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N. BOBBIO, L. BONANATE, M. CAMPAGNOLO BOUVIER, A.

CARRINO,
L. CEDRONI, T. DELL’ERA, A. LEVI, M.G. LOSANO, F. MANCUSO, P. POLITO

SAGGI SU
UMBERTO CAMPAGNOLO

Atti del Seminario di studi su Umberto Campagnolo


promosso dall’Associazione Internazionale di Studi “G. Ferrero”
e dalla Società Europea di Cultura (S.E.C.) di Venezia
Roma, 15 marzo 1999 – Università degli Studi “La Sapienza”

a cura di
Lorella Cedroni e Pietro Polito
Copyright © MCMXCVIII, ARACNE EDITRICE
di Gioacchino Onorati
00173 Roma, via R. Garofalo, 133 a–b
tel. (06) 72672222 telefax 72672233

ISBN 88-7999-290-X

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,


di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

I edizione: luglio 2000

In copertina:
Umberto Campagnolo in seduta Impaginazione grafica e copertina
di Adolf Hoffmeister, Venezia 1967 Barbara Marchetti
5

INDICE

Presentazione
di Lorella Cedroni e Pietro Polito 7

Michelle Campagnolo Bouvier


Ricordo di Umberto Campagnolo 11

Arrigo Levi
Saluto ai lavori 15

Norberto Bobbio
Testimonianza su Umberto Campagnolo 19

Lorella Cedroni
L'idea di repubblica federale nel pensiero politico
di Umberto Campagnolo 23

Mario G. Losano
Kelsen e Campagnolo: una controversia
di diritto internazionale fra la pace e la guerra 41

Francesco Mancuso
Lo "spirito europeo" nel pensiero politico
di Umberto Campagnolo 63

Tommaso Dell'Era
L'immagine della Russia e il dialogo Est–Ovest
nella riflessione di Umberto Campagnolo 73

Pietro Polito
Il pacifismo di Umberto Campagnolo 87

Luigi Bonanate
Campagnolo critico di Kelsen e Kelsen critico di Campagnolo 107

Agostino Carrino
La scienza giuridica come scienza sociale empirica:
Umberto Campagnolo critico di Hans Kelsen 121
6 Indice

Appendice
Un inedito di Umberto Campagnolo: il Curriculum presentato
al concorso alla cattedra di filosofia del diritto (1948) 133

Bibliografia 143

Indice dei nomi 147


7

PRESENTAZIONE

L’idea di un seminario su Umberto Campagnolo (Este, 1904–Ve-


nezia, 1976) è nata nel marzo 1998 dal comune interesse dei due
curatori e di alcuni giovani ricercatori per la sua figura e la sua
opera1. Fin dall’inizio il progetto è stato discusso con il professor
Norberto Bobbio. Successivamente abbiamo avviato una proficua
collaborazione con la Société Européenne de Culture (S.E.C.), fon-
data da Campagnolo a Venezia nel 1950 e da lui diretta fino alla
morte2. Attualmente la Società è guidata dal Presidente, professor
Vincenzo Cappelletti e dal Segretario generale, signora Michelle
Campagnolo Bouvier.
L’organizzazione e la struttura del Seminario sono state defi-
nite un pomeriggio torinese, in un incontro avvenuto, grazie al-
la liberalità della signora Valeria e del professore, a casa Bob-
bio, il 7 gennaio 1999, con la partecipazione della signora Cam-
pagnolo Bouvier e del professor Mario Losano. Il “Seminario di
studi su Umberto Campagnolo ”, promosso dall’Associazione In-
ternazionale di Studi “Guglielmo Ferrero ” (Roma), in collabora-
zione con la Société Européenne de Culture, si è poi tenuto il 15
marzo 1999, presso la Sala lauree della Facoltà di Scienze
Politiche dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.
Esso è stato aperto dai saluti della signora Campagnolo Bouvier
e del primo Vice–presidente della S.E.C., Arrigo Levi, nonché
dalla lettura di una testimonianza del professor Bobbio.
L’attenzione intorno a Campagnolo è stata tenuta viva da
quanti hanno condiviso e in vario modo proseguito la sua espe-

