivismo e scarsa sensibilità per le esigenze dell’informazione


predispongono la del Ponte a dar poco

valore ai diritti degli imputati. Un esempio per eccellenza è a questo


proposito il caso dell'imprenditore

di Zug Hans N. Zemp. Nel 1987 questo dovette trascorrere circa sei
mesi in prigione perché la del
Ponte, allora sostituta del procuratore a Lugano, l'aveva fatto
arrestare. Zemp si considera vittima di un

complotto del suo ex socio in affari Laurits Toft, con il quale aveva
litigato, e dei tre avvocati di questo,

l'ex procuratore Paolo Bernasconi, Helmuth Groner (16) e Erwin


Lustenberger. (17) E sostiene che la

del Ponte condizionata da Bernasconi, suo capo e ora anche


avvocato della controparte, l'abbia

condannato a priori. Mentre egli si trovava in carcerazione


preventiva il suo ex socio Toft e i tre

avvocati di lui avrebbero saccheggiato la ditta Lagap


Pharmaceuticals, che gestivano in comune,

procurandogli danni per milioni di franchi. (18) La del Ponte passò


la patata bollente del caso Zemp già
subito dopo il suo rilascio dalla carcerazione preventiva al collega
procuratore Claudio Lehmann. Da

allora Zemp non si stancò di lottare per la propria riabilitazione.


Nella sessione estiva 1994 il

consigliere nazionale socialista Elmar Ledergerber presentò


un'interrogazione sul comportamento della

del Ponte nel caso Zemp. Il consigliere federale Koller difese allora
la procuratrice federale. Il

procuratore Claudio Lehmann a sua volta accantonò il caso: fino


all'estate 1996 non si giunse nè ad

un'imputazione nè ad una sospensione del procedimento penale.


L'inclinazione a infliggere una
carcerazione preventiva illegalmente lunga la del Ponte non l'ha
perduta neppure come procuratrice

federale. Nel dicembre 1994 il tribunale federale accolse il ricorso di


un detenuto in custodia

preventiva, al quale lei dopo 14 giorni aveva negato il rilascio. Il


tribunale federale ritenne che la

procuratrice federale, in caso di pericolo di collusione e di


distruzione delle prove, può ordinare al

massimo 14 giorni di detenzione. Per un periodo di carcerazione


più lungo è necessaria l'approvazione

della sezione d'accusa del tribunale federale. Questa situazione si


ripetè nel febbraio 1996 quando Hans

Kronenberg e Gustav Furrer, arrestati entrambi in relazione allo


scandalo per corruzione EMD
gravitante intorno al colonnello Friedrich Nyffenegger, furono
ancora rilasciati dal carcere contro la

volontà della procuratrice federale. Anche nel caso dell'ex direttore


del marketing dell'unione casearia

svizzera, Walter Rüegg, che la procuratrice federale il 30 maggio


1996 aveva fatto arrestare per

sospetto di corruzione, il tribunale federale dispose la scarcerazione


immediata per vizio di forma. "La

del Ponte non è donna da finezze giuridiche "commentò a proposito


il consigliere nazionale socialista

di Berna Alexander Tschäppät. Una lotta più aspra contro il crimine


organizzato non può portare a

ledere i diritti delle persone indiziate. Questo principio deve valere


sia per i media che per gli organi di

giustizia. In ogni caso i resoconti inesatti dei media producono di


regola meno danni degli organi di

giustizia e di polizia troppo zelanti. Mentre una notizia falsa


pubblicata può essere rettificata e una non

chiara può essere precisata, la detenzione preventiva ingiustificata,


per esempio, produce un danno

irreparabile a chi ne è vittima.

LA "PIZZA CONNECTION" TICINESE

A metà degli anni '80 fece sensazione un episodio di narcotraffico


italo-americano denominato " Pizza

Connection". Con questo caso la procuratrice del Ponte divenne


all’improvviso una figura importante a

livello nazionale. In breve: Cosa Nostra aveva comprato allora da


trafficanti di droga turchi quasi due

tonnellate di eroina base al prezzo di vendita in strada di circa due


miliardi di dollari, l'aveva

trasformata in eroina nei suoi laboratori siciliani e portato la


sostanza negli USA. Una catena di

pizzerie della costa orientale e nel Middlewest ebbe un ruolo


importante nello smercio. Come nello

scandalo Fimo anche nella Pizza Connection la mafia si servì della


piazza finanziaria Svizzera quale

stazione di transito. Figura centrale delle operazioni di riciclaggio in


Svizzera fu Oliviero Tognoli.
Allorché il presidente Reagan ebbe bisogno di un successo che gli
procurasse pubblicità nell'ambito

della guerra (perduta) alla droga, l' FBI e la polizia italiana


lasciarono all'improvviso aumentare il

narcotraffico già sotto controllo dall'inizio degli anni '80. (19) Un


anno prima avevano avuto luogo a

New York, Palermo e Lugano grandi processi terminati con elevate


pene detentive per gli imputati. Tra

loro mancava Tognoli. Nel 1984 , poco prima dell'azione


internazionale di polizia, era stato avvertito ed

era fuggito; il procuratore Giovanni Falcone aveva già firmato il suo


mandato di cattura.(20)

IL RICICLATORE SALVATORE AMENDOLITO


Il primo riciclatore della Pizza Connection ticinese fu Salvatore
Amendolito. Nel 1979 era ancora un

commerciante di pesce pieno di debiti a Milano. Da questa


situazione penosa lo trassero fuori due

siciliani benestanti, che intendevano aprire una filiale del suo


commercio ittico a Palermo. I due misero

in contatto Amendolito con Salvatore Miniati, il manager milanese


della filiale della società finanziaria

svizzera Finagest (Lugano). Qualche tempo dopo - come riferì


Amendolito - Miniati gli offrì un lucroso

impiego come corriere portavalori della Finagest. Doveva portare


dagli USA in Svizzera denaro

contante, che il proprietario, Oliviero Tognoli, voleva


presumibilmente nascondere al fisco italiano. Ma

come si rivelò più tardi, Oliviero Tognoli era un riciclatore mafioso.


Amendolito accettò l'offerta. Il suo

lavoro consisteva nel ritirare presso pizzerie di New York e del New
Jersey banconote in dollari e di

comprare presso decine di filiali di banche locali assegni per un


ammontare tra i 9.000 e i 10.000

dollari. Portava questi assegni a Manhattan alle quattro grandi


banche Schweizerischer Bankverein,

Citibank, Schweizerische Kreditanstalt e Lavoro-Bank e faceva


versare il denaro su diversi conti

bancari svizzeri, che O.Tognoli gli aveva indicato. Così la


Kreditanstalt di Bellinzona gestiva per lui il
conto "Wall Street", alla Kreditanstalt di Chiasso il conto di
O.Tognoli si chiamava "Smart". Quando le

cifre divennero sempre più elevate, questo sistema ingegnoso non


andò più bene. Ma Amendolito

insieme con la filiale di Manhattan della Finagest di Lugano e dei


Conti Commodity Services (sede nel

World Trade Center) si fece venir in mente qualcosa di nuovo. Il


denaro fu versato in contanti sui conti

di queste due società presso la Citibank e da qui accreditato alla


sede principale della Finagest a

Lugano. Quando Amendolito già un giorno dopo la prima


transazione in una pizzeria dovette ritirare

altri 500 000 dollari in piccole banconote, anche il canale Citibank


apparve scottante. Egli affittò allora
un jet privato per le Bahamas, dove Peter Albisser, direttore della
filiale alle Bahamas della Banca della

Svizzera Italiana ( BSI), aspettava all'aeroporto. (21) Grazie ad


Albisser la dogana non creò difficoltà.

Secondo le istruzioni della Finagest di Manhattan Amendolito cablò


il mezzo milione alla filiale della

BSI di Mendrisio, conto nr. 27971 "Stefania". Nei mesi successivi


usò ancora spesso questo canale,

qualche volta Albisser venne a New York a ritirare il denaro. Dopo


che Amendolito aveva trasferito in

Svizzera parecchi milioni di dollari e aveva fatto visita in Sicilia al


suo capo Oliviero Tognoli e al di lui
padrino Leonardo Greco, la mafia per misura prudenziale lo aveva
tolto dalla circolazione. (22)

IL RICICLATORE FRANCO DELLA TORRE

Chi prese il posto di Amendolito in Ticino si chiamava Franco Della


Torre. Dopo una non proprio

brillante carriera bancaria alla BSI e alla Kreditanstalt di Chiasso


(ancora sotto il potente direttore Ernst

Kuhrmeier, che più tardi aveva provocato il grande scandalo), Della


Torre era entrato nel 1977 alla

Finagest. Viaggiava molto e aveva così conosciuto il buon cliente


della Finagest Amendolito. Più tardi

Della Torre lasciò la Finagest e fondò la società finanziaria


Consultfin Lugano insieme con il siciliano
Vito Palazzolo che negli anni '60 era emigrato ad Aargau come
venditore di casseruole e si era poi

rapidamente arricchito con il commecio di diamanti. Negli USA i due


aprirono la Acacia Corp.(23)

Lavoravano anche con Enrico Rossini, un impiegato di banca


ticinese pieno d'iniziativa che a Lugano

si era reso indipendente con la Società finanziaria Traex SA. In


seguito Della Torre, Palazzolo e Rossini

organizzarono il trasferimento del denaro da narcotraffico dagli USA


in Svizzera per Greco e

O.Tognoli. E così in marzo-aprile 1982 4,9 milioni di dollari


affluirono dai conti Acacias (Della Torre)

e Traex (Rossini) presso il broker di borsa Merrill Lynch (New York).


Il venerdì santo 1982 a
Bellinzona Tognoli, Della Torre e Palazzolo avrebbero consegnato
al fornitore turco di morfina base

Paul Edward Waridel e Yasar Musullulu 5 milioni di dollari in


contanti. Di questi O.Tognoli avrebbe

ritirato personlmente alla banca 1,4 milioni. Dall'aprile al settembre


1982 Della Torre e Rossini

passarono al broker di New York E.F.Hutton (allora ancora un


concorrente del gigante Merrill Lynch,

andato poi in rovina durante il grande crack di borsa del 1987).


Hutton spedì in Svizzera 15,6 milioni di

dollari. Ma in ottobre Rossini ricevette un avvertimento da Riedener,


manager della filiale E-F-Hutton
di Ginevra: alla sede centrale l'FBI si interessava dei conti Traex e
Acacias. Con ciò il flusso di denaro

a Hutton si ridusse rapidamente. Dopo l'ultimo pagamento di 1,5


milioni di dollari ancora tre milioni di

dollari passarono nel 1983 per un canale canadese del fondatore


della Finagest Enrico "Kiko" Frigerio.

(24) Nel 1984 si arrivò infine ad una grande ondata di arresti a New
York e a Palermo e nel 1985 ai

processi. Boss come Leonardo Greco, Gaetano Badalamenti e


decine di loro esecutori vennero

condannati ad elevate pene detentive. Uno dei più importanti


testimoni a carico contro O.Tognoli al

processo di New York fu Salvatore Amendolito. Dopo il suo precoce


pensionamento era stato arrestato
presso O. Tognoli e Greco dall'FBI a New Orleans per sospetto di
coinvolgimento in narcotraffico e più

tardi era divenuto agente di collegamento pagato dall' FBI.


Nell'ambito dell'operazione arresti

americana e italiana anche Della Torre, Palazzolo e Rossini finirono


in custodia cautelare in Svizzera.

Con una rapidità inconsueta si giunse già un anno dopo al


processo. Accusatore era il pubblico

ministero Paolo Bernasconi. La sentenza in prima istanza del


settembre 1985, per concorso in

finanziamento del narcotraffico, fu di condanna a tre anni e tre mesi


per Della Torre,a tre anni per

Palazzolo e di assoluzione per Rossini. La pena più severa, tredici


anni, toccò allo svizzero-turco Paul

Edward Waridel. (25) Nel 1986 il tribunale di cassazione ticinese,


chiamato a decidere, confermò i

giudizi per Waridel, Rossini e Della Torre mentre abbassò la


condanna di Palazzolo a cinque anni. Nel

1993 infine il tribunale federale ridusse la pena per Palazzolo a tre


anni e tre mesi, e la condanna di

Della Torre scese da tre anni e tre mesi a diciotto mesi. I riciclatori
ticinesi della Pizza Connection sono

stati trattati dunque più che con riguardo dalla giustizia svizzera.
Nel Natale 1986 Vito Palazzolo fuggì

dalla prigione La Stampa, coll’aiuto di ignoti andò in Germania, da


dove volò in Sudafrica. La sua fuga
era stata ben preparata, il presidente della Ciskei Lennox Sebe in
persona gli aveva procurato il

permesso di soggiorno per l'ex Homeland sudafricana.(26) In


qualità di commerciante di pietre

preziose e di diamanti Palazzolo aveva da sempre buoni rapporti


con il Sudafrica, suo fratello Pietro era

compratore di diamanti a Lesotho e anche l'ex capo di Pietro, il


commerciante di diamanti israeliano

residente a Città del Capo, Meir Grunfeld, era un amico di


Palazzolo. Grunfeld era andato a trovarlo in

prigione. Anche la Finagest di Lugano, con cui Palazzolo aveva


riciclato il denaro della mafia, aveva

buoni rapporti con la Ciskei. Il direttore della Finagest Max Hilpert fu


in visita a Bisho, capitale della
Ciskei, con una numerosa delegazione svizzero-israeliana (27),
quando Palazzolo era ancora in

prigione. La Ciskei voleva allora creare con l'aiuto della Svizzera


una piazza finanziaria offshore.

Fuggito a Bisho, Palazzolo cambiò subito il nome in Robert Von


Palace Kolbachenko. Il buon cattolico

si appese al collo una stella di Davide d'oro e raccontò dei suoi


aristocratici avi ebreo-russi. A Bisho

fondò la ditta Papillon e elaborò proposte per una banca nazionale


della Ciskei da consegnare al

presidete Sebe. In questo lo aiutò Yeng Ping Kok, che come


Palazzolo compare negli atti del processo
Pizza Connection a New York. Ping Kok progettò una legge
bancaria per la Ciskei secondo il modello

di Singapore. Ma ciò che era cominciato in modo così promettente


finì bruscamente. Il 31 gennaio

1988 Palazzolo fu arrestato dalla polizia sudafricana e estradato in


Svizzera. Tornò così in cella a La

Stampa.

CONTINUI RINVII DELLA GIUSTIZIA TICINESE

Nell'ottobre 1985 vennero arrestati anche i responsabili della


società finanziaria di Lugano Finagest

che, come detto, era stata un canale per la Svizzera dei riciclatori
dei proventi della Pizza Connection: i
fratelli Ernesto e Alessandro Parli e Enrico "Kiko" Frigerio. Dopo un
anno e passa di prigione i tre

furono rilasciati provvisoriamente nel gennaio 1987. Il giudice


istruttore, che procedeva lentamente,

ebbe bisogno di cinque interi anni prima di affidare il caso nel


marzo 1990 all'allora procuratore

Venerio Quadri. Questo archiviò gli atti nel’ultimo cassetto, e qui


erano ancora quando se ne andò nel

gennaio 1991. Infine la del Ponte che gli successe nell'estate 1992
presentò un atto d'accusa. I ricorsi

dei difensori rimandarono ripetutamente il processo fino al


settembre 1995. 10 anni dopo l' arresto e 19

anni dopo il primo reato ebbe luogo a Lugano il processo. Una


durata così lunga del procedimento
bolla il Canton Ticino quale repubblica delle banane. I dibattimenti
della corte d'assise di Lugano

durarono un mese e terminarono con un verdetto di colpevolezza:


condanna a tre anni per Ernesto Parli,

a due per Frigerio, e a diciotto mesi per Alessandro Parli. Tutti e tre
si sono appellati e prima che venga

emesso un verdetto con valore di legge, potrebbe essere raggiunto


il termine prescrizionale assoluto di

quindici anni. Durante il dibattimento processuale stranamente non


si sentì parola di riciclaggio di

denaro e finanziamento del narcotraffico e neppure si accennò alla


Pizza Connection. I responsabili

della Finagest furono condannati in prima istanza per frode.


Secondo la sentenza hanno imbrogliato

con prospetti informativi ingannevoli i loro clienti investitori e li


hanno salassati con esorbitanti

commissioni fino del 40 %. Non solo l'atto di accusa della del Ponte
mancò di far riferimento a Pizza

Connection, anche molti cronisti dei media hanno nel frattempo


completamente dimenticato questo

affaire. Perfino vecchie volpi del calibro ad esempio di Beat


Allenbach del "Tages-Anzeiger" di Zurigo

non ricordarono che ruolo importante come riciclatori di soldi della


mafia avessero avuto ex membri

della Finagest come Salvatore Miniati, Franco Della Torre e Enrico


Frigerio nel processo per Pizza
Connection tenutosi a New York nel 1985.

OLIVIERO TOGNOLI RITORNA

Ma torniamo a Oliviero Tognoli che, preavvisato, aveva potuto


sottrarsi all'arresto a Palermo nel 1984

con la fuga. Nell'ottobre 1988 fu arrestato dalla polizia cantonale


ticinese. Secondo il comunicato della

procura era incappato in un controllo all'aeroporto di Agno. Al


processo, tenutosi due anni dopo, risultò

che O. Tognoli o si era costituito spontaneamente attraverso il suo


avvocato Franco Gianoni, o

-secondo la "Sonntagszeitung" - la del Ponte in persona era riuscita


a convincere il padre di O.Tognoli,
Luciano, che suo figlio doveva presentarsi alle autorità svizzere.(28)
è un dato di fatto che O. Tognoli,

sparito in Kenia, fu riafferrato dalla nostalgia non di Palermo, dove


alla procura si batteva allora contro

la mafia Giovanni Falcone, bensì di Lugano, dove l'allora sostituta


procuratrice del Ponte si prese cura

del caso. Poichè anche Giovanni Falcone se ne interessava,


cominciò la collaborazione della del Ponte

con il famoso siciliano. Il tre febbraio 1989 la del Ponte, Falcone e il


suo collega procuratore

palermitano Giuseppe Ayala interrogarono in prigione a Lugano


O.Tognoli. E qui, rispondendo ad una

domanda di Falcone, egli avrebbe indicato l'ex capo di polizia e


capo dei servizi segreti Bruno
Contrada come colui che l'aveva messo in guardia, rendendogli
possibile la fuga nel 1984. Ciò fu

confermato lo stesso anno da Carla del Ponte, testimone nel


processo contro Contrada. Nel giugno

1989 la del Ponte e il suo collega, il procuratore Claudio Lehmann,


restituirono la visita a Palermo.

Nell'ambito delle inchieste contro O.Tognoli volevano interrogare il


suo padrino Leonardo Greco,

condannato a 22 anni di prigione nel grande processo per Pizza


Connection. Il 20 giugno era

annunciata una visita a Falcone nella sua casa sulla spiaggia sopra
gli scogli dell'Addaura. La del Ponte
e Lehmann avevano fatto un pò tardi a causa di un breve giro
panoramico, e poco prima del loro arrivo

la scorta di Falcone scoprì presso il portone del garage una borsa


con 51 candelotti di dinamite. (29)

Nel novembre 1990 cominciò a Lugano il processo contro


O.Tognoli. Nel suo atto d' accusa la del

Ponte chiese sette anni di prigione, 15 anni di bando dal paese, una
pena pecuniaria di 100 000 franchi

e il sequestro di mezzo milione di franchi. Ritenne dimostrato che


O.Tognoli nell'ambito della Pizza

Connection aveva preso parte al finanziamento di affari di droga e


lo incolpò di aver ricevuto

consapevolmente denaro da narcotraffico per 16 milioni di dollari.


Tognoli, il quale aveva voluto far
credere al tribunale che gli elevati importi di dollari in banconote di
piccolo taglio erano denaro

proveniente da evasione fiscale, al più tardi alla fine del 1980 non
aveva potuto non sapere che portava

da un luogo all'altro denaro derivante da traffico di droga. E nel


venerdì santo 1982 in cui a Lugano

furono stanziati cinque milioni di franchi per una fornitura di morfina-


base, egli stesso aveva prelevato

in una banca 1,4 milioni che mancavano. La del Ponte vedeva


O.Tognoli come una specie di figura

intermedia tra i trafficanti di droga e i corrieri portavalori. Lo


accusava di aver portato la mafia in

Svizzera, di aver guidato per la Svizzera boss come Leonardo


Greco (testimone di nozze di O. Tognoli)

o Joe Ganci e di aver messo a loro disposizione i propri conti


bancari. Con queste accuse non

concordava affatto il difensore di O.Tognoli, Franco Gianoni. Nella


sua arringa di dieci ore Gianoni

disse che il suo cliente aveva già pagato a sufficienza e che perciò
era adeguata una pena condizionale

di 18 mesi. L'imputato sarebbe stato in buona fede e si sarebbe


accorto solo tardi di trasportare denaro

da narcotraffico, e in seguito per paura dei suoi mandanti mafiosi


avrebbe trasferito con grande

angoscia ancora circa tre milioni. Alla consegna del denaro a


Waridel e Musullulu il venerdì santo 1982
O. Tognoli sarebbe stato solo una figura marginale. Gianoni
sottolineò anche che Salvatore Amendolito

e Vito Palazzolo avevano fatte molte accuse assurde contro il suo


mandante.(30) " Il sessantunenne

Gianoni", scrisse allora il "Tagesanzeiger" di Zurigo, difese


O.Tognoli con l’impegno di chi parlasse in

causa propria. Alla domanda se fosse conveniente che egli come


presidente della Banca cantonale

ticinese difendesse un riciclatore di denaro, Gianoni insistette in


tribunale sul fatto che aveva accettato

il compito solo a condizione che il suo cliente gli dicesse tutta la


verità. Se avesse scoperto una

menzogna avrebbe restituito il mandato anche la sera prima del


processo. Accettando l'incarico di
difensore a queste condizioni, sottolineò con passione Gianoni, egli
si era reso utile alla banca, al suo

partito (era vicepresidente del Partito popolare ticinese) e all'intero


paese".(31) La sentenza della Corte

d'assise condannò infine l'imputato a tre anni e mezzo di carcere


per complicità nel finanziamento di

narcotraffico, cinque anni di bando dal paese, a 20.000 franchi di


ammenda e al sequestro di 110.000

franchi. Il tribunale ha ritenuto dimostrato il riciclaggio di denaro


solo per 4,5 milioni di franchi, per il

resto i giurati avevavo dubbi e decisero a favore dell'imputato.


Inoltre il tribunale accettò la richiesta
delle circostanze attenuanti fatta dalla difesa, riconobbe in
O.Tognoli un sincero pentimento e che egli

aveva agito per necessità in una situazione difficile. La corte di


cassazione ticinese e il tribunale

federale confermarono il giudizio.

QUALE GIUSTIZIA PER OLIVIERO TOGNOLI?

Nel febbraio 1991, tre mesi dopo la condanna, O.Tognoli fu


rilasciato dalla prigione ticinese La

Stampa. Da allora si sono perse le sue tracce. Quando il giudice


istruttore ticinese Claudio Lehmann lo

convocò nel suo ufficio nella primavera 1992 per interrogarlo, O.


Tognoli non si presentò. Da allora è
scomparso. Nel maggio 1995 l'avvocato di O.Tognoli Franco
Gianoni prese partito come di dovere con

il suo libro ‘Giustizia per Oliviero Tognoli’ per il suo committente. In


sostanza questo libro è la

versione scritta della sua arringa del 1990, infiorata con alcuni
dettagli di discutibili azioni istruttorie

della del Ponte: la fotocopia di una lettera di O.Tognoli la


procuratrice la ritrovò solo l'ultimo giorno

del processo e dei 41 testimoni dell'accusa ne portò in tribunale


solo nove. Gianoni considera questa

sciatteria della del Ponte un indizio della limitata colpevolezza del


suo cliente. La del Ponte l'avrebbe

presentato a torto come cassiere della mafia in Svizzera e sarebbe


responsabile del fatto che O.Tognoli
porti in Svizzera il marchio infamante del mafioso. Nel suo libro
Gianoni ricorda anche una, come egli

dice, calunniosa interrogazione dell' allora consigliere nazionale


socialista zurighese e più tardi

consigliere federale Moritz Leuenberger. Alla fine del 1988 il


consigliere federale Leuenberger aveva

dichiarato in una interrogazione al consiglio federale, che Franco


Gianoni stesso era coinvolto in un

caso di riciclaggio di danaro. In conseguenza di ciò Gianoni


denunciò un collega di nome B., di cui

supponeva che avesse passato la relativa informazione a


Leuenberger. Mediante l'assistenza legale

intercantonale la giustizia ticinese voleva interrogare Leuenberger,


cosa che questo rifiutò,

richiamandosi all'immunità parlamentare. Ne seguì un tira e molla di


un anno tra la giustizia ticinese e

Leuenberger; nell'estate 1996 la faccenda era ancora irrisolta. Il


libro di Gianoni contiene anche una

critica alla giustizia italiana che nel 1992 aveva condannato in


contumacia Tognoli per gli stessi fatti di

Lugano in prima istanza a sei anni e otto mesi di prigione. Con ciò
si sarebbe violato il principio che

non si può essere condannati due volte per lo stesso crimine (32).

L'ENIGMA AMENDOLITO

Come già detto, Salvatore Amendolito era stato il primo corriere del
denaro sporco della Pizza

Connection. Dopo la sua sostituzione da parte di Greco e O.


Tognoli era stato arrestato negli USA ed

era passato dalla parte dell'FBI. Nel processo di New York il pentito
fu il principale testimone d'accusa

anche contro O.Tognoli. Più tardi si promosse a "International


Corporate Finance Consultant"

(consulente finanziario internazionale) con ufficio nella capitale


Washington, District of Columbia.

Bisogna inoltre sapere che Amendolito conosceva a Washington le


persone giuste, dal momento che tre

degli accusatori nel processo di Pizza-Connection avevano fatto


una splendida carriera: Louis Freeh
divenne capo supremo dell'FBI, Robert Bucknam divenne
vicesottosegretario alla giustizia

nell'amministrazione Bush e Rudi Giuliani sindaco di New York.


Dopo che O.Tognoli nell'ottobre 1988

si era presentato alla polizia in Ticino, anche Amendolito fece di


nuovo parlare di sè. Dagli USA egli

intervenne personalmente sia sulla stampa italiana che presso


Falcone. In un'intervista all' "Unità" nel

maggio 1990 egli denunciò una collusione di interessi tra la mafia e


i poteri svizzeri nella politica,

l'economia e la giustizia. In una lettera a Giovanni Falcone del 23


febbraio 1990 Amendolito aveva

addirittura sostenuto che alla procura di Lugano si aggirasse una


talpa della mafia. (33) Sulla base di
queste terribili accuse il 20 luglio 1990 volarono a Washington per
interrogare Amendolito tre

procuratori e poliziotti di alto grado: il procuratore Salvatore Celesti


di Caltanissetta, il capo della

squadra mobile di Palermo, Arnaldo la Barbera e il capo della


polizia criminale Alessandro Pansa.

Amendolito confermò le accuse nella sua lettera a Falcone. Il


tentativo di attentato di Addaura

soprattutto sarebbe stato una farsa per conferire ai procuratori


ticinesi del Ponte e Lehmann l'immagine

di cacciatori di mafiosi. Questa tesi fu motivata davanti al


procuratore Celesti come segue: egli era in
viaggio, impegnato in un'operazione in qualità di informatore a
favore degli Stati Uniti e all'improvviso

era stato smascherato. L'analisi di questo avvenimento l'aveva


portato a concludere che la del Ponte

doveva avere relazioni con la mafia. Ed egli aveva comunicato


questo in una lettera agli avvocati di

Vito Palazzolo a Lugano. Un mese più tardi sarebbe stata trovata la


finta bomba di Addaura. (34)

Secondo Amendolito la del Ponte avrebbe voluto salvare O.Tognoli,


il riciclatore di denaro della mafia,

riservandogli in Svizzera un verdetto mite, ciò che la mafia


tradizionalmente chiamava "un processo

aggiustato." Nello stesso tempo la del Ponte avrebbe voluto


rivedere le sentenze del grande processo
per Pizza Connection a New York, che presentano O.Tognoli come
cassiere della mafia. Il

procedimento aperto nella primavera 1990 contro O.Tognoli dal


presidente del tribunale di Roma Luigi

Saraceni non avrebbe avuto il sostegno della del Ponte. Ad


Amendolito non riuscì di convincere i tre

rappresentanti della giustizia italiana della veridicità delle sue tesi.


La procura della repubblica di

Caltanissetta aprì un procedimento penale per calunnia grave nei


confronti della del Ponte e di Falcone

(in Italia un reato perseguito d'ufficio). Nell'estate 1996 questo


procedimento era ancora in corso.

Nell'inverno 1993/94 Amendolito aveva aperto una nuova offensiva


contro la del Ponte. Il presidente

federale, la procura federale, il dipartimento di giustizia, la procura


di Lugano e molte redazioni di

giornali- ricevettero tutti da Amendolito lunghe lettere e lunghissimi


fax, in cui denunciava di nuovo

che la del Ponte faceva il gioco della mafia. L'11 dicembre 1993 la
Schweizerische Depeschenagentur

(SDA) [Agenzia telegrafica svizzera], in riferimento ad Amendolito,


annunciò il ritiro di Willy Padrutt

e la nomina imminente di Carla del Ponte a succedergli.(35)


Quando la SDA interrogò la portavoce del

consigliere federale Arnold Koller su questa novità, la Goetschel si


limitò a confermare il ritiro di
Padrutt, e che Carla del Ponte era semplicemente una tra più
candidate e candidati. Il 22 dicembre 1993

il consiglio federale rese nota la nomina della del Ponte a


procuratrice federale con entrata in carica il

primo aprile 1994. Da dove Amendolito, che viveva a Washington,


avesse tratto le sue informazioni da

addetto ai lavori alla Camera dei deputati, non si è potuto mai


chiarire. Dopo che tutte le sue iniziative

in Svizzera non avevano portato ad alcun risultato, Amendolito


cercò fortuna nella sua battaglia contro

la del Ponte in Italia e negli USA. Il 14 febbraio 1994 gli riuscì di


comparire su "Il Tempo" di Roma:

"Ex collaboratore dell' FBI accusa la procuratrice del Ponte di


Lugano: La magistrata svizzera è
un'amica della mafia". A conclusione della misteriosa storia di
questa lotta di Salvatore Amendolito, ex

riciclatore di denaro sporco e ex sceriffo ausiliario dell' FBI contro


Carla del Ponte, ecco un passo tratto

da una lettera di Amendolito del 21 febbraio 1994 alla ministra della


giustizia USA Janet Reno: "Se

dovesse succedere questo [che non ci sia alcun' inchiesta


amministrativa contro la del Ponte], non sarà

possibile verificare se il capo di polizia Urs von Daeniken abbia


effettivamente imposto la nomina della

del Ponte nell'interesse delle banche. Ciò sarebbe da deplorare e


ricorda lo schema,noto fino alla
nausea, dell'infiltrazione del crimine organizzato nella polizia
federale svizzera, noto fino alla nausea,

che in passato fu sempre un importante canale per la


disinformazione globale nell'interesse del crimine

organizzato. All'epoca dell'amministrazione Bush io ho portato


ripetutamente a conoscenza sia del

congresso che del governo USA questi argomenti”.(36) Il tentativo


di ottenere dalla Signora del Ponte

in persona per il presente libro alcune spiegazioni che chiarissero


questi misteriosi avvenimenti, è

purtroppo fallito.

Note:
1) La relazione finale di Haeflinger al consiglio federale confermò le
accuse di Kaeslin. Egli constava

che la Svizzera era diventata [nel 1989] una piazza centrale del
riciclaggio di denaro e che nella lotta al

crimine internazionale era rimasta indietro da dieci a quindici anni.


Alla procura federale solo cinque

impiegati combattevano all'inizio del 1989 la criminalità


internazionale, mentre decine di cacciatori di

comunisti gestivano centinaia di migliaia di schede di elementi


sovversivi di sinistra ancora poco prima

della caduta del muro. Come si è saputo più tardi, nell'ufficio di


registrazione delle schede lavoravano

spesso amiche e mogli di funzionari. Gerber era ideologicamente


più ostinato dei suoi colleghi del
KGB, della Stasi o della Securitate. Questi avevano già capito allora
che cosa si preparava e si erano

appropriati di conti segreti dello stato in occidente, per cominciare


una nuova vita come capitalisti

privati.

2) La procura federale (74 uffici) è la suprema istanza accusatoria,


competente per casi speciali (reati di

funzionari federali, crimini contro lo stato) e controlla la polizia


federale ad essa sottoposta (99 uffici).

La polizia federale è da una parte responsabile dell'inchiesta di


polizia per reati di competenza della

federazione (ad es. attentati dinamitardi), dall'altra è l'autorità


preposta alla protezione preventiva dello
stato. Se vede pericoli per l'ordine costituzionale, può di sua
iniziativa e indipendentemente dal

concreto indizio di reato, attivarsi con mezzi propri dei servizi


segreti.

3) "Die Volkswirtschaft" [L'economia nazionale] 1/96

4) Il lucernese Widmer, collega di partito nella CVP (Christliche


Volkspartei) del consigliere federale

Koller, fu promosso presidente dell' Ufficio federale di polizia. Nel


1991 Widmer aveva fatto scalpore

come comandante di polizia di Lucerna, allorché aveva autorizzato


che venissero distrutte numerose

annate di diversi atti concernenti la difesa dello stato. Nel 1987


decise di licenziare dall'incarico due dei

suoi più brillanti ufficiali per insufficiente onestà. Un' inchiesta


,disposta dal consigliere governativo (o

consigliere di seconda classe? ) di Lucerna, confutò ampiamente le


accuse di Widmer contro i due

impiegati.

5) L'Ufficio centrale per la lotta al crimine organizzato presso


l'Ufficio federale di polizia fu creato nel

febbraio 1995 e solo dopo mesi di rinvii fu assegnato all'appena


trentenne Michael Lauber. Lauber era

un principiante che appena tre anni prima aveva portato a termine


gli studi giuridici all'università di
Berna.

6) La cosiddetta criminalità organizzata è un concetto vago. Il


legalismo, diffuso negli ambienti di

polizia, non basta a spiegare questo fenomeno, sono necessarie


anche l'economia, la sociologia e la

storia. Generalmente vengono usati due modelli d'approccio per


studiare la dinamica delle

organizzazioni mafiose: la teoria della mafia come impresa assetata


di profitto che vende prodotti e

prestazioni illegali, e la teoria della mafia come organismo di tipo


statale che promulga, garantisce,

rende esecutive le norme in un determinato territorio e per questo


riscuote tasse.
7) Un esempio di difensore dello stato che passò alla lotta contro la
corruzione, è rappresentato dal

consigliere comunale zurighese FDP ed ex uomo di collegamento


della polizia politica della città di

Zurigo ( commissariato di polizia giudiziaria III ) Hans-Ulrich Helfer.


Negli anni '70 aveva infiltrato gli

ambienti autonomi degli occupanti abusivi di case e partecipato ad


azioni e dimostrazioni come

"underoveragent". E in questa veste Helfer aveva fatto per sua


stessa ammissione anche cose per cui

avrebbe dovuto essere condannato. Negli anni '80 Helfer lasciò la


polizia della città di Zurigo e fondò

una propria agenzia stampa. A metà degli anni '90 scrisse un libro
sull'affare del deposito di filtrazione
di Zurigo e fondò un'associazione per la lotta alla corruzione.
Secondo Helfer questa ha bisogno anche

dell’impegno del cittadino responsabile.

8) A questo proposito sostiene Mark Pieth: "Il crimine organizzato in


quanto tema concernente la difesa

dello stato significa, ad esser chiari, che si deve indagare" nei


precedenti dei precedenti". Atti istruttori

sarebbero possibili anche se non sussiste neppure il sospetto che


una persona - ad esempio con

transazioni finanziarie- appoggi un'organizzazione criminale nella


sua attività delittuosa" ("Neue

Zürcher Zeitung", 13.11.95). Nel maggio 1996 il Consiglio federale


ha deciso di centralizzare le

inchieste contro il crimine organizzato presso l'Ufficio federale di


polizia.

9) "Panorama", 10.3.95, e "Avvenimenti", 8.3.95

10) "Cash", 3.11.1995

11) Cit. da "Cash", 14.6.96

12) "Cash", 14.6.96

13) "Tages-Anzeiger", 2.2.96

14) "Neue Zürcher Zeitung", 28.3.96


15) Miriam Arana de Nasser era stata arrestata il 23 febbraio 1994
nel Cantone di Vaud e estradata il 3

gennaio 1995 dalla Svizzera agli USA. Il 29 febbraio 1996 la


colombiana fu condannata a Miami a 12

anni di prigione. Oberholzer lavorava alla SBG nel settore di


consulenza finanziaria per l'America

Latina, tra l'altro per una ricca clientela messicana. Nei conti
sequestrati alla Nasser alla SBG c'erano

180 milioni di dollari, la più alta cifra al mondo requisita in un


singolo caso di narcotraffico.

16) Mandati in consiglio di amministrazione di Helmuth F.Groner


nell' agosto 1995: Abuk Holding AG

(Zug); Comdatech Trading AG (Zug); Formalux AG (Zug);


Cooperativa Eigenheim ( Cham) ; Inter-
Elektronik AG (Zug); Mirega AG (Zug); MK Mineralkontor AG
(Zurigo); Roxilan AG (Zug); Unipex

AG (Zug) ; Verado Trade AG ( Zug); Vivista AG (Zug); Isowa AG


(Lucerna); Intercontainer Machinery

AG (Lucerna); Ranbaxy SA (Zug) ; VPT Verwaltungs- &


Privattreuhand AG (Zug). (Fonte: Orell

Füssli/Teledata: Il CD-ROM dell'economia svizzera, Version 1996/1,


giorno: 1.8.95)

17) Mandati in consiglio di amministrazione di Erwin Lustenberger


nell'agosto 1995: Demo Scope

Holding AG (Zug); Etraco AG (Zug); Anubit AG (Zug); Armtex


Products SA (zug); Arvoly AG (Zug);

A 1 Ferro Commodities Corp. SA (Zug); Datagraph AG (Zug);


Dominant Holdings AG ( Pfäffikon);

Dynamic Enterprises Holding AG (Hünenberg); Editions du Temple


SA (Zug); Editions Miriam AG

(Zug); Elor- Beteiligungs- & Verwaltungsgesellschaft [Società di


partecipazione e di gestione] AG

(Zug) ; Fantre Finanz (Zug); F.P.Handels AG (Lucerna); Gerbofin


AG (Zug); GHF Gesellschaft für

Handel und Finanzierung AG (Zug); Haca Consult AG (Zug);


Holding - Salweba AG (Zollikon); Imex

Industrieanlagen und Maschinen AG (Zug); Inkra AG (Zug); Inter-


Marka AG fuer

Kennzeichnungstechnik [Inter-Marka per tecnica della marcatura]


(Zug); Wieland (Svizzera) AG
(Cham); Alisur AG (Oberwil presso Zug); Al Quraishi Investment
Corporation Ltd. (Zug); A-N Trading

AG (Zug); Intersema Holding AG (Zug); Trais Fluor Investment


Services AG (Zug); Poltschech

Corporation AG (Zug); Frank Trading (Frank Trading Ltd.; Zug);


STF Trade Finance AG (Zug); Black

Clawson Afex- Wintech AG (Zug); Intrapol AG (Zug); Lely Zug AG


(Zug); Marsyl AG (Zug); Jagro

AG (Zug) ; Keracem AG (Zug); Lely Research Holding AG (Zug);


MK Mineralkontor AG (Zurigo);

Narlon AG (Zug); Neue Medien[Nuovi media] SAT AG (Zug);


Nicotec AG (Hünenberg); Noleda SA

(Zug); Norbarn Management AG (Zug); Paperboard Holding Ltd.


(Zug); Retsnom AG (Zug); Scudo
AG (Zug); Seminterna AG (Zug); Serdeco AG (Cham); Solitec AG
(Zug); Sopatros SA (Grenchen);

Stilinex AG (Heiden); Technikontor AG (Zug); Test Holding AG


(Zug); Tok Holding AG (Zug); Voith

AG (Zollikon); Waldmoos Immobilien AG (Zug); Waldstein Finanz


AG (Zug); Western Olympic

Holding AG (Cham); Chemgen Products Services AG (Zug); MCH


Hotel Consult & Management AG

(Zug); Lalitz AG (Zug); Chronofin AG (Zug); Artox Corporation AG


(Zug) ( Fonte: Orell / Füssli/

Teledata: Il CD-ROM dell'economia svizzera, Version 1996/1,


giorno di scadenza: 1.8.95).
18) Nel gennaio 1996 Zemp ottenne un verdetto del tribunale
cantonale di Zurigo, nel frattempo

passato in giudicato, contro una società di Helmuth Groner e Erwin


Lustenberger. La complessa

motivazione della sentenza può essere riassunta nel senso che i


giudici di Zug confermarono che dal

1987 ,durante la sua detenzione preventiva a Lugano, egli era stato


danneggiato in maniera non legale

da una società di cui Groner e Lustenberger erano state le forze


propulsive.

19) Vedi a questo proposito : Shana, Alexander : ‘The Pizza


Connection’ . New York, 1988

20) A mettere in guardia Tognoli era stato Bruno Contrada, a lungo


presidente della squadra mobile di
Palermo e più tardi numero tre del servizio segreto italiano civile
SISDE, arrestato nel dicembre 1992

per sospetto di complicità con la mafia. Per molti anni Contrada era
stato considerato nemico

inesorabile della mafia. In effetti non solo favoriva la fuga di molti


boss mafiosi, ma impediva anche

numerose azioni di polizia. Se già il procuratore Giovanni Falcone,


assassinato nel 1992, aveva nutrito

sospetti, la sfiducia si accrebbe allorché Contrada, poco dopo


l'attentato dinamitardo al successore di

Falcone, Paolo Borsellino, comparve sul luogo del delitto molto


prima che la superiore autorità fosse

stata informata. Nel dicembre 1992 Contrada fu infine arrestato. Al


suo processo nell'estate 1994 a

Palermo, che terminò in prima istanza con un verdetto di


colpevolezza, era presente come testimone

dell'accusa anche Carla del Ponte.

21) A quell'epoca Tito Tettamanti era il maggior azionista svizzero


della BSI.

22) Shana, Alexander: ‘The Pizza Connection’. New York 1988,


p.138 segg.

23) La Corte delle Assise criminali Lugano: Sentenza contro Della


Torre, Palazzolo e Rossini Inc.

No.130-162 (88), 26.9.85

24) La Corte delle Assise criminali Lugano: Sentenza contro Della


Torre, Palazzolo e Rossini Inc. No.

130-162 (88), 26.9.85

25) Lo svizzero nato e cresciuto a Istanbul Paul Waridel lavorava


come galoppino del fornitore turco di

morfina base Musullulu. Alla fine del 1995, pochi mesi dopo il
rilascio dalla prigione, Waridel fu di

nuovo sorpreso con droghe dalla polizia cantonale ticinese.

26) Le informazioni di questo capitolo derivano dalla rivista


sudafricana “Noseweek” 9/ 1990.

27) Capo delegazione fu l'avvocato d'affari di Zug Josef Bollag,


consigliere d'amministrazione della

filiale svizzera della banca israeliana United Mizrahi Bank e allora


rappresentante della Ciskei a

Zurigo. Altri mandati del consiglio di amministrazione di Josef


Bollag sono: Interzephyr AG (Zurigo);

Oundjian SA ( Zurigo); Savoy Investments AG (Zug); Staadhof AG


(Baden); Teco Management AG

(Zug); Piscina termale Baden (Baden); Verenahof AG (Baden);


Chempro SA (Lausanne); Namibra AG

(Zug); Info-Investments AG (Zug); Vasel Trading Co. Ltd. (Zug);


TEF Technische Beratungs

[consulenza tecnica] AG; Verein zur Erhaltung und Verbesserung


der menschlichen Sehkraft

[associazione per la conservazione e il miglioramento della


vista](Baden); CCS Control Centers AG
(Zug), Zumbühl & Co. Handelsagentur [agenzia commerciale]
(Zug); Bollag-Stiftung [fondazione

Bollag] Flora, Bona e Rosa (Baden); Carnimex AG (Zug) ; Elinex


Holding AG (Zug); Frenziek AG

(Zug); Gerom AG (Zug); HOP AG (Zug); Interfashion M + P AG]


(Zug) (Fonte: Orell Füssli/Teledata:

Il CD-ROM dell'economia svizzera, Version 1996/1, termine 1.8.95)

28) "Sonntagszeitung", 14. 5. 95

29) Quasi tre anni più tardi, il 23 maggio 1992, Giovanni Falcone fu
vittima di un attentato di mafia

sull'autostrada presso Capaci. Più di un anno dopo nel settembre


1993 una notizia fece il giro dei media
italiani :cinque giorni prima della sua morte Falcone era stato a
Lugano e si era interessato tra l'altro del

Conto Protezione. Falcone allora non lavorava più a Palermo ma


era un alto funzionario del ministero

di giustizia a Roma.

30) Il testimone a carico Amendolito avrebbe dovuto


originariamente presentarsi come testimone al

processo ad O.Tognoli, ma rinunciò come numerosi altri testimoni.


In particolare Sergio Dafond si era

fatto dispensare da un medico dalla testimonianza per irritabilità


depressiva. Dafond era vicedirettore

della Kreditanstalt di Bellinzona, dove Tognoli aveva avuto dal 1976


i suoi conti bancari. In una
testimonianza del 1988 Dafond aveva detto che probabilmente nel
1980 O.Tognoli gli aveva presentato

anche Leonardo Greco ( il padrino mafioso), che aveva pure aperto


un conto bancario. Questo non

aveva tuttavia registrato grandi movimenti ("Eco di Locarno",


7.4.90).

31) " Tages-Anzeiger", 15. 11. 90

32) Gianoni, Franco: 'Giustizia per Oliviero Tognoli', Locarno 1995

33) "L'Unità" , 12.5.90

34) "L'Unità", 27.7.90


35) SDA, 11.12.93

36) Lettera di S. Amendolito a J. Reno del 21.2.94

12 NUOVA LUCE SULL' AMBROSIANO

Le inchieste dei procuratori di Mani Pulite riportarono al centro


dell'interesse la bancarotta del Banco

Ambrosiano milanese del 1982, un avvenimento chiave dello


scandalo italo-ticinese.(1) Il caso

Ambrosiano vuol dire di più di un buco di un miliardo di franchi nel


bilancio di una banca:

l'Ambrosiano rappresentava l'interfaccia centrale fra la finanza


sommersa italiana e la circolazione

monetaria legale. Oltre al business principale e legale con la media


borghesia fedele al Vaticano (2),

quella che era allora la più grande banca privata italiana aveva
sistematicamente fatto confluire in una,

quattro correnti di denaro provenienti da quattro fonti oscure e in


compenso tanto più redditizie: la fuga

di capitali all'estero, la mafia, la circolazione di tangenti e infine


dalle manipolazioni finanziarie illegali

della loggia massonica segreta P2.

ASCESA E CADUTA DI ROBERTO CALVI

Motore della crescita dell'Ambrosiano negli anni '50 furono


l'investimento e l'amministrazione di

capitale italiano all'estero. Il ceto medio del nord Italia, che aveva
avuto successo, voleva proteggersi

dalla pressione fiscale, dall'inflazione alta e dalla lira debole e


cercava per questo possibilità di

investimento all'estero. Ma ciò era più facile a dirsi che a farsi,


considerate le norme allora rigide

contro l'esportazione di capitali. L'ambizioso giovane manager di


banca Roberto Calvi si accinse alla

creazione di un'organizzazione all'estero. Nel 1957 fondò a Lugano


la Banca del Gottardo, poi

sopravvennero filiali a Zurigo, Chiasso, Losanna, Locarno,


Francoforte sul Meno e anche a Nassau

(Bahamas). Vicepresidente della Banca del Gottardo fu fin dalla


fondazione l'avvocato Carlo von
Castelberg, avvocato a Zurigo, dove dal 1975 al 1987 fu presidente
della Casa dell'arte e, più tardi,

presidente onorario della Società dell'arte. L'attività giornaliera era


diretta da due manager di banca

ticinesi, precisamente Fernando Garzoni e Francesco Bolgiani. Già


nel 1956 l'avvocato del

Liechtenstein Walter Keicher aveva fondato a Vaduz per


l'Ambrosiano la ditta Lovelock, che doveva

divenire più tardi base di una struttura segreta più ampia accanto
alla legale Banca del Gottardo. (3)

L'autore inglese Charles Raw suppone che la Lovelock abbia avuto


un ruolo determinante alla

fondazione della banca del Gottardo e l'abbia anche controllata


finché l'Ambrosiano nel 1960 acquisì
una partecipazione del 40% alla Gottardo. Nel 1963 la Lovelock
fondò in Lussemburgo la

Compendium che cominciò presto a far segretamente incetta di


azioni dell'Ambrosiano alla Borsa di

Milano. Alcuni anni più tardi la Lovelock fondò a Lugano la Ultrafin,


nel cui consiglio di

amministrazione entrò Calvi. Negli anni '60 Calvi continuò


sistematicamente a lavorare alla sua doppia

struttura all'estero. La parte segreta fu posta sotto la copertura della


Radowal in Liechtenstein (che più

tardi cambiò nome in United Trading), del cui consiglio di


amministrazione facevano parte anche
entrambi i manager ticinesi della Banca Gottardo Garzoni e
Bolgiani. (4) Come Raw scoprì, le società

dissimulate controllate dalla Radowal, ad esempio la Compendium,


percepivano dalle filiali ufficiali

dell'Ambrosiano notevoli crediti e operavano anche con azioni


dell'Ambrosiano allo scopo di

manipolare i corsi.

