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Il participio come dice il suo stesso nome, “partecipa” di una doppia natura, quella di participio e
quella di aggettivo; infatti:
1. Come gli aggettivi, è declinabile e concorda in genere e numero e caso con un elemento
nominale della frese:
2. come i verbi, esprime un rapporto temporale, possiede valore attivo o passivo, può essere
specificato da complementi o da preposizioni subordinate
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ATTIVO
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PASSIVO
Il participio presente attivo segue la declinazione degli aggettivi ad una terminazione della II classe;
si forma aggiungendo al tema del presente il suffisso - nt - : il nominativo esce in - ns - da * - nts ,
in seguito a caduta della dentale: laudant – s > laudans
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SINGOLARE
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PLURALE
Il participio presente può essere solamente attivo ed indica un rapporto di contemporaneità rispetto
al verbo principale della frase in cui si trova; si può rendere con il participio presente in italiano
(peraltro poco elegante e poco usato), con il nostro gerundio presente o con una proposizione
relativo temporale o causale
legens cogito/cogitabo
“leggendo (mentre leggo) penso/penserò”
legens cogitabam
“leggendo (mentre leggevo) pensavo
milĭtes pugnantes patriam servant
“I soldati combattendo (poichè/mentre/combattono) salvano la patria”
Il participio perfetto
Il participio perfetto segue, come il precedente, la declinazione degli aggettivi della I classe:
laudatus, -a, -um come bonus, -a, -um; si forma aggiungendo al tema del supino la terminazione -us.
-a, -um.
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Ha invece significato attivo nei verbi deponenti (che hanno forma passiva ma significato attivo)
hortatus “avendo esortato, che ha / aveva esortato” (dal deponente transitivo hortor
“esortare”);
profectus “essendo partito, che è / era partito” (dal deponente intransitivo proficiscor
“partire”).
Non esiste il participio perfetto dei verbi intransitivi attivi (che ovviamente non possono avere il
passivo).
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Ad es. pervenio non ha certamente una forma *perventus, per cui – se capitasse di tradurre
dall’italiano – una frase come “Cesare, giunto in Gallia, combattè” non si potrà assolutamente
rendere con *”Caesar Galliam perventus, pugnavit” ma bisognerà usare ad es. il costrutto cum +
congiuntivo: Caesar cum Galliam pervenisset, pugnavit.
Esiste solo una forma neutra del participio perfetto nella forma del passivo impersonale: perventus
est “si giunse”.
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Il participio perfetto può essere in correlazione con qualunque tempo, ma indica un’azione anteriore
rispetto a quella del verbo a cui si riferisce:
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Non bisogna confondere il participio perfetto (che è passivo) con il supino in -um (che è attivo)
anche se la forma del neutro del participio latino (laudatum) è identica al supino attivo (laudatum);
Il participio perfetto è importantissimo per la formazione dei tempi composti del passivo, in unione
alle forme del verbo sum: laudatus sum “fui lodato”, laudatus eram “ero stato lodato”, laudatum
sim “che io ero stato lodato”, ecc…
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Iuratus e potus possono avere anche un significato passivo: sanguine tauri poto “dopo che fu bevuto
il sangue del toro”.
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Per esprimere lo stato, quale effetto di un’azione già compiuta, in latino si trova il verbo habeo con
il participio prefetto all’accusativo: cogĭtum habeo “tengo per noto”, statŭtum habeo “sono
risoluto”: è, questo, il costrutto da cui deriva il nostro passato prossimo (“ho conosciuto”, “ho
stabilito”).
Il participio futuro
Il participio futuro attivo segue la declinazione degli aggettivo in -us. -a, -um della I classe:
laudaturus, -a, -um come bonus, -a, -um.
È solamente attivo e indica un rapporto temporale di posteriorità: si forma aggiungendo -urus, -a,
um al tema del supino (a sua volta ricavabile, come si è detto, togliendo a quest’ultimo la desinenza
-um):
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Tutti i verbi (transitivi e intransitivi, attivi e deponenti) possono avere il participio futuro:
Solo in epoca postclassica si trova il participio futuro da solo: ave, Caesar, morituri te salutant “ave
Cesare, coloro che stanno per morire ti salutano” (frase rivolta all’imperatore dai gladiatori che
entravano nell’arena).
Il participio futuro, insieme con l’infinito del verbo sum, serve a costruire l’infinito futuro: laudat-
urum esse “stare per lodare”, moriturum esse “stare per ammonire”; ecc…
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Il participio futuro viene utilizzato per realizzare un importante costrutto sintattico latino la
coniugazione perifrastica attiva.
La coniugazione perifrastica attiva è formata dal participio futuro attivo di un verbo transitivo, in
unione con le voci del verbo sum.
