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La Compagnia di Gesù nacque formalmente nel 1540, con de ac cadaver», come si diceva (cioè senza discussioni), la stra-
l’approvazione di papa Paolo III per tramite della bolla Regi- tegia di internazionale riconquista spirituale che caratterizzò
mini militantis Ecclesi^. Ignazio di Loyola – fondatore e pri- il papato della Controriforma.
mo generale dell’ordine – aveva riunito un piccolo gruppo di L’insegnamento non rientrava fra i ministeri originari del-
compagni sin dal 1534: a Montmartre essi avevano fondato l’ordine. La scelta di fondare collegi si rivelò piuttosto una ne-
una congregazione con l’intento di offrire la propria obbe- cessità, dovuta alla percezione della profonda decadenza in
dienza al pontefice e di partire per la Terra Santa. Nel corso cui versavano le poche scuole di formazione per il clero. In un
degli anni i progetti originari si erano andati via via modifi- primo momento, dunque, l’intenzione fu quella di limitarsi al-
cando, pur rimanendo inalterato il particolare rapporto nei l’istruzione dei confratelli, ma ben presto si aggiunsero le pres-
confronti dell’autorità papale, che si concretizzò nel peculia- santi richieste dei laici – principi, nobili, repubbliche – affin-
re quarto voto di obbedienza al papa formulato dai membri ché i collegi potessero essere frequentati anche dagli esterni.
della Compagnia, aggiunto ai tre voti canonici del clero rego- Se si eccettuano il collegio di Gandía, in Spagna, e il convit-
lare (povertà, castità, obbedienza ai propri superiori diretti). to di Padova, aperto nel 1542 per i gesuiti che studiavano pres-
Tale quarto voto, sul quale molto ricamarono i detrattori del- so quell’università, il primo vero collegio fu quello di Messi-
la Compagnia, differenziava i gesuiti dagli esponenti degli al- na, istituito nel 1548. La scelta della città siciliana si spiega
tri ordini religiosi, i quali dipendevano sotto ogni profilo dai con la presenza di Leonora di Vega Osorio, moglie del viceré
propri abati o ministri generali. Al contrario, il voto speciale Juan de Vega, legata personalmente a Ignazio, che si adoperò
dei gesuiti simboleggiava la loro disponibilità a servire «perin- per sostenere anche economicamente la Compagnia. Le Costi-
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Figura 1. Aperture di collegi della Compagnia di Gesù, per decennio (1548-1700). Dopo l’anno 1700 furono fondati sei collegi: Livorno (1708),
Bergamo (1712), Guastalla (1728), Regalbuto (1740), Brindisi (1753) e Novi (1758).
360 L’età di Roma
Figura 2. I collegi della Compagnia di Gesù nel 1556. A Roma vi era- Figura 3. I collegi della Compagnia di Gesù nel 1615. A Loreto, Mi-
no due collegi. Negli anni immediatamente successivi al 1556 furono lano, Parma, Sassari e Torino vi erano due collegi; a Roma sette. Tra
aperti collegi anche ad Amelia, Busachi, Caltabellotta, Cerignola, il 1606 e il 1657 vennero chiusi i collegi del territorio veneziano, cioè
Città Sant’Angelo e Teramo, che vennero chiusi prima della fine del Venezia, Brescia, Padova e Verona.
secolo.
tuzioni dell’ordine prevedevano infatti che la fondazione fos- gregazione generale dettò norme restrittive per le nuove fon-
se accompagnata da un investimento economico significativo, dazioni, ribadite anche dalla II Congregazione generale
che consentisse al collegio di sopravvivere negli anni a venire. (1565); anche perché la Compagnia non riusciva a fare fron-
Nella seconda metà del xvi secolo molte istituzioni citta- te all’invio di personale in tutte le nuove istituzioni.
