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Cerra meee AL!) ary tS) (RRR CRONOLOGIA 230cirea a.C. 22cireaa.c. 190circa ac. 0ac. 168... La vita Nascita in Gallia Cisalpina, forse a Milano. ‘Trasterimento a Roma, Inizio dettattivita di commediograto. Fioritura della sua commedia. E di questo periodo, 0 di poco successivo, inizio dell'amicizia con Ennio, del quale condivide 'abitazione. Morte e sepoltura presso il Gianicolo. Poco prima di morire, legge e approva Andria di Terenzio. Mateo poche sono le notzie crcostanziate sulla vita di Cecio Stazio. Appartenentealletiaceli- Origine dei nomina Un percorso straordinario ca degli Insubri, era nato in Gallia Cisalpina e forse ~ come vuole una parte del- la tradizione antica ~ proprio a Madiolanum (Milano) che secondo Strabone era la metropolis degli Insubri. Altre testimonianze riportano che era uno schiavo € che nel 179 a.C. era un commediografo di sucesso a Roma, Dalla combinazio- ne di queste due notizie sembra si possa dedurre che egli sia venuto nell’ Urbe co- me prigioniero di guerra, in seguito al conflitto gallico concluso dalla vittoria di Marcello a Casteggio (222 a.C.); a quell’epoca doveva essere un fanciullo, se 43 anni dopo (nel 179 a.C.) era sulla cresta dell’onda come autore. Si pensa percid che la data di nascita sia da fissare intorno al 230 a.C. Si ignora quale fosse il suo praenomen. Il gentilizio Caccilius denota la gens ro- mana del proprietario che ~ come nel caso di Livio Andronico ~ gli dette il pro- prio nomen al momento della liberazione. Il cognome Statius, pero, non era pro- babilmente il nome originario del poeta, come Andronikos, ma un nome comune, come Plautus: 0 meglio un nome proprio dato abitualmente agli schiavi, specie a quelli che governavano i cavalli (statio, starionis, significa valloggiamento, scude- ria»). Arduo ogni sforzo di individuare il Cecilio che emancipé il poeta: doveva essere un personaggio abbastanza importante perché un suo liberto tentasse di intraprendere la carriera artistica; sappiamo che un T. Cecilio Denzer, di nobilta plebea (L.. Cecilio Metello Denter era stato console nel lontano 284 a.C.), fu in buoni rapporti con Ennio, a sua volta amico di Stazio, ma questo elemento iso- latamente preso non é sufficiente a stabilire una connessione. Dando dunque per certa l'indispensabile protezione di un patronus, per il re- sto non si sa in che modo Cecilio Stazio sia diventato un poeta e un autore di pal- liaiae di successo. E in verita il suo percorso appare eccezionale, ¢ pitt sorpren- dente di quello dei suoi predecessori, se si pensa che egli non era né greco né osco- umbro ~ non proveniva, cioé, da un miliew etnico-culturale che da lungo tempo viveva in stretta relazione con i Latini ~ ma era gallo, ¢ in quanto tale estraneo al mondo italico propriamente inteso. Possiamo immaginare che, quantunque fos- se arrivato a Roma da bambino, la sua formazione culturale, a partire dall’ap- 230 “a sccHOK Veta arcaica | fun prendimento linguistico, sia stata lunga e non facile. Con lui la regione setten- trionale della penisola ~ che sari culla di classici come Catullo e Virgilio ~ entra per la prima volta nel grande alveo della letteratura latina, Cenni biografici Tsui inizi di commediografo furono malagevoli: per farsi apprezzare ebbe bi- sogno della bravura dell’attore Ambivio Turpione (lo stesso che un trentennio do- po aiutd Terenzio). Questo momento deve essere fissato non oltre il 190 a.C., quando sia Cecilio sia Turpione erano relativamente giovani. Il che converge con la notizia che la fioritura del’ arte comica di Cecilio Stazio sia da datare a circa un decennio dopo: nell’anno 179 a.C., come indicato da san Girolamo (il quale nella sua cronologia usa identificare con un anno preciso l'acme