1
Per le vicende della sua vita, vedi le voci di M. Campagnolo Bouvier, in
Dictionnaire international du fédéralisme, Bruylant, Bruxelles 1994, pp.
175–177, e di V. Cappelletti, in Dizionario biografico degli italiani, Roma 1988,
vol. 34, pp. 602–604.
2
L’assemblea costituente ebbe luogo dal 28 maggio al 1° giugno 1950 e lo
statuto fu approvato il 31 maggio. Sulla S.E.C.: Una politica per la pace –
Società Europea di Cultura, Une politique pour la paix – Societé Européenne de
Culture 1950–1980, Marsilio, Venezia 1980; Umberto Campagnolo e la Società
Europea di Cultura, a cura della Biblioteca Comunale di Este e della Società
di Gabinetto di Lettura, Este 1986; Statuts de la Société Européenne de Culture
suivis d’autres documents officiels et de notes, XIVe édition, Venise 1998.
8 Presentazione

rienza politica e culturale (in Italia, oltre a Bobbio, Luigi Gui,


Vincenzo Cappelletti, Arrigo Levi, Giuseppe Galasso)3. Per esem-
pio, Bobbio ha riconosciuto il proprio debito intellettuale nei
confronti dell’amico fin dai tempi di Politica e cultura (1955), af-
fermando nella Prefazione che i saggi raccolti in quel volume
«forse non sarebbero nati» senza l’assidua frequentazione della
Società europea di cultura, che aveva assunto tra i suoi principi
costitutivi il dialogo4. Un analogo riconoscimento s’incontra a di-
stanza di quasi trent’anni, nella Prefazione alla prima edizione
della Bibliografia degli scritti di Norberto Bobbio (1984). Osser-
vando che l’argomento da lui più trattato è stato il rapporto tra
politica e cultura, Bobbio sottolinea come tale “primato” derivi
dalla partecipazione all’impresa di Campagnolo, « che aveva po-
sto statutariamente all’ordine del giorno il problema della “po-
litica della cultura”»5.
Di recente sono usciti alcuni studi sulla figura e l’opera di
Campagnolo. Nel saggio Nazioni e diritto: Umberto Campagnolo
allievo e critico di Hans Kelsen (1993) Bobbio ha ricostruito il rap-

3
Si vedano i discorsi pronunciati da V. Branca, N. Bobbio, F.L. Mueller, B.
Polevoi, L. Braat, G. Zongolopoulos, W. Natanson, V. Svcnjak, in memoria di
Campagnolo alla commemorazione, tenuta a Venezia, il 31 ottobre 1976, nella
seduta inaugurale dell’assemblea della Società Europea di Cultura. Sono com-
presi in « Comprendre », n. 43–44, 1977–78, pp. 259–281, insieme alle testimo-
nianze di A. Schaff, A. Lami, L. Zea, M. Cranston, pp. 281–293.
4
N. BOBBIO, Politica e cultura, Einaudi, Torino 1955, prima edizione nei
« Reprints », 1974, p. 10. « Ho sempre tenuto presente questo richiamo di Cam-
pagnolo al dialogo tanto che come direttore della rivista « Comprendre » in
uno degli ultimi numeri uscito all’inizio degli anni Ottanta, dedicato al tema
Violenza e dialogo, ho ripreso uno dei suoi passi più significativi: “Il dialogo
appare oggi più che mai necessario. Gli uomini, non potendosi più ignorare su
un pianeta diventato tanto stretto alla misura delle loro conoscenze e delle
loro tecniche, non hanno altra scelta che fra il dialogo e la violenza. Il dilem-
ma è netto: o parlarsi o combattersi” » (N. BOBBIO e P. POLITO, Il mestiere di vi-
vere, il mestiere di insegnare, il mestiere di scrivere. A colloquio in occasione dei
novantanni di Norberto Bobbio, Estratti della Nuova Antologia, Fondazione
Spadolini Nuova Antologia, Firenze 1999, p. 7).
5
Cfr. ora Bibliografia degli scritti di Norberto Bobbio 1934–1993, a cura di C.
VIOLI, Laterza, Roma–Bari 1995, pp. XXX. Intesa « la politica della cultura,
come politica degli uomini di cultura in difesa delle condizioni di esistenza e di
sviluppo della cultura » che « si contrappone alla politica culturale, cioè alla pia-
nificazione della cultura da parte dei politici » (Politica e cultura, cit., p. 37).
Presentazione 9

porto tra il grande giurista e il suo “primo discepolo italiano”6.