dine reclamarono l’apertura di un collegio, forti delle dona- È bene ricordare che la Compagnia era organizzata per cir-
zioni di famiglie per le quali sostenere la fondazione di un isti- coscrizioni – le assistenze – “macronazionali”, divise a loro
tuto di formazione gesuitico divenne segno di prestigio socia- volta in province. Alla fine del xvi secolo l’Italia contava cin-
le. Alcuni collegi rimasero sulla carta, a causa dell’esiguità dei que province: sicula, neapolitana, romana, mediolanense, vene-
lasciti testamentari, dei contenziosi fra gli eredi o di proble- ta. Tra il 1548 e il 1556 vennero fondati nella penisola 23 col-
mi più strutturali. In altri casi, l’apertura dei collegi venne dif- legi (fig. 2). Durante il generalato di Claudio Acquaviva (1581-
ferita di parecchi anni rispetto alla fondazione originaria. La 1615), la fortuna del modello educativo proposto dai gesuiti fu
politica della Compagnia fu comunque quella di privilegiare i tale che il numero dei collegi crebbe con ritmi esponenziali, e
centri urbani, dove l’edificazione dei collegi rispose a precise il generale dovette rifiutare ben sessanta richieste. Alla sua
esigenze di tipo urbanistico e architettonico: stabilendo un morte, se n’erano aggiunti 79, distribuiti in maniera abba-
compromesso tra le esigenze dello stile e quelle della funzio- stanza uniforme nella penisola (fig. 3). All’altezza cronologi-
nalità, come stabilì la Congregazione generale della Compa- ca del 1640 – cioè nel centenario della fondazione dell’ordi-
gnia nel 1558. Di suo, Ignazio di Loyola ebbe una forte pro- ne – il numero si era ancora incrementato, in particolar mo-
pensione per l’apertura di nuovi collegi: ne approvò 39 negli do al Nord e al Sud: erano stati aperti altri 36 collegi (fig. 4).
ultimi anni della sua vita. Taluni ebbero vita effimera, ma al- A partire dalla metà del xvii secolo l’incremento si fece meno
tri conobbero un rapido sviluppo. Il decreto 73 della I Con- sensibile (12 nuovi collegi fino al 1700, altri 6 fino al 1773)
I gesuiti in Italia (1548-1773) 361
Figura 4. I collegi della Compagnia di Gesù nel 1640. A Bologna, Lo- Figura 5. I collegi della Compagnia di Gesù nell’anno 1700. A Lore-
reto, Messina, Milano, Parma, Sassari e Torino vi erano due collegi; to, Messina, Milano, Parma, Sassari e Torino vi erano due collegi; a
a Napoli cinque; a Roma otto. I collegi siti nei domini veneziani fu- Bologna tre; a Napoli quattro; a Roma otto. Nel 1712 venne aperto
rono riaperti nel 1657. Nel 1670 fu aperto un collegio a Treviso, poi un collegio a Bergamo, che fu poi chiuso nel 1729.
chiuso nel 1677.
sia per la concorrenza di altri ordini religiosi, come gli scolo- Verona) vennero abbandonati fino al rientro dei padri avve-
pi, che aprirono i loro collegi spesso in località minori, sia per- nuto nel 1657. Un altro caso da sottolineare è quello sabau-
ché i gesuiti avevano ormai distribuito i loro istituti nell’Ita- do: nel 1729 le Regie Costituzioni emanate da duca Vittorio
lia intera (figg. 5, 1 e 6). Va detto inoltre che alcune città ospi- Amedeo II statalizzarono di fatto l’insegnamento, autorizzan-
tavano più di un collegio dei gesuiti: si andava dagli otto di do la sola Università di Torino a concedere i gradi, cioè la lau-
Roma e i sei di Napoli fino ai tre di Bologna e Genova, e ai rea, e abilitando all’insegnamento nelle scuole inferiori solo
due di Messina, Palermo, Sassari, Torino. gli studenti che si laureavano a Torino. La Compagnia di Ge-
Non sempre una tale crescita venne sostenuta adeguata- sù non accettò questa disposizione e molti collegi si trasforma-
mente dall’ordine, e – per quanto il sistema raccogliesse un rono formalmente in residenze. A tutti gli effetti essi conti-
forte consenso nella società del tempo – non mancano docu- nuarono però a funzionare come scuole, e per questo motivo
menti critici verso la scarsa preparazione degli insegnanti. Gli sono qui indicati come aperti fino al 1773.