LA BANCA VATICANA IOR

Dopo che il Banco Ambrosiano, tradizionalmente vicino al Vaticano,


nel corso degli anni '60 aveva

intensificato la collaborazione con la Banca Vaticana IOR (Istituto


Opere di Religione) (5), Calvi,
divenuto nel frattempo capo supremo dell' Ambrosiano, strinse agli
inizi degli anni '70 un' alleanza

strategica con lo IOR. Presidente dello IOR era dal primo gennaio
1971 l'arcivescovo Paul Marcinkus.

L'ex guardia del corpo del papa, cresciuta in un sobborgo di


Chicago, si era ora impegnato per

incrementare in maniera massiccia la redditività dello IOR, per


mettere a disposizione del Santo Padre i

mezzi necessari alle sue opere cattoliche e per divenire lui stesso
cardinale. (6) Marcinkus festeggiò

l'entrata nel business finanziario internazionale e fece partecipare lo


IOR all'illegale "struttura

Radowal" di Calvi. Inoltre lo IOR acquisì partecipazioni alla


Cisalpine Bank a Nassau nelle Bahamas,
una filiale ufficiale dell'Ambrosiano, che Calvi aveva fondato
all'inizio del 1971 con Fernardo Garzoni

della Gotthard Bank. Come manager della Cisalpine firmava allora


lo svizzero Pierre Siegenthaler.

IL BANCHIERE DELLA MAFIA MICHELE SINDONA

Il terzo uomo nella congrega di Calvi e dell'arcivescovo Marcinkus


fu all'inizio degli anni '70 Michele

Sindona, il banchiere della mafia siciliana. Per aggirare i


regolamenti italiani per le operazioni in valuta

estera, l'irrequieto terzetto fondò numerose società di comodo in


esotiche piazze finanziarie offshore.

(7) Sindona era originariamente un consulente finanziario di


Messina, che nel 1946 si era trasferito a
Milano e, dagli anni '50, lavorava per la mafia. Egli prese parte ai
leggendari incontri familiari dei

Gambino di New York con i cugini siciliani del clan Inzerillo, il 2


novembre 1957, al Grand Hotel des

Palmes a Palermo. In seguito Le cose andarono sempre meglio per


Sindona. Egli fondò a Vaduz la

Fasco che poco dopo si accaparrò la Banca Privata Finanziaria di


Milano, confluita più tardi con la

Banca Unione nella nuova Banca Privata Italiana. In seguito,


Sindona cominciò a lavorare con i

banchieri dello IOR Massimo Spada e Luigi Mennini e comprò da


loro nel 1964 a Losanna la Banque
de Financement (Finabank). Di questa banca mafiosa lo IOR si
tenne una partecipazione di minoranza.

Negli USA, Sindona lavorava con la Continental Illinois Bank


(Chicago), che più tardi sarebbe fallita.

Ne era allora presidente David Kennedy, che il presidente Richard


Nixon poco dopo chiamò al governo

quale ministro delle finanze. Nell'autunno 1974 la Banca Privata


Italiana di Sindona e la sua banca

ancor più grande negli USA, la Franklin National Bank, fallirono.(8)


Era l'epoca della prima crisi

petrolifera e del crollo dei corsi di cambio fissi (sistema Bretton-


Woods). Le quotazioni delle azioni

crollarono e inoltre Sindona aveva fatto speculazioni sbagliate sui


mercati valutari. Anche gli afflussi di
denaro dalla cassa privata dei suoi padrini di mafia Gambino e
Inzerillo non poterono più salvarlo.

Fuggì negli USA, dove tuttavia non riuscì più ad avere successi
finanziari. Nel 1980 fu qui condannato

a 25 anni di prigione per bancarotta fraudolenta, nel 1984 gli USA lo


rispedirono in Italia. Nel 1986

infine fu inflitto a Sindona l'ergastolo come mandante degli


assassini di Giorgio Ambrosoli, che aveva

fatto un'inchiesta ufficiale sulla bancarotta dell'Ambrosiano. Due


giorni dopo la sentenza morì nella

prigione di Voghera per una dose di cianuro di potassio nel caffè.

LA P2 SALVA CALVI
Il fallimento delle banche di Sindona procurò notevoli problemi ai
suoi soci Calvi e Marcinkus. Inoltre,

l'economia mondiale era entrata a metà degli anni '70 in una fase di
recessione e una grande insicurezza

dominava i mercati finanziari mondiali. Calvi e Marcinkus dovettero


non solo far fronte al venir meno

del denaro della mafia proveniente dalle banche di Sindona, ma


anche ristrutturare la loro rete segreta

internazionale indebolitasi. Sindona, che dopo la bancarotta se ne


era andato negli USA, seppe cosa

fare. Calvi avrebbe dovuto entrare a far parte della loggia


massonica segreta P2, di cui il banchiere

della mafia siciliano era membro già da alcuni anni.(9) Dall'ampia


rete di relazioni del gran maestro

della P2 Licio Gelli e del suo braccio destro, il finanziere romano


Umberto Ortolani, Calvi poteva

aspettarsi un aiuto efficace per la fuga di capitali all'estero. I contatti


della P2 nella burocrazia statale

potevano fornire quell'aiuto, necessario per la fuga di capitale.


Esempio concreto di un soccorrevole

funzionario dirigente del genere, appartenente alla P2, è a Roma


Ruggero Firrao dapprima presidente

dell'Ufficio Italiano dei Cambi (UIC), l'ufficio delegato ai rigidi


controlli statali dei cambi, e dopo il

1979 direttore in Italia dell’ente per la garanzia contro i rischi


dell'esportazione (SACE). Alla fine degli
anni '80 Firrao lasciò il servizio statale e fondò a Lugano la Finexpo
SA. (10) Secondo i verdetti del

procuratore Dell'Osso, egli faceva transazioni illegali e usava a


questo scopo il conto 633.369 presso la

SBG (Lugano). (11) Alla fine del 1993, Dell'Osso lo fece arrestare
con un mandato di cattura

internazionale e fece perquisire i suoi uffici. Fu espulso a Milano e


nel dicembre 1994 condannato in

prima istanza per concorso sistematico in esportazione illegale di


capitali a due anni e mezzo di

prigione con la condizionale. (12) I servizi prestati da fratelli di


loggia come Firrao o Gelli, non furono

gratuiti per Calvi. Al contrario. Gelli chiese in cambio molto denaro.


"Spremette Calvi come un
limone", scrive Charles Row e valuta la cifra complessiva che Calvi
tra il 1976 e il 1981 ha stornato dal

Banco Ambrosiano, a 250.000 milioni di dollari (?). Quindi Gelli e


Calvi riconvertirono il Banco

Ambrosiano a macchina per far soldi della P2. Per far sì che la
cassa dell'Ambrosiano fosse in

pareggio, i due derubarono lo stato con l'aiuto di politici e manager


corrotti. I massimi creditori

dell'Ambrosiano, al momento della bancarotta, erano non per caso


le aziende di stato ENI e la Banca

nazionale del lavoro (BNL). Sia all'ENI che alla BNL c'erano in
posizioni direttive persone della P2.
All'ENI il socialista Leonardo Di Donna era vicepresidente, alla BNL
il socialista Alberto Ferrari era

direttore generale. Di Donna e Ferrari, per ordine del gran maestro,


fecero avere ancora crediti al Banco

Ambrosiano quando la banca era da lungo tempo sull'orlo del


fallimento. L'esempio per eccellenza è il

già ricordato credito di 50 milioni di dollari del 1981 che aveva


portato ai sette milioni di tangenti sul

conto Protezione.

CALVI IN GRANDE DIFFICOLTA'

Nonostante tutto l'aiuto da parte dei fratelli della P2, presenti


nell'apparato statale, Calvi ebbe problemi
con le autorità. Nel 1978 la Banca d'Italia aprì un'inchiesta contro la
sua società La Centrale Finanziaria

per sospetto di esportazione illegale di capitale. Nel consiglio di


amministrazione della Centrale c'era,

oltre a Calvi, anche il suo rappresentante in Svizzera Carlo von


Castelberg, vice presidente della

Gottardo. La Banca d'Italia sospettava la Centrale Finanziaria di


avere venduto un pacchetto di azioni

dell'Assicurazione Toro ad una società estera dell'Ambrosiano, solo


tuttavia per ricomprarlo più tardi ad

un prezzo notevolmente più alto. La differenza di prezzo era


passata all'estero come esportazione

illegale di capitale.(13) Dopo che la Banca d'Italia ebbe affidato


l'inchiesta alla procura milanese si
giunse ad una richiesta di assistenza giuridica alla Svizzera. I
procuratori supposero che la Banca del

Gottardo, filiale ticinese dell'Ambrosiano, fosse stata inserita nel


traffico illegale e chiesero di poter

vederne la contabilità. La Banca del Gottardo fece ricorso con


successo. Il 15 giugno 1980 la Camera

dei ricorsi del tribunale penale ticinese respinse la richiesta. (14) Un


anno dopo gli eventi precipitarono.

A metà maggio 1981 la polizia finanziaria trovò nel corso della


perquisizione domiciliare della villa di

Gelli, oltre alle liste dei membri della P2 e ai documenti del Conto
Protezione, anche carte che

dimostravano l'esportazione illegale di capitale per circa 23 miliardi


di lire (allora circa 100 milioni di

franchi) con l'aiuto della finta vendita delle azioni Toro. Questa
notizia arrivò improvvisa nel corso del

processo in corso dalla fine di maggio 1981 contro Calvi,


Castelberg e altri nove dell'Ambrosiano.

Calvi e otto dei suoi collaboratori furono immediatamente arrestati.


Contro Castelberg c'era a Zurigo un

mandato di cattura italiano, che la polizia zurighese non rese


tuttavia mai esecutivo, perché reati del

genere in Svizzera non portano alla richiesta di estradizione.


Mentre la procura di Milano lasciò cadere

l'accusa di frode e si concentrò sul reato, ormai dimostrabile, di fuga


illegale all'estero di capitale, la
Banca del Gottardo di Lugano andò all'offensiva. Informò la stampa
del rifiuto, rimasto fino allora

sconosciuto al pubblico, da parte della giustizia ticinese di prestare


assistenza legale all'Italia. "Questo

rifiuto fa mancare il terreno sotto i piedi all'accusa italiana" (15), si


leggeva sulla stampa svizzera. Il

giorno dopo il "Corriere della Sera" rispose: "La giustizia svizzera


assolve Calvi e rifiuta la

collaborazione con le autorità italiane". (16) La camera dei ricorsi


del tribunale cantonale ticinese si

vide costretta a pubblicare un comunicato. Si richiamò alla


convenzione europea per l'assistenza

giuridica in questioni penali, che prevede il rifiuto di un aiuto del


genere in caso di reati in materia di
valuta. La richiesta si basava sulla presunzione di reato di frode,
compiuto da Calvi e dagli altri membri

del consiglio di amministrazione de La Centrale Finanziaria. La


nuova accusa parlava invece solo di

violazione delle norme valutarie italiane. (17) Sebbene l'ordine


cronologico degli avvenimenti

contraddica il comunicato della Camera dei ricorsi ticinese, questa


trovò sostegno nella stampa della

Svizzera tedesca. Nessuno sembrò accorgersi che la richiesta di


assistenza giuridica era già stata

respinta il 15 giugno 1980, un anno prima che i procuratori milanesi


avessero lasciato cadere l'accusa di
frode. Il 21 luglio 1981 il tribunale di Milano condannò Roberto Calvi
per esportazione illegale di

capitale a quattro anni di prigione e a una pena pecuniaria di 16,5


miliardi di lire (allora circa 30

milioni di franchi). Altri tre coimputati furono condannati, i restanti


sei, tra cui von Castelberg a

Zurigo, furono assolti per mancanza di prove. Alla lettura della


sentenza Calvi era assente. Aveva

compiuto un tentativo di suicidio nella prigione di Lodi ed era in


ospedale, gravemente ferito.

Nonostante la condanna e il tentativo di suicidio, Calvi continuò a


rimanere a capo del Banco

Ambrosiano. Poiché la struttura della proprietà era impenetrabile, la


stampa si chiese allora chi fosse
mai a voler mantenere ad ogni costo Calvi al suo posto.
L'interrogativo ha da quegli anni trovato

risposta. Il gruppo dell'Ambrosiano era controllato da Gelli, Ortolani


e Calvi mediante un complesso

sistema di società di comodo inserite le une nelle altre come


matrioske, con la banca vaticana IOR

come azionista di minoranza. Il permanere di Calvi al vertice dell'


Ambrosiano era in certo qual modo

uno schiaffo di Gelli alla giustizia italiana. Lo spettacolare caso


giudiziario non andò tuttavia in scena

senza conseguenze personali. Von Castelberg diede le dimissioni


da consigliere d'amministrazione del

Banco Ambrosiano e de La Centrale Finanziaria, ma mantenne i


suoi mandati al Banco Ambrosiano

Holding SA, al Banco del Gottardo e alla filiale zurighese della


Banca del Gottardo Ultrafin AG.(18)

LA FINE DI CALVI

Nei pochi mesi prima di morire Calvi cercò disperatamente di


trovare nuovi finanziatori per la sua

banca in difficoltà. Cosa estremamente difficile da quando Gelli e


Ortolani erano scomparsi e il

presidente dello IOR Marcinkus si era ritirato. Dopo gli inutili


tentativi di Calvi di procurarsi denaro

attraverso lo speculatore sardo Flavio Carboni (19) e Cosa nostra


siciliana, la polizia inglese rinvenne
infine il suo cadavere il 18 giugno 1982 sotto il ponte dei Frati neri a
Londra. La sua segretaria privata

Graziella Corrocher, già un giorno prima, si era gettata dalla finestra


a Milano. Poche settimane dopo il

Banco Ambrosiano fallì con una montagna di debiti di più di due


miliardi di franchi. La controversia

sulle esatte circostanze della morte di Roberto Calvi da allora non si


è spenta. L'autore Charles Row e

la giustizia inglese ritengono che si sia trattato di suicidio. Calvi si


sarebbe suicidato per disperazione

in seguito alla rovinosa revoca del credito da parte della banca


vaticana e l'oltraggioso tradimento

dell'arcivescovo Marcinkus. (20) Un'altra tesi, sostenuta dalla


vedova di Calvi, Clara, fondata su
ricerche dell'ufficio di investigazioni private Kroll, parla di
assassinio. La tesi del suicidio è stata

decisamente rigettata da Kroll dopo uno studio, condotto con


acribia, degli atti giudiziari inglesi e una

ricostruzione minuziosa del caso di morte. Di delitto ha parlato


anche il chiacchierato banchiere

svizzero Juerg Heer. L'ex direttore della Rothschild Bank di Zurigo


dichiarò al “Wall Street Journal” di

avere consegnato ai killer mafiosi di Roberto Calvi, per ordine della


P2, una valigia piena di contanti.

(21) Il contatto tra Heer, Calvi e Gelli esisteva già dalla fine degli
anni '70. Gelli usava regolarmente

per le sue operazioni internazionali la banca Rothschild di Zurigo.


Così Rothschild comprò ad esempio,

alla fine degli anni '70 per ordine di Gelli, un notevole pacchetto di
azioni della casa editrice milanese

Rizzoli. Con ciò il presidente della P2 si trovò a controllare il più


importante quotidiano italiano, cosa

che era stata uno dei principali obiettivi. (22) Una settimana più
tardi l'allora ancora sconosciuto

imprenditore edile Silvio Berlusconi, membro in segreto della P2,


ottenne che gli fosse dedicata

settimanalmente sul "Corriere della Sera" una colonna.(23)

LA BANCA DEL GOTTARDO DI LUGANO SOPRAVVIVE

In quanto filiale svizzera del Banco Ambrosiano anche la Banca del


Gottardo finì naturalmente nel

vortice dello scandalo milanese. Ma i liquidatori lasciarono che la


banca continuasse provvisoriamente

un'attività ridotta e la vendettero due anni dopo alla banca


giapponese Sumitomo. I top manager di

Calvi Fernando Garzoni e Francesco Bolgiani poterono mantenere i


loro posti. L'istituto ebbe un nuovo

presidente nella persona dell'ex consigliere governativo Claudio


Generali, vicepresidente restò Carlo

von Castelberg.(24) A differenza del presidente Calvi, i quadri


dirigenziali della Banca Gottardo hanno

superato bene lo scandalo dell'Ambrosiano. All'inizio del 1994 von


Castelberg era ancora vice della
Gottardo e presidente dell'Ultrafin, Bolgiani era direttore dell'Ultrafin
mentre Garzoni era diventato

presidente onorario della Banca del Gottardo. Nel suo studio già
citato più volte, Charles Row dimostra

il ruolo centrale della Banca del Gottardo nella gestione della United
Trading a Panama, cuore della

banca segreta illegale all'interno del Banco Ambrosiano, creata da


Calvi e Marcinkus dopo il crollo di

Sindona nel 1974.(25) Nel consiglio di amministrazione della United


Trading Corporation SA di

Panama (UTC) c'erano Fernando Garzoni, Francesco Bolgiani e


Otto Husi.(26) "Fernando Garzoni",

scrive Raw, "era presidente della Banca del Gottardo dal 1979 e
sapeva con ogni probabilità più di ogni
altro degli affari di Calvi."(27) Garzoni da parte sua non ha rimorsi e
non permette che gli si rimproveri

nulla. "Se la Svizzera esige con una nuova legge un attestato che il
denaro accettato nel territorio

nazionale o all'estero sia tassato, dobbiamo abolire tra i 30.000 e i


40.000 posti di lavoro", sostenne nel

settembre 1993 con un giornalista.(28) Garzoni contestò l'influsso


negativo della fuga di capitale

all'estero sull'economia italiana. Il flusso di capitale internazionale


era – affermò - un dato di fatto, su

cui si fondava il benessere della Svizzera e di cui vivevano le


banche. Un collega di Garzoni, membro
della direzione della Gottardo, era Walter Canepa. Il 10 gennaio
1994 Canepa fece un attentato a

Generali, presidente della banca. Irruppe nel suo ufficio, gli sparò,
ferendolo gravemente. Poi tornò nel

suo ufficio e abbatté il suo cliente privato Luciano Richina,


colpendolo con l'impugnatura della pistola.

Quindi salì sul davanzale della finestra di Mario Botta e gridò che
voleva buttarsi giù, cosa che tuttavia

non fece. L'inchiesta del procuratore Pietro Simona diede come


risultato che Canepa, per coprire le sue

speculazioni sbagliate, aveva oltrepassato le sue mansioni di


vicedirettore. Inoltre, lo angustiavano

anche grandi problemi finanziari personali. Sulla stampa ticinese si


mise in genere, alla base
dell’accaduto, il fatto che Canepa, oppresso da problemi finanziari,
fosse stato piantato in asso da

Generali. All' inizio del 1995 il procedimento istruttorio era ancora in


corso. Il nome di Walter Canepa

non appare nel grosso libro di più di 500 pagine di Raw.


Stranamente l’autore non nomina neppure

Carlo von Castelberg. Stranamente- perché Castelberg era uno dei


più importanti collaboratori di Calvi

in Svizzera. Significativo è a questo proposito che Raw negli anni


'80 lavorasse per il liquidatore della

Holding Ambrosiano SA in Lussemburgo, precisamente per Brian


Smoutha dell' ufficio fiduciario

Touche Ross. Smouha fu scelto come liquidatore dal tribunale del


Lussemburgo, sebbene - o perché- la

Fiduciare Gènèrale affiliata alla Touche-Ross, aveva sempre


controllato senza problemi la gestione

annuale dell'Ambrosiano Holding del Lussemburgo e perciò poteva


essere considerata corresponsabile

di tutto il disastro. Negli ambienti dei piccoli azionisti italiani


danneggiati dell'Ambrosiano non si sono

mai placate le accuse che nella bancarotta dei denari fossero


scomparsi in Lussemburgo in modo non

chiaro. (29)

MANDATI D' ARRESTO NEI CONFRONTI DEI BANCHIERI DEL


VATICANO
Cinque anni dopo la bancarotta, il Banco Ambrosiano ebbe di
nuovo titoli a caratteri cubitali sui

giornali. Nel febbraio 1987 il procuratore Pierluigi Dell'Osso emise


un mandato d'arresto nei confronti

di tre funzionari della Banca Vaticana IOR: precisamente il


presidente dello IOR arcivescovo Paul

Marcinkus e i due manager dello IOR Pellegrino De Strobel e Luigi


Mennini. Poichè i tre risiedevano

in Vaticano, non poterono essere arrestati. Lo IOR e Marcinkus


avevano sempre respinto ogni

responsabilità e tuttavia nel 1984 avevano pagato volontariamente


242 milioni di dollari ai creditori

danneggiati del Banco Ambrosiano. Un passo, raccomandato allo


IOR da una commissione papale di
saggi, di cui era membro anche l'allora presidente onorario della
SBG Philippe de Weck. Il denaro

necessario per il risarcimento dei danni lo IOR se lo procurò con la


vendita della sua filiale svizzera

Banco di Roma per la Svizzera a Lugano (oggi Banco di Lugano)


alla SBG. (30)

CARLO VON CASTELBERG NON FA LE VACANZE IN ITALIA

Ai primi di maggio 1987 il procuratore Dell'Osso emise infine a


Milano altri venticinque mandati di

arresto contro persone che, a suo parere, si erano rese colpevoli di


complicità in bancarotta fraudolenta,

falso in bilancio, appropriazione indebita e di altri reati economici.


Tra questi c'erano il finanziere
italiano Orazio Bagnasco di Lugano e il vice della Banca del
Gottardo Carlo von Castelberg a Zurigo.

La "Neue Zuercher Zeitung" annunciò questi arresti il 6 maggio e


fece il nome di Orazio Bagnasco, ma

si guardò bene dal parlare ai suoi lettori di Carlo von Castelberg. La


polizia svizzera non procedette

all'arresto come era avvenuto nel 1981 col primo mandato di cattura
contro von Castelberg. Egli si

dichiarò tuttavia pronto a rispondere, nell'ambito dell'assistenza


giuridica, alle domande della procura

milanese di fronte ad un giudice istruttore svizzero. (31) Gli atti


giudiziari che il procuratore Dell'Osso
ha messo insieme a Milano, riempiono 30 volumi di più di 100.000
pagine, solo l'atto d'accusa contro i

44 imputati nel processo principale dell'Ambrosiano del 1988 conta


1.652 pagine. Il processo

gigantesco finì infine il 16 aprile 1992 con verdetti di colpevolezza


per concorso in fallimento

fraudolento contro 33 imputati e sfociò in lunghi e complicati


procedimenti d'appello . (32) Umberto

Ortolani, vicepresidente della P2, si prese 19 anni di prigione, il


gran maestro Licio Gelli 18 anni e 6

mesi, Flavio Carboni, complice nella fuga di Calvi, 15 anni, la


guardia del corpo di Calvi Francesco

Pazienza 14 anni e sei mesi, Carlo von Castelberg otto anni e otto
mesi, Carlo de Benedetti sei anni e
quattro mesi e Orazio Bagnasco sette anni e sei mesi. La
motivazione scritta del verdetto occupa 4.409

pagine e fu pubblicata il 10 ottobre 1994, due anni e mezzo dopo la


sentenza. (33) Von Castelberg

definì incomprensibile e non eseguibile la sentenza all'agenzia


stampa AP Svizzera. Egli avrebbe

contato su un'assoluzione e intendeva impugnare la sentenza. Nel


giugno 1996 la Corte d'appello di

Milano ha confermato in seconda istanza i verdetti del caso


Ambrosiano, ma ha mitigato il grado della

pena. La condanna al carcere di Castelberg è stata ridotta a quattro


anni e tre mesi, l'ordine di cattura è

stato ritirato. Egli può rivolgersi ancora alla corte di cassazione a


Roma come ultima istanza. (34)

IL CASO DUFT

Nei diversi procedimenti secondari della bancarotta


dell'Ambrosiano, che vengono trattati

separatamente in tribunale, troviamo anche due importanti imputati


svizzeri: gli avvocati Peter Duft di

Zurigo e Charles Poncet di Ginevra. Duft era accusato di ricatto nei


confronti del presidente

dell'Ambrosiano Roberto Calvi. Nel luglio 1994 il tribunale


distrettuale di Milano condannò Duft in

prima istanza a sette anni di prigione, una piccola pena pecuniaria,


il pagamento dei costi del
procedimento e il pagamento di circa 500.000 franchi a garanzia di
eventuali richieste di diritto civile

dei liquidatori dell'Ambrosiano. A causa di questa condanna, Duft,


nell'autunno 1994, dovette dare le

dimissioni da presidente dell'associazione zurighese dei proprietari


di casa, ma potè restare nel

consiglio direttivo. Alla fine degli anni '80 Duft faceva parte del
consiglio di amministrazione del

Neumarkt-Theater e fu fino al 1987 nel consiglio cantonale per la


Christlichdemokratische Volkspartei

(CVP). Testimone principale dell'accusa milanese contro Duft è


Francesco Pazienza. Lui stesso non è

certo un novellino inesperto, tanto che nel procedimento principale


dell'Ambrosiano fu condannato a
14 anni. Pazienza era per Roberto Calvi l'uomo a cui venivano
assegnati i compiti ingrati o moralmente

discutibili. Il presidente dell'Ambrosiano l'aveva arruolato poco


prima di morire, sottraendolo al

servizio segreto militare italiano SISMI. Pazienza era membro della


P2 e nei servizi segreti era

considerato uno specialista del Vaticano. Spiando il Vaticano, era


entrato in contatto con Giorgio Di

Nunzio, informatore del SISMI e giornalista della rivista romana


della destra cattolica "Il Borghese".

Di Nunzio possedeva un rapporto segreto del cardinale Egidio


Vagnozzi sugli affari sospetti della

Banca Vaticana IOR con il banchiere della mafia Michele Sindona.


Gli avversari del presidente dello

IOR Marcinkus l'avevano steso nel 1976 all'epoca dell'elezione di


Giovanni Paolo I. Di Nunzio era un

cliente di Peter Duft e si dice che allora abbia portato al sicuro il


rapporto di Vagnozzi nella cassaforte

dell'avvocato zurighese. (35) Nelle sue ricerche, Di Nunzio si era


imbattuto anche in affari illegali di

Roberto Calvi. Calvi aveva finanziato allo speculatore edilizio


romano e piduista Mario Genghini, allo

scopo di esportazione illegale di capitale, progetti milionari


all'estero. Dopo aver scoperto questo, Di

Nunzio pretese da Calvi quattro milioni di dollari, altrimenti avrebbe


informato la polizia. Calvi
incaricò Pazienza di trattare una riduzione della cifra del ricatto. E in
effetti riuscì a Pazienza di

abbassare la somma a 1,2 milioni di dollari. Una parte avrebbe


dovuto essere pagata in Italia, il resto in

Svizzera. Della consegna della tranche svizzera avrebbe dovuto


occuparsi Peter Duft. Per attuare il

piano in Svizzera Pazienza si servì del suo vecchio conoscente


Alain Aboudaram (36) di Losanna, che

si dichiarò d'accordo nel mettere a disposizione i propri conti


bancari come stazione di transito, in

cambio di una provvigione del 2 %. Il 16 marzo 1981 la United


Trading, controllata da Calvi, pagò

mediante la società di comodo ZUS a Panama 1,5 milioni di dollari


su un conto della società Finanzco
di Aboudaram presso la filiale svizzera della Banque Nationale de
Paris a Basilea. Alcuni giorni più

tardi, la Finanzco versò 333.000 dollari su un conto della SBG di


Ginevra con l'annotazione "Duft". Il 7

aprile 1981 la United Trading accreditò 800.000 dollari su un conto


della società di Aboudaram Real

Fin presso la filiale di Losanna della Banque Bruxelles Lambert. Il 5


maggio 1981 due milioni di

dollari passarono ancora sullo stesso conto presso la stessa banca.


Il 27 maggio infine 600.000 di questi

2,8 milioni di dollari finirono su un conto di Duft presso la Banca del


Commercio di Zurigo.
Aboudaram ha confermato di fronte alla giustizia italiana il
pagamento, confessato da Pazienza, di un

totale di 933.000 dollari sui conti di Duft. Calvi non poté più essere
interrogato, e anche Di Nunzio

morì nell'estate 1981 di infarto cardiaco. Duft stesso non contesta


che allora su uno dei suoi conti dei

clienti siano affluiti denari di Di Nunzio, definisce però una bugia


bella e buona (37) l'accusa mossa

contro di lui da Dell'Osso, che egli sia stato implicato in un ricatto


contro Calvi, e questo in contrasto

con il verdetto di prima istanza del tribunale penale di Milano.

IL CASO PONCET
Il 6 dicembre 1993 la Procura di Milano mise in stato di accusa
l'avvocato di Ginevra e consigliere

nazionale liberale Charles Poncet. (38) Nell' estate 1996 il


procedimento giudiziario era ancora in

sospeso. Ebbe la sfortuna che l'amministratore fiduciario


Chistopher Delaney nel febbraio 1992 fosse

stato arrestato a Jersey, l' isola del Canale, per infrazioni in un


contesto diverso. Contro Delaney c'era

un ordine di cattura internazionale, emesso dal procuratore di stato


Dell'Osso, in rapporto al processo

contro Marco Ceruti, uno dei 41 imputati principali del processo


dell'Ambrosiano. Allorché Delaney fu

arrestato a Jersey, Dell'Osso rimandò l'udienza contro Marco Ceruti


per interrogare Delaney.(39) Ceruti
era uno stretto collaboratore del capo della P2 Licio Gelli e viene
accusato di aver alleggerito il Banco

Ambrosiano di 11,6 milioni di dollari. Questo denaro prese una via


tortuosa attraverso società di

comodo nel Liechtenstein (Nordeurop Anstalt) e a Panama (ZUS


Corporation). Finì infine sui conti

numerati "Tortuga" e "Bukada", che Ceruti aveva alla SBG


(Lugano). Ceruti è di professione antiquario

a Firenze e sosteneva che gli 11,6 milioni fossero il prezzo


d'acquisto di gioielli, appartenenti al

patrimonio dello scià di Persia, comprati da Licio Gelli. Mediatrice


sarebbe stata la società Merlin

sull'isola britannica di Jersey. Dell'Osso accettò questa versione,


sebbene il presidente della Merlin

Christopher Delaney avesse disdegnato il mandato di comparizione


della Procura di Milano. Dopo il

suo arresto per altri reati la musica cambiò. Delaney disse che i
documenti che i difensori di Ceruti

avevano presentato, per provare un acquisto di gioielli, erano stati


falsificati per preservare Ceruti da

una condanna. Accusò il consigliere nazionale di Ginevra Poncet di


complicità nella elaborazione di

queste falsificazioni. L'azione sarebbe stata concordata nel corso di


una riunione a Marbella in Spagna,

dove Poncet avrebbe fornito le formulazioni delle falsificazioni.


Poncet ha confermato la
partecipazione alla riunione di Marbella. Avrebbe ritirato più tardi i
documenti all'isola di Jersey e li

avrebbe custoditi per un certo tempo nel suo ufficio a Ginevra. Alla
falsificazione non avrebbe tuttavia

partecipato. "Mi sento completamente innocente e non ho niente da


rimproverarmi", affermò Poncet.

Avrebbe "veramente pensato che i documenti fossero


autentici".(40) La faccenda acquistò pregnante

attualità per il comportamento di Poncet come politico al consiglio


nazionale. Il 17 dicembre 1993,

Poncet presentò una proposta nel corso del dibattito per la


revisione della legge bancaria. Poncet

richiese che l'autorità di controllo straniera potesse passare alle


autorità giudiziarie del proprio paese le
informazioni ricevute dalla commissione bancaria, solo quando
questa avesse prima avuto dalla

Svizzera assistenza giuridica in cause penali. Se la commissione


delle banche dovesse attendere la

conclusione di un procedimento di assistenza giuridica, che dura di


regola parecchi anni, la rogatoria

internazionale tra le autorità di controllo delle banche sarebbe


praticamente eliminata, perché le

informazioni sarebbero sempre superate e con ciò prive di valore.


Perciò la Svizzera avrebbe rotto gli

accordi internazionali che prevedono l'assistenza giuridica tra i


diversi organi di controllo bancari, per
verificare la qualità della concessione di credito, la serietà del
management e l'amministrazione

accurata. Non è una pagina gloriosa per il consiglio nazionale aver


accettato la proposta di Poncet con

73 voti contro 62 - prima di tutti i sostenitori Christoph Blocher e il


lobbista finanziario di Zug Georg

Stucky. Solo in seconda lettura, dopo una violenta critica della


sinistra consigliare e dei media, il

consiglio nazionale respinse infine la richiesta di Poncet.

NOTE:

1) Sulla storia della bancarotta dell'Ambrosiano esistono alcune


monografie dettagliate, ad esempio:
Raw, Charles: ‘The Money Changers’. Londra 1992, o Calabrò,
Maria Antonietta: ‘Le Mani della

Mafia’. Roma 1991. Raw era redattore dell'inglese "Sunday Times"


e lavorò più tardi come consulente

del liquidatore dell'Ambrosiano, la società fiduciaria britannica


Touche Ross. La Calabrò aveva seguito

il caso dell'Ambrosiano come redattrice del "Corriere della Sera" di


Milano. Le due esposizioni del

caso si completano a vicenda nella misura in cui la Calabrò


descrive soprattutto i legami del Banco

Ambrosiano con la mafia, mentre Raw pone l'accento sui legami di


Calvi con la P2 e con la Banca

vaticana IOR.
2) I piccoli capitalisti che facevano amministrare i loro fondi non
tassati da una banca statale (Banca

Commerciale Italiana, Credito italiano, Banco di Napoli o Banca


Nazionale del Lavoro), rischiavano

molto di più di essere scoperti di quanto non accadesse con il


Banco Ambrosiano privato. Il sistema

bancario italiano è stato fino alla (timida) ondata di privatizzazioni


del 1994/95 per l'80% statale. Una

situazione del genere era un'eredità del corporativismo fascista


tipico della dittatura di Mussolini.

Questo sistema delle due correnti (legale e illegale) dell'afflusso di


denaro si rispecchiava anche

nell'organigramma: dietro la rete ufficiale di filiali nazionali e estere


c'era una complessa struttura
sommersa situata nella zona grigia tra legalità e illegalità. Ma
procediamo per ordine.

3) Raw, Charles: 'The Money Changers'. London 1992, p.63

4) Ivi, p. 72 e p.113

5) L'Istituto Opere di Religione fu fondato nel 1942 da papa Pio XII


e occupa nell'unica sede legale in

Vaticano circa 40 persone, ha più di una dozzina di sportelli e tre


bancomat. Oltre al piccolo business a

favore degli ecclesiastici e dei laici che abitano lo stato vaticano, lo


IOR amministra una gran parte del

patrimonio papale. Ha rapporti con le grandi banche internazionali e


conformemente ai patti
lateranensi, si sottrae all'intervento delle leggi e delle autorità
italiane; lo IOR è una banca offshore nel

centro di Roma. Il primo presidente dello IOR, Bernardino Nogara,


estese la sua sfera di attività dopo

la seconda guerra mondiale anche in Svizzera, dove negli anni '50


faceva parte del consiglio di

amministrazione della Banca della Svizzera Italiana. Più tardi


Nogara fondò il Banco di Roma per la

Svizzera a Lugano. La seconda fonte di guadagno del Santo Padre


è accanto allo IOR,

l'Amministrazione Patrimonio santa Sede (APSA). Sebbene l'APSA


sia attiva anche all'estero, il suo
compito principale è quello di rappresentare all'interno una specie di
Banca centrale del Vaticano.

6) Originariamente lo IOR era responsabile solo nei confronti del


papa. Dopo che la bancarotta

dell'Ambrosiano e la cattiva gestione di Marcinkus, destituito nel


1989, avevano fatto sprofondare lo

IOR in una crisi profonda, Papa Giovanni Paolo II riorganizzò la sua


banca privata e stabilì un

regolamento che per la prima volta ne fissava per iscritto il ruolo.


Sulla base di questo lo IOR deve

mettere a disposizione del Vaticano le finanze necessarie alle sue


opere religiose di portata mondiale.

Supremo comitato dello IOR è un consiglio, composto da dieci


persone, cinque cardinali e cinque laici.
Nel 1993 questi erano i cinque cardinali Angelo Sodano (segretario
di stato del Vaticano), John O'

Connor (arcivescovo di New York), Angelo Rossi (decano del


collegio dei cardinali), Bernhardin

Gantin (prefetto della congregazione), e Eduardo Martinez Somalo,


vicino all'Opus Dei. I cinque laici

erano il presidente dello IOR Angelo Caloia, Theodor Pietzcher


(direttore della Deutsche Bank a Essen

e consulente della conferenza tedesca dei vescovi), Thomas


Macioce (consulente economico del

cardinale O'Connor), Philippe de Weck (Grand Old Man della


società bancaria svizzera) e José Angel

Sanchez Asiain (copresidente del Banco de Bilbao-Vizcaya). Da


cerniera tra gli ecclesiastici e i laici

fungeva monsignor Donato de Bonis, già segretario dell'arcivescovo


Marcinkus. Evidentemente la

riorganizzazione dello IOR nel 1989 non è servita a molto:


nell'estate 1993 emerse che la Banca

vaticana nel 1991/92 era servita a inoltrare tangenti nel caso


Enimont (vedi p.217 segg.).

7) Cfr. Calabrò, Maria Antonietta: ‘Le Mani della Mafia’. Milano


1991.

8) Anche la banca svizzera di Sindona, la Amincor Bank di Zurigo


con filiale a Chiasso, fu chiusa. La

Amincor si chiamava in origine American International Corp.


(Zurigo) ed era diretta da Raul Biasi e
Riccardo Alvino. Il giovane impiegato della Amincor Niculin à Porta
perse il lavoro. Più tardi riapparve

come direttore della Banca Albis di Zurigo, chiamata più tardi Banca
Adamas. La banca Albis/Adamas

era una filiale della Fimo SA di Chiasso. (vedi p.23).

9) Della P2 si parla ancora nel capitolo successivo.

10) Fino al 9 giugno 1993, Ruggero Firrao gestì questa società


finanziaria insieme con Alfredo

Neuroni, poi fu aperta la liquidazione. Alfredo Neuroni scomparve


durante le vacanze di Natale del

1993 e non ricomparve più. Un anno dopo fu dichiarato morto.


11) "La Repubblica", 28.5.93

12) L'ente per la garanzia contro i rischi dell'esportazione (SACE)


era stato fondato nel 1977 sotto

l'egida del ministro per il commercio estero e uomo della P2


Gaetano Stammati. Direttore divenne il

suo fratello di loggia Ruggero Firrao. Il suo scopo era la tutela


contro i rischi degli esportatori italiani

sui mercati non sicuri. Le inchieste del procuratore milanese


Pierluigi Dell'Osso rivelarono un esteso

braccio illegale della SACE. In cambio di tangenti, la SACE


tollerava sistematicamente il trasferimento

illegale di capitale all'estero. Nel marzo 1993 Dell'Osso arrestò


l'allora direttore Roberto Ruberti e il
suo braccio destro Roberto Bonfigli ("L'Unità", 13.3.93)

13) "Neue Zürcher Zeitung", 22.7.81

14) "Basler Zeitung", 9.7.81

15) ivi

16) "Corriere della Sera", 17.6.81

17) "Neue Zuercher Zeitung", 8.7.81

18) "Neue Zuercher Zeitung", 30.7.81

19) Roger Schawinski, direttore di Radio 24 di Zurigo, deve


secondo "Bilanz", 5. 83, a Flavio Carboni
se nel maggio 1982 potè di nuovo trasmettere da Pizzo Groppera,
dopo che tutti avevano creduto che la

chiusura del gennaio 1982 fosse definitiva. Schawinski aveva


conosciuto nell'ufficio zurighese di Felix

Matthis l'uomo d'affari ginevrino e amico di Carboni Hans Albert


Kunz, che gli aveva procurato il

contatto con Carboni. Secondo Kunz, Carboni diede a Schawinski


alcuni indirizzi, Schawinski andò a

Roma e poco dopo Radio 24 fu di nuovo in grado di trasmettere.


Schawinski confermò questo, con la

precisazione tuttavia che l'indicazione di Kunz era stata solo uno


dei diversi canali sui quali egli era

intervenuto a Roma. (Frischknecht, Jürg, ecc: 'Die unheimlichen


Patrioten. Politische Reaktion in der
Schweiz.' (‘I patrioti perturbanti. La reazione politica in Svizzera’)
Zurigo 1987, p.557)

20) "Corriere della Sera", 3.1.93

21) " Wall Street Journal Europe", 11/12.12.92

22) Ferrara, Giuseppe: 'I misteri d'Italia: La vera storia della P2.
'Volume 3. Film documentario in

video. Roma, 1987

23) Ruggeri, Giovanni, e Guarino, Mario: 'Berlusconi. Inchiesta sul


signor TV. 2. edizione. Milano

1994, p.74
24) Con l'ex consigliere governativo Claudio Generali la piazza
finanziaria di Lugano cercò di darsi

nuovo lustro. La nuova costruzione della sede principale da parte di


Mario Botta, anche premiata,

appartiene allo stesso capitolo.

25) Raw, Charles: 'The Money Changers'. London 1992, p.127


segg.

26) ivi, p. 127

27) Ivi, p.257

28) "Das Magazin", Zürich, 12.9.93

29) Lo stesso Brian Smouha della società fiduciaria è anche


liquidatore della banca dello scandalo

BCCI, chiusa nel 1991. Anche quando la BCCI andò in bancarotta,


ci fu chi accusò che all'ultimo

istante, prima della chiusura della BCCI, in Lussemburgo grosse


somme fossero passate a Ginevra, alla

filiale BCP della BCCI.

(30) Come conseguenza della cattiva amministrazione


dell'arcivescovo Marcinkus il deficit annuo del

Vaticano fino a metà degli anni '80 salì a più di 50 milioni di franchi.
Solo nel 1993 il cardinale

Edmund Casimir Szoka potè presentare un bilancio in pareggio.


Szoka che in qualità di arcivescovo di
Detroit aveva chiuso chiese poco frequentate, per risparmiare, è dal
1990 ministro delle finanze del

Vaticano. Lo IOR non è tuttavia diretto da Szoka, ma da una


particolare commissione papale. ("Die

Zeit", 17.11.95)

31) "Tages-Anzeiger", 7.5.87

32) "Corriere della Sera", 17.4.92

33) "La Repubblica", 11.10.94

34) "Neue Zuercher Zeitung", 11.6.96

35) Raw, Charles: 'The Money Changers'. Londra 1992, p.323


segg.
36) Mandati del consiglio di amministrazione di Alain Aboudaram:
Amal Finance Corporation

(Genève); Conseil Aboudram Alain SA (Lausanne); Amal currency


investments SA (Lausanne). (Fonte:

Orell Fuessli/Teledata: Il CD-ROM. Version 1996/1, scadenza:


1.8.95 )

37) Comunicazione dell'Agenzia stampa AP-Schweiz del 15 maggio


1993

38) è il fratello dell'avvocato di Gelli Dominique Poncet.

39) "L'Unità", 25.1.93

40) "Sonntagszeitung", 2.1.94


13 LA LOGGIA MASSONICA SEGRETA P2

In Italia le teorie del complotto sono tradizione. Una particolare


cultura del sospetto, detta

"dietrologia", produce di continuo infinite analisi e speculazioni più o


meno fondate su forze che

manovrano dietro le facciate: logge e associazioni maschili segrete,


la cui azione resta sconosciuta ai

non illuminati e ai non iniziati, il mondo oscuro delle società segrete,


della mafia, del terrorismo,

membri dei servizi segreti deviati, sétte e ordini religiosi fino alle
cordate corrotte che si formano in

economia e in politica. I sobri abitanti dei paesi del nord giudichino


pure tutto ciò illusione e paranoia,
ma è un dato di fatto che prima di Mani Pulite sia le inchieste della
Giustizia che le rivelazioni dei

media in questo ambito finivano di regola con l'insabbiarsi e


scomparire. La loggia massonica segreta

Propaganda Massonica Due (P2) ha, a questo proposito, una


posizione particolare tra le società segrete.

Nel 1981 perse improvvisamente il suo status di ente segreto, dopo


che la lista dei membri era divenuta

pubblica. Le conseguenze furono drammatiche. I resoconti dei


media in tutto il mondo sui nomi di

grande rilievo della loggia produssero in Italia una grave crisi di


stato. Il governo dovette dimettersi, il

gran maestro della P2 Licio Gelli fuggì in Uruguay e la loggia fu


chiusa per legge. Nell'esplosiva lista

dei nomi (1) si era imbattuta il 17 marzo 1981 un'unità della guardia
di finanza comandata dal

colonnello Bianchi, allorché nel corso delle indagini contro Michele


Sindona, banchiere della mafia e

membro della P2, perquisì a Castiglion Fibocchi presso Arezzo


anche Villa Wanda del maestro di

loggia della P2 Licio Gelli. Bianchi resistette ai massicci tentativi di


intimidazione del suo superiore (il

generale della guardia di finanza e membro della P2 Orazio


Giannini) e non nascose la sua scoperta.

Secondo la lista, la loggia contava 972 membri altolocati.(2) Tra


questi c'erano tre ministri, tre segretari
di stato e 43 deputati al parlamento di diversi partiti. E vi
comparivano inoltre 43 generali e otto

ammiragli, incluso l'intero stato maggiore, tutti i capi dei servizi


segreti civili e militari, numerosi

generali dei carabinieri, alcuni generali della guardia di finanza, i


capi di polizia delle quattro più

grandi città d'Italia così come numerosi alti funzionari e diplomatici


di tutti i ministeri. Erano

rappresentati anche capitani d'industria quali Silvio Berlusconi, il


presidente del Banco Ambrosiano

Roberto Calvi, il banchiere della mafia Michele Sindona e il


banchiere privato e consigliere del

Vaticano Umberto Ortolani. E non mancavano rappresentanti della


stampa come l'allora editore e
caporedattore del "Corriere della Sera, il direttore del telegiornale di
RAI 1 e il più importante

conduttore della RAI, Maurizio Costanzo.

COSPIRATORI RIVOLUZIONARI?

Per far luce sullo scandalo della P 2 il parlamento istituì una


commissione d'inchiesta, composta di 43

persone, sotto la guida di Tina Anselmi, deputato al parlamento ed


ex ministro della salute, che terminò

i lavori nel 1984, dopo trenta mesi. Il rapporto sull'inchiesta occupa


58 volumi e 34.487 pagine. La

commissione pervenne alla conclusione che la P2 era un gruppo di


cospiratori che preparavano un
colpo di stato e volevano rovesciare l'ordine costituzionale. La P2
era diretta da un gruppo sconosciuto,

con Gelli in funzione di mediatore tra i membri. Questo


riconoscimento la commissione dell'Anselmi lo

visualizzò mediante due piramidi, che si toccano al vertice. I 972


nomi della lista erano da collocarsi

nella piramide inferiore, mentre la superiore capovolta


simboleggiava il gruppo sconosciuto degli

uomini oscuri. Da quest’ultima Gelli, che si trovava nel punto di


contatto dei due vertici, avrebbe

ricevuto gli ordini. Una minoranza della commissione Anselmi


analizzò la P2 in modo completamente
diverso. Ad esempio Massimo Teodori del Partito Radicale (nel
frattempo scomparso). "Gelli e la sua

loggia erano parte integrante del regime e non avevano


assolutamente bisogno di cospirare" (3) -

sostenne. Secondo Teodori la P2 viveva in perfetta simbiosi con


l'apparato statale. Ciò permetteva ai

detentori del potere dello stato di imporre decisioni, in maniera più


efficiente, nell'ambito della struttura

parallela P2, sgravata da problemi di legittimazione democratica,


che mediante il lento apparato statale.

I comunisti del PCI, coinvolti nel corrotto sistema dei partiti d'allora,
Teodori li vedeva come utili idioti

che, senza esser presenti nella struttura della P2, avrebbero


tollerato il gioco di Gelli per un perverso
interesse personale. A parere di Teodori, la commissione Anselmi,
controllata dai partiti al governo,

aveva soprattutto lo scopo di sacrificare Gelli e alcuni degli altri


fratelli della P2, solo per proteggere il

capo della DC Giulio Andreotti e non di meno Craxi, il segretario dei


socialisti, e mantenere in vita il

sistema corrotto dei partiti. In effetti la commissione Anselmi aveva


sorvolato sulla sospetta vicinanza

di Andreotti e Craxi alla P2. (4) Andreotti aveva sempre negato di


aver mai conosciuto Gelli, finché

comparve infine sulla stampa una foto che lo mostrava insieme a


Gelli in occasione dell'entrata in

carica del presidente argentino Juan Domingo Peròn (1977)


all'Ambasciata italiana di Buenos Aires.

ARRICCHIMENTO CRIMINALE ?

Dieci anni dopo l'apparizione del rapporto Anselmi, nell'aprile 1994,


la Corte d'Assise di Roma emise

una sentenza nel grande processo alla P2. I giurati non condivisero
le conclusioni della commissione

Anselmi. Secondo il loro verdetto la P2 non aveva cospirato contro


lo stato italiano, ma era piuttosto

una loggia massonica degenerata, che operava nella zona grigia


della corruzione e della criminalità

economica, a scopo di arricchimento personale dei suoi membri.