Questo indirizzo di studi è stato ripreso e sviluppato da Losano,
che ha curato l’edizione italiana del libro di Campagnolo, nato
dalla tesi di dottorato, da lui sostenuta con Kelsen e pubblicata,
con il titolo Nations et droit. Le développement du droit international
entendu comme développement de l’Etat, nella prestigiosa collana
«Bibliothèque de philosophie contemporaine», Alcan, Paris 19387.
Un quadro d’insieme della figura e del pensiero emerge dal vo-
lume L’Europa, la cultura, la pace, che raccoglie gli atti del con-
vegno tenutosi a Venezia, a vent’anni dalla scomparsa, nei giorni
25 e 26 ottobre 1996. Sia pure con contributi di diverso valore,
che oscillano tra la memorialistica e la ricerca storica, questo
volume consente di seguire le diverse fasi di una biografia ricca di
avvenimenti politici e culturali, che attende ancora il suo storico8.
Muovendosi sul terreno della storia delle idee, la nostra ini-
ziativa segna un allargamento dell’interesse per l’opera dell’au-
tore tra gli studiosi delle generazioni successive e al di fuori dei

6
N. BOBBIO, Nazioni e diritto: Umberto Campagnolo allievo e critico di
Hans Kelsen, in « Diritto e Cultura », a. III, n. 2, luglio–dicembre 1993, p. 118.
7
Vedilo ora in H. KELSEN, U. CAMPAGNOLO, Diritto internazionale e Stato
sovrano. Con un inedito di H. Kelsen e un saggio di Norberto Bobbio, Giuffrè,
Milano 1999, pp. 111–267. Aperto da uno studio del curatore, Presenze italia-
ne in Kelsen, pp. 7–77, il volume ripropone il saggio di Bobbio, Umberto
Campagnolo allievo e critico di Hans Kelsen, pp. 81–98, e comprende il Giu-
dizio sulla tesi di Campagnolo di Kelsen, pp. 271–317, la Risposta a Hans Kel-
sen di Campagnolo, pp. 321–359, Gli altri giudizi sulla tesi di Campagnolo
(Maurice Bourquin Paul Guggenheim, Paul Mantoux, Hans Wehberg), pp.
363–371.
8
AA.VV., L’Europa, la cultura, la pace, A vent’anni da un’eredità spirituale. A
cinquant’anni da un’idea: la S.E.C., dedicato a Umberto Campagnolo. Filosofo
e politico della cultura (1904–1976), « Comprendre. Revue de politique de la
culture », Società Europea di Cultura, Venezia 1999. Nella biografia di Campa-
gnolo si possono distinguere almeno quattro fasi: 1) gli anni Venti e i primi
anni Trenta, quando matura il proposito di abbandonare l’Italia fascista; 2) l’e-
silio a Ginevra (1933–1940), segnato dall’incontro con Kelsen; 3) il tempo
della guerra e l’esperienza nel movimento federalista, fino al 1945; 4) il dopo-
guerra e la fondazione della Société Européenne de Culture, fino alla morte.
Da non trascurare, inoltre, è l’insegnamento universitario di storia delle dot-
trine politiche dal settembre 1943 e di filosofia della politica dal 1963 all’Uni-
versità di Padova; di filosofia e di storia della filosofia dal 1950 all’Università
di Venezia.
10 Presentazione

confini della Società Europea di Cultura. Il presente volume ri-


specchia l’andamento del seminario romano. A distanza di poco
più di un anno i diversi contributi vengono ora proposti, rivedu-
ti dagli autori e in qualche caso arricchiti da una nuova docu-
mentazione, rinvenuta nell’archivio della famiglia Campagnolo
e nell’archivio privato del professor Bobbio. Alla signora Cam-
pagnolo Bouvier e al professor Bobbio va la nostra gratitudine e
il nostro ringraziamento per la simpatia e la sollecitudine con
cui hanno seguito sia le ricerche presentate al Seminario sia la
preparazione e la composizione del volume.
La nostra attenzione si è concentrata in particolare sugli aspet-
ti internazionalistici del pensiero di Campagnolo. Cinque sono i
temi discussi in questo volume: il diritto internazionale (Losano),
il federalismo (Cedroni), lo «spirito europeo» (Mancuso), il dialo-
go est–ovest e l’immagine della Russia (Dell’Era), l’idea d’« une
paix qui n’a pas pour alternative la guerre» (Polito). Qua è là in
alcuni saggi affiora il problema della “politica della cultura”, che
abbiamo ritenuto e riteniamo un argomento che merita di essere
affrontato in un seminario a parte9.
Durante il Seminario è stato presentato per la prima volta il
volume, Hans Kelsen, Umberto Campagnolo, Diritto internazio-
nale e Stato sovrano, a cura di Losano, di cui si è dianzi detto,
con interventi, alla presenza del curatore, di Luigi Bonanate e
Agostino Carrino, che gli autori hanno gentilmente predisposto
per la pubblicazione negli atti. Infine, il volume è arricchito di
un inedito di Campagnolo — il curriculum da lui presentato al
concorso alla Cattedra di Filosofia del diritto nel 1948, conser-
vato ora nell’archivio privato di Bobbio — e di una bibliografia
essenziale degli scritti di e su Campagnolo.