scontri a livello locale furono all’ordine del giorno, e riguar- Partito in sordina, l’insegnamento nei collegi divenne uno
darono in particolar modo quelle città in cui i collegi dei ge- dei ministeri decisivi della Compagnia. Lo straordinario suc-
suiti rivendicavano un vero e proprio statuto universitario. cesso fu dovuto alla capacità di elaborare un modello in gra-
I contenziosi più accesi si ebbero a Parigi, a Lovanio, a Craco- do di corrispondere da vicino alle esigenze di un’Europa cat-
via, a Praga, a Padova. Va altresì ricordato che in seguito al- tolica la quale, dopo il concilio di Trento, cercava di elabora-
l’Interdetto del 1606 i gesuiti furono costretti ad allontanar- re nuove strategie di consenso e di presa sulla società. I colle-
si dalla repubblica di Venezia, e i quattro collegi allora aperti gi gesuiti si facevano carico di una simile esigenza poiché in-
nel territorio della Serenissima (Brescia, Padova, Venezia e tendevano rappresentare non soltanto un’opzione intellet-
362 L’età di Roma
Aquila
Tivoli Sulmona
Ajaccio
Roma
Sezze Barletta
Capua Molfetta
Benevento
Bari Monopoli
Nola
Sassari Brindisi
Castellamare
Napolii Salerno
Alghero Ozieri Massa Lubrense Lecce
Bosa Taranto
Oliena
Iglesias
Cagliari Paola Cosenza
Amantea
Tropea Catanzaro
Monteleone
Messina
Palermo Reggio Calabria
Trapani Monreale Termini
A
Alcamo Polizzi Generosa
Marsala Salemi
Castrogiovanni Regalbuto
Bivona Piazza Armerina
Mazara se
Caltanissetta
Sciacca Naro Mazzarino Catania
Mineo
Caltagirone Vizzini Siracusa
Modica Noto
Scicli
Malta
Figura 6. I collegi della Compagnia aperti alla vigilia della soppressione (1773). I dati si riferiscono al 1772 tranne che per i collegi della pro-
vincia napoletana, della provincia siciliana e del ducato di Parma (Parma, Piacenza, Busseto, Guastalla e Borgo San Donnino), dai quali i ge-
suiti vennero espulsi nel 1767 (provincia napoletana e provincia siciliana) e nel 1768 (ducato di Parma). Il collegio di Malta faceva parte del-
la provincia siciliana, i collegi di Ajaccio e Bastia della provincia milanese.
I gesuiti in Italia (1548-1773) 363
Tabella 1. I collegi della Compagnia di Gesù attivi all’inizio del xviii secolo e i loro anni di fondazione. Nell’elenco non sono presenti il col-
legio di Iglesias, fondato alla fine del xvi secolo, i collegi di Santa Lucia e di San Luigi Gonzaga di Bologna, quelli di Biella, Bosa, Ozieri, Pi-
nerolo e il Collegio di San Francesco Borgia a Napoli, dei quali non si conosce l’anno di fondazione. Il Collegio illirico di Loreto venne aper-
to nel 1580, ma la bolla di fondazione è del 1581. Per dissidi con i gesuiti fu spostato a Roma nel 1593 da Clemente VIII, che lo sottrasse al-
la Compagnia. Urbano VIII lo ristabilì a Loreto nel 1624, affidandolo di nuovo alla Compagnia (il breve della seconda fondazione è del 1627).
(C = collegio; CC = collegio con convitto; N = noviziato; R = residenza; CTB = casa terza probazione; CCT = collegio con convitto e teatro).