L'imputato principale Gelli fu
condannato per frode, calunnia e possesso di documenti segreti a
17 anni di prigione, ma rimase in

libertà perché i suoi avvocati fecero appello contro la sentenza. Sia


o no un caso, il tribunale di Roma

ha assolto la P2 dopo un'inchiesta durata 13 anni e un processo di


18 mesi dall'accusa di cospirazione

contro la costituzione, proprio nell'istante dell' entrata in carica


come presidente del Consiglio dei

ministri del membro della P2 Silvio Berlusconi. Il giorno della


pubblicazione della sentenza una Tina

Anselmi costernata disse in televisione di non essere d'accordo con


questo verdetto e ribadì la sua tesi

della P2 come gruppo eversivo di cospiratori contro l'ordine


costituzionale italiano. E rispose con
un'amara risata all'obiezione di un partner del talk-show, difensore
di Gelli, che la P2 fosse un club,

purtroppo deviato, di uomini d'affari nel complesso rispettabili. (5)


Anche la procuratrice Elisabetta

Cesqui non era d'accordo con la sentenza e ricorse in appello. In


un'intervista disse che non voleva si

vietasse la massoneria in Italia, auspicava invece che si rendessero


obbligatoriamente pubbliche le liste

dei membri di tutte le logge. Solo così si sarebbe potuto garantire


che la massoneria italiana non

deviasse nella corruzione politica ed economica, ma restasse un'


associazione umanistico-esoterica

cosmopolita. Nel 1993 anche il procuratore Agostino Cordova


aveva indagato a Palmi in Calabria

contro logge massoniche deviate. Partendo da un traffico di droga


della 'ndrangheta, la versione

calabrese della mafia, Cordova si imbatté in logge segrete, vale a


dire operanti al di fuori delle logge-

madre nazionali ufficiali: il Grande Oriente e la Gran Loggia d'Italia.


Inoltre, perquisì gli uffici dell'ex

gran maestro Armando Corona a Cagliari e dell'avvocato Augusto


De Megni a Perugia.(6) In un

discorso che fece sensazione, tenuto di fronte alla Commissione


antimafia a Roma, Cordova dichiarò

che egli sospettava 19 parlamentari in carica di essere la dirigenza


della P2, rimasta sconosciuta nel
1991. (7) Cordova dichiarò anche che la P2 era morta ma che il
"piduismo" aveva vinto. La P2 era stata

capace di riciclarsi politicamente, e di continuare a restare attiva


all'interno della massoneria italiana.

Come esempio del permanere di circoli segreti del tipo di quello di


Gelli, venne citato il caso di Ugo

Zilletti. Il giurista cattolico di Roma era stato nel 1981


vicepresidente del Consiglio Superiore della

Magistratura (CSM), l’organo di autogoverno dei magistrati in Italia.


Il suo predecessore Vittorio

Bachelet era stato ucciso dalle Brigate Rosse. (8) Dopo la


perquisizione della villa a Castiglion

Fibocchi Zilletti dovette dimettersi, perché il suo nome era apparso


in un appunto di Gelli. Inoltre egli
era intervenuto a Milano a favore del presidente dell'Ambrosiano
Roberto Calvi, allora in prigione.

Dopo il suo ritiro, Zilletti ridivenne avvocato e, nel febbraio 1993, fu


infine arrestato per sospetto di

bancarotta fraudolenta della Compagnia Generale Finanziaria


(CGF). Fu arrestato anche l'uomo della

P2 Ennio Annunziata. La CGF aveva ricevuto da Licio Gelli, poco


prima della bancarotta, ancora 15

miliardi di lire.(9) Dopo che l'ostinato procuratore di Palmi Agostino


Cordova fu promosso ad un

incarico di maggior prestigio della burocrazia giudiziaria a Napoli, le


coraggiose inchieste contro le
logge massoniche non ufficiali, in Calabria, si arrestarono.

LA LOGGIA MASSONICA P2

La P2 fu, fino al suo divieto per legge, una delle più di 600 logge
della Gran Loggia Grande Oriente

d'Italia, detta anche "Palazzo Giustiniani" dal luogo delle sua


fondazione, quello splendido palazzo nel

cuore di Roma che Mussolini aveva sottratto ai massoni. Oggi


Palazzo Giustiniani appartiene al Senato

italiano. Nel 1994 Grande Oriente era con i suoi 16.000 membri la
più grande delle tre grandi logge

nazionali d'Italia. La seconda, la Gran Loggia d'Italia, sorta dopo


una scissione nel 1908, e detta anche
"Piazza del Gesù", contava 251 logge e 6.000 membri. La terza
loggia nazionale, denominata "Gran

Loggia Regolare d'Italia", aveva 35 logge e 1.000 fratelli. (10) Era


sorta solo all'inizio del marzo 1993

da uno scisma avvenuto nel Grande Oriente. Fondatore fu un ex


gran maestro del Grande Oriente,

Giuliano Di Bernardo, con 1.000 seguaci e col sostegno


anglosassone. Di Bernardo voleva rendere

pubbliche le liste dei membri, ma su questo punto non riuscì a


imporsi all'interno della massoneria. Sui

media assicurò che la sua nuova loggia voleva concentrarsi sugli


ideali massonici di tolleranza e

giustizia ed escludere i politici corrotti e gli uomini d'affari sospetti.


Collaborando alle indagini di
Armando Corona a Palmi, cercò di dar forza al proposito
espresso.(11)

GUERRA AI PAPI

La P2 era stata fondata a Roma nel 1877. Era al servizio dei fratelli
delle logge provinciali del Grande

Oriente d'Italia (12) che soggiornavano nella capitale. Solo pochi


anni prima i tre massoni Giuseppe

Mazzini, Giuseppe Garibaldi e Camillo Cavour, avevano guidato la


liquidazione dello Stato della

Chiesa e fatto dell'intera Italia uno stato unitario laico. I tre massoni
sono, non a caso, a capo del

Risorgimento. Da quando l'Inquisizione a metà del secolo


diciottesimo aveva imprigionato a Firenze i
primi massoni, la massoneria, di idee illuministe, divenne
componente del nazionalismo rivoluzionario

italiano come strumento contro il potere temporale del papa nello


Stato della Chiesa. I papi si

vendicarono con innumerevoli bolle. L'anatema definitivo fu lanciato


da Leone XIII nel 1884

("Humanum Genus"): egli condannò il "naturalismo razionalista" e


inflisse la scomunica a tutti i

massoni cattolici. La guerra totale tra il Vaticano e i massoni


terminò con il Concilio Vaticano Secondo

nel 1962. La tolleranza religiosa, qui annunciata, tra tutti gli "uomini
di buona volontà", comprendeva
anche la massoneria che si fondasse su valori umanistici universali.
I massoni cattolici profittarono del

momento favorevole e cominciarono a far visita in Vaticano. Nel


1971 il papa ritirò infine la scomunica

contro la massoneria regolare. Il diritto canonico venne modificato:


fu scomunicata automaticamente

solo quella parte dei massoni che cospiravano contro il Vaticano e


prestavano il giuramento di fedeltà

non sulla Bibbia ma su un libro con le pagine non stampate. Al


Grande Oriente questo non servì a nulla

in un primo momento, perché non era membro della United Grand


Lodge of England a Londra, madre

di tutti i massoni regolari di questo mondo. Lo statuto della Gran


Loggia inglese, in base al quale altre
logge vengono riconosciute, contiene nel principio numero sette un
severo divieto di discutere

all'interno della loggia di problemi religiosi e politici. Questa rinuncia


era però da sempre del tutto

ignota alla massoneria italiana. E, tuttavia, la United Grand Lodge


riconobbe nel 1972 il Grande

Oriente.

ALLEANZA CON LA FINANZA

All'inizio degli anni '70 i rigidi fronti contrapposti del Vaticano e dei
massoni cedettero. Soprattutto i

finanzieri della P2, Licio Gelli e Umberto Ortolani, così come i


banchieri della stessa loggia Roberto
Calvi e Michele Sindona ,fecero a gara a frequentare il Vaticano.
L'arcivescovo Paul Marcinkus, capo

della Banca Vaticana IOR, concluse allora con l'ambizioso quartetto


della P2 più di qualche affare

lucroso. Nel settembre 1978 il giornalista romano Mino Pecorelli


pubblicò sul suo "Osservatore

Politico" sotto il titolo "La grande loggia vaticana", i nomi di 121


presunti membri di una loggia

massonica in Vaticano. Tra questi c'è il cardinale segretario di stato


Jean Villot, nome di loggia Jeanni,

numero 041/3, accolto in una loggia di Zurigo [già] il 6 agosto 1966


(13), inoltre i due presidenti della

banca vaticana IOR, l'arcivescovo Marcinkus e Monsignore Donato


de Bonis, e altri. Questa lista di

massoni in Vaticano era già stata pubblicata nel 1976 da un gruppo


fondamentalista di nome "Comitato

internazionale per la difesa della tradizione cattolica". (14) Dopo lo


scandalo della P2 nel 1981, il flirt

del Vaticano con i massoni cattolici finì e da allora è di nuovo in


vigore la scomunica incondizionata.

Non è un caso che la chiesa cattolica sotto il papa polacco Karol


Wojtyla dall'inizio degli anni '80

preferisca associazioni maschili interne alla chiesa come l'ordine


dei Templari o i Maltesi

(Gerosolimitani).
I MALTESI

Per amore di completezza è il caso di spendere ancora alcune


parole in forma di excursus sui Maltesi,

ai quali si dice che Licio Gelli sia stato affiliato. (15) La fondazione
dell'ordine risale alle crociate.

Dopo il massimo splendore, raggiunto nel medioevo, furono


ridimensionati, ma non liquidati, dai papi.

In Inghilterra, il re Enrico VIII li espropriò . Con l'inizio dell'era


moderna i Maltesi si dedicarono, per

ordine dei papi, soprattutto ad attività caritatevoli, senza tuttavia


dimenticare del tutto il loro sapere

segreto risalente al medioevo. All'inizio degli anni '90 il numero dei


Maltesi fu stimato a circa 10.000,
dei quali 2.600 negli USA, 2.500 in Italia e 250 in Inghilterra. I voti
monastici di castità, povertà e

obbedienza, li osserva ancora solo una piccola minoranza. Ciò


deve essere naturalmente interpretato.

Matthew Festing, venditore all'asta da Sothebey, avrebbe detto una


volta che egli prendeva seriamente

il voto di povertà e tuttavia non viveva in una sudicia capanna. Nel


1994 i Maltesi italiani furono colpiti

da uno scandalo imbarazzante. L'eccentrico pianista Arturo


Benedetti Michelangeli, morto nel 1995,

aveva tenuto un concerto di beneficenza in Vaticano per l'ospedale


dei Maltesi San Giovanni Battista.

Quando più tardi apprese che il denaro, ricavato dalla colletta, non
era stato dato all'ospedale ma era
finito in una cassa dei fondi neri dei Maltesi, Benedetti Michelangeli
restituì la sua grande croce di

Malta. Tra i cattolici USA, i Maltesi sono relativamente numerosi.


(16) E dove appartenenza all'ordine

e business si mescolano, nascono problemi. William Agee,


presidente e delegato del complesso di

aziende Morrison Knudsen, aveva mandato in rovina con la sua


cattiva amministrazione il gruppo

miliardario statunitense, senza che il consiglio d'amministrazione


fosse in qualche modo intervenuto.

Un altro scandalo legato ai Maltesi scosse nel 1994 la


multinazionale chimica statunitense W.R. Grace.
Il presidente Peter Grace e il direttore generale J.P. Bolduc,
dovettero dare entrambi le dimissioni. I due

si erano rivolti per una lite al cardinale John O' Connor


dell'arcidiocesi di New York, capo supremo dei

Maltesi negli Stati Uniti e membro anche del Consiglio


d'amministrazione della Banca Vaticana IOR.

Peter Grace e Bolduc erano entrambi Maltesi, non meno dei tre
consiglieri d'amministrazione Peter

Lynch (ex amministratore di fondi Fidelity Bund di Boston, la società


amministratrice di fondi più

grande al mondo), Eugene Sullivan (ex presidente del grande


caseificio Borden, rilevato da Nestlè) e

James Frick (direttore amministrativo della celebre Università


cattolica di Notre Dame). Altri Maltesi
alla W.R. Grace erano il direttore Hugh Carey e il consulente di
Public Relations Robert

Dilenschneider. Dopo che Bolduc aveva esautorato Grace, venne


licenziato anche lui per molestie

sessuali nei confronti di un'impiegata, con una indennità di


buonuscita 47 milioni di dollari. In seguito

a ciò, alcuni azionisti insoddisfatti persero le staffe e tentarono la


rivolta.(17) Il professore di economia

aziendale Jay Lorsch della Harvard University riteneva, a proposito


dei casi Morrison Knudsen e W. R.

Grace, che il problema non consistesse nell'appartenenza all’ordine


dei Maltesi, ma nel conflitto di

lealtà. In caso di questioni da risolvere in un consiglio di


amministrazione ciò poteva avere come

conseguenza che non si esercitasse più una vera critica. Gli


azionisti avevano, a suo parere, il diritto di

sapere di quali associazioni e società i consiglieri d'amministrazione


facessero parte.

IL GRAN MAESTRO LICIO GELLI

Dopo questa digressione torniamo agli inizi della P2. Il 28


novembre 1966 il Gran Maestro del Grande

Oriente Giordano Gamberini incaricò Licio Gelli, che già nel 1963
aveva aderito alla loggia "Gian

Domenico Romagnosi", di rilanciare l'inattiva loggia Propaganda


Massonica. (18) Licio Gelli era già
allora un uomo d'affari con eccellenti rapporti con le forze armate e
con i servizi segreti.(19) Egli

possedeva nei pressi di Napoli, la fabbrica di materassi Permaflex,


che forniva allo stato milioni di

materassi per le caserme, gli istituti, gli ospedali e le case


popolari.(20) Nel suo nuovo compito di

riorganizzatore della P2 Gelli manifestò alla fine degli anni '60 un


attivismo frenetico: gli riuscì di

coprire i ranghi della loggia con nuovi arrivi prestigiosi:


rappresentanti dei servizi segreti, militari di

grado elevato, giudici, capi di polizia e capitani d'industria.


Nell'autunno caldo 1969 l'anticomunismo

militante, con il rafforzarsi della sinistra italiana, si adeguò alla linea


direttiva della P2. In politica
estera la P2 era ben garantita. Gli USA e la Nato cercavano allora
di impedire il compromesso storico

tra PCI e Democristiani. Nel 1970 il Gran Maestro del Grande


Oriente Giordano Gamberini si era

dimesso e gli era succeduto il medico fiorentino Lino Salvini.


Gamberini assunse compiti speciali in

Italia e all'estero. "Egli cercò di fare della Loggia Propaganda


Massonica [ P2] il nucleo della destra

italiana che potesse assumere il controllo dell'Italia nel caso che


questo fosse stato necessario", (21) ha

scritto lo specialista britannico di massoneria Martin Short. Per


ordine del Gran Maestro Salvini e

dell'ex Gran Maestro Gamberini, il capo della P2 Gelli espanse


all’interno del Grande Oriente la sua

struttura segreta con obiettivi politici - cosa che era in stridente


contrasto con l'imperativo massone di

non occuparsi di politica e di religione. E tuttavia la United Grand


Lodge of England riconobbe per la

prima volta nel settembre 1972 il Grande Oriente come parte della
massoneria regolare. I due presidenti

d'allora della grande loggia inglese, James Stubb e Jeremy


Pemberton, fecero visita a Firenze al Gran

Maestro Salvini e furono anche ospiti d'onore del mercante d’armi


Alessandro del Bene, considerato

uno dei più zelanti membri della P2 e fondatore della filiale della P2
a Monaco. (22)
POLITICA ASSASSINA

All'inizio degli anni '70, contemporaneamente al rafforzarsi dei


comunisti in parlamento, la P2 si

intromise nella politica italiana, passando sempre più all'offensiva. E


non si tirò indietro di fronte a

nulla. Ebbe le mani in pasta in numerosi attacchi terroristici di


estrema destra, ad esempio nell'attentato

al treno espresso "Italicus", in cui nel 1974 morirono dodici persone


e in quello alla stazione di

Bologna, dove nel 1980 furono uccise 85 persone e ne furono ferite


più di 100. Per la partecipazione a

questi crimini parecchie decine di uomini della P2 furono


condannati con sentenza definitiva per
attentati dinamitardi e assassinio. Anche a Licio Gelli fu inflitta in
questo processo una pena detentiva

di molti anni, ma grazie al ricorso dei suoi avvocati non dovette


andare in prigione. Agli ambienti

democratici all'interno della massoneria italiana non piacque la


loggia segreta massonica politicamente

attiva, creata in spregio dei principi massonici. Infine l'assemblea


generale dei segretari del Grande

Oriente chiese nel 1974, a Napoli, lo scioglimento della P2. I capi


supremi Salvini e Gamberini seppero

evitare questo e per di più promossero Gelli da comune Maestro


massonico (segretario di loggia) a

Maestro venerabile. Poiché la critica alla P2 non cessava all'interno,


la dirigenza del Grande Oriente

dovette infine sciogliere nel luglio 1976 la loggia segreta. Ma questa


fu una semplice formalità, in

segreto Salvini permise a Gelli di portare avanti la P2. Nel


settembre 1976 il massone Francesco

Siniscalchi chiese conto al Gran Maestro Salvini del fatto che la P2


continuasse ad esistere. Fu subito

estromesso dal Grande Oriente. In seguito a ciò Siniscalchi


consegnò nel dicembre 1976 alla procura

romana un dossier sulla P2. Per la prima volta gli estranei


appresero della grande cospirazione. Quando

i due procuratori milanesi Gherardo Colombo e Giuliano Turrone


ricevettero nel marzo 1981 la lista dei
membri, erano già stati preventivamente informati sulla sua
importanza grazie al democratico

Siniscalchi. Come anche il rapporto Anselmi constata, il 1974


produsse la svolta nella strategia della

P2. (23) Se prima si era puntato a bombardare per così dire l'Italia
di messaggi che la preparassero al

colpo di stato, si praticò ora un altro metodo sovversivo. I proclami


fascistoidi all'interno della loggia

cessarono. La P2 contò da una parte sulla possibilità di infiltrare


l'apparato dello stato di simpatizzanti,

dall'altra di screditare la sinistra parlamentare manipolando il


terrorismo di sinistra.(24)

LO STATO NELLO STATO


Per i suoi membri e simpatizzanti la P2 elaborò nel 1975 un
programma politico, detto "Piano di

rinnovamento democratico". Con ciò Gelli voleva contrattaccare


l'offensiva ideologica dei comunisti.

Anziché il compromesso storico improntato ad una democrazia


fortemente popolare,egli voleva un

sistema presidenziale nella zona grigia tra democrazia e dittatura.


L'offensiva di Gelli ottenne qualche

successo, soprattutto nella sinistra non comunista. Il segretario del


partito socialdemocratico Pietro

Longo (PSDI) era membro della P2, e così pure numerosi top
manager socialisti (PSI) di aziende statali

quali Leonardo Di Donna, o il direttore generale della Banca


Nazionale del Lavoro, Alberto Ferrari.

BERLUSCONI E LA P2

Il progetto politico della P2 e l'ascesa del presidente della Fininvest


e uomo della P2 Silvio Berlusconi

a presidente del Consiglio dei ministri nel marzo 1994, rivelano


significativi parallelismi. La sua

affermazione corrispondeva ampiamente ai passi concreti proposti


nel programma di Gelli. Il primo

Berlusconi l'aveva già compiuto, quando era stato eletto a


presidente dei ministri, e precisamente il

controllo dei media. Oltre ai tre canali nazionali TV egli possedeva


anche numerosi importanti organi
di stampa come "Panorama", "Epoca" e "Il Giornale". Inoltre, egli
controlla gran parte della pubblicità,

dei cinema e del settore musicale. La società capogruppo Fininvest


di Berlusconi era la seconda

impresa mediatica per grandezza in Europa, dopo il gruppo tedesco


Bertelsmann. Le concessioni TV

nazionali Berlusconi le aveva avute solo grazie al suo padrino


politico Bettino Craxi, segretario del

partito socialista, fortemente permeato dalla P2, anche se non


figurava sulla lista ritrovata dei membri

della loggia. Il piano della P2 prevedeva come secondo passo,


dopo la presa di potere nei media, la

creazione di club politici in tutt'Italia; su questa base dovevano poi


essere fondati a tavolino due nuovi
partiti nazionali. A ciò corrisponde la creazione dei club di Forza
Italia da parte di Berlusconi. Come

disse del resto Licio Gelli in un'intervista alla televisione tedesca


ARD nel giugno 1994: "Il mio piano è

realizzato con l' eccezione di un punto, la repubblica presidenziale,


ma anche questa verrà."(25) Oltre al

primo ministro Berlusconi c'erano come ministri nel suo governo


altri tre ex membri della P2,

precisamente il ministro dei trasporti Publio Fiori, il ministro della


giustizia Alfredo Biondi e il

ministro degli esteri Antonio Martino.(26) In presenza di quattro


importanti membri del governo non

meraviglia che la Corte d'Assise di Roma abbia pronunciato la


sentenza nel principale processo contro

la P2 dopo quasi tre anni di dibattimento proprio un giorno dopo la


vittoria alle elezioni di Berlusconi:

la P2 non sarebbe un'associazione criminale a scopi eversivi ma


una loggia massonica infestata da

elementi criminali.

IL GRANDE ORIENTE VIENE SCOMUNICATO

Sebbene gli intrighi terroristici, politici e finanziari della P2 fossero


già da lungo tempo in evidente

contraddizione con l'imperativo massonico dell'astensione dalla


politica, la United Grand Lodge of

England sospese solo nel 1993 (27), durante i grandi scandali per
le tangenti, l'affiliata italiana che

aveva perduto l'onore. Anche la massoneria inglese si trovava sotto


una pressione crescente.

L'imperativo alla trasparenza del liberalismo economico


thatcheriano minacciava sempre di più

l'attività segreta dei massoni. I due testi critici 'The Brotherhood' di


Stephen Knight (1984) e 'Inside the

Brotherhood' di Martin Short (1989), avevano procurato molta


cattiva stampa. Anche il grande

scandalo dell'Ospedale Reale Massonico nel quartiere londinese di


Hammersmith, che a metà degli

anni '80 aveva causato molta pubblicità negativa, non era ancora
stato del tutto digerito. Con il titolo " è
ora di sollevare il grembiule" (28) l' "Independent on Sunday" del 20
settembre 1992 rimandava

criticamente alle centinaia di logge nel distretto finanziario


londinese. Numerose banche, ad esempio la

Lloyd Bank, la Midland Bank, la National Westminster Bank, la


Bank of England, avrebbero avuto

logge interne. La società assicuratrice Lloyd's di Londra, che allora


passava da uno scandalo all'altro,

ne contava addirittura tre.(29) Non era proprio questo l'humus


ideale per affari interni illegali?

L'assistente della United Grand Lodge of England si difese da ogni


insinuazione che i massoni

costituissero cordate nelle aziende per ottenere vantaggi finanziari,


perché ciò era loro severamente
proibito - come egli sostenne.

LICIO GELLI E LA SVIZZERA

All' inizio del luglio 1990, l'ex agente della CIA Richard Brenneke
affermò al canale 1 della Rai Tv che

la CIA aveva pagato alla P2 10 milioni di dollari al mese per armi,


narcotraffico e azioni politiche. (30)

Secondo Brenneke la P2 nel 1981, nonostante il divieto ufficiale,


non era stata sciolta e avrebbe potuto

essere coinvolta nell'assassinio di Palme. Brenneke affermò


letteralmente: "Licio Gelli non era il vero

capo della P2. Riceveva gli ordini da persone in Svizzera e negli


USA." (31) Che Gelli ricevesse o no
gli ordini dalla Svizzera, è un dato di fatto che i suoi rapporti con la
Confederazione Elvetica non si

limitano a conti bancari plurimilionari. La regione del lago di Ginevra


era invece piuttosto l' hinterland

strategico della P2. Si trovava a Ginevra la villa dell'uomo chiave


della P2 e direttore generale della

Casa editrice Rizzoli Bruno Tassan Din (Rizzoli possedeva il


"Corriere della Sera"). A Duchy nel Vaud

aveva il suo castello Luigi Olivi. A Ginevra c'erano le ville di


Umberto Ortolani e Valerio Valeri. Tutti e

tre appartenevano appunto al nocciolo duro della P2. Tra Losanna


e la Svizzera c'era inoltre anche la
villa "La Crique" dello svizzero Peter Notz (32), che frequentava
Hans Albert Kunz. Entrambi i nomi

furono trovati nei documenti sequestrati a Gelli.(33) Questo che


nell'aprile 1981 era andato in Uruguay,

tornò in Europa e, nell'agosto 1982, fu arrestato nella sala degli


sportelli della sede principale della

SBG ginevrina. La SBG l'aveva convocato a Ginevra poiché egli


voleva trasferire il suo conto

ginevrino di 55 milioni di dollari in Uruguay.(34) Nel settembre 1982


il procuratore ticinese d'allora,

Paolo Bernasconi, fece congelare i conti di Gelli a Ginevra. (35)


Gelli fu imprigionato a Champ

Dollon, da dove il 10 agosto 1983 fuggì. Temeva l'estradizione in


Italia. La giustificazione della fuga di
Gelli da parte della polizia di Ginevra, fu la seguente: egli avrebbe
corrotto con 6.000 dollari la guardia

carceraria Umberto Cerdana, che l'avrebbe lasciato evadere. Con i


politici il comando di polizia non se

la cavò con questa spiegazione e il Gran Consiglio di Ginevra istituì


una commissione d'inchiesta.

SCANDALO A CHAMP DOLLON

Ciò che successe effettivamente la notte della fuga di Gelli, la


commissione non potè accertarlo, ma

scoprì che in carcere avvenivano abusi a dir poco incredibili. Gelli


godeva a Champ Dollon di un

regime speciale meno severo sebbene le autorità fossero state


messe ripetutamente in guardia contro i
suoi piani di fuga. La notte dell’evasione una pattuglia della polizia
scoprì un buco nel recinto del

carcere e diede l'allarme al corpo di guardia della prigione, ma


questo non reagì.(36) Il figlio di Gelli,

Maurizio, portò il padre oltre confine e in auto fino a Montecarlo, da


dove Gelli si diresse in

Sudamerica con lo yacht di Pazienza. Quando il tribunale federale


accolse la richiesta italiana di

estradizione nove giorni dopo la fuga, Gelli era già di nuovo nella
sua villa nei pressi di Montevideo.

Nel settembre 1987 ritornò infine a Ginevra e si mise


volontariamente a disposizione della giustizia. Il
governo di Ginevra voleva estradarlo subito in Italia (37),
nonostante la dura protesta dei suoi avvocati

Marc Bonnant e Dominique Poncet. (38) Applaudito dagli avvocati


di Gelli, il giudice istruttore Jean

Pierre Trembley aprì un procedimento contro di lui per corruzione


della guardia carceraria. Con ciò gli

avvocati ebbero il tempo necessario per ottenere dal tribunale


federale che egli fosse estradato in Italia,

ma con la riserva di non venir accusato di reati politici. La Giustizia


italiana accettò la condizione e

caddero così i crimini politici, lo spionaggio e la cospirazione contro


la costituzione. Il 17 febbraio

1988 Gelli fu espulso in Italia, dove fu rilasciato dopo alcuni mesi di


carcerazione preventiva. Un anno
dopo pubblicò presso la casa editrice Demetra Edizioni di Lugano la
sua versione dei fatti nello scritto

apologetico che ha come titolo: 'La Verità'.(39) E ora l'arzillo Gelli,


più che ottantenne, risiede di nuovo

a Villa Wanda, dove tutto ha avuto inizio. Di quando in quando


girano voci che la sua P2 si sia

riorganizzata in clandestinità, ma non è venuto alla luce niente di


concreto.(40) Una potenza quale è

stata la P2 può riservare sorprese ancora per lungo tempo.

EXCURSUS: I MASSONI SVIZZERI

Non ci sono indizi che Gelli nel corso delle sue regolari visite a
Ginevra e a Lugano abbia mai
frequentato anche una loggia locale o addirittura che abbia
cospirato con i massoni svizzeri. I massoni

svizzeri sono discreti, l'elenco dei loro ospiti e membri è segreta.


Ma, nell'autunno 1995, la facciata ben

strutturata della massoneria svizzera mostrò, per la prima volta a


memoria d'uomo, delle crepe. La

loggia di Zurigo “Modestia cum Libertate”, che contava più di


duecento anni, offrì nella lotta per il

controllo del Brockenhaus di Zurigo una triste immagine di


lacerazione interna. Contemporaneamente

scoppiò lo scandalo dei rituali occulti dell' "Ordine del Gral d'Oro", a
cui i numeri uno e due della Gran

Loggia Massonica Alpina, vale a dire Werner Schorno e Hermann


Hoeglhammer, avrebbero

partecipato.

COLPO DI SCENA AL BROCKENHAUS DI ZURIGO

Il 25 aprile 1995, all'assemblea generale dell'associazione


Brockenhaus di Zurigo, si ebbe un

improvviso colpo di scena. Il consiglio direttivo che si ricandidava


con il presidente uscente, il massone

Walter von Ins, fu spodestato da sette persone nuove che


occuparono l'organo supremo del

Brockenhaus con la tecnica del putsch. Tra questi c'erano l'ex


direttore generale della società

intermediaria di lavoro temporaneo Adia, il massone Peter E.


Mueller in qualità di presidente e il

direttore dell' ex-Jelmoli Rico Bisagno come vicepresidente. (41)


Mueller aveva invitato i suoi

sostenitori, alla maniera classica dei putschisti, ad aderire


all'associazione del Brockenhaus e a votare

per lui all'Assemblea generale. L'associazione contava allora circa


700 membri, dei quali 220

appartenevano alla massoneria. Mueller, che era stato


vicepresidente nel vecchio consiglio direttivo,

accusò l'ultrasettantenne von Ins di avere ridotto il Brockenhaus a


prebenda per massoni anziani. Sotto

la sua direzione il consiglio direttivo avrebbe intascato, alle spalle


dell'assemblea generale, 145.000
franchi. Più tardi von Ins giustificò i suoi prelevamenti con le
prestazioni fornite come ingegnere edile

nella ristrutturazione del Brockenhaus. Il Brockenhaus è


un'istituzione sociale fondata nel 1904 dalla

loggia di Zurigo “Modestia cum libertate”, dove persone poco


abbienti possono comprare merci di

seconda mano per l'uso quotidiano. Il grande patrimonio dell’ente,


consistente in venti milioni di

franchi, fa in ogni caso sorgere dubbi sul contenuto sociale della


sua politica dei prezzi. Invece di

accumulare venti milioni grazie ai prezzi alti, quest’associazione di


utilità sociale avrebbe dovuto

piuttosto fare prezzi onesti per i suoi clienti bisognosi. Dopo il


putsch di Mueller il consiglio direttivo
non rieletto fece valere in tribunale irregolarità nell'assemblea
generale e ottenne giustizia. Il tribunale

circondariale depose il nuovo consiglio direttivo e nominò un


assistente legale che convocò

un'assemblea generale straordinaria. Nel frattempo la loggia


massonica Modestia cum Libertate espulse

Peter Mueller dopo una militanza di 35 anni. All'assemblea generale


del 30 ottobre 1995, organizzata in

modo molto dispendioso, comparvero infine 348 membri, per lo più


uomini in età avanzata. Le donne

erano rare, cosa che non meraviglia, poiché le logge accettano solo
uomini come membri. Il modo in
cui procedere nell'elezione lo organizzò nientemeno che il direttore
dell'ufficio elettorale della cità di

Zurigo. Si arrivò ad una battaglia verbale in aula tra i fratelli nemici


della loggia Modestia cum

Liberatate. Si accapigliarono soprattutto il Gran Maestro della


Modestia cum Libertate, Alexander Ott,

e il membro di loggia Werner Ringger, che era anche capo della


corporazione Hard di Zurigo, del cui

consiglio direttivo Peter E. Mueller faceva parte. Contro Mueller si


candidò Silvio Denz, membro della

loggia di Zurigo “In Labore Virtus”. Denz si presentò come un


imprenditore trentottenne, che dirigeva

la catena di profumerie Alrodo composta da 54 profumerie, con 400


impiegati e un fatturato di 158
milioni di franchi.(42) Oltre a ciò Denz è anche presidente della
società aerea Classic Air (Buelach),

che utilizza buoni, vecchi aeroplani del tipo D3. Per l'incarico di
nuovo vicepresidente del Brockenhaus

si presentò alle elezioni il direttore di banca Bruno Battaini. Battaini


è direttore della Bank fuer Handel

und Effekten (Banca del commercio e dei titoli), una società affiliata
della Schweizerische Kreditanstalt

con circa 70 impiegati e più di un miliardo di franchi di bilancio


(1994).(43) Inoltre fa parte del

Consiglio di amministrazione della Pelz Import & Export


(importazione e esportazione di pellicce)

(Zurigo) e della ditta commerciale di Zurigo Stutzer & Co. Il


dinamico duo Denz/Battaini vinse infine

le elezioni contro Mueller e Bisagno senza problemi. Sivio Denz


divenne presidente del Brockenhaus e

Battaini vice. Mueller/ Ringger si ritirarono e il presidente del giorno


promise di far esaminare le loro

accuse contro von Ins da un ufficio fiduciario indipendente.


All'assemblea generale ordinaria del

Brockenhaus a inizio aprile 1996, la ditta di consulenze di Basilea


NonproCons presentò infine il suo

rapporto. In base a questo, tre membri del comitato del consiglio


direttivo avevano ottenuto pagamenti

ingiustificati, non approvati dall'assemblea generale. Il loro


ammontare si aggirava intorno ad una cifra
tra i 10.000 e i 50.000 franchi. Il nuovo presidente Silvio Denz prese
le distanze da questi episodi e

presentò all'assemblea numerose modifiche statutarie che offrivano


garanzia di una maggiore

trasparenza e dovevano evitare qualcosa di simile per il futuro. I tre


spendaccioni dichiararono di non

sentirsi colpevoli di nulla e ottennero l'assoluzione dall'assemblea.


Non dovettero restituire denaro. Allo

sfortunato ideatore del putsch, Peter E. Mueller, un votante


consigliò invece l'uscita dall'associazione

Brockenhaus, nonostante l'inchiesta indipendente


fondamentalmente gli avesse dato ragione.

STORIE DI CANTINE DA BERNA


All'inizio di ottobre 1995 il direttorio della Gran Loggia svizzera
Alpina, composta da cinque persone,

soprattutto da Bernesi, annunciò le dimissioni. Dopo questo passo


senza pari, i massoni svizzeri non

avevano, per la prima volta dal 1844, una guida suprema. (44) Il
motivo era da ricercarsi

nell'appartenenza dei due massimi massoni all' "Ordine del Gral


d'Oro", simile ad una setta. Poco prima

il "Tages-anzeiger" di Zurigo aveva rivelato che Hermann


Hoeglhammer, Gran Maestro dell " Ordine

del Gral d'Oro" e numero 2 della Gran Loggia Alpina, praticava


rituali occulti con un teschio. Vi aveva

partecipato ripetutamente anche l'avvocato di Berna Werner


Schorno, il gran maestro della Gran Loggia

Alpina e numero 2 dell '"Ordine del Gral d'Oro". In quanto direttore


di una scuola privata di Berna,

Hoeglhammer si fregiava anche di titoli dubbi o falsi come Prof. Dr.


phil. Inoltre aveva descritto nel

suo libro ‘Traenen der Sphinx’ (‘Lacrime della sfinge’), che aveva
pubblicato con lo pseudonimo

Alram von Avalon, rituali occulti, nel corso dei quali aveva bruciato
"nel fuoco sacro" tre gocce di

sangue e le aveva mescolate con il sangue del Signore. Un'altra


opera di Hoeglhammer ha come titolo

"Orden des Tempelritters" (Ordini del cavaliere del tempio). Nella


cantina della sua scuola egli
organizzava, di quando in quando, rituali con teschi e con un
membro dell'ordine travestito da

scheletro. Secondo dichiarazioni di ex membri anche Schorno


avrebbe preso parte occasionalmente ai

rituali, cosa che questo però contesta.(45) Un membro anonimo


della loggia “Zur Hoffnung” (Alla

speranza) di Berna spiegò ad un giornalista del bernese "Bund",


che il comitato degli alti funzionari (i

delegati di tutte le logge) avrebbe tolto la fiducia al direttorio - e solo


allora il direttorio avrebbe avviato

le dimissioni. Schorno voleva cacciare le persone che avevano reso


di pubblico dominio la faccenda

dell'Ordine del Gral, cosa che tuttavia non gli riuscì. (46) Un'altra
macchia all' onore di Schorno risale
già ad un pò di tempo prima: il procuratore era stato condannato
nell'agosto 1979 dalla giustizia

militare, a cui egli stesso apparteneva come maggiore, a cinque


giorni di prigione con la condizionale.

Egli aveva denunciato al cacciatore di estremisti Ernst Cinceira


cinquantun renitenti al servizio

militare. Allora Schorno era giudice istruttore per la criminalità


finanziaria. (47) A chi indaga sulla

criminalità finanziaria non mancherà il lavoro, finché "i giudici


istruttori per la criminalità finanziaria"

si dedicheranno a occupazioni secondarie di questo genere.

Note:
1) Cfr. p.142 segg.

2) A parere di Elisabetta Cequi, procuratore di Roma, il numero


effettivo dei membri era più

verosimilmente sui 2000. La Guardia di finanza aveva potuto


sequestrare solo una parte delle liste dei

membri. Un'altra parte del materiale Gelli l'aveva già portata a


Montevideo.

3) "Il Giornale”, 18.4.94

4) Clara Canetti, la vedova del presidente dell'Ambrosiano Roberto


Calvi trovato morto nel 1982,

impiccato con una corda sotto un ponte del Tamigi a Londra,


sostiene che il vero capo della P2 fosse
Giulio Andreotti ("La Repubblica", 4.2.89). Craxi non figurava sulla
lista della P2 di Gelli, a differenza

di altri importanti socialisti come ad esempio il vicepresidente


dell'ENI, Leonardo Di Donna, o il

presidente dell'Ambrosiano, Roberto Calvi.

5) "Corriere della Sera", 17.4.94

6) "Corriere della Sera", 5.8.93

7) "L'Unità", 11.7.93

8) Questa circostanza alimentò delle speculazioni sul fatto che i


servizi segreti, guidati allora da
membri della P2, avrebbero infiltrato e manovrato le Brigate Rosse.
Essi avrebbero, ad esempio,

qualcosa a che fare con l'assassinio di Bachelet, che permise a


Zilletti, vicino alla P2, di accedere

all'alto ufficio della burocrazia giudiziaria.

9) "La Stampa", 16.2.93

10) Numeri indicati su "La Repubblica", 28.1.94

11) "L'Unità", 29.4.93

12) Short, Martin: ‘Inside the Brotherhood. Further Secrets of the


Freemasons’. Londra 1989, p.542

13) Yallop, David: In nome di Dio (Im Namen Gottes), Monaco di


Baviera (Muenchen), 1984, p. 246

14) Short, Martin: La confraternita vista dall'interno. Ulteriori segreti


dei massoni (Inside the

brotherhood. Further Secrets of the Freemasons), Londra, 1989, p.


161

15) Yallop, David: 'Im Namen Gottes'. (Nel nome di Dio). Monaco.
1984, p.167

16) L'associazione dei Maltesi negli USA non è recente. Già il capo
dello spionaggio americano, il

generale William "Wild Bill" Donovan, era un maltese, altrettanto


Myron Taylor, inviato degli Stati

Uniti presso il Vaticano dal 1939 al 1950, lo era inoltre l' allora
direttore della CIA in Italia William
Casey. (Cfr. Rowse, Arthur: 'Gladio: The secret U.S. War to subvert
Italian Democracy.' In: "Covert

Action" 49/1994).

17) "Business Week", 1.5.95

18) De Lutiis, Giuseppe: 'Storia dei Servizi Segreti in Italia', Roma


1991, p.186

19) Gelli nacque nel 1919 a Pistoia in Toscana. Nel 1937,


diciottenne, combattè in un battaglione

ausiliario italiano al fianco dei fascisti nella guerra civile spagnola.


Nel 1940 pubblicò un libro

premiato da Mussolini, "Fuoco", sulle sue esperienze in Spagna.


Nella seconda guerra mondiale fu
capo civile del partito fascista a Kotor nel Montenegro, occupato
dagli Italiani, più tardi a Zara, in

Dalmazia. Dall'autunno 1943 fu al servizio dei neofascisti della


Repubblica di Salò, lo stato fantoccio

dalla breve vita di Mussolini nell'Italia del Nord, nella sua città natale
Pistoia. Qui era ufficiale di

collegamento con le SS e l'esercito tedesco. Collaborando


contemporaneamente in segreto con i

partigiani antifascisti, egli si preparava tuttavia alla vittoria degli


alleati. Dopo il 1945 collaborò con il

servizio segreto militare statunitense CIC (Counter Intelligence


Corps) e se ne andò dapprima in

Sardegna, dove fu arrestato per breve tempo. Più tardi, partì per
l'Argentina e tornò di nuovo a Pistoia
all'inizio degli anni '50. Divenne segretario del deputato DC Romolo
Diecidue a Roma e, alla fine degli

anni '50, entrò nel business dei materassi, facendo rapidamente


carriera.

20) La Permaflex aveva nel 1985 anche un ufficio a Lugano in Via


Pioda 6. (Gelli, Licio: 'La Verità'

Lugano 1989, p.309)

21) Short, Martin : 'Inside the Brotherhood. Further Secrets of the


Freemasons.' Londra, 1989, p.542

22) Ivi, p.552

23) Raith, Wener: 'In hoeherem Auftrag. Der kalkulierte Mord an


Aldo Moro.' ('Per ordine superiore.
L'assassinio calcolato di Aldo Moro').Zurigo 1985, p.172

24) Come esempio basti ricordare il rapimento e l'assassinio del


presidente della DC Aldo Moro da

parte delle Brigate Rosse nel 1978. Il delitto non si è mai potuto
spiegare completamente. Tuttavia si

suppone in genere che la P2 abbia avuto un ruolo importante


nell'affare Moro. Questo voleva il

compromesso storico con i comunisti ed era sul punto di formare


una coalizione di governo

democristiano - comunista. La P2 voleva evitare a qualunque costo


il compromesso storico. Dopo che

Moro era stato rapito, i servizi segreti, i cui capi erano tutti nella P2,
rifiutarono ogni sorta di trattativa e

non fecero nulla per scovare Moro. Quando le Brigate Rosse tre
anni dopo la morte di Moro, rapirono a

Napoli il democristiano Ciro Cirillo, il generale Musumeci, capo del


servizio segreto SISMI e membro

della P2, trattò con successo il rilascio di Cirillo con il boss della
'ndrangheta Raffaele Cutolo che si

trovava in prigione.

25) "Im Spinnenetz- Das Imperium des Silvio Berlusconi" (Nella tela
del ragno- L'impero di Silvio

Berlusconi"), ARD, trasmesso il 13.6.94

26) Il professor Antonio Martino, che aveva fatto domanda


d’ammissione nel 1981, poco prima dello

scoppio dello scandalo P2, fu dal 1988 al 1990 il più giovane


presidente della Mont Pèlerin Society

(MPS), conservatrice di destra, che contava in tutto il mondo circa


500 membri. Tra questi c'era anche

il presidente dei ministri ceco Vaclav Klaus. Tra i fondatori della


MPS, creata all'inizio della guerra

fredda sul Mont Pèlerin, presso Vevey, in Svizzera, c'erano illustri


figure paterne come Friedric A. von

Hayek e Walter Eucken, ma anche giovani economisti come Milton


Friedman. Più tardi fu dominata da

Milton Friedman e Gary Becker. L'austriaco naturalizzato in


Inghilterra e fondatore della MPS, F.A.
Hayek, aveva definito già negli anni venti l'economia pianificata
socialista come il nemico principale.

Il cofondatore della MPS Walter Eucken fu, dall'inizio alla fine del
nazismo, un indisturbato professore

all'Università di Freiburg-im-Breisgau. Le sue perplessità nei


confronti della politica economica

nazionalsocialista, espresse per la prima volta alla fine del 1942,


non riguardarono ad esempio lo

scioglimento del movimento sindacale o l'impiego nell'industria di


lavoratrici e lavoratori schiavi

provenienti dalle zone occupate. Eucken lamentava piuttosto la


limitazione della concorrenza per via

dell'interventismo statale dell'economia bellica e dei piani


quadriennali di Goering. Contro le attese
generali Berlusconi non ha fatto di di Martino, suo consigliere per
anni e autore del programma

economico di Forza Italia, il ministro delle finanze, ma il ministro


degli esteri.

27)”The Sunday Times”, 27.6.93

28) I massoni indossano nel corso delle loro cerimonie, tra l'altro,
un grembiule colorato.

29) L' "Indipendent on Sunday" del 20.9.92 citava anche alcuni


rispettabili capitani d'industria inglesi

che facevano parte della massoneria, ad es. Sir Michael


Richardson, ex direttore generale di N. M.

Rothschild e presidente di Stockbroker Smith New Court, Lord


Farnham, presidente di Provident

Mutual Insurance Group, o Sir John Banham, presidente della


federazione dell'industria britannica.

30) De Lutiis, Giuseppe: 'Storia dei Servizi Segreti in Italia'. Roma


1991, p.327

31) "Badener Tagblatt", 5.7.90

32) Mandato di consiglio d'amministrazione di Peter Notz: Carolina


SA (Losanna). (Fonte: Orell

Füssli / Teledata: Il CD-ROM dell' economia svizzera. Version


1996/1,p.139 segg., giorno di scad.:

1.8.95) Calabrò, Maria Antonietta: 'Le Mani della Mafia'. Milano


1991,p.139 segg.
33) Il conto di Gelli alla SBG era stato aperto da Roberto Calvi che,
attraverso filiali sudamericane

dell'Ambrosiano, vi aveva versato complessivamente più di 100


milioni di dollari (vedi p.278)

35) A parere di Bernasconi, il denaro di provenienza fraudolenta era


a carico del Banco Ambrosiano.

Gli avvocati di Gelli sostennero che il loro cliente ne era il regolare


proprietario. Nel marzo 1996 la

Camera penale ticinese lasciò definitivamente Gelli a mani vuote.

37) " Berner Zeitung", 24. 9. 87

38) Mentre Dominique Poncet e Marc Bonnant difesero nel caso


Gelli lo stesso cliente, nel caso del
fallimento Sasea sono impegnati sul fronte opposto. In Ticino Gelli
fu difeso dall'avvocato Giangiorgio

Spiess.

39) Gelli, Licio: 'La Verità'. Lugano 1989

40) Il finanziere venezuelano Alberto Jaimes Berti sostiene ad


esempio di sapere che Roberto Calvi,

poco prima della sua morte, abbia versato ancora per Gelli sei mitici
miliardi di franchi presso una

banca di Ginevra. Fonte di questa notizia è una giornalista


spagnola. La procura di Roma le aveva

creduto e aveva convocato il venezuelano come testimone in Italia,


dove infine fu arrestato per
contraddizioni nelle sue dichiarazioni. Dopo intensi interrogatori,
Berti confessò che nel 1982 aveva

ricevuto 2,2 miliardi di dollari attraverso il finanziere spagnolo Josè


Maria Ruiz - Mateos e, da Panama,

li aveva piazzati sui mercati finanziari. Egli non ne conosceva la


provenienza ma gli sarebbe stato fatto

capire che si trattava di fondi neri con urgente necessità di


riciclaggio. Poichè i proprietari non si erano

mai fatti vivi, il portafoglio dei titoli custodito nel frattempo dalla fliale
di Ginevra della Paribas Suisse,

continuò ad essere amministrato da Berti. Come probabili


proprietari, Berti, che viveva a Londra,

indicò la Banca Vaticana IOR, il Banco Ambrosiano, Ruiz-Mateos (il


cui gruppo Rumasa poco dopo il
bonifico era crollato ed era stato statalizzato) e l'Opus Dei. Berti
dichiarò ai procuratori romani che

Calvi era venuto a Londra da lui per ritirare la sua partecipazione al


salvataggio dell'Ambrosiano. Due

giorni dopo Calvi era morto. ("Neue Zuercher Zeitung", 23.10.93)

41) "Tages-Anzeiger", 28./ 29. 10. 95

42) La Alrodo era stata fondata in collaborazione con il padre di


Silvio Denz, Werner Denz. Werner

Denz aveva dapprima lavorato per la Weitnauerdals di Basilea


(Auchlin, Pascal, e Garbley, Frank: Das

Umfeld eines Skandals. Ein Report ueber das Organisierte


Verbrechen und die Rolle der Schweizer
Behoerden. [Il contesto di uno scandalo. Un rapporto sul crimine
organizzato e il ruolo delle autorità

svizzere].Zurigo 1990,p.93) Werner Denz è finito nel 1987 nel


mirino del giornalista tedesco Egmont

Koch, specializzato in criminalità finanziaria: "Il numero 4 è una


casa dipinta di bianco con la porta

verde dietro le imposte verdi. A sinistra accanto alla porta ci sono


due minuscole targhette di ottone: in

alto si legge 'Denz', sotto 'Algrado AG'. La casa di campagna curata


(a MuenchwilenAG) è per

convinzione degli ispettori doganali di numerosi paesi europei, una


centrale del contrabbando, tra l'altro

di sigarette, liquori e profumo." Davanti a Koch, Werner Denz ha


respinto tutti i sospetti nei propri

confronti: "Da 25 anni esercitiamo il commercio di sigarette.


Nessuno ha potuto rimproverarci fino ad

oggi transazioni illegali". (Koch, Egmont R.: 'Grenzenlose


Geschäfte. Organisierte Wirtschafts-

kriminalität in Europa' [‚Affari senza limiti. La criminalità finanziaria


organizzata in Europa’] Monaco

1992, p. 72,75)

43) La Bank für Handel und Effekten diede luogo nel 1992 a
pettegolezzi, perché il suo direttore

d'allora, Max Moser, aveva lavorato come banchiere zurighese di


Alexander Schalk-Golodkowski,
operatore in valuta della DDR. Moser amministrava i conti di
Schalk-Golodkowski dapprima presso la

Banca privata Hugo Kahn & Co. (Zurigo) e nel 1978 presso la Bank
für Handel und Effekten. Egli

gestiva con ampia procura otto conti per dissimulare il traffico di


valuta occidentale di Berlino est.