Roma–Torino, maggio 2000


Lorella Cedroni
Pietro Polito

Il problema della “politica della cultura” è stato ripreso nel Convegno


9

internazionale per il Cinquantenario 1950-2000 della Société Européenne de


Culture, dedicato al tema Pour une politique de l’homme, Venezia, Fondazione
Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore, 24–25 marzo 2000, Casa dei
Carraresi, Treviso, 26 marzo 2000.
11

MICHELLE CAMPAGNOLO BOUVIER

RICORDO DI UMBERTO CAMPAGNOLO

Mi si invita a contribuire a questa pubblicazione con un ri-


cordo di mio marito. Non posso quindi non essere personale.
Quando siamo entrati nella vita l’uno dell’altra, nei primi
anni cinquanta, egli aveva il doppio della mia età. Quando ci
ha lasciati avevo passato con lui metà della mia vita, allorché
lui aveva condiviso con me soltanto un terzo della sua. Che
questo semplice fatto aritmetico dovesse incidere su una valu-
tazione proporzionata del suo lavoro, del suo pensiero e della
sua azione nel percorso intero, solo a poco a poco me ne sono
resa conto, sul filo della riflessione retrospettiva. Altrimenti ri-
schiavo di rimanere con una visione complessiva deformata.
Avevo però una giustificazione per non curarmi dei capitoli
precedenti, mentre si svolgeva giorno dopo giorno la nostra vi-
ta in comune.
Era uomo del presente e del futuro, intensamente, appassio-
natamente. E non nel senso del presente e futuro propri, bensì
di quelli del suo tempo. Si sentiva parte e partecipe della vicen-
da generale ed era essa a plasmare la sua personale: la configu-
razione del presente da studiare e, naturalmente, vivere questo
presente per dedurne l’impegno proiettato verso il futuro. Ne
conseguiva che quel che pensava e faceva al momento gli appa-
riva sempre come la cosa più importante e urgente.
Negli anni condivisi, caratterizzati — a parte l’insegnamento
alle Università di Padova e Venezia cui teneva molto — dal far
vivere la Società Europea di Cultura, dall’alimentare la rivista
« Comprendre » e dal teorizzare la politica della cultura, questa
predisposizione temperamentale e spirituale era diventata in
qualche modo una necessità operativa. Non implicava forse l’o-
pera una interrogazione sempre ripresa, sempre approfondita,
sui movimenti in atto nei vari paesi, su tendenze nascenti, sul-
l’evoluzione delle relazioni internazionali, onde delineare delle
priorità nei compiti di una cultura consapevole della sua re-
12 Michelle Campagnolo Bouvier