364 L’età di Roma
Voghera
Carmagnola
Pieve di
Castelletto Cento
Pavullo
Carcare Genova
Calizzano Modigliana
Savona Fanano
Firenze Ancona
Pisa Urbino
Castiglion
Fiorentino
Città della
Pieve
Norcia
Cascia
Narni Rieti San Salvatore
Maggiore
Castelnuovo Chieti
di Farfa Magliano
Moricone
Roma Massa d’Albe
Mentana Pescina
Poli
Frascati
Melfi
Gaeta
Napoli Somma
Vesuviana Turi Brindisi
Nocera
Sassari de’ Pagani Francavilla
Manduria Campi
Salentina
Oristano
Bisignano
Cagliari
Cosenza
Messina
Leonforte
Milano
Murano
Mirandola
Parma
Zavattarello
Correggio
Lugo
Chiavari Ravenna
Finalborgo Bologna
Oneglia Pistoia
Albenga
Senigallia
Firenze
Arezzo
Siena
Volterra Cortona
Ragusa
Calvi
Roma Scanno
Segni
Alatri Manfredonia
Albano Foggia
Benevento Ariano
Napoli
Amalfi
Tricase
Santu
Lussurgiu
Palermo
Adernò
Agrigento
Palma di
Montechiaro
Figura 8. I collegi degli scolopi in Italia (1701-1860). Nella seconda metà del xviii secolo, molti collegi amministrati da altri ordini religiosi
passarono sotto la gestione degli scolopi. Ad esempio, nel 1759, il collegio Calchi di Milano, fino ad allora seminario diocesano (esso fu tra-
sferito a Pavia nel 1780 per un decennio; nel 1795, di nuovo a Milano, fu fuso col collegio Taeggi, fino a quel momento retto dai barnabiti).
Nella maggior parte dei casi gli scolopi subentrarono nella gestione dei collegi gesuitici, subito prima e subito dopo la soppressione della Com-
pagnia. Così avvenne nei collegi dei Nobili e Paggi di Parma (1768), di Mirandola e al Tolomei di Siena (1774), di Ragusa (1777), dei Nobili
Barberino di Ravenna (1779), nel Real Collegio Fernandino di Napoli (ex Collegio al Gesù vecchio, 1787). A Firenze, nel 1777, gli scolopi ri-
levarono dagli ex gesuiti il Collegio di San Giovannino e l’Osservatorio Ximeniano; a Gorizia, il collegio gesuitico fu affidato agli scolopi nel
1780. Numerosi collegi scolopi chiusero nel 1866, a seguito della confisca dei beni ecclesiastici deliberata dal Regno d’Italia.
1600 1650 1700 1750 1800 1850 1900 1950 2000
Roma (C. di S. Pantaleo), 1612-1876
Frascati (C. Calasanzio), 1616
Mentana, 1618-20
Narni, 1618-1873
Roma, 1619-57
Moricone, 1619-1732
Roma (C. di S. Lorenzo in Piscibus), 1619-1948
Magliano, 1620-21
Norcia, 1621-1815
Fanano, 1621-1810
Napoli (C. Caravaggio), 1621-1821
Carcare, 1621
Savona (Real C. delle Scuole Pie), 1622-1971
Genova-Oregina, 1624-31
Genova, 1625-1981
Napoli (C. Duchesca), 1626-1822
Bisignano, 1627-79
San Salvatore Maggiore, 1628-35
Campi Salentina, 1628
Poli, 1628
Somma Vesuviana, 1630-32 R
Firenze (C. di S. Maria de’ Ricci), 1630-1777
Napoli-Posillipo, 1630-1808
Chieti, 1630-1861
Roma (C. Nazareno), 1630
Cosenza, 1631-40
Ancona, 1632-1810
Messina, 1633-1866
Palermo (C. di S. Silvestro), 1634-1866
Carmagnola, 1638-40
Firenze (C. Pellegrino), 1638
Cagliari (C. di S. Giuseppe), 1640-1866
Pisa, 1641-57
Castelletto, 1641-75
Pieve di Cento, 1642-1798
Turi, 1645-1809
Cagliari (l’Annunziata), 1645-1862
Calizzano, 1650-59
Nocera dei Pagani, 1653-1818
Castiglione Fiorentino, 1654-1870
Pescina, 1664-1809
Brindisi, 1664-1818
Città della Pieve, 1674-1907
Genova-Paverano, 1676-1798
Gaeta, 1680-1809
San Mauro, 1680-1866
Oristano, 1681-1866
collegio
Francavilla, 1682-1866 casa di formazione
Sassari, 1682-1866 collegio dei nobili
Pavullo, 1686-1764 seminario
Urbino, 1686-1884 noviziato
Castelnuovo di Farfa, 1687-1865
R residenza
Figura 9. Tipologie e durata di esistenza dei collegi degli scolopi in Italia a partire dal 1612.
