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ELEMENTI DI MECCANICA RAZIONALE Pp INDICE x! Capitolo 1 (GLI CHEMI ELEMENTARI DELLA MECCANICA- (GEOMETRIA DELLE MASSE {§1- SISTEMI MATERIALI E BARICENTRE eonceto di massa. Punto materiale = 1 2. Lo schema microscopic dei corp natural, Barcenro dun ssa discrv 3 3. Cenni sulle funzioni insleme == 5 4 Lo schema macroscopico del carpi natal Baricenro di un corpo coin 7 ‘5. Baricentri di sstemi omogenel, Evel env 3 §2- MOMENTI D'INERZIA { Momento satico de sistem! material rapeto ad un piano. ry 7. Moment prodot nea del sistem material 20 8 Moment dineraarispeto ad ass concorreat tensors 2 9. Elissoide Sinerai nn = 2 10. Moment Ginerzarispett a asi paral. Wi teorema ai Ea 11. Momeni fneriaispeto a rete quasi. x 12 Legge di varasione del tensor dinezis 39 13, Autovalor ed autovetor del ensore diner. 2 §3-APPLICAZIONI 14 tensor nec di alune figure elementa a 1S, Bsercil : 3 {§4- SISTEMI MATERIAL PIANI 16. Caleolo grafico dei moment static ede moment inertia. % 17 Brevi chia! sulla polar rspeo ad utelisse. R er : n 2 vi INDICE MI Capitol LE PROPRIETA DI SPAZIO E DI TEMPO 1, eproprieth di spazio nella Meceancnclassca 2, Le spiodempe di un ostervatre 53, Catresformazione degli event ra due osservator {L Le propre depo nella Cineratica casi ‘5, Lalrasformazione degl event in Cinematic lassen 6 Latrasfomazione speciale di Galileo 1, Relaivi det cance di spazio edi tempo Conn sullatrasforazione speciale i Lorentz. 5. Alcune conseguenze della asformuzione di Lorentz Capitol tit CONCETTI GENERALI DELLA CINEMATICA 1+ ELEMENTI DI CINEMATICA DEL PUNTO ©, Consderziont introduive... 1, Moto dun punto ee 2, Velocid. Spostamenio eiemenare. Moti uniform. 53. Aecelerasone, Mot uniformemente vari. {§2- ELEMENT! DI CINEMATICA DEI SISTEM! 4, La deseriionelagrangana. Equazion finite de contin m7 5. La deseiioneeuleriana: Mot stazionari fs Br 6 Ano di mot. Linee di fas. 136 §3- MOTIRIGIDI 2. Spostamenti ¢ mol rigid. Riferimento soldat. z Be & Relaion tail iferimentosolidae edi iferiment iat 9, La escrizione lagrangiana dei moti igi. 4 10, La velit d rotazione istantanea. Le forme dei Poison 146 1, Veloet ed aceeleranon! net mot igi, Spostament rig 1st 12, Mott igi element... = 133 15, La deserizion ealerana del mai igi vou 163 Espressione delf to dl moto rigid e sue prorii. 165 15, Compotzione dat di moto {§4- ELEMENT! DI CINEMATICA RELATIVA, 16, Mol dun punto In spa! dl sifecimento divers. ” 20, Esercai ed eserpi nn 21. Legge di composizione dele veloci in Cinematicarelaivis Capitolo IV APPLICAZIONI DI CINEMATICA 41 MOTLPIANE 1. Moto in coordinate polar 193 2. Moto ieolare 196 3. Moto armonico 198 4 Moto armonico 200 5. Moto centrale 203 ‘6. Moti ad accel 208 §2-MOTICOMPosTI 7. Composione di pit moi. 23 5. Ese 8 §3-MOTIRIGIDI 9, Mot rigid con un punto sso. 24 10: Mod rig pani... 2 11 Traietorie pola 28 12, Profil coniugat 29 13, Esercial BI Caphotev (CINEMATICA DEI SISTEMI VINCOLATI §1-GRADO DI LIBERTA E COORDINATE LAGRANGIANE, 1, Variet iterenzisb 2 Spazi tangentead una varit in uno spaio eucldeo 4 3, Spazio delle configurasion coordinate lagrangine. 24s 1X Spostament dun sistema a vincol lonoma e bilateral 29 ‘5. Sistem! soggettalegami clonom unilateral 283 6. Esempt.. . 254 INDICE §.2 - ANALISI DEGLI SPOSTAMENTI ELEMENTARI DI UN SISTEMA PIANO DI cont 7, Anais elementare di un corp. 260 1 State due comp : 267 9 Sistemi iN cor 2m 10. Considerazioni quali mm 1. Eeempi 74 1 Beret 2s APPENDICE, Capitolo VI ELEMENTI DI ALGEBRA VETTORIALE E TENSORIALE §1-VETTORI LIBERIIN & 1, Segment orientate ver geometric 281 2 Some veto root done ele pe on Vine 24 3, Prodotescalare. La component di un vettor 218 ‘4 Teme levogire. Prodoto vetoriale 292 5. Operzion di prodoto fare ver crt 6. Scomposizione di un vetore. Componenl coniovaran 27 7. Lecomponent covariant = So 300 8. Basi ononormali, La rappresentazione cartesiana = 308 9 Risoluione di equazionivetrai : 308 10, Cambiament ai Base erfeimentcarsiani, La murice di roasione 310 52 ALGEBRA LINEARE 11 Deion pao wae, ropi fndament wennnnnnnnnnns 36 12 Spazio vettoral adn dimension . Dug 13, Spaz vetoralieveldei epeeudoeul ” 3B §3- ALGEBRA TENSORIALE 14, Definiaone di tensor 332 13, Operaziot sul ensori 33s 1, Tensor dopi sires 338 17, Cater tensoril 339 5 4-SPAZI PUNTUALL AFFINE 18, Spazio affine. 19, Riterimento in uno spazio affine 20, Span punual evliei {§5- TRASFORMAZIONI ORTOGONALI 21-1 app dle wastrmsion’ogonl 22, Angol i Euler 346, Capitolo VIE CALCOLO VETTORIALE IN &, {1 -PROPRIETA NOTEVOLI DEI CAMPI VETTORIALLIN &, ass 368, 370 44 Equivaleaza di due campi venoril 36 ‘5. Centro di un campo 30 {§2- PROPRIETA DIFFERENZIALI DEI CAMPI VETTORIALI 6, Richland onli vette e. 1 Operator’ dfferenil linea. 1 Propriethpotenial dei carpi veto in 9, Proprei integral degli operatoriV, >, Vx y {§3- CAMPI PIANI DI VETTORI APPLICATI 10, Prope gratiche in 400 11, Camp pian di vette applica parallel 404 12, Riduzione di, al due vetor apliat (Aw) ed, w), Ae 406 409 Bibliografa Se eeeGthklnRme SB Se 2 SBS GS S&S & a am A Lucia e Maria Teresa per dedizione ¢ amore = ee ses ca Prefazione La Meccanica razionale costituisce il primo, ampio capitolo di una scienza - la Fisica Matematica - che ha per oggetto lo studio dei modelli logici atti a descrivere e predire levoluzione di intere classi di fenomeni rnaturali, Nel'ambito i questa scienza rientrano infatt le teorie matema- tiche di numerosi campi di esperienza quali, ad esempio, la Meccanica, Elasticta, la Fluidodinamica, 'Elettromagnetismo, fa Termodinamica e, Pid di recente, la Biodinamica, la Sismologia, 'Astronautica, ecc. ‘Lindagine di tipo fisico-matematico del problemi concreti si fonda sul seguente procedimento logico-dedultive. Ciascuna delle taorie sud- dette risulta caratterizzata da assiomi generall o principi fsic), indotti da tun processo di astrazione di origine sperimentale. Sulla base di questi assiomi, si tende a rappresentare il problema fisico con un modello ana- li-tico, conforme agli aspetti essenziali della realta che si vuole descrive- re. In genere, tale modello @ regolato da sistemi di equazioni o disequazioni differenziali o integral), 'a cui analisirichiede | ‘ntervento ai ‘metodi matematici spesso anche avanzatl. Successivamente, si passa ‘ad esaminare il signficato fisico dei risultat! stabil @ si ricerca nellespe- rienza la conferma ed i limiti di validta dellintero schema. Tale indagine si awale percid del coordinamento tra gli aspetti spe- rimentali -atti a suggerire i postulati ed a valutame le conclusioni -€ gli ‘aspetti operativi della Matematica, i cul metodi general @ rigorosi confe- riscono alle teorie in esame chiarezza, concisione e vasta epplicabilia. Net'ambito della fase risolutiva, occorre inoltre un'adeguata conoscenza dei vari procedimenti di approssimazione analtic! e numeric), che con- sentono | ‘analisi qualitativa di problemi non risolubili per altra via; a tal fine, ovviamente, giova tener presente le grandi capacita di calcolo dei ‘modemi computers. Lievoluzione della Meccanica classica si é realizzata negli ultimi tre ssecoli, con il passaggio dalla fase sperimentale alla formulazione mate- ‘matica 0 “razionale", caratterizzata da un numero esiguo ai principi e teo-remi, ai quali fa invece riscontro un ‘ampia generaiité oi applicazioni. Ispirandosi alla metodologia suddetta, fa Meccanica razionale analizza i fenomeni ai moto dei corpi naturali del punto di vista macroscopico, pre- Cl Sol bl oe Ee es 5 ee xi PREFAZIONE scindendo da ogni altro proceso evolutivo (termico, chimico, elettr- 0,200); & cid, in accordo con un criterio di prima approssimazione tip £0 di ogni indagine scientifica. Gi schemi di questa disciplina — pur se tra i pid semplicl ~intervengono percid in molte descrizioni anaiitiche de! problemi concreti dellingegneria @ costituiscono la base per lo sviluppo ) Proprietz dl appartenenza. Se tutti i punti di Sy appartengono ad uno stesso piano « (0 ad una stessa retta t), anche if baricentro Q di Sy appartiene a tale piano (0 a tale retta). In particolare, nel caso N = 2, G é interno al sea mento P,P, ¢ lo divide in parti inversamente proporzional alle masse (eft. 18 6.6) del Cap. Vib. ©) Proprieta di convesstd. Se # punti di Sy appartengono ad un dominio convesso, anche il baricentro appartiene a tale dominio. a) Proprieth dl simmettla. Si dice che Sy ammette il piano come plano dametrale contugato alla direzione di una data retta x (non parallel & x) quan doi punti di, non appartenenti a x si possono associare in coppie P,P, tai che m, = m, edi segmento PP, sia parallel ad r ¢ dimezzato da x. Quando Ge rerpenticolare ad t si dice che Sy ammette il piano di simmetria x. (ii cchemiclementar della Mecconca, Geometra dele masie 5 Premesso ci la proprietA in questioneafferm allora che i! biricen parton ad pil piano dametrate di Sy Inti appartengor asia bare czar del pun iS, pot au, che arcs tate copie) my (ft rope, b)-caso N = 2). La es segue sung all propre ‘istiba tiva. Si osservi che se S, ammette due piani diametrali, G appartiene alla retta intersezione; quando esistono piii di due di tali i, questi devono ammettere in cose almeno un punto, che € proprio il baricentro. juando i punti di Sy appartengono tutti ad uno stesso piano x ed r, no de rete non paral ale piano, dremo che sper Sy ana ret diame: trate conivgata alt drecione | punt dl yt poston ssocire in copie nat Pe ener naa al sia parallelo ad r ¢ dimezzato da s. aca che il sistema piano S,, ammette la retta Pertanto, i! Baricentro di un sistema, ne sistema piano Sy appartiene ad ogni eta da- 3. CENNI SULLE FUNZIONI DI INSIEME. ‘Nel paragrafo successivo, ai fini della definizione dello in occorrera introdurre il concetto fondamentale di.densita di. mas Tas conc to presuppone la conoscenza di alcune nozioni elementari sui funzionali di inse- me, os @ opportuno richiamare qui rapidamente @). ia u una variabile numerica ¢ (4 una famiglia di insiemi di ¢,. Si 48 una furcione a insieme denita sla famiglia quando ‘aie na lage Che ad gn insieme dela amiga associa un opi valor dw. Come asl, Gn) us Fee. Pitt in generale, le funzioni numeriche definite su insiemi meri i di spazl astratti vengono dete anche funcinal, per dstinguele dalle ornare fonion! i punto. ses nk faa (2 isi, ttt contenu nun campo ie infin teimate we, preso comongue un campo E C #, este in | meno un ise CE. ) Si pud, ad esempio, consultare i tet Analisi funcionale, Voll, Cap. V, UTET. 3: L Amero, Analisi Matematica con element! di . 2 > : : . 7 raping pact eerie rare eee eneeinee eros elbsbainisaiss SNe ameiete: ase i 6 CAPITOLO! Sia ora P un punto prefissato dif ed F() un funzionale definito sulla fe riglia {/ }infinitesimale, Si dice che F(.#) tende al limite finito€, al tendere dieaP, esi serive 62) Jim, Fz) = quando, per ogni ¢ > 0, esiste un intorno , di P in modo che risulti ie) — tle RCH. D’ora in poi considereremo il caso che tuti gl insiemi della famiglia inf- nitesimalesiano contenuti nel campo ¢ erisultino misurabil secondo Peano-Jordan (0 quadrabil). Indicheremo inoltre con mis la misura di, ‘Si dice che F(.r) un funzionale additivo di # se — riguardando # come tunione di n insiemi , ... 2% tutti quadrabili ¢ disgiunti — si ha os nays BR. Una funzione di insieme si dice poi assolutamente continua quando es lim Fe) = 0, id che equivale ad affermare che, per ogni fissato ¢ positivo, existe un 8, posi- tivo tale che os ve: mise < 8,0 IFUL) <6. ede che la funzione di insieme {In altri termini, assoluta continul infinitesima con ta misura del campo. ‘Veniamo ora al concetto di derivata del funzionale F, assumendo che!a mi ssura di clascun elemento della famiglia { sia non nulla, Ha quindi significa- to il funzionale FA) mis ancora in { #}- a ee Gil sche lementri delle Meccanea. Geometria delle masse Se esiste finito il limite his Fe) Bs, 2 ae = HP), ta funzione d’insieme F(2 dicesi derivabile nel punto P ed l valore {(P) de! limi- te (3.6) si dice la derivata (rispetto alla misura secondo Peano-Jordan) det fun- dionale F(z) in P. Pertanto, la derivata di una funzione di insieme risulta essere una funzione di punto. ‘Giova inoltre osservare che la derivata f(P), quando esiste per ogni P € #, ‘una funzione continua in @. Un altro risultato che interessa le nostre applica ioni & poi il seguente. ‘sia F(#) un funzfonale definito sulla famiglia { | di insiemi tutti qua- drabili e contenuti nel campo @, Se F(.#) ¢ additivo, assolutamente continuo, derivabile almeno quasi ovunque in # ed ammette derivata f(P) generalmente continua e sommabile (nel senso di Riemann), ¢allora possibile dimostrare che 6.7 Fi = [Pde we ce ‘eciot la funzione d'insieme F coincide con lintegrale (i Riemann) della pro- ppria derivata (teorema fondamentale de ealcolo per gli integrali multipl). Vogliamo infine osservare che, nell'ambito della teoria della misura secon- {do Lebesgue, le ipotesi su F possono essere attenuate perché l'esistenza ela som- rmabilita della derivata f(P) non sono richieste a priori, ma risutano conseguen- 2a della sola additivith ed assoluta continuita di F. TW'tal potest, infat, i teorema di Radon-Nikodym implica Vsistenza quasi ovungue di una funzione f(P) sommabile (nel senso di Lebesgue) tale che valga 1a (3.7), con Vintegrale definito secondo Lebesgue. 4. LO SCHEMA MACROSCOPICO DEI CORPI NATURALI, BARICEN- ‘TRO DI UN SISTEMA CONTINUO LLo schema discreto Sy, pur essendo aderente alla realta dei fenomeni fisi- ci, spesso non risulta di agevole applicazione a causa dell’ordine di grandezza Ci oe 6B me Ee eS ee ee a me eS om CAPITOLOL Barro di N che, di solito, & estremamente elevato @). Particolarmente utile ad affrontare queste difficolt8¢ la Meccanica statisti- ca, i cui fondamenti furono stabilti dalle indagini probabilistiche di Maxwell ¢ Boltzmann nella seconda meta del 1800. Questa teoria permette di osservare rtamento globale di S, ¢ di risolvere cosi numerose que- tuna descrizione pit operativa del generico corpo naturale ‘quando non ¢ possibile ridurre , ad un unico punto materiale (P, m) — si os Serva che la materia, ad tn esame macroscopico, si presenta dstribuita in, con continuitd a causa dell'enorme numero di particelle, Si indotticosi a rappre- Semtare la genetica configurazione prefissata del corpo, mediante un insieme continuo # di punti dello spazio euclideo tridimensionale &, Naturalmente, in {aluni casi la materia appare disiibuita in modo da poter ritenere trascurabili tina o due dimensioni di, come ad esempio nel caso delle piastre, membrane in{ stem bidimensionall), oppure dei fii, verghe... (sistem unidimensional? ia corrispondenca, 'insieme si riduce rspettivamente ad una superficie o una, linea di & In ogni caso, Vinsieme t — che d’ora in poi assumeremo essere un insieme misurabile di # — schematizza [0 spazio occupato dal corpo naturale #4 nella ‘onfigurazione prefssata. D'ora in poi, per distinguere i corpi natural agli sehemi he i rappresentano, indicheremo i primi con i simboli 2,» .~. ed i Seto Const, Pertanto, ogni sotoinsieme di rappresenta lo spazio che Ia cor- rispondenie parte, di @, occupa nella posizione considerata. *Analogamente al caso dscreto — dove il sistema Sy &individuato non so- Jo dalfe posizioni P, dei suoi punti, ma anche dalle relative masse m, — la defi- nisione dello scheme continuo deve essere completata con un erterio ato a de serivere la distribuzione delle masse degli infiniti elementi di La densita di massa. Il sistema continuo Sia‘ Vinsleme misurabile che rappresenta una configurazione prefissata del corpo, e.ril generico sottoinsieme dif, immagine della parte, di. Si (2) Bast ricordare che il numero di Avogadro-Loschmidt (che indica numero di molecle ‘preset in una grammemolecla di cote pul) 6,02 x 10. Anche in sstanzefotemente rare fei mininYoo ch pb elzare organ in mes um rd i males Pt Ls i 3 €6 GH G3 oh oe Gli schemiclementar dela Meccancw. Gemerra dele masse 9 dichi con. = { 4 Minsieme delle parti i ¢ che risultano misurabili nel senso i Peano-Jordan e con m,, Ia massa di, valusata nello schema microscopico, ‘Al variare di 2 in si otfiene un insieme numerico a) (myleca—_ (dstribuatone ali massa) jicui elementi si possono identificare con i valori di una funzione non negativa definita su: 42) M:veQ > m,€R*. L’applicazione M cos! determinata rappresenta una funzione di insieme (1. 3) che — in virta delle carateristiche della massa precisate al n. 1 — verifica Je seguenti proprieta: aos M2) <0 wea. b) M8 additiva; ccd, se #, € 4, sono disgiunte, si ha «3 Mur, U4) = Mi4) + Mi), ©) M2 assolutamente continua; ciot (a. 3): as lim MW) = 0 weed. 11 significato delle proprieta a) - b) & evidente. La proprieté c) esprime fatto che Ia massa di ciascuna parte é tanto pil piccola quanto minore é la sua tnisura, Pertanto le masse concentrate, tipiche dl sistemi disereti, vengono escluse dallo schema continuo. ‘Con riferimento a quanto si visto al n. 3, le proprieta a) -b)- c) implicano ‘Pesistenza di una funzione di punto a(P) definita quasi ovunque in, sommabi- Je (secondo Lebesgue), mai negativa e tale che per ogni parte «€.2 sabia as May = [near WED, definito nel senso di Lebesgue. funzione n(P) — che dicesi densitd di massa — coincide, nei pun- ‘con Mintegral Inoltre, 0 caPiToLo! ti in cui esiste, con la derivata di M (nel senso della misura di Lebesgue) (*, avendosi Me 4.6) an 7 HP) Da (4.5), osservando che # €.9, si trae 7) Mé@) = [, n(P) do, che rappresenta la massa dellintero corpo @, ertanto, la funzione densita caratterizza ~ mediante gli integral (4.5) estesi alle parti di ¢ — le masse degli infiniti elementi di. In conclusione, nell’am- bito dello schema macroscopico, la generica configurazione del corpo, e la di- stribuzione delle masse di tutti { suoi elementi sono rappresentate da due sole sgrandezze: Vinsieme misurabile ¢ la funzione densita y(P) ivi definita quasi ovungue. Rimane cost giusti Ia seguente Definizione 4.2. Dicesi sistema continuo — e si indica con (¢, s) — lo sche- ‘ma del corpo naturale , individuato dallinsieme misurabile@ dié e dalla fun- zione densitd 4(P), continua quasi ovunque in é, mai negativa e sommabile. Quando & una superficie regolare, lo schema (#, n) dicesi superficie mate- riale di densité superficiale » 0 continuo bidimensionale, Se’ & una curva rego lare, (, a) dicesi linea materiale di densita lineare w oppure continuo unidimen- ssionale. Pertanto, secondo che # sia un volume, una superficie o una linea, le ddimensioni fisiche di » — come si rileva da (4.6) — sono rispettivamente mi? mi, mi! (© Naturament la (4.5 ussite anche nelambito della eri del'integrale di Riemann, pur ché si ammetia a prior Mesistena del limite 4.6) cf. n. 3, in fin). Pid preisamente, basta asst- there hela funzione M sa derivable (econdo Peano-ordan) quasi ovunque in che la deivata [A sia generalmente continua esommablle secondo Riemann. Com’? insito nel signfiato sesso ‘approstimazione dello cher dliceto con i continuo, quest ipotesiendono ad atibure alla ‘dsribuione di massa M una sufflcene report purché compatible con | ‘Ad ese ‘i, la funzone desta &inesa di olito generalmente continua per non eicludere le discontiuita ‘rdinrie dovate a beusche variation della natura de corpo; si pens a parti di material diverso slate a lov. Gi chem element della Meccance. Gamera dele masse un ‘Se, nella configurazione in esame #, la densita si mantiene costante 48) a) veeé, il sistema si dice omogeneo nella configurazione # € la (4.7) si riduce a 4.9) M@) = ji mis cio8 la massa di un sistema contituo ed omogeneo ¢ (0 di una qualunque sua parte 24 & data dal prodotto della densita (costante) per la misura di (o della parte 2). opportuno osservare esplicitamente che mentre la massa M di, & co- stante qualunque sia la configurazione # di, invece la densita x dipende dal- Te singole configurazioni # (ma non dalle singole parti di ogni prefissata ¢). Infine, con riferimento alla (4.7), rcordiamo che i termine integrando p(P) a4 viene di solito denominato massa elementare. Con tale locuzione Is (4.7) si pud leggere dicendo che la massa totale di un continuo & espressa dall'integrale di ‘campo della massa elementare; id in analogia con la (2.1) che esprime la massa totale di un sistema discreto Sy come sommatoria delle masse concentrate. 4.2. Baricentro di un sistema continuo e sue proprieta Con riferimento alla configurazione di, si definisce baricentro dit i punto G determinato dall'uguaglianza 1 (4.10) G-O- way bP = 0) MP) a, dove P 8 il punto variabile di, mentre O rappresenta un punto comunque pre- fissato (cfr. (5.3) propr. 5.1 del Cap. 11). Nell'ambito puramente formate (), 1a (4.10) si deduce dalla definizione (2.3) del baricentro di un sistema discreto S, sostituendo alla sommatoria I'in- tegrale di campo, a P, il punto P varibile in ed alla massa m, la massa ele- mentare 4(P) di. 12) Arigore, la dfinisione (410 4G st slusiin riducendos allo schema dcreto mediante ecomposision! dl # ed wtilizzando i procediment tpl! della defiisone dl inegrale. ee ee ee ee ee ee a 2 & 2 cAPITOLO! } li schemielemenar dela Meccanlea. Geometria dele masse B Con tale algoritmo non vié aleuna difficolta ad estendere al caso continuo tute le proprieta del baricentro di un sistema discreto esaminate an. 2. In par- ticolare, nella proprieta di simmetria, Peguaglianza m, = m, delle masse di P, ¢ P, viene sostiuita da quella delle densith ,(P") = p(P"), valutate nei punt P’P* di che determinano un segmento parallelo ad r € dimezzato da «. Di particolare interesse per isistemi continui ¢ I'applicazione della propri 4 distributiva, Infati, essa consente di considerare un sistema , comunque com- plesso, come unione di N parti disgiunte pit semplici di cui ‘Guarei baricentri G, ... Gy Se My... My sono le masse di ...2y il baricen- tro cercato coincide con il centro del sistema di vettori paralelie concordi (Gy, Mye)|y, con @ versore arbitrario. PU accadere talvolta che # si possa invece considerare come differenza di due parti, e , di cul siano gid noti i baricentri G, ¢ G, (cfr. ad es. 'eccentri- co e la sezione di Fig. 1). in tale caso basta tenere presente che la propriet distributiva dei sistemi di vettori paralleli (Propr. 5.4 del Cap. VII applicabile anche quando i vettori sono discordi. Si perviene cos alla seguente Proprieta 4.1. 1! baricentro G di un sistema che risulta la differenza di altri due, 6, €%,, di cui siano noti i baricentri G,, Gy @ le masse My, My, coinci- de con il centro dei due vettori paralleli e «discordin {(Gy, M, €)s (Gy, —Mz ol Pertanto in ogni caso, G 2 extern al segmento GG, ¢ st ¢ sitrova (se, ,) dalla parte di G, ad una distanza tale che Tewaisiaiel MMe Con tiferimento alla terna di assi (0, ¢)) aventi origine i Cf .& in 0, siano x! coordinate del panto P variable in ed xy quelle del bareentto. Dalla (4.10) si deducono le relazioni 1 Me GID ox f, oP) xP) #123), ‘che determinano le coordinate del baricentro di i eae 0 di un sistema continuo nella confi- 5. BARICENTRO DI SISTEMI OMOGENEI - ESEMPI Nel caso particolare — ma significativo per le appli a applicazioni — dei si omogenele (10): (ty, in vn dl 43), sr dveona 8, ‘mi 1 6) Go mis J, — 0) ae 1 mis @ (6.2) a= Lae G= 12,9), dove mis # indica un volume, un'area 0 una lunghezza secondo il numero delle i baricentr di configurazioni omogenee vet sono dipendere nleamente dla geomet del eampo, ma nn dala dens, In tale caso ¢ allora lecito parlare di baricentro di una data figura (riangolo, exci, con, senza len ferment ala dens cost. B cos pas le determina, una volta per tute il baricentro di numerose figure elementar. Tcalcolo dle coordinate lO rediante i atepal Sc) contac ro: cedimento generale per la determinazione del baricentro. D'alra pate, le pro- prieta di G consentono a volte di evitare o semplificare tale calcolo, non sempre agevole. Un primo esempio di id & forito dai sstemi di Fig. 1, rsolt mediante Ja proprieta 4.1. In ogni caso & sempre molto opportuna la ricerca di eventual Be Ee ee & 4 CCAPITOLO! Discutiamo alcuni esempi — tutti relativi a corpi omogenei — utili ad ‘care la diversa opportunita dei due procedimenti. 5.1. Determinazione di G mediante le sue proprietd 8) Segmento: G, dovendo appartenere sia al segmento che al piano di sim- metria ortogonale ad ess0, coincide con il punto medio. ') Cerchio: G coincide con il centro del cerchio perché i diametri sono tutti assi di simmetria, Analogamente nel caso della sfera, ©) Triangolo: G & individuato dall'intersezione delle tre mediane perché queste sono rette diametrali coniugate alle direzioni dei lati. E noto dalla Geo- ‘metria elementare che, su ciascuna mediana, la distanza i G dalla relativa base & pari ad 1/3 della lunghezza della mediana stessa, 4) Rettangolo: G si idemifica con Vintersezione dei due assi delle coppie i lati paralleli(assi di simmetria). ©) Parallelogramma: G coincide con Vintersezione delle due diagonal, cia- scuna delle quali @ una retta diametrale coniugata alla direrione dell'altra, 1) Quadrilatero: Con riferimento alla Fig. 2 si divida la figura nei due triangoli ABD e BCD, i cui baricentri siano G, ¢ G,. Per la proprieta distribu- Fis ii scheniclemenar della Meccunca. Geomeira dele matte 13 tiva il baricen 0 i i Avail barientro G 8 il punto interno al segmento G,G, caraterizato dalla IcG,! 16G,i dove a, € a; indicano le arce dei due triangoli, mentre hy ed h, rappresent ie mia ithe i shaw pairs ia one ome 8) Parallelepipedo retto: G ¢ rappresentato dal punto di intersezione dei tre plan dl simmetriaindviduai dal plant bsettori dele tre coppie di facce parallele. bh) Prisma e éilindro: Ut segmento 5 che unisce i baricentri dell ene arte ut fe esloc effatune tan pas pera al bel tse, Di conseguenza, per la proprieta distributiva, G appartiene a tale segmento 5. D'altra parte, per la proprieté di simmetria, G deve appartenere anche al piano parallelo alle basi ed equidistante da esse (piano mediano). I! baricentro di un Brisma o di un lindo coincide pereocon quello dela sezione medians paralle- i) Piramide econo mostra che G coincide con i barcetro dela one paral ala tae ed avente da gue dana part lla quart pare fale. 1) Figure ad L o a T: possono essere decomposte in vari modi nella unio- ne o differenza di rettangoli, come mostra la Fig. 3. Fig. 3 os eee aa 2 st 6 Gs ee ee 16 CAPITOLO! La proprieta distributiva ¢ le sue conseguenze indicate al n. 4.1 implicano le costruzioni indicate in Fig. 3. 5.2. Determinazione di G mediante il calcoto delle sue coordinate Per comodita di scrittura, negli esempi che seguono, le tre coordinate sa- anno indicate con x, ys 2. Varco AB della circonferenza che ha il 2°) Arco di crconferen: be rasso in radianti dellangolo AOB, si ha ccentro in O e raggio R. Se 2 arindica la misur mis@ =2Ra. Fig. 4 L’arco ammette quale retta di simmetria I'asse OM della corda AB, per cui G ha le coordinate wy a0. 69 ee gehts ee Poiché x = R cos.d, &# = Rdd, Iintegrale curvilineo (5.3) si riduce @ Gli schemi element della Meccanica, Grometria delle masse v mentre, se & V'intera circonferenza, risulta xq = 0, in accordo con quanto si é visto in precedenza (caso b) di 5.1 b’) Settore circolare: sia il settore circolare OABM della Fig. 4. Come nel caso precedente, la retta OM & asse di simmetria per , Osservando che ora ‘@ un sistema bidimensionale e che mis = aR, la determinazione di G si ri- duce al calcolo dell'integrale doppio 64) Xe ay Se. ‘Se (@, 8) & il sistema di coordinate polari di polo O ¢ semiasse polare Ox, si considerino le formule di trasformazione da coordinate cartesiane a quelle polari 6.5) x= gcosd y=esend ‘osservando che il determinante jacobiano della trasformazione vale ate, 05 8 ~esend so a) =o. a we e cord Poiché «si trasforma nel rettangolo del piano (g, 8) definto da [0, R] x (a, a], Mintegrale (5.4) siridvee a 5.) xq = aR [0s 940 |" ode = G30) Rena Pera = x/2sihax, = 4R/3 x. 18 caPiToLo1 1) Eanes, Determinare il barcentro della ported plano lmiato dat seniose ‘positivo delle x e da un arco di spirale di Archimede Fig. 5). In tale caso #8 un sistema bidimensionale che non ammette alcun elemento di simmetria, Di conseguenza, si annulla solo Za, Fig. Poiché il diagramma polare della spirale di Archimede & dato da 68) e=a (a = cost), nel caso in esame si ha: (9,'¢) € [0, 2x) x [0, ad} € Xq = (mis #9)! [, x ds, Yo = (mis -! Ly aa. ‘Applicando le formule di trasformazione (5.5) ¢ tenendo presente la (5.6), Gi schemi element della Meccanca. Grometria delle matte 9 2 facile verificare che mis 6 = [89 |" ede = /3) x18 Xq = 3a/r, § 2 - MOMENTI D’INERZIA 6, MOMENTO STATICO DEI SISTEM! MATERIALI RISPETTO AD UN PIANO Con riferimento ad un piano x assegnato, si considerino i due semispazi da sso determinati convenendo di indicare con S* (semispazio positivo) uno dei ddue arbitrariamente scelto e con S~ (semispazio negativo) I'altro. Se Sy ={(P,, 'm,)}y @ un sistema discreto, si indichi con hy la distanza orientata di P, da ciot Pordinaria distanza presa con il segno + se P, € S*, con il segno — nel aso contratio. Si definisce momento statico (o momento del primo ordine) di Sy rispetto al piano x lo scalare reale N 6.1) M, = E, mh. Analogamente, nel caso di un sistema continub (6, »), 6.2) M, = SMP) MP) a, dove h(P) indica Ia distanza orientata da x del punto P variabile in ‘Si assuma una terna di riferimento T = Oxyz con il piano xy coincidente ‘con x ed il semispazio z = 0 con S*. Le (6.1)-6.2) si scrivono allora x 63) 1M, = Dm 6.4) J, ar) ap) a. 2 85 6s =e = = «eS CAPITOL! Dal confronto di (2.4) con (6.3) (oppure di (4.11) con (6.4) segue subito che M, = mz (oppure M, = Mz). Poiché 2 rappresenta Ia dstanza orient {a del baricentro G dal piano , possiamo affermare che (M, = May)» ‘Tale prodotto definisce il momento statico rispetto a x dell"unico punto ma tetiale (G, m) (oppure (G, M)); si ha pertanto la seguente 65) M, = mde Regola dei moment static J/ momento statico di un qualunque sistema ma- Leriale discreto 0 continuo) rispetto ad un piano x coincide con quello della sua ‘massa totale concentrata nel baricentro. {Quando il sistema materiale & piano ha significato definre il momento sta- tico di esto rispetto ad una rettar di tale piano a. Se a* ed a~ sono i semipia- 1 positivo e negativo individuati dar, il momento statico di Sy (o di) & d ito da (6-1) (0 da (6.2)), purché si altrbuisca ad h, (0 b) i significato di Stanza orientata dalla rettar. Com’? facile verificare, anche jn tal caso sussiste ia regola dei momenti static (con r in luogo di x). 7, MOMENTI £ PRODOTTI D'INERZIA DE! SISTEMI MATERIALI Un'altea grandezza di notevole importanza in numerose questioni di Mec- ‘canica @ individuata dalla seguente Definizlone 7.1. Dicesi momento di inerzia del sistema disereto Sy = {(Py» m)jy rispeto alla rettar lo scalare reale positivo I, definito da x ay Ema. dove b, esprime la distanza di P, dar. ‘Come risulta dalla (7.1), tale grandezza dipende dalla distribuzione delle sin- ‘gole masse di Sy dalle loro distanze dalla retta r prefissata. Come si vedra nella Dinamica dei sistemi rigidi aventi un asse o un punto fisso, la resistenza al moto —0 inertia — é caratterizzata non solo dalle masse del sistema, ma proprio da ; eld giustifica la denominazione di tale ente. SB bt 6 6 ae es = ee i schemielementart dela Mccance. Geomeria dele mase 21 [Nel caso di un sistema continuo (,y) l'algoritmo enunciato al n, 4.2 ¢ la definizione 7.1 implicano la seguente Definizione 7.2. Dicesi momento d’inerzia del sistema continuo (@, p) ri- spetto alla retta t 10 scalare reale positive 0 1, = fey xP), ‘ove &(P) indica la distanza che ha da t il punto P variabile in@, Con riferimento al momento d’inerzia J, di un sistema materiale disreto (© continuo), si ponga ora 3) e-m@ = @ =v, dove m(o M) é la massa totale di S,, (0 #). Poiché risulta a 1, = me , = Me), hha interesse la seguente Definizione 7.2, Dicesi giratore o raggio dinerzia di Sy (0 #) rispetto alla retta lo scalare non negativo @ definito in (7.4), Tale ente rappresenta la di- stanza che deve avere dalla retiar un punto P affinché la massa totale de! sisie- ‘ma concentrata in esso abbia un momento d'inerzia uguale a quello dellintero sistema, B appena il caso di osservare che per N = I siha I, = méjeo = 8, ‘Appare inoltre evidente che le dimensioni di I, € g sono mt? ed ¢. Quando le distanze 6, sono computate da un piano x (o da un punto Q) anziché dalla retta r,gli scalari I ¢ g si diranno momento ¢ raggio dlinerzia ri- spetto al pigno x (0 al punto Q). TIntroduiciamo ora una terna levogira di assi cartesian ortogonali che, per comodita di scrittura, indicheremo con T, = Oxyz anziché con Ox'x?x? e siano %,. Yo 2%) le coordinate di Py € Syed (x, ¥, 2) Quelle del punto P variabile di, Con tali notazioni, i moment d’inerzia ly I, I, del sistema discret Sy ti- spetto agli assi di Ty sono quind! as =Emore a. y= mortem t= Emo +m 2 cAPITOLO! mentre, nel caso continuo, si ha 0.8 k=l t+ 2de, l= f nb +2) d, =f uot + ae. 11 momento di inerzia I, rispetto all’origine O della terna Ty ed i momenti di inerziarispetto ai piani coordinati xy, xz ed yz sono dati, nel caso discreto, da on y= Hot + ot + Dm, 8) tye Bm les mah ty = Book ‘mentre, per un continuo, si ha os) T= [es + a ae 7.10) hye [rete ta = fe Ing ato (ieretoo comin) suncno, orvanent, legen aso bale t at y+ +H aan aly +], ty te = te t I ‘Come si vedr nel seguito, accanto alle grandezze ora definite intervengono i frequente nelle considerazioni di Meccanica anche le seguenti altre x x x a y= Emote Is ete Ja = Bema che si dicono prodotti dinerzia (o momenti di deviazione) di S, associati al ri- ferimento Ty, poor ee ee ee) ii chen clement della Mecconica. eometria dele masse 2 Nel caso continuo Jyy, yy. Jy Festano definiti da 13) Jy = J wy2ae, Sy = fered, Jy = ye. ‘Quando, in particolare, il sistema materiale appartiene ad un piano x — assumendo x coincidente con il piano xy del riferimento — risulta owviamente he Hhthy Iyedy=0, (7.14) el} ileviamo esplicitamente che tute le espression! indicate nelle formule da (7.5) 4.7.14) dipendono, oltre che dal sistema materiale, anche dal riferimento Ty = Oxyz prefissato. Tali formule mostrano, inoltre, che ogni definizione relativa ai sistemi sereti Sy pud estendersi al caso dei continui sostituendo, come al solito, le sommatorie con gli integrali di campo, le masse m, con le masse elementari ‘P)aé e la distanza di P, con quella del punto P variabile in #. Pertanto, per brevita, nei paragrafi successivi ci limiteremo ad esaminare il solo caso dei sistemi particellri, precisando fin da ora che tutti risutati che verranno stabiliti sono applicabili anche ai sistemi Hioni formali suddette. 8, MOMENT D'INERZIA RISPETTO AD ASSI CONCORRENTI. IL TENSO- RE DI INERZIA Per ogni sistema materiale fissato (disereto o continuo), il momento di iner- ia dipende dalla scelta della retta r. Poniamoci il problema di determinare la legge di variazione di |, al varare dit in una stella di rete con i centro in un unto O comunque prefissato. ‘A tale scopo indichiamo con T, = Oxyz una qualunque tema di riferimento con origine in O econ el versore della genericarettar passante per O ed orien- tata ad arbitrio, Siano inoltre (ay, ay, ay) le componenti die rispetto a Ty € la distanza da r del punto P, di Sy. i 6 Ee ee uf 4 7 2 1] : 4 4 4 J ; 2 7 : : 7 2 Fig. 6 ‘Se 9 & Pangolo formato dal vettore posizione P\—O con la retta r, si ha (ig. A = 1OP\I send = MP, —O)xel, ‘per cui, osservando che le componenti del vettore (P,—O) x e sono date dai mi- nori della matrice risulta B= yA— y? + (ay — aH + Cr — HH) > Basta sostituire tale espressione di 6 nella definizione (1.1) di I, ¢ tenere presenti le (7.5), (7.12) per ricavare 2 ee Gii chem element della Meconica, Grometria delle masse 2 6.2) od + lad + ha} — 2 Syma, — 2 Sys — 2 Jamia, Gli elementi che compaiono in questa formula sono: a) te sei quantita 1,5 yy ly Jyas Jigs Jay He quali non dipendono da rma solo dal sistema materiale assegnato e dalla terna Ty di riferimento; by i tre coseni direttori (a, cy a) della reta rrispetto a cui si valuta 1, Pertanto, quando sono assegnate le sei grandezze precisate in a), la (8.2) definisce una funzione quadratica omogenea dei soli coseni direttori di r (*) € consente di ealeolare subit (©. Essa esprime quindi la legge di variazione che ci eravamo proposti di deter- minare. 8.1. Il tensore di inerzia relativo al punto O # opportuna la seguente osservazione, Le sel grandezze che caratterizzano la legge (8.2) — ¢ciot i moment di ner 1y, 1p edi prodotti di inerzia Jy, Jj, Jay relativi a Ty ~ dipendono dalla scelta to, mentre I, & un ente intriseco, Di conseguenza, per ogni fisata reitar, la (8.2) implica Vinvarianza della forma a secondo membro, al variare della terna Ty nelVinsieme dei riferimentiaventi tutti origine nel punto O. Pre- 2) forma tensoriale. prodotti di inerzia sono tali che cisiamo questa affermazione dando alla Per definizione (cfr. (7-12}(7.13)), 63) Jam da vhek, per cui, se si pone: Gay Ree Ye my risulta soddisfatta la condizione di simmetria 3) Yh = yim vh ek. Com't facile verificare, tli notazioni consentono di esprimere sinteticamente Poich ‘quando si muta (ay Waramenteselio 4s (8.2) definisce una funzione omogenes dl secondo grado, esa rimane inaterta 23) in (— oy. — egy — ay) Cid prova indpendenca di dal verso arbl- 6 caPITOLo 1 la legge (8.2) al seguente modo: 66 Ye ag, dove si & adottata la convenzione di Einstein sugli indici ripetuti. ‘Cid premesso, indichiamo con (e,) i versori di base della terna T, = Oxyz presa finora i i versori di un altro qualunque riferimento or- togonale T; = Ox’y’2’ con origine in O. Se Aj denotano i nove coseni dire tori degli assi di To rispetto a quelli di T. (cfr. Cap: VI. nn. 10, 12), le formule trasformazione 2) = Ale = 1,23). Nel nuovo riferimento T, le posizioni (8.4) introducono le quantita yo =4, 8) Y=, YR=L, Ye che — ovviamente — risultano diverse dallle precedenti Y“ perché i momenti tdi prodotti d'inerzia del sistema sono calcolat rispetto ai novi asi. Analoga- mente, anche le component a, di ein T; risultano diverse dalle cys perd,ilea- rattee intrinseco di I, impone che, per ogni prefissato versore e,risulti: 69 |, = Yihaa, = ¥Maxay . Pertanto, le quantita Y™ definite in (8.4) — oltre a verificare le condizio simmetria — rendono la forma Yaya, invariante al variare della base. 1n ac- cordo col teorema 17.2 del Cap. VI questa.condizione & necessaria e sufficiente per affermare che gli scalari Y™ costtuiscono le componenti di un tensore dop- io simmetrico e ciot, al variare della base, si trasformano secondo la legge 8.10) Yd = ALALY™ In conclusion — comunque si prefissi un riferimento ortonormale T, con in O —i sei parametri strutturali Y™, definiti da (8.4) in corrisponden- 2a degli asi di T,,caratterizzano un tensore doppio simmetrico che dicesi en- sore d’inerzia del sistema relativo al punto O e che verra indicato con ¥(O). Di ‘conseguenza, ai fini del calcolo di I, mediante la legge (8.2), & del tutto indiffe- rente la scelta della base poiché gli elementi d'inerzia (8.4) si trasformano secon- do la legge tensoriale (8.10), rendendo invariante Ia forma a secondo membro 4i (8.2), Cid consente di rappresentare Y mediante una qualunque delle sestuple ‘YM, YS, ... e di scrivere ad esempio, con abuso di notazione, Git chemi elememari della Mecanica.Grometria delle masse n @.1) en Ovviamente, il segno di eguaglianza sta a significare che il tensore con la matrice a secondo membro solzanto nella base specificat Come si vedra, la notazione matricile (8.11) & spesso di grande utilita; ad «sempio, rappresentando econ il vettore colonna delle sue component a, ed ese- guendo il prodotto matrciale(righe per colonne) di ¥ per e, si ottene un vettore ‘colonia che indicheremo con Ye, dato da identifica Ye, 6.12) yes¥ |a,| =| vq Yay Allora, é facile verificare che Pespressione cartesiana del prodotto scalare die ber il suo tasformato Ye coincide con la forma a secondo membro di (8.2), avendosi 8.13) Yotaay = Yes. 9. ELLISSOIDE D'INERZIA La legge (8.2) di variazione del momento di inerzia I, al variare della retta F nella stella So di centro © & suscettibile di un'espressi tela sil lun'espressiva rappresentazione Escluso il caso particolarissimo che i punti del sistema materiale siano tutti allineati su una retta di So, risulta sempre Lt) >0 vres,. Pertanto, se ¢ indica il versore della generica r di S,, & possibile considera- : | | / J ‘itis Ban me eam ee SS ee ee ee ie ie ne ee ee 2 7 _ 7 ] : 1 2 a | By 7 q fbn ee ak aes 3 6 SS BB 6S Se 6&2 ss eS 2% caPrToLot re sur due punti R ed RY shmmetrci rispetto ad O tali che 02) R-0=0-R) =I), (HORI = 10R'! = 14) siano (x, y, 2) le coordina- ido la (9.2) sugli assi di T,, Con riferimento alla terna T, introdotta al n te di R ed (ay, a, a3) le componenti di e, Proiet siha 0) wax, aay. yee, € sostituendo tali valori delle a, in (8.2), dopo aver diviso membro a, membro per I si ottiene 4 Ae + Lyttle 2 Igy — 2 ae — 2 aye = che, con le notazioni di (8.6) ¢ ponendo x versi nella forma se ¥ = Xpp 2 Nyy PUD anche Seri 0.3) Yn = 1 Tale equazione rappresenta una quadrica con centro di simmetria in O che, in base alle (9.2)-9.1), non pud avere alcun punto all'infinito. Di conseguenza, Ja superficie in esame — cche indicheremo con E, — tun ellissoide di centro 0 (fig. 7) che dicesi ellis. ‘soide dinerzia del sistema rispetto al punto prefissa- 100: La determinazione e- splicita delt’ellssoide d’i- nerzia risulta utile sia per Finterpretazione geometri- ca della legge (8.2), sia per- cché quando @ noto E, & possibile calcolare imme- ddiatamente il momento di inerziarispetto ad ogni ret ta della stella S,. Infati se R ed R’ sono le due in- tersezioni della retta r con Fig. 7 E,, da (9.2) si ha subito. Q Gi schon elemenar della Meccuncu, Geometra delle masse a 0.6) oR ii assi di simmetria a, ap a (ig. 7) edi piani di simmetria ay2y, 2,85, 2,4, ellelissoide B, si dieono ass! principalf d'inerzia e piani principali d'inerzia del sistema rispetto al punto O. Di conseguenza, | momenti ed i raggi di inerzia ri- spetto agli ass principali a,, ay, ay si dicono momenti e raggi principali d’iner- ia relativi ad O, ‘Al variare di O existono’ se? elissoidi di inerzia relativi ad un dato sistema ‘materiale; tra questi ha particolare importanza quello relativo al baricentro G, che dices ellisoide centrale d’inerzia Eq, Gli assi ed | piani di simmetria di E si dicono assie piani centrali d'inerzia ed i momenti rispetto ad essi vengono denominati momenti centrali d’inerzia. Si definisce terna principale d’inerzia relativa ad O ogni terna trirettangola con origine in O ed i cui assi siano assi principali d"inerzia relativi ad O. Si dice terna centrale d’inerzia ogni terna trirettangola con origine in G e costituita da assi centrali d'inerzia, Nel caso particolare, finoraescluso, che i punti del sistema materiale siano allineatituti su una stessa retta q uscente da O, la quadrica (9.4) si riduce ad lun cilindro rotondo intorno a tale retta q. Infatti, se assumiamo Masse z di T, coincidente con q, si ha x, = y, = 0. quindi da (7.5)-(7.12) si trae Ine dy = dy = 0, per cui la (9.4) si riduce a en weve, che, nello spazio, rappresenta appunto il cilindro rotondo di asse 2 € raggio 1,2, Peraltro, anche in tale caso, quando & noto il ilindro (9.7) & possibile cal- colare subito il momento d’inerzia rispetto ad ogni altra retta r uscente da O; ‘basta intersecare tale cilindro con r ed applicare ancora la (9.6). 