sponsabilità politica e tesa a promuovere il dialogo fra uomini


di opposte ideologie, la comprensione e in ultima analisi la pa-
cifica convivenza fra i popoli? I grandi temi allora erano la
guerra fredda e le sue diverse stagioni, la corsa agli armamenti
di distruzione assoluta, l’Europa e la sua unione, responsabilità
europee negli anni della decolonizzazione, potere e cultura…
L’uomo era sempre in cammino; e lo era con l’idea del progre-
dire. Perciò, credo si possa dire che la Société Européenne de
Culture gli è stata proprio congeniale, per la sua impostazione
non meno che per il fatto di congiungere pensiero e azione.
Nel nostro denso quotidiano, dunque, non c’era spazio per le
cose di ieri, dell’altro ieri, degli anni passati, se non tramite
l’occasionale evocazione di ricordi particolari, di singoli episo-
di, di stati d’animo. Mi accompagnava quindi l’impressione che
non contassero molto, che, rispetto all’impegno presente, giudi-
casse inferiore quanto compiuto prima.
In questo senso va anche quel che mi sento di aggiungere
senza paura di sbagliare rispetto alla S.E.C. Fermo restando che
gli amici e colleghi consoci conoscevano il suo curriculum intel-
lettuale, lui vivo, non vi fu mai ritenuto necessario per lo svolgi-
mento del compito indagare sulle origini, a monte della fonda-
zione, del pensiero che principalmente ne orientava l’impegno.
Fu nei suoi ultimi mesi di vita che giunsi a capire che non si
curava del lavoro del passato semplicemente perché non aveva
pertinenza nei riguardi del momento presente, perché l’attua-
lità non lo esigeva, senza però che fosse implicato un giudizio
di qualità. Negli ultimi mesi di vita, infatti, si stava occupando
di costruire una raccolta di suoi scritti, alla quale avrebbe dato
il titolo Maints droits nulle justice. Non riuscì a portare questo
lavoro a compimento, ma sappiamo che aveva scelto di presen-
tarvi o ripresentarvi testi dell’arco intero della sua attività.
Poi, con lo spazio e il tempo lasciati dall’assenza materiale,
iniziò la riflessione su questa vita. Ne emerse con sempre mag-
gior forza e chiarezza l’intimo concatenamento di ogni fase del
percorso intellettuale, dove la successiva cresceva dalla prece-
dente e ne era in parte plasmata. Fu così, anche se le circostan-
ze esteriori sono state discontinue, per via della fondamentale
Ricordo di Umberto Campagnolo 13

coerenza del suo pensiero. Alla coerenza del pensiero teneva


molto e se in lui di orgoglio si può parlare, era a questo propo-
sito che l’orgoglio si manifestava.
Con tali considerazioni in animo, non posso che esprimere i
sensi della più viva soddisfazione per vedere pubblicati i pre-
senti saggi, come già lo avevo fatto in apertura del seminario
da cui essi sono nati. Mi sono rallegrata del progetto partito dal
felice incrociarsi di ricerche dedicate a Guglielmo Ferrero, che
di Campagnolo fu amico paterno negli anni ginevrini, e a Nor-
berto Bobbio, il quale con spirito di vera amicizia ne incorag-
giò la realizzazione, in modo certo determinante. L’ho fatto pu-
re nella mia qualità di Segretario generale della Società Euro-
pea di Cultura, la quale continua a trovare nutrimento nel pen-
siero che il Nostro ha elaborato nella e per la stessa. Nella du-
plice veste, mi sono compiaciuta per l’ottima scelta dei temi,
non solo perché sono qualificanti, ma perché testimoniano un
approccio nuovo all’autore, nuovo in quanto non condizionato
dalla Società né limitato ad essa.
Se questi temi sono suggeriti primariamente dalla bibliogra-
fia, bisogna sapere che rappresentano altro e di più di vari sog-
getti di studio nel corso di un tranquillo e lineare iter accade-
mico. Racchiudono lo spessore e la concretezza dell’esperienza
vissuta e in un certo senso pagata in prima persona; nel senso
che le vicende che vi si collegano sono state il prezzo da pagare
per un altro tipo di coerenza, esigente, costringente: la coeren-
za morale. Dunque, tappe diverse, temi diversi, non certo per
mancanza di consequenzialità, ma per la ragione opposta di
fedeltà a sé stesso quando le condizioni esterne mutano.
L’esilio volontario a Ginevra, iniziato nel 1933, si identifica
con l’incontro determinante, l’impatto, con il mondo degli studi
giuridici, specialmente del diritto internazionale, da parte del
giovane che già i suoi compagni all’Università di Padova dice-
vano filosofo. Vi dedicherà sette anni di vasta ricerca e severa
riflessione, di cui l’elaborazione teorica ha trovato la forma più
compiuta nell’opera Nations et Droit. Il periodo ginevrino, es-
senziale per gli sviluppi successivi, è presente in queste pagine
con ben tre saggi; poggiano sul lavoro importante di cui ne ha
14 Michelle Campagnolo Bouvier