Si usa per indicare:
- l’azione che si è sul punto di compiere:
- l’intenzione, l’idea, il proposito di compiere l’azione
Esempi:
laudaturus sum
“ho intenzione di lodare, mi accingo a lodare”;
scripturus es
“ti accingi a scrivere, stai per scrivere”;
profecturi eramus
“eravamo sul punto di lodare, mi accingo a lodare”.
Il tempo dell’azione è indicato dal verbo sum, il participio futuro concorda in genere e numero con
la persona o cosa che compie l’azione, quindi può essere di genere maschile femminile o neutro e di
numero singolare o plurale in corrispondenza con il soggetto:
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I verbi che mancano di supino non hanno la coniugazione perifrastica attiva; l’idea dell’intenzione o
dell’imminenza di un azione, specialmente in tali casi, può essere espressa con altre locuzioni, come
in in eo esse ut… con il congiuntivo, ecc.: in eo est ut studiam “io sono sul punto di studiare”.
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L’ablativo assoluto
Un altro costrutto latino molto importante e di larghissimo uso è l’ablativo assoluto, che consiste
nell’unione di un sostantivo (nome o pronome) con un participio presente (presente o perfetto),
posti entrambi in ablativo, tale costrutto equivale in italiano a una proposizione subordinata,
temporale, causale, concessiva ecc…
Contrariamente agli altri ablativi, che esprimono i vari complementi e quindi sono uniti agli altri
termini della frase, l’ablativo assoluto è svincolato (appunto absolutus “sciolto”) da ogni legame
grammaticale con la proposizione reggente.
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Un costrutto analogo era presente anche in greco, tale lingua però non possedeva il caso ablativo,
per cui sostantivo e participio erano espressi in genitivo (“genitivo assoluto”).
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Osservazioni
1. L’ablativo assoluto, con il participio presente, può essere formato con qualunque verbo
(attivo e deponente, transitivo e intransitivo)
Mortuo Traiano, Aelius Hadrianus creatus est priceps (mortuo, part. Perf. Da morior,
intransitivo deponente)
“Morto Traiano, fu nominato imperatatore Elio Adriano”
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Ovviamente invece il costrutto non è ammissibile con i verbi deponenti transitivi come hortor, in
cui hortatus ha valore attivo (“avendo esortato”), e con gli intransitivi come venio, che non hanno il
passivo e quindi non hanno il paricipio perfetto *ventus.
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3. Talvolta negli autori latini, si trova l’ablativo assoluto anche in presenza di un legame tra
principale e dipendente, in Cicerone si legge ad es.:
Occorrerà poi ricordare (in base alla suddetta regola “DI-TA”) che, se si vuole usare il participio
perfetto, occorrerà che il verbo latino sia deponente intransitivo o transitivo attivo, se no non si
tratta si potrà utilizzare l’ablativo assoluto:
Se il verbo è deponente transitivo, poiché i deponenti hanno significato attivo, si dovrà semmai
usare il participio perfetto del deponente facendolo concordare con il soggetto della proposizione
principale e facendolo seguire dal caso che il verbo stesso regge: “Esortati i soldati, Cesare sciolse
l’adunanza” - Hortatus milites, Caesar contionem dimisit.
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5. Come si è detto, l’ablativo assoluto si può rendere in italiano con proposizioni temporali,
concessive, ecc…, secondo il contesto; si vedano i seguenti esempi:
È il caso di ricordare però che il latino utilizza la subordinazione laddove l’italiano spesso userebbe
la coordinazione e di ciò occorrerebbe ricordarsi nel tradurre:
• victis Gallis, Caesar Romam rediit traduzione che mantiene la subordinazione: “vinti i Galli,
Cesare tornò Roma”
• traduzione che elimina la subordinazione e si avvicina al modo di esprimersi italiano:
“Cesare vinse i Galli e tornò a Roma”.
1. L’ablativo assoluto può risultare composto, oltre che da un sostantivo (o pronome) e dal
participio:
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Un’espressione del tipo “essendo consoli Marco Claudio e Lucio Furio” si rende in latino con
l’ablativo assoluto senza verbo e con l’asindeto* (cioè la mancanza di congiunzione) fra i due nomi
propri: M. Claudio L. Furio consulibus. Si notino queste altre espressioni: nullā causā “senza
nessuna ragione”, ignaris omnibus “essendone tutti ignari”, auctore Aristide “su consiglio di
Aristide”, me invito “contro la mia volontà”.
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2. Talvolta l’ablativo assoluto può omettere il pronome dimostrativo, se seguito da una relativa
3. Alcuni participi isolati (audĭto “essendosi udito”, cognĭto “essendosi venuto a sapere”,
nuntĭato “essendo stato annunziato”) possono essere seguiti direttamente da una
preposizione ad esse subordinata (all’accusativo con l’infinito, con ut e il congiuntivo o in
forma interrogativa indiretta):
4. Altri ablativi assoluti sono pure formati da participi isolati, che derivano da verbi intransitivi
usati intransitivamente
Il participio si può usare in funzione attributiva per meglio qualificare un sostantivo, in italiano si fa
con una proposizione relativa o un aggettivo.