1600 1650 1700 1750 1800 1850 1900 1950 2000
Manduria, 1688-1808
Leonforte, 1689-1866
Modigliana, 1690-1866
Cascia, 1691-1730
Voghera, 1696-1798
Massa d’Albe, 1697-1809
Rieti, 1698
Capo d’Istria, 1699-1817
Melfi, 1700-1820
Zavattarello, 1701-98
Benevento, 1702-1866
Amalfi, 1706-18
Cortona, 1706-1880
Albano, 1707-1801
Palma di Montechiaro, 1709-1893
Volterra, 1710-1934
Calvi, 1711-27 R
vite di sant’Ignazio
vite di san Francesco Saverio
panegirici di sant’Ignazio
Como 11
1 panegirici di san Francesco Saverio
Venezia
Esercizi spirituali
Verona 3
4 5 2 5 7
1 1
2 1 1
Milano Padova
Torino
1 1 1
1 Tortona Parma 1 Ferrara
1
1
Bologna
Mondovì Genova Modena
1 3 3 1 1
1
Pistoia
2 Prato
1
1 Firenze
Siena
1 2 2
1 Foligno
Viterbo 1 Terni
1
Roma
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Napoli 1
7 2
1
Messina
1
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Palermo
Figura 10. Luoghi di edizione delle vite di sant’Ignazio di Loyola e di san Francesco Saverio, dei panegirici dedicati ai due santi e degli Eser-
cizi spirituali (1556-1773).
I gesuiti in Italia (1548-1773) 369
vite di sant’Ignazio
Cividale vite di san Francesco Saverio
1 panegirici di sant’Ignazio
panegirici di san Francesco Saverio
1 Monza Esercizi spirituali
Verona Venezia
Milano 3 1 1 1 2
5
Torino Piacenza
2 1 1 3 1 Parma
1 1 3 Ferrara
Modena
1 2 1
Genova
1 1 1 1
Bologna
1 1 Prato
1 Firenze
Siena
2 Macerata 1
1 1 Foligno
Viterbo
1
Roma
3 3
1 7
Napoli
3 1
Messina
1
Sciacca
1
Figura 11. Luoghi di edizione delle vite di sant’Ignazio di Loyola e di san Francesco Saverio, dei panegirici dedicati ai due santi e degli Eser-
cizi spirituali (1773-1900).
370 L’età di Roma
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vite di sant’Ignazio vite di san Francesco Saverio Esercizi spirituali
panegirici di sant’Ignazio panegirici di san Francesco Saverio
14
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10
0
5 600 5 0 5 700 5 0 5 800 5 0 5 900
0-7 6-1 1-2 6-5 1-7 6-1 1-2 6-5 1-7 6-1 1-2 6-5 1-7 6-1
155 157 160 162 165 167 170 172 175 177 180 182 185 187
Figura 12. Andamenti della produzione editoriale censita nelle figure 10 e 11.
tuale, ma un processo educativo totale, all’interno del quale ligioso e politico», come ha scritto lo storico della letteratura
rivestivano eguale importanza l’istruzione e l’educazione mo- Gian Mario Anselmi: fu così che il collegio dei gesuiti diven-
rale. Inoltre, la mancanza, a metà Cinquecento, di scuole spe- ne luogo di formazione di una vera e propria classe dirigente.