9.1. Equazione canonica del’ellissoide dinerzia Se assumiamo Masse z della terna di riferimento T,, coincidente con I'asse principale di inerzia a, di E, (fig. 8), il piano xy deve risultare piano di simme- tria per i punti dellelissoide e ci PO 2) €B, = Pes 4 2) €B, 30 CAPITOL! L’appartenenza simultanea di P e P’ ad E, & possibile see solo se 'equa- zione (9.4) di E, manca dei termini lineari in 2, € cioé se e solo se si presenta nella forma ry Iv tiytt+it—2igyst. oe Deve risultare quindi 0%) Jy=0, Hy =O. ™ no yzel'asse x (oppure il piano xz ¢ l'asse y) sono principal d’inerzia rispet- to ad O see solo se 0.1) Jy = ty o (oppure J}; = Jy = imane cosi provata ~ la seguente we Proprieta 9.1. Affin- ché un prefissato riferi- ‘mento ortogonale T, = Fig. 8 ‘Oxyz costituisca wna terna principale d’inerzia rel tiva ad ©, occorre e basta che si annullino i tre prodotti dl inerzia associati ad essa: ean Jn dye dy = 0. Pertanto, quando 2 noto E,, conviene identificare T, con la terna prin pale di inerzia Oa,a,4, (Fig. 9) in modo da ridurre l"equazione (9.4) dellel soide dinerzia alla forma canonica 0.12) Ig? tight i=, caratterizzata dai soli momenti principall di ine (9.12) con lequazione canonica di un ellissoide yy Ip ye Confrontando ta ii schemielemenar della Mecconicu. Gomorra delle masse 3 x 2 ea eee si vede subito che le lunghezze a, b, ¢ dei semiassi dell’ellissoide di inerzia E., sono legate ai momenti principali di inerzia dalle relazioni 0.13) as ‘Queste relazioni mo- strano inoltre che sono ppossibilii tre casi seguentiz 1) 1 #1, # hzallo- ra B, un ellissoide a tre assi ed Oxy é la sola ter- na principale d’inerziare- lativa ad O. 2) Due dei tre mo- ‘menti principalicoincido- no; ad esempio 81, = I, #1(a=b#0. Intl caso E, un ellisoide ro- tondo ‘intorno all'asse z perché la sua sezione con Sl piano xy siriduce ad una. circonferenza, Esistono ‘quindi infiniti assiprincipali d’inerzia, tutti e soli individuati dall'ase 2 e dalle rette del piano xy passanti per O. Esistono altresl infinite terne principal d'iner- ia costituite da tutte le tern trrettangole di origine O aventi un asse coinciden- te-con 2. 3) 1, = 1 = Ly allora E, si riduce alla sfera eye teil, ‘etutte le rette dello spazio passanti per O risultano assi principali d'inerzi ‘te, ogni terna trirettangola di origine O @ principale di inerzia rispetto ad O. i nee nnd ing vara nie en i cr RN a et oe cg ntl aha inc eibomngubae eine bp aa scp cated non SB ee Se ee a 2 CAPITOLOL L’importanza delle terne principali di inerzia si evince dalle seguenti considerazioni. Quando si ha cura di identificare il riferimento T., = Oxyz con una terna, principale diinerzia relativa ad O, la matrice (8.11) — in base alle (9.11) — assu- me forma diggonale (Y** = 0) € la legge (8.2) di variazione di I, si riduce a = lol + Yad + La} 1¢ dei momenti di ineraia rispetto a tutte le rette mane caratterizzata Soltanto da tre costanti strutturali: | mo- enti principal di inerzia del sistema materiale, Pertanto, il calcolo dei momen- ti d'inerzia di una prefissata configurazione del sistema materiale rispetto alle rette di, richiede, in via preliminare, la ricerca di una terna principale d’iner- relativa al punto O. procedimenti utili a questa ricerca sono, naturalmente, Geometria per la determinazione degli assie piani di simmetria di una data qua- driea, Tuttavia, nelle applicazioni, la particolare struttura materiale dei sister permette spesso di semplificare tale ricerca, almeno nei casi caratterizzati da op- portune simmetr quelli suggeriti dalla 9.2. Proprieta strutturali utili alla ricerca di assi e piani principalt d’inerzia Accanto alla proprieta 9.1, & opportuno ricordare le seguenti altre, Proprleta 9.2. Fra tutte le retter della stella S,, quelle che rendono massi- ‘mo e minimo il vatore di 1, sono le rette principali cui appartengono, rispetti- vamente, V'asse minimo e Passe massimo di E.,. ‘Tale enunciato é conseguenza immediata della (9.6). Proprieth 9.3. Se esiste un piano x di simmetria per il sistema materiale, ellissoide d"inerzia relativo a ciascun punto O di x ammette x quale piano di simmetria e la normale a x in O risulta asse principale. Poiché G appartiene a x, tale proprieta sussiste anche per I'ellissoide centrale dinerzia Eg, Riferiamoci, ad esempio, al caso di un sistema discreto Sy ed assumiamo ‘x coineidente con il piano Oxy del riferimento, essendo O un punto arbitrario i r. Per ipotesi | punti di $y non appartenenti a x sono associabill in coppie (Py. my) (Pyy my) tall che Mm R= WA BAAS Be eR eS eS SS SS Gt schem elemewar della Meccanica Grometria delle masse 3 D’altra parte, i punti di Sy situati su x hanno la quota z nulla. Di conse- sguenza, risultano nulli i due prodotti d'inerzia x » O81) Jy = ima = 0, Jy = Tmyy =o, ¢Vequazione (9.4) si rduce alla 9.8). In base a quanto i dettoall'nizio del 1. 9.1, il piano risulta essere di simmetria peri punti dellellissoide E,(e per- cid piano principale) e 'asse z — normale a x in O — individua un asse di E,, L’appartenenza di Ga + (cfr. proprietA b del n, 2.1) prova inolire che x é anche piano centrale d'inerzia e che la retta normale ad esso in G costtuisce un asse ‘centrale, Proprieta 9.4, Se il sistema materiale ammette due plani ortogonali di sim- ‘metria, x, € x,, {a loro retta intersezione p ® asse principale rispetto ad ogni suo unto O e risulta quindi asse centrale d'inerzia. Inoltre, ta terna trirettangola costituita da pe dalle normali a x, ex, in O individua una terna principale re- lativa ad O. Infaut, basta osservare che per la proprieta precedente ciascuno del due pian oy & plano principale @ineria per ogni punto O dela loro intrsezion ‘opportune rilevare che quando x, € x, non sono tra loro ortogonali, 'el- lissoide d’inerzia E, relativo a ciascun punto O della loro intersezione p & ne- ‘essarlamente rofondo intorno a p. Infatti, le normali ax, ¢ x, in O risultano assi principali non perpendicolari ta loro. * 9.3, Sistemi piani Vediamo come si specilizzano alcuni de risultati precedenti quando tut { punti del sistema materiale appartengono ad uno stesso piano (sistema piano S,). £ questo un caso di particolare interesse per le applicazioni. La proprieta 9.3 implica subito che Proprieta 9.5. La normale al piano x di appartenenza di S, in un suo qua- lunque punto © 2 uno degli assi principall d’inerzia relativi ad O. Inoltre x iano centrale d’inerzia. In maniera analoga alla dimostrazione della proprietA 9.3 & poi possibile rovare che Proprietd 9.6. Ogni asse di simmetria di un sistema piano & asse principale d'inerzia per clascuno dei suoi punti e quindi ® anche asse centrale d’inerdia when ves ee ats mccain M caPiTOLo! Dalla formula (7.14), si ha . Proprieta 9.7. Per ogni sistema piano S,, comungue si scelgano su * due copie di assi orotognali Oxy ed Oty aventi la stessa origine O, risulta 9.16) h+heh+l, tale valore comune esprime il momento di inerca dS, rispetto alla retia 2 nor- male a x in O. Si prefiss su x un qualunque punto O e si consideri una coppia di assiorto- ‘gonali Oxy, che siano principali di inerziarispetto ad O. Se r é una arbitraria fetta di x passante per ©, denotiamo con (ay, a3) i suoi coseni drettori, La (9.14) si riduceallora a on = hat + hed dove I, ed I, sono i momenti principali di inerzia di S,. La (9.17) esprime la leg- se di variazione del momento d’inerzia di un sistema piano al variare della retta r nel fascio di rette di x avente centro in O. Come si evince da (9.12), la sezione dellellissoide d’inerzia E, relativo ad © con il piano 2 = 0 del sistema ¢ Pellisse 0.18) let iyeed, nota col nome di ellisse di Poinsot relativa al punto O. L’analisi delle proprietA dei momenti di inerzia di un sistema piano rispetto a rette del piano & oggetto di un esteso capitolo, i cui sviluppi presentano parti- colare interesse per le applicazioni. 10, MOMENTI D'INERZIA RISPETTO AD ASSI PARALLELI IL TEOREMA DI HUYGENS Dopo aver esaminato come varia il momento di inerzia I, di un sistema ma- ale al variare della retta nella stella S, (nn. 8 € 9), passiamo ora a stabilire la legge di variazione di J, quando asse r cambia di posizione ma non in direzione. ‘A.tale scopo dimos smo il seguente = oo oe ii schent elemenar della Meewaiea. rometria delle masie 35 ‘Teorema di Huygens. 1/ momento d’inerzia di og is ; inertia metre sere ocontnua) ripest adn dat rates ageless rae d'inerzia dello stesso sistema rispetto alla retia baricentrale r, parallela ad t e mere ca ae totale del sistema per il quadrato della distanza & tra rater ee Ck (10.1) = 1, + me, Dim, - Consideriamo, ad esempio, il caso di un sistema discreto Sy ed in- o. = om os oe ee ae oe = 36 caPiToLo! Siano (%4, yys %) le coordinate in To del generico punto P, di Sy ¢ si chi con 6, la distanza di P, da r. Con tali notazioni il punto P{ — proieione iP, su t — avra coordinkte (0, 5, 2) € potremo scrivere kad, = IPP = xP + — OF Di conseguenza, sostituendo tale espressione di 8; nella definizione (7.1) 1, si trae (10.2) SK moy + 9p +? Em —298, mx. Basta ora tener presente la definizione (2.1) di massa totale di Sy, Vespressione (7.5), di I, e la definizione (6.1) di momento statico rispetto ad un piano, per serivere la (10.2) nella forma 0.3) + mit — 28M, in cui M,, rappresenta il momento statico di Sy rispetto al piano xz ¢ si #indi- cato I, con L, perché z = ry. Ma, applicando la regota dei moment static (6.5), 2 facile ver (10.8) My = myg = 0 perché I'asse y passa peril baricentro, Pertanto, dalle (10.3)-(10.4) segue subito lat 1 teorema di Huygens rende evidenti le seguenti osservazioni, ) Fra tutte le rette aventi una stessa direzione, l'asse baricentrale mini- mizza il momento di inerzia, ; Tnfatti, essendo il termine m8? strettamente positivo per ogni retta r non ba~~ ricentrale, risulta sempre 1, > 1,,. by Anche per i girarori (n. 7) sussste una formula del tipo (10.1). Seq € 0, indicano i regal di inerziarispetto ad r ed r,, dalla definizione (1.4) di piratore e dalle (10.1) segue subito 20.5) eats. BS ee SS ee es Gi schemi element dela Mecca. Qrumetra dele masse 7 ©) Escluso il caso porticolare che tutti i punti di Sy (0) siano allineati uf, il momento di inerzia l, del sistema 2 sempre magsiore di quello che com- ete alla massa totale applicata nel baricentro. Infatti, potché 1,, > 0, risulta 1, > mé? e quindi per i moment! d'inerzia znon vale una regola analoga a quella dei momenti statici(n. 6); prodotto mi? rappresenta solo un'approssimazione per difetto di I. In definitiva, il teorema di Huygens consente di calcolare il momento di inerzia “di un dato sistema materiale S, (0 ) rispetto a tute le retter aventi una comu- ne direzione prefissata, non appena siano noti i seguenti elementi del sistema: a massa totale m, il baricentro G ed il momento di inerzia rispetto ad una qua- Jungue retta r’ parallela ad r, non necessarlamente baricentrate. Infatti, se 8° indica la distanza di r’ da r,, la (10.1) implica = 1, + ma? € quindi, per differenza, si trae (10.6) , + m— 57) ve Br. E questa, appunto, la legge con cul varia I, rispetto ad assi parallel. 