Intelligenti pauca
“Poche cose per chi comprende”
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Più raro è l’uso del participio presente neutro plurale e, ancor meno, singolare; Cicerone lo usa solo
nel linguaggio filosofico: convenentia (le cose convenienti, le concordanze), discrepantia (le
contraddizioni), praesentia (le cose presenti, il presente), negantia (le negazioni)
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Sono piuttosto frequenti i participi perfetti neutri sostantivati, sia al singolare sia al plurale; essi
sono spesso divenuti dei veri e propri nomi:
Sempre attestato è invece il participio futuri neutro plurale di sum: futura “le cose, future, il futuro”.
Participio predicativo
Esaminiamo ora alcuni esempi di participi appositivi che possono sostituire una proposizione
completamente avverbiale:
1. proposizione relativa: cives pro patria pugnantes magno honore digni sunt “I cittadini che
combattono per la patria sono degni di grande onore”.
2. proposizione temporale: Dionysius tyrannus, Syracusis expulsus, Corinthi puĕros dicebat
“Il tiranno Dionisio, dopo che era stato cacciato da Siracusa, a Corinto ammaestrava i
fanciulli”
3. proposizione causale: Dionysius tyrannus, cultros tonsorios metuens, candenti carbone
sibi adurebat capillum “Il tiranno Dionisio, dato che temeva i rasoi dei barbieri, si bruciava
la barba con un carbone acceso”
4. proposizione concessiva: dux, humĭli loco natus, maximos honores obtinuit “Il generale,
benchè nato da una modesta famiglia, ottenne i più grandi onori”.
5. proposizione finale: Q. Marcius usque ad quintum miliarium urbis accessit, oppugnaturus
etiam patriam suam “Quinto Marcio (Coriolano) avanzò fino alla quinto pietra miliare di
Roma, per abbattere perfino la sua patria”;
6. proposizione condizionale: quis potest, mortem metuens, non miser esse? “chi può non
essere infelice, se teme la morte?”;
7. proposizione modale: honestum illud Solonis est, quod ait versicŭlo quodam, senescĕre se
multa in dies addiscentem “è degno di stima quel famoso detto di Solone, che egli disse con
un piccolo verso, cioè che invecchiava apprendendo di giorno in giorno;
8. proposizione ipotetica: hostes, hanc adepti victoriam, in perpetuum se fore victores
confidebant “i nemici confidavano che, se avessero ottenuto questa vittoria, sarebbero stati
definitivamente i vincitori” [adepti è participio perfetto del verbo deponente adipiscor].
In tal caso il latino non può usare, di regola, l’ablativo assoluto, poiché vi è un collegamento fra la
reggente e la dipendente.
Il gerundio
L’infinito dei verbi attivi e deponenti con funzione di nome è di genere neutro e possiede una sua
declinazione, che presenta le desinenze della seconda declinazione; tale declinazione (che ha solo le
forme del singolare) è detta gerundio.
La formazione è la seguente:
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tema del presente + morfema -nd- + teminazioni di un sostantivo neutro della II declinazione
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SOLO SINGOLARE
Esempi:
Non si deve assolutamente confondere il gerundio italiano con il gerundio latino: il gerundio
italiano corrisponde al gerundio latino soltanto nell’ablativo, quando ha valore di complemento di
mezzo: errando disces “con lo sbagliare imparerai”
L’accusativo del gerundio è sempre retto dalla preposizione ad e corrisponde ad una proposizione
finale:
L’ablativo del gerundio può costituire, come si è già visto, un complemento di mezzo:
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Il gerundio dei verbi della III e della IV coniugazione ha talvonta l’uscita in -undi anziché in -endi,
specialmente in formule giuridiche e presso scrittori arcaici o arcaicizzanti: scribundi invece di
scribendi, faciundo per faciendo.
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Come si è già accennato qui sopra, la proposizione finale, oltre al verbo ut/ne + congiuntivo, può
dunque essere espressa col gerundio in due modi:
Le forme dell’infinito presente passivo (che denota un’azione contemporanea a quella del verbo
reggente) sono le seguenti:
• I coniugazione laud-ari
• II coniugazione mon-ēri
• III coniugazione leg-i
• IV coniugazione aud-iri
Come si può notare, in pratica l’infinito presente si forma cambiando in -i la -e finale della
corrispondente voce attiva, tranne però la III coniugazione ove l’uscita -ĕre si muta in i (legi).
Esempi:
credo a te amari
“credo di essere amato da te”
puto multos libros a te legi
“ritengo che molti libri siano letti da te”
Le forme dell’infinito perfetto passivo (che denota azione passata rispetto a quella del verbo
reggente) sono invece:
Esempi:
Infine le forme dell’infinito futuro passivo (che indica azione futura rispetto a quella del verbo
reggente) sono:
Esempi: