Professional Documents
Culture Documents
-,
Si ~3 Sì
'So « <J
« § oo
ce
> oo
O H
rfl
"§ o
1
ti
^ a,
B
>
§ E o
•
*
e o tj
U T3 .
w
•4
^
j
A R C A D I A ;
Dì M ESSER GIACO %
MO SANNA-
ZARO
NOBILE NAPO
LITANO. é
/
tiuouamente con U gionU rU
ffampata> er confomma
diligente COYm\
rttiu,
Jft;
IN VENBTfA.
M* D. XLvnr.
K^-K^
itir-penr*?
ARCADTA DT M. GIACOMO
Sannazaro nobik Napolitano.
SELV AGGf O E T
ERGASTO.
E'Rga^o mio perche fòlh.gu gr tacito
Pcnjar ti ueggiofohùne che mal fi lafciano)
Li pecorelle andare al lor fon placito
Di far de le me :
oUe arida cenare.
"Progne riiorna a noi per tanto j-paiio
fé
fummo arriuati Ma .
} pafiando in coiai guija più ty
più giorni 9 aduenne che un imitino fra gliaUn, hauen*
do io(jì come è ecftume de pafizri ) pajciute ie mie pe=
corcU:per le rogiadofe herbette , er parendomi komai
pzr lofàprauegnente caUohora di menarle alle piace*
MONTANO ET
V R A N I O.
'EtfcgnounBifilijco > -
i
U fi taceuano i duo pajhri dai cantare erediti
'.cpaftio tutù tfe /crfere Iwatl , lafciando Vtam
quiui
quiui con duo compiali* ne ponemmo a feguitare le pt
fé
delle msrite lodefcemare potuto hauea perche ciafeu*
no ringratiaua li benigni Dijcbe a tanto diletto ne
hxueano fi impenfatamente guidati, er uolta auenia
B
U porti uni lunga Corani di fiondi tf di fiori di Ci»
neftre *s poiconfummo di durofolpho an*
d'altri,??
do diuotamente.attor mando ifxturi greggi, crpurgan
folicon pittoft prie ghirbe nejjiin male gli potèfie noce*
re m dawfiftem. Per laqual cofaciafeuna Capanna /£
fi
ricordaua di pafae le herbe che d'intorno gli &aua=
no. In quejto ueniuano quattro Satiri con le corna in te
fi metteuano in fuga
per lo fòlio bofco , non fchiuando
ne pruni , necofa che le potefie nocere , dette-quali una
1
più che ì altre prejh tra poggiata fopra un Carpino,
cr quindi con un ramo lungo in mano fi difindea le
altre fi erano per paura gittate dentro un fiume , er
per quello fuggiuano notando , er k chiare onde poco
niente gli nafeonieuano d$.e bianche carni , Ma poi
che fi ueicuano campate dai pericolo ftauano afsife
bifognifi è dimon&rata ,
porgi pieiofe crecchie k i prt
ghidiuctifimi detta circo fiume turba, kqvale tiri-
chiede Umilmente perdono dii juc fallo , fé nenfaptn*
do hauefx fiduto , è pafeiute fono alcuno albero , che
[aerato fufje , ò je curando per li muiolMi bcjehì
hauefie con la jua uenuta turbate le /ante Drmde , e i
fi con
acqua di uiuo fiume le mani indi di paglia acce*
Crfi intatti
fi
d imc^r au ano. Pr r mezxo de i quali tre*
Acuiti uagbiuccttii
Di [opra gli arbofceUi
Con uoct rifiondcan dolce & gtntiU $
Et ei molto al fole
Dicea quejk parole .
E le fontane intatte
In cjuejb di giocondo
fi
lefchiette maniche infilo al cubHo3 mc8rauar;0 ignv*
de le càdidijùme l r iccià, lequall no poca b litzza alle
lui più chi altro mi aggrada,e che conofce & urna fo*
pra tutte le cofe lafua donni, cr piacentifiimo foftienc
di far
fé
porre ilcape(tro,Fr di ejfcre tocco dalle fue ma
niyUnzi di fuu uolontu le para il manfueto collo al gioco
r
CT tal fiata gli kumeri alTim }a!byW contento di effe»
/
gnojlqualeda ingegnofo artefice lauoratotkn net (ho
mezzo dipinto il rubicondo Priapo,che Qrettiftimawen
te abbraccia una Uimpha,rr a mal grado di kija uuoì
bafciare. Onde quella d'ira accefa torcendo il mito*
indrieto } con tutte fue forze intende d fuiluparfi da M %
parole il feguito.