Fondò poi molti istituti in Liechtenstein, ad esempio la Congregatio.


Tra l'altro da questa fonte veniva

alimentato il conto DHB 528, il cosiddetto conto-disponibilità Mielke


del capo della Stasi Erich Mielke

("Neue Zürcher Zeitung 2, 14.9.92). Degno di nota è anche il


mandato in consiglio d'amministrazione

dell'editore Michael Ringier presso la Bank für Handel und Effekten.


44) Nell'autunno 1995 anche la massoneria entrò in una profonda
crisi. Il 6 settembre 1995 il Grand

Orient de France (37.000 membri) licenziò in tronco il gran maestro


Patrick Kessel nel corso di una

tumultuosa assemblea. Il Grande Oriente francese era stato


fondato nel 1773 e nel 1877 i massoni

francesi si erano separati dalla principale corrente massonica


britannica. Allora il Grand Orient eliminò

tutti i riferimenti al grande architetto dell'universo, per poter


accogliere come membri anche gli atei. I

massoni francesi non prestano giuramento sulla bibbia bensì su un


libro con le pagine bianche. Ciò

politicizzò i massoni francesi, fece di loro un'associazione


anticlericale e tendenzialmente vicina ai
socialisti. Il gran maestro Kessel, un giornalista, presentò
all'assemblea di tutti i rappresentanti della

loggia una dura accusa contro "il caos finanziario, le spese


eccessive e le strategie personali". Per

questo fu subito deposto dal consiglio supremo. Kessel e il suo


gruppo accusarono il Grande Oriente di

essere divenuto la longa manus dei socialisti, mentre Kessel viene


incolpato dai suoi avversari di

avvicinare la loggia ai gollisti e al presidente Chirac. (" Le Monde",


20.9.95)

45) "Tages- Anzeiger", 31.10.95

46) " Der Bund", 9.10.95


47) Frischknecht, Jürg etc: 'Die unheimlichen Patrioten. Politische
Reaktion in der Schweiz.' ['I patrioti

perturbanti. Reazione politica in Svizzera.'] Zurigo, 6. ed., 1987,


p.273

14 WINNIE TRA I BRIGANTI

" Nel maggio 1986 lasciai Zurigo diretta a Roma. Allora il mio
amatissimo padre era già morto e il mio

fidanzamento era appena andato a monte. Avevo 31 anni ed ero


decisa a far carriera, dapprima presso

Tasa, Headhunter, vale a dire cacciatore di talenti dirigenziali,


statunitense e in seguito come

amministratrice della Secara Agency che procurava solo personale


femminile".(1) "Winnie" Ellen

Kollbrunner era figlia di quella "media borghesia della Costa d'oro",


che si era arricchita grazie alla

congiuntura favorevole degli anni '50 e '60 e si rifugiava nei comuni


fiscalmente convenienti sulla riva

destra del lago di Zurigo, da quando il quartiere delle ville dei ricchi
di vecchia data alle pendici del

Zuerichberg, il monte di Zurigo, era diventato troppo piccolo. Il


padre di Winnie era stato il noto

ingegnere per costruzioni sotto il livello del suolo Curt Kollbrunner,


e con la sua Rodio Holding e la

ditta Swissboring aveva guadagnato moltissimo nel boom edilizio


legato alla congiuntura favorevole.
Più tardi il figlio Andrè dovette liquidare la sua eredità, e la Rodio la
vendette nel 1992 al costruttore

edile romano di grande successo Elia Federici. Il sogno romano di


Winnie si interruppe bruscamente. Il

18 settembre 1992 fu arrestata nella lobby dell'hotel ginevrino Hotel


de la Paix. Insieme a Winnie fu

arrestato quel pomeriggio di settembre anche Maurizio Laguzzi, che


a Roma dirigeva la società

finanziaria Clipper. I due avevano cercato di rifilare a due inglesi 85


obbligazioni (certificati di

deposito) rubate, da 95 milioni di lire l'uno, del Banco di Santo


Spirito di Roma.(2) Ma Winnie e

Laguzzi ebbero veramente sfortuna, i due Inglesi erano infatti


investigatori in incognito di Scotland
Yard. Nell'ambito di un'azione di polizia anglo-italo-svizzera,
avevano simulato interesse all'acquisto di

questi titoli rubati.

IL DELITTO QUASI PERFETTO

La storia fantastica di questi certificati di deposito rubati della


"Banca di Santo Spirito" cominciò a

Roma il 2 novembre 1990, quando un mezzo che trasportava 6.000


assegni e 294 obbligazioni del

valore di 90 miliardi di lire (allora circa 90 miliardi di franchi) fu


assalito e derubato. La direzione della

banca non fece una denuncia alla polizia né i numeri di serie dei
certificati scomparsi, come invece si
usa fare in casi del genere, furono inseriti nella lista nera dei valori
rubati della sede della stanza di

compensazione interbancaria internazionale SWIFT. Del tutto


inconsueta rispetto a quanto avviene di

solito in Italia per questo tipo di titolo, era anche la durata


quinquennale di validità dei certificati della

Santo Spirito.(3) L'aggressione a scopo di rapina del novembre


1990 non fu l'unica scomparsa

misteriosa di titoli del Banco di Santo Spirito. Attacchi simili ai mezzi


blindati della Transcoop romana,

che eseguiva i trasporti di valori per la banca, si erano avuti già


nell’ottobre 1990 e si ebbero ancora nel
1991. Sulla base delle loro inchieste i due procuratori romani Giulio
Sarno e Achille Toro giunsero più

tardi alla conclusione che l'assalto del novembre 1990 a scopo di


rapina fosse stata solo una finta. Chi

avesse organizzato il colpo contro il blindato, non riuscirono tuttavia


a stabilirlo.(4) Sarno e Toro hanno

esaminato anche la possibilità della scomparsa di altri titoli della


Santo Spirito: "Un fatto del genere

non può essere escluso, considerata l'organizzazione


estremamente negligente interna alla banca nella

sede principale della custodia dei titoli e l’assenza di contabilità dei


certificati in bianco nelle filiali".

(5) Il Banco di Santo Spirito era una banca statale di media


grandezza, controllata dalla holding statale
IRI. Nel 1989 la direzione dell'IRI, in mano al modernizzatore
Romano Prodi, divenuto più tardi

presidente del Consiglio dei ministri, decise una fusione del Banco
di Santo Spirito in deficit con il

Banco di Roma e la Cassa di Risparmio cooperativa di Roma. La


nuova banca prese il nome Banca di

Roma e divenne la quarta maggiore banca d'Italia. Il professor


Prodi era considerato allora nella

holding statale disastrata l'uomo pulito e il risanatore della


Democrazia Cristiana. Nel suo ruolo di

presidente, egli cercò di ridurre la corruzione dell'IRI, considerata il


cortile interno della Democrazia

Cristiana. Dal 1990 le tre banche romane cominciarono


progressivamente a unirsi, finchè la fusione fu

perfettamente compiuta nell'agosto 1992. Il nuovo presidente della


banca, Pellegrino Capaldo, voleva

liberarsi dal vecchio fardello dei certificati della Santo Spirito


misteriosamente scomparsi, e

nell'autunno 1991 sporse denuncia alla polizia. Alcuni mesi più tardi
i certificati furono infine registrati

nella lista nera internazionale dei titoli rubati. La rapina simulata è


un esempio della fantasia quasi

inesauribile della corruzione italiana nella lotta per i posti migliori


alla mangiatoia ricolma delle

aziende di stato. I certificati di deposito non erano stati rubati ma


clonati. Amici compiacenti alla
Transcoop avevano organizzato l'uscita dei titoli dalla cassaforte,
amici compiacenti nel management

della banca avevano provveduto a che la perdita restasse segreta,


rinunciando ad andare alla polizia e

dissimulando l'accaduto a livello contabile con un bilancio (gonfiato)


della banca. Con ciò i certificati

si erano di fatto raddoppiati. Sui titoli raddoppiati in tal modo, i


falsari costruirono ancora una piramide

di credito, copiando certificati, cosa dimostrata da alcuni esemplari


completamente identici comparsi

più tardi. Il castello di carte crollò solo quando i nuovi tecnocrati di


Romano Prodi cominciarono a

portare alla luce i cadaveri nel caveau della Banca Santo Spirito. Di
tutto ciò Winnie sembra non aver
allora sospettato nulla. Non sapeva che il suo telefono romano era
sistematicamente controllato

dall'ottobre 1991, da quando erano incominciate le inchieste per il


caso Santo Spirito. L'analisi al

computer delle molte centinaia di chiamate telefoniche, registrate


fino al suo arresto un anno dopo,

evidenziarono un numero crescente di telefonate a qella buona


"società della costa d'oro zurighese",

dove Winnie aveva le sue radici, e in Ticino. Registrava chiamate


particolarmente numerose il recapito

telefonico zurighese di Christine Sass-Hirschmann, figlia del


fondatore di Jet Aviation, Carl
Hirschmann, quell'uomo di potere e di successo, compiaciuto di sè,
che dopo la sua morte aveva fatto

sapere con annunci funebri di intere pagine ai propri discendenti,


nel pieno della contesa per l'eredità,

che non si pentiva di nulla. La polizia romana registrò anche


numerose chiamate al numero della

Inadco AG di Zurigo. Direttore della Inadco era Israel A.


Silberberg.(6) Winnie chiamava spesso anche

il numero della A.I.M. di Zurigo, il cui consigliere d'amministrazione


Hans Andersen fu arrestato più

tardi mentre tentava di vendere dei titoli falsificati e perse per


questo il posto. (7) Anche in Ticino

Winnie era in contatto telefonico solo con persone importanti. Ad


esempio con il Ticinese più ricco,
Geo Mantegazza, che all'inizio del 1996, in un affaire veramente
poco chiaro, era stato rapito e poco

dopo era ricomparso nel principato del Liechtenstein. Winnie


parlava inoltre al telefono con il

fiduciario Walter Frueh e con l'avvocato Lucio Velo di Lugano. Fino


al 1990 Winnie fece parte anche

del consiglio d'amministrazione della società Ts Recruiting SA di


Lugano, che apparteneva al gruppo

TS di Lucio Velo.(8)

WINNIE CADE IN TRAPPOLA

Dopo che i certificati di deposito rubati furono registrati nella lista


nera della SWIFT, tra il 12 e il 19
settembre 1992 si riscontrarono complessivamente 17 tentativi di
vendere le obbligazioni a banche di

Basilea, Zurigo, Lussemburgo, Como, Bergamo, Francoforte,


Londra e Ginevra. A Zurigo ad esempio

il danese Flemming Hansen cercò di appioppare 500 di questi titoli


il 4 agosto 1992 alla Citibank.

Contemporaneamente egli volle aprire un conto a nome di Winnie e


del consigliere d'amministrazione

dell'AIM Hans Andersen. Alcuni giorni più tardi Hansen fu arrestato


e ammise di aver ricevuto i titoli

da Kollbrunner.(9) Il 13 agosto 1992 l'ex redattore di "Bilanz"


Christoph Gubser (10) e Gino Rosato

cercarono pure di vendere certificati del genere alla Banca di Roma


di Francoforte. Complessivamente

furono arrestate in Svizzera nel corso di questi tentativi 10 persone,


i cui nomi il giudice istruttore Paul

Perradin non ha resi noti. (11) Winnie dovette languire in


carcerazione preventiva per due mesi a

Ginevra e fu infine rilasciata l'11 novembre dopo il pagamento di


una cauzione. Aveva dichiarato di

aver ricevuto i titoli rubati da Maurizio Laguzzi e Carlo Zappavigna


della società finanziaria romana

Clipper. I due italiani non avrebbero detto nulla della provenienza


criminosa dei titoli e l'avrebbero

incaricata di vendere in Svizzera in modo del tutto legale i certificati,


cosa che ella si sentiva in grado
di fare, grazie ai suoi rapporti eccellenti con i migliori ambienti
bancari e finanziari di Zurigo. Il

giudice istruttore Paul Perraudin e la Sezione d'accusa di Ginevra


hanno prestato fede a questa versione

e hanno rinunciato a sporgere denuncia nei confronti di Winnie. Al


momento dell’arresto la polizia

aveva sequestrato anche le sue due rubriche telefoniche, una per


Zurigo e una per Roma. La rubrica di

Zurigo, contenente molte centinaia di numeri registrati, si legge


come un Who's who della piazza

finanziaria. Banche, società finanziarie e commerciali, fiduciari e


studi legali, tutti elencati in

bell'ordine con i nomi di una o di più persone di riferimento, dal


direttore della banca Albis (affiliata
della Fimo) fino alle assicurazioni Vaud. Anche i numeri compresi
nella sezione italiana della rubrica

telefonica di Winnie non sono di poco conto. Accanto al locale


romano di lusso Tartarughino, dove lei -

secondo dichiarazioni del suo socio d'affari Laguzzi - si godeva la


vita notturna romana, c'è ad esempio

il numero del finanziere libanese Adel Kassar. In Svizzera egli è


noto come socio della Banque Privée

(Losanna) e della società finanziaria Fransad (Losanna). (12)


Winnie aveva annotato anche i numeri del

ministro italiano della giustizia Claudio Martelli, del segretario


privato di lui Sergio Restelli e di Sergio
Cusani, il cassiere delle tangenti al soldo del presidente della
Ferruzzi Raul Gardini.(13) Martelli,

Restelli e Cusani sono tutti e tre impelagati fino al collo nella palude
di Tangentopoli.

SPECULATORI E SPIE

Una settimana dopo il rilascio di Winnie, Laguzzi fu estradato dalla


Svizzera a Roma, dove i due

procuratori Sarno e Toro conducevano un'istruzione penale sulle


obbligazioni rubate della Santo

Spirito. Laguzzi gestiva insieme con l'avvocato ed ex uomo della P2


Carlo Zappavigna e con Federico

Turci, la società finanziaria Clipper a Roma. Ma, dietro le quinte, la


sua Clipper era guidata dall'uomo
d'affari romano e massone d'alto rango Patrizio Pinto. Dopo che i
procuratori ebbero fatto perquisire

dalla polizia gli uffici di Laguzzi, Zappavigna, Turci, Pinto e altri,


giunsero alla conclusione,

analizzando il materiale sequestrato e le telefonate intercettate, che


Patrizio Pinto era al centro di

un'organizzazione finanziaria illegale. Egli avrebbe fatto da cerniera


tra alcune cosche corrotte: un

gruppo di massoni deviati, che avevano sostituito agli ideali della


confraternita segreta una bassa

avidità di profitto, un gruppo di ex rappresentanti corrotti dei servizi


segreti che facevano capo a

Giangaetano Caso, oltre ad alcuni uomini importanti del mondo


finanziario e della politica e inoltre
elementi del crimine organizzato. Il massone del Grande Oriente
Pinto amministrava tra l'altro società

per il Gran segretario del Grande Oriente Alfredo Diomede, che


insieme all'allora Gran Maestro del

Grande Oriente Giuliano di Bernardo e all'ex Gran Maestro


Armando Corona aveva fatto rinascere di

nuovo nella rumena Bucarest la loggia massonica Concordia.


Figura importante dello Studio Pinto era

anche Eugenio Carbone, membro della P2, uomo di fiducia di Licio


Gelli e presidente della Camera di

Commercio italo-slovena con sede nello stesso studio. Il misterioso


Studio Pinto romano, accusato di
avere creato un'organizzazione che continuava la P2 vietata di Licio
Gelli, è materia da romanzi gialli.

E il giallo in effetti esiste, si chiama 'Oltre la cupola', scritto da


Francesco Forgione e Paolo Mondani, e

apparso da Rizzoli a Milano nel 1993.

LA VENDITA DEI CERTIFICATI RUBATI

Il reparto 'vendita di titoli rubati' presso lo Studio Pinto era diretto


dal braccio destro di Pinto

Giangaetano Caso, ex pilota ed ex rappresentante sindacale Alitalia


(14), ex membro del servizio

segreto militare italiano e massone. Egli organizzava la


commercializzazione dei certificati. Oltre alla
vendita diretta alle banche in cambio di denaro, per lo smercio dei
titoli il furbo Caso si serviva anche

di metodi più complessi. Egli aveva buone relazioni con la


Romania, dove era amico di Costel Jancu,

che a suo tempo era fuggito in Italia dalla dittatura di Ceausescu.


Dopo la morte di quest’ultimo tornò

di nuovo a Bucarest, ed ebbe qui un ruolo importante nella rinascita


della massoneria rumena dalle

ceneri del comunismo con l'aiuto del Grande Oriente. (15) Jancu
divenne subito a Bucarest una figura

importante e si dice che avesse un filo diretto con il presidente Ion


Iliescu, l'allora presidente dei

ministri Petre Roman e il presidente della banca centrale Mugur


Isarescu. Casu comprò dunque la
Banca Agricola Rumena a Budapest. Tecnicamente l'acquisto
avvenne in questo modo: Caso depositò i

titoli rubati della Santo Spirito presso la Banque Paribas di Milano a


nome della Banca Agricola e, in

compenso, gli furono intestate in Romania la maggioranza delle


azioni di questa banca. Con il deposito

di divisa occidentale presso una famosa banca in Italia, la Banca


Agraria Rumena sperava di divenire

un istituto qualificato nel traffico interbancario. Giangaetano Caso fu


consigliato in questa acquisizione

dal finanziere milanese Carlo Cappelli, un amico di Laguzzi e


Zappavigna.(16) La

commercializzazione diretta dei titoli rubati fu organizzata da Caso


con la Clipper di Laguzzi e

Zappavigna. I procuratori Sarno e Toro hanno rintracciato cinque


canali di vendita in Italia e la linea di

Winnie che porta a Zurigo, Ginevra e Londra. Tra le circa trenta


persone i cui nomi furono fatti da

Sarno e Toro in relazione alla vendita dei titoli falsificati, c'erano


alcuni famosi fiduciari e uomini

d'affari italiani, ad esempio il fiduciario milanese Tiziano Mantovani,


che nell'estate 1994 fu arrestato

perché coinvolto nella bancarotta fraudolenta dell'Imic, affiliata della


Sasea italiana. C’erano inoltre il

finanziere milanese Renato D'Andria, un ex socio di Fiorini, e il


fiduciario milanese Giuseppe Bossi,
liquidatore della Società assicurativa De Angeli Frua. Ricomparvero
da Sarno e Toro anche quei

massoni deviati nell'orbita della 'ndrangheta calabrese, che erano


finiti nella rete del procuratore

Agostino Cordova di Palmi (vedi p.286 segg.). Si tratta


precisamente di Pietro Piliello, Gran Maestro

della loggia Albaradan, di cui era membro anche il finanziere


romano Giorgio Cerrutti, la cui

Compagnia Generale Finanziaria era fallita nel 1993. (17)

INCIAMPATA O SFRUTTATA

Winnie era venuta a contatto con Laguzzi attraverso un conoscente


comune di nome Gallotta. Questo
Gallotta l’avrebbe lodata per il suo lavoro pluriennale come corriere
internazionale del socialista

Claudio Martelli, ministro della Giustizia. Secondo Laguzzi, Winnie


amava darsi delle arie per i suoi

legami con gli ambienti nazionali e internazionali delle persone


importanti. Alla dogana dell'aeroporto

romano di Fiumicino avrebbe potuto raggiungere l'aeroplano, senza


essere disturbata dai doganieri,

attraverso l'ingresso dei VIP. Ed avrebbe avuto rapporti d'amicizia


con politici italiani d'alto rango,

come ad esempio il ministro della Giustizia Martelli. Per questo lui e


Zappavigna le avrebbero chiesto

se poteva anche portare titoli in Svizzera e venderli. Laguzzi


raccontò inoltre, ai due procuratori, che
Winnie non aveva trasferito denaro da Roma in Svizzera e in
Lussemburgo solo per Martelli, ma anche

per Renato Altissimo, il tesoriere del partito liberale italiano.(18)


"Una volta eravamo con Winnie in

ufficio- raccontò Laguzzi- e io o Zappavigna le abbiamo chiesto


come potesse contrabbandare

certificati oltre confine con quel vitino di vespa. E allora ci mostrò


sotto l'abito una specie di busto nero

con tasche, dove poteva nasconderli, senza che da fuori ci si


accorgesse di nulla".(19) Dunque Winnie e

Laguzzi strinsero una relazione d'affari, finché il 18 settembre 1992


i due finirono nella rete della
polizia di Ginevra. "La Kollbrunner- dissero riassuntivamente Sarno
e Toro- aveva in tutta la faccenda

solo un ruolo di esecutrice. Lei stessa ha detto di essere stata un


corriere. I suoi complici erano tutti del

parere che lei non fosse in grado di eseguire autonomamemte


operazioni d'affari nel settore

immobiliare o finanziario".(20)

CHE COSA SAPEVA IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA MARTELLI


?

Il ministro della Giustizia Martelli era comparso dapprima nella


rubrica telefonica sequestrata a

Winnie, poi Laguzzi, pure arrestato, aveva dichiarato che Winnie si


era vantata dei suoi buoni rapporti
con il ministro e aveva sostenuto di avere lavorato come corriere
internazionale per Martelli e per il

tesoriere dei liberali Altissimo. Al giudice istruttore di Ginevra Paul


Perraudin la Kollbrunner aveva

detto di essere legata a certi uomini politici italiani e di avere


reclutato personale per Martelli. "So che

molti politici italiani incassano tangenti e impiegano persone di


fiducia per compiere operazioni

finanziarie, del tipo di quella di cui vengo accusata". (21) Il legame


della venditrice di titoli rubati con

il ministro della giustizia italiano comparve sulla stampa solo nel


dicembre 1992. Il settimanale

progressista romano "Avvenimenti" pubblicò un articolo su Winnie e


Laguzzi. L'inchiesta di Mani
Pulite, iniziatasi nel febbraio 1992, procedeva con ritmo sempre più
incalzante, ed erano già molti i

politici e i capitani d'industria, accusati di corruzione, finiti in


carcere. A Locarno anche "La Regione"

si occupò del caso. Il giornale pubblicò molte interviste telefoniche


con Winnie che sosteneva di non

aver saputo nulla dell'origine criminosa dei certificati del Banco di


Santo Spirito. I due procuratori

Sarno e Toro chiesero al parlamento italiano, il 9 aprile, il permesso


di continuare le loro indagini

contro il deputato Claudio Martelli (Nel febbraio 1993 Martelli aveva


dovuto dare le dimissioni da
ministro della Giustizia perché coinvolto nell'affare del Conto
Protezione). Martelli lanciò quindi un

contrattacco sulla stampa dichiarando che i suoi rapporti con la


Kollbrunner erano stati legali e

legittimi. Winnie aveva infatti reclutato personale per lui. Per


incarico suo lei avrebbe cercato una

portavoce stampa per i media stranieri e l'avrebbe trovata nella


persona della francese Dora Tauzin.(22)

Avrebbe conosciuto Winnie dalla sua fisioterapeuta, presso la quale


anche lei si curava. Dei titoli rubati

avrebbe appreso solo dopo l'arresto del tutto inaspettato di Winnie


a Ginevra.(23)

Note:
1) ”Noi”, 2.5. 93

2) Il commercio fraudolento di titoli stranieri dubbi, corredati di una


presunta garanzia bancaria, ad

esempio certificati di deposito (in inglese: certificates of deposit,


promissory notes) o promesse di

credito accessorie (in inglese: Stand by letters of credit) e promesse


di pagamento (mandati di credito

stand by) sono tra i finti affari preferiti. (Accessorio significa: la


garanzia diventa valida quando la

fornitura in un'operazione sottostante, per il cui pagamento la banca


garantisce, non viene onorata

finanziariamente). I venditori di questi non-valori non trattabili,


adescano le loro vittime con massicci
ribassi sul titolo nominale. Più tardi questi effetti possono
probabilmente essere rivenduti a valore

pieno. Sorprendentemente, le bande di imbroglioni trovano sempre


degli stupidi abbastanza avidi che si

lasciano letteralmente spogliare con questi titoli privi di valore.

3) " Il Mondo", 28.2. / 7.3. 94

4) Autista e secondo autista del blindato Transcoop erano Dario


Selva, già condannato per ricatto e

gioco d'azzardo e Enrico Balducci, sospettato di essere vicino ai


gangster romani della malfamata

"Banda della Magliana".


5) Sarno, Giulio e Toro, Achille, Richiesta di autorizzazione a
procedere nei confronti del Deputato

Martelli Claudio. Pretura Circondariale, Roma, 8.4.93, p. 28.

6) Dal controllo telefonico e dalla perquisizione domiciliare di


Winnie a Roma risultò ad esempio una

grande operazione in valuta in tranche da 50 milioni di dollari (fax


del 21.7.92 a Israel Silberberg a

Zurigo: Giulio Sarno e Achille Toro: Richiesta di autorizzazione a


procedere. Pretura Circondariale.

Roma, 5.4.93) Unico consigliere d'amministrazione della Indaco Ag


era il noto avvocato di Zurigo Veit

Wyler.
7) Presidente del consiglio di amministrazione dell'AIM (Acquisition,
Investments, Mergers) era

Martin Stehli. Egli sostituì Andersen, licenziato, con l'avvocato


zurighese, vicino all'Opus Dei, Alfred J.

Wiederkehr. Tra i più di 50 mandati di consiglio di amministrazione


di Wiederkehr c'erano ad esempio

la filiale svizzera dell'industria svedese del mobile IKEA e la


Gotthard Bank (Lugano). Un altro

mandato amministrativo Wiederkehr l'aveva presso l'Arabella SA in


Lussemburgo. Presidente di questa

società era Pierre Caland di Beirut, facevano inoltre parte del


consiglio di amministrazione il libanese

Michel El- Khoury, il lussemburghese Jacques Loesch, Nuno


Brandolini di New York e Werner Schick
di Zurigo, ex direttore generale del Bankverein. Nel giugno 1996 la
Arabella comprò per 1,5 milioni di

dollari 462.000 azioni della Discount Brokers J.B. Oxford &


Company, che ha anche una filiale a

Basilea. La società madre J.B. Oxford Holdings Inc. (Beverly Hills)


fu criticata dal "Wall Street Journal

Europe" il 3. 5. 95, perché aveva ingaggiato come consulente il


canadese Irving Kott, già condannato

per frode in borsa.

8) La società di Velo TS Trustser apparteneva alla società offshore


di Panama Midgen Corporation SA,

nel cui consiglio di amministrazione c'erano Markus Binggeli,


Christian Durussel e Eric R. Staehli

della Fidinam Fiduciaire (Ginevra). Velo rappresentava


fiduciariamente l'azionista principale presso la

TS Trustser (Lugano).

9) Sarno, Giulio e Toro, Achille: Richiesta di autorizzazione a


procedere nei confronti del Deputato

Martelli Claudio. Pretura Circondariale. Roma, 8.4.93, p. 81.

10) Gubser era coinvolto anche nell'affare Gerolag e finì all'inizio


1996 in custodia preventiva.

11) Nell'agosto 1993 la sezione d'accusa di Ginevra trasmise alla


Corte d'Assise gli atti d'accusa di

cinque imputati non nominati, a cui veniva rimproverato di aver


trattato titoli falsificati o rubati. Gli

imputati dovettero rispondere di frode, falsificazione di documenti,


abuso di fiducia e ricettazione. Al

procedimento davanti alla sezione di accusa era presente solo uno


dei dieci imputati - un italiano allora

ancora in carcere. Gli altri 9 erano in libertà provvisoria. Winnie


Kollbrunner non figurava tra gli

imputati.

12) La Cantrade Banque Privée era fino al 1995 una joint-venture


tra la famiglia Kassar, la

Bankgesellschaft svizzera e René de Picciotto. Poi la SBG si ritirò


inaspettatamente del tutto dalla
Joint-venture. Da allora esistono in Svizzera due banche con il
nome Cantrade, l'affiliata della SBG,

con sede principale a Zurigo e numerose altre filiali, e la Cantrade


Banque Privée di de Picciotto,

Kassar e Setton, a Losanna.

13) Sergio Cusani, figura centrale sulla scena della corruzione


italiana, fu condannato nell'aprile 1994

in prima istanza a otto anni di prigione. Di Cusani si parla


dettagliatamente nel capitolo 9 (v. anche

p.217 segg.)

14) Come la Banca di Roma anche l'Altalia è un'azienda IRI. Il


modernizzatore Romano Prodi, che si
era già rotto i denti contro le corrotte banche romane, cercò di
risanare anche l'Alitalia. Egli portò due

topmanager che si erano perfezionati nelle multinazionali


americane, precisamente Renato Riverso

dell'IBM e Roberto Schisano della Texas Instruments. Ma i due


incapparono nella burocrazia corrotta,

inclusi i bonzi dei sindacati come il rappresentante dei piloti


Giangaetano Caso e, all'inizio del 1996,

gettarono infine snervati la spugna. Soprattutto con i rappresentanti


dei sindacati dei 1.800 piloti, dei

quali probabilmente 300 erano rimasti sempre a terra, i


modernizzatori sconfitti si trovarono di fronte

ad una resistenza insuperabile.


15) Il Gran Maestro della P2 Licio Gelli aveva negli anni '70 buoni
rapporti con il dittatore della

Romania Ceausescu.

16) Cappelli comprò più tardi, con un' altra tranche di titoli rubati
della Santo Spirito, l'Omas a San

Stino di Livenzo presso Venezia. Poi rovinò del tutto


finanziariamente l'Omas e la fece fallire.

Nell'autunno 1994 la Guardia di Finanza di Venezia aprì per questo


un'inchiesta contro Cappelli ("Il

Mondo", 28.11./5.12.94)

17) Fu coinvolto nel crac della Compagnia Generale Finanziaria


(CGF) anche Ugo Zilletti, uomo della
P2 ed ex vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura.
La CGF, poco prima di andare in

bancarotta, aveva acquistato dal presidente della Sasea, Florio


Fiorini, la Singest, affiliata della Sasea

italiana.

18) Sarno, Giulio e Toro, Achille : Richiesta di autorizzazione a


procedere nei confronti del Deputato

Martelli Claudio. Pretura Circondariale. Roma, 8.4. 93, p.40,44 e 74

19) Verbale dell'interrogatorio di Maurizio Laguzzi, 19. 11. 92, p. 8

20) Sarno, Giulio e Toro, Achille: cit. nota 18, p.36

21) Sarno, Giulio e Toro, Achille: cit., p.90


22) Lo stipendio di Dora Tauzin non lo pagava Martelli, il ministero
della giustizia o la cassa del partito

socialista, bensì la Inadco AG (Zurigo). Sarno Giulio e Toro Achille,


cit., p.57

23) "L'Unità", 11.4.93

15. LA PIU' GRANDE BANCAROTTA SVIZZERA

Quando i funzionari dell'Ufficio fallimenti di Ginevra sigillarono il 30


ottobre 1992 gli uffici della

Sasea Holding, ciò significò la più grande bancarotta in assoluto


nella storia dell'economia svizzera. Il

re di questo impero fallimentare era Florio Fiorini, dapprima


direttore e più tardi delegato del consiglio
di amministrazione. Lo stesso Fiorini che dieci anni prima era stato
licenziato, senza preavviso, da

direttore finanziario del gruppo petrolifero statale ENI. Allora, egli


aveva proposto un piano di

risanamento per la banca privata dell'Ambrosiano di Calvi - a spese


della statale ENI - senza informare

i suoi diretti superiori. Dopo questo allontanamento inglorioso,


Fiorini dovette emigrare in

Lussemburgo, dove per sua stessa ammissione riuscì a tenersi a


galla alla meno peggio. Ma grazie alle

sue buone relazioni con l'alta finanza europea, le cose andarono


presto meglio e, alla fine del 1984, fu
in grado di rilevare la società per azioni Sasea di Ginevra, in
passivo anche se quotata in borsa.(1) Nel

corso di una prassi decennale Fiorini era diventato un virtuoso


dell'economia italiana corrotta. Poi

venne a Ginevra e creò una piattaforma girevole internazionale per


manipolazioni finanziarie occulte,

che ben presto comprese circa 300 società affiliate in tutto il


mondo. In maniera analoga al paese di

cuccagna rappresentato dalla Holding Omni di Werner K. Rey,


sorse un gruppo miliardario

immaginario senza base economica reale. La totale assenza di


attivi si rivelò al momento del

fallimento: di fronte alle richieste di 5,1348 miliardi di franchi, fatte


nel primo annuncio di debito
dell'Ufficio fallimenti di Ginevra, erano presenti solo 2,8 magri
milioni di franchi di attivi.(2) (Poichè

non tutte le richieste annunciate furono riconosciute dall'Ufficio


fallimenti, l'ammontare del debito si

ridusse poi a circa tre miliardi di franchi). La natura della Sasea


come piattaforma finanziaria girevole

internazionale si deduce dal fatto che la lista dei creditori,


pubblicata dall'amministrazione fallimentare,

non conteneva nessun grande creditore svizzero. La corte penale di


Ginevra, alla fine di giugno 1995,

dopo due giorni e mezzo di dibattimento,condannò Fiorini per frode,


falsificazione di documenti,

fallimento sconsiderato e captazione di eredità, a sei anni di


prigione detratti i 32 mesi di carcere

preventivo già scontati, a dieci anni di bando dal paese e al


pagamento dei costi del procedimento

giudiziario. L'avvocato di Fiorini, reo confesso, lasciò passare il


termine del ricorso di solo cinque

giorni senza farne uso.(3) Il procedere spedito per non dire


frenetico del processo è in contrasto

stridente con il lavoro lungo e difficile del giudice istruttore Jean-


Louis Crochet. Lavorò 28 mesi, cosa

che costò complessivamente 1,8 milioni di franchi, e riempì 2482


pagine di protocollo e 642

raccoglitori di atti federali. Per audizioni dell'imputato e di testimoni


Crochet aveva avuto bisogno di
non meno di 1.010 ore. Nonostante queste indagini singolarmente
dispendiose per la Svizzera, il

tribunale non fu in grado di acquisire una visione complessiva dei


fatti, come scrisse il cronista

giudiziario della "Neue Zuercher Zeitung": " Nello stesso tempo la


procura usò lo spazio libero

argomentativo per supposizioni e allusioni non documentabili, volte


a collocare Fiorini in una

criminalità finanziaria internazionale, soprattutto di origine italiana,


che andava al di là della Sasea.")4)

L'atto accusatorio di 45 pagine della procura motivava i reati di


Fiorini in maniera sommaria. E si

rimandava al parere degli esperti, secondo i quali il capitale


azionario della Sasea Holding, già nel
1985, era sopravvalutato e coperto al massimo per metà. Alla fine
del 1988 fu stimato un

sovraindebitamento nell'ordine di 144 milioni, che alla fine del 1989


salì a 194 milioni e, alla fine del

1990, a 640 milioni. La Sasea non si preoccupò delle severe


disposizioni del diritto azionario in

relazione ad un indebitamento del genere. Nel maggio 1989 il


capitale azionario fu invece elevato da

201 a 402 milioni e nel giugno 1990 fu emesso un prestito


obbligazionario di 340 milioni di franchi.

Ma con ciò, contrariamente a quanto contenuto in comunicazioni


pubbliche della Sasea, non si ebbe
nessun afflusso di nuova liquidità. La società di revisione KPMG
Fides non vide alcun motivo

d'allarme e autenticò la contabilità del gruppo Sasea alla fine del


1990 e quello della holding di fine

giugno 1990, ma questo solo nel novembre 1991.(5) A metà luglio


1991 Fiorini stesso aveva valutato

"il buco finanziario" in 1,4 miliardi di franchi.(6)

ECONOMIA DI CLAN ALLA SASEA

La Sasea di Fiorini era in fondo una variante del capitalismo di clan


italiano, dove i lealismi personali

contano più della legge, del fisco e degli accordi. Il tentativo di


costituire a Ginevra un sistema analogo
di clan all'italiana, fallì clamorosamente - pur dopo successi iniziali
di rilievo. "A causa dell'elevato

ammontare del debito", scrisse l'edizione europea del "Wall Street


Journal"," dell'alto numero di

istituzioni colpite e delle molte denuncie giudiziarie, la bancarotta


della Sasea ha sconvolto gli ambienti

economici e finanziari locali e internazionali molto di più di altri


scandali".(7) A far nascere la Sasea

era stato il terzetto Florio Fiorini, Giancarlo Parretti e la famiglia


Lefebre d'Ovidio. Tutti questi

avevano lasciato l'Italia all'inizio degli anni '80 non proprio per
scelta. Ognuno dei tre soci portò nella

nuova impresa relazioni eccellenti, i Lefebres, a differenza di Fiorini


e Parretti, anche un considerevole
capitale proprio. Fiorini, pur senza appartenere ad alcun partito, era
in buoni rapporti con i dirigenti

socialisti e aveva pagato loro di quando in quando le tangenti ENI.


All'inizio del 1985 i compagni a

capo del PSI avevano raggiunto posizioni di grande rilievo: Bettino


Craxi era presidente del Consiglio

dei ministri, Gianni de Michelis era ministro per le partecipazioni


statali e più tardi divenne ministro

degli esteri, Claudio Martelli era ministro della Giustizia. Inoltre


Fiorini aveva amici, dai tempi dell'

ENI, anche in molti paesi produttori di petrolio, ad esempio il


colonnello Gheddafi in Libia. Egli si

vantava dell'amicizia del multimilardario austriaco Karl Kahane, e


come scrive nel suo libro 'Ricordati

da lontano', aveva un rapporto "cordiale" (8) con Nikolaus Senn e


Karl Janjoeri, rispettivamente

presidente e direttore generale della Schweizerische


Bankgesellschaft.

VECCHIA NOBILTA' NAPOLETANA

La famiglia Lefebre d' Ovidio, con il padre Antonio e il figlio


Manfredi, completava la rete di relazioni

di Fiorini in maniera ideale. Essa discendeva dalla vecchia nobiltà


napoletana. Antonio Lefebre, detto

"il professore", faceva da consulente, come avvocato, ai più ricchi


d'Italia e divenne con ciò molto ricco
lui stesso. Soprattutto nella Democrazia Cristiana, Antonio
conosceva tutte le persone importanti e

influenti. Nello scandalo Lockheed manovrò, attraverso le sue


società a Panama, le tangenti per i

politici italiani per conto del produttore statunitense di aerei


Lockheed.(9) La gran parte delle tangenti

finì nelle tasche di un politico d'alto rango, che in genere si suppone


fosse l'allora presidente della

repubblica Giovanni Leone. Leone dovette dimettersi e il suo stretto


amico Antonio Lefebre fu

condannato, come capro espiatorio, a due anni e sei mesi di


prigione. All'inizio degli anni '80

l'ottantenne Antonio si ritirò dall’attività a favore di suo figlio


Manfredi. Degli affari dei Lefebre scrisse
il "Wall Street Journal": "La gran parte delle partecipazioni Lefebre è
fatta di società oscure nei settori

immobiliare, della navigazione e dell'industria, se si esclude la loro


partecipazione [per l'8%] alla

Banque Bruxelles Lambert (BBL), la seconda banca per grandezza


in Belgio.(10) La quota della BBL,

una banca ben introdotta anche in Italia, con grande filiale a


Lugano, è considerata il capolavoro della

famiglia Lefebre. I Lefebre si vantavano spesso della loro


partecipazione alla BBL e usavano a proprio

vantaggio il prestigio della banca, disse un socio in affari, che


conosceva bene da anni padre e

figlio."(11) Nel consiglio di amministrazione della BBL i Lefebre


furono rappresentati, fino al 1985, da

Alberto Ferrari, ex direttore generale della statale Banca Nazionale


del Lavoro, statale, e membro della

P2.

NELL'ORBITA DELLA MAFIA

Giancarlo Parretti, il terzo padre fondatore della Sasea dopo i


Lefebre e Fiorini, cominciò la sua ascesa

come cameriere di un bar. Alla fine degli anni '60 era già diventato il
gestore dell' albergo ristorante

Figaro sul Lungomare di Marotta presso Pesaro, sulla costa


Adriatica. Poi si imbarcò come cameriere

su una nave da crociera, dove - presumibilmemte per caso -


incontrò Graziano Verzotto, allora il

politico DC più potente della Sicilia. All'ombra di Verzotto cominciò


una carriera fantastica. Verzotto

era dal 1967 presidente dell'Ente Minerario Siciliano (EMS), una


società creata secondo il modello

dell'ENI per sviluppare l'estrazione di minerali in Sicilia con allora


circa 6.000 dipendenti e un fatturato

di 200 miliardi di lire. A metà del 1975 la EMS e Verzotto furono


coinvolti nello scandalo del banchiere

della mafia Michele Sindona. Due banche di Sindona fungevano


esclusivamente da banche di

riferimento dell'EMS e corrompevano Verzotto. per questo lucroso


privilegio. con uno sconto sugli
interessi debitori. Verzotto dovette dare le dimissioni, fuggì in
Libano e da allora scomparve. Il 13

maggio 1976 il tribunale di Milano lo condannò per appropriazione


indebita di denaro pubblico, a due

anni e otto mesi di prigione. Poco prima di venir avvelenato nel


carcere di Voghera, Sindona identificò

Verzotto come il più importante uomo di collegamento tra la


Democrazia Cristiana e la mafia. Secondo

il deputato del parlamento francese Francois d'Aubert (UDF) e


autore del libro 'L'Argent Salè su

Parretti e Fiorini (12), Verzotto, contro il quale c'è ancora un ordine


di cattura internazionale, vive

dall'inizio degli anni '80 a Parigi sotto il nome di Franco Forte. (13)
Quest'uomo produsse dunque
nell'esistenza del capo cameriere Parretti un cambiamento in
meglio. Giancarlo Parretti divenne

dapprima capocameriere dell'hotel Politi a Siracusa, la nave


ammiraglia della catena di alberghi di

Verzotto. Affinchè i suoi alberghi potessero profittare di più delle


sovvenzioni statali per la promozione

turistica, il politico DC Verzotto non faceva parte del consiglio di


amministrazione. Il capo cameriere

Parretti fu promosso nel 1972 consigliere d'amministrazione


dell'hotel e fu presto presidente di tutti e

quattro gli hotel Verzotto, presidente dell'associazione alberghiera


di Siracusa e, infine, presidente
dell'associazione degli alberghi italiani. Anche la caduta e la fuga
del suo padrino Verzotto non

poterono fermare la sua ascesa. Comprò i quattro hotel Verzotto -


sulla provenienza del denaro

utilizzato non si hanno notizie - divenne presidente del club locale di


football Syracusa Calcio e fondò

un quotidiano regionale dal nome "Diario". Da dove Parretti traesse


i mezzi per quest'ultima costosa

operazione è altrettanto ignoto. Il "Diario" divenne rapidamente un


giornale di successo, quotidiani

analoghi spuntarono come i funghi anche a Ragusa, Catania,


Caserta e Napoli. Parretti fece conoscenza

con il parlamentare socialista veneziano e più tardi ministro Gianni


de Michelis, che insieme a suo
fratello Cesare possedeva la casa editrice Marsilio, e fondò con i
due un "Diario" veneziano che suscitò

ben presto imitazioni a Treviso e a Padova. All'inizio degli anni '80


terminò all'improvviso il periodo

fortunato che durava ormai da dieci anni, e cominciarono alcuni


anni magri. Il successo della catena dei

quotidiani "Diario" si rivelò un fuoco di paglia, un'edizione dopo


l'altra fallì. A Siracusa Parretti

impiegò come liquidatrice sua moglie Maria Cecconi. A Napoli i


giornalisti del "Diario" denunciarono

il loro ex presidente e dopo un procedimento durato anni, Parretti fu


condannato nel 1990 per

fallimento fraudolento e falso in bilancio in prima istanza a tre anni e


dieci mesi di prigione. Anche le

edizioni del "Diario" a Venezia, Padova e Treviso furono liquidate. Il


successore di Parretti nell'ufficio

di presidente della Siracusa Calcio lo denunciò per gestione


fraudolenta, per cui il 12 aprile 1981 finì in

custodia cautelare per 26 giorni. Qualche tempo dopo Parretti


vendette (in un affare fino ad oggi

assolutamente oscuro) i suoi quattro hotel di lusso siciliani (acquisiti


con denaro proveniente da fonti

del tutto inspiegate) allo speculatore milanese Giuseppe Cabassi.


Questo solo per comprare a stretto

giro di posta da Cabassi, con il denaro guadagnato, le due società


assicuratrici Ausonia e De Angeli
Frua - che più tardi finiranno alla Sasea. Alla fine del 1983 Parretti
lasciò poi Siracusa per Parigi.

COMINCIA L'AVVENTURA

Questo terzetto pittoresco, con le migliori relazioni e con ferite non


del tutto rimarginate, si trovò

dunque a Ginevra. Se fu un piano a lungo termine a far lavorare


insieme nel 1984 Fiorini, Parretti e i

Lefebres, o se si misero insieme spontaneamente, non si sa. è un


fatto che Parretti, alla fine di dicembre

del 1984, acquisì la Interpart Holding Luxemburg, dove una volta il


presidente dell'Ambrosiano

Roberto Calvi aveva fatto parte del consiglio di amministrazione


(14), mentre contemporaneamente
Fiorini a Ginevra comprava dalla Kreditanstalt la Sasea, inattiva ma
quotata in borsa. Alla fine del 1985

Fiorini entrò nel consiglio di amministrazione della Interpart Holding


lussemburghese di Parretti,

qualche tempo dopo lo seguì Elena Badaloni, la sua ex moglie. Da


dove Parretti abbia preso 50 milioni

di dollari per l'acquisto della Interpart, ex società di Calvi, non si è


potuto chiarire. Parretti stesso il 24

giugno 1990, nel corso di una conferenza stampa a Parigi, mise in


giro la storia della vendita di un

albergo al finanziere milanese Giuseppe Cabassi. La relazione del


deputato UDF d'Aubert sull'affare

Sasea/ Parretti al parlamento francese pervenne a conclusioni


completamente diverse: "è impossibile

che l'aumento di capitale della Interpart-Comfinance a 50 milioni di


dollari derivi dalla vendita di

società. Le operazioni finanziarie del tutto prive di trasparenza tra


Parretti e la Sasea di Fiorini, che a

sua volta è alla berlina per fonti finanziarie sospette, non esclude
alcuna ipotesi, forse neppure fonti

illegali." (15) Per d'Aubert è dimostrato che Parretti, il quale si è


sempre servito di prestanome, era lui

stesso un prestanome con sponsor generosi ma misteriosi.


D'Aubert li colloca nell'orbita di Graziano

Verzotto, sospetto di mafia, della bancarotta dell'Ambrosiano e dello


scandalo P2. Anche l'origine del
capitale iniziale della Sasea di Fiorini è oscura. Fiorini stesso indica
nel suo libro come primi

finanziatori la famiglia Lefebre e il finanziere norvegese Audrun


Krohn. Krohn entrò più tardi anche

nel consiglio d'amministrazione della Interpart Holding di Parretti in


Lussemburgo. Francois d'Aubert

cita inoltre i due norvegesi Arild Nedrun e Einer Lange come


finanziatori iniziali della Sasea. Fiorini

aveva buone relazioni in Norvegia, dove aveva lavorato per le


affiliate dell'ENI Snam (metano) e

Saipem (prospezione petrolifera, costruzione di oleodotti).(16)

I FIORI DEL MALE DELLA SPECULAZIONE IN BORSA


La seconda metà degli anni '80 fu anche per le banche svizzere il
momento clou della speculazione. E

di questo volle profittare Fiorini. Per fare del titolo passivo della
Sasea un titolo quotato in attivo in

borsa, doveva aumentarne massicciamente il modesto capitale. Per


questo aveva bisogno di un

presidente svizzero importante come insegna. Ed ecco che capitò


proprio al momento giusto l'avvocato

ed ex consigliere federale Nello Celio. (17) Celio accettò l'offerta


sicuramente lucrativa di Fiorini e, nel

1985, divenne presidente della Sasea, mentre Lefebre senior


divenne vicepresidente. Come

rappresentante dell'APSA, azionista di minoranza della Sasea,


amministratrice patrimoniale del
Vaticano, André Curiger, direttore della filiale zurighese del Crédit
Commercial de France, continuò a

restare nel consiglio di amministrazione della Sasea. Quale


delegato del consiglio di amministrazione

divenne infine il banchiere francese Yves Truffert, ex direttore


generale della Banque Indosuez a Parigi.

La direzione della Sasea con delegato Truffert era composta


all'inizio da Fiorini, Audrun Krohn e

Lefebre junior. A questi si aggiunse più tardi Rodolphe Rossi, un


francese naturalizzato a Ginevra e

marito dell'allora presidentessa liberale del consiglio municipale di


Ginevra Madeleine Rossi.(18)
Sopravvennero poi il belga Jean Bellemans come uomo di fiducia
dei Lefebre e l'ex presidente dell'ENI

Giorgio Mazzanti in quanto uomo di fiducia di Fiorini. Alla fine degli


anni '80 arrivò da ultimo nel top

management della Sasea lo svizzero Norbert Stadler. Considerata


l'equipe iniziale d'alto livello del

1985 – Nello Celio parlava allora della "rèpublique des bons


compagnons" (19)- non meraviglia che la

Sasea divenisse in effetti un titolo di successo della Borsa di


Ginevra. Nell'euforia generale di quei

giorni le quotazioni balzarono entro breve tempo da 100 a 228


franchi. Fino al 1987 il capitale

azionario di competenza della Banca Paribas salì da tre milioni a


quattrocento milioni di franchi. Dalle
modalità tecnico-finanziarie di questi aumenti di capitale
conseguirono grandi guadagni sia per la Sasea

che per l'istituto bancario competente Paribas. I nuovi azionisti


pubblici e gli obbligazionisti dovettero

pagare un alto sovrapprezzo per i titoli Sasea e Paribas (Suisse)


incassò ricchi introiti. Presidente della

casa madre Paribas a Parigi era allora Jean-Yves Haberer , che più
tardi fu chiamato dal governo

socialista di Mitterand a capo dello statale Crédit Lyonnais, divenuto


più tardi la banca di riferimento di

Fiorini. Fino al crollo avvenuto nel 1989, la Sasea rimase un titolo


speculativo ricercato alla Borsa di

Ginevra. Ma diversamente dal caso della Omni Holding di Werner


K. Rey, la Sasea non era in primo

luogo una truffa di borsa. Mentre l'attività del manipolatore di borse


Rey serviva in ultima analisi solo

ad alzare in maniera fraudolenta la quotazione delle azioni virtuali


da lui create dal nulla, l'attività di

Fiorini era mirata solo in seconda linea alla manipolazione delle


quotazioni delle azioni Sasea. La

Sasea era in primo luogo un veicolo per operazioni finanziarie


internazionali non trasparenti, nella zona

grigia tra legalità e illegalità.

