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23/6/2014 La svolta del potere delle donne italiane | La ventisettesima ora

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La svolta del potere delle donne italiane
di redazione La27ora
Tags: donne, italia, lavoro, m aternità, opportunità, potere

Leva fiscale,
orari, ruoli
flessibili:
un’agenda
per le donne
italiane

Donne ai posti di comando per dare forza a una classe dirigente più
moderna. Libera da vecchi codici e vecchi club, capace — nel suo insieme —
di trasformare il Paese. In Italia si sta definendo la mappa di un nuovo
potere femminile. La stanno disegnando quel 31 per cento di deputate e
senatrici in Parlamento dal 2013, le otto ministre su 16 al governo, le
capolista alle elezioni europee. E ancora: le manager nominate ai vertici

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delle società quotate in Borsa, le alte funzionarie di alcune aziende


pubbliche strategiche, le 5 rettrici (su 78, pochissime) alla guida di
università influenti. La svolta c’è. È in corso. Ma è a questo punto
chevogliamo chiederci: lungo le direttrici di questa svolta
ritroveremo anche le nostre strade comuni? Questa mappa è, o
promette di essere presto, lo specchio di un cambiamento diffuso e
coerente?

La realtà è che non ci sono ancora le condizioni per una vita


quotidiana equa, con opportunità e responsabilità in equilibrio tra donne
e uomini in tutti i campi, pubblici e privati. Anzi. Ci sono molti dati e
statistiche e numeri che potrebbero essere qui considerati per raccontare
come stiamo veramente. Prendiamone uno solo: la quota delle madri che ha
lasciato il lavoro dopo la nascita di un figlio non è affatto diminuita. Al
contrario, è balzata dal 18,4% nel 2005 al 22,3% nel 2012, percentuale
molto superiore alla media europea. Questo vuol dire che resta moltissimo
da fare e rivela quanto sarà fondamentale, in questa fase critica, il ruolo di
chi è invece riuscita a rompere il soffitto di cristallo nazionale.

E dunque il valore della crescita femminile va difeso da alcune insidie,


magari invisibili. Prima fra tutte il rischio di un’omologazione strisciante, o
anche immediata, rispetto a chi ha avuto il controllo esclusivo del potere
per secoli. Le donne, anche perché in forte minoranza e di conseguenza
sotto osservazione speciale, finiscono a volte per assorbire i difetti dei
vertici tradizionali: vengono cooptate nei nuovi ruoli e si uniformano alla
classe dirigente preesistente. Non rompono gli schemi organizzativi, non
cambiano il linguaggio, non innestano un’identità e un’energia proprie. Il
paradosso è che, attraverso questa complicità più o meno consapevole, il
potere maschile si «rigenera». Grazie al cambio di genere. Una seconda
questione è in gioco tra le donne stesse. In questo caso, l’insidia arriva da
quante «ce l’hanno fatta»: insieme vanno ad affollare una
vetrina — molto esposta — che sembra comunicare alle altre
donne, e agli uomini, una situazione di parità ormai raggiunta se
non sorpassata. Chi non è in ascesa, chi non riesce a tenere insieme vita
familiare e professionale, si sente a torto sbagliata e resta ai margini: teme —
o viene accusata — di non essere abbastanza preparata e audace. Come se il
successo di poche costituisse la prova che adesso tutto è possibile, se solo si
hanno riflessi pronti e una giusta ambizione…

La riuscita di alcune donne sarà sì una leva sociale determinante,


ma soltanto se aprirà a scelte libere — di fare o non fare carriera, di
fare o non fare figli — e se saprà accelerare mutamenti positivi per
tutte in mondi anche distanti. Siamo a un tornante risolutivo quanto
pericoloso di una salita non breve: servono misure d’urto per
scardinare le resistenze nel lavoro, nelle istituzioni, nel sistema dei
talenti e dei meriti. Questa agenda per le donne, e per la società
intera, deve aprirsi subito. Per non tradire chi comincia a
immaginarsi in un futuro prossimo di possibilità, per chi quelle
possibilità non riesce a intravedere.

L’innovazione del lavoro e nel lavoro è il primo punto. Orari


ripensati, rotazione delle mansioni, valutazione dei progetti
realizzati e non dei tempi lunghi in ufficio possono dare una
prima spallata. Con il coinvolgimento di sindacati e associazioni delle

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imprese, la flessibilità è fondamentale perché scatti un cambio di


organizzazione che liberi risorse e motivazioni personali. Ed è inutile
ragionare di occupazione femminile finché il guadagno di una donna resterà
in competizione con i costi di cura della casa, dei figli, dei genitori anziani.
In questo passaggio, la leva fiscale è irrinunciabile. Sostituire la detrazione
per il coniuge a carico — ormai si sa: è un disincentivo all’impiego femminile
— con la deducibilità dei costi di cura sostenuti dalle famiglie renderebbe
finalmente conveniente mantenere quel secondo stipendio.

Flessibilità, riforma del Fisco, educazione. Il divario tra studenti e


studentesse è stato colmato, ma le bambine continuano a seguire percorsi
scolastici influenzati da modelli culturali ancorati alle previsioni di genere.
Le ragazze vanno invece incoraggiate a esplorare anche spazi ritenuti
«maschili»: come quelli delle materie STEM (Science, Technology,
Engineering, Math) che portano a professioni nella scienza, nella tecnologia,
nell’ingegneria o nella matematica. Professioni che garantiranno
maggiori chances di impiego, di crescita, di indipendenza
economica a lungo nel tempo.

La rotta si sta invertendo ai vertici. Nuove politiche sociali e per il lavoro


sosterranno la navigazione. Ma si avvicina un giro di boa coraggioso che
tocca direttamente alle donne: nella ricerca di nuovi equilibri, pubblici e
privati, ci sono stereotipi da smontare a favore degli uomini per
rivoluzionare il loro ruolo nelle famiglie. Soprattutto come padri. È
compito anche delle donne ripensare un’idea antica di virilità
schiacciata su forza e protezione e infallibilità. Davvero la libertà è
partecipazione: ma per tutti. Per le donne e per gli uomini, insieme, fuori e
dentro casa.

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