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BREVE CRONACA DELLA MISSIONE 2 A 2 IN ALBANIA

DAL 23/08/2017 AL 03/09/2017

PREMESSA
Il mio nome è Carlo Dei Lazzaretti da Lecce (Salento) ho 64 anni, sono vedovo da 27 anni e sono padre di
tre figli maschi rispettivamente di 42 (Ivan), 37 (Roberto) e 31 anni (Pierre); ho anche tre nipoti ed un quarto
in arrivo (mentre scrivo queste note è arrivato anche il quarto nipote: Elia).
Mia moglie è deceduta in un incidente d’auto, nel quale tutta la famiglia è stata coinvolta, il 24 dicembre
dell’anno 1990, mentre ci stavamo recando a festeggiare il Santo Natale in Sicilia, a Messina, città natale di
mia moglie.
Non mi sono mai più risposato ed ho cresciuto da solo i miei tre figli, che ora sono grandi ed hanno la loro
vita.
Attualmente vivo da solo in compagnia del mio cane Snoopy, un meticcio di jack-russel che è con me da
oltre sette anni.
Per 25 lunghi anni sono stato arrabbiato con Dio, non capivo perché avesse preso con se mia moglie,
togliendola a me ed ai miei figli, e non accettavo la Sua volontà. Sono stato ribelle alla Parola del Signore e
polemico. Leggevo la Bibbia, alla luce della ragione, per coglierla in errore, per coglierla in contraddizione,
per criticarla, senza mai comprenderne l’essenza profonda.
Ho peccato consapevolmente, inebriandomi della trasgressione ai precetti divini, abbandonandomi
principalmente al peccato della lussuria.
Per 25 lunghi anni sono stato un peccatore sprofondato nella notte più buia.
Ma ho imparato che i tempi del Signore sono lunghi e pedagogici, e che quando la Sua chiamata arriva
nessuna volontà umana può opporvisi.
La mia prima esperienza nel Cammino è durata pochi mesi (precisamente dal febbraio al luglio dell’anno
2014, poi la Comunità si è sciolta per mancanza di partecipazione da parte dei fratelli) ed si è compiuta in
una Comunità molto piccola a Merine, un paese della provincia di Lecce.
Mi trovavo ancora nella fase “buia”, ed il mio comportamento critico e di rifiuto rifletteva i miei pensieri.
Dopo lo scioglimento della I^ Comunità di Merine mi sono allontanato dal Cammino.
Nel mese di gennaio del 2016 mia nuora Miriam, moglie del mio figliolo più piccolo, mi invita a partecipare
alle catechesi che avrebbero avuto inizio di lì a breve presso la Parrocchia San Vincenzo de’ Paoli.
Dopo un primo momento in cui stavo per declinare gentilmente l’offerta, un qualcosa, non so cosa, mi ha
spinto ad accettare.
1
Alla fine delle catechesi e della successiva convivenza nasce, il 13 marzo 2016, la V^ Comunità San
Vincenzo de’ Paoli, una comunità formata prevalentemente da giovani.
Una sera di inizio giugno, al termine dell’Eucarestia, il mio catechista, Valentino Pepe, mi informa che sono
stato invitato a partecipare alla convivenza dei giovani che si sarebbe tenuta di lì a qualche giorno.
Sono stupito, poiché di regola non avrei avuto titolo di partecipare a tale evento, ma felice dell’invito accetto
con gratitudine.

1
Il termine convivenza indica un ritiro spirituale di uno o più giorni, nel quale i partecipanti con-vivono, cioè stanno insieme in un clima di
preghiera e di condivisione allo scopo di alimentare la comunione fraterna nella propria comunità, condividere l'esperienza di vita alla
luce della Parola di Dio e, mediamente una volta l'anno, incontrare i propri catechisti nelle tappe che caratterizzano lo svolgersi del
catecumenato post-battesimale.
In quella convivenza il responsabile per il Salento, Rino Petruzzelli, annuncia che il prossimo agosto, in
Puglia, Basilicata ed Albania, avrebbe avuto luogo la missione evangelizzatrice 2 a 2, riservata a coloro che
nel cammino hanno superato almeno il secondo scrutinio, invitando al alzarsi coloro i quali desiderassero
partecipare a questa missione.
Consapevole della mia inadeguatezza ed impreparazione, e inoltre non avendo fatto neppure il primo
scrutinio, mi guardo bene dall’alzarmi quando, improvvisamente, Rino si avvicina a me (io ero seduto in uno
degli ultimi posti) e mi chiede se volessi partecipare alla missione!
Stupito rispondo che mi piacerebbe molto ma esprimo anche le perplessità relative alla mia inesperienza:
Rino, con un gesto della mano, quasi a voler dire – non preoccupartene – mette a tacere i miei dubbi quindi
ritorna al suo posto.
Poco tempo dopo Valentino, il mio catechista, mi informa che il giorno venerdì 30 giugno si sarebbe tenuta a
Bari una riunione preliminare alla missione, invitandomi a parteciparvi.
In questa riunione Silverio e Giovanna Cartolano e Cristina Petruzzelli ci informano in ordine a ciò che la
missione si prefigge e ci danno le loro esperienze personali di precedenti missioni.
2
Occorre precisare che la missione era ispirata al Vangelo di Luca 10,1-4.
Non avremmo potuto portare con noi ne danaro ne cellulare e, per il nostro sostentamento o per un alloggio,
avremmo potuto fare affidamento solo ed esclusivamente sulla Divina Provvidenza.
Nonostante le terribili testimonianze riferiteci: giorni di digiuno, notti all’addiaccio, rifiuti sgarbati (soprattutto
da parte di presbiteri), l’entusiasmo non mi viene meno.
Cresce il desiderio di partecipare!
La partenza per la missione è prevista per il giorno 23 agosto alle 15,30 ed il rientro per il giorno 3 settembre.
MI preoccupo per tempo di trovare una sistemazione per il mio cagnolino per tutto il periodo della missione,
ed un caro amico si offre di tenerlo con se.
Sono pronto per partire.