ISTITUTO DI PULIZIE SASEA

I sette anni della Sasea, dal 1985 al 1992, possono essere suddivisi
in quattro anni di ascesa e tre di

declino. L'acquisizione della società cinematografica di Hollywood


Metro Goldwyn Mayer (MGM)

costituisce il punto di svolta. All'inizio era filato tutto liscio come


l'olio, la Sasea comprava,

scomponeva e vendeva aziende e partecipazioni. Faceva quel tipo


di affari che nel mondo anglosassone

si chiamano "Mergers and Acquisitions": società piene di problemi,


soprattutto nel settore immobiliare,

venivano ristrutturate, cambiavano nome e veniva conferita loro


spesso nuova forma societaria e una

nuova sede operativa in un'esotica piazza finanziaria offshore.


Mediante un maquillage del genere la
Sasea fu in grado di rivendere con lauti guadagni queste aziende
già sull'orlo del fallimento. Fiorini

stesso definì una volta scherzosamente la Sasea istituto di pulizie,


senza approfondire di chi fosse il

denaro che vi veniva ripulito. Oltre all'acquisto e alla vendita di


società, la Sasea trattava anche in

grande stile petrolio e altre materie prime. Le sue partecipazioni a


medio e a lungo termine salirono

fino alla fine del 1989, da 32 milioni a 1.120 milioni di franchi. Le


quote più alte erano rappresentate

dalla partecipazione alla Banque Bruxelles Lambert (BBL), intestata


dai Lefebre alla Sasea, dalle

società d'assicurazione De Angeli Frua e Ausonia, comprate da


Parretti e dalla società immobiliare
milanese Scotti-Finanziaria. Partecipazioni del genere conferivano
alla Sasea l'apparenza di solidità e

sostanza, ma erano spesso molto sopravvalutate.

SOCIETA' SOSPETTE

Nello stesso tempo Fiorini operò in grande stile come fondatore di


società. Creò subholding a Milano e

ad Amsterdam con circa 300 filiali che avevano sede a Londra,


Parigi, Amsterdam, Mosca, Friburgo e

nell'isola delle Antille olandesi Curacao. Alcune di queste società


avevano uffici e personale propri, in

maggioranza erano tuttavia pure società di comodo in paradisi


fiscali offshore. Tra queste c'era anche la
Seychelles International Bank (SI Bank) divenuta famosa al
momento della scoperta del Conto

Protezione, con sede legale alle Seychelles (più tardi trasferita a


Samoa) e un piccolo ufficio segreto a

Montecarlo.(20) L'11 luglio 1996 "L'Hebdo" informò: "Documenti


posseduti dall' "Hebdo" dimostrano

che la banca SI era la cassa dei fondi neri della Sasea" e criticava
che il giudice istruttore Jean-Louis

Crochet non avesse incluso negli atti del processo tutti gli importanti
documenti sequestrati durante la

perquisizione della Banca SI. Moglie di Crochet è l'avvocatessa


Catherine Crochet dello studio
Crochet, Delaunay. L'avvocato Pierre Sigrist, attivo in questo studio,
ha lavorato per la SI-Bank. Non

può quindi essere escluso il pericolo di una collisione di interessi.


Ulteriore esempio è la Beaverbrook

Ltd., fondata nel 1991 a Dublino. Lord Beaverbrook, allora


presidente del partito conservatore

britannico, poi fallito, non sapeva niente di questa società. Era stata
creata da Brendan e Deborah

Delaney, che a Dublino gestivano una società per la fondazione di


società offshore. I Delaney fondano

e vendono società con o senza consiglio di amministrazione, a


seconda dei desideri dei clienti. Nel

1995 i Delaney, marito e moglie, facevano parte di più di 1.500


società registrate nel Companies
Register di Londra. Alla Beaverbrook i Delaney si ritirarono dal
consiglio di amministrazione dopo la

vendita alla Sasea e il 7 maggio 1991 furono sostituiti da Ute


Heiliger e Frank Nelson del Foreign

Marketing Sa (Ginevra). Frank Nelson era il figlio adottivo di Florio


Fiorini, che aveva anche due figlie

sue. Terzo consigliere d'amministrazione era Muriel von Wussow,


moglie di uno stretto collaboratore di

Fiorini a Ginevra. La Beaverbrook spostò il proprio domicilio da


Hoogewerf & Cie. a Montecarlo (vedi

cap. 4). A Montecarlo aveva il proprio quartier generale anche la SI


Bank di Fiorini.(21)

GUADAGNI MEDIANTE TRUCCHI DI REGISTRAZIONE


CONTABILE

Tra le quasi 300 filiali della Sasea circolavano ininterrottamente


depositi, crediti e partecipazioni.

Vendite a pioggia tra società, le cui conclusioni d'affare non


venivano presentate contemporaneamente,

producevano guadagni contabili elevati a piacere e simulavano


l'afflusso di denaro fresco. Un esempio

di un trucco di registrazione contabile del genere è l'obbligazione


convertibile della Sasea di 340

milioni di franchi all'interesse del 7,5 % nell'autunno 1990. Allora le


quotazioni dei titoli Sasea alla

Borsa di Ginevra minacciarono di sprofondare in un abisso senza


fondo. Con un'emissione di
obbligazioni, organizzata dalla banca SG Warburg Soditic di
Ginevra, Fiorini cercò di ricreare la

fiducia. Poichè il grande pubblico degli investitori - tranne alcuni


piccoli azionisti tratti in inganno (22)

- non si fidava della Sasea, Fiorini stesso sottoscrisse i 300 milioni


dell'obbligazione. Il suo uomo di

fiducia italiano Piero Bongianino, delegato del consiglio di


amministrazione della Banca Popolare di

Novara, concesse all'Imic, affiliata italiana della Sasea a Monza, un


credito di 35 miliardi di lire.

Bongianino era uno dei più importanti finanziatori (legali) di Fiorini in


Italia e fungeva da banca di

riferimento delle grandi filiali Sasea italiane De Angeli Frua e Scotti


Finanziaria; Fiorini faceva parte
del consiglio di amministrazione della filiale svizzera della Banca
popolare di Novara (Suisse). Il 13

settembre 1990 il denaro passò dalla Banca Popolare di Novara all'


Imic, che il giorno stesso lo versò

ad un'altra società italiana di Fiorini, la Firs, che a stretto giro di


posta lo accreditò alla filiale della

Sasea Scotti Finanziaria, che a Ginevra sottoscrisse le obbligazioni


della Sasea. Alcune settimane più

tardi la Imic fallì. Nella primavera 1993 il giudice istruttore di Milano


Luigi Orsi aprì un procedimento

penale contro Bongianino, delegato del consiglio d'amministrazione


della Banca Popolare, e lo fece
arrestare. (23) Il caso suscitò un certo stupore in tutt'Italia perché la
Popolare di Novara è una banca

ultracentenaria molto stimata e Bongianino è considerato uno degli


uomini più potenti della metropoli

lombarda. Un anno più tardi anche i manager dell'Imic, affiliata della


Sasea, il presidente Tiziano

Mantovani e il direttore Gianfranco Mancini, furono arrestati e


accusati di fallimento fraudolento.(24) I

due giudici istruttori Orsi e Perrozziello suppongono che un gruppo


di finanzieri italiani, tra cui

Bongianino, abbia cercato tra il 1991 e il 1992 di salvare la Sasea


sull' orlo del fallimento. Basandosi su

dichiarazioni della segretaria privata di Fiorini, Gabriella Tripepi,


essi collocano in questo gruppo
anche Callisto Tanzi, presidente del grande gruppo alimentare
italiano Parmalat. (25) Nel novembre

1995 la procura milanese sporse denuncia contro non meno di 37


persone, tra questi i tre cittadini di

Basilea Luzius Gloor, Ueli Vischer e Bruno Dallo. Gloor era direttore
generale della Basler

Versicherung [Assicurazione di Basilea], Vischer che più tardi in


qualità di dirigente finanziario della

Basler passò alla politica, era responsabile dei rapporti con l'Italia
per la Basler, e anche Dallo era un

dirigente della Basler Versicherung. Gli accusatori contestarono


l'adeguatezza del prezzo di vendita per

la De Angeli Frua (DAF), che la Basler nel 1989 aveva comprato


dalla Sasea. A ciò si aggiunse un

prelievo illecito di fondi dalla DAF da parte della Sasea, dopo che la
Basler aveva rivenduto la DAF

alla Sasea, mentre Gloor, Vischer e Dallo facevano ancora parte


del consiglio di amministrazione. Nel

febbraio 1996 comiciò il processo senza i tre della Basler. La


Baloise aveva comunicato di aver

concluso un accordo con la giustizia, un cosiddetto


"patteggiamento". Secondo la lettera della legge un

patteggiamento è un compromesso tra verdetto di colpevolezza e


assoluzione. Nel caso che l'imputato

entro un periodo stabilito si renda di nuovo punibile, la pena viene


eseguita. Vischer se la cavò con 22
mesi con la condizionale. Il governo di Basilea trasformò senza
esitare il patteggiamento in

un'assoluzione. Egli stesso disse: "Se mi fossi reso conto di essere


in colpa, avrei tratto io stesso, nella

mia posizione, le conseguenze".

FLOP CON PETROLIO E IMMOBILI

Da un punto di vista geografico presumibilmente due terzi degli


affari della Sasea prendevano l’avvio

in Italia. Ma Fiorini operava anche in Francia, Spagna, Libia, alle


Seychelles, nello Yemen e negli

USA. In Svizzera la piattaforma internazionale Sasea sviluppò


un'attività relativamente minore. E
tuttavia è il caso di parlare di due affari interni del genere: il caso
Tamoil/Gatoil e il caso

Europrogrammi. Il caso Tamoil/Gatoil mostra in modo esemplare


con quanta abilità Fiorini si servisse

delle relazioni risalenti ai tempi in cui era direttore finanziario


dell'ENI. L'affare Tamoil cominciò

quando la Standard Oil of Indiana (Amoco) vendette nel 1983 la


sua catena italiana di distributori di

benzina con relativa raffineria a Cremona, al finanziere libanese


Roger Tamraz. Già due anni dopo

Tamraz,,con la sua gestione, aveva completamente mandato in


rovina la ditta e la società fu posta sotto

controllo statale. All'inizio del 1986 Fiorini conseguì uno dei suoi
primi grandi successi nell'ambito
degli affari "Mergers and Acquisitions" (Fusioni ed incorporazioni):
Egli procurò a Tamraz la Libyan

Arab Foreign Investment Company come compratrice del 70 %


della Tamoil. Il 20 % lo acquisì la

Sasea e il 10 % rimase a Tamraz. Direttore della Tamoil divenne


l'ex presidente dell'ENI e uomo della

P2 Giorgio Mazzanti, che nel 1979 aveva dovuto dimettersi dal suo
incarico per pagamento di tangenti

nel cosiddetto scandalo Petromin. Nel 1989 la Sasea dichiarò


ancora una partecipazione alla Tamoil del

10 %, il resto apparteneva ai Libici. Tamraz era scomparso dopo


che la banca libanese Almashrek
l'aveva accusato di appropriazione indebita di 150 milioni di dollari.
(26) Quando nel 1989 l'uomo

d'affari libanese Khalil J. Ghattas andò in bancarotta con la sua


società petrolifera svizzera Gatoil,

Fiorini replicò la mossa: fece da mediatore per la sua vendita alla


Oilinvest BV Nederlands, controllata

dallo stato libico.(27) Nel marzo 1989 Ghattas fu arrestato e


estradato in Germania. Qui venne

processato per frodi e affari petroliferi illegali, che avevano portato


al fallimento del gruppo tedesco

Kloeckner per il commercio di petrolio.(28) Nell'affare Gatoil Fiorini


aveva portato la svizzera Migrol

come socia junior. Solo grazie al fatto che un famoso partner


svizzero era presente come azionista di
minoranza, i Libici ottennero l'aggiudicazione contro la forte
concorrenza di altre grandi società

petrolifere europee. Gatoil fu unito a Tamoil e all'inizio degli anni '90


possedeva una raffineria a

Collombey (VS) e 260 distributori di benzina in Svizzera. (29)

IL CASO EUROPROGRAMMI

Nel 1969 il finanziere genovese Orazio Bagnasco fondò a Lugano il


fondo di investimento immobiliare

Europrogrammi. Bagnasco, che poteva contare su buone relazioni


con gli importanti uomini politici

italiani d'allora, Emilio Colombo e Giulio Andreotti, collaborava con


gli avvocati Maspoli e Noseda,
che più tardi furono coinvolti nello scandalo SKA Texon.
Europrogrammi era un fondo d'investimento

conforme al diritto svizzero per quegli italiani che volevano investire


il loro patrimonio in immobili

nella propria nazione. Grazie alle sue connessioni politiche a Roma,


Bagnasco ottenne le autorizzazioni

italiane necessarie. Il fondo d'investimento prosperava e, fino


all'inizio degli anni '80, egli amministrò

portafogli immobiliari del valore di 1.000 miliardi di lire di allora.


Oltre ad Europrogrammi Bagnasco

dirigeva in quegli anni anche la catena di hotel di lusso italiana


Ciga, comprata più tardi da Karim Aga

Khan. Nel 1982 Bagnasco comprò da Carlo de Benedetti un


pacchetto di azioni del Banco Ambrosiano

già sull'orlo del fallimento e, per alcuni mesi, fu il suo ultimo


vicepresidente prima della bancarotta.

Nel 1983 si ebbe anche l'inizio della fine degli europrogrammi.


L'allora ministro italiano delle finanze

Prof. Bruno Visentini, già presidente dell' Olivetti di De Benedetti,


voleva tassare i profitti degli

europrogrammi in Italia con un’imposta straordinaria del 30%, che


più tardi venne effettivamente

introdotta, anche se solo per l'ammontare del 18%. (i piccoli


azionisti degli europrogrammi hanno più

tardi sostenuto che Visentini abbia con ciò voluto vendicare il suo
ex presidente De Benedetti che,
nell'affare dell'Ambrosiano, si sentiva ingannato da Bagnasco).
Contemporaneamente la stampa di De

Benedetti ("La Repubblica" e "L' Espresso") cominciarono a


criticare molto Bagnasco e gli

europrogrammi. Nel corso del 1984 questa campagna trapassò


anche in Svizzera. Il fondo di

investimento, che ai tempi migliori contava 75.000 detentori di


quote, perse i suoi investitori, non potè

vendere abbastanza in fretta i propri beni immobili e divenne poco


liquido. Alla fine del 1984 la

commissione delle banche concesse uno stop provvisorio del ritiro


di partecipazioni al fondo. Nel 1986

gli europrogrami andarono infine in liquidazione e Lugano perdette


alcune decine di posti di lavoro.
Nei giorni prima del suo ritiro da procuratore, Paolo Bernasconi
avviò nel 1986 un procedimento

penale contro i responsabili di Europrogrammi che, sotto il suo


successore Venerio Quadri, non diede

però risultati. Più tardi Bernasconi venne denunciato da Bagnasco


per sospetto di usurpazione di

pubbliche funzioni e violazione del segreto d'ufficio, procedimento


che veniva però silenziosamente

archiviato dal suo successore Quadri. (30) In seguito, il liquidatore


di Europrogrammi Geo

Camponovo, ex consigliere nazionale FDP e avvocato d'affari a


Chiasso, cercò di vendere gli immobili
del fondo di investimento. Dopo che un primo tentativo era fallito, la
Sasea di Fiorini comprò infine gli

immobili attraverso la società immobiliare di Ginevra REH per 850


milioni di franchi, pagabili in tre

rate annuali. Nel 1992 la terza rata non venne onorata, perché
Fiorini era finito in bancarotta. Un

gruppo di investitori italiani danneggiati dagli Europrogrammi a


Milano e a Lugano sporse denuncia

contro Carlo De Benedetti. Sostennero che una losca vendetta del


gruppo di De Benedetti e dei suoi

complici avesse causato la rovina degli Europrogrammi di


Bagnasco in Svizzera. (31) Nel frattempo

era Carla del Ponte a portare a Lugano la toga del procuratore


ticinese. Nel modo risoluto che le era
proprio, ella fece eseguire una perquisizione domiciliare negli uffici
degli Europrogammi (in

liquidazione). (32) De Benedetti, accusato, contestò con forza la


versione del comitato milanese di

difesa degli Europrogrammi: "Di accordi Lasa-Sasea o Sasea-


Europrogrammi io non sapevo niente".

(33) Ma De Benedetti aveva acquisito nel frattempo un difensore al


quale il caso era ben noto: l'ex

procuratore Paolo Bernasconi. Questo aveva avviato a suo tempo


nel 1986 il procedimento penale

contro i responsabili degli Europrogrammi. Su questo cambiamento


di campo di Bernasconi si espresse

anche la commissione disciplinare dell'Associazione ticinese degli


avvocati: l'assunzione del mandato

De Benedetti non violava le regole dell'ordine.(34) Le istruttorie


contro De Benedetti finirono con

l'insabbiarsi.

CROLLO A HOLLYWOOD

Nel 1990 Fiorini allargò il suo campo d’azione agli USA. Il socio
Parretti era entrato già nel 1987 nel

business del cinema, quando egli comprò l’impresa di produzione


cinematografica hollywoodiana

Cannon Group dei due israeliani Menahem Golam e Yoram Globus.


Con i crediti della filiale olandese

del Crédit Lyonnais (35) comprò anche due società più piccole di
distribuzione cinematografica, la De

Laurentiis Group e la New World Entertainment, e si prese anche


una villa da otto milioni a Beverly

Hills. Alla fine del 1988 Parretti acquistò infine, di nuovo con crediti
del Crédit Lyonnais olandese, il

98% della società cinematografica francese, ricca di tradizione,


Pathé Cinéma. Alcuni mesi dopo fu la

volta, di nuovo con lo stesso finanziamento, della Cinéma 5 Europe,


che gestiva 79 cinema in Olanda e

in Inghilterra. Infine Parretti mise insieme le sue attività


cinematografiche sotto il nome Pathé

Communication Corporation e, all’inizio del 1990, annunciò


l’intenzione di comprare la Metro
Goldwyn Mayer, allora in possesso dello speculatore di borsa
statunitense Kirk Kerkorian. Il 14 marzo

1990 Parretti e Fiorini depositarono presso l’Ufficio di controllo della


borsa statunitense SEC

un’offerta di acquisizione di 1,219 miliardi di dollari. L’acquisto fu


finanziato per metà con un

cosiddetto “Leveraged Buyout”, vale a dire con una prevendita della


famosa filmoteca della MGM al

gruppo mediale Time Warner, in cambio di un prestito preliminare di


650 milioni di dollari. Time

Warner voleva assicurarsi i lucrosi diritti su pellicole come “Via col


vento”, “Dottor Zivago” e “Ben

Hur”. La Fininvest di Berlusconi partecipò all’acquisto con 150


milioni di dollari e il resto fu reperito
da diverse società di Parretti e Fiorini, che a loro volta si
procurarono i mezzi necessari

fondamentalmente con crediti del Crédit Lyonnais olandese. Parretti


e Fiorini divennero così capi della

MGM e poterono godersi la dolce vita hollywodiana nella villa di


Beverly Hills di Parretti. Ma non a

lungo. Già pochi mesi dopo la Comfinance Holding lussemburghese


di Parretti (del consiglio di

amministrazione della quale faceva parte la ex moglie di Fiorini


Elena Badaloni) non poté più pagare

gli interessi debitorii. A ciò contribuì il ritiro della Fininvest di


Berlusconi, che dapprima volle la
restituzione di 50 milioni e poi di altri 100 milioni di dollari.(37) Gli
studi cinematografici della MGM

finirono involontariamente in possesso del principale creditore di


Parretti, il Crédit Lyonnais. La banca

sporse denuncia e da allora egli è ricercato su mandato d’arresto


internazionale. Il 19 ottobre 1995

Parretti fu arrestato negli USA e la Francia emise una richiesta di


estradizione. Ma nel dicembre 1995

Parretti era già libero e cercò un’altra volta di comprare gli studi
cinematografici della MGM. Il prezzo

era però di nuovo salito perché gli studi erano riusciti nel frattempo
a girare alcuni film di cassetta:

“Get Shorty”, “Leaving Las Vegas” e “The Birdcage”. Parretti non


riuscì tuttavia a concludere l’affare.
Nel giugno 1996 Kirk Kerkorian ricomprò la MGM per 1,3 miliardi di
dollari dal Crédit Lyonnais, allo

stesso prezzo pagato da Parretti e Fiorini.

L’INIZIO DELLA FINE

La fallita acquisizione della MGM rappresentò per la Sasea un


punto di svolta. Nello Celio, Audrun

Krohn e i Lefebres non avevano voluto saperne di comprare la


MGM e si erano ritirati. Celio si sarebbe

rifiutato di collaborare apertamente con Parretti. Ma la sua


defezione Parretti poté reggerla bene, perché

trovò un sostituto appartenente all’aristocrazia economica della


Svizzera occidentale: l’avvocato di
Losanna Eric Baudat, vicepresidente della società di revisione
KPMG Fides. A far parte del consiglio di

amministrazione della Sasea entrò allora anche il direttore della


Fides, Paul Coriat. La KPMG Fides era

la società di revisione della Sasea. Anche se Baudat e Coriat non


avevano niente a che fare con la

Revisione Fides, questo cumulo d’uffici fa dubitare che i libri


contabili della Sasea fossero stati

davvero esaminati senza alcun condizionamento. Subito dopo il


fallimento, sia i piccoli obbligazionisti

danneggiati che il Crédit Lyonnais avevano sporto una denuncia


contro la KPMG Fides per

responsabilità penali. Molto più penoso per Fiorini del ritiro di Celio,
fu quello dei Lefebres.La Sasea

perse in questo modo non solo la partecipazione alla BBL, ma


anche l’accesso diretto alla loro vasta

rete di relazioni.(38) Nella persona del francese Jean-René Bickart,


che viveva a Ginevra dal 1983,

riuscì infine a Fiorini, di trovare un facoltoso compratore per il


pacchetto azionario dei Lefebre.

Bickart, appartenente ad una ricchissima famiglia di commercianti


di vino francesi, investì 70 milioni

di franchi nella Sasea, cifra corrispondente al 6,25 % del capitale


azionario. I Bickart fanno parte del

gruppo degli uomini più abbienti di Francia e possiedono tra l’altro


solo a Parigi circa 1.000 beni
immobili. Bickart aveva stretti rapporti con il Crédit Lyonnais, che
quasi contemporaneamente sostituì

la Paribas (Suisse) come banca di riferimento della Sasea.(39) Ma


come la Comfinance di Parretti

anche la Sasea di Fiorini precipitò dopo il disastro della MGM in


una crisi sempre più profonda. In

borsa il titolo Sasea scese al minimo. Nonostante tutte le


manipolazioni finanziarie, il

sovraindebitamento totale poté essere coperto sempre meno.


Nell’estate 1991 il presidente del consiglio

d’amministrazione, Yann Richter, lasciò la nave che affondava e fu


sostituito dall’avvocato ticinese

Giovanni Gianola. Nell’autunno 1991 le 14 banche creditrici


elaborarono, sotto la responsabilità del
Crédit Lyonnais, un piano di risanamento. La società immobiliare
milanese Scotti Finanziaria fu

venduta alla società immobiliare francese Pierre 1er, operazione


per la quale questa ottenne i crediti

necessari dal Crédit Lyonnais. Anche la partecipazione della Sasea


alla MGM fu venduta al Crédit

Lyonnais. Ma le speranze di un risanamento della Sasea, nutrita


dalle banche, non si realizzarono. Nel

giugno 1992 fu ad essa concessa una dilazione del pagamento dei


debiti come ultimo tentativo di

salvataggio.

L’ARRESTO
Nell’ottobre 1982 il finanziere italo-svizzero e conte Domenico de
Morpurgo Varzi, inviò a Fiorini

un’ingiunzione di pagamento di più di 10 milioni di franchi. Negli


anni ’70 de Morpurgo aveva messo

insieme con la sua Banca Commerciale di Lugano un patrimonio


enorme e rimase in attività anche

dopo il pensionamento. Alla fine degli anni ’80 aveva avuto rapporti
d’affari anche con Fiorini che ogni

volta l’aveva pagato con azioni Sasea. Quando le quotazioni


crollarono, de Morpurgo pretese che

Fiorini si riprendesse i titoli senza valore. Dato che Fiorini si


sottrasse alla richiesta, gli mandò una
sollecitazione a casa. La segretaria di Fiorini si dimenticò di fare
opposizione su base legale, ma egli

non pagò. Morpurgo Varzi ingaggiò allora un detective privato, il


quale scoprì che Fiorini andava

regolarmente a Monaco in una villa che al catasto era registrata a


nome della sua ex moglie Elena

Badaloni. Fiorini non pagava in Svizzera nessuna tassa


patrimoniale, incassava un emolumento mensile

di 10.000 franchi e abitava a Ginevra in un appartamento di lusso,


affittato pure a nome della sua ex

moglie, con un canone mensile di 10.000 franchi. Infine il giudice


istruttore Jean-Louis Crochet lo

accusò di nascondere le proprie entrate al suo creditore e il 22


ottobre lo fece arrestare per frode nel
pignoramento. Si dice sia stato il primo arresto per questo crimine
nella storia della giustizia svizzera.

Dieci giorni dopo il giudice fallimentare di Ginevra attendeva al suo


compito. I documenti sequestrati

dal giudice istruttore Crochet lo portarono, come già detto, all’ufficio


segreto della Seychelles

International Bank a Monaco, dove c’era sulla scrivania quel


biglietto che per la prima volta smascherò

Silvano Larini, rivelando che era intestatario del conto delle tangenti
Protezione.

MOLTO LAVORO PER LA GIUSTIZIA

L’affare Sasea, esaminato dalla giustizia ginevrina, divenne uno dei


più grandi processi della Svizzera
con decine di procedimenti civili e penali di cui era difficile avere
una visione d’insieme. All’accusa

contro Fiorini per frode in pignoramento e fallimento sconsiderato si


aggiunsero denuncie contro

numerosi altri responsabili della Sasea, il Crédit Lyonnais e l’ufficio


fiduciario KPMG Fides. Alla

prima serie degli accusati dal giudice istruttore Crochet


appartenevano, oltre a Fiorini, il belga Jean

Bellemans, ex sostituto del direttore generale della Sasea, e


l’italiano Francesco Freddi, ex direttore

finanziario. Il manager svizzero della Sasea Norbert Stadler fu


accusato, ma diversamente dagli
stranieri Fiorini, Bellemans e Freddi, non fu arrestato. Nel maggio
1993 Crochet mise in stato d’accusa

anche gli ex consiglieri d’amministrazione Eric Baudat (40),


Rodolphe Rossi e Jean-René Bickart.

Baudat e Rossi non furono imprigionati, il francese Bickart fu


rilasciato dopo un giorno di carcere

preventivo contro una cauzione di un milione di franchi. Fiorini,


Baudat, Rossi e Giovanni Pianola

erano già stati denunciati nell’ottobre 1992 con procedimento civile


dall’associazione a difesa dei

creditori danneggiati della Sasea. Nei confronti di Fiorini sporse


denuncia per frode anche il Crédit

Lyonnais.
IL DIRETTORE DI BANCA PARIGINO PERDE LE STAFFE

A metà del 1993 il Crédit Lyonnais si era costituito parte lesa nel
processo contro Fiorini a Ginevra.

Rappresentata dal famoso avvocato Dominique Poncet,(41) la


banca distribuì a esponenti selezionati

della stampa un documento di 62 pagine dal titolo “Il sistema


Fiorini”. Vengono qui descritti quattro

elementi di questo metodo. Anzitutto Fiorini avrebbe elaborato


consapevolmente un sistema di tale

complessità, da restare impenetrabile all’osservatore esterno. In


secondo luogo egli avrebbe comprato e

rivenduto società con la promessa occulta al compratore di


riacquistare più tardi la sua partecipazione
ad un prezzo più alto. Come terzo elemento, avrebbe fatto circolare
ininterrottamente attivi e passivi tra

le sue innumerevoli società. E da ultimo il perimetro di


consolidamento (numero delle società affiliate

incluse nel bilancio) della Sasea sarebbe stato variato di continuo


arbitrariamente. (42) Ma le cose

andarono diversamente da quanto il Crédit Lyonnais aveva sperato.


La prima udienza dei rappresentanti

del Crédit Lyonnais, tra questi anche il direttore François Gille di


Parigi, presso il giudice istruttore

Crochet, terminò con l’uscita di Gille, che se ne andò sbattendo la


porta. In seguito il rapporto tra

Crochet e il Crédit Lyonnais andò sempre peggiorando. L’udienza


dell’8 febbraio finì con un colpo di

scena. Il piccolo giudice istruttore Crochet di Ginevra indicò la porta


al potente direttore generale della

banca più grande d’Europa, perché l’aveva definito “Voyou”


(farabutto). L’11 febbraio infine Crochet

rifiutò alla banca francese lo status di parte civile lesa e accusò


François Gille e il suo presidente

d’allora, Jean-Yves Haberer, di complicità nella bancarotta della


Sasea. A parere di Crochet il Crédit

Lyonnais conosceva già dall’estate 1991 il sovraindebitamento della


Sasea. Anzi, da quel momento

l’istituto avrebbe di fatto dettato legge alla Sasea. Nell’estate 1992 i


francesi avrebbero spinto Fiorini a
rimandare il fallimento, ormai inevitabile, per acquisire gli ultimi attivi
utilizzabili, portando così a

passivi più alti nella massa fallimentare. Il giudice istruttore Crochet


aveva conferito dunque una svolta

drammatica al processo Sasea: da parte lesa il Crédit Lyonnais era


diventato il principale imputato. Il

prestigioso quotidiano parigino “Le Monde” si schierò a favore del


Crédit Lyonnais in un lungo

articolo contro l’amministrazione della giustizia a Ginevra. Il giornale


espresse l’opinione che la banca

francese offrisse ai ginevrini un ideale capro espiatorio straniero, e


rivolse alle sue lettrici e lettori, a

proposito delle autorità svizzere coinvolte in questo caso, la


domanda: “Chi vogliono difendere [gli
amministratori della giustizia svizzera]?” (43) Per l’avvocato del
Crédit-Lyonnais Dominique Poncet è

del tutto incomprensibile che Crochet indaghi contro Fiorini per


semplice fallimento, ”mentre si tratta

qui di una frode epocale” (44) Il “sistema Fiorini” sarebbe stato


finalizzato fin dall’inizio alla truffa

sistematica. Poncet chiede che Fiorini sia accusato di bancarotta


fraudolenta e non semplice. A parere

del Crédit Lyonnais il bilancio della Sasea era stato falsificato dal
giugno 1991. Attestava un capitale

azionario di 160 milioni e partecipazioni per 1,15 miliardi di franchi,


che un anno dopo erano
scomparsi senza lasciar traccia. La filiale olandese del Crédit-
Lyonnais, la maggior creditrice della

Sasea (927 milioni di franchi), sporse anche una denuncia contro la


KPMG Fides. La banca esigeva

dalla società di revisione, che aveva esaminato i libri contabili della


Sasea e li aveva approvati, un

risarcimento danni di 360 milioni di franchi.(45) Contro il giudice


istruttore Crochet, Poncet fece senza

successo una denuncia per parzialità. Egli avrebbe di fatto ripreso


gli argomenti del difensore di

Fiorini, Marc Bonnant, e non poteva più essere considerato


imparziale. In perfetta sintonia con

l’articolo su “Le Monde”, la rivista francese “Le Point” scoprì legami


indiretti della moglie del giudice
istruttore Crochet, pure giurista, con Fiorini. L’avvocato Pierre
Sigrist dello studio ginevrino Crochet,

Delaunay aveva rappresentato più volte la Seychelles International


Bank di Fiorini e le aveva messo a

disposizione il suo indirizzo per un atto giuridico. Prima di entrare


nello studio di Madame Crochet,

Sigrist aveva lavorato per Marc Bonnant, l’avvocato ginevrino e


consigliere di Fiorini.(46) Il Crédit

Lyonnais dubitava anche dell’imparzialità di Auer,l’esperto di bilanci


convocato da Crochet. Il suo

ufficio era stato presieduto per un certo tempo da Nicolas Peyrot,


socio dell’avvocato di Fiorini Marc

Bonnant. ”Le Monde” e la “Tribune de Genéve” sostennnero le


proprie tesi. Il quotidiano di Ginevra si

schierò dalla parte di Crochet e informò sugli ostacoli frapposti al


suo lavoro dall’autorità giudiziaria

francese. A questa Crochet avrebbe richiesto la pubblicazione di un


importante documento, trovato nel

corso di una perquisizione domiciliare nella sede principale di


Parigi. Una donna giudice parigina

avrebbe rifiutato il permesso. La “Tribune” si chiedeva se il governo


francese non volesse proteggere la

banca statale Crédit Lyonnais nei confronti della Giustizia


ginevrina.(47) Per il Crédit Lyonnais era in

gioco moltissimo. Se alla banca fosse stata riconosciuta una colpa


concorrente, avrebbe dovuto
aspettarsi denunce da parte degli altri creditori, soprattutto degli
investitori che avevano sottoscritto

prestiti convertibili. Con Fiorini e la Sasea non era più possibile


recuperare. Ma se si fosse arrivati

all’accusa di responsabilità penale contro il Crédit Lyonnais,


sarebbero cresciute le chances di rivedere

una parte del denaro. Ai 927 milioni di franchi già perduti avrebbero
potuto aggiungersi ancora alcune

centinaia di milioni. Complessivamente le perdite creditizie del


Crédit Lyonnais con la Sasea e con il

disastro della MGM furono valutate da una commissione d’indagine


del parlamento francese, a più di

quattro miliardi di franchi. La commissione presentò all’istituto


statale una documentazione
catastrofica e rimproverò al suo presidente Jean-Yves Haberer
pacchiani errori di management. Oltre

che con Sasea/MGM il Crédit Lyonnais mandò in fumo parecchi


miliardi di franchi anche con il gruppo

britannico Maxwell e con il gruppo immobiliare canadese Olympia &


York.(48)

CHI E’ IL RESPONSABILE ?

Dal 1985 al 1992 presidenti e membri del consiglio di


amministrazione si successero continuamente.

Fu responsabilità di Nello Celio (presidente del Consiglio di


amministrazione fino ad ottobre 1989)? O

di Eric Baudat (presidente fino ad ottobre 1991),famoso avvocato


d’affari di Losanna e vicepresidente

della KPMG Fides, società di revisione della Sasea? O


dell’avvocato d’affari ticinese Giovanni Gianola

(49)(presidente della Sasea fino a febbraio 1992)? O di Rodolphe


Rossi, ultimo presidente della Sasea ?

Tra i numerosi “turisti” che per un periodo più o meno lungo fecero
parte del consiglio di

amministrazione basti ricordare qui l’ex consigliere nazionale di


Neuenburg ed ex presidente del partito

liberale svizzero, Yann Richter. O Michel Crippa, ex-Esso,ex-


SBB,ex Kuoni e più tardi presidente

dell’associazione per i veicoli commerciali Astag. Inoltre, il


plurimilionario francese Jean-René
Bickart, l’avvocato Peter Duft di Zurigo, condannato a Milano in
prima istanza nel procedimento

collaterale della bancarotta dell’Ambrosiano e l’imputato Charles


Poncet di Ginevra. (50) Oltre a

Fiorini solo tre consiglieri d’amministrazione sono stati incriminati a


Ginevra per il loro ruolo nella

bancarotta della Sasea, e precisamente: Eric Baudat, Jean-René


Bickart e Rodolphe Rossi. All’inizio

del 1996 tutti e tre i processi non erano stati ancora tenuti
esattamente come i procedimenti contro i

manager Francesco Freddi e Jean Bellemans. La giustizia francese


invece ha condannato Rodolphe

Rossi all’inizio di gennaio 1996 a tre anni di prigione e ad una pena


pecuniaria di FF 500.000. Rossi
era stato dapprima direttore, più tardi direttore generale (dall’ottobre
1988), poi consigliere

d’amministrazione (da dicembre 1990) e, infine, dal febbraio 1992


fino al fallimento, presidente della

Sasea. Un tribunale di Parigi lo riconobbe colpevole in prima


istanza di tentata frode. Rossi, marito di

Madeleine Rossi, ex presidentessa della città di Ginevra, era allora


latitante. Il tribunale decise perciò di

mantenere l’ordine di arresto internazionale. Inoltre il tribunale


parigino di prima istanza condannò due

manager delle ex affiliate francesi della Sasea, Reca e Sointra, a


pene detentive rispettivamente di 30 e
23 mesi e a pene pecuniarie di FF 500.000 e FF 250.000. Ad
entrambi venne inoltre vietato dirigere

un’impresa nei tre anni successivi.(51)

Note:

1) La Sasea era stata fondata nel 1896 dal Vaticano per la


commercializzazione di prodotti agrari. Era

proprietaria di grandi vigneti in Toscana e aveva possedimenti


fondiari in Sudamerica. Nel decennio tra

il 1970 e il 1980 di questo secolo, la maggioranza delle azioni fu


acquisita per vie oscure dal gruppo

Winefood italiano, che era una parte della Texon illegale, la società
finanziaria clandestina
notoriamente malfamata all'interno della filiale della Kreditanstalt di
Chiasso. Dopo il grande scandalo

del 1977, la SKA avrebbe chiuso la Texon. Alla fine del 1984 la
SKA vendette la Sasea alla

Transmarine Holding del Lussemburgo, controllata da Fiorini e da


un gruppo internazionale di

investitori. Il Vaticano mantenne una partecipazione di minoranza,


gestita dalla sua società finanziaria

APSA. Uomo dell'APSA nel consiglio d'amministrazione della


Sasea era André Curiger, direttore della

filiale zurighese del Crédit Commerciale de France.

2) "Neue Zuercher Zeitung", 18.2.93


3) Oltre a Fiorini sono state messe in stato di accusa a Ginevra
altre persone, precisamente i due ex

manager della Sasea, il belga Jean Bellemans e l'italiano


Francesco Freddi. Inoltre i tre consiglieri

d'amministrazione Rodolphe Rossi, Eric Baudat e Jean-René


Bickart. Nell'estate 1996 il loro processo

non si era ancora tenuto. Anche a Milano e a Parigi si ebbero


processi penali riguardanti la Sasea: a

Parigi contro Rodolphe Rossi e due manager della Sasea-France, a


Milano contro 40 imputati, tra cui i

tre dirigenti dell'Assicurazione di Basilea Luzius Gloor, Ueli Vischer


e Bruno Dallo (vedi p.339 segg.)

4) "Neue Zürcher Zeitung", 29.6.95


5) La filiale olandese del Crédit Lyonnais francese ha denunciato
più tardi, mediante i suoi avvocati

Vincent Solari e Dominique Poncet, la responsabilità di Fides e


Fiorini.

6) "Neue Zürcher Zeitung", 27.6.95

7) "Wall Street Journal Europe", 15.5.94

8) Fiorini, Florio: 'Ricordati da lontano.' Milano 1993, p.77 (vedi


cap.6)

9) Come reazione allo scandalo Lockheed gli USA emanarono sotto


il presidente Carter una legge

antitangenti, il Foreign Corrupt Practices Act, che negli USA


prevede una pena anche per la corruzione
di funzionari stranieri all'estero.

10) Alla fine del 1993 la Banque Bruxelles Lambert aveva


approssimativamente 11.000 dipendenti in

circa 1.000 filiali ed un importo di bilancio che toccava i 90 miliardi


di franchi. A livello internazionale

la BBL fece parlare di sè come azionista principale della


Investmentbank Drexel Burnham Lambert di

New York, fallita agli inizi degli anni '90, il cui presidente, l'inventore
del bond spazzatura Ivan

Boesky, era stato condannato ad una pena carceraria pluriennale. I


Grandi azionisti (dopo il ritiro dei

Lefebre) sono il Groupe Bruxelles Lambert GBL, il gruppo ING


(Amsterdam), l'assicurazione Royale
Belge (Bruxelles), il gruppo Crédit Communal (Bruxelles) e
l'assicurazione Winterthur. Determinante

in questo illustre contesto è la GBL dell'ex re belga dell'acciaio


Albert Frère, che più tardi si è spostata

nel settore dei media (Compagnie Luxembourgeoise de


Télédiffusion, CLT). La GLB è una subholding

della Pargesa Holding di Ginevra, fondata nel 1981 dopo la vittoria


elettorale socialista in Francia, per

salvare l'affiliata svizzera del gruppo Paribas in vista dell'ondata di


nazionalizzazioni di Mitterand. Essa

è controllata dalle famiglie Desmarais (Montreal, Power Corp.


Canada) e da Albert Frère. Le altre due

subholding Pargesa sono la svizzera Orior e la francese


Parfinanace.

11) "Wall Street Journal Europe", 2.11.93

12) D'Aubert, Francois: ’L'Argent Sale. Enquete sur un Krach


Rètentissent’. Parigi 1992

13) D'Aubert, Francois: Proposition de Rèsolution No 2740.


Assemblé Nationale, 26.5.92, p.11

14) ''Eurobusiness'', Nov. 93.

15) D'Aubert, Francois: Proposition de Résolution No 2740.


Assemblée Nationale, 26.5.92, p.23

16) Uomo della Sasea è considerato agli inizi anche il finanziere


zurighese residente in Inghilterra Hans

Willi, che divenne più tardi presidente della Sasea-Trading,


un'affiliata della Sasea con un capitale

azionario di 10 milioni di franchi. E non meno il ricchissimo


olandese Frederik Fentener Van

Vlissingen, il finanziere austriaco Karl Kahane, nel frattempo morto,


la famiglia svedese

Gyllenhammer (Volvo) e il barone Heinrich von Thyssen


Bornemisza. ("Le Nouveau Quotidien",

18.2.92)

17) Celio, dopo essersi ritirato dal consiglio federale, si era


arricchito il vitalizio con numerosi incarichi

in consigli di amministrazione. Era presidente della Banque Atlantis


a Ginevra e della Banca
Commerciale (Lugano). Inoltre faceva parte del consiglio di
amministrazione della Dresdner Bank

(Svizzera) e di una buona dozzina di società più piccole. Celio era


anche presidente della Société

Hotelière d'Investissements (SHI), di cui la Sasea possedeva il


40%. Inoltre era azionista alla Firsec,

che possedeva l'altro 60% della SHI. La Firsec apparteneva


all'impero dell'iraniano Farhad Baktiar

attivo a Ginevra, cugino del leader dell'opposizione iraniana, poi


assassinato, Shapour Baktiar. Farhad

Baktiar fu arrestato nel maggio 1992 per frode in pignoramento in


relazione al fallimento di due sue

società.
18) Rossi, classe 1919, aveva combattuto nella seconda guerra
mondiale con la resistenza francese

contro gli occupanti tedeschi e più tardi oscillò tra attività


commerciali e attività legate ai servizi segreti

nel Laos e in Asia sudorientale, prima di venire a Ginevra.

19) Fiorini, Florio: 'Ricordati da lontano'. Milano 1993, p.127

20) La SI Bank fu fondata nel 1985 dall'italiano Giovanni Mario Ricci


per la Sasea come banca

offshore. Ricci fu condannato in Italia per fallimento fraudolento e in


Svizzera per aver messo in

circolazione banconote di dollari falsi. Alle Seychelles divenne


uomo di fiducia del putschista Albert
René, che nel 1987 aveva fatto cadere James Manchham, il
presidente dello stato insulare resosi

indipendente solo un anno prima. René nazionalizzò anche la Shell,


che cambiò nome in Seychelles

National Oil Company, la quale a sua volta insieme con la Sasea


fondò la Mahe Bunkering Company

Ltd. La Sasea aveva anche partecipazioni alle due società


petrolifere: la Seychelles International Oil e

la International Oil Services. Dopo il fallimento di un putsch del


ministro della difesa Ogilvy Berlouis

contro Albert René, Ricci, che nel frattempo era passato alla
corrente di Berlouis, andò in Sudafrica,

dove si impegnò anche per aggirare l'embargo d'allora nei confronti


di questo stato. La SI Bank fu
cancellata dal registro delle società, ma continuò ad esistere ,dopo
aver trasferito la sede alle isole

Samoa, e servì a Fiorini e a Parretti tra l'altro come strumento per


l'acquisizione della Metro Goldwyn

Mayer.

21) "Eurobusiness", Nov. 93.

22) Alcuni dei piccoli investitori danneggiati fondarono a Zurigo nell'


autunno 1992 un'associazione di

protezione. Secondo l'avvocato di Zurigo Markus Winkler,


portavoce di questa, egli rappresentava circa

130 possessori di obbligazioni Sasea per un valore di circa 40


milioni di franchi. Winkler fece parlare
di sè per diverse denunce sporte per fallimento fraudolento.
Denunciò Florio Fiorini, l'ex manager della

Sasea e consigliere d'amministrazione Rodolphe Rossi, l'ultimo


presidente della Sasea Giovanni

Gianola, la Transmarine Holding di Fiorini a Curacao, l' ufficio


fiduciario KPMG Fides a Losanna e la

banca SG Warburg Soditic (Ginevra). Fu presa in considerazione


anche una denuncia contro il Crédit

Lyonnais. ("Le Nouveau Quotidien", 18.2.93)

23) "La Repubblica", 8.7.94

24) "La Repubblica", 18.5.94


25) "Corriere della Sera", 20.5. 94

26) D' Aubert, Francois: Proposition de Résolution No 2740.


Assemblée Nationale, 26.5.92, p. 35

27) Liquidatori della Gatoil divennero Dominique Grosbery e Alain


Winkelmann della filiale ginevrina

della ATAG Ernst & Young. Tre anni dopo furono chiamati anche
come liquidatori della Sasea.

28) Dopo essere stato cacciato dall'ENI, Fiorini aveva lavorato


qualche tempo come consulente per

Ghattas, che gli deve aver prestato anche 1,5 milioni di dollari per il
suo personale investimento nella

Sasea ("Wall Street Journal Europe", 19.5.94). Questa versione è in


ogni caso contestata. Altri
suppongono che egli abbia tratto la sua partecipazione al capitale
da quei fondi che sono scomparsi

senza traccia poco prima della bancarotta dell'Ambrosiano


(d'Aubert, Francois: Proposition de

Résolution No 2740. Assemblée Nationale, 26.5.92,p.46)

29) Negli anni successivi il gruppo petrolifero Oilinvest cercò di


liberarsi come società madre della

Tamoil dalle tracce dell'origine libica. Presumibilmente dal 1994 un


gruppo di investitori europei

possiede il 55 % e la Libia il 45 % della Oilinvest. Fanno parte del


gruppo europeo l'italiana Armani

(combustibili), Montanari (navigazione marittima), Triboldi (depositi),


l'olandese Van Vingaarden e il

proprietario tedesco di distributori di benzina Joern Eggert. Se si


tratti di una pseudo europeizzazione

per aggirare l'embargo delle Nazioni Unite contro la Libia è cosa di


cui si discute. Il fatturato

complessivo della Oilinvest. con tre raffinerie a Cremona,


Collombey e Amburgo e 3.000 distributori di

benzina in giro per l’Europa, ammontava nel 1993 a circa 5 miliardi


di dollari. In Svizzera l'affiliata

della Oil-Invest Tamoil ha investito dall'inizio degli anni '90 più di


250 milioni di franchi nella

modernizzazione della raffineria Collombey ed è stata per un certo


periodo lo sponsor del club
calcistico FC Sion.

30) "Corriere del Ticino", 13.7.92

31) Gli investitori ritenevano di poter riconoscere una linea diretta


che portava dalla campagna

diffamatoria della stampa di De Benedetti, a metà degli anni '80,


alla vendita alla Sasea degli immobili-

Europrogrammi, che in effetti sarebbe stata una vendita a De


Benedetti. La filiale della Sasea REH

avrebbe acquisito gli Europrogrammi, valutati un miliardo, al prezzo


stracciato di 850 milioni di

franchi, insieme con la Lasa, società di De Benedetti. Inoltre la


holding familiare di quest’ultimo, la
CIR International, si sarebbe resa garante nei confronti della Sasea
per un credito di 275 milioni di

franchi della SBG di Ginevra, che Fiorini usò per l’acquisto.In


cambio, le società di De Benedetti

avrebbero incassato da Fiorini 35 milioni di franchi.

32) ”Panorama”, 21.11.93

33) Ivi

34) ”Corriere del Ticino”, 13.7.92

35) Il nuovo presidente del Crédit Lyonnais Jean Yves Haberer,


nominato dal governo Mitterrand,

comprò a metà degli anni ’80 la Slavenburg Bank olandese e ne


fece una filiale del Crédit Lyonnais. La

Slavenburg era specializzata in finanziamenti cinematografici e TV


e procurò più tardi alla banca

statale francese perdite per miliardi.