fatto l’oggetto Mario Losano, traendolo felicemente, con l’aiuto


di materiali inediti, dal quasi totale oblio.
A questo proposito mi colpisce come il recupero degli anni
ginevrini abbia ormai una giustificazione e un interesse nella
prospettiva storica. Ma nel contempo esso attualizza un dibatti-
to sulla natura dello Stato sovrano e del diritto internazionale di
sicuro riferimento alla situazione generale di oggi. È di tutti i
nostri giorni, per esempio, la questione della sovranità, o meno,
del « grado di sovranità » degli Stati che compongono l’Unione
Europea.
Collegata al ritorno in patria, nel 1940, quando l’Italia entra
in guerra, si apre la tappa federalista. Anche in questa fase, ca-
ratterizzata dall’impegnata interrogazione su quale potrà esse-
re il miglior assetto post–bellico dell’Europa, pensiero e azione
vanno di pari passo. Soffermarvisi con il taglio che qui è stato
scelto colma certamente una lacuna.
L’approccio agli scritti dedicati allo « spirito europeo » intro-
duce un nuovo passaggio che porterà all’idea e poi alla creazio-
ne della Società Europea di Cultura. Si colgono, invece, due
aspetti fondanti del lavoro speculativo e della prassi in seno a
quest’ultima con i temi del dialogo Est–Ovest e della ricerca
sulla e della pace senza alternative. Nella tensione verso una
pace autentica si trova, forse, sublimata tutta la storia umana
di Umberto Campagnolo.
15

ARRIGO LEVI

SALUTO AI LAVORI

Dedicare studi a Umberto Campagnolo vuol di rievocare non


soltanto le radici della sua formazione, ma anche le idee guida
della sua azione come uomo pubblico. Perché se la S.E.C. è
un’associazione che difendeva e che difende rigorosamente la
propria autonomia da ogni potere, la sua azione, la sua attività
è pubblica e rivolta al mondo. Temi quindi come quelli qui trat-
tati sono stati da parte di Campagnolo un contributo alla storia
delle idee e inoltre le fondamenta su cui si è creata la Società
Europea di Cultura. Questa istituzione che si prepara a com-
piere cinquant’anni, portati bene anche se con qualche acciac-
co. La sua venezianità iniziale è riconosciuta con la bella sede
internazionale assegnatale dal Comune ed ha una ramificazio-
ne internazionale significativa. Basti pensare che quasi tutti gli
atti dei suoi convegni da ormai diversi anni appaiono su una
rivista internazionale importante che è messicana e non italia-
na: « Cuadernos Americanos ». Pertanto ritornare alle fonti del-
le idee di Campagnolo è importante anche per noi e siamo lieti
che un’iniziativa indipendente dalla S.E.C. si richiami alla sua
figura intellettuale.
Vorrei ora farvi parte non tanto di una osservazione quanto
di uno stato d’animo che mi è stato suggerito in tempi recenti
da una serie di situazioni particolari, nelle quali, in varie sedi,
mi è toccato di affrontare il tema del rapporto fra l’uomo di
cultura e la realtà politica in cui si trova ad interagire. E il ram-
marico molto profondo ogni volta che si riavvicina il pensiero
di Campagnolo — un pensiero chiuso in un arco temporale —
il rammarico che egli non ci sia più per affrontare questo tema
e confrontare la sua etica e la sua visione politica con la realtà
com’è.
Mi pare infatti che la realtà com’è in qualche modo contrad-
dice certe sue affermazioni, per esempio circa l’incapacità degli
Stati di evolvere, la possibilità o meno che dalla sovranità degli
16 Arrigo Levi