cifiche per i nobili segnò la fortuna dei gesuiti, che fecero dei Nell’ambito di questo processo educativo globale la forma-
seminaria nobilium il fiore all’occhiello del loro sistema peda- zione religiosa svolgeva, ovviamente, un ruolo di primo pia-
gogico. Se infatti, in linea di principio, la gratuità delle scuo- no. All’interno dei collegi nacquero dunque le congregazioni
le (ma non dei convitti) le rendeva accessibili a tutti i ceti so- mariane, destinate a estendersi poi presso tutti i ceti della so-
ciali, gli «ignaziani» attivarono un’opzione preferenziale per cietà, all’interno delle quali i giovani si avvicinarono alla pra-
le élite della società. Oltretutto, la scelta di escludere l’insegna- tica degli Esercizi spirituali, cardine della spiritualità gesuitica.
mento elementare rafforzava l’ingresso di allievi già provvisti Inoltre, all’interno dei collegi fiorì una serie di attività come
dei rudimenti dell’istruzione. i corsi di danza, di scherma, di equitazione, spesso legati alla
La grande intuizione della Compagnia fu quella di consi- formazione di accademie – vera istituzione dentro l’istituzio-
derare «l’apprendistato letterario […] come apprendistato re- ne – destinate in particolare ai figli della nobiltà.
12
10
10
chiusura dell’ordine
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7
4
3 3 3
2 2 2 2 2
2
1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 0 1 1 1 1 1 0 0 0 0 0 1 0
0
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
1-8 1-9 160 1-1 1-2 1-3 1-4 1-5 1-6 1-7 1-8 1-9 170 1-1 1-2 1-3 1-4 1-5 1-6 1-7 1-8 1-9 180 1-1 1-2 1-3 1-4 1-5 1-6 1-7 1-8 1-9 190
157 1581591- 160 161 162 163 164 165 166 167 1681691- 170 171 172 173 174 175 176 177 1781791- 180 181 182 183 184 185 186 187 1881891-
Figura 13. Andamento delle edizioni italiane delle vite di sant’Ignazio, prima e dopo la soppressione dei gesuiti.
I gesuiti in Italia (1548-1773) 371
Il teatro costituiva una parte essenziale della pedagogia All’interno di una cornice istituzionale piuttosto rigida,
gesuitica: tutti i collegi della Compagnia, soprattutto a parti- non mancarono esempi di grande apertura di pensiero: alme-
re dalla metà del Seicento, ospitavano rappresentazioni tea- no fino alla svolta rappresentata dall’affaire Galileo, dopo la
trali; in generale queste avvenivano nella Sala delle Declama- quale i margini di autonomia intellettuale si restrinsero con-
zioni o Sala degli Atti, dove si svolgevano anche le sedute so- siderevolmente. Centro propulsore della cultura gesuitica fu
lenni. Non che vi fossero veri e propri teatri nella maggior par- il Collegio romano, fondato nel 1551, dove studiarono gene-
te dei collegi: facevano eccezione il Collegio romano, il Tea- razioni d’intellettuali italiani ecclesiastici e laici; ma sedi co-
tro Grande del Collegio dei nobili di Parma (dove esistevano me Bologna, Napoli, Milano, Parma conobbero altrettanto
anche due altri teatri più piccoli), Bologna, Milano e, proba- successo. Per quanto riguarda coloro che erano destinati a en-
bilmente, Sora. Spesso, gli spettacoli erano ospitati presso i trare nell’ordine, il cursus studiorum iniziava generalmente nel
teatri di corte. Comunque, nel xvii secolo il teatro di collegio collegio della città d’origine, per proseguire nei collegi più
gesuitico svolgeva un ruolo trainante sull’intero teatro di col- grandi e approdare infine al Collegio romano, nel caso degli
legio italiano. Unico genere ammesso era quello tragico; men- studenti più promettenti. Vi era nel complesso una notevole
tre le tragicommedie si giustificavano nel caso della conver- mobilità, come dimostrano percorsi come quello di Daniello
sione di sant’Ignazio, assai rappresentata con fini apologeti- Bartoli, studente a Ferrara, Bologna, Parma, Piacenza e Mi-
ci. Nel Seicento i temi erano tratti generalmente dalla storia lano o quelli – altrettanto istruttivi – di Roberto Bellarmino
antica, e privilegiavano lo spirito di emulazione e la lotta fra (da Padova a Roma) e di Ruggero Boscovich (da Ragusa a
bene e male. Nel Settecento – mentre gli altri ordini comin- Roma) (tab. 2).