36) Dettaglio marginale: una delle circa 300 filiali della Sasea era
una società offshore di nome

Fininvest International. L’avrebbe fondata Fiorini per creare


confusione, essendo scambiata con la

Fininvest di Berlusconi.(“Eurobusiness”, Nov.93).

37) ”Wall Street Journal Europe”, 2. 8.94

38) Nel 1994 i Lefebres erano finanziarmente in cattive acque.


Dopo il ritiro dalla Sasea avevano
collocato la BBL, il loro fiore all’occhiello, attraverso la holding
lussemburghese Eurobelege e la loro

holding milanese Unipar, nel gruppo di investitori italiani Cameli.


Cercarono poi senza successo,

insieme con la grande banca olandese ING, di escludere la GBL del


finanziere belga Albert Frère,

principale azionista della BBL. Alcuni, tra questi la Schweizerische


Kreditanstalt, hanno sporto

denuncia contro i Lefebre, padre e figlio. (“Il Mondo”, 17./24.1.94).

39) “Le Nouveau Quotidien”, 15.5.93

40) Altri mandati di consiglio d’amministrazione di Eric Baudat: BLP


Banque lausannoise de
portefeuilles (Lausanne); Clinique Chirurgicale et Permanence de
Longeraie SA (Lausanne); Cuf

Finance SA (Genève); Elysée management SA (Lausanne);


Fondation Verdan Claude (Lausanne);

Fonds de prévoyance en faveur du personnel de la Clinique


Chirurgicale (Lausanne); Le Foyer

Universitaire (Dorigny); Marger SA (Fribourg); Securinvest Holding


SA (Freiburg); Bank Leu AG

(Zuerich); Evansil SA (Fribourg); Régie de la Riviera SA (Montreux);


Bondpartners SA (Lausanne);

Crédit Suisse Fides Trust AG (Zuerich); Lipha Pharma AG


(Dietikon); LO Holding Lausanne-Ouchy
SA (Lausanne); Navelink SA (Lausanne); Sonotel Ouchy SA
(Lausanne); Bonnard & Gardel

ingénieurs-conseils SA (Lausanne); Compagnie de commerce et


d’échange Codeco SA (Ecublens);

SSGI Kramer SA (Genève) 11); AG Luftseilbahn Corviglia-Piz Nair


(LCPN; St.Moritz);

Partecipazioni: Geparco Holding SA (Ginevra); nel management di:


Coopers & Lybrand SA (Pully);

Immobilienstiftung Schweizerischer Pensionskassen(Fondazione


Immobiliare delle casse pensione

svizzere) (Basilea); Patronaler Finanzierungsfonds der Zuerich


Versicherungsgesellschaft(Fondo di

finanziamento Patronale della società d’assicurazione di Zurigo)


(Zurigo). (Fonte: Orell
Fuessli/Teledata: Die Schweizer Wirtschafts-CD-ROM.Version
1996/1, giorno di Scadenza: 1.8.95)

41) Dominique Poncet era professore di diritto penale all’Università


di Ginevra e fu rappresentante

legale di Licio Gelli in Svizzera. E’ il fratello dell’avvocato Charles


Poncet, che per un certo tempo

fece parte del consiglio di amministrazione della Sasea e a Milano


era implicato in un procedimento

collaterale dello scandalo del Banco Ambrosiano. Dominique


Poncet difese anche lo spagnolo Mario

Conde, ex presidente della grande banca spagnola Banesto,


accusato di corruzione a Madrid. La

Giustizia spagnola supponeva che con il denaro, di cui si era


appropriato indebitamente, Conde avesse

creato a Losanna la Kaneko Holding e l’avesse fatta amministrare


dall’avvocato Paolo Gallone. Nel

corso di un interrogatorio condotto da giudici istruttori spagnoli a


Losanna, Gallone spiegò che la

Kaneko era appartenuta a Conde.In seguito a ciò Poncet,


l’avvocato di Conde, contestò la validità della

dichiarazione di Gallone e ipotizzò un procedimento disciplinare


contro Gallone presso l’associazione

degli avvocati del Vaud.(“El Pais», 7.2.96)

42) “Eurobusiness”,Nov.93

43) ”Le Monde”,24.2. 94


44) Ivi

45) ”Le Nouveau Quotidien”,27.3.93

46) »Sonntagszeitung »,27.2.94

47) »Tribune de Genève »,3.3.94

48) »Neue Zuercher Zeitung », 13.7.94

49) Gianola è tra gli avvocati ticinesi più qualificati e fa parte tra
l’altro del consiglio di

amministrazione della Fardafin (Lugano). Sono consiglieri insieme a


lui Elio Fiscalini, ex presidente
della Fimo,l’ex consigliere comunale Ugo Sadis, ex procuratore di
stato e più tardi consigliere

d’amministrazione della banca Albis/Adams, affiliata della Fimo.

50) Vedi a questo proposito p.276 segg. e 279 segg.

51) ”Neue Zürcher Zeitung”, 18.1.96

16 IL RE DELL’OFFSHORE TITO TETTAMANTI

Tito Tettamanti non è il finanziere ticinese più ricco, ma di sicuro il


più importante.(1) A nessun altro

del mondo finanziario di Lugano è riuscito di arrivare a Wall Street.


Nacque nel 1930 dietro la stazione

ferroviaria di Lugano come figlio di un impiegato di banca, quando il


Ticino era considerato ancora
l’ospizio per poveri della Svizzera. Dopo la guerra frequentò la
scuola commerciale di Bellinzona,

studiò quindi legge a Berna e a soli 23 anni ottenne la laurea


magna cum laude. Dopo due anni di

praticantato presso un ufficio d’avvocato a Lugano conseguì la


licenza di notaio e di avvocato e

cominciò una carriera politica molto rapida come membro del partito
cristiano-democratico (CVP). Nel

1955 era il più giovane gran consigliere ticinese, e nel febbraio


1959 gli elettori lo scelsero a soli 29

anni quale presidente del dipartimento di giustizia e polizia


nell’esecutivo ticinese. Ma non a lungo: già
nel luglio 1960 dovette dare le dimissioni. Aveva infatti ridotto ad un
impresario edile amico una multa

per evasione di tasse fisse sui profitti per la vendita di un bene


immobile, da 90.000 a 10.000 franchi,

senza base giuridica adeguata. Con voce piagnucolosa,


richiamandosi alla sua infanzia triste e a tutta

una serie di anni senza vacanze, avrebbe chiesto scusa ai colleghi


di governo, come riportò allora il

corrispondente ticinese del “Tagesanzeiger”.(2) Chiuse il suo


discorso ufficiale di difesa davanti al gran

consiglio con le parole profetiche: Se cado, ciò avverrà in piedi! Gli


avversari politici a capo dei quali

era il liberale Franco Masoni, non accettarono le scuse. Quando


Tettamanti due giorni dopo diede le
dimissioni, si parlò di fine improvvisa di una brillante carriera. Era
invece l’inizio. Solo alcune

settimane dopo, il giovane politico caduto in piedi fondò con il suo


collega avvocato, appartenente alla

stessa CVP, Giangiorgio Spiess, più tardi consigliere comunale di


Lugano (assemblea legislativa) lo

studio notarile Tettamanti & Spiess. Quattro mesi più tardi, il 10


novembre 1960, Tettamanti fece

iscrivere la Fidinam SA Fiduciaria d’Investimenti e amministrazioni


nel Registro di Commercio. Il

capitale della società ammontava a un milione di franchi, cifra


rilevante per quegli anni. Presidente era

il ticinese Sergio Mordasini. Tettamanti fungeva da delegato del


consiglio di amministrazione, dello

stesso consiglio facevano parte anche Albert Salathé di Basilea


(direttore della società finanziaria

Indelec di Basilea, un’affiliata del Bankverein) e il politico cristiano-


democratico di Friburgo, notaio

Jean François Bourgknecht. Che la Fidinam fosse orientata fin


dall’inizio a fare affari con l’ Italia, lo

rivela l’importante rappresentanza di professionisti italiani nei quadri


della nuova società fiduciaria.

Direttore era l’italiano Fausto Ortelli, tra i diversi vicedirettori c’erano


le italiane e gli italiani Romana

Milesi, Giorgio Antonimi e Antonio Nespeca e le ticinesi e i ticinesi


Ina Piattini, Diego Lissi e l’ex
funzionario delle imposte Renato Zocchi. Anche il socio di
Tettamanti Giangiorgio Spiess firmava

allora come direttore della Fidinam. La ”Signorina” Piattini, come si


chiamava ancora nei documenti

ufficiali, fece una carriera in rapida ascesa all’ombra di Tettamanti e


negli anni ’90 era come direttrice

generale della holding Fidinam, una delle poche donne in posizione


guida sulla piazza finanziaria di

Lugano. Il predecessore della Piattini nell’ufficio di direttore


generale, Diego Lissi, si separò invece nel

1985 da Tettamanti e fondò un proprio studio d’avvocato. Motivo


dell’allontanamento furono secondo

la rivista economica “Bilanz” i confini fluidi tra gli affari della Fidinam
e gli affari privati di Tettamanti
(3). Lissi stesso non si pronunciò su quest’ipotesi. Insieme ad altri
direttori della Fidinam Lissi avrebbe

allora protestato per il fatto che un singolo azionista, che esegue


operazioni fiduciarie e d’investimento

indipendenti, controlli una società fiduciaria che investe e


amministra il denaro di terzi.

L’ASSE D’ORO LUGANO-VADUZ

Negli anni ’60 la Fidinam servì soprattutto da strumento


d’investimento per i fondi fiduciari che

provenivano dall’Italia. A questo proposito ebbe un ruolo importante


il principato del Liechtenstein.(4)

Dall’inizio degli anni ’60 la Fidinam fondò in rapida successione nel


piccolo paese innumerevoli

discreti istituti finanziari, per uso proprio o per rivenderli.Come


esempio basti citare la Administra

Handels Anstalt (Schaan), creata nel 1963. Nel suo consiglio di


amministrazione figuravano oltre al già

nominato uomo di fiducia Alfred Hasler di Vaduz anche i dirigenti


della Fidinam Romana Milesi, Ina

Piattini, Giorgio Antonimi e Diego Lissi.(5) Un altro esempio: il 26


gennaio 1961 Tettamanti fondò a

Triesen nel Liechtenstein insieme con l’allora direttore della Banca


del Gottardo, Fernando Garzoni, e

il farmacista di Vaduz Alfred Hasler (6) la Bremo Establishment.


Fernando Garzoni era il braccio
destro svizzero del presidente dell’Ambrosiano Roberto Calvi e
gestiva in Svizzera e Liechtenstein la

sua struttura finanziaria occulta. Calvi lavorava insieme al


banchiere della mafia Michele Sindona e al

corrotto presidente della banca vaticana IOR, l’arcivescovo Paul


Casimir Marcinkus (notizie più

dettagliate sul tema nel cap.12 di questo libro). In seguito l’asse


Italia-Lugano-Liechtenstein divenne la

spina dorsale del lucrativo settore d’attività della Fidinam, che si


prodigava a indirizzare fondi

dall’Italia in Svizzera. Una parte di questo denaro fu investito fuori


della Svizzera, una parte in beni

immobili svizzeri, fatto che che fece della Fidinam nel corso degli
anni la maggiore amministratrice di
beni immobiliari del Ticino. Nel corso dei suoi affari offshore
Tettamanti fece conoscenza anche del

lussemburghese Francis Hoogewerf, di cui si è parlato nel cap.4.


Nel 1973 Tettamanti lo portò nel

consiglio di amministrazione della filiale lussemburghese della


Fidinam.(7) Durante i primi 15 anni di

questa società l’opinione pubblica svizzera venne poco o niente a


conoscenza di dettagli sulla sua

clientela e i suoi affari. L’atmosfera di quegli anni era molto discreta,


perfino le grandi banche svizzere

fino all’inizio degli anni ’70 non mettevano a disposizione della


stampa i loro rendiconti annuali.
Anche le progressivi acquisizioni di Tettamanti alla Banca della
Svizzera Italiana (BSI), iniziate alla

fine degli anni ’60, furono scoperte dai media solo molti anni più
tardi.

LA BANCA REGIONALE BSI

La BSI,fondata nel 1873, è la banca più antica del Ticino dopo


alcune Casse di Risparmio e la Banca

Cantonale. L’istituto fu creato a suo tempo con capitale proveniente


da Milano e dagli ambienti delle

banche private di Basilea. La sua storia è strettamente intrecciata


con l’industrializzazione del

commercio e del turismo in Ticino e nella regione confinante di


Como-Varese. In qualità di
cofinanziatrice della società italiana Edison, la BSI finanziò negli
anni ‘90 dell’ 800 anche il primo

tram elettrico di Milano. Fino alla seconda guerra mondiale la BSI


continuò a svilupparsi, divenendo la

più grande banca commerciale del Ticino. Dal 1935 ebbe anche
una filiale per operazioni in borsa a

Zurigo. L’azionista principale della BSI dopo la seconda guerra


mondiale fu la Banca Commerciale

Italiana (Comit), il cui uomo di punta Raffaele Mattioli fu per lunghi


anni vicedirettore della BSI. La

Comit apparteneva allora alla holding statale IRI, diretta dal


Ministero del Tesoro di Roma. Il secondo

maggior azionista della BSI era il Santo Padre a Roma.


Rappresentante del papa nel consiglio di
amministrazione era il leggendario ingegnere Bernardino Nogara,
che aveva riorganizzato le finanze

vaticane dopo i patti lateranensi e fino alla fine degli anni ’50 le
aveva incrementate con successo.

Faceva inoltre parte del consiglio di amministrazione della BSI


Alfredo Hirs di Zollikon. Quando i due

grandi vecchi Mattioli e Nogara alla fine degli anni ’50 si misero a
riposo, la BSI mancò all’inizio degli

anni ’60 l’occasione dell’aggancio al mercato in crescita del


business ticinese con l’Italia, vale a dire la

fuga di capitali e si trovò in una posizione sempre più svantaggiosa.


(8) Superstar del business con
l’estero della piazza finanziaria di Milano era il Banco Ambrosiano,
sotto la guida del manager Roberto

Calvi, che aveva appena fondata la filiale svizzera Banca del


Gottardo. A questo punto Tettamanti

cominciò a far incetta a poco a poco di azioni a buon prezzo della


BSI che allora in Ticino e a Milano

venivano trattate fuori borsa. Grazie al “miracolo economico” nel


Norditalia anche la malconcia BSI

riprese dagli inizi degli anni ’70 ad andare bene. Nel 1971 comprò
la Adler Bank di Basilea, nel 1973

aprì una filiale a Saint Moritz. Si espanse anche all’estero. A


Guernsey sorse la Swiss Italian Ltd., a

Nassau (Bahamas) la Swiss Italian Banking Co. Ltd. e a New York


la Swiss Italian Securities. Forza
propulsiva di questa espansione era Enrico Bragiotti, nuovo uomo
di punta della Comit di Milano. Nel

1973 la quota di bilancio della BSI crebbe del 25%, raggiungendo


1,8 miliardi di franchi con un

guadagno netto di 16 milioni di franchi e un organico di 560


persone. Con ciò la BSI entrò a far parte,

insieme alla Bank Leu, delle più grandi banche commerciali in


Svizzera dopo le tre grandi banche.(9)

Cosa che allora solo gli iniziati sapevano: il partner junior di


Bragiotti alla BSI era Tettamanti, che nel

frattempo si era assicurato circa il 10 % del capitale.(10) Questo


rapporto divenne visibile solo nel

1974 quando il politico di Buenden Ettore Tenchio (allora presidente


della Società radiofonica e

televisiva svizzera), uomo di fiducia di Tettamanti, fu eletto


presidente della BSI. In seguito la BSI si

ingrandì rapidamente sotto la guida del suo nuovo delegato di


consiglio d’amministrazione Gianfranco

Antognini. Nella Svizzera occidentale venne acquisita la Banque


Romande con 200 dipendenti e filiali

a Ginevra, Losanna, Yverdon e Martigny. Inoltre Bragiotti portò nel


portafogli della BSI la

partecipazione Comit dell’ 8% al broker di borsa di New York,


Lehman Brothers, e una partecipazione

ad una banca di Parigi. A Montecarlo il presidente della BSI


Gianfranco Antonimi fondò per il direttore
della Comit Bragiotti, la Compagnie Monégasque de Banque, del
cui consiglio di amministrazione

faceva parte anche George Ball di Lehmann Brothers, un ex


sottosegretario di stato del governo

statunitense. In Lussemburgo la BSI fondò la società finanziaria


Milano Internazionale, che più tardi

cambiò il nome in Cofi.(11) Nel 1977 infine la BSI partecipò al


capitale della Fidinam, nel cui

consiglio d’amministrazione entrò il delegato Antognini. Con ciò si


chiudeva un cerchio: la filiale della

Comit BSI, dove Tettamanti era il più importante azionista di


minoranza, partecipava alla Fidinam di

Tito.(12)
LA BANCAROTTA DELLA WEISSKREDIT

Il primo marzo 1977 la commissione delle banche dispose la


chiusura della banca Weisskredit di

Lugano e delle sue filiali a Zurigo e a Chiasso. Il direttore generale


della Weisskredit Rolando Zoppi fu

arrestato e rimase in carcerazione preventiva più di due anni. Suo


padre Elvio, fondatore della

Weisskredit e presidente del consiglio di amministrazione, si


sottrasse all’arresto fuggendo in Italia,

mentre il consigliere d’amministrazione Renzo di Piramo sparì nelle


Filippine. La Weisskredit aveva

150 dipendenti. L’aveva fondata nel 1949 appunto l’ex montatore


della BBC Elvio Zoppi, che nel 1949
insieme con Emilio Weiss aveva trasformato in una piccola banca lo
spazio riservato al cambio delle

merci del suo negozio di verdura a Chiasso. La clientela principale


era costituita da italiani tra i quali

anche lavoratori italiani in Svizzera. Negli anni ’60 entrò nell’attività


l’ambizioso figlio di Elvio

Rolando e la banca cominciò ad estendersi. Rolando aprì uffici a


Milano, Colonia (13), Buenos Aires,

Montevideo e Santiago del Cile. Nel 1965 la Weisskredit incaricò


l’ufficio fiduciario Fidinam di

fondare un istituto in Liechtenstein. L’uomo di fiducia della Fidinam


a Vaduz, il farmacista Alfred
Hasler, creò a Schaan la Finanz und Vertrauens Handels Anstalt
(FVA). Del consiglio di

amministrazione facevano parte Hasler stesso, Elvio e Rolando


Zoppi e anche Giangiorgio Spiess,

socio di studio di Tettamanti e direttore della Fidinam. In seguito la


società di comodo FVA a Schaan,

amministrata formalmente dalla Fidinam, fu svuotata da Hasler: gli


uffici veri e propri erano a Chiasso

presso la Weisskredit. Per più di dieci anni tutto andò bene, la FVA
divenne “banca nella banca” della

Weisskredit, dove i denari potevano sparire in maniera discreta e


senza pagare tasse preventive. Poi si

ebbe un crollo improvviso. Gli affari in cui la FVA aveva investito i


fondi dei suoi clienti, andarono a
monte uno dopo l’altro. Infine l’istituto, dotato di un capitale proprio
di 20 000 franchi, dichiarò una

perdita accumulata di 220 milioni di franchi. I clienti persero la


fiducia e pretesero la restituzione del

loro denaro. All’inizio del 1977 gli Zoppi richiesero a Vaduz una
dilazione di pagamento, qualche

tempo dopo il tribunale del principato dichiarò il fallimento della


FVA. Immediatamente la

commissione della banche tolse alla Weisskredit la licenza bancaria


e chiuse le sedi di Chiasso, Lugano

e Zurigo. Lo scandalo produsse un certo scalpore sui media, ma


qualche mese dopo ne scoppiò uno

simile, di proporzioni molto maggiori, con l’istituto Texon, filiale della


Keditanstalt di Chiasso. Anche

il direttore della SKA Kuhrmeier aveva usato la sua Texon in


Liechtenstein per investimenti finanziari,

esenti da tasse, soprattutto di clienti italiani ed era incappato con


queste operazioni nel vortice fatale

della crisi economica mondiale. Il processo contro la Weisskredit


ebbe luogo a Lugano nel febbraio

1979. Accusatore era il procuratore di stato Paolo Bernasconi,


principale capo d’accusa: frode

professionale ai danni dei clienti dell’istituto per 223 milioni di


franchi. Il procuratore Paolo

Bernasconi criticò la Weisskredit perché con un istituto del


Liechtenstein attirava denaro e
partecipazioni nella zona grigia dell'anonimità. Il consiglio
d’amministrazione della FVA avrebbe avuto

una semplice funzione di copertura, il suo compito principale


sarebbe consistito nel distogliere lo

sguardo e non preoccuparsi dell’andamento degli affari.(14) Mentre


la FVA già dal 1972, secondo

Bernasconi, non era liquida, il difensore di Renato Zoppi contestò


qualsiasi gestione disonesta degli

affari e definì responsabile delle perdite solo la crisi economica,


iniziatasi nel 1975. La sezione penale

ticinese si conformò allora ampiamente alle richieste di Bernasconi


e condannò Rolando Zoppi e Renzo

di Piramo a cinque anni di prigione l’uno, Elvio Zoppi a quattro anni


e il direttore Reto Kessler ad un
anno con la condizionale.(15) Al direttore della Fidinam Spiess fu
inflitta una pena pecuniaria di

12.000 franchi più le spese per avere contravvenuto alla legge delle
banche e alle norme per la

protezione della valuta. Sotto giuramento aveva fatto mettere a


protocollo, nell’aula del tribunale, di

non aver saputo nulla del tipo e del volume degli investimenti
eseguiti dalla FVA e di aver appreso con

sua estrema sorpresa della situazione deficitaria dell’istituto solo un


giorno prima del crollo.(16) Anche

l’effettiva sede amministrativa della FVA gli sarebbe stata sempre


ignota, la Fidinam non avrebbe
rappresentato più che una sede formale. Non poteva nutrire
sospetti, perché la Fidinam curava “più di

100 altri istituti del genere domiciliati in Liechtenstein “, mediante i


quali banche svizzere e istituti

finanziari “concludono legalmente certi affari fuori della


Svizzera”(17). Quale testimone a discolpa di

Spiess si presentò il suo socio di studio e collega della Fidinam


Tettamanti.(18) A seguito della pena

pecuniaria Spiess dovette lasciare la Fidinam e si concentrò


sull’attività dello studio legale Tettamanti

& Spiess. Lo studio si ingrandì e ai tempi migliori contava più di due


dozzine di collaboratrici e

collaboratori.(19)
A MONTECARLO! A MONTECARLO!

Mentre la Giustizia ticinese ebbe bisogno di due anni per


processare i responsabili dello scandalo

Weisskredit, Tettamanti non temporeggiò. Pochi mesi dopo lo


scoppio dello scandalo, trasferì la

residenza a Cap Ferrat in Costa Azzurra e aprì nella vicina


Montecarlo una nuova filiale, che già dopo

breve tempo dava lavoro a circa tre dozzine di persone. Qui


Tettamanti aveva buone conoscenze: il suo

socio lussemburghese Francis Hoogewerf che si era pure appena


trasferito e il presidente della Comit

Enrico Bragiotti. La Comit era allora azionista di maggioranza della


BSI, dove Tettamanti aveva una
partecipazione di minoranza. Sia o no un caso - proprio all’epoca
del passaggio della Fidinam a

Montecarlo, la Comit acquisì una sostanziale partecipazione di


minoranza alla Fidinam. E

contemporaneamente al suo trasloco a Montecarlo, Tettamanti


divise la Fidinam in due holding

separate, una per la Svizzera a Lugano e una per le società


straniere a Montecarlo, ben lontano dalla

Giustizia ticinese. Oltre al braccio internazionale della Fidinam,


Tettamanti creò anche una rete privata

offshore. Ne facevano parte la North Atlantic – Société


d’Administration a Montecarlo (Nasam),

dislocata più tardi sulle isole Cayman, e la Investment Company of


North Atlantic (Icona), pure

registrata a Cayman, che nel 1985 si era mutata in Financial


Corporation of North Atlantic (FCNA), da

cui alla fine del 1986 nacque il Financial Group of North Atlantic
(FGNA). Importanti collaboratori di

entrambe le FCNA erano Alfonso Lodola d’Oria e l’ex direttore del


Bankverein, Hubert Baschnagel.

(20) Con ciò Tettamanti aveva separato il suo impero offshore


dall’asse Vaduz-Lugano e l’aveva

orientato verso l’asse Montecarlo-Panama-Cayman. In seguito


investì fondi di clienti della Fidinam e di

altri in titoli e beni immobili. In base a sue stesse ammissioni, la


Fidinam controllava all’inizio degli
anni ’80 un portafoglio immobiliare di 1,3 miliardi di franchi con le
principali zone d’investimento in

Canada, USA e Hongkong.(21)

L’ IRACHENO STRARICCO

All’inizio degli anni ’80 Tettamanti si era emancipato da Lugano ed


era divenuto un finanziere offshore

con base operativa a Montecarlo. Nella persona dell’iracheno


Nadhmi Auchi si presentò un nuovo

socio finanziariamente solido. Auchi era un iracheno naturalizzato


in Inghilterra, che operava

soprattutto dal Lussemburgo, dall’ Irak e dal Kuwait. Insieme con la


Investmant-Bank francese Paribas,
aveva fondato nel 1982 a Lussemburgo la Participations Bancaires
et Financières SA (CIPAF) con un

capitale di un miliardo di franchi lussemburghesi.(22) Finanziatori


della CIPAF erano, accanto ai

principali azionisti, anche Tettamanti, la belga Silbra Holding (23), la


Agemar SA (Lugano)(24) oltre a

capitale dell’Arabia saudita e kuwaitiano. Tettamanti entrò nel


consiglio d’amministrazione della

CIPAF. Poco dopo che essa era stata fondata, Auchi finì nel mirino
di una commissione parlamentare

italiana che indagava sul pagamento di tangenti ammontanti a 23


milioni di dollari, da parte dei

Cantieri Navali Riuniti, per la fornitura di 4 fregate e 6 corvette


all’Irak. Il cantiere navale di stato
italiano aveva pagato i 23 milioni di dollari alla Dowal Corp. in
Lussemburgo. Questa era amministrata

da una società di nome Figed, domiciliata nello studio del noto


avvocato Nico Schaeffer che era gran

Maestro dei massoni del Lussemburgo e aveva diretto società per il


banchiere della mafia Michele

Sindona. L’alleanza di Auchi con la Paribas, allora appena


statalizzata, deve essere considerata nel

contesto delle massicce forniture francesi d’armi all’Irak durante gli


anni ’80. Il governo Mitterand era

allora, con l’industria bellica statale francese, uno dei più grandi
trafficanti d’armi del mondo e profittò
abbondantemente della guerra Irak-Iran. Anche il fatto che la sede
di Auchi sia il Lussemburgo non

manca di logica politico-economica. I socialisti lussemburghesi,


parallelamente al declino dell’industria

locale dell’acciaio, avevano cominciato a promuovere


massicciamente la piazza finanziaria del loro

paese che contava circa 370.000 abitanti e precisamente con leggi


fiscali liberali, un rigido segreto

bancario e norme legislative generose in fatto di pubblicità. Alla fine


degli anni ’70 era stato ministro

delle finanze in Lussemburgo il socialista Poos, che ebbe un ruolo


importante nello sviluppo di questo

stato come piazza offshore. L’ex giornalista di partito Jacques Poos


era stato direttore presso la Banque
Continentale du Luxembourg di Auchi. Allo scoppio della guerra del
golfo nel 1991, l’iracheno Auchi

fu considerato con uno sguardo un po’ più critico. Soprattutto il


conservatore “Figaro” parigino si

preoccupò che un iracheno potesse essere non solo socio della


potente Paribas ma anche grande

azionista di questa banca e di alcune delle società finanziarie da


essa controllate, come la Navigation

Mixte. Ma già un anno dopo, per il giubileo decennale della CIPAF


nel 1992, Auchi fu solennemente

festeggiato in Lussemburgo. Nientemeno che il primo ministro


cristiano-democratico Jacques Santer in

persona si congratulò con lui al banchetto solenne all’Hotel le Royal


e sottilineò nel suo discorso per il

giubileo: ”Società come la CIPAF rafforzano l’immagine e il peso


della piazza finanziaria

lussemburghese” (25) Si capisce meglio l’entusiasmo di Santer, per


il banchiere iracheno, se si pensa

che Auchi aveva versato l’anno precedente 400 milioni di franchi


lussemburghesi di tasse nelle casse

dello stato. Non si sa se Tettamanti fosse stato invitato alla


cerimonia ma Auchi gli procurò l’accesso al

centro della sfera del potere nel granducato.

ALLEANZA PROFANA CON LA DG BANK

Nel 1982 la Banca delle banche cooperative europee (BEG) a


Zurigo, una filiale straniera della

Deutsche Genossenschaftsbank (DG Bank) (26), acquisì una


partecipazione di minoranza alla Fidinam;

più tardi la BEG cambiò nome in DG-Bank Schweiz. Il suo direttore


generale Wolfgang Riester entrò

nel consiglio di amministrazione della Fidinam Fiduciaria.


Contemporaneamente il numero due della

sede centrale della DG a Francoforte, Karl-Herbert Schneider-


Gädicke, entrò nel consiglio

d’amministrazione del Financial Group of North Atlantic (FGNA,


sede alle Cayman e ufficio a

Montecarlo). L’alleanza profana della DG Bank, che come casa


madre delle banche popolari e delle
banche di credito agrario era per tradizione al servizio degli artigiani
e dei contadini tedeschi, con

Tettamanti residente a Montecarlo, non sembra di primo acchito


molto logica. Ma considerandola più

attentamente, appare conforme a quei tempi. Tettamanti replicava


in certo qual modo la politica che

dopo la vittoria dei socialisti in Francia e Spagna e l’ascesa dei


socialisti di Craxi in Italia, aveva

grande successo in ambiente mediterraneo.(27) I socialisti giunti al


potere venivano a patti con

finanzieri arricchitisi di recente del genere di un Silvio Berlusconi,


Mario Conde o Bernard Tapie, che

si erano affermati al di fuori dell’establishment tradizionale, ostile ai


socialisti. All’inizio degli anni ‘90
queste alleanze portarono a numerosi scandali finanziari in Francia,
Italia e Spagna. Nel 1981 la DG

Bank si trovò in difficoltà, e Guthard cercò disperatamente di


partecipare a fruttuosi business

internazionali – e proprio qui stava il know how di Tettamanti.


Guthard portò la DG Bank in una fase

aggressiva di espansione. Per lunghi anni questa strategia funzionò


bene. Ma nel 1990 arrivò il grande

crac. Per irregolarità in operazioni a termine su titoli a tasso fisso di


banche francesi il dirigente della

compravendita di titoli della DG, Friedrich Steil, aveva avuto perdite


così elevate da far supporre
macchinazioni fraudolente. Guthard sporse denuncia e ne seguì un
processo durato anni. Nel 1991 la

banca DG era pronta per essere risanata. Guthard e il suo uomo di


fiducia a Zurigo, Riester, dovettero

dare le dimissioni. Il pacchetto azionario della Fidinam è stato di


nuovo rivenduto a Tettamanti dai

nuovi capi a Francoforte. Che cosa abbia fruttato finanziarmente


agli interessati a saldo finale la

collaborazione durata otto anni tra la Fidinam e la DG Bank, non è


mai divenuto di pubblico dominio.

FINANZIERE D’ASSALTO A WALL STREET

Quando a metà degli anni ’80 ci fu il boom della borsa, Tettamanti


ricopriva con il suo impero offshore
una posizione ideale per parteciparvi. Era l’epoca d’oro degli
scalatori di borsa che facevano incetta di

azioni di società con quotazioni molto basse. Non appena ne


controllavano la maggioranza, i finanzieri

d’assalto costringevano il management a ristrutturare la società,


vale a dire ad abbassare i costi e

licenziare personale, o in qualche modo a far sì che le quotazioni


salissero al massimo, anche a costo di

licenziamenti di massa, addirittura del declino dell’azienda. I più


famosi finanzieri d’assalto erano

allora Carl Icahn, Ron Perelman, T.Boone Pickens e Asher


Edelman.(28) Ma c’erano tra loro anche

dirigenti di casse pensioni come la California Public Employees


Retirement System (CAL-pers). A
questi tesorieri era del tutto indifferente se la loro politica
d’investimento orientata solo alla rendita

massima faceva sì che le aziende dovessero licenziare in massa i


loro impiegati- persone simili agli

assicurati da loro rappresentati. (29) La Coniston Partners, una


società statunitense fondata dai 3

banchieri d’investimento di Wall Street Paul Tierney, Augustus


Oliver e Keith Gollust, era allora un

raider di media grandezza.Nel 1985 con la sua FGNA alle isole


Cayman, partecipò finanziarmente alla

Coniston con circa 70 milioni di dollari. Nel 1987 la Coniston


acquistò un pacchetto azionario della
Allegis, capogruppo di United Airlines, Hilton Hotel International,
Westin Hotels e autonoleggio Hertz.

Su pressione della Coniston la Allegis vendette poi Hertz, Hilton e


Westin, e suddivise il ricavato tra gli

azionisti, con un guadagno per Coniston di 170 milioni di dollari.


Dopo averci preso gusto con la

Allegis, l'obiettivo divenne la ditta Gillette. Gillette aveva allora un


fatturato di tre miliardi di dollari ed

era considerata un’impresa solida nel settore dei beni di consumo.


Il prodotto più famoso erano le

lamette di sicurezza per radersi, inventate dal fondatore King


Gillette.Già nel 1986 Gillette era stata

oggetto di un tentativo di acquisizione di Ron Perelman. Per


respingerlo, la direzione aziendale aveva
pagato 34 milioni di dollari di green-mail e nove milioni di spese.
Per “green-mail” si intendeva allora

un riscatto di azioni in possesso di finanzieri d’assalto ad un prezzo


maggiorato, una variante di

“Blackmail” (in tedesco e in italiano ricatto) e del colore verde delle


banconote in dollari. Pagando la

Greenmail, il management sperava di liberarsi dalla minaccia di


licenziamento proveniente dal

finanziere d’assalto a spese degli azionisti. Dopo che Pereleman si


era ritirato, cominciò Coniston a far

incetta di azioni Gillette. Il management Gillette si difese


disperatamente e, ciò facendo, si imbattè

anche nel nome del socio di Coniston Tito Tettamanti. Il presidente


della Gillette Mockler mise i due ex

agenti della CIA Lou Palumbo e Mike Achermann alle calcagna di


Tettamanti. Dopo ampie ricerche

essi, tuttavia, con grande delusione di Mockler, riferirono che il


socio di Coniston “era conosciuto e

rispettato negli ambienti finanziari [...] e che non veniva collegato


con note pratiche illegali o non

conformi al suo ruolo”.(30) Nell’aprile 1988 poco prima


dell’assemblea generale di Gillette, quando

una vittoria della Coniston si profilò sempre più probabile, Mockler


fece pubblicare un diagramma sul

“Wall Street Journal”. Mostrava Tettamanti al vertice della Coniston,


“dove nessuno xenofobo, degno
del suo nome, poteva ignorarlo”, come scrisse allora il giornale
economico statunitense “Barrons”. Ma

Mockler non potè dimostrare il ruolo guida di Tettamanti alla


Coniston, Tettamanti stesso si è sempre

definito un investitore passivo di minoranza. Gollust era convinto


che Gillette con il nome italiano del

suo socio avesse voluto suggerire collegamenti con la mafia e che il


diagramma non sarebbe mai stato

pubblicato se Tettamanti avesse avuto un nome scozzese. Alla fine


l’assalto a Gillette si concluse con

un compromesso. Con grande soddisfazione di Tierney, Gollust,


Oliver e Tettamanti, Mockler si

impegnò, pur digrignando i denti, a ricomprare dalla Coniston 16


milioni di azioni per 720 milioni di
dollari.

INSUCCESSO CON LA SULZER

Al gruppo industriale per le costruzioni meccaniche Sulzer


Winterthur, che allora aveva 30.000

dipendenti e raggiungeva un fatturato di 4,6 miliardi di franchi,


Tettamanti potè usare ciò che aveva

imparato da Coniston. Da metà del 1986 cominciò segretamente a


far incetta di azioni Sulzer, prima per

conto proprio, poi in alleanza con un “cartello” di soci. Uno di questi


era allora l’avvocato di Ginevra

Eugène Patry.(31) Ufficialmente Patry sosteneva di non saper nulla


della sua adesione al cartello di
Tettamanti, ma tutti ne erano a conoscenza. Sulzer cercò di
difendersi con norme di registrazione più

severe per le azioni nominative, secondo le quali un azionista


poteva controllare al massimo 1,5 % del

capitale, e cominciò a mobilitare i suoi azionisti contro Tettamanti.


Egli sosteneva che una parte del

pacchetto di Tettamanti era stato comprato con capitale straniero di


origine sconosciuta, probabilmente

della FGNA di Tettamanti. Così facendo il finanziere ticinese


avrebbe violato disposizioni e

convenzioni vigenti in Svizzera. Tettamanti contestò


immediatamente questo, ma rinunciò tuttavia ad
un’azione giudiziaria. In un processo avrebbe dovuto rivelare chi
fossero i suoi finanziatori. Il

presidente della Fidinam Markus Redli, il consigliere


d’amministrazione della Fidinam, e il presidente

della banca DG svizzera negarono allora con forza di aver


comprato azioni Sulzer per Tettamanti o di

averle tenute fiduciariamente. Sulzer incaricò il vecchio nemico di


Tettamanti, Paolo Bernasconi, di

un’indagine in ogni caso poco fruttuosa sui mandanti del cartello.


”Quest’associazione è strutturata

nello stile di una loggia segreta”, scrisse la“Handelszeitung”. (32)


Contemporaneamente la rivista

economica “Bilanz” ed altre cominciarono a cercare i punti deboli


nel passato di Tettamanti .Ma il
grande scandalo in cui l’establishment di Winterthur segretamante
sperava non si produsse. Tettamanti

era finito sotto tiro soprattutto in Canada. Era stato accusato infatti,
nel 1972, di aver versato 50.000

dollari per la campagna elettorale dei conservatori canadesi , poco


dopo che il governo conservatore

dell’Ontario aveva firmato un accordo per un progetto edilizio di 150


milioni di dollari. Ma queste

accuse più tardi vennero meno per mancanza di prove. All’inizio del
1977 Tettamanti era finito di

nuovo sulle prime pagine dei giornali in relazione ad un affare di


tangenti ,legato alla vendita di reattori

atomici canadesi. Un assegno di più di 2,5 milioni di dollari era


passato allora per una società del

Liechtenstein, che Tettamanti presiedeva,di proprietà della Banca


della Svizzera Italiana. Tettamanti si

ritirò successivamente dall’incarico sopracitato di presidente in


Liechtenstein, reati dimostrabili non ce

n’erano.(33) Alla fine degli anni ‘80 la Fidinam ebbe poi contrasti
con clienti canadesi, e le loro accuse

contro la Fidinam del Canada furono tacitate con un pagamento per


transazione di 80.000 dollari.

(34)Quando l’ostinata resistenza di Sulzer aveva fatto capire che la


sua scalata era impedita ad ogni

costo dall’establishment della Svizzera orientale, comparve lo


speculatore di borsa Werner K.Rey nel
ruolo di cavaliere bianco. Alla fine di marzo 1988 Tettamanti
vendette a Rey il suo pacchetto della

Sulzer per 220 milioni di franchi. Se la Sulzer, che notoriamente è in


seguito fallita, sia andata meglio

con Rey che con Tettamanti, è una questione insoluta. Il contante,


incassato da Rey, Tettamanti lo

investì in un’altra industria in crisi della Svizzera orientale,


precisamente la ditta Saurer ad Arbon sul

lago di Costanza.

SFORTUNATO CON LA SAURER

Quella che era stata l’orgogliosa impresa di costruzioni meccaniche


di Thurgau (camion, macchine
tessili) si era ritrovata bruscamente negli anni ’80, in una situazione
molto difficile ed era stata salvata

dalla bancarotta dalla SBG, la sua banca di riferimento. Secondo il


giornale economico italiano “Il Sole

24 ore”, la Sasea di Florio Fiorini aveva acquisito nel 1985 la


maggioranza della Saurer e aveva

rivenduto il suo 58% di capitale azionario nel marzo 1988 per circa
82 milioni di franchi a Tettamanti.

(35) Questa notizia, mai confermata dalla stampa della Svizzera


tedesca, potrebbe spiegare perché

Tettamanti potè comprare la Saurer ma non la Sulzer: se doveva


essere un finanziere del sud, meglio il

ticinese Tettamanti che l’italiano Fiorini. Ad una conferenza stampa


il novello industriale e presidente
della Saurer Tettamanti dichiarò allora di voler creare dalla
malandata impresa di Arbon un potente

gruppo economico che coniugasse industria e finanza. Saurer


doveva divenire contemporaneamente

holding industriale e merchant bank.(36) Tettamanti organizzò il


settore finanziario secondo lo stesso

principio in base al quale più di dieci anni prima aveva organizzato


la sua Fidinam: struttura doppia con

separazione degli ambiti costituiti da Svizzera e estero. La Saurer si


scisse nella holding gruppo Saurer

svizzero ad Arbon e nella holding finanziaria con ufficio a


Montecarlo e sede ufficiale alle Isole
Cayman. Il Saurer Group Investment era sorto nel novembre 1990
dalla vecchia FGNA. Presidente

restò a Montecarlo il suo vecchio amico intimo Alfonso Lodolo


d’Oria. Nel giugno 1991 la Saurer

comprò il gruppo di macchine tessili tedesco Schlafhorst che, con i


suoi 5000 impiegati, era un po’ più

grande della Saurer che aveva 3.000 dipendenti. Il colpo


successivo seguì già il primo gennaio 1992

con l’acquisizione del gruppo torinese GIG di Vittorio Ghidella.


Ghidella, che fin dal 1990 faceva parte

del consiglio di amministrazione della Saurer, non ricevette per il


suo gruppo GIG denaro contante, ma

lo stesso numero di azioni Saurer di Tettamanti e divenne


presidente della holding gruppo Saurer al suo
posto. Tettamanti restò invece presidente della Saurer Group
Investments Montecarlo. Ghidella era

stato un tempo il massimo manager della Fiat, ma nel 1988 era


entrato in conflitto con il presidente

della Fiat Gianni Agnelli. Nei mesi successivi creò in brevissimo


tempo, dal nulla, un proprio gruppo

industriale che produceva componenti di veicoli a motore. Il gruppo


industriale Ghidella CIG dava

lavoro allora a 2.000 persone ed aveva un fatturato di circa 300


milioni di franchi. Ghidella trasferì la

residenza in Ticino. L’ulteriore tentativo di Tettamanti di fare un


colpo fu un totale fallimento. Egli

voleva assorbire il gruppo per macchine tessili Rieter di Winterthur


per fare della sua industria Sauer-

Schlafhorst il numero uno a livello mondiale nel settore. Già nel


marzo 1991 aveva fatto incetta in

borsa di una partecipazione del 7% a Rieter, ma nel consiglio


d’amministrazione della holding Rieter si

attivò lo stesso meccanismo di difesa prodottosi alla Sulzer di


Winterthur. La Rieter rifiutò ogni sorta di

cooperazione con la Saurer, per i suoi manager una fusione era


priva di qualsiasi logica industriale. La

Schlafhorst, che era stata offerta anche a Rieter, la consideravano


decotta. Gli sviluppi successivi hanno

confermato questo punto di vista perché la Schlafhorst, poco dopo


essere stata acquisita dalla Sauer,
precipitò in una crisi profonda. Tettamanti denunciò in tribunale la
famiglia dei fondatori della società,

che gli aveva venduto le sue quote di partecipazione, per truffa e


per un prezzo di vendita troppo alto.

Nonostante le resistenze manifestatesi a Winterthur, Tettamanti


non rinunciò al suo sogno di creare,

acquisendo la Rieter, il più grande gruppo industriale del mondo per


filatoi e raddoppiò la

partecipazione di Saurer a Rieter fino a raggiungere il 14%. Più


tardi si venne a sapere che la battaglia

di Tettamanti contro Rieter era costata ad entrambe le imprese più


di 100 milioni di franchi. Si rivelò

fatale soprattutto la lotta al coltello per le partecipazioni di mercato


ai cosiddetti filatoi open-end, il
livello dei prezzi in questo settore crollò fino al 50%. Non c’è da
meravigliarsi se il 1992 andò male

finanziariamente per la Saurer. Solo grazie ai proventi derivanti da


Montecarlo poté essere evitata una

perdita. Nel primo semestre 1993 le cose andarono un po' meglio


per la Saurer dal punto di vista

finanziario, ma il grande colpo arrivò da Bari. Il giudice istruttore


Nicola Magrone aprì un

procedimento penale contro Ghidella, presidente della holding


Saurer-Gruppe e altri manager della

ditta Oto Trasm (Bari) per abuso della legge italiana per lo sviluppo
del mezzogiorno. Oto Trasm, che
apparteneva per il 49% alla Saurer, aveva fornito all’affiliata al
100% della Saurer, Graziano

Trasmissioni (Torino), 60 macchine prodotte con sovvenzione


statale grazie alla legge per lo sviluppo

del mezzogiorno, ma che non erano state installate a Bari bensì


abusivamente a Torino. Quando il

settimanale “WochenZeitung” rese pubblica per la prima volta in


Svizzera questa notizia, la centrale

della Saurer a Glattburg inviò un fax di smentita alle redazioni dei


media. Ma il 29 giugno 1993 il

procuratore di stato Magrone spiccò un mandato d’arresto contro


Ghidella e gli proibì ogni attività

imprenditoriale in Italia. Cinque manager di Oto-Trasm furono


arrestati a Bari. Il 15 luglio 1993 il
consiglio di amministrazione della Saurer si riunì per un’assemblea
straordinaria d’emergenza, il

presidente Ghidella si dimise e fu sostituito dal tedesco Carl Hahn,


ex presidente del gruppo industriale

Volkswagen. Alcuni giorni più tardi Ghidella si presentò alle autorità


italiane, fu arrestato e poco tempo

dopo rilasciato, ma messo agli arresti domiciliari.(37)

IL CASO COGEFAR

Tettamanti non fu toccato personalmente dalle inchieste italiane. Si


fece il nome, in relazione a

Tangentopoli, solo di una ditta ticinese nel cui consiglio di


amministrazione era stato per anni:
l’impresa edile CSC Impresa Costruzioni SA (Lugano). Dello stesso
consiglio di amministrazione

faceva parte l’avvocato di Urn Franz Steinegger, presidente del


partito liberale svizzero. Né Tettamanti

né Steinegger hanno preso posizione pubblicamente sulle accuse


provenienti dall’Italia secondo cui la

CSC sarebbe servita alla società madre italiana come stazione di


transito per tangenti.(38) Fino al 1989

la CSC era stata un’affiliata della società statale Cogefar. Poi il


gruppo Fiat comprò la Cogefar e la unì

alla propria impresa edile Impresit, trasformandola nella Cogefar


Impresit.(39) Nuovi dirigenti di

questa divennero Enzo Papi e Antonio Mosconi. Anche le casse dei


fondi neri di Cogefar e Impresit

vennero fuse. Nel maggio 1993 il nuovo presidente della Cogefar,


Enzo Papi, confessò ai procuratori

milanesi il pagamento di una tangente di due milioni di franchi a


Maurizio Prada della Democrazia

Cristiana. Il denaro proveniva presumibilmente da un fondo


svizzero, accresciuto da una filiale in

Camerun.(40) I conti delle tangenti della Cogefar-Impresit erano


gestiti alla Overseas Bank and Trust

(Nassau, Bahamas) ed erano intestati a Sacisa. La Sacisa era una


società panamense con uffici a

Lugano. Nello stessa sede della Sacisa c’era anche


l’amministrazione di Entreprises et Travaux de
Construction, una vecchia cassa di fondi neri della Fiat Impresit.
Consigliere d’amministrazione della

Entreprises era l’avvocato John Rossi dello Studio Tettamanti &


Spiess, professionalmente anche

rappresentante legale di Silvano Larini, titolare del Conto


Protezione.(41)

UN RE ABDICA

Nel dicembre 1993 Ghidella e Tettamanti si dimisero dal comitato


del consiglio di amministrazione

della Saurer. Ghidella cedette inoltre tutte le funzioni operative al


socio di Tettamanti Eugène Patry. Del

nuovo comitato facevano parte Carlo Hahn e i tre uomini legati da


stretta amicizia a Tettamanti:
Alfonso Lodolo d’Oria, Neil Sunderland di Montecarlo e Eugène
Patry di Ginevra. Nel maggio 1994 la

Saurer rendeva noto che la struttura binaria, introdotta da


Tettamanti con la Arboner Holding e la

Merchantbank, veniva meno e si ripristinava la vecchia unità


d’azione. Tettamanti, promosso nel

frattempo presidente onorario della Saurer, mantenne il suo


pacchetto azionario, mentre Ghidella

vendette la sua quota alla holding Zürcher BB Industrie della Bank


am Bellevue (BB) e fu pagato con

azioni della BB Industrie.(42) Tettamanti aveva così perduto il


controllo della Saurer. In seguito questa

società entrò in una crisi sempre più profonda, la costruzione di


macchine tessili causava deficit enormi

e la Schlafhorst andava sempre più in rosso. Parallelamente alla


crescita del riporto delle perdite Ernst

Thomke, uomo di punta della BB-Industrie, e Tettamanti si


estraniarono sensibilmente. Dopo

l’assemblea generale del maggio 1995, Melk Lehner, presidente del


gruppo industriale, si ritirò e fu

sostituito ad interim dalla “marionetta di Tettamanti” Eugène Patry,


come alla BB-Industrie l’avrebbero

chiamato secondo “Bilanz”.(43) La BB proclamò proprio capo, in


contrapposizione a Patry, il famoso

risanatore di industrie Ernst Thomke (Industria orologiera, Bally,


Pilatus Flugzeugwerke Stans) e
cominciò ad accrescere il suo pacchetto Saurer. Nell’agosto 1995 la
BB affermò di controllare il 25%,

mentre Tettamanti e i suoi soci possedevano ancora il 30%. Nei


mesi successivi Tettamanti si ritirò

progressivamente dalla Saurer. Nel dicembre 1995 la società


vendette le attività di Investment-Banking

a Montecarlo ad Alfonso Lodolo d’Oria e Kenneth Jones. Lodolo


d’Oria diede contemporaneamente le

dimissioni da vicepresidente del consiglio di amministrazione della


Saurer. Nel febbraio 1996 infine la

Saurer si liberò dell’ultima propaggine finanziaria offshore e


vendette la partecipazione alla società

finanziaria Naco (Montecarlo) ad un gruppo controllato da


Tettamanti per 96.000 azioni Saurer. Il
pacchetto azionario di Tettamanti si era così ridotto a non più del
14%. Il suo vecchio sogno, risalente

al 1988, di fondere industria e merchant banking, era naufragato


definitivamente. Contemporaneamente

Tettamanti si ritirò anche dalla Fidinam che resse bene al graduale


allontanarsi del padre fondatore.(44)

Fino a metà degli anni ’90 si sviluppò e divenne una delle più grandi
società svizzere fiduciarie, di

gestione e di revisione con un fatturato di circa 60 milioni di franchi


e un guadagno netto di 1,5 milioni

di franchi (1994). Alla sede principale del gruppo a Lugano-


Cassarate,un edificio da 60 milioni del
famoso architetto Mario Botta, lavoravano nel 1994 circa 200
persone e alcune centinaia di dipendenti

erano occupati in filiali a Zurigo, Ginevra, Basilea, Bellinzona,


Locarno, Zug e nell’estesa rete di

società all’estero.(45) L’impresa era diretta da tre centri di potere:


Tettamanti, la BSI e il management.