di un determi- nato scrittore). Un’altra segnalazione presenta il poeta come contubernalis di En- nio, termine che si pud intendere in senso letterale (scoabitantes) oppure me- taforico (ofamiliare, amico intimos). Non é azzardato ipotizzare che egli, al pari di Livio Andronico ed Ennio, a partire dagli anni delle sue fortune artistiche ab- bia avuto Pabitazione presso il tempio di Minerva sull’Aventino, sede del colle- gium scribarwm histrionumque, ¢ percid abbia convissuto con il pitt anziano e fa- ‘moso poeta di Rudiae e condiviso con Iui la responsabilita di reggere la corpora- zione e trasmettere il know-how del mestiere. I due morirono a un anno di di- stanza: Ennio nel 169 a.C. ¢ Cecilio Stazio nel 168 a.C, Cecilioe Terenzio Un not aneddoto tramandato dal De poeris di Svetonio racconta che Teren- zio, prima di mettere in scena la commedia Andria, si recd da Cecilio Stazio per fargliela leggere (vedi cap. 11, p. 242). Dopo la scomparsa di Plauto e di Ennio, Cecilio era il maggior poeta vivente, e alla sua autorita si rivolgeva con trepida- zione Pesordiente Terenzio, su precisa disposizione del magistrato preposto ai lu- di scenici. Cid lascia imtuire che il “presidente onorario” del collegium scribarum esercitasse ~ a richiesta del magistrato ~ una specie di censura preventiva sui te- sti comici. Poiché la rappresentazione dell'Andria avvenne nel 166 a.C., si ritie- ne che la data della morte di Cecilio Stazio dovrebbe essere spostata in avanti di uno © due anni; d’altra parte nulla vieta di pensare che, nonostante Pautorizza- zione di Cecilio, la rappresentazione della commedia terenziana slittasse nel tem- po per altri motivi. LE FONTI Le notizie sono riterite da Svetonio (Vita Terenti dal De poetis), Gellio e san Girolamo. Sono stati tramandati 42 titoli di palliatae e frammenti per poco meno di 300 versi (Testi 36-39). Commedie ispirate a testi di Menandro Andria («La ragazza di Andro»), Androgynos («Llermafrodito> ), Chalcia («La festa dei ramain), Dardanus, Ephesio, Epicleros («Lerede»), Fallacia «L'inganno»), Hymnis («ln- nides, nome di etéra), Hypobolimaeus sive Subditivus («ll bambino sostituitoy; di questo titolo vi sono altre tre varianti: ma non si sa se e quali si rferiscano a commedie distinte), Imbrii(«Quelii di Imbro»), Karine («La donna che silamenta»), Nauclerus («ll capitano di nave), Plocium («La collanas), Polumenoe («L'uomo in ven: dita»), Progamas, Synaristosai («Le commensalis), Synephebi («I compagni di gioventiin), Ttthe («La balia»). Commedie ispirate ad altri autori greci Aethrio («Giove eterion?), Asotus («ll dissoluto»), Chrysion, Davos, Demandati (el ragazzi affidatin), Episthatmos, Epistula («La lettera»), Ex hautou hestos («Ritto su due piedi), Exul («Lesulex , Gamos («Le nozzeo), Harpazomene («La fanciulla rapita»), Meretrix («La meretricey), Nothus Nicasio («ll bastardo»), Obolastes sive Faenerator{«L:usuraio» ), Pausimachos («ll piacerey? ), Philuumena, Por- titor «ll doganierer), Pugil («ll pugile» ), Symbolum (Il contrassegno»), Syracusi («el Siracusanis ), Triumphus («dl trionfon). ‘Commedie di incerta attribuzione Kratinus e Venator («ll cacciatore»). 10 + Cecilio Stazio Ritorno a Menandro Cecio sari, come Plato , dopo di lui, Terenzio, ¢ uno specialista della palliata. Inoltre, mentre Una commedia “antipiautina" L'umorismo gallico modelo, menandreo Elementi plautini nel caso di Plauto alcuni indizi fanno pensare che egli abbia anche recitato, ri- guardo a Cecilio mancano indizi di questo genere: la professione del poeta co- mico é ormai separata da quella dell’attore, sebbene il collegium scribarum histrio- mumgue continui ad accomunare i due mestieri Poiché delle opere di Cecilio Stazio sono rimasti solo frammenti, non é facile comprendere quale