2 Vangelo secondo Luca, 10


1
Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per
recarsi. 2 Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la
sua messe. 3 Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4 non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate
nessuno lungo la strada.
LA PROVVIDENZA SI MANIFESTA.
Seguendo le indicazioni operative che ci erano state fornite ho preparato una valigia ed uno zaino; giusto il
minimo indispensabile perché Dio provvede ai suoi figli.
La mia eccitazione aumentava sempre di più mentre si avvicinava l’ora della partenza quando, alle 13,00
circa del giorno 23 agosto, il mio cellulare squilla: l’amico che si era offerto di prendere con se Snoopy mi
informa che, per un sopraggiunto imprevisto, non potrà più farlo.
Cado nella disperazione!
Non so cosa fare, come comportarmi; da una condizione di gioia per la prossima partenza mi trovo d’un
tratto a vivere una situazione di angoscia per quanto si è verificato.
Passo velocemente in rassegna una miriade di soluzioni al problema, nessuna delle quali praticabile.
Snoopy non può restare da solo in casa, per tutto quel lungo lasso di tempo, senza che nessuno si prenda
cura di lui.
Devo, forse, rinunciare alla missione?
No, non posso!!!
Non c’è che una cosa da fare: il tempo stringe, alle 15,30 partirà l’autobus per San Giovanni Rotondo da
dove, al termine di una convivenza di tre giorni, si partirà per la missione.
Con il cuore straziato prendo la determinazione di abbandonare il mio fedele compagno di tanti anni,
affidandolo al buon cuore di chi l’avesse trovato.
Usciamo, non c’è bisogno di guinzaglio e collare, non li ho mai usati: il mio Snoopy è un cane ben educato,
abbiamo sempre passeggiato per le vie della città così, senza guinzaglio e senza collare, lui obbedisce
senza indugio ad ogni singola istruzione.
Ci addentriamo nel centro storico della città, un intrico di vicoli simile ad un ingarbugliato labirinto e, colà
giunti, approfittando di un suo attimo di distrazione mentre era intento ad annusare un qualcosa di
particolarmente interessante, scompaio.
Durante il ritorno a casa le lacrime fluivano spontaneamente, il mio cuore era gonfio di dolore e mi sentivo un
vile per aver tradito così ignobilmente la fiducia che il mio Snoopy riponeva in me.
Mi ripetevo che non avevo avuto altra scelta: che posto di fronte alla necessità di optare tra l’amore divino e
quello terreno, non avevo potuto fare altrimenti, ma la consolazione era di breve durata.
Arrivo a casa, mi reco in bagno per rinfrescarmi il volto e lavare via le lacrime.
Controllo un’ultima volta che i bagagli siano in ordine e che non manchi nulla; mentre mi accingo ad andare
sento un discreto abbaiare dietro la porta: apro e … Snoopy è la, seduto, la lingua penzoloni e la coda che si
agita violentemente; un’espressione di felicità immensa è dipinta sul suo volto.
Ha ritrovato la strada di casa in un battibaleno! Lo abbraccio piangendo e lui mi lecca il volto, lecca le mie
lacrime ed in quella appare un angelo mandato dal Signore.
Da poco tempo, nell’abitazione di fianco alla mia, hanno preso alloggio due ragazze. Non ci conosciamo,
non c’è un rapporto di amicizia tra noi, soltanto il saluto: buongiorno o buonasera, quando casualmente ci
incontriamo nell’atrio del palazzo.
Una delle due ragazze è arrivata, vede la scena di noi due abbracciati, chiede cosa fosse accaduto.
Le spiego della missione cui sono chiamato a partecipare, del venir meno del mio amico e della
conseguente decisione di abbandonare Snoopy.
Immediatamente si offre di prendersi cura di lui per tutto il tempo necessario!
La Divina Provvidenza mi si è manifestata sotto le spoglie di questa ragazza.
La ringrazio commosso, e nello stesso tempo ringrazio Dio per avermi messo ad una prova così dolorosa e
per aver permesso che io partecipassi alla missione senza perdere l’amore di questo mio prezioso amico.
3
Sono stato messo alla prova come Abramo con Isacco.
Chiamato a scegliere tra l’amore divino e quello terreno ho scelto l’amore di Dio, e Dio mi ha ricompensato
cento volte: mi ha consentito di continuare a godere dell’amore del mio cane e per tutta la durata della
missione non si è mai allontanato dal mio fianco, mi ha preso per mano, mi ha guidato ed ha reso il mio
percorso facile ed agevole come non mai, ha tolto dalla mia strada tutte le occasioni d’inciampo ed ha reso il
mio cuore lieto e leggero come mai prima lo era stato, mi ha concesso di sperimentare la felicità assoluta,
quella che si prova soltanto nell’abbandono totale e fiducioso tra le Sue braccia.

3
Cfr. Gen 22,1-18
ARRIVO A SAN GIOVANNI ROTONDO
Arrivati a San Giovanni Rotondo, dopo due brevi fermate a Brindisi ed Ostuni per accoglier altri fratelli e
sorelle, lasciamo i bagagli nelle camere e ci rechiamo a cena.
Miei compagni di camera sono Stefano Pirri ed Antonio Bisconti, anch’essi fratelli nelle Comunità presso la
parrocchia San Vincenzo de’ Paoli.
Ceniamo in tranquillità e quindi raggiungiamo le nostre camere per il riposo notturno.
Il mattino del giorno successivo, giovedì 24 agosto, è dedicato alle lodi ed alla testimonianza di precedenti
esperienze di missione due a due.
Nel pomeriggio visitiamo il santuario e tomba di San Padre Pio da Pietrelcina, dove recitiamo il rosario e
dedichiamo la nostra missione alla Madre di Gesù.
Tornati in Hotel cena e riposo notturno.
Finalmente arriva il fatidico giorno in cui si formeranno gli abbinamenti delle coppie di missionari e saranno
sorteggiate le destinazioni: venerdì 25 agosto!
Silverio precisa che per l’Albania l’invio sarà riservato ai soli uomini che si offriranno volontari per quella terra,
quindi invita quanti desiderino svolgere la missione in Albania ad alzarsi.
Ora, occorre dire che precedentemente, parlando con mio figlio (Roberto) della missione alla quale ero stato
invitato, lui mi aveva chiesto se intendessi offrirmi volontario per l’Albania; la mia risposta era stata: ”No, non
mi sento sufficientemente preparato, non credo di essere pronto per questo”.
Ed in effetti svolgere la missione in Albania non rientrava nei miei progetti ma, facendo mia una battuta del
personaggio C.W. Briggs in un noto film di Woody Allen “Vuoi far ridere Dio, parlagli dei tuoi progetti”, ecco
che improvvisamente e quasi senza rendermi conto di quanto stessi facendo, mi alzo!
4
Una forza sconosciuta ed incontrollabile mi aveva spinto ad “alzarmi”.
Mi ero proposto come volontario!
Il mio primo pensiero è stato: “Che cosa ho mai fatto!?!”, subito seguito da: ”Se questa è la Tua volontà, mio
Dio, sia fatto secondo quanto Tu desideri.”
Insieme a me si sono alzati altri 35 fratelli, per un totale di 36, ma soltanto 11 potevano essere prescelti, si
doveva quindi procedere ad un sorteggio.
Il primo sorteggiato è stato il fratello Fernando Sportelli responsabile di una comunità di Massafra, il secondo
sono stato io.
Il mio cuore ha esultato di gioia: ho subito pensato, forse peccando di orgoglio, che questa era la conferma
che Dio mi aveva prescelto per questa missione.
Come partner ad affiancarmi viene sorteggiato un ragazzo venezuelano di 22 anni, seminarista presso il
seminario di Lezhë, Javit Reinoso il quale come destinazione estrae Elbasan, una città capoluogo di distretto
e Prefettura situata nella zona centrale del paese circa 50 km. A sud di Tirana.
Ci viene consegnata una nota nella quale sono indicate le realtà religiose cristiano-cattoliche presenti in città
e nei paesi circonvicini alle quali avremmo annunciato il Kerigma.
Le località sono:

4
Il termine alzarsi viene utilizzato per indicare gli individui o la famiglia quando sentono il desiderio di offrire la propria vita per il Vangelo
e quindi, in occasione di opportuni incontri fatti con gli iniziatori del cammino, con i propri catechisti o in comunità, a seguito di un
appello generale si alzano rendendosi visibili ai fratelli mostrando apertamente la propria disponibilità in risposta alla chiamata di Dio.
Parrocchia San Pio X – Padri della Divina Provvidenza
Suore di Madre Teresa
ELBASAN Suore Domenicane della Beata Imelda
Suore Santa Giovanna Antida
GÖSTIMA Suore di Charles de Foucauld
GRAMSH Suore di San Vincenzo de’ Paoli
MOLLAS Suore della Carità

Tutto il resto della giornata, mattino e pomeriggio, trascorre nella formazione delle coppie che saranno
inviate in Puglia e Basilicata e nel sorteggio delle rispettive località.
In totale saranno 15 le coppie che evangelizzeranno in Albania e 125 le coppie che evangelizzeranno in
Puglia e Basilicata.
Ancora una volta cena e riposo notturno.
L’INVIO
Siamo al giorno fatidico, è il giorno di sabato 26 agosto.
Dopo le lodi e gli ultimi consigli tecnici ci si prepara alla partenza.
L’hotel ci ha fornito di un cestino con delle vettovaglie che sarebbero state il nostro pranzo ma, la nostra
partenza, la partenza degli 11 + 1 (l’uno in più è Angelo Martorelli nostra guida per l’Albania) viene
procrastinata per cui consumiamo il nostro pranzo al ristorante dell’hotel.
Bene, vorrà dire che il cestino ci servirà per cena.
Terminiamo di pranzare quindi saliamo in macchina e ci avviamo verso Bari, da dove ci imbarcheremo per la
terra del “Difensore della Fede”: Giorgio Castriota Scanderbeg.
Lungo il viaggio recitiamo il rosario, dopodiché si parla in generale della missione e della terra d’Albania. Chi
c’è già stato e la conosce ci avverte che l’acqua potrebbe causare seri problemi intestinali. Lo spettro
terrificante della dissenteria, unito alla consapevolezza della difficoltà di trovare un luogo acconcio ove
“ritirarci”, ci si presenta con tutta la sua inquietudine.
Arrivati a Bari ritroviamo i nostri amici sacerdoti e seminaristi che ci hanno preceduti in pullman; essendo il
momento dell’imbarco piuttosto lontano, decidiamo di recarci alla Basilica di San Nicola ed ivi giunti
otteniamo il permesso di celebrare l’Eucaristia nella cripta.
Celebra Don Mateusz, un presbitero di origine polacca ordinato nel mese di luglio di quest’anno, assistito da
don Guillermo, proveniente dalla Repubblica Dominicana, il quale fa parte del gruppo dei primi seminaristi
del Seminario di Lezhë.
La cerimonia è intensa e suggestiva, vi partecipano anche altri fedeli che si trovavano nella cripta per fare le
loro devozioni.
L’atmosfera della cripta che ospita le reliquie del Santo, permeata di sacralità, favorisce l’ascolto della Parola
e la meditazione.
Terminata la funzione Angelo, la nostra guida, visto che il momento dell’imbarco è ancora lontano, propone
un agape in pizzeria.
L’idea viene accolta con entusiasmo, vorrà dire che il cestino fornitoci dall’hotel costituirà il pranzo di domani!
E’ trascorsa la mezzanotte e siamo già a domenica 27 agosto, finalmente siamo sul traghetto in rotta verso
la nostra terra di missione.
Disteso nella mia cuccetta non riesco a prendere sonno per l’eccitazione; sono confidente in Dio, so che non
mi abbandonerà, il Suo favore me lo ha già dimostrato in tante piccole grandi cose che si sono verificate a
partire dal quel fatidico pomeriggio nel quale ho preso la dolorosa decisione di abbandonare il mio cane.
La notte trascorre tranquilla, la traversata è serena e finalmente mi addormento.

INIZIA LA MISSIONE
Domenica 27 agosto
Arriviamo al porto di Durazzo alle 8,20, Angelo ci consegna i soldi necessari e sufficienti all’acquisto dei
biglietti dell’autobus che ci porterà a destinazione e per il ritorno a Lezhë.
Alle 9,30 parte l’autobus, Javit ed io ci chiediamo come faremo senza soldi e senza la possibilità di
comunicare telefonicamente con chicchessia, la risposta è immediata e spontanea: ci abbandoniamo alla
Divina Provvidenza.
Vorrei aprire ora una piccola parentesi a proposito del rapporto intrattenuto tra Javit e me.
Molti fratelli mi hanno chiesto sul come si fosse strutturato il rapporto tra il mio partner e me, confessando
che per loro vi erano state, a volte, divergenze di opinioni o leggeri contrasti con i loro partners, ebbene, tra
di noi, pur essendo la nostra conoscenza molto recente, si è subito stabilito un rapporto di grande intimità e
comprensione reciproca, sicuramente favorito anche dalla notevole maturità dimostrata da Javit.
Mai, fra di noi, vi è stato il minimo screzio o la minima divergenza di vedute, le nostre volontà personali si
sono annullate nell’affidamento alla Provvidenza e la Provvidenza, come vedremo più avanti, si è presa cura
amorevole di noi manifestandosi nel concreto.
Eravamo stati informati che, con ogni probabilità, ci saremmo trovati di fronte a numerosi rifiuti e per questo,
incoraggiandoci l’un l’altro, eravamo determinati ad accogliere il rifiuto con umiltà, mettendo da parte
l’orgoglio e benedicendo chi ci rifiutava.
Arriviamo ad Elbasan alle 12,30, durante il viaggio abbiamo avuto modo di parlare con un ragazzo albanese
che conosceva l’italiano ed a cui abbiamo chiesto notizie della chiesa cattolica, ma questi non conoscendo la
città non è stato in grado di aiutarci, ci ha però informati che all’arrivo lo aspettava il cognato che avrebbe
potuto darci qualche indicazione. Abbiamo poi scoperto che nessuno ne conosceva l’ubicazione né
l’esistenza, fortunatamente prima di lasciare i cellulari Javit aveva controllato su google map la posizione
della chiesa ed aveva visto che questa si trovava in prossimità di uno stadio e di un parco.
Grazie a queste indicazioni dopo circa un’ora di strada, sotto il sole a picco ed un’umidità molto elevata,
troviamo il parco e qui ci fermiamo per consumare uno spuntino con il famoso (o famigerato) cestino.
Si, famigerato, perché nel frattempo il pane era diventato roccia, la cotoletta virava al color verde e le fettine
di formaggio, praticamente, si erano inestricabilmente unite all’alluminio che le avvolgeva.
Cionondimeno ringraziamo il Signore per il cibo che ci ha dato e consumiamo il nostro pasto, alla fine del
quale celebriamo le Lodi.
Concludiamo le Lodi aprendo un vangelo a caso: Marco 13, leggiamo da 1 a 13.
Sembra quasi fatto apposta! Nei versetti dal 9 al 13 Gesù dice: “Vi consegneranno ai sinedri, sarete
percossi nelle sinagoghe, comparirete davanti a governatori e re a causa mia, per render testimonianza
davanti a loro. Ma prima è necessario che il vangelo sia proclamato a tutte le genti. E quando vi condurranno
via per consegnarvi, non preoccupatevi di ciò che dovrete dire, ma dite ciò che in quell'ora vi sarà dato:
poiché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. Il fratello consegnerà a morte il fratello, il padre il figlio e i
figli insorgeranno contro i genitori e li metteranno a morte. Voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome,
ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato.”, Javit ed io non possiamo fare a meno di riconoscerci in
queste parole.
Non sappiamo ancora se questo sia un messaggio di incoraggiamento alla missione o al contrario l’annuncio
di difficoltà venture.
Terminate le lodi ci rimettiamo in cammino, zaini in spalla, per cercare la chiesa, secondo le indicazioni che
ci sono state date si tratta della Parrocchia San Pio X, e scopriamo che si trova a non più di duecento metri
dal parco.
Raggiungiamo la parrocchia; c’è un grande cancello che si apre davanti an un ampio spazio, sulla destra un
campo di calcio e di basket, sulla sinistra una casetta: l’abitazione del custode.
Bussiamo ed il mio partner Javit, che parla albanese, chiede al custode di accompagnarci dal titolare della
parrocchia, questi ci risponde che il parroco al momento è in Italia, ma in sede c’è il vice parroco e ci
accompagna ad una costruzione grande e ben tenuta, costituita da piano terra e primo piano al quale si
accede grazie ad una ampia scalinata sulla cui destra si trova uno scivolo per le persone disabili. Al primo
piano c’è la chiesa: una costruzione nuova ma molto bella, con vetrate istoriate e dipinti in stile bizantino sui
muri. Al piano terra ci sono gli uffici parrocchiali, lo studio, la cucina, una cappelletta, le stanze private dei
sacerdoti ed alcune stanze adibite a vari altri usi.
Siamo ricevuti da un sacerdote dall’aspetto molto burbero e scontroso al quale ci presentiamo, questi con
voce profonda ci fa accomodare ed attendere in una saletta vicino l’ingresso. Poco dopo ci raggiunge il vice
parroco, Don Giuseppe, l’abbigliamento di entrambi i sacerdoti è molto casual.
Il vice parroco, Don Giuseppe, ci presenta l’altro sacerdote, anch’egli Don Giuseppe, il quale poi ci dirà di
chiamarlo Don Peppe per distinguerlo dall’altro.
Il vice parroco ci chiede chi siamo, chi ci ha mandato e cosa vogliamo da loro.
Spieghiamo chi siamo, che seguiamo il percorso di Fede del Cammino Neocatecumenale e lo informiamo
sulla nostra missione, sul suo scopo e come siamo giunti fin là.
Don Giuseppe si irrigidisce ancora di più al sentire che facciamo parte di una missione del Cammino
Neocatecumenale
Il suo atteggiamento è di chiusura, molto scostante; lamenta il fatto che siamo arrivati senza alcun preavviso,
senza farci precedere nemmeno da una telefonata, ci chiede con quale autorità siamo là ad annunciare il
Vangelo e si affretta ad informarci che il Vescovo di quella diocesi è assolutamente contrario al Cammino
Neocatecumenale e che pertanto non può fare nulla per noi e che non possiamo aspettarci da lui alcuno
aiuto.
Tutta la conversazione si svolge in italiano, che Javit parla e comprende molto bene.
Noi replichiamo, con molta semplicità e senza ostentazione di orgoglio, che non ci attendiamo nulla di più di
quanto la Grazia di Dio e la Divina Provvidenza vogliano concederci; gli facciamo presente che siamo stati
inviati come i 72 discepoli in puro spirito evangelico senza borsa e senza bisaccia, e che l’autorità di