11, MOMENT! D'INERZIA RISPETTO A RETTE QUALSIAS! Siamo ora in grado di detérminare 1a legge di variazione del momento di inerzia 1, di un dato sistema rispetto ad una retta r che varia in maniera arbi- traria. Invero, basta applicare successivamente le due leggi di variazione esami- nate al n. 8 (rispetio ad assi concorrenti) ed al n. 10 (rispetto ad assi parallel) per risolvere la questione nei termini seguenti. Si indichi con Gx,y,z, una terna centrale d’inerziae si calcotino i momenti centrali del sistema: 1,, fys Igy. In virtis dela proprietA 9.1 i prodotti d’inerzia relativi a Gx,y,2q sono tui null, per cui — in tale riferimento — i tensore d'i- nerzia relative al baricentro & rappresentato dalla matrice diagonale ° ° any y4a) = | 0 1 ° J a Tho | tt 38 CAPITOL! che abbiamo indicato con il simbolo Y, per ricordare che la rappresentazione (11.1) del tensore ¥ é riferita proprio agli assi di simmetria dell’ellissoide, Co- munque yendentemente dalla particolare matrice (diagonale o non) che lo rappresenta — il tensore d’inerzia relativo al baricentro dicesi fensore centra- de d'inerzia, Premesso cid, sia r la generica retta dello spazio individuata dai suoi coseni irettori (ay, er, a) rispetto alla terna centrale Gx,y,2, ¢ sia r, la retta baricen- trale parallela ad r, Applicando la (9.14) ad r, a1) 1, = Aah + Wad + 1,0} fe quindi dal teorema di Huygens si deduce a) 1, = Lot + Lod + Lod + mo, essendo 8 la distanza tra r, ed r. Fig La (11.3) rappresenta la legge richiesta, Essa consente di caratterizzare la distribuzione dei momenti d'inerzia rispetto a tute le rette dello spazio non ap- pena siano noti i seguenti elementi: la posizione del baricentro, la massa totale del sistema ed i tre momenti centrali d'inerzia. ‘Nell'ambito della rappresentazione geometrica, per determinare 1, basta uindi intersecare I'ellissoide centrale Eq con la retta r, baricentrale parallela ad + (Fig. 11) e misurare la distanza IGRI del baricentro da uno qualunque dei due nae wwe Ss S&S & ii chem clementar della Mecconca. Gamera dele masse x» punti intersezione R ed R’. In base alla (9.6) si ha allora |,, = 1/1GRI? € la (11.3) equivale a a) 12, LEGGE DI VARIAZIONE DEL TENSORE D'INERZIA Vogliamo ora stabilire una relazione che esse tra il tensor d'nerzia Y(G) relativo al baricentro ed il tensore ¥(O) relativo ad un polo O dello spazio arbi- trariamente prefissato. Come si vedra, questa relazione ¢ spesso di grande utilita nelle applicazio ‘tale scopo si considerino due terne triretangole T, = Onyz ¢ To = venti gli assi paralleli e concordi ¢ le origini in O e G, II tensore ¥(O) cui element fy Uy as Sas Jy Sas niti mediante le (7.5), (7.12) oppure le (7.6), (7-13), secondo che dlisereto 0 continuo, Il tensore ¥(G) ¢invece rappresentato — nel a2.) ‘lementi denotano i momenti di inerziarispetto ad x’, y’, 2’ ed i prodotti i inerzia associati a Tg. ichiamo con (Xgy You 2c) le coordinate del baricentro in Ty, le rela- 2ioni tra i momentid"inerzia rspetto agli asi delle due terne sono subito indi uate dal teorema di Huygens: (12.2) hy = tye + mg + 2B + mug +2), 02.27) + ms + ¥D- es es C3 fo Ee oe Bo Ee es ae ect vorie en, 4 ‘ 7 ideas aesbtcicon iit bisa 40 cCAPITOLOL Restano quindi da determinare le relazioni tra i prodotti d’inerzia. Riferiamoci, ad esempio, al caso di un sistema discreto Sy = {(P,, mJy ¢ denotiamo con (X» Y4s 2)» (is Yee 24) le coordinate di P, in T, € To. Poiché fli assi delle due terne sono parallel, le formule di trasformazione delle coordi- nate (eft. Cap. 1, n. 16) si riducono @ (12.3) = Xe + Me Ye = Yo + Mie RaW the Sostituiamo tali formule nelle espressioni (7-12) delle Jy, tenendo presente che, per definizione, i prodotti Jj, relativi a T sono dati da cay = Remedi Rmaiee ts = Ee mot eche ye (12.5) may = By my = By mz perché tai somme rappresentano i moment satici di Sy rispetto ai piani y'2", W’2', x'y' che passano tutti peril baricentro (ef. n. 6). Si ottengono cos le formule 12.6) Jy = Sh + MYO Jy = Ns + MMF Sy = Ib + Mater jano la relazione cercata tra Y(O) ed ¥(G). Se cche insieme alle (12.2) indi poniamo wre Ko¥o, Kote 2.7) ¥l0) = m | —Xo¥e +R ~Yoto . a+ tote Yoko B+) a le (12.2), (12.6) si possono sintetizzare al seguente modo (12.8) YO) = ¥(G) + ¥o(O) - B opportuno osservare che la (12.7) costtuise la rappresentazione in T, del tensore di inerza (relativo ad 0) che compete al baricentro se in ess si intence concentraia la massa totale del sistema, ii sche elomenart dela Meccaicu. Geren delle masse 4 La relazione (12.8) esaurisce la questione proposta ed & nota come teorema di Huygens-Koenig 0 legge di variazione del tensore dinerzia al variare del polo. Esaminiamo ora alcune conseguenze della (12.8), Proprietd 12.1. Se uno qualunque degli assi della terna T, = Oxyz 2 bari- centrale, si ha (2.9 Jas Sie da Si e cio’ i prodotti d’inerzia relativi a T, coincidono con quelli che competono al- la terna baricentrale Ta avente gli assi parallel a quelli di T,. Infatti, sad esempio I'asse z contiene G si avrd xq = Ye = Oe le (12.6) si riducono alle (12.9). Analogamente se G appartiene all’asse x 0 y. Finora si é dapprima fissata arbitrariamente la terna T,, con lorigine in un punto qualungue O e si é poi considerata la terna baricentrale T, = Gx'y'2’ avente gli assi parallel a quelli di T,, Quindi, non & deito che tale terna Ty sia centrale d'inerzia e cioé che gli assi Baricentralix’, y’, 2” coincidano con quelli di simmetria di Eg. Invertiamo ora i termini della questione, idemificando a priori la terna Gx"y'2" con una ferna centrale dinerza prefissata ed esaminando le conseguenze di taliipotesi sulle proprieta di ogni terna T, = Oxyz che sia scelta con gli assi paralleli a quelli di To ¢ Vorigine in un punto arbitrario, In accordo con 1a proprieta 9.1, Vipotest che Ty sia centrale ir (02.10) Ja = Ji 0 per cui, se © appartiene ad uno degli assi centrali di T, da (12.9)-12.10) segue che a2) Jn = Jy = Jy =0 se ali assi di e-ciod la terna T, & principale d’inerzia rispetto ad O. Vicever sultano vere le TT, sono principali per © e paralleli agli assi centrali di Tg, (72.11) e quindi da (12.10) ¢ (12.6) si trae Xo =% Xe = 0 Yaka = O- ‘Tali retazioni dimostrano lappartenenza di G ad uno degli assi x,y,z di cid implica anche quella di O ad uno degli ass centrali di Tz, Risulta cost mostrata la seguente eabbuisegebeeiiotes abla ea epnbiecobiah q 7 4 | ] a So 2 caPrTOLo! Una terna trirettangola T, = Oxy2 i cui assisiano paralleli ‘a quelli di una terna centrale Tq = Gx'y’2" risulta principale d’inerzia rispetto ‘ad O se e sola se O appartiene ad uno degli assi centrali x’, y', 2". Quindi, ogni ‘asse centrale d’inerzia & principale rispetto a ciascuno dei suoi punti. In altri termini, sutt esol! puntl © dello spazio le cui direzioni principal coincidono con quelle di E, sono i punti degli asi central dinerzia. Di conse- fguenza, quando & noto l'lissoide centrale E,,risulta aliresi nota, in base alla Tegge (12.8), equazione (9.4) dellellissoide d'nerzia E, relativo ad un qualun- ‘que punto 6 dello spazio; ma tale equazione — essendo riferita agli assi di T, evra forma eanonica solo nei casi particolari prevsti dalla proprieta 12. Un'altra facile conseguenza di queste considerazioni ¢ la Proprieth 12.3. Se Pellissoide centrale d’inerzia Eq 2 rotondo intorno ad ‘uno dei suoi assi di simmetria a, risulta altresi rotondo intorno allo stesso asse Vellissoide d’inerzia relativo a clascun punto © di a,. Liellissoide centrale Eg sia, ad esempio, rotondo intorno all'asse a, = 2’. Esistono allora (n. 9.1) infinite terne central, tutte ¢ sole costituite dalle terne trirettangole con origine in G ed aventi un asse coincidente con 2’. Dalla pro- prietd 12.2 segue allora che, comunque si fissi un punto O di 2’, tutte le terne trirettangole T,, con origine in O ed assi paralleli a quelli centralirisultano prin- cipali rispetto ad O e cid dimostra che E, & rotondo intorno a z = 2" 13, AUTOVALORI ED AUTOVETTORI DEL TENSORE D'INERZIA 11 caleolo dei momenti d'inerzia rispetto a punti o rette arbitrarie & deter nato dalla conoscenza del tensore d’inerzia relativo al baricentro ¥(G), oppure del tensore Y(O) relative a punti © opportunamente prefiss ‘Al fine di semplificare la rappresentazione di questi tensori occorre, in via preliminare, ricercare gli assi centrali d'inerzia oppure una terna principale rela~ tiva ad ©. Nell’ambito dei sistemi caratterizzati da elementi di simmet ricerca éfacilitata dall'applicazione delle proprieta stabilite nei paragrafi 9 ¢ 12. Nei casi pit complessi bisogna invece ricorrere ai metodi dell’ Algebra lines- re per ridurre la matrice d’inerzia (8.11) (relativa ad O 0 G) a forma diagonale. Com’e noto, cid si consegue determinando i mattice (0 del tensore) assegnata, Risulta percid opportuno richiamare in breve questo procedimento, riferendoct direttamente al caso della matrice d’inerzia. Gi sehen elewenur dele Meccanice. Geomcra dele masse a 13.1. Cenni sugli autovalori ed autovettori di un tensore _Lesole definizioni e proprieta che riguardano la questione in esame ed altre applicazioni successive sono: Definizione 13.1. Si definisce autovertore del ensore doppio euclideo ¥ ogni vettore non nullo w che risulta parallelo al suo trasformato Yu, ovvero tale che a3.) Yu =u. Lo scalare } peril quale la (13.1) ammette almeno una soluzione u si chia- ‘ma autovalore del tensore ¥ ed u dices! autovettore associata'a b. In Algebra si dimostrano le seguenti proprietd dei tensori doppi simmetrici. Proprieta 13.1. Jn uno spazio euclideo, per ogni tensore doppio simmetri- 0 Y, esiste almeno una base ortonormale costituita da autovettori di Y. Proprieth 13.2. In uno spazio euclideo gli autovalor! di un tensore doppio ssimmetrico sono tutti real. Proprieta 13.3. Gli autovertori di un tensore doppio simmetrico associati ‘ad autovalori distinsi sono ortogonati. Ricordiamo poi che un tensore doppio simmetrico Y si dice definito positi, vo se, qualungue sia il vettore v, (13.2) YWev20, con il segno di eguaglianza valido quando e solo quando v = la Proprieta 13.4. Un tensore doppio simmetrico @ definito positivo se e solo ‘$e tuttlj suoi autovalori sono positivi. 13.2. Ricerca deg assi principali d’inerzia relativi ad O ‘Sia O il punto dello spazio rispetto al quale si vuole costruire una terna prin- cipale di inerzia, che indicheremo sistematicamente con T, = {O, uw}. Fra tut ‘riferimenti ortonormali aventi origine in O, gli assi principall sono caratteriz- Saw e ewe eS SS Ss a Se & & & &S = 4 caPiToLo1 Gi shea element della Meccanico. Grametia delle masse 45 zati dalla condizione (13.1). Infatti ricordando la definizione (8.12) del vettore Ye, é facile osservare che ‘Gli assi della base ortonormale T, = {O, wy} sono principal d’inerzia r- spetio ad O se e solo se esistono tre scalri b, Ys tall che 3.2) Ya, = 0 k= 1239. Inoltre, gli scalari \, (autovalori di Y) coincidono con i momenti principali a'inerzian. Basta applicare la (8.12) ai versori uy per avere (3.4) Yo, = Yu, + Yu + Yu, «#129 «tale relazione mostra che YM (= — Jy, per h # k) coincide con la compo- nente h™ in T, del vettore Yu,, cioé 03.) Yee Yasui k = 123. Di conseguenza (cfr. Propr. 9.1), T, principale per O se ¢ solo se (36 dye Y= Yu a = 0 vhek cid rsulta possibile quando e solo quando i vttori Yu, (k = 1, 2,3) sono pa- ralleli ai vettori u,, come impone la (13.3). Infine, dalla (13.5) (con h = k) € da (13.3) si trae (3) Hey ye A ke ele del riferimento (cfr. La ricerea delle direzioni e dei momenti principali per O si riduce quindi alla determinazione dei vettori wnon nulli che risultano soluzioni dell’equazione (13.1), ¢ cioé al calcolo degli autovettori del tensore d’inerzia ¥. ‘La (13.1) & una relazione vettoriale e percid non dipende dal riferimento; ud essere quindi proiettata sugli assi di una base ortonormale nota T, = {0, ej), comungue prefissata, Se indichiamo con (Uy, U3.) le componenti di u in tale base ed assumiamo che la rappresentazione di ¥ in T; sia costituita dalla rmatrice (8.11), da (8.12}-(13.1) si ricava ig, = Mae. mponenti Y¥* individuano proprio i momenti di inerzia rispetto agli assi 4). le cui proiezioni sugli assi di T; fanno 3.8) wy =0 GG =129. E questo un sistema lineare omogeneo di tre equazioni nelle tre incognite ‘componenti u, dell’autovettore u. La condizione necessaria e sufficiente affi ché tale sistema ammetta soluzioni non nulle & che la matrice dei coefficienti Yuon ye yo 3.9) yu ymay ye yn ya yao) ingolare, ¢ cio’ risulti (13.10) det 1YS — NaH = 0, Com’é noto, la (13.9) dicesi matrice secolare la (13.10) equazione caratte- ristica di Y; ordinando il polinomio a primo membro di (13.10) secondo le po- tenze di d, si ottiene 3.) PO) = N+ AR + ANE AS =O, che rappresenta un'equazione algebrica di terzo grado le cui radici, individua- ‘no tutte solt gli autovalori del tensore di inerza, Osserviamo ora che ¥ én tensore doppio simmetrico,definito positive (cfr. (8.13)); le proprieta enunciate al n. 13.1 consentono allora di affermare che i suoj autovalori sono tutti reall e pasitivi. Cid, d’altra parte, ¢ immediata conse- ‘uenza del fatto che gli autovaloriX, di ¥ coincidono con'i momenti d'inerzia (cfr. (13.7). ‘Dopo aver determinato le soluzioni hy delle (13.11), gli autovetiori wad esse associat si calcolano risolvendo il sistema (13.8) in corrispondenza di ciascun autovalore. Pertanto, sono possibli i tre casi seguenti. 1) d, x hy x dye il rango della matrice secolare & 2 e per clascuno dei tre autovalori esistono oo! soluzioni, tutte e sole espresse in termini di un fat- tore arbitrario ¢ ciot date da 03.12) B= (Uy Uy U) (12s C32 62) » == eee es eS ee 4 a 7 | / 2 ‘ was a 46 CAPITOLO! con ¢,costanti determinate ¢ z arbitraria. Tra questi infiniti autovettori ne esi- Ste uno ed uno solo di modulo unitario: quello corrispondente al valore z=-@+a+q. ‘Applicando queste considerazioni a ciascuno dei tre autovalori ,, si indi ‘viduano tre (e solo tre) aurovettori unitariw, i quali — in virta dela propr. 13.3, vrsultane ortogonali a due a due. In.questo caso esiste dunque una sola base fontonormale di direzioni principali per © (ellissoide E, a tre assi. 2) dy = dy # Dyt il rango della matrice secolare & 1 per sli autovatori by = dys mentre & 3 per Ay. In corrispondenza did, =; esistono eo? soluzioni, tutte e sole del tipo (3.13) 2. 2 62) + GED» con ¢,costanti determinate e ,(i = 1, 2) variabili ad arbitrio, Tali autovettori risultano tutti ortogonali agli autovettori associati a, che sono invece del tipo (13.12), Tra essié quindi possibile scegliere in infiniti modi una coppia di auto ‘ettori unitari ortogonali. In questo caso esistono dunque infinite basi ortonor- mali di direzioni principali per © (elissoide E, rotondo intorno all’autovettore associato a) 3) dy = dy = Ay il rango della matrice & zero per ognuno degli autova- lori e quindi tutte le terne arbitrarie (U), U,, u,) sono soluzioni di (13.8), Ogni vettore dello spazio risulta autovettore di ¥ e qualunque base ortonormale ¢ pri cipale per O (Pellissoide E, é una sfera). = In definitiva, per individuare una terna principale rispetto ad un qualunque punto O dello spazio, basta determinare le tre soluzioni b, (sempre reali po ‘ve dell’equazione caratteristica (13.10) e calcolare — in corrispondenza di cis ‘scuna di esse — le soluzioni del sistema’(13.8), avendo cura di scegliere tra que- ste tre autovettori unitari w, che costituiscano una terna trirettangola (0, 1 T momenti principali sono direttamente individuati dagli autovalori hy. Infine, osservando che la (13.3) si pud serivere Yo = yu = Maly k= 29, possiamo concludere che la matrice rappresentativa del tensore d’inerzia Y in tuna base ortonormale di autovettori é diagonale, avendosi Gi sche elemenr dll Meccania. Geomeria delle mae a (3.1) Y= DAK = | 0 m0 ° §.3- APPLICAZIONI 14, LTENSORI D'INERZIA DI ALCUNE FIGURE ELEMENTARI ‘Come si vedra, il calcolo dei moment i inerzia di numero sistem pi o me ‘no complessi pud ricondursispesso a quello di figure elementari, Risulta percid op- portuno calcolare, una volta per tutte, i tensori d’inerzia de sistemi omogenei pid ‘comuni. In proposito premettiamo le seguenti osservazioni, utili alle ‘pplicazioni ‘che verranno esaminate in questo paragrafo ed allo svolgimento di eserczi(n. 15). 