Il consiglio d’amministrazione era composto di tre persone molto


attempate: accanto al presidente

Albert Salathé, quasi ottantenne, e all’ex direttore generale PTT


Markus Redli della stessa età,

Tettamanti, che andava per i settanta, era ancora il più giovane.


Poiché Tettamanti non aveva formato

alcun successore, la Fidinam prima o poi sarebbe passata alla BSI


e con ciò al Bankverein. Nello stesso
tempo in cui si ritirava dalla Fidinam e usciva ingloriosamente dalla
Saurer, Tettamanti, trasferitosi a

Londra, cominciava una nuova carriera come autore di libri. Nel


febbraio 1994 apparve una traduzione

tedesca del suo libro, pubblicato dapprima a Milano, ”Welches


Europa?”[“Quale Europa?”].(46) Qui

egli si presenta come critico dell’Unione europea in una prospettiva


economica liberale, cosa che non

meraviglia, dal momento che Tettamanti era solito chiamarsi


“Libertario di destra”. Nell’aprile 1996

pubblicò insieme con il giornalista free lance Alfredo Bernasconi di


Bellinzona, la traduzione tedesca

del suo secondo libro: ”Manifest für eine liberale Gesellschaft”


[“Manifesto per una società liberale”].

(47) Qui gli autori chiedono un dibattito a più voci sul tema stato,
dirigismo e burocrazia. E si

oppongono ad un potere che si erga a tutore, definito


“megameccanismo” e “stato Moloch”, che

terrebbe il cittadino in una forma mite di schiavitù come una sorta di


servo felice. In questa prospettiva

i servizi tecnico-finanziari prestati a ricchi, siano essi italiani o di altri


paesi, diventano legittimo rifiuto

del Moloch insaziabile. Oltre alla pubblicazione di libri la


“Fondazione internazionale per la civiltà

europea”, sponsorizzata da Tettamanti, cominciò ad organizzare a


Ginevra simposi sul futuro
dell’Europa. Del comitato onorario di quest’ente per lo studio della
storia e del futuro della civiltà

europea facevano parte l’ex primo ministro francese Raymond


Barre, l’ex consigliere federale Georges-

André Chevallaz e l’ex presidente della Repubblica federale


tedesca Walter Scheel. Nel marzo 1996 si

tenne il secondo colloquio sul tema: un nuovo “contratto sociale per


l’Europa”.

C’E’ QUALCHE RAPPORTO CON MARTIN EBNER?

Quella vecchia volpe di Tettamanti si è dunque trasformata


definitivamente da finanziere in

intellettuale? I suoi soci dei vecchi tempi non restano in ogni caso
inattivi. Lo si capisce alla luce di un
avvenimento del marzo 1996. Allora la BK Vision di Martin Ebner
presentò, ad una conferenza stampa

a Zurigo, uno studio in cui la Schweizerische Bankgesellschaft


(SBG) viene accusata una volta di più

di gestione inadeguata delle spese e di insufficiente redditività del


capitale proprio. (48) La risposta del

presidente della SBG Robert Studer fu immediata. Nel corso di una


conferenza stampa, convocata in

fretta, Studer criticò a sua volta lo studio: ”Da un amministratore


patrimoniale di professione e stimato

analista finanziario ci saremmo aspettati un lavoro più serio”.(49) Lo


studio non professionale di un

professionista lo portava a chiedersi quali fossero le motivazioni


che ne erano alla base. Questo

documento avrebbe rappresentato una diffamazione mirata della


SBG e della sua dirigenza. Si potrebbe

essere tentati di archiviarlo come semplice episodio delle dispute


senza fine tra Ebner e la SBG. Ma

desta l’attenzione il nome dell’autore: Richard Schäfer, presidente


del consiglio d’amministrazione di

Fidirevisa e della Banque de Patrimoines Privés (Ex-Karfinco) di


Ginevra e consigliere

d’amministrazione della fiduciaria Altra di Berna, che presentava


personale in comune con il gruppo

RAD. Un importante ex socio di Tettamanti appariva qui


all’improvviso nel campo di Martin Ebner.
L’uomo che all’inizio del 1994 era entrato come “Troubleshooter”,
risolutore dei problemi, nella banca

Karfinco sull’orlo del fallimento. L’uomo già comparso nel


misteriosissimo gruppo RAD di Berna.

Richard Schäfer nel ruolo di testimone principale di Ebner contro la


SBG ? Chi può escludere che

l’apparizione del socio di Tettamanti Richard Schäfer a fianco di


Martin Ebner significhi che la BK

Vision speculi segretamente anche con denaro proveniente dalla


struttura offshore di re Tito?

Questo libro termina dunque con una domanda senza risposta.


L’obiettivo di districare un poco i fili del

grande e lucroso business è, si spera, raggiunto. Abbiamo cercato


e interpretato fatti, tenendo a freno le
fantasie. Ci sia permesso dunque di presentare, come epilogo, la
speculazione sugli speculatori che

segue.

Note:

1) Sono Sergio e Geo Mantegazza ad esser considerati i ticinesi più


ricchi. La rivista economica

“Bilanz” 12/95 stima che entrambi abbiano tra i due e i tre miliardi,
mentre si valuta che Tettamanti

possieda tra i 200 e i 300 milioni. Secondo “Bilanz” ai Mantegazza


appartiene il gruppo turistico

Globus-Cosmos a Curaçao (3,3 miliardi di fatturato, 5000


dipendenti, holding). Perché il gruppo valga
3 miliardi di franchi è rimasto in ogni caso un segreto di “Bilanz” (sui
Mantegazza vedi p.313)

2)”Tages-Anzeiger”, 17. 10. 87

3)”Bilanz” 12/87

4) Sul ruolo del Liechtenstein cfr. p.93 segg.

5) Nel 1981 Milesi, Piattini, Antonini e Lissi si ritirarono e furono


sostituiti dal procuratore della

Fidinam Mauro Poretti e dal britannico Kenneth Cameron (un


amministratore fiduciario di St.Peter

Port, il centro bancario offshore sull’isola britannica del Canale


Guersney; Cameron faceva parte anche
del consiglio di amministrazione della filiale della Fidinam a Londra
insieme a Martin Priest, Martin

Roy Sandle, Graham Owen Rich, Iain Robert Hume e Sallyan


Cecille Tranter, tutti a St.Peter Port,

Guersney). Nel 1985 infine la Administra Handels Anstalt fu


liquidata e sostituita dalla Administra

Inc.Panama.

6) Hasler era stato raccomandato a Tettamanti dal dirigente della


Fidinam Renato Zocchi, che insieme a

Hasler aveva fondato l’istituto Baldor a Schaan quando Tettamanti


era ancora membro del governo

ticinese. Hasler avviò allora e vendette decine di società del


Liechtenstein, tra queste anche la Fasco
AG, che nel 1974 cedette al banchiere della mafia Michele Sindona
e all’amministratore fiduciario

Nico Schaeffer, allora Gran Maestro della Grande Loggia


Massonica del Lussemburgo.

7) Nel 1974 Tettamanti, Francio Hoogewerf, Roger Usher,Karl Ulrik


Sanne e David Matthew,

fondarono in Lussemburgo la Coim-Suisse SA, nel cui consiglio di


amministrazione c’erano anche i

dirigenti della Fidinam Diego Lissi e Alberto Collenberg (vedi


capitolo 4).

8) Questo come conseguenza della mancanza di fiducia del ceto


medio italiano nella BSI controllata
dalla Tesoreria italiana attraverso la banca statale Comit. Ciò fu
rafforzato dal progressivo ritiro del

Vaticano dall’alleanza Mattioli-Nogara a favore dell’emergente


Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.

9) ”Schweizerische Finanzzeitung”, 24.4.74

10) Se questo abbia influito negativamente sui rapporti di


Tettamanti con Fernando Garzoni, la cui

Banca del Gottardo era la maggiore concorrente della BSI di


Brogiotti, non è noto.

11) Compartecipe alla Cofi erano oltre alla Comit anche Robert
Leclerc di Ginevra, la cui banca privata

Leclerc & Cie. fu chiusa nel maggio 1977 dalla commissione delle
banche. Nel 1985 Leclerc fu
condannato dalla Corte d’assise di Ginevra per sottrazione di
denaro dei clienti a cinque ani di prigione.

Per risanare la propria catastrofica situazione finanziaria aveva


messo mano al patrimonio dei suoi

clienti – un peccato mortale per un banchiere privato. Due soci di


Leclerc, precisamente Bertrand de

Muralt e Charles Bouchard, si suicidarono, mentre Leclerc fu colpito


da un infarto cardiaco. Sebbene la

bancarotta di Leclerc fosse stata messa in ombra dallo scandalo


della SKA di Chiasso, scoppiato di

fatto contemporaneamente, l’affare restò il più grande incubo degli


ambienti delle illustri banche

private ginevrine.
12) Ancora alcune parole sul successivo destino della BSI. La
banca continuò a crescere. Tra le sue

nuove fondazioni ci fu ad esempio la Société Européenne de


Banque in Lussemburgo. Nel 1981 il

nome della BSI comparve in uno scandalo interno a Wall Street. Il


finanziere italiano Giuseppe Tome

fu accusato di avere profittato in maniera non ammessa di


informazioni privilegiate nel corso

dell’acquisizione del gruppo minerario St. Joe Minerals da parte


della canadese Seagram. Tome era

consigliere del presidente della Seagram Edgar Bronfman e comprò


attraverso la BSI, poco prima

dell’acquisizione, opzioni della St.Joe, il cui valore salì fortemente a


causa del generoso prezzo del

rilevamento. Nel 1982 Brogiotti vendette a sorpresa la sua


partecipazione di minoranza alla BSI alla

grande banca di New York Irving Trust. Ciò fu motivato dal fatto che
Bragiotti, dopo lo scandalo

dell’Ambrosiano temeva di finire negli ingranaggi della giustizia


italiana dal momento che offriva al

ceto medio italiano che frodava il fisco, in fondo, lo stesso servizio


di Calvi con la Banca del Gottardo.

(Brogiotti restò a capo della Comit, divenne cittadino di Montecarlo


e nel 1993 dovette dimettersi a

causa di Mani Pulite). Nel 1988, Irving Trust vendette il pacchetto


della BSI alla Unigestion ginevrina
di Bernard Sabrier. All’inizio degli anni ’90 la BSI fu rilevata dal
Bankverein, fortemente

ridimensionata, ristrutturata e portata avanti come semplice banca


di amministrazione patrimoniale. Il

Bankverein ha mantenuto quella partecipazione della BSI alla


Fidinam risalente all’epoca della Comit.

13) L’uomo della Weisskredit a Colonia era l’ex direttore della


Banca del Reich Hans-Joachim Caesar.

Nella Banca del Reich di Hitler, Caesar si occupava di patrimoni di


nemici d’ambiente anglosassone,

cosa che deve avergli procurato senz’altro qualche notizia da


insider sui rapporti finanziari

internazionali della Germania.


14) ”Neue Zürcher Zeitung”, 14. 2. 79

15) “Schweizerische Finanzzeitung”,7. 3.79

16) „Tages-Anzeiger“, 14.2.79

17) Ivi

18) “Bund“,19.2.79

19) Negli anni ‘80 Spiess rappresentava gli interessi di Licio Gelli in
Svizzera, mentre il suo socio

d’ufficio John Rossi faceva i ricorsi e curava l’assistenza legale


nella causa del Conto Protezione. Nel

1995 lo studio Tettamanti % Spiess si trasformò, mediante una


fusione, in Cotti, Spiess, Brunoni &

Partner.

20) ”Bilanz”,12/87

21) Ivi

(22) Auchi e la Paribas portarono la Banque Continentale du


Luxembourg, fino allora la loro Joint-

venture, nella CIPAF. La partecipazione alla Banque Continentale


Auchi l’aveva comprata nello stesso

1982 dal suo fondatore Henri J.Leir. Leir è un misterioso finanziere


ultraottantenne di New York che

nel 1969 era stato collegato al cosiddetto “scandalo Plumbat”. Più


tardi Leir passò in Lussemburgo. A
New York c’era già una banca col nome francese La Banque
Continentale (758 Fifth Avenue a

Manhattan). La Banque Continentale apparteneva ad Arthur Roth


della Franklin National Bank di New

York, che nel 1972 era stata comprata dal banchiere della mafia
Michele Sindona e nel 1974 era andata

in bancarotta. (A proposito di Auchi cfr. anche p.196).

23) La holding belga Silbra ,prima Compagnie de Partecipations


Internationales, contava tra i suoi

azionisti la Pargesa Holding del magnate belga dell’acciaio e dei


media Albert Frère e della

francocanadese Power Corp. della famiglia Desmarais di Montreal


così come il gruppo francese Pallas

di Pierre Moussa, l’ultimo “Prèsident Directeur Générale “della


Banque Paribas prima della

nazionalizzazione da parte del governo socialista di Mitterand.

24) La Agemar di Lugano era diretta da Carlo Gilardi e Luigi


Ottaviani della Banca del Gottardo, filiale

del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi in Svizzera.

25) ”Le Républicain Lorrain”, edizione del Lussemburgo, 4.11.92.Il


giornale indicava come azionisti

della CIPAF oltre alla Paribas e alla Banque Continentale du


Luxembourg, anche la General

Mediterranean Holding e la Saurer Group Investment di Tettamanti.


26) La DG Bank era la cassa centrale di circa 4000 banche popolari
e casse rurali tedesche e

controllava sulla piazza sette delle banche tedesche. Il presidente


della DG Bank Helmuth Guthard

faceva parte del consiglio di vigilanza di Veba, Thyssen Stahl e


della holding Otto e fu un importante

finanziatore dell’ascesa del grande commerciante cinematografico


Leo Kirch.

27) L’ “Eco di Locarno” non mancò di informare che Tettamanti,


nelle elezioni cantonali ticinesi del

1987 insieme con la Fidinam e la BSI, aveva appoggiato, se pur


senza successo, come candidato al
consiglio governativo il socialista di destra Rossano Bervini, per
estromettere dall’incarico il suo

collega di partito Pietro Martinelli, considerato troppo di sinistra.


(“Eco di Locarno”, 6.8.91)

28) Edelman ha lasciato in eredità la sua eccellente collezione


d’arte privata al comune del Vaud Pully,

che dal 1992 espone i quadri al pubblico.

29) Nel tentativo della Coniston di acquisire la Gillette, CALpers


ebbe una funzione chiave. Paul

Tierney, socio della Coniston,andò personalmente a Sacramento e


convinse la manager di CALpers,

Greta Marshall, ad unirsi alla Coniston. Il presidente di Gillette


Coleman Mockler jr., che pure
pellegrinò allora a Sacramento, potè parlare solo con il sostituto
della Marshall (“Fortune”, 23.5.88)

30) ”Bilanz”,10/88

31) Patry era consulente finanziario di fiducia dell’ex star


cinematografica francese Alain Delon,

residente periodicamente a Ginevra. E’ cognato del banchiere


privato Andrè Mirabeau e cugino del

giudice federale Jean Patry.

32) ”Schweizer Handelszeitung”, 19. 11. 87

33) ”Tages-Anzeiger”,17. 10.87

34) “Bilanz”, 7/91


35) Il Sole 24 Ore, 22.2.1992

36) Neue Zürcher Zeitung, 28.6.88

37) Due anni più tardi, il 18 luglio 1995, Ghidella e altri cinque
direttori di Oto-Trasm furono

condannati da un tribunale di Bari in prima istanza a sei mesi di


prigione e a una pena pecuniaria di 2

milioni di lire (allora circa 1.400 franchi). Ghidella e i cinque direttori


furono accusati di violazione

degli interessi dello stato italiano, false notizie su una società,


spartizione di beni non conforme alla

legge e manovre fraudolente.


38) Anche il consigliere d’amministrazione della Walliser JS-Holding
Pierre de Chastonay faceva parte

del consiglio di amministrazione della CSC Impresa Costruzioni


(Lugano).

39) Il primo gennaio 1995 le imprese di costruzione Cogefar-


Impresit, Girola e Lodigiani si sono fuse

nella Impregilo.

40) ”Neue Zürcher Zeitung”, 27. 3. 93

41) ”L’Espresso”, 23.5.93

42) La BB Industrie Holding era una società di investimento quotata


in borsa nella sfera della BB Bank
di nuova fondazione a Zurigo. Ad essa riuscì ciò che per Tettamanti
restò un sogno, vale a dire fare

contemporaneamente sostanziosi investimenti nella Sulzer,nella


Rieter,nella Saurer.Del consiglio di

amministrazione della BB Industrie facevano parte Uli Sigg,Ernst


Thomke e Hugo Tschirsky.

43) “Bilanz”,8/95

44) Il ritiro progressivo di Tettamanti dalla Fidinam era cominciato


nel 1987, quando l’avventura in

borsa a Wall Street e in Svizzera assorbì il suo tempo. Fu allora che


Tito ingaggiò due direttori del

Bankverein, Richard Schäfer e Hubert Baschnagel.Baschnagel


entrò nel consiglio di amministrazione
della FGNA, mentre Schäfer divenne presidente della società di
revisione Fidirevisa e di quando in

quando fece parte del consiglio d’amministrazione della Fidinam


Holding. Tettamanti diede le

dimissioni nel 1991 da presidente della Fidinam, ma rimase tuttavia


nel consiglio di amministrazione.

Nel 1993 si dimise anche dalla presidenza della Fidinam di Ginevra,


giuridicamente autonoma, ma

rimase anche qui nel consiglio di amministrazione.

45) L’organizzazione estera della Fidinam è giuridicamente


separata dalle società svizzere. Al vertice

della rete estera, strutturata secondo un complesso sistema di


scatole cinesi o matrioske, c’era la
Fidinam Services Holding International Inc. Panama, che
controllava un fitto intreccio di società a

Montecarlo, in Italia,Lussemburgo, Inghilterra, Australia, Panama, a


Hongkong, nei Paesi Bassi, alle

Bahamas e altrove, che muta continuamente in conseguenza di


fondazioni e liquidazioni.

46) Tettamanti stesso ha definito il suo libro, apparso presso la


casa editrice Amman di Zurigo, un

“instant book”, nato in gran fretta - il recensore della “Neue Zürcher


Zeitung“ ha usato in proposito la

metafora: buona la rincorsa, corto il salto.(“Neue Zürcher Zeitung”,


9.2.94)
47) Alfredo Bernasconi, coautore, era dapprima funzionario
dell’amministrazione cantonale ticinese e

in quanto tale fu condannato nel 1974 per frode a danno del


cantone e degli affittuari. Ebbe poi da

Tettamanti un impiego come consulente immobiliare alla Fidinam.


Più tardi diventò segretario per il

Ticino dell’Associazione svizzera degli operai metallurgici e


orologiai SMUV (Schweizerischer

Metall-und UhrenarbeiterInnenverband). La rivista ticinese “Politica


Nuova” informò il 18.12.87 che

Bernasconi a suo tempo aveva consigliato al presidente dello


SMUV, Fritz Reimann, un incontro con

Tettamanti. Reimann non aveva tuttavia voluto saperne nulla e


aveva consigliato invece a Bernasconi
di cercarsi altri amici.

48) ”Neue Zürcher Zeitung”, 30./31.3.96

49) ”Neue Zürcher Zeitung”,3.4.96

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE: TECNICHE DEL RICICLAGGIO


DI DENARO

I riciclatori di denaro affinano continuamente i loro metodi. Fino


all’inizio degli anni ’80 il sistema

bancario costituiva ancora il filtro tra la circolazione legale e illegale


del denaro. Una volta che il

denaro contante sporco,derivante dal narcotraffico, veniva a


trovarsi su un conto bancario ,l’ostacolo
maggiore era rimosso. Poi alcuni grandi casi legati alla droga (Pizza
Connection, Caso Magharian,

BCCI) resero evidente il ruolo decisivo esercitato dal settore


bancario nel riciclaggio di denaro. Le

banche finirono sotto pressione in tutto il mondo. Da allora norme e


regole più severe delle

associazioni bancarie e del controllo statale delle banche rendono


meno facile abusare del sistema

bancario. Ma i riciclatori di denaro non sono rimasti inattivi e hanno


elaborato nuove tecniche. A questo

proposito è particolarmente significativo l’uso di ditte di copertura e


società simulate su piazze

offshore. Al centro dell’attuale riciclaggio di denaro non c’è più solo


il sistema bancario, ma un
alleanza tra banche e società-offshore. Il riciclaggio di denaro è
diventato un processo stratificato.(1)

Nella letteratura specialistica viene suddiviso in tre fasi:

1. Inserimento del denaro acquisito illegalmente nella circolazione


della moneta bancaria (sul conto di

una persona fisica o giuridica).

2. Camouflage: L’origine criminosa del denaro deve essere


cancellata e si deve creare l’apparenza di

una provenienza finanziariamente plausibile.

3. L’integrazione: Il denaro viene investito nel sistema economico


legale.
Le società offshore possono avere un ruolo in tutte e tre le fasi. Una
volta che esista una “stazione di

testa” nell’economia legale, questa può continuare ad essere usata


per riciclare altro denaro. Un affare

simulato di una stazione di testa potrebbe ad esempio consistere


nel fatto che un proprietario di negozio

paghi ad un fornitore fittizio un conto elevato per merci mai fornite. Il


falso fornitore potrebbe

consegnare in contanti al proprietario di negozio la somma


necessaria. Questo registra forse a sua volta

il denaro così ricevuto come entrata in contanti (fittizia) per vendite


e paga il conto del fornitore fittizio

con una trattenuta per le sue prestazioni di servizio. Sono pensabili


anche altre manipolazioni,ad

esempio la creazione di guadagni o perdite artificiosi mediante


prezzi di vendita eccessivi o troppo

bassi. Le possibilità sono fondamentalmente infinite. Si possono


ordinare arredamenti di negozi presso

imprese amiche a prezzi gonfiati. Anche lo “shopping


esageratamente conveniente” a scopo di evasione

fiscale è interessante, perché permette al fornitore amico all’estero


di abbassare il guadagno,

risparmiare tasse e addirittura presentare perdite. Quando la merce


acquistata ad un prezzo troppo basso

viene rivenduta a prezzo normale, ne risulta un guadagno, occultato


alle autorità del paese di
provenienza, che può venire spartito. Molto amata è la “vendita a
cascata”. Una ditta può essere

rivenduta ad un’altra società dello stesso gruppo segreto a un


prezzo esorbitante e questo più volte. Due

piccioni con una fava: da una parte il venditore ha fatto un


guadagno diretto, che legalizza i suoi fondi

neri. E il compratore ottiene per la propria società acquirente un


aumento di valore (in parte fittizio) e si

è a sua volta liberato di denaro in nero. Poiché compratore e


venditore in fondo sono identici, ci sono

solo vincitori. Chiunque voglia riciclare denaro è consapevole che in


primo luogo questo ha un prezzo.

Si produce qualcosa di analogo a quanto avviene con la


ricettazione tradizionale: chi vuol vendere un
anello con diamante rubato, sa che il ricettatore lo paga al di sotto
del suo valore. Qui sta forse la

soluzione di infiniti misteri economici: perché i riciclatori di denaro


finanziano sempre progetti e

persone senza preoccuparsi delle perdite ? Là dove i compratori


tradizionali vedono solo cifre in rosso,

loro incassano un dividendo soddisfacente sul capitale riciclato. Ma


anche i riciclatori operano con

razionalità e cercano metodi sempre migliori e meno costosi. A


questo proposito sembra evidenziarsi

una maggiore inclusione nel riciclaggio di denaro del commercio


con titoli e derivati finanziari. In
questo settore si può conferire un background apparentemente
legale e legittimo a grosse somme di

denaro mediante semplici manipolazioni fraudolente (per esempio,


la falsificazione della data).

Note:

1) ”Il riciclatore di stampo moderno persegue tuttavia NON soltanto


lo scopo di nascondere la preda,

affinché non possa venir sequestrata e ritirata dalla circolazione.


Vuole anche riservarsi la possibilità di

metter mano in ogni momento ai valori patrimoniali e di investirli in


maniera vantaggiosa. A questo

scopo il guadagno criminoso deve assumere una forma adatta al


trasferimento insospettabile e all’
investimento professionale. Il riciclatore di denaro vuole muoversi in
un mercato dove segretezza e

libertà di disposizione possano essere massimizzati. La piazza


finanziaria Svizzera, con la sua

sofisticata protezione del segreto e la tradizionale libertà del traffico


transnazionale di denaro e di

capitale, offre queste premesse. Già da parecchio tempo il ricavato


illegale è fatto NON di denaro in

forma di banconote o monete. Può derivare direttamente dal


crimine in veste di crediti contabili o altri

valori patrimoniali, quali titoli, metalli preziosi e oggetti d’arte, o


essere trasformato in essi attraverso

ripetute transazioni.” (Peter Klauser, direttore della Banca


Nazionale Svizzera (SNB), in “Quartalheft”
4/95).

INDICE DEI NOMI

A 1 Ferro Commodities Corp. 241

A-N Trading 241

A. Testoni AG 111

ABB, s. Asea Brown Boveri

Abedi, Agha Hasan 178-181

ABN-Amro 98, 199


Aboudaram, Alain (auch Gruppe) 278

Abuk Holding 241

AC Milan 43, 48

AC Torino 43, 48

Acacias Corp. 247

Acampora, Giovanni 230, 232

Achermann, Mike 373

Adham, Kemal 178


Adia Interim 303

Adler Bank 361

Admina 111

Administra Handels Anstalt 358

Administra Inc. 358

Advantage International 84, 85

Aero Leasing Italiana (ALI) 187

Aerpat 213
Affeltranger, Anton 63

AG für Industrieprojektierungen 169

AG für technische Projektierungen 169

AG Luftseilbahn CorvigliaPiz Nair 349

Aga Khan, Karim 342

Agee, William 291

Agemar 368

Agenzia Nazionale Stampa Associata (ANSA) 218

Agip (auch Agip International Holding, Agip Petroli) 156-163, 173,


182, 185, 186, 192, 198

Agnelli, Gianni (auch Gruppe) 131, 132, 377

Agol Chemie 123, 126

AIM Group Zürich Acquisitions, Investments, Mergers AG 313, 314

Air Express International Enterprises 169

Akbar, Sayed Mohammed 182

AKG Holding 56, 57

Aktiengesellschaft für Immobilienanlagen in Residenzzentren 223

Al Quraishi Investment Corporation 241


Albaradan, Freimaurerloge 319

Albisetti, Fiorenzo 34

Albisser, Peter 246

Alcatel-Alsthom 190

d'Alessandro, Maria Cristina 182

Algrado 305

Alisur 241

Alitalia 317
All Iberian 227

Alleanza Nazionale (AN) 161

Allegis 372, 373

Allenbach, Beat 251

Allfinanz 227

Allied Engineering 216, 217

Alma 111

Almaleh, Sem 74, 78


Almashrek Bank 340

Almeria Properties 102

Almirante, Giorgio 31

Aloisio, Carlo Vincenzo 27, 33

Aloisio, Emilio 33, 43

Aloisio, Lorenzo 23, 24, 27-29, 31-33, 43, 46, 50, 51

Aloisio, Piergiorgio 30, 33, 49-51

Alpha Ciné 117


Alpina, Freimaurerloge 303, 307

Alrodo 305

Altawa 111

Altissimo, Renato 320

Altra Treuhand 199, 200, 385

Alvino, Riccardo 264

Amal currency investment 278

Amal Finance Corporation 278

Amapola R. Estate 212


Amato, Giuliano 138

Ambrosiano, s. Banco Ambrosiano

Ambrosoli, Giorgio 265

Amendolito, Salvatore 245, 246, 248, 253, 256-259

American Express 68, 73, 74, 76-78, 81, 82, 86

American International Corp. 264

American International Corp. 264

Amincor Bank 264


Amministrazione Patrimonio Santa Sede (APSA) 262, 323, 333

Amoco, s. Standard Oil of Indiana

André Lalonde 122

Andreotti, Giulio 61, 130, 132, 133, 138-140, 161, 194, 218, 231,
284, 342

Andromidas, Dean 85

Angeli Frua, s. De Angeli Frua

Angelini, Fiorenzo 218

Annunziata, Ennio 287


ANSA, s. Agenzia Nazionale Stampa Associata

Ansbacher, s. Henry Ansbacher Group

Anselmi, Tina 283-285, 295

Antikommunistische Liga der Völker Asiens 31

Antognini, Gianfranco 362

Antonini, Giorgio 357, 358

Anubit 241

Apolab 169
Aponte Romero, Waldino 20, 21

APSA, s. Amministrazione Patrimonio Santa Sede

Arabella 313

Arana de Nasser, Sheila Miriam 240

Arden Equities 108

Arden Investments 102

Ares Serono 60, 61

Arias, Luis 207


Ariosto, Stefania 230

Arlacchi, Pino 164

Armani 341

Armtex Products 241

Arner Bank, s. Banca Arner

Arnold, Pierre 120, 124-127

Arnus Holding 108

Arthur Andersen 47, 103, 210

Artox Corporation 241


Arvoly 241

Ärzte- und Apothekervereinigung, italienische 218

AS Roma 222

Asea Brown Boveri International Finance NV 94

Asea Brown Boveri 94, 146

Assem 111

Association of International Accountants (AIA) 103

Assovetro 32
Astag 354

ATAG Ernst & Young 81, 340

Atlanticomnium 75

Atlanticomnium 75

Atlantis 222

Atlantis Bank 39, 332

d'Aubert, François 329-332, 340, 341

Aubertinaz, Claire 103


Aubry, Geneviève 30, 31, 34, 39, 51

Aubry, Patrice 207

Auchi, Nadhmi 196, 197, 368-370

Auchlin, Pascal 87, 301, 305

Auer, Gerhard 353

Aurelius Financing Co. 224

Ausonia 331, 335

von Avalon, Alram, d.i. Höglhammer, Hermann 307


Avanzi, Sergio 108, 110

Aviation Values Corporation 241

Avondale Nominees 102

Ayala, Giuseppe 252

B.E.G International 106

Bachelet, Vittorio 286, 287

Badalamenti, Gaetano 247

Badaloni, Elena 331, 345, 348

Bagnasco, Orazio 275, 276, 341-343


Baisi, Raul 264

Baktiar, Farhad 112, 332

Baktiar, Shapour 112, 332

Baldor Anstalt 359

Balducci, Enrico 311

Balerna, Andrea 222

Ball, George 362

Ballinari, Arno 224


Bally 381

Balzamo, Vincenzo 42, 157, 185, 186, 195, 197

Banca Agricola Rumena 318

Banca Arner (auch Arner Holding SA, Arner SA) 103, 112, 192,
193, 226, 228, 229

Banca Commerciale di Lugano 39, 332, 348

Banca Commerciale Italiana (Comit) 39, 131, 216, 224, 260, 360-
363, 366, 367

Banca d'Italia 140, 218, 238, 267

Banca del Gottardo 110, 209, 212, 261-263, 267, 268, 270, 272,
273, 275, 313, 359, 361-363, 368

Banca della Svizzera Italiana (BSI) 112, 170, 191, 212, 224, 229,
246, 262, 360-363, 367, 371, 375,

383

Banca di Credito e Commercio 239

Banca di Roma 311, 314, 317

Banca Nazionale del Lavoro (BNL) 131, 245, 260, 267, 296, 328

Banca Popolare di Novara 338

Banca Privata Finanziaria 264


Banca Privata Italiana 264

Banca Unione 264

Banco Ambrosiano 75, 142, 144, 147, 148, 151, 217, 218, 260-263,
265-270, 272-277, 279, 283, 284,

287, 300, 302, 323, 331, 332, 341, 342, 350, 354, 359, 361, 363,
368

Banco de Bilbao-Vizcaya (BBV) 263

Banco di Lugano 218, 274

Banco di Napoli 176, 221, 260

Banco di Roma 131, 311


Banco di Roma per la Svizzera 218, 262, 274

Banco di Santo Spirito 58, 310-312, 316, 318, 321

Banco Financieiro Sudamericano 187

Banco Pastor 207

Banco Safra 71

Banda della Magliana 311

Banesto 350

Banham, Sir John 299


Bank Adamas (vorher Bank Albis) 50, 111, 264, 354

Bank Albis 28-31, 34, 36, 38-44, 46, 48-52, 54-56, 111, 264, 315,
354

Bank am Bellevue (BB) 381, 382

Bank Bär 82

Bank europäischer Genossenschaftsbanken (BEG) 370

Bank für Handel und Effekten 305

Bank Haerry 28

Bank Hugo Kahn & Co. 305


Bank in Liechtenstein 97, 212

Bank Leu 96, 212, 349, 361

Bank Mees Pierson 80

Bank of America 180

Bank of Commerce and Credit International (BCCI) 51, 75, 177-


182, 187, 213, 274, 386

Bank of England 51, 179-181, 299

Bank of New York Inter Maritime Bank 193

Bank Roulston 28
Bankgesellschaft, s. Schweizerische Bankgesellschaft

Bankverein, s. Schweizerischer Bankverein

Banque Audi (Suisse) 80

Banque Bruxelles Lambert (BBL) 191, 278, 328, 335, 346, 347

Banque Continentale du Luxembourg 368-370

Banque de Commerce et de Placements (BCP) 51, 175-181, 274

Banque de Financement (Finabank) 264

Banque de gestion privée 249

Banque de Luxembourg 25
Banque de Patrimoines Privés Genève (BPG, früher Banque
Karfinco) 15, 16, 191, 193, 200, 229, 385

Banque Française de l'Orient 80

Banque Indosuez 68, 80, 212, 333

Banque Karfinco 15, 41, 44, 48, 157, 160, 173, 186-191, 193, 200,
209, 385

Banque Nationale de Paris (BNP) 194, 278

Banque Paribas 189, 196, 197, 208, 212, 318, 334, 368-370

Banque Paribas (Suisse) 189, 190, 302, 328, 334, 347


Banque Privée Genevoise 191

Banque Robeco Suisse 80

Banque Romande 362

Banque Scandinave 100, 101

Banque Unigestion 80, 81, 124, 363

Banque Worms 80

Banzer Suàrez, Hugo 31

Bär, Nicolas 63, 64

Barchi, Pier Felice 26, 226, 227


Barclay Bank (auch Barclay Trust) 80

Barinvest 108

Barnevik, Percy 94

Barre, Raymond 112, 384

Barros, Rui 105

Barsy Services 197

Baschnagel, Hubert 190, 191, 209, 367, 382

Basler Versicherung 324, 339


Bassi & Partners, s. Roberto Bassi & Partners

Bassi, Roberto 109, 110

Bassi, Sergio 190, 191

Battaini, Bruno 305, 306

Baudat, Eric 206, 324, 346, 349, 350, 354

Baumgartner, Hans 39

Baur, Robert 75

Bayern München 116


BBC Brown Boveri AG 363

BCCI, s. Bank of Commerce and Credit International

BDD Binder Hamlyn 103

Beau-Rivage Hôtel, Lausanne 100

Beaverbrook, Lord 336

Beaverbrook Ltd. 101, 336, 337

Bechtel 196

Becker, Gary 297


Béghin-Say 202

Bellafit 241

Bellemans, Jean 324, 333, 349, 354

Belli, Ferdinando 173

Bendjedid, Chadli 194

del Bene, Alessandro 294

de Benedetti, Carlo 64, 132, 276, 342-344

de Benedetti, Familie 64, 70

de Benedetti, Rodolfo 64
Beneduce, Alberto 131

Beneduce, Idea Proletaria 131

Beneduce, Idea Socialista 131

Benezra, Albert M. 72, 87

Benhamou, Joseph 78, 80

Benoist, Jean-Marie 31

Bergonzi, Maurizio 110

Berlinguer, Enrico 133


Berlini, Giuseppe »Pino« 201, 203-208, 211, 212, 216, 217, 220

Berlouis, Ogilvy 336

Berlusconi, Paolo 226

Berlusconi, Silvio 29, 43, 48, 137, 140, 141, 161, 192, 223-228,
230, 232, 271, 283, 285, 297, 298,

345, 371

Bernabè, Franco 15, 159, 160, 198

Bernasconi, Alfredo 383

Bernasconi, Paolo 39, 110, 150, 198, 210, 241, 242, 248, 300, 343,
344, 365, 375
Berner Sport Club Young Boys (BSC YB) 115, 116

Bernheim, Antoine 132

Berra, Amilcare 152

Bertarelli, Fabio 61

Bertelsmann 297

Berti, Alberto Jaimes 302

Bertoli, Romano 149, 153

Bertossa, Bernard 146


Bervini, Rossano 371

Bevilacqua, Italo 27

Bhutto, Zulfikar Ali-Khan 178

Bianchi, Emilio 27

Bianchi, Oberst der italienischen Finanzpolizei 282, 283

Bickart, Jean-René 324, 347, 349, 354

Big John, Affäre 19-21

Binda, Emilio 209


Binde, Ruth 37

Bindella, Fiamma 222

Binggeli, Markus 189, 207, 211, 229, 313

Biondi, Alfredo 140, 297

Bisagno, Rico 303, 306

Bisignani, Luigi 217-219

BK Vision 384, 385

Black Clawson Afex-Wintech 241


Blacky 121, 122

Blocher, Christoph 99, 280

BLP Banque lausannoise de portefeuilles 349

Blum, Pierre Alain 190

BNP, s. Banque Nationale de Paris

Bodenmann, Hermann 90

Boesky, Ivan 328

Boissier, François 71

Bolduc, J.P. 292


Bolfo, Bruno 110

Bolgiani, Francesco 209, 261, 262, 272

Bollag, Josef 249

Bollag-Stiftung Flora, Bona und Rosa 249

Bolli, Rolf 177

Bon Génie 64

Bondpartners 349

Bongianino, Piero 338


Bongiovanni, Ernesto 22, 25

de Bonis, Donato 218, 219, 263, 290

Bonnant, Marc 75, 86, 88, 301, 352, 353

Bonnard & Gardel 349

Bontate, Stefano 139

Borak 187

Borden 292

Il Borghese 167, 277


Borradori, Giordano 30

Borrelli, Francesco Saverio 135, 137

Borsani, Lidia 223

Borsano, Gianmauro 43, 44, 48

Borsellino, Paolo 244

Bossi, Bixio 57

Botta, Edgardo 27, 52

Botta, Mario 272, 273, 382


Bouchard, Charles 362

Bourgknecht, Jean François 357

Bragiotti, Enrico 361-363, 366

Brakers 57

Brandolini, Nuno 313

Bravetti, Nicola 112, 228, 229

Braxton & Cie. 113

Bremo Establishment 359

Bremse Gesellschaft 56, 57


Brenneke, Richard 299, 300

Bretton Woods 177, 265

Bricchetti, Renato 144

Brigate Rosse 133, 287, 296

Brinkbäumer, Karl 85

Brioschi, Guido 29

British Petroleum (BP) 162, 163

Brockenhaus Zürich 303-306


Broncos, Rockergang 114, 118

Brondi e Saroldi 46

Bronfman, Edgar 363

Brovelli, Elda 224

Bruderer, Hanspeter 209

Brüesch, Marco 179

Bruker-Spectrospin Vertriebsgemeinschaft 111

Brunner, Christiane 193


Brunschwig, Michel 64

BSI, s. Banca della Svizzera Italiana

Buchberger, Riccardo 58

Bucknam, Robert 256

Budich, Hermann 169, 170, 175, 176

Buffle, Jean-Claude 86, 89, 90

Building Development Components 109

Buontempo, Eugenio 187


Buonvicini 30

Burbridge 195

Burkhard, Bernhard 34, 39

Burrough, Bryan 68, 74-76, 79, 88

Buscetta, Tommaso 164

Bush, George (auch Bush-Administration) 256, 258

BZ Bank 170

Cabassi, Giuseppe 331

Cadario, Carlo 177


Cademartori, Remo 57

Caesar, Hans-Joachim 364

Cagliari, Gabriele 156, 158, 159, 185, 186, 194, 204, 209, 217, 222

Calabrò, Maria Antonietta 260, 264, 300

Calaghan, Lord 181

Caland, Pierre 313

Calcestruzzi 202

Calero, Alfonso 31
California Public Employees Retirement System (CALpers) 372

Calmes, Marco 34

Caloia, Angelo 263

Calvi, Clara 271, 284

Calvi, Fabrizio 42, 43, 131, 192, 219

Calvi, Roberto 142, 143, 147, 260-278, 283, 284, 287, 289, 300,
302, 323, 331, 359, 361, 363, 368

Camaggi, Canda 227, 228

Cambio Corso 44
Cameli 347

Cameron, Kenneth 358

Camorra 46

Camponovo, Geo 220, 343

Canavesi, Antonio 108-110

Canepa, Walter 273

Canetti, Clara, s. Calvi, Clara

Cannizzo, Giovanni 238, 239


Cannon Group 344

Cantieri Navali Riuniti 368

Cantrade Banque Privée 63, 315

Capaldo, Pellegrino 312

Cappelli, Carlo 318

Cappello, Giancarlo 167, 171-173, 182, 183, 213, 214, 220

Caprioglio, Roberto 64

Cararra, Giovanni 33
Carbone, Eugenio 317

Carboni, Flavio 270, 275

Carelle 212

Carey 292

Carib Holding 103, 229

Caribbean Estate Company 103, 229

Caribbean Hotel & Resort 103, 229

Carli, Otello 238, 239

Carlos, s. Sanchez, Illich Ramirez


Carnimex 249

Carolina 300

Carratu International 74

Carter, Jimmy 181, 327

Cartillier, Michel 74, 77, 82

Caruana, Don Alfonso 94

Casalee 84

Casey, William 291


Caso, Giangaetano 316-318

Cassa di Risparmio di Roma 311

Cassa per il Mezzogiorno 132

Casselli, Giancarlo 139

Castaldini, Elio 108

von Castelberg, Carlo 261, 267-270, 272, 273, 275, 276

Castro, Fidel 89

Cattaneo, Fausto 225, 226


Cavadini, Adriano 172, 173

Cavelty, Luregn Mathias 172, 174, 175, 182

Cavour, Camillo 288

CCS Control Centers 249

Ceauescu, Nicolae 318

Cecchi Gori, Mario 202

Cecconi, Maria 330

Cefis, Cristina 167


Cefis, Eugenio 163, 166-169, 176, 203

Celesti, Salvatore 256, 257

Celio, Nello 39, 113, 193, 332, 333, 346, 354

Cementi Ravenna 202

La Centrale Finanziaria 267, 269, 270

Centrum Bank 98

Cerdana, Umberto 301

Cerrutti, Giorgio 319

Cerrutti, Sergio 58
Cerus Holding 64

Ceruti, Marco 279

Cesqui, Elisabetta 283, 286

Chambost, Eduard 111

Chapuis, Maurice 65

de Chastonay, Pierre 124, 380

Chemgen Products Services 241

Chempro 249
Chemtrade & Finance 195

Chevallaz, Georges-André 111, 384

Chevallaz, Jean 111, 120, 122, 127 Chevron 162, 163

Chiarella, Vincenzo 108

Chiari, Romulo 172

Chiariello, Francesco 172-174, 182

Chicago Board of Trade (CBOT) 204

Chiesa, Laura 136


Chiesa, Mario 136, 137

Chirac, Jacques 307

Chomeini, Ruhollah 156

Christlichdemokratische Volkspartei (CVP) 30, 31, 35, 39, 75, 84,


144, 179, 235, 254, 277, 356, 357

Chronofin 241

CIA 130, 131, 162, 164, 291, 299, 373

Ciaccia, Paolo 157, 160, 185, 195

Cicurel, Michel 64
Ciga 342

Cilag 60

Cimino, Bruno 186

Cincera, Ernst 308

Cinéma 5 Europe 345

Cipriotti, Pio 217

CIR, s. Compagnie Industriali Riunite

Cirillo, Ciro 296


Cirio Polenghi De Rica (auch Cirio International BV) 221, 222

Cisalpine Bank 263

Citco, s. Curaçao International Trust Company

Citibank 177, 245, 246, 314

Classic Air 305

Clinique Chirurgicale et Permanence de Longeraie 349

Clipper 309, 315, 316, 318

Clubeira 212

Clubeira Establishment 211


Coastline Securities 102

Coen, Danielle 65

Coen, David 65

Cofaba 169

Cofi 362

Cofibel 32, 46

Cofide, s. Compagnia Finanziaria de Benedetti

Cofiducia 111
Cofigen 224

Cofimines 32

Cofimines 32

Cogefar Holding 199, 379, 380

Cogefar-Impresit 124, 380

Cohen, Aslan 65

Cohen, Peter 73, 76

Cohor Holding 167


Coim-Suisse 104, 359

Coiro, Michele 230

Colby, William 131

Collenberg, Alberto 359

Colombo, Emilio 131, 342

Colombo, Gherardo 41, 43, 137, 138, 142, 143, 153, 157, 230, 295

Coltamai, Enzo 22, 23, 34, 40, 42, 45, 49, 52, 53

Comdatech Trading 241


Comerint 191

Comfinance Holding 331, 345, 347

Comifin SA (auch Comfin) 40-42, 45, 48, 49, 51, 195

Commerzbank 193

Compagnia Finanziaria de Benedetti (Cofide) 64

Compagnia Generale Finanziaria (CGF) 58, 287, 319

Compagnia Mobiliare 222

Compagnie de Banque et d'Investissements (CBI) 63, 64, 81, 84,


85
Compagnie de commerce et d'échange Codeco 349

Compagnie de l'Occident pour la Finance et l'Industrie (COFI 224

Compagnie de Navigation Mixte 197, 369

Compagnie de Participations Industrielles et Financières 80

Compagnie de Participations Internationales 368

Compagnie de Suez 68

Compagnie Financière de Gestion 25

Compagnie Financière du Château d'Allaman 189

Compagnie Financière Espiritu Santo 105


Compagnie Industriali Riunite (CIR) 64, 343

Compagnie Internacional de Industria y Comercio 212

Compagnie Internationale de Participations Bancaires et


Financiaires (CIPAF) 368-370

Compagnie Luxembourgeoise de Télédiffusion (CLT) 328

Compagnie Monégasque de Banque 362

Compendium 261, 262

Compimassa 113

Comsefin 110
Concordia, Freimaurerloge 317

Conde, Mario 350, 371

Congregatio 305

Coniston Partners 372-374

Conseil Aboudaram Alain 278

Construire 120

Consultfin 246

Conti Commodity Services 245


Continental Illinois Bank 264

Contrada, Bruno 244, 252

Coopers & Lybrand 349

Corak 188

Corakges 107, 188

Coral Fish 195

Cordova, Agostino 286, 287, 319

Coriat, Paul 346


Corleonesi, Mafiafamilie 19, 139, 140

Cornfeld, Bernard »Bernie« 89

Cornu, André W. 30

Corriere della Sera 42, 43, 167, 168, 268, 271, 283

Corrocher, Graziella 270

Corsi, Giorgio 176

Cortaillod (Gruppe) 190

Cortina 122
Cosa Nostra 19, 139, 244, 270

Cossiga, Francesco 134, 139

Costanzo, Maurizio 283

Costomeni, Etienne 105

Cotti, Gianfranco 30, 31, 33-39, 49, 50, 54, 143

Cotti, Spiess, Brunoni & Partner 366

Cottier, Roland 105

Counter Intelligence Corps (CIC) 293

Couteau, Gilbert 116


Coutts & Co. 80

CPS Associates 241

Cragnotti & Partners 101, 213, 219-222, 229

Cragnotti, Sergio 101, 192, 219-222, 229

Craxi, Bettino 87, 136-138, 142, 143, 146-149, 151, 157, 165, 186,
225, 227, 232, 284, 297, 326, 371

