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Ass. Cult.

FOXTROT GOLF

Presenta

IL VIAGGIO DI ECUBA
di Gianni Guardigli

Regia
Francesco Branchetti

Con
Isabella Giannone

Musiche
Pino Cangialosi

I tempi che stiamo vivendo ci proiettano verso un’inevitabile riflessione sul senso
della vita e sul valore di essa. Fino a qualche anno fa il rispetto di questo potente
valore sembrava una intoccabile sicurezza. Ora siamo sempre meno sconcertati di
fronte a uno scivolamento continuo e inesorabile verso l’assuefazione di fronte a
raccapriccianti spettacoli di totale disprezzo della sacralità della propria vita e di
quella degli altri.
Ecco perché sempre più decisamente sento la necessità di dare al teatro e alla scrittura
teatrale il suo compito di sondare e riflettere su ciò che significa “essere umani” e
“agire da umani”.
Andare ad attingere nel patrimonio immenso della tragedia greca è vitale come
attaccarsi a una bombola di ossigeno quando il respiro non basta.
Essere madre oggigiorno, in un momento di esodi imponenti e dolorosi vuole dire
“sentire” attraverso la pelle e la sensibilità di una madre che “canta la sua pena” di
fronte al disfacimento del suo mondo che considerava “normalità” .
La perdita della patria, della terra, della tranquillità e, ancor più, la perdita dei figli
che se ne vanno a uno a uno è il toccante leitmotiv delle tappe della vita di questa
“mater dolorosa” che vive il passaggio fra due periodi storici in cui il futuro è una
paurosa incognita.
L’Ecuba di Euripide urla: “Una terra grama, se un dio interviene al momento giusto,
diviene fertile di spighe: una terra feconda, se le viene a mancare il necessario,
produce gramo raccolto. Non è così che succede cogli uomini: il malvagio non può
che essere malvagio, il buono buono: le avversità non guastano l’indole, che rimane
sempre uguale” .
Questa Ecuba moderna parla un linguaggio “misto”, un susseguirsi di racconto di una
piccola vita che si scontra con i terreni problemi del quotidiano con improvvise
impennate poetiche, che elevano la sua sensibilità al “linguaggio di tutte le madri”,
alla lingua del cuore di chi dà la vita e non si rassegnerà mai al vedere questa stessa
vita che si dissolve, preda dell’ingiustizia che si annida nel potere, nelle guerre, nelle
prevaricazione.
E’ un’Ecuba che viaggia a piedi fra i binari dell’Europa in cui c’è chi erige muri di
filo spinato e c’è chi chiude pesanti porte di vecchi treni. Ma c’è anche chi si accosta
al viandante per passargli una bottiglietta d’acqua e c’è chi offre una branda di una
stanza di una casa modesta per condividere il viaggio terreno con altri esseri umani
compagni di cammino.
Ecuba urla la sua verità come una coscienza spietata può parlarci di notte, quando i
sogni hanno il coraggio di urlarci in faccia le verità più scomode. In questo “la mia
Ecuba” diventa una povera donna di oggi che porta in sé le intuizioni di un profeta.

Gianni Guardigli

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