proclamare il Vangelo ci viene dal Battesimo, inoltre, pur volendo, non ci sarebbe stato possibile informare
telefonicamente chicchessia in quanto non abbiamo con noi ne telefono ne denari.
Al sentire questo il sacerdote esclama stupito: “Come? Siete senza soldi? e come fate per mangiare e per
dormire?”.
La risposta è semplice: ci affidiamo alla Divina Provvidenza
Il sacerdote è stupito, tuttavia ribatte che stante l’ostilità del Vescovo nei confronti del Cammino
Neocatecumenale non può fare nulla per noi.
La nostra risposta è che comprendiamo la sua posizione e non intendiamo persuaderlo a disobbedire alle
indicazioni del Vescovo, chiediamo soltanto che, per carità cristiana, ci consenta di riempire di acqua fresca
le nostre bottiglie vuote.
A quel punto qualcosa accadde!
Quasi come se la nostra richiesta di acqua avesse avuto un significato escatologico il comportamento di Don
Giuseppe cambiò.
Vedemmo il sacerdote mostrare segni di incertezza e di imbarazzo laddove un attimo prima c’era chiusura e
fastidio.
Di punto in bianco ci domanda: “Ma … avete mangiato?”
La nostra risposta è stata che avevamo consumato uno spuntino con le vettovaglie che l’hotel ci aveva
fornito il giorno prima e che non necessitavamo di altro.
Quindi ci chiese: “Ma voi, dove alloggiate?”, e noi rispondemmo che la Divina Provvidenza si sarebbe presa
cura di noi visto che eravamo senza denari per l’alloggio e per il cibo.
Allora lui, con estremo imbarazzo, ci dice che avremmo potuto essere ospiti della parrocchia per il tempo
della missione e che avremmo potuto usufruire della foresteria che precedentemente era utilizzata dalle
suore.
Non posso dire che siamo rimasti stupiti dalla proposta e dal cambio di atteggiamento del buon Don
Giuseppe; sin dall’inizio della missione, Javit ed io, ci siamo completamente affidati alla volontà di Dio, nella
consapevolezza di non poter contare sulle nostre sole forze, che non sarebbero state sufficienti, per portare
a compimento la missione, per cui, qualunque cosa Egli avesse predisposto per noi, sarebbe comunque
stata per il nostro meglio, eravamo quindi spiritualmente preparati anche ad affrontare giorni di digiuno e
notti all’addiaccio.
La improvvisa ed inattesa disponibilità di Don Giuseppe non ha fatto altro che confermare che la Grazia di
Dio opera concretamente a favore di coloro i quali ad essa fiduciosamente si abbandonano.
Lo ringraziamo per l’invito che accettiamo volentieri.
Dopo aver preso lenzuola, federe, asciugamani e quant’altro necessario per la permanenza i due sacerdoti
ci accompagnano alla foresteria.
E’ questa una costruzione in legno: un prefabbricato composto da un ampio ingresso, quattro stanzette da
due letti ciascuna, corridoio, disimpegno, cucina con frigorifero, all’interno del quale abbiamo messo a
rinfrescare le bottiglie di acqua che nel frattempo ci avevano riempito e due bagni con doccia: un paradiso.
All’esterno c’è anche uno spazio, coperto da un ombreggiante, dove la sera reciteremo i vespri e ci
intratterremo a parlare.
I sacerdoti si accomiatano da noi informandoci che alle 16,30 si sarebbero recati a Göstima per celebrare
l’Eucarestia e ci invitano, qualora l’avessimo voluto, ad andare con loro.
A Göstima si trovano le suore di Charles de Foucauld, che è una delle presenze religiose della zona indicate
tra gli obbiettivi della nostra missione, accettiamo con piacere l’invito ed alle 16,30 partiamo.
Il paese si trova a mezza collina a circa 30 km. da Elbasan.
Nell’attesa della partenza Javit ed io abbiamo recitato il Santo Rosario; ciò è stato per me particolarmente
importante perché devo ancora imparare a recitarlo correttamente e l’aiuto del mio partner è stato
fondamentale.
Le suore della congregazione delle Piccole Sorelle di Gesù di Charles de Foucauld, tentano, tra grandi
difficoltà, di evangelizzare la comunità e si prendono cura, con amore e dedizione, di soggetti affetti da
disabilità.
Partecipiamo all’Eucarestia, celebrata da Don Peppe, del quale occorre dire che la burbera immagine
iniziale che ci aveva dato, nascondeva invece una personalità di grande bontà ed attenzione ai problemi
degli altri. Bastava guardare il rapporto che questo sacerdote aveva con i frequentatori della parrocchia,
alcuni dei quali con gravi disabilità psicologiche ed intellettive, e l’amore di cui questi lo gratificavano.
Alla fine della funzione il sacerdote ci presenta ai fedeli, spiega brevemente il perché della nostra presenza e
li invita ad ascoltarci.
Javit ed io annunciamo il kerigma e diamo le nostre esperienze. Una ragazza tra i fedeli traduceva per me
dall’italiano, mentre Javit parlava fluentemente in albanese.
I fedeli erano stupiti, compiaciuti e commossi che due “stranieri”, Javit dal Venezuela ed io dall’Italia, fossimo
venuti a portare la parola di Gesù in Albania in tali condizioni di precarietà.
Devo a questo punto aprire una piccola parentesi: tutti coloro ai quali abbiamo detto, anche in seguito, che ci
trovavamo in missione senza soldi e senza cellulari, accettavano abbastanza di buon grado la mancanza dei
soldi, ma all’idea che fossimo senza cellulari, inorridivano increduli.
Al momento di congedarci la responsabile della congregazione, Suor Teresinha dal Brasile, ci ha
lungamente ringraziato accogliendoci come un “dono Dio” (parole sue) perché la nostra visita giungeva a
proposito a rafforzare il loro impegno, dato che le difficoltà quotidiane stavano portando la comunità ad un
momento di crisi, la nostra visita, ha detto, ha riacceso una speranza, ed ha manifestato il desiderio che si
aprisse anche a Göstima il Cammino Neocatecumenale e ci ha invitato a ritornare, la nostra presenza,
inoltre, dava risposta all’interrogativo che recentemente si era posta, ovvero se dedicare un giorno della
settimana a spezzare la Parola di Dio per i fedeli, ebbene, ci informava, con gioia, che a partire dal martedì
successivo, tutte le settimane, avrebbe spezzato la Parola di Dio per la comunità di fedeli di Göstima.
Tornati ad Elbasan, in attesa della cena, abbiamo recitato i Vespri, dopodiché i due sacerdoti hanno
preparato la cena; terminato di mangiare, mentre Don Peppe passeggiava per favorire la digestione, Don
Giuseppe, Javit ed io ci siamo intrattenuti nello spazio antistante la foresteria discutendo e scambiandoci le
reciproche esperienze.
Un sonno ristoratore è stata la degna conclusione di una giornata tanto intensa e piena di soddisfazione.