LOGJSrO ET ELPINO.
Tc^xìtno /abolirli
Logk.
CHiDonne mie carc,ey
uuol utire i mieifofriri in rime
Vangofciofo pianto
Et quanti pafii tra la notte e'/ giorno
Spargendo indarno uo per tanti campi,
Legga per quejk querce,c;r per Ufifii,
Che n'egia piena homai ciafeuna ualle.
MontiySelue.FonUne^iaggk.^r Safii
alpino
Vo cercandolo fé pur potefjè un giorno
In parte rallentar Vaarbo pianto.
Ma ben ueggfhor.thc folo in una uaUe
Trouo rxpofo alle mie jknche rime.
Che mormorando uan per «ufle campi
logis. Tkrefilue&re che per i lati campì
Vagando errate ?r per acuti fafii
Vdijk mai fi dolorofe ritmi
Bitel per Dio.udi$i in alcun giorno
O pur in cjuejhiOuer^inalta uaUe
Co// caldi fotyiri fi lungo piantoi
Elp'mo Ben mille notti ho gii pafiate in punto,
Tal che qua fi paludi ho fatto i campi,
Al fin m'afiifi en una uerde uaUe
l'encantate rime
Chi di biade più udite han priui icampi.
Li ignudi pefcidndran perfecchi campi,
Ei marfiu duro, er liquefatti ifafii
'ErgaRo uincera Titiro in rime,
ha tiotte uedra el fol,lejkUe il giorno,
Vria che gli Abeti e i Faggi dejfa uaUc
Odin da la mia bocca altro che pianto,
Se ma i huom fi mitri d'ira er di pianto,
fi
fidar anno mele dolcifiimo il far anno
, e i dolci fiori
fi
taccia la fama tua . Qjtejk parole finite^ fubitamentt
prefe a fonare unafoaue coriumufa 3 che dopo le fratte li
pendea atta melodia delinquale Erga$o t quaficon le U
grimefu gliocchi,cofi aperfe,le labra ì cantare,
ERGASTO SOPRA LA
sepoltvr A.DA«>aotì£ a
ALma
Che
heatd er
da legami fciolta
betta
Nelfoluiurainelamiajhncalingua t
Ma per pajhr diuerft .
*
MERANO ET OPrCO.
Vantunqne Opìco miofei uecchio, er carico
Q.. Difenno,et di penfier cbe'ntefi couano, (co
Deh piàghihor meco,e prède il mio ramari
Nel mondo hoggi li amici non fi trouano,
La fède morta,® regnano? enuidie,
E i mal cojhmi ogn'bor più fi ritmano.
Regnai le uogliepraue,er le perfidie
E{ di balfamo.e'ncenfólagrimeuole,
latrocinio.
D ini
rime e i utrfi atthor a fatti cantando, mi udia da ki font
mamentt commendare , et per non andare ogni mia pe
na puntalmente r acontando , mima cofa m^ aggrada f
nulla fyh ne giuoco mi può non dico accrefare di le
SINCERO SOLO.
C O me notturno ucccl nemico al fole
fu gli occhi gli ri/pondea, alla mia lingua non effere liei
dtCOt
i\co,c*)t quattro foli rr altrettante lune il mio corpo ne
da cibo ne dafonno fu riconfortato , er le mie iucche
iigiune non ufcirono dalla chiufa mandra 9 ne gustarono
mai fasore di berba ne liquore di fiume alcuno onde i
miferi uiteUifugan o
}
le feche poppe delle affamate ma
&ri y r? non trottandoti bufato latte t dolorofi appo quel*
U reinpiuano le circonjhnti fdue di lamenteuoli mug*
gitile Uqual cofa io poco curandomi,gettato ne la pia
na terra ad altro non intendtua y che a piangere, tal che
neffuno che ueduto mi hamfie ne i tempi della mia tran
quiUita 9 mi haurehbe per Carino riconofciuto. Vemua*
no i bifòUìy ueniuano i paflori di pecore er di capre in
fieme co:i li paefani delle uicine Miscredendo me effe*
re ufeiio dalfenno(come già era)et tutti con pietà gran
difiimadimandauano qualfufie la caggione del mio do
toreri i quali io niuna rijpojfo facea>ma al mio lagri*
mare dttendendofcofi con lamentofa noce dicea. Voi Ar
cadi cantar ete ne i uoftri monti la mia morte . Arcadi
foli di cantare efperti 9 uoi la mia morte ne i uo&ri mon
ti cantante. O quanto aUhora le mie efie quetamente ri
poferannofe la uo&ra fampogna acoloro>che do£o me
nafeeranno dira li amori e i cafi miei . finalmente a la
quinta notte defidsrofo oltra modo di morire.ufcédofuo
ra de lofconfolato albergo>non andai alla odiofa finta*
e a
to marefiabbiate fempre nella memoria il uo&ro Cari
no ilquale qui kfue uacche pafceua,ilquale qui ifuoi to
ri coronaua,ilquale qui co lafampogna li armenti(men
tre beueano)folca dilettare. Et quejk parole dicendo, mi
tra alzato già per gettarmi da Valta ripagando fubi
tamente dal dekro lato mi uidi duo bianchi colombi ut
nire,rr con lieto uolo appoggiarfi aUa fronzuta quer
cicche di [opra mi jhua porgendqft in breuefpatio con
Éffhuofi mormorij miUe bufi dolcifiimi . Da i quali io
quale poi che da noi feltrando fi, per un fentieroy che alla
citta conduceafi fu indrizato>jìnza dubbio alcuno cono
feemmo efiere lo innamorato Clonìco paftore, oltra gli
altri dottifiimo,ey nella mufica ejperto,per laqual cefi
E V G E N r O ET
CLONICO.
