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La zonizzazione è definita come la suddivisione del territorio in aree omogenee per una data
caratteristica, ad esempio delle sue funzioni o per determinati fattori fisici. Il Piano Ottocentesco
non poneva limiti aveva generato una forte immigrazione dalle campagne, problemi gestionali dei
centri storici in degrado, difficoltà di adempiere al controllo igienico ed alla scarsa viabilità
all’interno del territorio, e fu così che nel periodo compreso tra le due Guerre Mondiali venne
adottato il Piano Razionalista, che aveva come principio base la zonizzazione. La pubblica
amministrazione subentrò nel controllo dello sviluppo urbano definendo un sistema ordinato
impiegando l’esproprio preventivo e l’obbligatorietà delle licenze edilizie quali strumenti di
controllo dell’attività urbanistica. Il territorio risultò così diviso in aree completamente edificate ed
aree potenzialmente edificabili. In Italia però il principio della zonizzazione venne messo in pratica
soltanto dopo la legge urbanistica 1150/1942, inquadrata all’interno del Piano Post-Razionalista: in
questo caso ogni elemento del territorio è definito in modo rigido e preciso. I tre tipi di
zonizzazione sono:
Zonizzazione funzionale: trova applicazione sia in campo urbanistico che in campo ambientale. Il
territorio viene suddiviso in ampie zone in funzione dell’espletamento della funzione prevalente.
All’interno di tali aree però può avvenire che le funzioni secondarie nel tempo acquistino elevata
importanza fino a prendere il sopravvento: è il caso ad esempio della consistente presenza di
attività artigianali in zone a prevalente produzione primaria. In campo ambientale tale
zonizzazione è prescritta dalla Legge Quadro per le Aree protette 394/1991 per la pianificazione
del territorio interessato da parchi. Così il piano del parco prevede la suddivisione in: Zone A= zone
di riserva integrata, Zone B= zone di riserva generale orientata, Zone C= zone di protezione, Zone
D= zone di promozione economico-sociale (secondo un vincolo decrescente). In
particolare le zone A sono quelle a valore più elevato, perché più prossime alle condizioni di
naturalità; la loro gestione è indirizzata verso la libera evoluzione e la presenza dell’uomo è vietata
ad eccezione di corpi scientifici. Nelle zone B invece la tutela ecologica legata a tradizioni silvo-
pastorali è compatibile con la fruizione turistica, regolata e controllata. Nelle zone C ricadono
invece tutte quelle zone il cui assetto paesaggistico, economico e naturalistico legato alle attività
antropiche è incentivato nell’ottica della sostenibilità ambientale. Le zone D sono caratterizzate
dalla maggior pressione antropica, con sistemi di fruizione turistica notevoli. Tale zonizzazione non
è rigida ma è consentita la creazione di sottozone come la creazione delle sottozone B1 e B2, le
ultime con lo stesso pregio delle zone A ma legate alla presenza antropica anche se minima, come
le praterie secondarie.
Zonizzazione per destinazione d’uso: caratterizzata dall’assenza di elasticità in quanto prevede
una descrizione di ogni elemento nel quale la zone soggetta a pianificazione è frammentata.
Ebbene poco elastica però tale pianificazione risulta semplice e di chiara interpretazione ed in cui
la distinzione tra ciò che è lecito e ciò che non lo è risulta ben definita. In ambito ambientale è
utilizzata nella descrizione delle diverse destinazione d’uso del territorio, come è avvenuto per la
redazione della Carta di Uso del Suolo.