Lunedì 28 agosto
Ore 7,30, il suono della campana ci chiama all’Eucarestia.
In chiesa sono presenti diverse suore di varie congregazioni; nessun laico.
Prima di iniziare la celebrazione Don Giuseppe ci presenta, espone brevemente i motivi per cui siamo in
Albania ed invita, chiunque volesse farlo, ad ascoltarci alla fine dell’Eucarestia.
Terminata la funzione si trattengono a parlare con noi le Suore Missionarie della Carità di Madre Teresa di
Calcutta (anche questa presenza religiosa era tra quelle indicateci) le quali ci invitano a visitare la loro
struttura: Javit ed io ci guardiamo e … accettiamo immediatamente e ci rechiamo con loro presso la loro
“casa”.
Quivi giunti, consumata una piccola colazione che le brave suore ci hanno offerto, abbiamo visitato la
struttura, che ospita 13 bambini di età compresa fra pochi mesi e 6 anni, bambini che provengono da realtà
di degrado, emarginazione ed abbandono di cui le Suore si prendono cura.
Abbiamo quindi annunciato il Kerigma e proclamato un vangelo aperto a caso, ancora una volta Marco
capitolo 11, versetti da 27 a 32 (I falsi profeti e la persecuzione dei discepoli che predicano in nome di Gesù).
Salutiamo le suore, ed anch’esse ci invitano a ritornare il mercoledì successivo per partecipare ad un evento
che hanno organizzato, le ringraziamo per l’invito e facciamo presente che l’unica nostra guida è la
Provvidenza, se questa non ci chiamerà altrove saremo lieti di parteciparvi.
Per il ritorno ci aspetta una lunga passeggiata; ci fermiamo per un breve riposo all’ombra degli alberi del
parco ed intanto recitiamo le Lodi. Quando finalmente giungiamo in parrocchia sono quasi le 14, i padri
hanno già pranzato, ma hanno messo da parte il nostro pasto.
Mangiamo con gusto spaghetti al pomodoro fresco e per secondo una omelette.
Javit cerca nello zaino la sua Bibbia in albanese, non la trova, probabilmente è stata dimenticata al parco
quando abbiamo recitati le lodi.
Ci affrettiamo a tornare al parco e la troviamo sulla panchina nella quale ci eravamo seduti inizialmente,
prima di spostarci all’ombra. Notiamo fra le sue pagine una striscia di carta posta a mo’ di segnalibro:
Qualcuno ha notato la Bibbia sulla panchina ed ha voluto segnalarci questo ammonimento dell’apostolo
Paolo a liberarci dal dominio della carne.
Ci interroghiamo su quanto accaduto, ma non riusciamo a darci una risposta.
Decidiamo di evangelizzare per le strade, il compito non si preannuncia facile dato che le percentuale di
cattolici è poco meno del 2%, seguito da un 3% di fede ortodossa e per il resto sono mussulmani.
Il sole picchia, l’umidità è elevata, noi camminiamo.
Ci addentriamo per la strade della periferia di Elbasan, riceviamo qualche garbato rifiuto, lo accettiamo con
altrettanto garbo.
In una zona che denota una certa povertà vediamo un uomo uscire da un portone: ha il piede sinistro ferito e
fasciato, si appoggia a due stampelle ed è attorniato da un gruppo di giovani dall’aria di accoliti. Il suo
aspetto da l’impressione che sia qualcuno di “importante”.
Javit lo apostrofa, si presenta e mi presenta invitandomi ad annunciare il kerigma.
Il tizio si ferma ed accetta di ascoltarci, i giovani si dispongono a semicerchio alle sue spalle.
Mi presento, spiego la nostra missione e le condizioni in cui la svolgiamo (Javit traduceva le mie parole),
questi ascolta con attenzione ed i giovani ascoltano con lui; dalla sua espressione sembra meravigliato e
compiaciuto di quello che dico ma quando inizio a dare l’annuncio della Buona Notizia vedo che il mio
interlocutore mi fissa intensamente, con espressione seria, scuotendo il capo a destra e sinistra. E’
mussulmano: immagino che non sia molto d’accordo con quanto sto annunciando.
Nel momento in cui parlo di Gesù, figlio di Dio, morto per i nostri peccati e risorto, la sua testa si agita da
sinistra a destra e viceversa sempre più velocemente. Il suo sguardo è fisso su di me.
Termino l’annuncio augurandogli la pace, ci stringiamo le mani nel salutarci: la sua stretta è vigorosa e sul
volto ha un sorriso radioso.
Mentre ci allontaniamo confido a Javit le mie perplessità: anche se mi ha cortesemente ascoltato fino alla
fine, quel signore non mi sembrava molto convinto dal momento che continuava ad esprimere negazione
con la testa.
Javit scoppia ridere di gusto e mi spiega che lungi dal negare, in Albania quel gesto significa approvazione,
in altri termini quell’uomo, che ascoltava con tanta attenzione, concordava pienamente con quanto gli stavo
annunciando.
E’ inutile dire che mi sono sentito colmo di gioia: un mussulmano aveva ascoltato la verità evangelica senza
sentirsene offeso, esprimendo anzi rispetto per quanto annunciato.
Forse tutto ciò, in assoluto, potrà sembrare, o anche essere, una piccola cosa ma per me ha avuto un
grande valore tale da giustificare, quand’anche non vi fossero state altre manifestazioni, il valore e
l’importanza della missione due a due.
Continuiamo la nostra strada avviandoci in direzione della parrocchia, ma prima di rientrare decidiamo di
fermarci al parco, oramai il nostro punto di riferimento fisso, per incontrare ancora qualcuno a cui portare
l’annuncio.
Riceviamo ancora qualche garbato rifiuto e, mentre ci accingevamo a fare ritorno, Javit nota tre signore, una
anziana e due più giovani ai suoi lati, sedute sul prato.
Decidiamo di avvicinarci. Come di consueto Javit le interpella in albanese, spiega chi siamo e mi invita a
dare l’annuncio mentre lui traduce.
Tutto scorre fluidamente quando ad un certo punto Javit ha un momento di perplessità nella traduzione
(perplessità più che giustificabile visto che non sempre utilizzavo termini semplici o costruzioni grammaticali
facilmente traducibili in albanese) ed una delle signore, stupita, si accorge che Javit non è albanese: fino a
quel momento lo aveva scambiato per un autoctono!
Ciò dimostra come le perplessità che il mio partner aveva avuto sulle sue competenze linguistiche fossero
immotivate.
Da quel punto in poi prosegue lui nell’annuncio, traducendo brevemente per me ciò che andava dicendo per
non escludermi dalla conversazione.
Le tre donne, dietro specifica richiesta di Javit, dichiarano di essere mussulmane e di avere in casa il Corano,
anche se una di esse aveva al collo una croce e, rispondendo alla domanda di Javit, ammise di amare Gesù.
Il mio partner chiede se può leggere loro un passo dalla Bibbia, io suggerisco di leggere un passo dal
Vecchio Testamento, temendo che il Vangelo potesse sembrare offensivo, ma la Bibbia si apre al Vangelo di
Giovanni, capitolo 3 versetti da 31 a 36.
Questo Vangelo potrebbe sembrare una lettura provocatoria da fare ad un mussulmano, specialmente nella
parte in cui si proclama che “... chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la
vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui”, nonostante ciò le tre donne ascoltano rapite e quando Javit chiede loro
se la Parola sia piaciuta, approvano con entusiasmo ed anche loro ringraziano.
Felici torniamo alla parrocchia dove, insieme ai due sacerdoti, recitiamo i Vespri nella cappelletta.
Di nuovo cena e poi successiva chiacchierata con Don Giuseppe, il quale ci chiede della nostra giornata ed
ascolta interessato le nostre esperienze.
Il suo atteggiamento è proprio cambiato, ora sembra orgoglioso di quello che stiamo facendo.
Ancora una notte di sonno ristoratore ed al mattino ci svegliamo pronti per una nuova giornata.