Ve fi fol con fronte efangue ty palida Euge 4
A quelli cruda>e'bor m J
incende & itruggemi
E'adjrno al fiordo fafio cbiamareieme
VtfOrfo in mezzo l'almaM I con ruggenti Euge.
Clonico mìo fentendo il tuo ramarico,
fi
di:de ì mungere, chi i racconciare la guaftafampo*
gna.chi a fidare la non (tagnafiajca.ey chi a fare un
miìluro>(t chi uncino, infmo che la difiata cena fi ap*
parechiafre , Lquale pei che con afiai diletto di tutti fu
compiuta eia fuorché molta parte dtUa notte pajjata
era fi andò k dormire . Ma venuto il chiaro giorno et
raggi del fole apparèdo nelle femmita di alti m tino ef*
fendo anchora k le luci de gotte dellafiefca brina rifeca
te nelle tenebre herbe facciamo dal chiufo uaUone li no* '
fé
pur che al tempo di coglierla fufie accorto . Ma che
uo io affaticandomi in dirui quejk co/è già il luogo , owe
OPHELIA. ELENCO.
ET MONTANO.
Qphc. ìmmi caprar noueUo, er non ti irafeert
D Qyejh tua greggia ch'c cotanto (tra ne
Chi te la di?
fi follemente a pafeere i
Dimmi bifolco antico,®* quale infama
Ti rifofrinfe a prezzar Parco Clonicù
Voneniofra pajkr tantaziz<tnia t
Offe, forfè fu allhortfio uidi melanconico
Seluaggio andar per lafampogna c'i naccarì
Chi g? muoiaci tu peruerfo er romeo.
Efetf.
mamente rimbombato ; fi
taceuano gioì
F mi
mondo non tra fi colmo di uitij,tulti i Vini, che uì erano,
(fé
alcuno uè ne era y che per non moftrarfi a ghocchi
no$ri nel latebroso bofeofi nrfeondeffe ) paffammo col
tra firma , che fono quelli delle capre, ilfuo manto era
ii una pelle grandifiima,jkttata di bianche macchie,da
J'wi lato,cr dall'altro del utechh al/re pendeuano duw
grandi tauole di ¥ aggio, ferine di rusticane lettere,
kquali fucccjìiuamente di tempo in tempo per molti
anni conferuate da i paffati pastori , continuano infe It
t
chiare onde de la compatriota Artthufa er cfama,che
. mentre coftui cantaua , icircunfbnti Vini mouendo le
loro Jòmmita li riftondeano er le forestiere Querce
dimenticare de la propria feluatìchezza abandonaua*
no i natila monti per udirlo>pcrgendcfouente piaceuo*
fé
alcuna deità è la giubbe con degno [uplicio puni[ca le
SELVAGGIO ET FRONIMO.
Ort fon Tronimo mio del tutto mutole*
N Come huom crede, le fehe^anzi rifonano
Tal , ùe,quafi a Cantiche equal riputolt
F. Seluaggìo hòggipajbr più non ragionano
De Palme mufe,e più non pregian naccari >
Sopra il uecchtofepolchroficonfwjèrò.
G iiii
Che (otto glialti Pin'ie ì diritti kkli
Sifhtan manfueti a prender fè/h
Per la uerdefòrelh afuonjli Mena,
Qundo per noftra pena ii cieco errori
Entro nel fiero core Àie ghittofo.
Et già panfur'iofo con la fama
Spezzo la mata cannavate hor, piangendo
S? fkfìo riprendendo, Amor lofìnga,
Che de la fila Siringa fi ricorda,
y
hefaetteja corda,l arco,el dario
Che ogni animai fèa tardo,homai Diana
Di/pregia,^ la fontana, oue il proteruo
Atteon diuenne ceruo,r? per campagne
Lafia kfue compagne fenza guida,
Cotanto fi diffida homaidel monio
Che uede ogmhor al fondo gir lefkUe.
y
E le lunghe rime di Fronimo cr di Sei*
$ uaggio porjono uniuerfalmente diletto ì
ciajcuno della noilra brigata non é da dì
fé
GrueAncontra alquale un per uno fi*
uolte fare alle
fò
quello andando,diede in la cordacon che a l'albera le
H Hi
tt Mio lo fyèttdcolo chiamò uincitore Varthenòptó,®*
ad Opico uol&ndofi ( che già per la noua allegrezza
pianga)fi congratulauano facendo merauìgliofaftjh,
er Brgafto allhora lieto fattofi incontro a Partheno*
fi
leuò dal colo una bella fampogna di canna fatta fola
ménte di due uoci,ma di grandifiima armonia nel fona*
*c>& gliela diede,ilquale lietamente prendendola il ritt
ERGASTO SOLÒ*
Ói cVilfoaue Me } e'l dolce cantò
f Sperar non lice più per quejb bofeò^
Ricominciate ò Mufe il uodropianté
Piangi coUefacrato opaco nrfifcò
E uoi caueftelunche,zr gròtte ofeurc
Vlulandouenite ì pianger nofeo.
Piangete Faggio quercie alpestre er dure,
Et piangendo narrate a quefti fafii
Le no&re lagrimofe aftre uenture
Lagrimate uoifiumi ignudi er cafii
D'ogni dolcezza,?? uoi fontane,?? ritti
fé
in uia , appreso attuale Vun dopo Valtro prendendo
congiedofi indrizzo eiafcunouerfolafua capanna bea*
ta riputando Mafiiliafopra ogn^altra, per hauere di
fé
alle felue lafciato un fi bel pegno , ma uenuta la ofeura
che non fenzA uolonta del cielo fai bora quefk carni*
no,? fiumi che tante fiate uditi hai nominare, uogiio che
hora udì da che principio nafeono. Qudloche corre
I
7
fi fontano di qui il freddo Tanaiy queU altroil gra Da
mbio,quefto e il famofo Mcando , que&o altro il uec*
chio ?eneo,uedi Cai&ro uedi Acheloo,uedi il beato Eu
rotatali tante uolie fu lecito afcoltare il cantante
Apollo. Et perche fo che tu defideri uedere i tuoi, i qua
li per auen t ura ti fon più uicini che tu non auifi^feppi
che quello , d cui tutti gli altri fanno tanto honore e il
fi
rhora che da arcadia partito mi era,cr qualche uot
ta intrdti mfteranza, che quello che io uedeua er udì*
uà fuffe pur fogno , mafiimamente non [adendo fra mt
fkfio Rimare, quanto jhto fuffe lofyatiosbebfotttrré
dimorato era,cofi tra penfieri,dolore,& confinone tui
lo lajjo cr rotto cr già fuor a di me , mi conduci
alla
BARCINIO, SVWMONTrO,
ET MELISEO.
ALLA SAMPOGN At
Cco che qui fi compieno le tue fatiche o
E ruitica et bofcareccia Sampogna^gnd
per la tua bajjezza di non da più colio»
ma da più fortunato pafhre che io non fono , cfier fona
ti,Tn alla min bocca ej aUt mie munifei non molto ten
K ij
pò fata pioemie effercitio,^r hora(pei che coji i fatti
fa j
ft prede, ogni jferanzd è mancata.ogni confolatione
CANZÓNE.
O uo cangiar Vufaio miocoftumt
I Poi che fi cangia anchor la donna mfc?
Et tutto quel che già cantar folk
I ietojodando ilfuo celefk lume,
Spender pregandouo 3 che non confumt
Quejh mia uita 3 Valtafua durezza,
Che fé fra quanta a/prezza»
Viuoper kifapra } creder non uoglio
Che la pietà già mai ceda al orgoglio
Horfisdegnofaefatta,zr fi rubeUa
T>a le uoglìe d'amor, che me distrugge
|
Onde la uita fugge
A poco a poco,® quejh ogn'hor più dure
1
r$ r
y
rventa
«»v
&*?<*-&
/4°
'V