Stati si sviluppi una sovranità superiore. Noi attualmente sia-


mo in estrema difficoltà — come si è verificato in ognuno dei
numerosi convegni sull’Europa di oggi o riunioni europee alle
quali ho partecipato — a definire l’identità di quello che si è
andato facendo in Europa, un’identità che cambia di anno, se
non di mese in mese. Oggi si chiama Unione Europea. Domani
forse si chiamerà Federazione di Stati democratici europei.
Questa almeno è la definizione che mi piace più di tutte le al-
tre; altre se ne possono dare.
La difficoltà dell’identificazione è anche per molti una diffi-
coltà concettuale. Un recente dibattito a Venezia, fra inglesi e
italiani, ha mostrato la grande difficoltà degli inglesi di uscire
dalla visione statica dello Stato. Secondo questa visione, lo Sta-
to c’è o non c’è; se quindi volete fare l’Europa fate uno Stato; ma
allora gli altri verranno meno e lo Stato Europa avrà tutti i di-
fetti degli Stati — che venivano ingigantiti come reazione istin-
tiva. Mi ha lasciato sconcertato.
Secondo me, la realtà non è cosi. La realtà è che non sap-
piamo che cosa è lo Stato che nasce. Nulla ci impedisce di pen-
sare che possa essere qualsiasi cosa noi vogliamo che sia. Non
c’è nulla nel passato che definisce o blocca l’identità di uno
Stato Europa. È un punto del tutto fondamentale. Piuttosto
che concentrarsi sul concetto di Stato, bisognerebbe forse tor-
nare indietro, sul piano della storia, e domandarsi che cosa
sono stati gli Stati. Sono stati una serie di cose, ciascuna diver-
sa dall’altra. Si potrebbe affermare che non ci sono due Stati
uguali, che non esiste l’astrazione, il concetto di Stato, lo pseu-
doconcetto di Benedetto Croce — se mi è concesso di tornare a
certe mie radici — che la sola realtà sono gli Stati definiti in
vario modo a secondo dei tempi, dei luoghi e da come sono
stati vissuti.
Se accettiamo questa premessa, che direi cruciale, che lo
Stato è uno pseudoconcetto e non un concetto assoluto ed
astratto — io l’accetto — allora siamo aperti a qualsiasi opzio-
ne per quello che riguarda l’evoluzione dello Stato nascente
europeo. Non abbiamo difficoltà a dire che possa essere un
pezzo di Stato, non abbiamo difficoltà a concepire il fatto che
Saluto ai lavori 17

gli Stati possano cedere parti della loro sovranità e non altre,
irrevocabilmente o non… Non lo sappiamo ancora e lo vedre-
mo.
Torno al problema di fondo che ha mosso e assillato Campa-
gnolo e che rimane nostro oggi: come si colloca l’individuo,
l’individuo Campagnolo, o l’individuo Levi, o chi si voglia, di
fronte alla realtà politica, come agisce? Come si trova ad opera-
re “l’homme de culture” nei confronti della realtà politica?
Questo problema mi si è posto, pure recentemente in sede di
convegni ecumenici. Ci si stava proprio domandando come si
colloca e come agisce l’uomo di cultura, l’operatore culturale,
di fronte allo Stato, come funziona. In sede di incontri ecume-
nici o fra mondo laico e mondo religioso è interessante occu-
parsi del problema, perché il modus operandi non è uguale. Il
religioso agisce avendo alle spalle una grande autorità che è
tutta figlia della storia. L’intellettuale laico agisce in modo
diverso, agisce attraverso società di cultura, movimenti politici,
istituzioni. Come si conciliano allora questi modi di agire, co-
me si trova una sintesi delle varie esperienze…Per me l’essen-
ziale è considerarle precisamente come delle esperienze, che
vanno poste a confronto e da cui si può trarre una lezione, una
indicazione, rispetto alle questioni di oggi.
Fra quelle si annovera certamente — per tornare all’Europa
— la necessità di dare un « esprit européen » uno spirito euro-
peo autentico, universalista, alla nazione nascente.
E la questione della pace. Per chi agisce dall’interno della
società europea la domanda è: come possiamo globalizzare la
nostra pace, dopo aver globalizzato le nostre guerre? Durante il
XX secolo abbiamo globalizzato le nostre guerre. Ora vorrem-
mo proporre la nostra pace, ma ciò significa consolidarla,
motivarla con uno spirito più forte delle ragioni di conflitto.
Come si vede, i temi qui prescelti suscitano echi di interessi
e di preoccupazioni in me presenti proprio in questi ultimi
tempi. Per affrontarli, mi manca, ci manca Campagnolo. Que-
sto lo dobbiamo dire. E un gran peccato che non ci sia. La sua
coscienza avrebbe proposto delle soluzioni, se non necessaria-
mente da additare, certamente tali da fare compiere passi nella
18 Arrigo Levi

giusta direzione. L’unità del pensiero che senza dubbio esiste


dal Campagnolo giovane al Campagnolo maturo abbraccia l’e-
voluzione di fronte alla realtà che cambia. La sua non è una
mente dogmatica, non propone dogmi; nel confronto con la
realtà egli propone degli strumenti operativi, degli strumenti di
comprensione.
19

