Nota editoriale
‘el presente volume sono inclusi i saggi di Paul Ricoeur rac-
Nik sotto il titolo Sur fa traduction e pubblicati presso l'e-
ditore Bayard a Parigi nel 2004. Sfida e felicia della traduzione
(Défi et bonheur de la traduction) & un discorso tenuto all’Tsticuto
Storico Tedesco il 15 aprile 1997. I! paradigma della traduzione
(Le paradigme de la traductim) @ la lezione d'inaugurazione del-
Tanno accademico alla Facolta di Teologia Protestante di Pati-
gi, ottobre 1998, ¢ pubblicaca in “Esprit” n. 853, giugno 1999.
Questi due saggi hanno ricevuto una prima traduzione in ita-
liano nel volume La traduzione, Una sfida etica (a cura di D. Jer-
volino, Morcelliana, Brescia 2001). Un “passaggio”: tradurre V'in-
sraducibile (Un “passage”: traduire V'intraduisible), comparso in
francese anche nel volume collettaneo Le souci du passage. M
PAUL RICEUR,
Tradurre l’intraducibileUN “PASSAGGIO”:
TRADURRE VINTRADUCIBILE
a Jean Greisch
parte sta all/origine della traduzione ¢ dall‘altra ne
rapptesenta un effecto, cio’ il carattere in un certo senso
intraducibile di un messaggio verbale da una lingua a
unvalera.
Se mio scritto verte su un paradosso che da una
1. C2 un primo intraducibile, un intraducibile di parten-
za, che consiste nella pluralita delle lingue e che & meglio
chiamare, come von Humboldt, la diversita, la differenza
delle lingue, in quanto suggerisce l'idea di una eterogenei-
1 radicale che dovrebbe a priori rendere impossibile la tra~
duzione. Questa diversita concerne tutti i livelli operativi
del linguaggio: la sezione fonetica ¢ articolatoria che si tro-
va alla base dei sistemi foneticis la sezione lessicale che op-
pone le lingue, non parola per parola, ma per sistemi les-
sicali, in quanto i significati verbali all'interno di un lessi-
co formano una rete di differenze ¢ di sinonimi; la sezione
sintattica che riguarda per esempio i sistemi verbali e la
posizione di un evento nel tempo o ancora Je modalita di
concatenamento € di successione. Non @ tutto: le lingue
sono diverse non solo nella loro maniera di sezionare il rea-16 PAUL RICEUR
le, ma anche nel modo di ricomporlo al livello del discor-
80; in questo senso, Benveniste, replicando a Saussure, os-
serva che la prima unit di linguaggio significante @ la fra-
se, non la parola, il cui carattere di opposizione é stato ri-
cordato, La frase organizza in modo sintetico un parlante,
un interlocutore, un messaggio che vuole significare qual-
cosa ¢ un referente, cio? cid di cui si parla (qualcuno dice
qualcosa a qualcuno su qualcosa, secondo le regole di si-
gnificazione). E proprio a questo livello che I'intraducibile
si rivela inquietante per la seconda volta; non solo la sezio-
ne del reale, ma anche il rapporto del senso al referente:
id che si dice nella sua relazione a cid di cui si dice; le fra~
si dell intero mondo svolazzano tra gli uomini come farfal-
le impercettibili. Non é tutto, ¢ neanche la cosa pid temi-
bile: le frasi sono piccoli discorsi prelevati dat discorsi pit
lunghi che sono i testi. I traduttori lo sanno bene: sono i
testi, non le frasi, non le parole, che i nostri testi vogliono
tradurre. E i testi a loro volta fanno parte di toralita cul-
turali attraverso le quali si esprimono delle visioni del
mondo diverse, che per altro possono confrontarsi all'in-
terno dello stesso sistema elementare di sezione fonologi-
ca, lessicale, sintattica, in modo da trasformare cid che si
chiama Ja cultura nazionale o comunitaria in una reve di
visioni del mondo in competizione celata 0 palese; basta
pensare per esempio all'Occidente, sia ai suoi contributi
successivi, greco, latino, ebraico, sia ai suoi periodi compe-
titivi di aurocomprensione, dal Medioevo al Rinascimento,
poi alla Riforma, all'Iluminismo, al Romanticismo.
Queste considerazioni mi portano a dire che il compito
del traduttore non va dalla parola alla frase, al testo, alla
LUN “PASSAGGIO": TRADURRE LINTRADUCIBILE 7
roralicd culturale, ma tutt’al contrario: impregnandosi del-
lo spirito di una cultura attraverso vaste lecture, il tradut-
tore scende dal testo alla frase ¢ alla parola. L'ultimo atto,
“5e si pud dire, ultima decisione, riguarda la costruzione di
tun glossario al livello delle parole; la scelta del glossario 2
ultima prova in cui in un cerco senso si cristallizza in fine
cid che doveva essere limpossibilica di tradurre.
2. Ho appena parlaco dell'intraducibile iniziale. Per rag-
giuagere l'intraducibile finale, prodocto dalla traduzione,
bisogna dire come opera la traduzione. Perché da traduzio-
ne esiste. Si & sempre tradotto: ci sono sempre stati com-
mercianti, viaggiatori, ambasciatori, spioni per soddisfare
il bisogno di allargare gli scambi umani al di la della co-
munita linguistica che @ una delle componenti essenziali
della coesione sociale e dell'identita di un gruppo. I mem-
bri di una cultura hanno sempre saputo che ci sono degli
stranieri che hanno altri costumi e altre lingue. E lo stra-
niero & sempre stato inquietante: ci sono quindi dei modi
di vivere diversi dal nostro? La traduzione @ sempre stata
tuna risposta parziale a questa “prova dello straniero”. Es-
sa presuppone innanzitutto una curiositi — come si pud es-
sere persian0?, si chiede il razionalisca del Sectecento. Si
conoscono i paradossi di Montesquieu: immaginare la let-
cura che il Persiano fa dei costumi dell'uomo occidentale,
sgreco-latino, cristiano, superstizioso ¢ razionalista. Su que~
sta curiosita s'innesta cid che Antoine Berman, in L’épreu-
ve de Vétranger, chiama desiderio di tradurre.
Come fa il traduttore? Uso apposta il verbo “fare”, per-
ché & proprio tramite un fare che cerca Ja sua teoria che il
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