Martedì 29 agosto
Ore 7,30, Eucarestia, quest’oggi oltre alle Suore delle varie congregazioni è presente anche una ragazza
(sapremo poi che era una delle ragazze che erano state cresciute ed educate dalla Suore di Santa Giovanna
Antida, le quali continuavano a seguire i loro protetti, sia maschi che femmine, anche dopo il diciottesimo
anno di età provvedendo, ad esempio, al pagamento delle rette dei loro studi universitari), e con loro
partecipava alla celebrazione.
Al termine le sorelle di Santa Giovanna Antida si fermano a parlare con noi, curiose di saperne di più della
nostra missione e desiderose di metterci a parte della loro opera in Albania. Ci invitano a visitare la loro
struttura. Accettiamo volentieri e saliamo in macchina con loro.
La loro sede è a circa 5/6 km. dalla città, è una specie di villaggio costituito da vari edifici a più piani, che
ospitano ragazzi e ragazze da pochi mesi fino ai 18 anni. Anche questi sono vittime di famiglie
problematiche o con problemi di abbandono o emarginazione.
Sono divisi per sesso e per fasce di età ed occupano gli edifici che compongono il villaggio.
Al momento della nostra visita gli ospiti non erano ancora rientrati dalle vacanze estive, e numerosi operai
erano impegnati in lavori di miglioramento e ristrutturazione.
Ci viene offerta la colazione, dopo di che iniziamo la visita del complesso e portiamo l’annuncio a loro ed alle
collaboratrici presenti che si occupano dell’andamento della struttura.
Al termine, dopo i saluti, mentre ci disponevamo alla lunga camminata per il rientro in città, le suore memori
della circostanza che non disponevamo di denari per l’acquisto del biglietto di un eventuale autobus,
incaricano un operaio affinché ci riaccompagni, cosa che avvenne puntualmente.
Tornati ad Elbasan ci dirigiamo ancora una volta al parco per celebrare le lodi.
Al termine torniamo in parrocchia in tempo per il pranzo e qui mi vedo costretto a rammentare l’esortazione
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di Gesù ai discepoli: “ … mangiate quello che vi sarà offerto …” ; il pranzo di quel giorno era minestrone di
verdure, una pietanza che mai prima, in vita mia, avevo accettato di mangiare.
Ringraziando il Signore per il cibo che nella Sua bontà aveva voluto elargirmi anche quel giorno, mangio
sino all’ultimo pezzetto di verdura, deponendo questo modesto (ma, ahimè, grande per me) sacrificio ai piedi
della Sua croce.
Dopo il pranzo un breve riposo seguito dalla recitazione del Santo Rosario quindi, alle 17,00 partenza per
Mollas dove Don Giuseppe avrebbe celebrato l’Eucarestia.
Mollas è un paesino molto piccolo e molto povero a circa 50 km. da Elbasan dove si trova una
congregazione di Suore della Carità che si occupano dell’accoglienza di minori problematici.
Anche qui Don Giuseppe ci ha presentato ed abbiamo potuto annunciare la Buona Novella alle Suore ed ai
pochi fedeli presenti.
Una Suora in particolare mostrava una certa forma di diffidenza nei confronti del Cammino, ritenendolo
chiuso ed elitario, ma il mio partner con grande gentilezza ed educazione, e con altrettanta fermezza le ha
fatto notare che il Cammino, ben lungi dall’essere chiuso ed elitario, era aperto e disponibile prova ne era il
fatto che, in quello stesso momento altre 14 coppie di fratelli neocatecumenali, si trovavano in giro per
l’Albania a portare il Vangelo alle genti, in condizioni di precarietà, ed altre 125 coppie stavano facendo la
stessa cosa in Italia, nelle regioni di Puglia e Basilicata.
La Suora è sembrata essere colpita da questa osservazione.
Torniamo in sede.
Recita dei Vespri e poi la cena, al termine della quale Javit ed io andiamo alla nostra “residenza” dove
recitiamo il Santo Rosario, mentre i sacerdoti rigovernano la cucina (nonostante le nostre insistenze a
collaborare non ci hanno mai permesso di farlo).
Più tardi ci raggiunge Don Giuseppe e continuiamo le nostre conversazioni.
Il buon padre, da 20 anni in Albania, ci confida le difficoltà che il suo ministero incontra in una terra dove la
pastorale sacramentale non riesce a penetrare, in buona sostanza tutte le presenze religiose in Albania sono
viste principalmente, se non proprio esclusivamente, come dispensatrici di provvidenze a buon mercato.
Augurataci la buona notte ci prepariamo al riposo nell’attesa di cosa ci porterà il domani.