Zonizzazione mista: è ad esclusiva applicazione urbanistica e combina al meglio le caratteristiche
delle due precedenti. Formulata in Italia in seguito al decreto ministeriale 1444/68, prevede due
momenti: si suddivide inizialmente il territorio in aree omogenee in base alla loro funzione
prevalente( Zona A= agglomerato urbano di interesse storico, artistico o ambientale; Zona B= zona
edificata priva di interesse storico , artistico o ambientale; Zona C= area destinata allo sviluppo
abitativo; Zona D= area destinata a nuovi insediamenti produttivi; Zona E= territorio ad uso
agricolo; Zona F= attrezzature ed impianti di interesse generale) e solo in seguito si assegnato
Indici e standard urbanistici. Gli indici (limite massimo di densità edilizia) sono: Indici di altezza
massima (grandezza riferita alla distanza tra il piano di campagna e quello di gronda), Rapporto di
copertura (superfice netta destinata alla fabbricazione in mq) e Indice di Fabbricabilità (limiti
volumetrici comprendenti gli “aggetti”. Gli standard (limiti minimi di dotazioni in servizi)
prevedono il passaggio i una % di territorio edificabile privato all’amministrazione pubblica che ne
usufruirà per la creazione di spazi verdi e servizi come scuole, parcheggi e fognature.
GERARCHIA DEI SOGGETTI E DEGLI STRUMENTI DELLA PIANIFICAZIONE
Ogni soggetto della pianificazione territoriale è sottoposto alle direttive di livello superiore e detta
prescrizioni a se stesso e ai soggetti di grado inferiore. In ordine gerarchico sono:L’Unione
Europea: essa dispone di diversi atti vincolanti quali le Direttive, le Decisioni ed i Regolamenti.
Possono essere citate la Direttiva Uccelli 79/409/CEE e la Direttiva Habitat 92/43/CEE: la prima
mira alla salvaguardia delle varietà e superfici sufficienti di habitat di tutte le specie europee
specialmente ornitofauna, mentre la seconda salvaguarda la biodiversità mediante la
conservazione degli habitat. Entrambe concorrono alla formazione della Rete Natura 2000, rete
ecologica di scala europea costituita da aree ZPS(zone di protezione speciale) e ZSC(zone speciali
di conservazione), che sono individuate dalle Regioni per lo Stato Italiano: Il Ministero
dell’Ambiente fa da mediatore con la Commissione Europea, che li approva, e dopo ciò spetta alle
stesse regioni gestirle con specifici piani. LO STATO: esso
recepisce le Direttive dell’Unione Europea ed impone le proprie ai soggetti di livello inferiore. Le
leggi in campo ambientale sono numerose: a partire dal Regio decreto-legge Serpieri del 1923
sulla tutela dei boschi e dei territori montani mediante imposizioni di vincoli idrogeologici; La LN
1497/39 sulla Protezione delle Bellezze Naturali ne impone il vincolo mediante l’obbligo della
redazione del Piano Paesistico; venne poi emanata la legge urbanistica 1150/42 per il controllo
della ricostruzione del secondo dopoguerra, impone il vincolo sui beni storici ed ambientali e
definisce i Piani Territoriali di Coordinamento. Il DM 1444/68 regola l’applicazione di Indici e
Standard Urbanistici all’interno delle zone omogenee della superfice comunale mentre la Legge
Galasso 431/85 ribadisce l’importanza dei piani paesistici ed il vincolo alle bellezze naturali quali
aree umide, fiumi, ghiacciai, mentre le aree protette sono regolamentate dalla Legge Quadro sulle
Aree Protette 394/91. Il Codice Urbani 42/04 ha sostituito il DL 490/99, testo unico delle
disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali. Il DL 152/06 tratta di procedure
per la stesura della VIA e della VAS, nonché della difesa del suolo e tutela delle acque. Infine il
Codice Rutelli introduce il reato di “frode paesaggistica”
LA REGIONE:essa esprime il proprio ruolo attraverso le leggi regionali, che nel caso della Regione
Veneto è la legge urbanistica 11/2004 che promuove uno sviluppo sostenibile e d assicura un
elevato livello di protezione ambientale, regolato dal fatto che regione, provincia e comune
devono provvedere alla VAS di tutti i piani approvati ai sensi della Direttiva 2001/42/CEE. Secondo