4) In via preliminare occorre ricercare gli assi central d’inerzia Gx,y,2, 6 tere principal relative a particolari punti O deta struttura in esame (a. 13). Successivamente si ealcolano, mediante gli integral (7.6), i momenti central (o principali per 0). ) La legge (12.8) di variazione del tensore di inerzia al variare de polo permette di caleolare uno dei due tensori ¥(G) ed Y(O) appens sia noto 'atro. Di solitorisuta pid agevoe il calcolo di ¥(G) a causa delle mumerose proprietd simmetria che earatterizzano gli clement baricentrali. A volte per, sceglien- do opportunamente O, pud riuscire pit facile determinare dapprima Y(O) € poi Y(G) (ef. Iesempio 14.7 e li esercizk 15.8 - 15.12). Quando sono noti questi tensor possibile caleolare i moment inerzia rspetto a tutte le rete delle stel- le di centro © © G mediante la (9.14). - ) Risulta spesso utile decomporre il sistema in un numero finito di pat ddisgiunte dele quali si sappiano gid calcolare i vari momenti di inerza, A tale scopo sussist la seguente proprieta, immediata conseguenze dell’ additivta de- la funzione di insieme che definisce Proprietd distributiva: 1! momento d'inerzia che compete ad un sistema sud- diviso in parti disgiunte 2 uguale alla somma dei moment dinerzia delle singole parti. Be we Se a ee Ss ss es = 22 2 62 6 =o = ee mm oe es ee oo ‘s schon clement dla Mesconica, Grama dle ase 4) Questa proprieta implica ovviamente che se una configurazione ¢, del sistema si pud riguardare come la differenza di due sistemi ,4,(6, C 6) di cui si conoscono i momenti d'inerzia, allora si ha aan |, wae, = fae — ‘Tale formula riesce utile nel caso di sistemi che presentano cavita, fori, ete. ©) Seil sistema & omogeneo, deto 7 il valore costante della densité, siha (14.2) =i | eee cd il raggio d°inerzia g rispetto ad r risulta espresso'da 1 e-se f, aya, venendo cosi a dipendere esclusivamente dalla geometria del corpo #. Per que- sto motivo, come per i baricentri, ci si riferisce di solito ai momenti d’inerzia delle sole figure, alle quali viene spesso assegnata densita unitaria, 1) Quando (6, x) non & omogeneo, ma costituito di parti omogenee con densita diverse, nelle ipotesi di generale continuit& della funzione win, si appli- ca la seguente conseguenza della proprieta distributiva. Siano (, my). (> 4) due corpi omogenti con densita w, x ny ed insiemi #, e #, tra loro disgiunti. Posto # =, U tsi voglia determinare il momento d"inerzia I dell’intero si- ‘tema non omogeneo # nellipotesi che si conoscano i momenti I, ed 1, delle fi- ‘gure omogenee (4, 1) € @, 1), ma non il momento I, di, Dalla proprieta di- iva, tenendo presente anche la (14.1), si trae allora, LenS Pa el Par = =m [Bae + Ga — a) | Bde, = a + — mh Per py = Osi ritrova la (14.1) (con p costante), ¢ ciod il momento che com- pete ad un sistema omogeno # dal quale sia stata asportata la parte #>. _8) Nel caso de sistem pianiS,, x rsulta plano centrale ’inerza e quing! verra identificato sistematicamente con il piano x,y, della terna centrale d'iner- ia Gx,y,2,, Inotre, in tut gli esempi che esamineremo, con T, = Oxye si in- dicherd Ia terna trrettangola con Vorigine in un punto O di x e gli assi paalleli conseguenza, le coordinate del baricentro in T, sono (tg, ‘essendo Jz Jy { prodotti d'inerzia di S, relativi a T,. 14.1. Rettangolo omogeneo di lati 2a e 2b ___Siano 2a ¢ 2b le misure dei lati e il valore costante della densita. Le me- diane sono rette di simmetria e percid assi centrali d’inerzia x,, y,; Passe 2, & centrale d’inerzia e si ha (cfr. (9.16)) i Dalla definizione (7.6), essendo 68 Oy yi —asxsa—bsy, 5b} ed osservando che M@*) = 4 jab, si deduce 30 cAPrTOLO! = SL a fay = (4/5) ab? = (1) Me =F . dy ft eae = (4/3) fa = (1/3) Mat. Di conseguenza, si ha 14.) 1, = 1/3) M@ +b») ed | valori dei raggi centrali d'inerzia sono (14.6) ep = DNS. = ANT, ay, = UNS) (a? + bY. Se © é un punto qualunque del piano ¢ T, = Oxyz é la terna con ori in O ed assi paralleli ad x,, Yq, 2, indichiamo Con (Xo, Yor 0) le coordinate del baricentro in T,. Ricordando la (12.8), il tensore ¥(O) & quindi rappresentato in T, da Wht bY Hee ° YO=EM) Ke +8 o ° ° Bem ern], ‘Ad gsempio, scegliendo © coincidente con un vertice del rettangolo (Fig. momenti d'inerzia rispetto ai lati x ed y sono dati da 12), 1 = G3) Mb, 1, = 4/3) Mab poiché xe = a, yo = b. B facile infine verficare che il momento rispeto alla iagonale d uscente da 2 at Maye Gi schemi lemenar della Meccunen. Gomera delle masse st 14.2. Disco circolare omogeneo di raggio R Uaricentro G coincide con il centro del disco e quindl ogni dlametro 8 asse 4i simmetria. L'ellssoide centrale Eq @ percid rotondo intorno all'asse z, nor- male a x in G ed ogni terna tirettangola Gx,y.2, & cen- trae di inezia, Di conseguen- iy by per cul il tenéore dineraia re- lativo a G rimane individua- to dal calcolo del solo inte- ° Be atale che definise 1, 4.7) 1, = # | G+ yee. ‘Se Pil punto variabile in¥ € (g, 8) sono le coordi- nate polari, si ha Fig. 13 @ cos 3 los Yo) =e. ‘He, BD Yo = g send per cui si trasforma nel rettangolo (@, 8) € [0, R} x [0, 2xf del piano 9 ¢ si ottiene a (48), = ST ede [a0 = 172 eRe = (1/2) MRE 04.9) I = Le =(I/4)MR, gy, = Oy, =(1/2)R, a, = RVG. ___ Se, ad esempio, si fa coincidere O con una delle intersezioni di x, con la iconFrena, aterm Ony sua principale ner spe ad (opi .2) ed si ha Eau eR es SF eS See eae Se eS & & as g ie = Gg [3 GS GES G8 cc Beem e ee eS Sw ewe ee ee ee ee Be 2 cama! Gi schm lemerteri della Meccanica.Geometria dele marae 33 eo 14.3. Ellisse omogenea di semiassi ae b eee eee / « pode + Yo dellellisse sono centrali d’inerzia perché assi di simmetria, 0 0 6R Fig. 14 Fig. 14° ene Nel caso di un semidisco circolare ‘omogeneo (Fig. 14), ricordiamo (es. b” arEOUTAA - “Z's ‘O1/AaW C= ern 08 ot o G+ ANS = He +O wo 0, . 1+ NE Te + AO o 9—|— =n uu {809 wy IS “(G°Z1) BL stuIpaU! (O)A wEIOU,P 31 ° ot -osuat fap ezuaosoucs &| ways eisinboe wo (Q)K IP auOrzeUTUIIp B| fn9 9d eon ayo 9 0 = 9 ays azeoutian auoey g o 0 0 org ‘Jo oa 0 | ow = OPA a0 a 1 (L-Z1) uw onuyap (0)PA s108u21 1} ouoDNpH (OL'pI) 27 “orBuINU consonb ip orate (q 880, ou orestzaxd 91s o1uenb |p ofduos9 un orsonb 3 “Guz + AO OW) = T= fi . spun 2 ‘ ate ee = apc2 — we? = te AWN OL/D = PPE? — Wf EE = ame Je wos ‘eandy wy oveoypuy onwausyay jou eyzsou,p apeszuan 2108 Pane 03) pp auopreuasaiddes oy areurunoreg “us wsseu 97 ¥zz24uny 1p o2U 1+ 1D = aren -fowo ojauifos un woo arejoBuetias suoras wunase}9jussosdde 1 9 61 °3y uy ovexput p08 o ouagyo UN Ip OURIE BUIDYDS Of HOPISUOD IS = “~L'SE sonpop # (UTD Bp “| = "1 IO « ‘Ra PF BUD PSE HP ONDA THD Toray % 2 oS ee Es oo cAPITOLO! 15.4. ~ Determinare il tensore centrale di inerzia della sezione piana i putrella ‘omogenea indicata in fig. 20. Fig. 20 Sia Gx,yczp il riferimento della figura, con I'asse z, normale al piano 'G. Bonendo la densita costante 7 = 1, verificare che ee , aire 15.5. = Il sistema @ sia costituito da un disco circolare omogeneo #, di raggio Re centro O e da un segmento retilineo omogenco #, = OA perpen- icolare in © al piano di, di lunghezza 2 ¢ ed avente la stessa massa M dif, Verificare che Iellissoide centrale d'inerzia di # é rotondo in- torno alla retta di OA e si riduce ad una sfera quando il rapporto ¢/R coincide con V3/10, Se G,@ il baricentro dif (i = 1, 2) siha G— G, = (G, — G,)/2. Det- ta Gx,y,z, una terna centrale d'inerzia di (Fig. 21) e posto per brevité~ a= RY + 50/6 verificare che il ensore centrale d’inerzia & rappresentato dalla matrice yaQemM}]o a 0 : 00 RAL ay Git schem lementar della Mecconica, Grometria delle masse 61 Fig. 21 15.6, « Verificare che I'equazione canonica dell'ellissoide di inerzia di una sfera ‘omogenea di massa M e raggio R rispetto ad un punto Q della sua su- perficie & data da Tot + y¥) + 22 = S/MR?. 15.7. + Un comune pendolo da orologio a muro é schematizzato da un’asta AB cdi massa m ¢ lunghezza ¢ resa solidale ne! é unto B ad un disco di centro O, massa ‘Me raggio R (Fig. 22). Verificare che il ‘momento d'inerzia rispetto alla retta r oi normale al piano nel punto A di sospen- sione & dato da I, = mO/3 + M/2 [Rt + 0+ RFI. ER eR ee eS & eo caPiToLo! 15.8. « Si consideri Meccentrico circolare omogeneo , della fig. 23, ottenuto Aasportando da un disco circolare omogeneo # di centro A ¢ ragsio Ry tuna parte circolare @, di centro B e raggio Ry < Rg. Determinare: 1) il baricentro G, ¢ la terna centrale di 6); 2) Ia terna principale di @, relativa al punto A; 43) il tensore d'inerzia di @, relativo ad A; 4) il tensore centrale di inerzia di @. me 15.9. - Fig. 23 Essendo Me RA Me) Me) RR— RR Me, ‘ 2 facile verificare che as.) GA (A—B). as fo Go oa Gli schem elementar della Meccanica. Geomeria delle masse 8 Inoltre si osservi che il tensore d’inerzia di @, relativo al punto A si de- termina pit facilmente del tensore centrale d'inerzia Y(G) (cfr. Oss. b ‘del n. 14). Conviene quindi calcolare dapprima Y(A) e dedurre poi ¥(G) mediante la (12.8). Con riferimento agli assi Axy principali per A (fis. 23) e ponendo 1ABI = d, & facile verficare che il tensore Y(A) di 2 definito da Mey RLERE OR t= MEP ae Rp, t= Mey (BG ae eda l, = 1, + Ly I tensore centrale di 2 ke 1, = —M@pIAGP, I = — MMIAGH. In particolare, quando d = 0 (ciot A = B) si ha il caso della corona circolare. Da (15.1) si trae G, = A ed i momenti centrali d'inerzia as- ssumono i valori = (M/A) (RR + RBs ai (RX — RD. Un disco circolare omogeneo di massa M ¢ raggio R & montato su un albero rigido in modo che I’asse di simmetria normale al suo piano ri- sultiinclinato rispetto allalbero di un angolo 9 = 30° (fig. 24). Se Oxyz la terna indicata in figura, determinare il momento di inerzia del disco = (M/2) (RA + RY con M ce] hide cease 7 i | soni sea 3 ‘ | | | : ’ i ’ _ 2 | ’ ’ 4 ; 7 4 i a. = rispetto all'asse x dell'albero ed il prodotto d'inerzia J,, verificando che 3 ee. 7 apa, = MR, J, fe 16 Confrontare il risultato con quello relativo al caso 8 = 0. 15.10, - Siano #, € due cilindri rotondi, omogenei, coassali di altezza he raggi R,, R, (con R < Ry). Se z é 'asse comune, verificae'che il momento d’iner- rispetto a 2 dellg cavita cilindrica (gu- Sei) compresa a due supertici & espres- i 0 (fig. 25) da 1, = @/2) eh RY RD = = (M/2) (RE + RD. Fig. 25 15.11, - Si consideri lo schema di un'elica indicato in fig. 26 ¢ si approssimi scuna delle tre pale con un segmento di massa m e lunghezza ¢. Deter- ‘minare gli elementi d'inerzia del sistema. ee eee ee es Ee ee it chemi elemetari delle Meccanic. Geometria delle masse 65 Si assum il piano # del sistema con il piano ay del rferimento e asse z normale a in O, Si verifichi che la terna Oxyz @ centrale inerzia avendosi J), = Jy) = Jy = 0. Inolre é facile convincersi che Mellis- soide centrale d'inerzia ¢ rotosdo intorno all'asse 2 ¢ che si ha (1/3 2/12) met = (1/2) me 1, = 0 + 2/4) me = (1/2) mee 1, = @ x 1/3) me = me. 15.12. ~ Determinare il tensore d’inerzia del semicono omogeneo indicato in fig. 27 rispetto al centro O del cerchio di base. Successivamente, dedurre il tensore di inerzia relativo al baricentro, Sehealtezza del cono ed R il rag- Bio di base, verificare che nel rife- rimento indicato in figura il bari- centro G ha le coordinate %e=0, yg=R/x, 26 = h/4, Inoltre, posto, per brevitd a = 3R2/20 + hV10, b= RYat + hVI6, verificare che il tensore ¥(O) ed il tensore ¥o(O) nel riferimento det- Fig. 27 to sono rappresentati da Ora ° 0 YO) = M/10x | 0 lore —2hR 0 = =2hR eR? 66 ‘CAPITOL! Gi schem lementari della Meceanica. Geomeria delle masse a 18.14 - Con riferimento allo schema volano riportato in fig. 29, sicalcoli it 16bx2 ° ° momento d’inerzia rispetto al suo asse di rotazione. sistema si puo ritenerecosttuito = M/16x? o hit —4hR} dalle seguenti parti omogence di pee densita diverse: 0 eR RT 8) la corona, rappresentata dal gusco cilindrico di agai ester- ‘no interno Ry, R, ed altezza h,; leduce ¥(G) per differenza. > b) il mozzo del piantone, da cui, applicando la (12.8), schematizzato dal ciindro rotondo 15.13. « Si consideri una sbarracilindrica AB di lunghezza 2 € raggio r ai cul i ragglo + ed altgzza hs i siano sal i raggio R. ©) le tee razze che assimilere- estremi siano saldate due sfere di raggio wo eee em Se tniairy esR—r Si indichi con fy, My, 1, (k = 1, 2, 3) la densita, la massa ed il mo- ‘mento d’inerzia della corona (k = 1), det mozzo (k = 2) di ciascu- na raza (k = 3), Fig. 29 Si ava Byrh(R}— RP, My = Fythyr?, My = Hyxte?. Di conseguenza, applicando il risultato dellesercizio 15.10, & facile ve- rificare che il momento d’inerzia totale del volano rispetto al suo asse i rotazione & dato da T= (M2) RY + RD + MDE + (My/4) Bo? + (Ry — fF + 3K, + Fig. 28 ‘Assumendo che I’intero sistema # sia omogeneo, si calcoli il momento Grinercia ci rispetto alles x indicato in fig. 28, considerando ogni ee ee een tlemento del sistema come un corpo tridimensionale. SLconide I sppario dele india a fg 0 determin a B facile verfieare che, detta mia massa della sbara, nel casotridimen- faa a cies vases unr caerata as enlae sionale, si ha Nelt'ipotesi che il parallelepipedo sia retto, il momento d’inerzia del- Vintero sistema rispetto all’asse 2, del cilindro & dato 1, = MUGS) RE (C+ RY + (n/4) (@ + 487). 