Craxi, Bobo 136

Credex 113

Credinter 169
Crédit Commercial de France 176, 212, 323, 333

Crédit Communal (Gruppe) 328

Crédit Industriel d'Alsace et de Lorraine 25

Crédit Lyonnais 189, 221, 326, 334, 337, 344-347, 349-353

Crédit Suisse Fides Trust 349

Credito Italiano 131, 260

Crippa, Michel 354

Croce, Franco Noël 172, 173, 186-191


Crochet, Catherine 336, 352

Crochet, Delauney 336, 352

Crochet, Jean-Louis 145, 325, 336, 348, 349, 351-353

Croci, Sergio 109

Cronassial-Affäre 58, 59, 61

Cross Hill Investments 212

CS Holding 37

CSC Impresa Costruzioni 124, 379, 380


Cuccia, Enrico 132

Cuf Finance 349

Cuffaro, Giuseppe 19-22, 25

Çukurova Holding 51, 181, 187

Cuntrera-Caruana, Mafiafamilie 94

Cupola, Mafiagremium 19

Curaçao International Trust Company (Citco) 100, 103

Curator (alle Gesellschaften) 104, 167, 171, 172, 182, 183, 210,
213, 214, 220
Curiger, André 176, 323, 333

Curtò, Diego 215, 216

Cusani, Sergio 217, 218, 220, 316

Cutolo, Raffaele 296

CVP, s. Christlichdemokratische Volkspartei

D'Ambrosio, Gerardo 137

D'Andria, Renato 319

Da Empoli-Gautschi, Adelheid 189, 190


Dafond, Sergio 253

Dai Ichi Kangyo Bank 80

Dallo, Bruno 324, 339

Dana, Thierry 53, 62

Dana, Victor 53, 62

von Däniken, Urs 235, 258

Darier, Hentsch & Cie. 63

Datagraph 241

Dätwyler AG 179
Davigo, Piercamillo 137, 138

DC, s. Democrazia Cristiana

De Angeli Frua (DAF) 319, 331, 335, 338, 339

De Gennaro, Gianni 22

De Laurentiis Group 344

De Lutiis, Giuseppe 293, 299

De Megni, Augusto 286

De Strobel, Pellegrino 274


De Toledo, Edu 225

DEA, Drug Enforcement Administration 88

Defouni, Rafic Claude Abdallah 193, 199

Deggeller, Otto 103

Del Bue, Paolo 228, 229

Delachaux, Jean Louis 63

Delaney, Brendan 336, 337

Delaney, Christopher 279


Delaney, Deborah 336, 337

Dell'Orto, Gianni 158, 160, 172, 174, 182, 185, 186, 195, 196

Dell'Osso, Pierluigi 147, 168, 266, 274, 275, 278, 279

Della Flora, Giorgio 172, 173, 182

Della Torre, Franco 246-248, 251

Della Valle, Francesco 58, 59, 61

Della Valle, Renato 228

Delley, Marcel 190


Deloitte & Touche Experta 213

Deloitte & Touche 210, 212

Delon, Alain 374

Demetera Edizioni 302

Demo Scope Holding 241

Democrazia Cristiana (DC) 48, 130, 131, 133, 139, 140, 161, 177,
195, 217, 283, 284, 293, 296, 327,

329, 369, 380

Denz, Silvio 305, 306


Denz, Werner 305

Desmarais (Gruppe) 328, 368

Deutsche Bank 132, 177, 263

Deutsche Bischofskonferenz 263

Deutsche Genossenschaftsbank (DG Bank) 212, 370, 371, 375

Deutsche Reichsbank 364

Di Bernardo, Giuliano 288, 317

Di Donna, Leonardo 143, 147, 149, 151, 153, 165, 267, 284, 296

Di Maggio, Antonio 226


Di Maria, Piêrr 60, 61

Di Nunzio, Giorgio 277, 278

Di Pietro, Antonio 41, 42, 60, 136-138, 140, 141, 147, 157, 185,
188, 201, 205, 212, 217

Diana, Agostino 168, 172, 176

Diario 330

Diecidue, Romolo 293

Diffusia 117

Dilenschneider, Robert 292


Dini, Lamberto 140, 218

Diomede, Alfredo 317

Dipartimento Investigativo Antimafia (DIA) 46

Discount Bank Overseas 223

Dobler, Alois 84

Dominant Holdings 241

Dominion Trust 64

Domino Musik 169


Donati, Brunello 222

Donati, Fabrizio 34, 51

Donhauser, Hannelore 211

Doninelli-Binaghi, Stefania 57, 224

Doninelli, Ercole 27-30, 49-51, 57, 224

Doninelli, Giuseppe 56, 57

Donovan, William »Wild Bill« 291

Doren Overseas 189, 190


Dotti, Vittorio 230

Dowal Corp. 369

Dresdner Bank 194, 332

Drexel Burnham Lambert 328

Drogenkartell, kolumbisches 181, 240

Duferco 110

Duft, Peter 276-278, 354

Duménil Leblé 64
Dumex 169

Dunatov, Matteo 210

Duomo Connection 25

Durussel, Christian 191, 207, 229, 313

Dweck, Cyril 78

Dweck, Familie 63, 65, 66, 69

Dweck, Giacomo 65, 72, 73

Dweck, Maurizio 65, 66, 70

Dynamic Enterprises Holding 241


E & C Trading 249

Ebel Finance 190

Ebner, Martin 170, 384, 385

Edelman, Asher 111, 372

Edilnord 223

Edison 360

Editions du Temple 241

EF Hutton 247
Eggert, Jörn 341

Ehrismann, Gertrud 150

Ehrler, Alois 172, 173

Eidgenössische Bankenkommission (EBK) 28, 29, 57, 64, 71, 78,


90, 99, 150-152, 177, 178, 188, 280,

342, 362-364

El-Khoury, Michel 313

Electric Mutual 95

Elf-Aquitaine 163, 182, 192


Elinex Holding 249

Elor-Beteiligungs- & Verwaltungsgesellschaft 241

Elosua 207, 208

Elosua, Andreas 207

Elosua, José-Manuel 207

Elysée management 349

Emaco Holding 190

Empain, Baron 32
Encyclopaedia Britannica Verlag 80

Energy Investments 112

ENI, s. Ente Nazionale Idrocarburi

Enichem (alle Gesellschaften) 156, 173-175, 192, 213, 222

Enimont (auch Enimont International) 101, 158, 192, 204, 213, 215-
218, 220-222, 263

Ente Minerario Siciliano 329

Ente Nazionale Idrocarburi (auch Gruppe) 15, 41-43, 48, 55, 101,
107, 143, 147-149, 152, 153, 156-

163, 165-177, 182-190, 194, 197-199, 204, 213-217, 222, 267, 284,
296, 323, 326, 329, 332, 333,
340, 341

Entreprises et Travaux de Construction 380

EP Services 193

Epoca 297

Erdoan, Celal 86

Ericsson 146

Eridania 202, 207, 208

Ermenegildo Zegna 64
ES Consult 111

Esib Smile 212

Espiritu Santo, s. Compagnie Financière Espiritu Santo

L'Espresso 342

Esslinger, Ernst 210, 213, 220

Esso 162, 354

Etablissement Valina (Anstalt Valina) 211, 212

Etablissement Valina/Fidinam Fiduciare SA 211


Etairoi Holding 103, 229

Eti AG Holding 224

Etraco 241

Eucken, Walter 297

Eurinval 46

Euro-Oil Invest 106

Eurobelge Holding 347

Europe Mont Blanc 117


Europrogramme 340-344

Eurotrust International Holding Corp. 102, 108

Evansil 349

Excelsa Confiserie 23

Executive Intelligence Review (EIR) 85

Falcone, Giovanni 19, 244, 251, 252, 256, 257

Faltet 212

Fantre Finanz 241

Fardafid 40
Fardafin 40, 354

Farnham, Lord 299

Fasco AG 264, 359

Fasel, Roland 103

Favre, Claire 77

FBI 19, 20, 24, 244, 247, 248, 256, 258

FC Sion 341

FDN 31
FDP, s. Freisinnig-Demokratische Partei

Federici, Elia 309

Felber, René 193

Feller, Roberto 30

Fenrir 111

Fentener Van Vlissingen, Frederik 332

Ferranti, Enrico 172, 174, 216, 217

Ferrara, Giuseppe 271


Ferrari, Alberto 209, 267, 296, 328

Ferrari, Demetrio 30, 33, 37

Ferrechi, Giorgio 227

Ferrovie Torino Nord (FTN) 46

Ferruzzi (alle Gesellschaften) 132, 201-213, 215, 216, 218-220,


222, 229, 316

Ferruzzi, Alessandra 204, 219

Ferruzzi, Arturo 204, 220

Ferruzzi, Familie 201, 204, 212, 221


Ferruzzi, Franca 204

Ferruzzi-Montedison 209, 211, 212, 215, 220-222

Ferruzzi, Serafino 202, 204, 205

Ferruzzi, Vittorio 202

Festing, Matthew 291

Feybli, René 192

FIA Fachinspektorat für Aufzüge 111

Fiat 124, 131, 132, 199, 203, 377, 380


Fibi Bank, s. First International Bank

Fidelity Fund Boston 292

Fidia Pharmaceutica 56-61

Fidiafin 57

Fidinam (alle Gesellschaften) 104, 109, 110, 189, 191, 197, 201,
207-209, 211, 212, 229, 313, 357-360,

362-367, 370, 371, 375-377, 382, 383

Fidirevisa 191, 193, 207, 382, 385

Fiduciaire Générale 274


Fiduciaria Tramezzani 41

Fiechter, Georges 75

Le Figaro 197, 369

Figed 369

Figliuzzi, Tommaso 230

Filocity 7 117, 123

Fimag AG, s. Finanz und Managment AG für Sport und Kultur

Fimo Gem Stone 33

Fimo, s. Finanziaria Mobiliaria SA


Finabank, s. Banque de Financement

Finagest 245-247, 249-251

Financial Action Task Force on Money Laundering (FATF) 11

Financial Corporation of North America (FCNA) 367

Financial Group of North Atlantic (FGNA) 191, 367, 370, 372, 375,
377, 382

Financing and Investments NV 209-211, 220

Finansag 241

Finanz und Management AG für Sport und Kultur (Fimag AG) 115
Finanz und Vertrauens Handels Anstalt (FVA) 364-366

Finanzco 278

Finanziaria Mobiliaria SA (Fimo) 20, 22, 23, 25-38, 40-57, 62, 73,
81, 157, 158, 195, 197, 224, 233,

244, 264, 315, 354

Finas Versicherung 170, 171

Finexpo 266

Fingems Financial Gems Invest 33

Fini, Gianfranco 161


Fininvest (alle Gesellschaften) 29, 141, 226-229, 232, 297, 345

Fininvest International 345

Fiore, Carlo 158

Fiore, Raffaele 230

Fiori, Publio 297

Fiorini, Florio 75, 95, 101, 144, 145, 148, 150-153, 158, 160, 170,
176, 177, 182, 183, 189, 190, 206,

319, 323-329, 331-341, 343-354, 376

Firrao, Ruggiero 159, 266


Firs 338

Firsec 112, 332

First International Bank (Fibi) 72, 223

First National Audit di Fausto Virucci 101

Fiscalini, Elio 33, 38, 40, 44-46, 49, 51, 56, 57, 354

Fiss, Roger 177

Fleming 67

Fondation pour Genève 193


Fondation Verdan Claude 349

Fonds de prévoyance en faveur du personnel de la Clinique 349

Fontanet, Guy 112

Foreign Marketing 337

Forgione, Francesco 317

Formalux 241

Formichi Moglia, Giancarlo 23-26, 53, 54, 62

Fornaca, Angelo 168


Forte, Franco 329

Fortrade finance corporation 278

Fortress Trust Company 113

Forza Italia 140, 231, 232, 297

Foscale, Giancarlo 226-228

Foseco Trading 111

Foti, Valentino 31-33, 45-47, 49, 51, 52

Fountainhead Group 112


FP Handels AG 241

Franchi France 57

Francis, Roger G. 107, 187, 188, 190, 195, 217

Frank Trading 241

Franke, Günther 189

Franklin National Bank 264, 368

Fransad 315

Fraschetti, Umberto 57

Freddi, Francesco 324, 349, 354


Freeh, Louis 256

Freisinnig-Demokratische Partei (FDP) 29, 31, 99, 111, 190, 220,


237, 343, 380

Frenziek 249

Frère, Albert 328, 347, 368

Frick, James 292

Friedman, Milton 297

Friedman, Robert 79

Friedrich, Rudolf 31
Frigerio, Enrico »Kiko« 247, 250, 251

Frimusa 78

Frischknecht, Jürg 39, 270, 308

Front de Libération Nationale (FLN) 162

Frossard, Claude 77, 82

Früh, Walter 313

Furrer, Gustav 243

Fusi, Paolo 14, 40, 142


Futterknecht, Willi 176

Gaggini, Fabio 222

Galatolo, John 19-21

Galatolo, Mafiafamilie 19

Galerie Vallotton Paul 349

Galli, Giancarlo 132

Galli, Giorgio 129, 162, 166, 167

Galliani, Adriano 43
Galliano-Aloisio, Lucia 33, 49

Galliano, Franco 49

Gallo, Pier Luigi 34

Gallone, Paolo 189, 350

Gallotta, ? 319

Gambazzi, Marco 169

Gamberini, Giordano 292, 294, 295

Gambino, Mafiafamilie 19, 264, 265


Ganci, Joe 253

Gantin, Bernhardin 263

Gaon, David 112

Gaon, David-Nessim 65

Gaon, Familie 63-66

Gaon, Leon 112

Gaon, Nessim 64-66, 87

Gaon, Renée 65

Garbely, Frank 87, 301, 305


García Ramírez, Nelson Manuel 24

Gardini, Idina 202, 204, 205

Gardini, Ivan 204

Gardini, Raul 132, 192, 201-206, 208, 209, 2

IBM 317

Icahn, Carl 372

Ignacia Stiftung 112

IKEA 313
Ilex Trust Services 16, 26, 92, 104, 105, 107, 108, 110, 113, 115,
116, 119, 123, 127, 188

Iliescu, Ion 318

Imex Industrieanlagen und Maschinen 241

Imic 319, 338, 349

Immobilienstiftung Schweizerischer Pensionskassen 349

Imperio Reinsurance 102

Impreglio 380

Impresit 380
In Labore Virtus, Freimaurerloge 305

Inadco AG 17, 313, 321

Indaco AG 17

Indelec 357

Industrial Machinery Company 213

Info-Investments 249

ING (auch Gruppe) 328, 347

Inkra 241
von Ins, Walter 303, 304, 306

Inse & Pessina 109

Institut Monétaire 51

Inter-Elektronik 241

Inter-Marka AG für Kennzeichnungstechnik 241

Interchange Bank 57, 224

Intercontainer Machinery 241

Interfashion M + P 249
Interinvestment Corp. 41

International Financial Development Luxemburg 112

International Investment Development 195

International Oil Services 336

Internationale Stiftung für die europäische Zivilisation 384

Internationaler Währungsfonds (IWF) 12

Internationales Komitee zur Verteidigung der katholischen Tradition


290

Interpart Finanziaria 21
Interpart Holding 331, 332

Intersema Holding 241

Interzephyr 249

Intrapol 241

Investair 190

Investment Company of North Atlantic (Icona) 367

Investors Overseas Services (IOS) 89

Inzerillo, Mafiafamilie 264, 265

IOOC 195
IOR, s. Istituto Opere di Religione

IP-Petroli 163

Ipsa-2-Affäre 194, 196

Iran-Contra-Affäre 31, 75, 80, 88, 89

IRI, s. Istituto per la Ricostruzione Industriale

Irneri, ? 164

Irving Trust Bank 363

Isaacs, Abdullah 87
Isabella von Spanien »die Katholische« 63

Isarescu, Mugur 318

ISM Consult und Investment 111

Isowa 241

Israel Discount Bank 72, 223

Istituto Mobiliare Italiano (IMI) 230-232

Istituto Opere di Religione (IOR) 217-219, 260, 262-264, 269-271,


274, 277, 289, 290, 292, 302, 359

Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) 131, 132, 221, 311,


317, 360
Italcantieri 224

Italfinance International 182

Italicus-Express 294

Itoko Holding 29, 33, 41, 50, 51

J.B. Oxford & Company 313

J.B. Oxford Holdings Inc. 313

Jacob E. Safra, Maison de Banque 69, 70

Jacquemoud, Jean-Pierre 75, 77, 78


Jacquemoud, Laura 77

Jagro 241

Jalloud, ? 159

Jancu, Costel 318

Janjöri, Karl 148-152, 170-174, 183, 209, 327

Jaspen 111

Jeudi Sports 117, 123

Johannes Paul I. 277


Johannes Paul II. 218, 219, 263, 290

Johanniterorden 290

Jones, Kenneth 382

Jordan Brushes 169

Journal de Genève 63, 100

JS Holding SA (auch JS Consulting, JS Finance) 113, 115-127, 380

Junod, Charles-André 75, 78, 87, 88

Kaeslin, Jacques-André 233, 234


Kahane, Karl 327, 332

Kamer Martin Ltd. 111

Kaneko Holding 350

Kaneko Holding 350

Kantonalbank Genf 63, 65, 122, 124

Kantonalbank Tessin 254, 360

Kantonalbank Waadt 122, 127

Karamehmed, Mehmet 187

Karelion Anstalt Etablissement 41


Karfinco Holding NV 188

Karfinco, s. Banque Karfinco

Kasper-Ansermet, Laurent 181

Kassar, Adel 63, 315

Keicher, Walter 261

Keiser, Lorenz 37

Keller, Gianfranco 27, 52

Keller, Stephan 66
Kennedy, David 264

Keracem 241

Kerkorian, Kirk 345, 346

Kessel, Patrick 307

Kessler, Reto 112, 365

Ketterer, Claude 117

KGB 173, 233

King, Pascale 112


Kirby, Rose 24-26

Kirch, Leo 370

Kirschmann, François 206

Kiwexim 212

Klaus, Vaclav 297

Klauser, Peter 386

Klöckner 341

Knight, Stephen 299


Knox, Allen »Brito« 20

Koç (Gruppe) 124

Koch, Egmont 305

Kochan, Nick 180

Koenig, Walter 104, 107

Kofisa Trading 124

Kohli, Ulrich 84

Koipe 207, 208

Kollbrunner, André 309


Kollbrunner, Curt 309

Kollbrunner, Ellen »Winnie« 58, 309, 310, 312-316, 319-322

Koller, Arnold 233-236, 242, 258

Königliches Freimaurerspital London 299

Konto 14925/SCT Albatros 195

Konto 27971 Stefania 246

Konto 633.369 Protezione 142-153, 157, 168, 170, 174, 186, 252,
267, 268, 321, 335, 348, 366, 380

Konto Acacias 247


Konto Bukada 279

Konto Smart 245

Konto Tortuga 279

Konto Traex 247

Kopp, Elisabeth 75, 233, 234

Kopp, Hans W. 75, 171, 174, 182, 233, 234

Kott, Irving 313

KPMG Fides 109, 201, 205, 206, 221, 325, 326, 337, 346, 349,
352, 354
Kredietbank 209

Kreditanstalt, s. Schweizerische Kreditanstalt

Kristall Treuhand 199

Krohn, Audrun 332, 333, 346

Kroll, Jules 74, 271

Kronenberg, Hans 243

Kuhrmeier, Ernst 246, 365

Kunz, Hans Albert 270, 300


Kuoni 354

Kurt, Christian 50

Kuwait International Finance Company 182

L & S Conseil 80

La Barbera, Arnaldo 256

Laconfida 109

Laetitia 111

Laganà, Giorgio 198, 199


Laguzzi, Maurizio 309, 310, 315, 316, 318-321

Lahco 122

Lalitz 241

Lamerton Holding 212

Lamunière, Pierre 118

Landama 25

Landolt & Cie. 100

Landolt, Pierre 100, 101


Landolt-Sandoz, Nicole 101

Lange, Einer 332

Larini, Silvano 145-149, 151, 153, 157, 183, 186, 197, 225, 348,
366, 380

LaRouche, Lyndon H. 85

Lasa 343, 344

Lateranverträge 218

Lauber, Michael 236

Lazard Frères 132


Le Floch-Prigent, Loïk 192

Le Foyer Universitaire 349

Le Thanh-Lung 33

Leber, Ulrich 172, 173

Leclerc & Cie. 362

Leclerc, Robert 224, 362

Ledergerber, Elmar 242

Lefebre d'Ovidio, Antonio 326-328, 331-333, 335, 346, 347

Lefebre d'Ovidio, Manfredi 326-328, 331-333, 335, 346, 347


Lehman Brothers 362

Lehmann, Claudio 242, 243, 252, 254, 257

Lehmann, Peter 236

Lehner, Melk 381

Leir, Henri J. 368

Lely Patent AG 169

Lely Research Holding 241

Lely Zug 241


Lentini, Gianluigi 42, 43

Lenz & Staehelin 80

Lenzlinger, Iso 173

Leo XIII. 288

Leon Sanchez, Angel 20, 21

Leone, Giovanni 327

Lepori, Claudio 144, 146

Let Holding (auch Leysintours Let) 121-124, 127


Leuenberger, Moritz 255

Levi Montalcini, Rita 58, 61

Lévy-Lang, André 189

Ley Ravello, Florence 205

Leyendecker, Hans 85

Libanon Connection 62

Liberale Partei der Schweiz (LPS) 38

Libertas Schweiz 39
Libyan Arab Foreign Investment Company 340

Liechtensteinische Landesbank 97

Ligresti, Salvatore 171

Lim Keen 112

Lima, Salvo 139, 140

Lipha Pharma 349

Lisag-Liftcheck 111

Lissi, Diego 357-359

Livolsi, Ubaldo 229


Lloyd's of London 299

Lloyds Bank 299

Lo Presti, Fortunato 172

LO Holding Lausanne-Ouchy 349

Lockheed-Skandal 327

Lodigiani 380

Lodolo d'Oria, Alfonso 367, 377, 381, 382

Loesch, Jacques 313


Lombard, Odier & Cie. 123

Lombard, Thierry 63, 193

Longo, Pietro 296

Lorenzetti, Enrico 304

Lorsch, Jay 292

Lottusi, Giuseppe 21-26, 31, 33-36, 40, 44, 45, 48, 52-54, 73, 85

Lovelock 261, 262

de Luca Comandini, Raffaele 230


Lucky Luciano 129

Luginbühl, Rico 107, 115, 116, 121, 123, 124, 126

Luison, ? 150

Lunde, Lars 115, 116

Lustenberger, Erwin 241, 242

Luxembourg European Investment Holding 212

Lynch, Peter 291, 292

Mabillard, Max 123


Macchi, Rolf 207

Machiavelli, Niccolò 139, 176

Macioce, Thomas 263

MacPhail & Co. 105

MacPhail, Donald 105

Maddaloni, Mario 192

Madonia, Francesco 19

Madonia, Mafiafamilie 19-21, 26, 47

Mafia 19, 20, 25, 35, 42, 43, 46, 47, 55, 56, 62, 79, 94, 129, 135,
137, 139, 140, 142, 164, 166, 233,

234, 236, 238, 239, 244-246, 249, 251-253, 255-258, 260, 264,
265, 271, 277, 282, 283, 286, 328, 329,

359, 368,

Maggioni, Flavio 109

Magharian, Gebrüder 62, 386

Magnani, Roberto 205

Magni, Luca 136

Magrone, Nicola 378, 379


Mahe Bunkering Company 336

Mahlmann, Karsten 204

Mahr 249

Maitland 105

Malden Overseas 190

Malteserorden 219, 290-292

Manchham, James 336

Mancini, Gianfranco 338

Mancuso, Giovanni 140


Mani Pulite 13, 41, 44, 129, 130, 136-138, 142, 146, 159, 174, 185,
193, 204, 221, 226, 282, 321, 363

Mannesmann 196

Mantegazza, Geo 313, 356

Mantegazza, Sergio 356

Mantovani, Tiziano 319, 338

March, Robert 107

Marcinkus, Paul Casimir 218, 263-265, 270-272, 274, 277, 289,


290, 359
Marcos-Affäre 154

Marger 349

Marine and Merchant Bank 177

Marnetto, Renato 159, 176

Marshall, Greta 372

Marsilio Verlag 330

Marsyl 241

Martelli, Claudio 143, 147, 148, 151, 311, 314, 316, 319-321, 326

Martinelli, Pietro 371


Martinez Somalo, Eduardo 263

Martino, Antonio 297

Marty, Dick 226

Marua Holding 123

Marziale, Roberto 220-222

Marzocco, Alessandro 56, 57

Masoni, Franco 357

Maspoli, Flavio 342


Maternini, Angelo 57

Mato Grosso 225

Matsack 219

Mattarella, Piersanti 140

Mattei, Enrico 161-166, 169

Matteotti, Giacomo 161

Matthews, David 359

Matthis, Felix 270


Mattioli, Raffaele 360, 361

Maucher, Helmuth 112

Maxim's, Genf 117

Maxwell (Gruppe) 353

Maytime Developments 25

Mazzanti, Giorgio 165, 333, 340

Mazzini, Giuseppe 288

Mc Kenzie Mills, David 227


MC Finance 81

MCC Mobile Communications Company 169

McCaffery, John 166

McCormack 84

McGaw, Robert 111, 112

MCH Hotel Consult & Management 241

Mebco Bank, s. Middle East Bank

Medellín, Drogenkartell 20, 21, 24, 26, 35, 46, 47, 53, 55, 62

Mediobanca 132, 204


Medisafe 104

Mehrmann, François 105

Mele, Vittorio 230

Melodia, Nicola 186

Mennini, Luigi 264, 274

Mensch, Rubino 39

Mercury Holding 66

Merkur 75
Merlin Gerin 45, 279

Merlin, Helmuth 97, 211

Merlo, Mario 158, 173, 186

Merrill Lynch 26, 54, 247

Merz Wipfli, Barbara 104, 167

Il Messaggero 167, 168, 202, 222

Metalrite 241

Metals and Chemicals Promotion (MCP) 109


Metro Goldwyn Mayer (MGM) 334, 336, 345-347, 353

Metropolitana Milanese (MM) 146

Meyer, André 132

Michel, Christian 103

Michelangeli, Arturo Benedetti 291

de Michelis, Cesare 330

de Michelis, Gianni 326, 330

Michetti, Roberto 216, 221


Middle East Bank SA (Mebco) 75

Middle East Bank (Mebco) 75

Midgen Corporation 229, 313

Midland Bank 299

Mielke, Erich 305

Migrol 341

Migros 120, 125

Migros Bank 225

Milanesi, Fortunato 27
Milano Internazionale 224, 362

Milesi, Romana 357, 358

Miniati, Salvatore 245, 251

Mir Khan, Mohammed 205

Mirabeau, André 374

Mirega 241

Mitsubishi 196

Mitterrand, François (auch Mitterrand-Regierung) 328, 334, 344,


368, 369
Mittwoch-Gesellschaft Zug 111

MK Mineralkontor 241

MKS Finance 75

Mobil 162, 163

Moci, Paolo 187

Mockler jr., Coleman 372-374

Modestia cum Libertate, Freimaurerloge 303-305

Moebius, Ulrich 59
Mondani, Paolo 317

Le Monde 351-353

Mondello, Fabio 230

Mont Pèlerin Society (MPS) 297

Montanari 341

Montanelli, Indro 163

Monte-Shell 163

Montedison (auch Montedison Finance, Montedison International)


132, 163, 166-168, 192, 202, 203,
205, 209-214, 216, 217, 220, 222

Montedison International Holding 203, 204, 209, 211-214, 216, 220

Montefibre 203

Moranzoni, Mario 228

Morard, Marcel 189

Mordasini, Piergiorgio 146

Mordasini, Sergio 357

Morel, Félicien 120


Morgan, John Pierpont 63

Morland Finance 190

Morland Overseas 190

Moro, Aldo 133, 139, 165, 295, 296

Morotti, Claudio 109

de Morpurgo Varzi, Graf Domenico 348

Morrison Knudsen 291, 292

Mosconi, Antonio 380


Moser, Max 305

Mossadegh, Mohammad 162

Moussa, Pierre 368

al Moussa, Samir 177

Muheim, Franz 179

Müller, Peter E. 303-306

Multi Media Consult 189

Multiestate Holdings 106

Munitionsfabrik Altdorf 179


de Muralt, Bertrand 362

Mussolini, Benito 131, 161, 218, 260, 287, 293

Musullulu, Yaar 247, 248, 253

Musumeci, Pietro 296

N.V. Euver 32, 46

Naco 382

Nadex SA 186, 189

Nair, Raj 105, 107, 108


Namibra 249

Naqvi, Kazem 180

Naqvi, Mohammed Swaleh 179, 181, 182

Narlon 241

Nasser, Gamal abd el 162

National Westminster Bank (auch Gruppe) 80, 299

Nato 293

Natoma 228
Navelink 349

'ndrangheta 286, 296, 319

Nedrun, Arild 332

Nelson, Frank 337

Nespeca, Antonio 357

Nestlé 292

Neue Bank 98

Neue Medien SAT 241


Neue Schauspiel AG 39

Neuen, Marc 25

Neuroni, Alfredo 266

New World Entertainment 344

Newap Trading 169

Nguyen Van Thieu 31

Nicolin, Danièle 103

Nicotec 241

Nixon, Richard 264


Nobelstiftung 61

Nobile, Gaetano 25

Noga 65

Nogara, Bernardino 262, 360, 361

Noida New Dehli 65

Noleda 241

NonproCons 306

Nopal International 169


Norbarn Management 241

Nord Marine Trading 110

Nordeurop Anstalt 279

Nordfinanz Bank 82

Nordstern 25

Norfinsud 193

North Atlantic-Société d'Administration (Nasam) 367

North, Oliver 88
Noseda, Alfredo 342

Notz, Peter 300

Le Nouveau Quotidien 89

Nummus Tugensis 111, 113

Nuovo Pignone 156, 159, 160, 184

Nutrasweet 111

Nutt, Edwin 211

Nyffenegger, Friedrich 243


O'Connor, John 263, 292

Oberholzer, Josef 240

Oberholzer, Niklaus 237

Oberson, Raoul 193

OCRA (Overseas Company Registration Agents) 102, 108

OCRA Management Services 102

Offshore Institute 102

Oficina de Cambio 24

Oficina de Cambio Internacional 23, 24, 53, 62


Oilinvest BV Nederlands 340, 341

Oleodotto del Reno 175

Oliver, Augustus 372, 374

Olivetti 64, 132, 169, 203, 342

Olivi, Luigi 300

Olney 212

Olympia & York 65, 353

Omni Holding 324, 334


Opel 85

Opex 241

Opromolla, Paolo 220, 221

Opus Dei 263, 302, 313

Orbo Finanz 111

Orden vom Heiligen Gral 307

Ordre des Avocats de Genève 75

Orell Füssli Annoncen 117


Organisation de l'Armée Secrète (OAS) 164

Orior 328

Ormyron, Isaac 65

Orox 186

Orsi, Luigi 338

Ortelli, Fausto 357

Ortolani, Umberto 159, 265, 269, 270, 275, 283, 289, 300

OSS 130
Ostertag, Michel Joseph 105

Oto Trasm 378, 379

Otopex-Holding 111

Ott, Alexander 305

Ottaviani, Luigi 368

Otto Holding 370

Oundjian 249

Overland Trust Holding 109

Overseas Bank and Trust 380


P-26, Geheimarmee 179

Pache, Charles-Daniel 206

Pacifico, Attilio 230-232

Pacini Battaglia, Pierfrancesco 15, 16, 41, 42, 44, 48, 157, 158,
160, 185-197, 199, 216, 217

Padrutt, Willy 233, 258

Paese Sera 167

Palace-Club 115, 121

Palazzo Giustiniani, s. Grande Oriente d'Italia


Palazzolo, Pietro 249

Palazzolo, Vito Roberto 246-250, 253, 257

Palladino, Vincenzo 216

Pallas-Gruppe 368

Palma Medical Supplies 110

Palme, Olof 300

Palombini, Andrea 25

Palumbo, Lou 373


Panorama 297

Pansa, Alessandro 256

Paperboard Holding 241

Papi, Enzo 199, 380

Papillon 250

Papival Holding 121, 124

Parenti, Tiziana 137

Parfinance 328
Pargesa Holding 328, 368

Paribas, s. Banque Paribas

Parli, Alessandro 250

Parli, Ernesto 250

Parmalat 339

Parmigiani 100

Parretti, Giancarlo 326, 328-332, 335, 336, 344-347

Participations Européennes 212


Partido Socialista Obrero Español (PSOE) 84

Partito Comunista Italiano (PCI) 129-131, 133, 134, 137, 139, 147,
167, 168, 218, 284, 293, 294, 296

Partito d'Azione 132

Partito Popolare 161

Partito Repubblicano Italiano (PRI) 177, 284

Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI) 177, 296

Partito Socialista Italiano (PSI) 48, 130, 131, 137, 142, 147, 148,
156, 157, 161, 165, 170, 177, 186,

195, 197, 199, 217, 267, 284, 296, 297, 307, 320, 326, 371
Partival 205, 206

Partridge Investments 105

Pathé Cinéma (auch Pathé Communication Corporation) 344, 345

Patra Holding 169

Patrioten in Deutschland 85

Patronaler Finanzierungsfonds der Zürich


Versicherungsgesellschaft 349

Patry, Eugène 374, 381

Patry, Jean 374


Patuzzo, Gianni 222

Paul VI. 289

Pazienza, Francesco 275, 277, 278, 301

PB Finance, s. SA Financière Patience Beaujonc

Peccorelli, Mino 140, 289

Pecufina 111

Pelaggi, Antonio 230

Pelli, Giuliano 75, 87


Pelter Business Corp. 189, 190

Pelz Import & Export 306

Pemberton, Jeremy 294

Pemex 182

Pennone, Robert 81

Perelman, Ron 372, 373

Pérez de Cuellar, Javier 139

Peri 169

Permaflex 293
Perón, Juan Domingo 285

Perozziello, Vincenzo 338

Perraudin, Paul 314, 315, 320

Personalfürsorgestiftung der Foseco Holding 111

Peschiera, Borromeo 172

Pessina, Cesare 172

Pétain, Henri Philippe 69

Peter, Markus 235


Petromin 165

Petromin-Skandal 340

Pettinello, Daniela 34

Peyrot, Nicolas 353

Pharaon, Ghait 178

de Piaggi, Tiziano 34

Piattini, Ina 357, 358

Piazza del Gesù, s. Gran Loggia d'Italia


de Picciotto, Daniel 63

de Picciotto, Edgar 63, 64, 70, 81-84

de Picciotto, Familie 63, 66, 85

de Picciotto, Guy 63

de Picciotto, Maurice 84

de Picciotto, Phil 84, 85

de Picciotto, René 63, 315

Picco, Renato 207-209


Pickens, T. Boone 372

Pictet et Cie. 63, 240

Pictet, Ivan 193

Pictet, Nicolas 63

Piergili, Patrick 173

Pierre Premier Part NV 347

Pieth, Mark 237

Pietzcher, Theodor 263

Pigorini, Pio 158, 186, 194


Piico 156

Pilatus Flugzeugwerke AG 381

Pilet, Jacques 86, 89, 90

Piliello, Pietro 319

Pineau-Valenciennes, Didier 45, 46

Pinochet Ugarte, Augusto 31

Pinto, Patrizio 316, 317

Pio Albergo Trivulzio 136


di Piramo, Renzo 363, 365

Pirelli (auch Gruppe) 131, 132

Pirelli, Leopoldo 132

Pironi, Renato 224

Pisanò, Giorgio 167

Pius XII. 262

Pizza Connection 226, 243-246, 248, 250-252, 256, 257, 386

Pizzi, Antonio 144


Pizzutti, Roberto 25

Plaiderie Trust 25

Plasticos Holding 111

Plastiras, Costakis 77, 82

Plettli 109

Plumbat-Skandal 368

Poggi, Daniele 222

Poggiolini, Duilio 60, 61, 218


Le Point 352

Poletti, Charles 57

Pollak, Rinaldo 172, 173

Poltschech Corporation 241

Poncet, Charles 38, 99, 276, 279-281, 350, 354

Poncet, Dominique 87, 279, 301, 326, 350, 352

del Ponte, Carla 15, 16, 26, 29, 34-36, 38, 39, 52-55, 62, 225, 226,
231, 233-235, 238-244, 250-253,

255, 257-259, 343


Poos, Jacques 369

Porcelluzzi, Savino 25

Poretti, Mauro 358

à Porta, Niculin 264

Portaluri, Salvatore 173

Portomega 102

Postizzi, Mario 227

Power Corp. 328, 368

Pozzi, ? 52
Prada, Maurizio 380

Präsidial-Anstalt 97, 211

Precicast 227

Previti, Cesare 230-232

PRI, s. Partito Repubblicano Italiano

Price Waterhouse 210, 213, 214

Priest, Martin Roy 358

Privat Kredit Bank 224


Prochimex 77

Prodi, Romano 311, 312, 317

Projecta 197

Promoters & Contractors 197

Propaganda Massonica Due (P2) 58, 60, 75, 133, 140, 142, 143,
145, 147, 148, 159, 165, 186, 218,

224, 225, 260, 265-268, 271, 275, 277, 279, 282-290, 292-300,
302, 303, 316-319, 328, 332, 340

Provident Mutual Insurance Group 299

Prudential Bache 215


PSDI, s. Partito Socialista Democratico Italiano

PSI, s. Partito Socialista Italiano

Publicitas 117, 118

Pugnat, Dominique 189

de Pury, David 94

P2, s. Propaganda Massonica Due

Quadri, Venerio 39, 40, 51, 54, 250, 343

Quim-Invest 111
R.C.G. Enterprises 24

R.F.&W. Partner 192

Rabobank 221

RACB Communication 110

RAD (Gruppe) 199, 385

Radaelli, Sergio 56

Radio 24 270

Radio Nostalgie 117


Radio Plus 117

Radio televisione italiana (RAI) 283

Radowal 262, 263

Raffineries Tamoil 341

Raith, Werner 133, 135, 295

Ranbaxy 241

Rapaga 205

Rappaport, Bruce 193


Rarecall 108

Rasmal Finance 77

Rassemblement Genevois hors Partis 114

Raw, Charles 260-262, 266, 271-273, 277

Reagan, Ronald 88, 244

Real Estate Holding (REH) 343

Real Fin 278

Reca 355

Recanati (Gruppe) 72
Reconta 210

Redli, Markus 375, 383

Refidar Treuhand 30

Regazzoni, Davide 239

Régie de la Riviera 349

Régie Immobilière 115

Reichmann, Gebrüder 65

Reiluma Anlage AG 111


Reimann, Fritz 383

Renault Finance 177

René, Albert 95, 336

Reno, Janet 258, 259

Repetti, Attilio 46

Repetto, Maria 33

Repetto, Saverio 33

Repsol 182
La Repubblica 342

Republic National Bank of New York (Suisse) 75, 78, 80, 81, 87, 90,
195

Republic National Bank of New York (RNB, auch Republic


Factoring, Republic New York Corporation

Air Transport, Republic Mase Bank) 73-76, 78-80, 88, 89

Resinelli, Dionigi 230

Restelli, Sergio 316

Resuttana, Mafiafamilie 19

Retsnom 241
Reviglio, Franco 158, 186, 197

Rexfinch 25

Rey, Werner K. 89, 118, 190, 324, 334, 376

Rezzonico, Claudio 52

Rezzonico, Renzo 223, 227

RGF Counsel 107, 188

Ricci, Giovanni Mario 336

Riccio, Michele 46
Rich, Graham Owen 358

Richardson, Sir Michael 299

Richina, Luciano 273

Richter, Yann 190, 347, 354

Riedener, ? 247

Riester, Wolfgang 370, 371, 375

Rieter Holding 378, 381

Riggs National Bank 103


Riina, Totò 19, 140

Rijov, ? 168

Ringger, Werner 305, 306

Ringier, Michael 305

Ringier Verlag 89, 191

Ripa di Meana, Carlo 87

Ripoll Mary, Juan 225

Riteridge 25

Ritter, Rupert 97
Riva, Raffaele 222

Riverso, Renato 317

Riverstar 104

Rizzoli, Fernando 30, 34, 36, 38

Rizzoli Verlag 271, 300, 317

Robeco Bank 80

Roberto Bassi & Partners 109, 110

Robinson, Jim 73, 74, 76, 81


Rochat, Dominique 80

Roche, Gerard 291

Rockefeller, John Davidson 63

Rodetta 168

Rodvale 195

Rolba 122

Roldan, Luis 83, 84

Roman, Petre 318


Rommel, Erwin 69

Ronc, Albert 169, 171, 172

Rosato, Gino 314

Rose-Bud & May Partnership 108

Rossi, Angelo 263

Rossi, Guido 204, 211

Rossi, John 143, 144, 146, 149, 366, 380

Rossi, Madeleine 333, 355


Rossi, Rodolphe 324, 333, 337, 349, 350, 354, 355

Rossini, Enrico 247, 248

Rossminster 104, 105

Rote Brigaden, s. Brigate Rosse

Roth, Arthur 368

Rothschild (Rothschild et Cie. Banque, N.M. Rothschild, Rothschild


Bank, Banque Privée Edmond de

Rothschild) 67, 68, 179, 193, 271, 299

Rothschild, Amschel 67
de Rothschild, Benjamin 68

de Rothschild, Edmond 68

Rothschild, Sir Evelyn 67

Roulston & Company Inc. 28

Rovelli, Felice 231

Rovelli, Nino 230, 231

Rowse, Arthur E. 291

Roxilan 241

Royale Belge 328


Ruberti, Roberto 266

Rüegg, Walter 243

Ruggeri, Giovanni 223, 224, 271

Ruiz-Mateos, José Maria 302

Rumasa (Gruppe) 302

Rusca, Michele 146

Ruth Andrée Shammah 87

Rychner, Gustave Adolphe 192


SA de la Montre Royale 112

SA Financière Patience Beaujonc (PB Finance) 32, 46

Saadia, Emile 72, 82

Sabrier, Bernard 81, 124, 363

Sacisa 380

Saddam, Hussein 196

Sadis, Ugo 40, 354

Safes Fidelity 105


Safinco Holding SA pour le financement de l'lndustrie et du
Commerce 113

Safra, Arlette 67, 69

Safra, Camila 78

Safra, David 68, 88

Safra, Edmond 63-82, 85-91, 223

Safra, Elie 69, 70

Safra, Esther 69

Safra, Evelyn 67, 69


Safra, Ezra 68

Safra, Familie 65, 66

Safra Frères, Maison de Banque 68

Safra, Gabi 67, 69

Safra, Jacob 68-72

Safra, Jacob jr. 80

Safra, Jacques (Alexandria) 68

Safra, Jacques (Genf) 78


Safra, Joseph 67, 69, 70, 72

Safra, Moïse 67, 69, 70, 72

Safra Monteverde, Lily 67, 89

Safra, Patricia 78

Safra Republic Holding 80

Safra SA 78

Safra, Ughette 67, 69

Sagres 222

Saigol (auch Gruppe) 178


Saipem 156-160, 165, 167, 171, 172, 174, 175, 183-186, 188, 195-
198, 332

Saipem International 167, 171, 172

Salam, Maurice 87

Salamone, Fabrizio 141

Salathé, Albert 357, 383

Salinas, Paulina 240

Salinas, Raul 240

Salvini, Lino 294, 295


Salvo, Ignazio 139, 140

Salvo, Nino 139, 140

Sama, Carlo 202, 204, 209, 216, 218, 220

San Giovanni Battista, Malteserspital 291

San Serafino, Stiftung 218, 219

Sanchez Asiain, José Angel 263

Sanchez, Illich Ramirez »Carlos« 238

Sandle, Martin Roy 358


Sandoz 60

Sandoz, Edouard 101

Sandoz-Familienstiftung 100, 103

Sandoz, Marcel 100

Sanne, Karl Ulrik 104, 105, 359

Sanseverino, Giorgio 25

Santacroce, Giorgio 230

Santapaola, Mafiafamilie 238


Santer, Jacques 369, 370

Santoro, Raffaele 158, 182, 186, 192

Saraceni, Luigi 257

Sarnatoro, Antonio 46

Sarnatoro, Antonio 46

Sarno, Giuliano 311, 313, 314, 316, 318-321

Sasea Holding (auch Sasea France, Sasea Trading) 30, 40, 75, 95,
101, 112, 144, 145, 148, 176, 189,

190, 206, 301, 319, 323-355, 376


Sass-Hirschmann, Christine 312

Sasson, Familie 69

Saurer (alle Gesellschaften) 370, 376-379, 381-383

Savia, Orazio 230

Savio 156

Savoy Investments 249

SBG, s. Schweizerische Bankgesellschaft

SBV, s. Schweizerischer Bankverein


Scabini, Giuseppino 228

Scacchi, Renata 108-110

Schaeffer, Nico 359, 369

Schäfer, Richard 16, 191, 193, 200, 382, 385

Schah Mohammad Reza Pahlewi 156, 162, 225, 279

Schait, Richard 169

Schalck-Golodkowski, Alexander 305

Schauspielhaus Zürich 39

Schawinski, Roger 270


Scheel, Walter 384

Scherrer, Werner L. 169, 171, 176

Schiacchittano, Giusto 35

Schick, Werner 313

Schiller-Institut 85

Schimberni, Mario 203, 209

Schimmöller, Heiner 85

Schindler 179
Schisano, Roberto 317

Schlafhorst 377, 378, 381

Schmidlin, Max 38, 51

Schneerson, Menahem 66

Schneider-Gädicke, Karl-Herbert 370

Schneider, Jürgen 84

Schneider SA 32, 45, 46

Schorno, Werner 303, 307, 308


Schrämli, Giovanni Giacomo 229

Schroders 67

Schulthess, Hans C. 221

Schwab, Klaus 112

Schweizerische Bankgesellschaft (SBG) 27-29, 38, 43, 50-52, 56,


63, 78, 96, 142-154, 169-171, 174,

175, 177-179, 181, 183, 186, 218, 239, 240, 263, 266, 274, 278,
279, 300, 315, 327, 343, 376, 384, 385

Schweizerische Bundesbahnen (SBB) 354

Schweizerische Käseunion 235, 243


Schweizerische Kreditanstalt (SKA) 26, 28, 37, 54, 63, 80, 81, 96,
110, 154, 239, 245, 246, 253, 305,

323, 331, 342, 347, 362, 365

Schweizerische Radio- und Fernsehgesellschaft (SRG) 362

Schweizerische Vereinigung diplomierter Steuerexperten 113

Schweizerische Volksbank (SVB) 37, 39, 50, 154

Schweizerischer Bankverein (SBV) 65, 75, 96, 109, 110, 172, 179,
190, 191, 199, 221, 245, 313, 357,

363, 367, 382, 383

Schweizerischer Metall- und UhrenarbeiterInnenverband (SMUV)


119, 193, 383

Schwyter, Urs 173

Sciclounoff, Pierre 193

Sciorilli Borelli, Ivo 229

Scirocco Fan Company 19

Scotland Yard 310

Scott, Ken 194, 195

Scotti Finanziaria (auch Scotti International NV) 335, 338, 347

Scuderia Gielle 21
Scudo 241

Sea Star Seven Holding 106

Seagram 363

Sebe, Lennox 248

Secara Agency 309

Sécheron (auch Sécheron Holding SA) 65

Secord, Richard 88, 89

Securinvest Holding 349


Securitate 233

Securities Association 221

Security Pacific Bank of Los Angeles 24

Seldeco 113

Selva, Dario 311

Semadeni, Arno 177

Seminterna 241

Senn, Nikolaus 148-153, 170, 183, 327


el Senussi, Idris 162

Sephardischer Weltkongreß 64, 66

Serdeco 241

Sergi, Giuseppe 35, 55

Serra di Cassano, Luigi Paolo 189, 190

Serra, Fabrizio 110

Servizio per la Informazione e la Sicurezza Democratica (SISDE)


244

Servizio per la Informazione e la Sicurezza Militari (SISMI) 164,


277, 296
Setton, Philippe 63, 315

Seveso-Skandal 179

Sexauer, ? 177

Seychelles International Bank (SI Bank) 95, 145, 335-337, 348, 352

Seychelles International Oil 336

Seychelles National Oil Company 336

SG Warburg Soditic 65, 337

Sganzini & Partner 220


Sganzini, Carlo 124, 174, 210, 220

Shakarchi Mahmoud SA 75

Shakarchi Trading AG 75, 234

Shalam, Joseph A. 72, 82

Shammah, Albert 83, 86, 87

Shammah, Familie 69

Shana, Alexander 244, 246

Shearson Lehman 73, 76


Shell 162, 163, 336

Short, Martin 288, 290, 294, 299

SI Bank, s. Seychelles International Bank

SI Louvois 113

Siai Marchetti 187

Siegenthaler, Pierre 263

Siemens 84, 146

Sigg, Uli 381

Signorile, Claudio 186, 199


Sigrist, Pierre 336, 352

Silberberg, Israel A. 313

Silbra Holding 368

Simona, Pietro 273

Sindona, Michele 142, 166, 264, 265, 272, 277, 282, 283, 289, 329,
359, 368, 369

Singest 319

Singlaub, John K. 31

Siniscalchi, Francesco 295


SIR 231

Sirix Intervitrum 31, 32, 46

Siromatic 111

SISDE, s. Servizio per la Informazione e la Sicurezza Democratica

SISMI, s. Servizio per la Informazione e la Sicurezza Militari

Sisti, Leo 42, 43, 131, 192, 219

Sitter, Roland 235

SKA, s. Schweizerische Kreditanstalt


SKA-Texon-Skandal 342

Slavenburg Bank 344

Smeets, Familie 100

SMH Société Suisse de Microélectronique et d'Horlogeries 125

SMH Steel- and Metal-Trading 169

Smith Barney Holding 66

Smith, Jack 73

Smith New Court 299

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