tale legge la pianificazione si articola in: PIANO TERRITORIALE REGIONALE DI COORDINAMENTO,
costituito da relazione, cartografia ed archivi vari e norme tecniche; tale piano deve essere
sottoposto alla VAS( in una tabella a doppia entrata vengono inseriti i progetti di tale piano e gli
obbiettivi di sostenibilità, ed i risultati sono rappresentati da “faccette-simboli” che indicano il
raggiungimento o meno dell’obbiettivo prefissato) ed alla VIA( che in Veneto è risultato non
comportare incidenze significative). Il PIANO DI SVILUPPO RURALE, quale altro strumento della
pianificazione appartenente alla Regione,stabilisce le strategie e gli interventi nel settore agricolo
e forestale , è di natura economica e stabilisce la disponibilità di fondi da destinare ad iniziative e
progetti. LA PROVINCIA: a seguito della legge 142/90 recepisce le leggi degli organi
superiori e ne disciplina l’esecuzione ai Comuni su vari settori quali difesa del suolo , risorse idriche
ed energetiche ed i rifiuti. Lo strumento che utilizza è il PIANO TERRITORIALE PROVINCIALE , nel
caso della regione Veneto con la legge 11/2004 regola la predisposizione da parte delle province di
un piano territoriale di coordinamento, che tutela gli aspetti sovracitati ed ha funzione paesistico
ambientale. IL COMUNE: sempre secondo la legge
1172004 la pianificazione comunale utilizza come strumenti il PIANO DI ASSETTO DEL TERRITORIO
(necessita approvazione della provincia),essa fissa gli obbiettivi e le condizioni di sostenibilità di
interventi e trasformazioni ammissibili dai comuni ad esempio recepisce i siti di interesse quali
parchi e riserve, facendo riferimento a particolari cartografie quali carta della fragilità e vincoli. In
tale piano sono inoltre recepiti a livello internazionale i siti SIC e ZPS. L’altro strumento è il PIANO
DI INTERVENTI (non necessita di approvazione), corrisponde al vecchio piano regolatore e
parallelamente al PAT ne regola gli interventi in relazione al bilancio comunale. Obbliga inoltre i
comuni alla VAS.
IL MODELLO DPSIR
È uno schema composto da 5 fasi le cui iniziali compongono il nome, e sono Determinanti,
pressioni, Stato, Impatti e Risposte, collegati tra loro da rapporti causa effetto; tale modello
rappresenta la corretta procedura per la costruzione di una relazione ambientale, perché
attraverso queste 5 fasi vengono evidenziati gli elementi che caratterizzano un dato fenomeno
ambientale e risposte alle decisioni politiche intraprese verso tale fenomeno.
DETERMINANTI: vengono analizzate le cause di innesco di ogni alterazione ambientale, positive o
negative, derivate da azioni umane. Alcuni indici ed indicatori possono aiutare come lo studio della
popolazione, delle aree residenziali, ecc. Ciò che le determinanti provocano, come inquinamento e
rifiuti, costituisce le PRESSIONI. Vengono valutate mediante indicatori (per la perdita di
biodiversità vengono analizzate frammentazione, riduzione aree umide, riduzione aree boscate,
ecc). Si passa poi alla valutazione dello STATO, cioè delle condizioni generali del territorio
mediante la descrizione delle sue componenti allo stato attuale (aria, acqua, clima), e lo fa
utilizzando Indici in grado di il funzionamento dell’ecosistema che subiste le pressioni. GLI IMPATTI
possono essere sia positivi che negativi, e sono gli effetti derivati dai fattori precedenti facendo
particolare attenzione alle ripercussioni sulla vita dell’uomo( l’incidenza sulle malattie, la
disoccupazione). Se risultano essere eccessivamente negativi, gli interventi per ridurre il degrado
ecologico possono risultare troppo onerosi. Si arriva alla formulazione delle RISPOSTE che sono le
risposte dell’uomo ai problemi ambientali, come azioni di prevenzione o controllo degli impatti, o
di promozione di misure di sostegno all’attività ecosostenibile; Ciò può avvenire ad esempio con la
promozione del PSR, che rappresenta un incentivo economico a tutte quelle attività in ambito
rurale per la messa in atto di valide risposte.