1, = Hb 8/6 — (x/2) r4] Confrontare questo risultato con quello che si ottiene approssimando il sistema con uno schema piano, mentre, rispetto ad una generatrice, si hO .....csssesesesese 2 6 Ge ae £5 « cAPITOLO! SS Fig. 30 Verificare che il valore richiesto dir ¢ dato dar = a/V3x. Si determini inoltge il momento d'inerzia rispetto all’asse 2, del siste~ ima che si ottiene quando nel foro suddetto viene incastrato un albero cilindrico omogeneo di lunghezza ¢, raggio r ¢ densitA », diversa da ‘quella del parallelepipedo. Basta a tale scopo tener presente l'osserva- zione f del n. 14 ed applicare la (14.3) per avere . . Gii schemielememtri della Meecanica Geometria dle masse 69 §4-SISTEMI MATERIALI PIANI 16. CALCOLO GRAFICO DEI MOMENTI STATICI & DEI MOMENTI D'INERZIA Esaminiamoora, alcune significative proprieti relative ad un sistema ma- teriale disereto Hm {(P,, m,), k= ly. N}o continuo (&; u) appartenente ad un dato piano x. Per semplicitd, cominciamo lesposizione dal caso discreto. 16.1. Costruzione di Culmann ‘iano v una retta ortogonale al piano x orientata arbitrariamente ed r una retta di x. Indichiamo con n° e x” i semipiani positivo e negativo (n. 10.6-VIl) individuati dar, con 8, e 8, le distanze orientate rispettivamente di P, del ba- ricentro G di .% dared, infine, con S, il momento statico di %,rispetto adr, Per laregola dei momenti stati risulta 6.1) S,-Em,8, = mi, dove mé la massa totale di.%.. Per calcolare graficamente tale somma, orientiamo la rettar attribuendole il versore u in modo che per ogni punto P,« "il vettore (P, ,m, u) risulti levo- Biro rispeto alla normale v passante per un qualsiasi punto R di r, ovvero i- spetto ad un qualsiasi punto R dir. Indichiamo con Z, il sistema piano di vettori applicatie paralleli costtuito aj vettor! massa (P,. Mt), K= Te oy Ne E evidente dalla (16.1) che il momento statico S, pud riguardarsi come mo- ‘mento scalare di Ey rispetto ad un arbitrario punto R di r. Pertanto il relativo calcolo si pud eseguire con il procedimento grafico descritto al n, 11.1-VIl ed impiegando la formula (10.4)-Vil. Considerazioni analoghe si possono svolgere nei riguardi del ealeolo grafi- co del momento d'inerzia (16.2) ya Em 8? «di Srispetto ad r,Infati basta introdurre ili! sistema dei vetlori momenti sta tick Z,= (Py, m8, u), k= |, sus Ny per verificare che Fespressione (16.2) non & altro che i! momento scalar rispetio ad un arbitrario punto R dir del sistema &2 64 @3 65 @€28 oo es 0 cAPITOLOL dei vettori momenti static, Perci8, una volta determinati i vettori momenti static, anche" il calcolo di {, si esegue con il procedimento grafico del n. TLLI-Vile tenendo conto della formula (10.4)-Vi. ‘Nella fig, 31, viene esposta la succitata costruzione di Culmann nel caso che J sia costituito da tre punt di cui le masse e la relativa localizzazione, nel riferimento Oxy scelto su ®, vengono indicate nella tabella seguente: z yom [mike P [20 1S 2 P| 9 u is Pp [as 3 34] Precisamente, assumendo per 1a scala delle langhezze: 3mm —> Im e per ‘quella delle masse: 3mm-> 1kg,, con polo P' a distanza polare W'= 21 mm dal fg.31 poligono 0123 delle masse, costruiamo il poligono funicolare p' connettente i Be & & ee (Gti schemi elementar della Meccanca. Geometria delle masta 1 vettori massa. Le intersezioni retta r individuano i segmenti duano su r le intersezioni 0**, 1** , 2**, 3% e j0**3** |= 19,9 mm, Da quanto & stato esposto si conclude che I, = | O°*3%® fxh>xh" = 6,4m X7kgxSm = 224 kg m?, Il valore esatto dato dalla formula (16.2) & 1=220kgxm?. Lierore percentuale commesso con la costruzione grafic ¢ inferior al 2%. Con it poligono funicotare p’ si pud determinare i! momento statico S,.Ri- sulta S, = |0*3* |x h’ = 4,3m x7kg=30, Ikgxm. La formula (16.1) fornisce lore $,430 kexm e Ferrore percentuale commesso & inferiore allo 0,4%6, 16.2. Centro dei vetiori moment statici rispeto ad una reita r In accordo con la (16.1), se la rettar non & baricentrale il relativo sistema dei vettori momenti statici E, ha risultante non nullo, Ne segue lequivalenza di , al suo risultante applicato nel relativo centro T e ciot al vetore (T, mBgu). Poiché il momento scalarerispetto ad Rer di questo vettore & mB, siperviene alla notevole formul (163) Bo 8y Dalla (16.3) si ha per il raggio d'inerzia p, lespressione (6.4) p.? = 8g 8. Il baricentro G di .%, @ definito dalla formula (2.3), mentre il centro T del campo 5, ha Yespressione che si deduce in base alla relazione (5.4)-VIl e cioe (16.5) T-O= sb Smid (Pr-O). Nel riferimento Oxy dalle formule (2.3) (16.5) si trae yee EmB, y/ mB. [Neltesempio di fig. 31 le formule (16.6) ¢ (16.3) danno i valori §y = 3m, 8, = 7,33m, |= 220kgn?. Il letore& invitato a trovare Ge T secondo le indica: zionideln.9.2-Vil. (16.6) yor Em, y,/m BS GS SB to eo n CAPITOL och eee 17. BREVI RICHIAMI SULLA POLARITA RISPETTO AD UN'ELLISSE 17.1. Proprietd fondamemtali della polariti ed amtipotarita Nel piano Oxy si consideri ellisse T di equazione canonica Si chiama polaritdta bigezione wo instaurata da T su r che associa ad of ip'di equazione ex + dy + q=0 , non passante per il centro O di Fil punto 40 in modo tale che: wo: poe: 4a. . an Spray pts gecby I prodotto di co con la simmetria o rispetto al centro Odi si definisce amipolarita Q; in altri termini, Q= Gea é determinata dalle relazioni: Q:p' Pr, (172) appl, § Proprietd 17.1, La polare dun punto P, € 1-é la reta py tangente aT in quel punto. In @ 0 rispettivamente la retta_p' prende il nome di polare od antipola- re. Assegnato P', dalle (17.1); € (17.2),8i ricava 'equazione della retta p' ¥ 173) Sxeyil 0 Cina*+ing). ILpunto P’si dice polo in « 0 antipolo in Q e le rete passanti per O diame midi. ‘Teorema di reciprocita. Se la retta p" contiene il polo o Vantipoto P* del- a retta p’, anche la retta p' comiene il polo o lamipoto P* dip". Gi schemi elemenar della Mecconiea. Geomeria delle masse B Due puntiP*e P*che soddsfano la condizione di appartenere uno alla po- lare o alfantipolare delfaltro vengono deni coniugat. Dal teorema di reciprocita seguono, in panticolae, le seguenti proprietd. Proprieta 17.2. fe rete di un fascio a centro proprio Q hanno i rispetivi poli oamtipoli sulla polare o antipolare q di Q. Proprieta 173. 1 polio gli antipoli di un fascio di rete parallele appar- tengono ad un medesimo diametro di. Per individuare tale diametro, che prende il nome di diametro coniugator alla direzione del fascio, basa tracciare le due rette del fascio che sono tangenti ‘ae considerare la retta unente i due punti di tangenza, in accordo com la pro- prietd 17. Facendo, ora, riferimento ad una coppia di punti coniugatisussiste la Proprieta 17.4. Per ogni coppia di punti coniugati P'e P" su un medesimo diametro il prodotto | OP*|-|OP"| si mantiene costante, 18, ELLISSE DI CULMANN 18.1. Proprietd del centro del sistema dei vettor moment statici La formula (16.5) instaura una corrispondenza C su m che ad ogni retta r non baricentrale per %,associa il centro T del sistema dei vettori momenti stai- ci E, relativi ad r medesima. Al fine di esplicitare le principal carat ,é conveniente considerare su x un riferimento ortonormale baricentrale Gxy. Facendo riferimento alle notazioni del n. 16.1, la distanza orientata 8,. di un punto P* di x dalla rettar di equazione extdy+q=0 resta espressa dalla formula extrayteg eee dove il segno + (~) sussiste se il semi in cu risulta ex + dy + q>0 (<0). Per determinare le coordinate (x » ¥z) di T, cominciamo a considerare la (16.5) lungo Tasse x, Si ricava cost ag.) Br: iano positive n° coincide con il semipiano Se Bae ee ss a ™ caprroLo 1 = ag EM Bee ‘edi qui, tenendo conto della (18.1), segue = 1 Em x Ext dy aie ror semplificando nym aig(e dum xd +d Zam xaya tq Zam Xe Questa relazione pud essere ulteriormente semplificata ricordando che Ia terza somma @ nulla in virts della regola dei momenti sttici, mentre la prima e la se- cconda sono il momento dinerza I, ed il prodotto d'nerzia J,. Pertanto si ha (182) xy aq (el +ddy,)- Procedendo in modo analogo per la coordins sione del tuto simile Yr» Si perviene altespres- (183) yey (CJa td). Le formule (18.2) ¢ (18.3) possono essere facilmente interpretate se ilrife- rimento Gxy & centrale d'inerzia. Infatti, in tale ipotesi risulta J,, = 0; se in pid si introducono i raggi centrali dinerzia px, © P,, le equazioni esplicite della ci- tata corrispondenza C diventano: [ 18.4) { L Le equazioni (18.4) sono del tutto analoghe quelle determinate dalle (17.2), e, conseguentemente, si conclude che: C coincide con l'antipolaritd determinata daltellisse T, dettaellisse centrale d'inerzia o ellisse di Culmann, ‘vente centro nel baricentro G di Sx, per assix ed y una coppia di assi centra-... i dimerzia e semiassi rispettivamente i ragei centrali d'nerzia d'inerzia py, € Paes GU schemi elementar della Mecvanica. Geameiria delle masse 15 In altri termini, la corrispondenza che ed! ogni relia r nom baricentrale del ‘piano associa il centro del sistema dei vetiori momenti static rispetto ad r @ una antipolarita che, in un riferimemo centrale d'inerzia, & determinata dalt'ellisse Tdi equazione 2 oy 185) Bye ee he” 0 Concludiamo osservando che 1a'(16.4) mostra che il raggio dinerzia p, & noto non appena siano stati determinat il baricentro G di %,¢ Fantipolo T delta rispetto altellisse di Culmann '. Per questo motivo ed anche per poter ceseguire a determinazione del nocciolo centrale dinerzia di 2A, che verrd espo- sta al n. 21, 2 utile richiamare le costruzioni delf'antipolo sia quando si conosce T sia quando assegnata soltanto una coppia di diametriconiugati di’, 18.2, Determinazione del centro dei vettori momentistaticle del giratore 18.2.1. B assegnata Esaminiamo dapprima il caso che r sia baricentrale, Per la propriet 17.3 il centro T si identifica con la direzione del diametro coniugato ad r. Il giratore p, si pud ottenere con la semplice costruzione grafica xe Hig.32 fig. 33 Si tracciano le due rette a’ ed a” parallele ad re tangenti a T nei punti A" ed A’delle quali sono i rispettivi poli Inoltre, A"8 antipolo di a” per cui vale la relazione (16.4). Questa, tenendo presente il teorema di Huygens per i girator, si pud mettere nelle forma awd i oe ho Ee oe eS be ee ae ae ee ee ae 6 caPiroLot wo ARON BeBe = OF + Bois alia part, dalla fig. 32 per la distanza orientata 8,. di A" da a" si ha By = 28q per eui, eoncludendo, si trae (18.6) Pe Bol Se Ia retta r non é baricentral, si tracciano dapprima le due rete a” ed a” parallele ad re tangenti a T nei punti A’ ed A"; il diametro d coniugato ad 7 co- Incide con la retta congiungente A’ con A*, Per determinare il centro T dei vet- tori momenti statici rispetto ad 1, osserviamo che, in virth del teorema di reciprocita, quest si identifica con il coniugato dell intersezione T' i AA’ con r hella antipolarita che @ induce su d. Poiché anche A' ed A" sono punti coniugati su d, per la proprieta 17.4, si ha 8.7) Ital |ral= lac! [aval di qui siricava Ite|= larc|?/ ra]. Questa formula consente anche di determinare graficamente il punto T co ime secondo estremo dell ipatenusa del triangolo retiangolo avente altezza HG ta “~~ cui misura tale che [HG|=|A"G]. 18.2.2, £ assegnata una copia di diametri coniugati di T Di solito Fellise di Culmann non si disegna poiché la determina Fantipolo Te resa ugualmente possibile dalla conoscenza degli assi di T 0 da ‘quella di una qualsiasi altra coppia di diametri coniugati Supponiamo, quindi, di avere a disposizione la coppia di diametri coniugati AA\, BB! (fig. 34). Prolunghiamoli fino ad intersecare la rettar rispettivamente nei punti Pe Q’ Peril téorema di reciprocita, T resta individuato come interse- zione delle antipolari p'e q' di P'e Q’, Liantipolare p' di P* si costruisce, come nel caso considerato in fig. 33, racciando la parallela al diametro coniugato BB" condotta peril punto P del diametro AA’ coniugato di P. = =f Gi schemielementari della Meceanea. Gcometra delle masse n Per determinare P basta risolvere la relazione dei punti coniugati 8.8) lec! |pol= lac]? fe Qé parallela al diametro AA e passa per il punto Q soddisfacente la condizione maser lea] lool = Ipcl?, ‘Anche in questo caso, i punti P © Q si ottengono graficamente con la co- struzione gid esposta in fig. 33. 7 E evidente che la retta unente G con T individua il diametro coniugato alla direzione dir. 18.2.3, Determinazione della retta dato il centro T di, Le costruzioni discusse nelle figg. 33 ¢ 34 possono essere invertite nel sen- ‘0 che, assegnato il punto TG, se ne determina la relativa antipolare. Infatti, nel primo caso si traccia il diametro d congiungente T con G e si determina il coniugato T di T ricorrendo alla (18.7) . 'antipolare cercata si ot tiene considerando la rettar passante per T’¢ parallela ad Nella situazione della fig. 34, si conducono per T le rette p'e g' determi- rnandone le intersezioni Pe Q con idiametri AA'e BB‘. Mediante le formule 8 cAPITOLOT weary (18.8) ¢ (185) siindividuano i coniugati P'e Q' di Pe Q. Liantipolare cercata & larenaPQ. 18.24. Determinacione del raggio d'inersia nel caso Ge r [Noto il centro del sistema dei vetori momentistatii rispetto alla retta , il siratorep, si determina mediante la formula (16.4) come. media geometrica tra! valori di'|8q| € 18,| (non superiore alla media aritmetica). 1 . . 5 5 Bol Bgl 3s Gaficamente basa riers lla cosiizione del medio geometrco di due segment di lunghezza [8] 18,l espostain fig.35. 19, RICERCA DEGLI ASSI CENTRAL! D'INERZIA SUL PIANO TI 19.1. t1sistema Se ammette un ass di sinmetria La proprets 96 afferma che ogni assed simmetrias di Shum asse prin- cipale inertia per eiascuno de suo put equind @ asse centrale diners ‘hott, fa normate in sm punto O dls che giace su ass principale d'inersa ‘Nel caso In esame il problema proposto & completamente risolto. 19.2 Studio dei punt stasionariet dela fursone I, Dalla propiets 9.2 segue che ra tute le reste del fasco di. centro G, quel le che rendono massima 0 minim la funzione J, sono le rette centrali d'inerzia. Pertanto, la ricerca degli assi centralid'inerzia pub essere condotta attraverso lo BS 6 Ge oe em ae Git schemi elemental della Meccanica. Geomeria delle maste n studio dei punti di stazionarieta del momento diinerzia |. Nel generico riferimento ortonormale Gxy del n, 18.1, in corrispondenza delle rette I fascio di centro G, la formula (8.2) hala forma (9.1) = |,cos a+ I sen'a.