ciarono a mettere in scena temi profani – la Compagnia ri- La fondazione dei collegi non era commisurata esclusiva-
tornò agli argomenti biblici, mostrando una posizione di re- mente al bisogno d’istruzione: rispondeva anche a una preci-
troguardia sempre più smaccata. Tra gli autori gesuiti di pièces sa logica antiereticale. La grande intuizione dei gesuiti fu quel-
teatrali si ricordano Francesco Benci, Bernardino Stefonio, la di comprendere l’importanza di una preparazione teologi-
Saverio Bettinelli, Giovanni Granelli. ca adeguata allo sforzo controversistico da sostenere nel con-
La Ratio atque institutio studiorum (1599) fu la cornice en- fronto con i protestanti. I collegi divennero dunque il luogo
tro la quale si elaborò il modello pedagogico della Compagnia. di elezione di una tale strategia, l’avamposto di frontiera del
Essa stabiliva un cursus studiorum uniforme per tutti i collegi, cattolicesimo in paesi chiave della Controriforma com’erano
e rappresentava in primo luogo un insieme di regole che preci- l’Austria e la Polonia. In tal modo, non solo la cartina d’Ita-
savano doveri e competenze tanto delle figure preposte alla lia si coprì di collegi gesuitici ma anche quella dell’Europa ri-
gestione del collegio quanto degli allievi esterni, per i quali masta cattolica, che tra il xvi e il xvii secolo vide gli sforzi del-
erano sancite norme di comportamento che investivano la vi- la Compagnia coronati dal successo.
ta degli studenti nel suo complesso. Sul piano intellettuale, la Via via che i confini confessionali dell’Europa si disegna-
Ratio operò una sorta di sincretismo tale da riassumere in sé vano in maniera più netta, anche l’originaria espansione dei
le caratteristiche migliori dei modelli educativi precedenti. Ac- gesuiti subì peraltro qualche battuta d’arresto: favorita, so-
canto a una spiccata preferenza per il cosiddetto modus pari- prattutto nel Settecento, dall’apertura di nuove scuole per ini-
siensis (la divisione in classi e corsi in base all’età e alla prepa- ziativa di altri ordini religiosi (scolopi, somaschi e barnabiti),
razione degli alunni, la necessità della frequenza, la ricchezza non senza contrasti in seno allo stesso mondo cattolico (figg.