La Cluster Analysis è uno strumento che permette di compiere delle aggregazioni tra aree sulla
base del loro grado di somiglianza. Ai fini gestionali, infatti, non è sufficiente avere dei dati puntuali
di un territorio, bisogna delimitare delle superfici (zonizzazione) per individuare a esempio zone ad
alta, medio o bassa complessità. La zonizzazione, per elementi ben definiti, come il tipo di roccia o
il tipo di suolo, risulta molto facilitata, ma quando si tratta di caratteri continui (caratteri per cui
può esistere qualsiasi valore all'interno di un campo di variabilità) la delimitazione delle superfici
risulta difficoltosa.
Nel caso degli indici di valore vegetazionale (carattere continuo), la trasformazione delle
informazioni di dettaglio ad informazioni spaziali, viene quindi eseguita attraverso questa analisi
dei gruppi (Cluster Analysis): analisi per l'aggregazione di aree simili e l'individuazione delle loro
superfici. Alla fine dell'analisi, la serie campionaria di aree di saggio, risulterà divisa in un certo
numero di gruppi che avranno la caratteristica di essere il più possibile simili al loro interno, ma
nella complessità, sicuramente differenti dagli altri gruppi.
A livello matematico, per eseguire l'aggregazione delle aree di saggio, si procede innanzitutto a
creare delle matrici dove, all'incrocio delle righe e colonne, si andranno a leggere i valori di
differenza. Individuate le aree più simili, si considera che queste possono essere considerate come
fossero una e quindi vengono fuse, così da ridurre di un'unità la matrice. Per rappresentare
un'unica serie numerica riferita a due aree si può procedere in tre modi: il più logico è quello di
calcolare i valori medi (legame con media aritmetica), nella pratica però si usa il legame semplice,
che prevede l'assegnazione del valore più basso delle due aree, invece, con il legame completo si
attribuirebbe il valore più alto. Dopo aver ridotto la matrice, si procede a identificare le nuove aree
con la maggiore similitudine (differenza più bassa) che verranno nuovamente fuse, con la
conseguente riduzione di un'altra unità della matrice. Questo processo poi si reitera fino alla fine
delle aree di saggio. Ovviamente ad ogni nuova fusione il livello di differenza, tra le aree di saggio,
sarà sempre maggiore perchè, le differenze precedenti si annullano nella fusione delle aree. Ad
esempio, se l'asse orizzontale mi rappresenta il livello di differenza 0 ed identifico l'area 1 e 2 come
le più simili, differenza pari a 0.07, nel momento in cui le fondo è come se spostassi l'asse
orizzontale al nuovo valore (0.07), in quanto, non esistono più differenze inferiori e, le aree
successive, potranno avere livelli di differenza solo superiori.
I grafici che rappresentano i vari gradi di differenza tra le aree considerate, si chiamano
dendrogrammi: in cui in orizzontale sono disposti i vari campioni e in verticale i diversi livelli di
differenza. Le aree simili, disposte nell'asse orizzontale, sono rappresentate attraverso la loro
unione con un archetto orizzontale in corrispondenza del valore di differenza (asse verticale): le
aree 1 e 2 presenteranno l'archetto a livello del valore di differenza 0.07 e poi questo sarà collegato
ad un'altra area mediante un nuovo archetto ad un livello di differenza superiore, per il motivo
precedentemente spiegato. Ecco che, scelta una certa soglia di differenza, ad esempio soglia del
50%, si individueranno tutti quei gruppi che avranno livelli di differenza superiori al 0.5 ed al
variare di questa si otterranno un numero maggiore (soglia <50%) o inferiore di gruppi
(soglia>50%).