Mercoledì 30 agosto
Ore 7,30 – Eucarestia.

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Cfr. Lc 10,8
Come per tutte le volte precedenti cerco di seguire al meglio la Santa Messa, celebrata in lingua albanese e,
nelle parti ordinarie, di rispondere in maniera acconcia. La qual cosa mi riesce, ad ogni celebrazione,
sempre meno difficile. La proclamazione del Vangelo, invece, la seguo leggendolo dalla mia Bibbia.
Al termine della funzione Don Giuseppe ci invita a visitare le Suore Domenicane della Beata Imelda, la cui
struttura è proprio alle spalle della parrocchia, con la quale confina ed a cui si accede tramite un cancelletto
che si apre nel muro di confine.
Seguiamo il suo suggerimento e raggiungiamo questa struttura così vicina. Veniamo accolti da una delle
suore che erano presenti alla Santa Messa e, ovviamente ci riconosce subito. E’ consapevole della nostra
missione ma non sembra interessata all’annuncio. Ci porta invece a visitare la struttura che ospita una
scuola materna, una scuola elementare ed un scuola media inferiore.
Tutto intorno è un fervore di attività: ci si prepara alla riapertura dell’anno scolastico.
Ci presenta quindi la direttrice della scuola, che parla un ottimo italiano, ci affida a lei e si allontana presa
dalle sue incumbenze.
Alla direttrice spieghiamo per quale motivo siamo ad Elbasan ed essa ne rimane molto sorpresa e
compiaciuta, quindi ci invita a visitare tutta la struttura, dalla scuola materna alla media e ci informa che in
quella scuola si applica il metodo “Montessori”, portato lì da Suor Cecilia, una attempata suora che ancora
conserva l’entusiasmo e l’energia di una ragazzina, Javit ed io siamo certi di trovarci in presenza di una
persona in odore di santità. Durante la nostra visita Javit ha la possibilità di parlare con numerose insegnanti
e collaboratori e, nonostante anche questi siano mussulmani, annuncia loro il kerigma.
La direttrice ci racconta poi un aneddoto che riguarda l’epoca in cui questa scuola è sorta ed ancora doveva
ottenere il riconoscimento ufficiale delle autorità scolastiche albanesi.
In quella occasione la suora che ci ha accolto all’inizio, purtroppo non ne ricordo il nome, dopo aver
relazionato, in ordine al metodo Montessori per oltre due ore con i funzionari del ministero preposti alla
valutazione delle istanze di riconoscimento, conclude bruscamente (una caratterino abbastanza deciso)
invitando i funzionari a mandare un loro delegato per vedere in situ come il metodo venisse applicato.
Ciò detto, un giorno un funzionario si presenta alla scuola e, stupito dal silenzio che vi regnava, pensava che
la scuola fosse vuota. Al contrario.
La suora lo introduce in un’aula piena di bambini, dove gli scolari di 4 e 5 anni erano intenti ai loro vari
compiti.
Il funzionario si avvicina ad un bimbo che stava lavorando della creta e lo interroga su cosa stesse facendo.
Il bimbo guarda quell’uomo che lo interroga poi, volgendosi verso la suora, dice: “Madre cosa devo fare?
Devo rispondere a questo signore o devo continuare a fare il mio lavoro?”, a quel punto il funzionario fu più
che convinto che il metodo era di grande validità, ed espresse parere favorevole.
Ora la scuola, considerata la migliore tra le istituzioni simili, sia pubbliche che private, si trova nella necessità
di dover rifiutare molte domande di iscrizione per insufficienza della struttura, che già assicura l’educazione
di oltre 600 bambini.
Terminata la visita e ritornati in sede ci rendiamo conto che non c’è tempo sufficiente per andare nelle strade,
recitiamo quindi le lodi e dopo il pranzo ci prepariamo per andare a Gramsh.
Questi è anch’esso un paesino molto povero e distante da Elbasan. Qui opera una congregazione di Suore
Vincenziane che assicurano sostegno morale ma anche infermieristico a persone malate, inoltre una di loro,
infermiera professionale, lavora anche presso l’ospedale che ha contribuito a riorganizzare.
La comunità dei fedeli di Gramsh è la più numerosa tra tutte quelle che abbiamo visitato; sono circa 140,
prevalentemente giovani, alcuni dei quali parlano un discreto italiano.
Don Giuseppe ci presenta al gruppo di giovani prima della celebrazione della Santa Messa. La sua voce
tradisce l’orgoglio: sembra quasi che sia stato lui a mandarci in missione, dice testualmente che siamo due
pazzi venuti in missione ad annunciare il Vangelo in Albania, senza soldi e … udite, udite … senza cellulare.
Dal gruppo di giovani si leva un ohhhh!!!! di incredula meraviglia.
Devo dire che, nonostante tutte le esperienze siano state importanti ed interessanti, questa è stata
certamente la più gratificante. Parlare ad un gruppo di giovani attenti ed interessati dà gioia al cuore.
In particolare Javit, che ha uno specifico carisma nei confronti dei giovani unito alla conoscenza della lingua,
ha potuto trarre il massimo profitto da questa visita.
Al rientro ci fermiamo a Göstima per recuperare Don Peppe che avevamo lasciato lì, durante il viaggio di
andata, per celebrare la Santa Messa.
Qui, una giovane parrocchiana ci offre delle pannocchie di granturco arrostito che ha acquistato apposta per
noi: sono deliziose, Javit ed io commettiamo “peccato di gola” e le divoriamo senza ritegno.
Torniamo in parrocchia ed ivi giunti celebriamo i Vespri.
E’ la nostra ultima sera ad Elbasan, il giorno successivo ci attende il ritorno.
Consumiamo la nostra cena, al termine della quale, secondo la consuetudine ormai abituale, ci tratteniamo a
parlare fuori dei nostri alloggi con Don Giuseppe.
Riandiamo con la memoria alle esperienze vissute. Abbiamo una strana percezione del tempo trascorso.
Sembra essere stata una intera vita ma trascorsa nel breve spazio di un momento.
Don Giuseppe riprende il discorso delle difficoltà insite nella sua missione; si rende conto che una pastorale
sacramentale non ha grande presa su chi invece avrebbe bisogno di una pastorale kerigmatica e si lascia
sfuggire l’osservazione: “Qui ci vorrebbe il cammino, perché il Cammino spacca”.
A questo punto non riesco a trattenermi, ho qualcosa che mi pesa sullo stomaco e questo peso me lo devo
levare, mi rivolgo quindi a Don Giuseppe e, candidamente gli chiedo: “Don Giuseppe, non mi consideri
sfacciato, ma devo chiederle una cosa. Appena ci siamo conosciuti Lei, mi perdoni, ma ci ha sbattuto la
porta in faccia; ci ha sottoposti al terzo grado, ci ha chiesto chi fossimo, chi ci avesse mandato, con quale
autorità fossimo venuti ad annunciare il Vangelo e, non appena ha saputo che eravamo del Cammino
Neocatecumenale, si è affrettato a dirci che il Vescovo di questa diocesi era assolutamente contrario al
Cammino e che non poteva fare niente per noi, poi alla nostra richiesta di riempire, per carità cristiana, le
nostre bottiglie d’acqua, tutto è cambiato, l’atteggiamento da scostante è diventato conciliante, si è
preoccupato di chiederci se avessimo mangiato e, senza che noi l’avessimo chiesto, si è offerto di ospitarci.
Posso sapere cosa le ha fatto cambiare idea così rapidamente.?”
Don Giuseppe sorride imbarazzato e replica: “Mica potevo farvi dormire per strada?”
Questa risposta non è una risposta, è una dichiarazione espressa in forma di domanda, e non mi soddisfa
per cui insisto, ma non ottengo altra risposta al di là di un sorriso simpatico ed un po’ timido.
A questo punto ci chiede quali siano i nostri progetti per domani, noi rispondiamo di non avere progetti
perché ci pensa Dio a farli per noi.
Sappiamo soltanto che, dopo l’Eucarestia ci avvieremo, passo dopo passo, verso la stazione degli autobus
per prendere il mezzo che ci porterà a Tirana e di là a Lezhë.
“Beh - dice lui cercando inutilmente di nascondere il sorriso – a Tirana potete andare con Don Peppe. Oggi,
alle 15,30 è arrivata una telefonata per cui deve andare domani alla capitale a ritirare un documento dalla
Charitas, e la stazione degli autobus per Lezhë è proprio a cinquanta metri dalla sede della Charitas”.
Non sembra vero! La Divina Provvidenza ci ha voluto risparmiare anche il disagio di una lunga camminata
sotto il sole, una lunga attesa prima della partenza, ed un lungo viaggio in autobus concedendoci invece di
partire comodamente ed arrivare rapidamente senza noia o fatica!!!
Ci scambiamo la buonanotte e ci apprestiamo ad andare a letto ma, in quella, arriva Don Emilio, il parroco
titolare che è ritornato dall’Italia.
Don Emilio è una simpatica persona, sembra molto giovane d’aspetto. Don Giuseppe ci presenta, gli parla
della nostra missione e Don Emilio se ne dimostra interessato e compiaciuto.
Nuovo scambio della buonanotte ed arrivederci al giorno dopo.

Giovedì 31 agosto
Ore 7,30 – Eucarestia. Celebra il parroco, Don Emilio.
Al termine salutiamo tutte le brave suore che ci hanno accolto ed ascoltato e, dopo la colazione, ci mettiamo
in viaggio con Don Peppe.
Arrivati a Tirana, dopo appena cinque minuti troviamo un’auto privata, diretta a Scutari, che per pochi leke ci
porta fino a Lezhë.
Inutile dirlo: arriviamo al Seminario in tempo per partecipare alla Eucarestia celebrata da Don Lorenzo
Rossetti, rettore del Seminario e per pranzare insieme ai nostri fratelli.
La missione è conclusa, nel pomeriggio, alla spicciolata, arriveranno le altre coppie di missionari.
L’appuntamento è per le 18,00 alla cattedrale.
Rientriamo in possesso dei nostri effetti e … del cellulare.
Beh, devo confessare che non ne ho sentito affatto la mancanza.
Nel pomeriggio riposiamo ed alle 18,00 ci rechiamo in cattedrale per incontrarci con gli altri fratelli.
Siamo tutti euforici e contenti, anche coloro i quali hanno dovuto sopportare qualche disagio (che a Javit ed
a me è stato invece negato), tutti parlano di una esperienza esaltante, vivificante, in grado di cambiare una
vita.
Ed è proprio così, è vero, la nostra vita non sarà più la stessa da ora in poi.
Quanto a Javit ed a me possiamo sintetizzare questa nostra esperienza dicendo:

NON ABBIAMO CHIESTO NIENTE, ABBIAMO OTTENUTO TUTTO

Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e
agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. (Matteo 11:25)

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