di esercizi, l’unione della teoria alla prassi), si prestò altret- 7, 8 e 9). A tali conflitti contribuì il mancato aggiornamento
tanta attenzione per il modus italicus, specie per quanto con- della Ratio studiorum, divenuto uno strumento inadeguato di
cerneva le materie umanistiche. Una notevole uniformità fu fronte all’emergere di nuove questioni tanto nel campo scien-
consentita dalla scelta del latino come lingua ufficiale per tut- tifico quanto in quello letterario. Se, tra Cinque e Seicento, la
ti i collegi. fortuna del sistema pedagogico gesuita era stata determinata
L’elaborazione della Ratio venne accompagnata dal fiori- in buona parte dall’abilità nel rispondere alle esigenze poste
re di una manualistica scolastica – in primis la grammatica la- dalla società di antico regime, determinando una posizione di
tina del gesuita portoghese Manuel Álvarez – destinata ad ac- privilegio quasi monopolistico goduta dai seguaci di sant’Igna-
compagnare generazioni di allievi della Compagnia. Si pubbli- zio nel campo dell’istruzione, l’incapacità di reggere il passo
cò poi tutta una serie di libri destinati a fornire un quadro di con le nuove sfide poste dal secolo dei Lumi fu una delle cau-
riferimento imprescindibile per la cosiddetta «cultura degli in- se principali della crisi generale della Compagnia: crisi desti-
gegni». Esempio di questo tipo di impostazione fu la Biblio- nata a sfociare nella soppressione dell’ordine, decretata da pa-
theca selecta di Antonio Possevino (1593), vasta opera biblio- pa Clemente XIV nel 1773. Non è un caso che dopo tale data
grafica volta a stabilire i punti di riferimento della cultura con- alcuni dei collegi gesuitici più importanti fossero rilevati da-
troriformistica, considerata una sorta di Indice dei libri proi- gli scolopi, con i quali lo scontro era stato particolarmente du-
biti al positivo. I collegi ospitarono inoltre i seminari di casi ro nel corso del secolo: soprattutto in merito al diverso modo
di coscienza, dove prese forma un’altra peculiarità della teo- di recepire l’evoluzione dei saperi scientifici, essendo più aper-
logia gesuitica: la controversistica. ti, ovviamente, gli scolopi, assai meno i gesuiti.
372 L’età di Roma
Collegi Alunni
Tabella 2. Principali allievi dei collegi gesuitici italiani (dalla nascita della Compagnia al 1773). In corsivo i nomi degli allievi entrati poi nella
Compagnia di Gesù (s.j. = Societas Jesu).
I gesuiti in Italia (1548-1773) 373
Collegi Alunni
Dopo la soppressione gli ignaziani non rinunciarono al lo- zione della classe dirigente nel Sei-Settecento: i seminaria nobilium nel-
ro ruolo di intellettuali “militanti”, mantenendo aperti cana- l’Italia centro-settentrionale, il Mulino, Bologna 1976; g. m. anselmi,
li di sociabilità autonomi o tentando, in alternativa, di inte- Per un’archeologia della Ratio: dalla «pedagogia» al «governo», in g. p.
grarsi in quelli già esistenti. E una sorta d’identità gesuitica brizzi (a cura di), La «Ratio studiorum». Modelli culturali e pratiche
educative dei Gesuiti in Italia tra Cinque e Seicento, Bulzoni, Roma
resistette fino al ristabilimento della Compagnia, voluto da
1981, pp. 11-42; a. biondi, Aspetti della cultura cattolica post-triden-
papa Pio VII nel 1814 come uno degli atti che marcavano sim- tina. Religione e controllo sociale, in Storia d’Italia. Annali, vol. IV, In-
bolicamente il ritorno all’ordine prerivoluzionario, attraver- tellettuali e potere, Einaudi, Torino 1981, pp. 256-302; Diccionario
so la rinascita di un baluardo del conservatorismo romano. Enciclopedico Escolapio, diretto da L. M. Bandrés Rey, vol. I, Pre-
sabina pavone sencia de Escuelas Pías, Publicaciones ICCE - Ediciones Calasancias,
Madrid-Salamanca 1990; p. caiazza, I Gesuiti: pedagogia ed etica, in
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203: Historia fundationum collegiorum brevissima; Neap. 192a: Hi- ligiosa, vol. II, L’età moderna, Laterza, Roma-Bari 1994, pp. 211-30;
storia fundationum collegiorum prov. Neap., missa Rom^ 1676; Med. r. gatto, Tra scienza e immaginazione: le matematiche presso il collegio
91: Historia fundationum prov. Med-Venet. 1551-1625; Rom. 120, 124 gesuitico napoletano (1552-1670 ca.), Olschki, Firenze 1994; m. chia-
I-II, 125, 126: Historia fundationum prov. Rom.; Catalogus Provincia- bò e f. doglio (a cura di), I gesuiti e i primordi del teatro barocco in Eu-
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