NORBERTO BOBBIO

TESTIMONIANZA SU UMBERTO CAMPAGNOLO

I miei primi ricordi di Umberto Campagnolo risalgono a


molti anni fa. Credo di essere uno dei pochi superstiti dei suoi
amici e discepoli di allora. Ho sempre avuto la vocazione di
rappresentare la parte del testimone dei testimoni. La lunga vi-
ta mi ha concesso di esercitarla in tante occasioni come questa.
Umberto era tornato dall’esilio svizzero, quando era scoppia-
ta la guerra. Era venuto in contatto con un giovane ma già
molto noto studioso di diritto internazionale, Roberto Ago, che
aveva studiato Kelsen, pur non essendo un kelseniano. La
moglie di Roberto aveva una sorella che sarebbe diventata l’an-
no dopo mia moglie. Mi pare di ricordare che il nostro incontro
fosse avvenuto a Courmayeur. Lo dico stupefatto e addirittura
incredulo, si tratta di vicende accadute più di sessanta anni fa.
A dire il vero, allora anch’io kelseniano non ero. Avevo letto
qualche sua opera, lo citavo nei miei corsi, ma in quello stesso
anno 1942 era uscito un mio libro, La consuetudine come fatto
normativo, in cui Kelsen era confutato. Diventai kelseniano a
poco a poco in seguito per reagire alla filosofia del diritto di
ispirazione idealistica del tempo. Non più kelseniano Umberto
allora, non ancora kelseniano io, del famoso fondatore della
teoria pura del diritto, se ben ricordo, non abbiamo mai parlato
fra noi né allora né dopo. Kelsen, col quale Umberto aveva
avuto un lungo intenso rapporto intellettuale sembrava ormai
scomparso dal suo orizzonte. Nel mio non era ancora apparso.
La nostra amicizia ebbe radici politico–culturali, non accade-
miche, anche se egli sin dal 1943 insegnava all’Università di
Padova, dove io stesso avrei insegnato, salvo qualche interruzio-
ne durante l’occupazione tedesca, sino al 1948. Umberto aveva
avuto l’incarico di storia delle dottrine politiche, ma nella
facoltà di lettere, mentre io insegnavo in quella di giurispruden-
za. Le due facoltà avevano sedi separate: quella giuridica era nel
vecchio palazzo del Bo, quella di lettere e filosofia aveva avuto
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una nuova bella sede, decorata da una notissima serie di affre-


schi di Massimo Campigli, in un palazzo denominato da allora
“Liviano”, in altra parte della città. Umberto abitava, credo, a
Venezia, io a Torino e viaggiavo su e giù. Non ho alcun ricordo
di nostri incontri padovani. È rimasta testimonianza, se mai, di
un incontro mancato in una lettera del 24 aprile 1946 a lui indi-
rizzata in cui do la mia adesione al Manifesto delle Università
italiane per la Federazione delle Nazioni d’Europa, e nello stes-
so tempo lo informo di aver tenuto a Padova per iniziativa della
Associazione dei professori universitari una conferenza sugli
Stati Uniti d’Europa e mi rammarico che egli non sia stato pre-
sente: « Ti saresti trovato automaticamente, magari dopo un dis-
senso iniziale, sulla mia stessa linea contro il misoneismo e il
microcefalismo dei nostri colleghi che in fondo trovano che gli
stati nazionali vanno benissimo e che una federazione distrug-
gerebbe il senso della patria e altre bellissime cose del genere ».
Alla fine esprimevo la convinzione che il dissenso fra noi due
fosse « un ruscelletto che si può anche saltare con poco sforzo,
mentre il dissenso che ci separa entrambi dagli illustri docenti è
un oceano in tempesta ».
La sola altra vicenda accademica che ci ha accomunati fu il
concorso universitario di filosofia del diritto, il primo dopo la
guerra, cui egli si era presentato come candidato. Io facevo par-
te della Commissione, di cui, essendo il più giovane, ero anche
il segretario. Presidente era il notissimo filosofo del diritto Adol-
fo Ravà, ritornato dopo essere stato espulso dall’insegnamento
in seguito alle leggi razziali, di cui Enrico Opocher, per il quale
era stato bandito il concorso, e ne fu il vincitore, era stato il di-
scepolo prediletto e allora era mio assistente. Nella mia relazio-
ne presentai l’opera di Campagnolo con particolare riguardo al
libro, che oggi viene in parte ristampato nella traduzione italia-
na, Nations et droit. Mi accorsi quanto Umberto fosse presso gli
altri commissari poco conosciuto. I suoi lavori furono dichiara-
ti, con una formula di comodo, “non pertinenti”.
La nostra amicizia, come ho detto, si era formata al di fuori
del mondo accademico, specie in occasione del dibattito allora
fervidissimo sugli Stati Uniti d’Europa. Io avevo sostenuto in

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