fosse la sua drammaturgia. Una notazione interessante viene da Orazio, secondo il quale un giudizio critico piuttosto generalizzato attribuiva a Cecilio la preminenza in gravitas (Epistulae Il, 1, 59); che, detto di una com- media, significa «serietao e sprofondita». Questo era il tratto distintivo della Com- media Nuova e di Menandro, il che vuol dire che Cecilio va in una direzione “an- tiplautina”. Cid collimerebbe con le difficolta dei suoi inizi a noi note colloca~ bili cronologicamente proprio al termine del decennio 200-190 a.C., cioé all’e- poca del trionfo di Plauto presso il grande pubblico, mentre lapice della fioritu- ra di Stazio si sarebbe verificato un quinquennio dopo la morte del Sarsinate. Sembra coerente con questo quadro anche l’estraneita di Cecilio Stazio al mondo italico: all Jealwm acetum, alla comicita osca, a tutto cid che costituisce il sostrato del teatro plautino (€ neviano). Vero é che l'universo gallico aveva un suo umorismo caratterizzante, come testimonia Catone (pleraque Gallia duas res industriosissime persequitur, rem militarem et argute logui, sin quasi tutta la Gallia due cose sono perseguite con ogni impegno, arte del combattimento e la paro- a arguta»: Origines II, 34 Peter). Ma tentare di trasferirlo sulle scene romane sa- rebbe stato temerario; ¢ del resto un simile intento, se messo in atto, avrebbe la- sciato indizi. Il celtico Cecilio, come il libico'Terenzio, non ha radici nella satira © nello spirito comico popolari; entrambi sono in qualche modo obbligati a pri- vilegiare la componente dotta, greca, del teatro latino, a scapito della compo- nente popolare, italica. Il loro approccio all’arte scenica é prevalentemente sco- lasticos il che non implica una valutazione riduttiva del pregio artistico. Infatti lo stesso passo di Orazio sopra citato da a’Terenzio la palma per Pars, cioé per la raffinatezza d’arte. Di 17 palliate ceciliane ~ quasi meta dei titoli a noi noti ~ si pud dire con ra- gionevole certezza che furono tratte da modelli di Menandro. Grazie a questo me- diatore latino, il principale esponente della Commedia Nuova viene a occupare stabilmente la scena teatrale romana. E non pare che Cecilio usasse applicare la contaminatio; altrimenti Terenzio lo avrebbe citato a proprio favore nel prologo dell’ Andria, fra gli stimati predecessori (Nevio, Plauto ed Ennio) i quali s’erano awalsi di quel procedimento che i critici rimproveravano a Terenzio stesso (vedi cap. 11). Dunque le commedie di Cecilio Stazio avevano un intreccio compatto, lineare, privo di quelle immissioni eterogence che vivacizzano e ingarbugliano le pices di Plauto. Cid & confermato dal giudizio di Varrone, che riconosce la supe- riorita di Cecilio in argumentis, cioe nell’intreccio» o «tramae (il plot degli anglo- sassoni), che, evidentemente, funzionava come un congegno drammatico chiaro e perfetto, senza le incoerenze degli intrecci di Plauto, Ciononostante qualcosa della lezione del Sarsinate doveva restare nei testi di Cecilio. Qualcuno, come Gellio (Noctes Articae TT, 23), gli rimproverd di non aver imitato la grazia di Menandro, ma di averlo peggiorato introducendo «elementi farseschi> (mimica) e facendo il ebuffones (ridiculus). Ein effetti ce del vero nel- Vinterpretazione che é stata data convenzionalmente della figura di Cecilio, co- me tramite e quasi anello di congiunzione fra Plauto eTerenzios a patto pero di non situarlo nel giusto mezzo, equanimemente: nell’éra plautina egli non puo ri- gettare totalmente la plautinita, la quale infatti prorompe nella sonorita dei versi e nella battuta fulminante (Testo 36); ma da impulso alla “riforma” della pallia- tain senso menandreo, che sari compiuta da Terenzio. 231 fis

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