- 25,,8ene coset dove a denota Nangolo tra la retta orientatar € asse x. I valori di a che si devo- no determinare risultano quelli per cui € dJ.=0 € clot sono le soluzioni deltequazione 9.2) (1,1) sen 2a = 21,08 20 = 0, Esaminiamo i seguenti casi per a.€ }-n/2, w/2{, 192.1. 1, =1,, J;2"0. Llequazione (19.2) & soddisfatta da una qualsiasi dete. minazione di a. Ne segue che ogni reita del fascio di centro G @ asse centrale dinerzia, Inolte, dalla (19.1) si deduce J,= 1, = 1, € cioé la costanza rispeun ad cdi. 192.2. 1, =1,,4),40. Liequazione (19.2) é soddisfatta per o = m/4. Le biset- trici dei quattro quadranti sono gli assi centrali dinerzia, Inoltre, in vir della (19.1), peri due momenti centrali fe, ed ly, si possono assumere i valor 093) C5 yeh ta. 19.2.3. 1, #1, .Jjz€R. Llequazione (19.2) ammette la soluzione a* data da (19.4) ars} areig 2. Gi entrali d'inerzia hanno pendenza a* e /2+a*, Per i momenti central inerzia si possono assumere i valori La L,costa® +1, sen? a —J,, sen20°, (95) 1, = Lsenta* +1, coat +J,,sen2a*, ied eR Be Se Se & & & 80 cAPITOLO 19.3. Cerchio di Mohr 193.1, Siano Gx,youn riferimento centrale dinerzia per il sistema materiale 7%, ¢ Gxy un qualsiasi altro riferimento baricentrale ruotato di un angolo @ rispetto 1 precedente. Mediante [a (19.1) si determinano le leggi di trasformazione dei momenti centrali dinerzia 1, cost a+ 1y, sen? a, 19.6) 1a, senta+t,, cos? a Per trovare larelazione esprimente la dipendenza del prodotto d'inerzia Jy, dal'angolo a si pud procedere in pit: modi Poiché —J, € un elemento del tensore dinerzia Y(G) nella base ruotata Gay; tale relazione resta determinata dalla legge di trasformazione delle compo- nent di un tensore del secondo ordine e cioé dalle (14.2}-VI: in particolare, si ha Risultando Y"? =—J,.. ¥" sono i coseni direttori degli assi rutati Gxy rispetto a Gx.yo, si ricava la formula ey Jn = dem net cose, Oppure, si effettua nella definizione (7.12) la sostituzione iP cosa + y,° sena., Yat Psena.+ y,° cose, che esprime il ben noto legame tra le coordinate (x,°, y,°) € (%y ¥,) di un mede- simo punto P, di.% rispetto alle due tere trirertangole Gx.y, € Gry e, con faci- Iicaleoli, si perviene alla (19.7). Poiché sussistono le identita cos? a= (I+ cos 20)2 , sen®a= (I~ cos 20y2, {e relazioni (19.6) ¢ (19.7) si riscrivono nella forma Gil schemielementari dela Meccanica, Geometia delle masse 81 (19.8) i l=} +h,)-$ a hy,) cos2a , (dn =} -4,) sen 20, che consente una semplice interpretazione geometrica non appena si riportino in ascissa i valori del momento diinerzia ed in ordinata quelli del prodotto Ginerzia. Supponiamo, tanto per fissare le idee, che sia l,,>ly,€ 4220; con riferi- mento alle (19.8), introduciamo (fig.36) i punti E(1, J.) D(l, J). Risulta facile verificare che essi appartengono al cerchio. @ di centro CE (a, + 1y,), 0) € raggio ugualeat| 1, - 1,,|. I cerchio @ interseca fesse I, (00) nei punti M(l,,0) ed N(l.,0)¢ , per tanto, sussiste la seguente notevole Proprieta 19.1. Nel piano I), 1! cerchio di Mohr & individuato dal'avere ‘centro sul punto deil'asse |, la eui ascissa @ la media aritmetica dei moment ental cinerea ame indi dpa del ate |e cu eit so In virta dellidentita (199) thehel, Bee Se SB eS SS & 2 cAPITOLOL Gti schemi elementar della Meccanica. Geometria dele masse 83 2 possibile tracciare @ anche quando il tensore dinerzia Yq @ assegnato tramite basta ricorrere alla (16.3). Questa evidenzia la circostanza che |, si pub ancora Je componenti I, . relative alla generica coppia di assi Gxy e non attra~ riguardare come momento risultante scalare rispetto al punto Rer del sistema ‘verso quelle centrali d'nerzia I, ed I. Infat, se in fig. 36 si scelgono Torigine (T, mBo,u), kn {1,--N), clot del carapo del vettor! morwondl sail lesoona (O= Ge gli ass, =x, Jay, si pu effettuare la costruzione illustrata dalla fig 37, all sete eet nee precisata dalla proprieta che segue, con la quale si fornisce un procedimento ra- Ticastonl accede he Wotan pido per individuare gli assi centali dinerzia T, 2G; ¢ tale evenienza con. di fig, 31 applicando il vettore Proprieth 19.2 Nel piano Gxy (20,3) i cerchio d Mohr a centro nel momento statico relativo a & proprio nel baricentro G,, Questa semplifcazione pune Clase avente per acssa la media arimetica dei moment diner Imaneno sc avo © propo nel bree G. Que senpliatione Sipe alas cordt, pr dame i scgment di exren EAI) tel rspeno ad n 2a, ate, Daze cenreledinersia xi otienecongiungendoG con peo ace : : : Sots B idceas sul profingament de ragaio CE dala part dE) in modo Mento Tdi, in acordo con la (S:3}-Vi sul definite dll relazione eee @oy T-0= sk [, mPKPKP-0) d8°. COsservazione 19.1. Non &superluo osservare che le relaion (19.8), in - sina dtfigetts (19.9), impliane anor la (19.0) Poiché la (20.1) & del tutto analogs alla (16.5), le considerazioni nel. 18.1 possono essere ripetute pervenendo ancora alle formule (18.4). Cosi anche pet { continu siestende la nozione di ellisse di Culmann e ttte le pro- 20, ESTENSIONE DEI RISULTATI DEL N. 16 AISISTEMI PIANI CONTINUL prieté espresse ai numeri 18 e 19 hanno ancora validita. In particolare, nella co- struzione di Culmann di cui si & dett, il centro T, si pub determinare come iano ( H(P)) un sistema continuo, 1 i piano che lo contiene ed r una antipolo dir rispetto alfellisse di Culmann T, di retta di x. Conservando le notazioni introdotte al n. 16.1 per quanto concerne Toventamenta de atribuire ade la deinizione di distanza orientala &() dun fem Pdi daa efnicono E,come i campo de vets massa (PM) 21. NOCCIOLO CENTRALE DINERZIA © ,come il campo dei vettori moment statici (%; w(P)B(P)u). ; oe Di quest primo ammete come centro I barcenro G di (4; (P)) deine Supponiamo che il dominio nel quale sono disibuite le masse sia ntr= to dalla (4:10), E del tuto evidente che il momento statico S, del sistema conti rnamente connesso ¢ che il contorno esterno C di esso sia una_ curva regolare tu rispeto ad rst identifica ancora con i moment salare di rspeto ad un avente al pid un numero fnito di punt angolosi In tale ipotes a node la Pano dir Pera regan dei moment se, So slo se Ger seguente Por qian riguarda 2, quest a momento scalar rspeto al generico pum R dir renellente cori tomente ineria, Ina, per Ger, 2 risus Definizione 21.1. Dicesi nocciolo centrale d?nerzia di una figura plana € (an- ‘equivalente al vettore momento statico mB, u applicato nel relativo centro T € che non omogenea) la superficie N’ logo degli antipoli, rispetto all‘llisse di Spor sie a nuovo la formula (163), Questa, come or vereme, con- Culmann, delle rete che non tglano la figura sented avelers della costazione di Culmann esposa al. 16.1, sia pure con i mm Fintroduzione di una opportuna modifica suggerita proprio dalla (16,3). In gene~ Indichiamo con J Vinsieme di tutte le rette di x che hanno punt in comune rae, infati, il sistema continuo & decomponibile in N parti elementari di mas- con C ma che non tagliano Ce dimostriame che gli antipoli delle rette di J co- fe m, di cui é pit semplice determinare i baricentri G,. A questo punto, per stituiscono una curva chiusa ye che la regione dix avene per contorno 8 po - Calcclare graficamente S,, basta eseguire la costruzione del poligono funicolare prio il nocciolo centrale dinerzia NV di 8" p'difig. 31 connettente il sistema materiale 5, determinato dai punti(G,.m,)e In generale non si pub dire che per un punto P di C passino rete di J, per® si pud affermare che, se P & un punto sgolarita della curva, al pid una retta di J ¢ cioé I Piovecoan trarre le conclusioniallora esposte. Per completare la costruzione ottenendo I, fangente a Cin quel punto; se poi P un punto an 2 6S 3 ea = 84 capiTOLOt xgoloso potranno passare per esso anche infinite rette di J. Nelfesempio di fig. 38 Si considera una figura %'con due fori (indicati con tratteggio) con contomio esterno C mistiineo, con P, Py, Ps » Py punti angolosi. fig. 38 4.39 Facciamo variare P su C sempre nello stesso senso partendo dal punto P, per il quale passa una retta r di J. Nei punti delfarco P,P. in cui y € una curva Convesse, nessuna sua rtta tangente taglia Ce quindi P passa sempre per punti ppartenentiarette di J. Cié fino allestremo P, in cui la fetta tangente passa per P, (fig. 38). Nell'arco P,P , anche se in alcuni trati C€ convessa, P passa per panti non appartenenti a retie di J poiché r taglia Ia figura fino ache P raggiun- ige Py Quando P passa al succesivo arco P,P, si ottengono altre rette di J + lascia tutto da una parte & Nel punto angoloso P, esistono infinite rete di J, turte quelle che appartengono alfangolo delimitato dalla tangente alf'arco P,P & dalla congiungente P,P, . Questa stessa situazione si riscontra anche nei punti Py t P, che sono centri di angolidelimitairispetivamente dalle rete P,P, P,P, € P, Pe dalla tangente in P, al successivo arco P,P, Tn generale, con il procedimento esposto, epplicato un numero finito di vol- te, i sostituisce il bordo estemo C di $'eon il contorno ovungue convesso C’de- Timitante i! dominio ampliaro Poiché @*risulta convesso, tuto & incluso in €*e quindl, per la pro- prietd di convessiti, anche il baricentro G di & appartiene a E facile caratterizzare Ne N. Invero, sia r una retta tale che 7.0 ime J esistono due rete r* ed r** che sono parallele ad re giacenti da Netti fee Gi schemielementari della Meccanica. Geomeria delle mase 85 bande opposte rispetto a G. Di conseguenza i foro antipoli R* ed R**, apparte- tent amet fconugnio dirs vane arles a bande ‘opposterispetto 4G. Poiché $2 limitato, il luogo degli antipoli di tutte le rete delt insieme J, che due a due sono come r* ed r**, determina una curva chiusa delimitante ‘una regione di al cui interno appartiene G (fig. 40). ‘ig. 40 ___ Tale regione non pud che essere IV perché la retta, gacente nella banda Fispetto a G contenenter*,trovasi a dstanan magaiore di r* da G di qu, per la arr 174, segue ceil so ato Ré pl vino a Gi RY equind! in temo ad IN. Con analogo ragionamento si vrifica che se rtaglia Fant diréestenoad N. ae te Rileviamo esplicitamente che ogni segmento di IN determinato dagli an- tipoli delle rette passant per un dato punto angoloso di C’edesso congiunge gli antpoli delle due rete delimitant ilrelativoangolo, 22, NOCCIOLO CENTRALE D'INERZIA DI ALCUNE FIGURE 22.1, Disco omogeneo di raggio R Stante Ia (14.9) il raggio di inerzia di un cerchio omogenco # rispetto ad tun suo qualsiasi diametro, & R/2. Pertanto, 'llisse di Culmann T'& una circonfe- +renza concentrica con il cerchio e raggio meta. vane BB at eae ke eS we SS & anos 919 © "WO 9.dW Ne] 19P.q 9,q Hodnue 113 oueAon 1s “uoMEBopEUY {Vp COMNDWUS [19 Od Ip 2 ojodnuey “eundy eILap eLouNNS e] WES 9=|9.V] ezuersp t] 90510105 “Juoremsos aunyoddo 2 oyennayja sax8 odop ‘oy. «|24]=| SV] [DV] ‘2408134 8 a19AU9$ 19d p21 wratidosd ¥| axeoyidde wyseq odoos ape) y "NIN oF [9p ,¥ ojodnuey azenpratpul pe owerouywioD SAz@ areutuLsD.9p 19g “EAd= | 39] * Ee] 4D | esnsi yp uous awaweamadsys K -seiuias owiod “2! anid 9] 1sse 49d ey wyzsoU,p yea1u99 assifoy “oIUeLIOd wy v N ; 5 w a 4 o a [ 4 a M a a 2 [na ° al 4 ’ eee td a= "td ‘ous e(z10u4p yos3u99 18802 JTe|94J9p [4O}eA | po wIZIDU.P fenuso ysse ouos °X *°x aueypout 9] *I'p] “u ye OMIA 2 IS 2WOD “(Zp By) az 29 0g aunsyu ouuay 114 1n9 | o}apysui0s OsuaToWO ojoBUENA: |! QIN. oouaiowo jo8uoney 2°22 m“o19ppns o}oo419 op orounusoyap oyo490 yo ousarso ojodyu,y oy oosip pf a140298 Oya4 1uBo po oz asafuoouyo 2101 1p ousa}u,y0 ojodun Dy O28 1! a]uD2aSs8yuj wou Bid BO ‘yp aWH.9e) BOIJLBA IS |Z “U JOP !wOrEAp|SUOD ass—I5 9] UOD “pe O18B4 2 |g wo9 votanua2u0d bzuaiafuo24}9 9] UOD 9proUIOO ALE AY APA}OU0D 1S "e}AL UO ‘minsts oysenb *,g, 8 uafum enas 2]f9p f auISULOU 4 STEEN wy 5 9S “ynl=| OV] onfos 7ni=|9.|=|0q| 24> opuaprooy ‘nb 1p +}9| 94|=|9¥||9¥| wy ‘2uoyzeja4 vjjep oveuywuar9p 2°1"7'BI “U [Op OWL paooid |! uos oynuisoa ‘4 1p ¥ ofodnuer] “(iy By) 8 swmywlep > ezUas2}U0S “ip ee s1uouey 2 enos e2taued eun oWELapIsUOD ‘Ne SIBUIULOTEP 19g a 2s 3 BIAS BEHODSHY RP MOINOWD> HAD rortautdva 98 Bae | es G8 &@ 2S eB ‘99s anpaquie ‘eiddoo wun oJ0$ 0 ezi0j wun oj0s 0 e}OA Ut yO Ip "easiBe 1seq flap eunasei> ns ay> opuauoddns “Je}UaW!9|2 4seo 1p o4pnis oj[9U oWSodwOD9p ‘atass9 gnd outs] qoud |{“24J9 1189p auorz|soddeinos ip ojdiouuad je aseq Uy “eauions eis 9]e191e| atoypiodns '] anjuatu “ouionso (sug anp ajjns aqusure>tun fuse az10j aunioddo pe ajiqionp 11 1S g, ns aqua8e PULAISD BuO ;ZeH!99}105 B] aYD ISeIOds4I0U YoONSe|a O11g!}!Nba) jap 9jeizusi9ys1p BulaIsis {ap UBS {UOFNIOS 2] oYeUNWIDIEP vy JUeuEA-—TUIES 2G 16e4) 2]I9p e109) vifap 2]eUaUHEpUO) ewlajqosd |! ewuasauddes ~odos}05) p= ‘oanseja aiauuseoU| ‘oouafowo ajeuareul ep o}!mnsoo— c2uytias 2sse Pes 02 -lupuyt9 opijos un uy suorzewuoyep 2 auo|suas 1p oyeis o}jap BUOIZIUNJ9p &7 ‘uibuaA-IWeS 9q Ip Optfos UN u} BUOISSOU 1p tuorzeHD2I}0s Ep ONOPU 2uOISUDE 1p OVS ojjap !sy]ouRjte auorZe>ydde wuN ayuowanaiq oUTeL;NDsIp “oIdw9SD 1p ‘fom “{UoLznulsoc 2]I9p €21919g Ip JuoNsaNb aso.ouINU Ip oYpNIS Oj[e HIM OU -08 ayeureots B10 BI2s9UI,p a}es1Ud9 Ojor990U ap 2 assiyfa4j9p FOUdONd 9 °|°¢7 SHOMSV1a IAVEL 2T1IG O1GNLS OTTAN VL “RIVIOMLNV.144 VRIOZL VTTEG SNOIZVDITdaV 14 O1WASA NN TT mF o401990u 1 e1H9p 2 -anyo 1s 1809 ayp ouoFuad 11 °7'7Bh "U1 a1sods9 uoyznaso0 aj aqueIpout ‘ow. 09 onont | su0dwe: “ne anbulo tap yodue yf aseuuuorep 2 py wo ‘A opusiunsduoo essaados wud v] sopuas “migul“erseg eHODUNIP Le}oO}HEd Dusluasoud 1s uou erziouLp 9jeit29 oy01220u op suorzNNso9 Bou “Uy, “6d ad yess 880s + ayue syeuuusorap oupysas ezuanBasuos Ip Zezs0U,p WesnHa9 HUBUIOU! | OOS x 28504 839819} OWN 1p 019199 |! 9 UN p> YW Hund Lop assiose a ‘anjou} a Ea ep ojnpnpa esos qetz 88°19] = [4] 249 opous ut “3 4p awed ess9}s ep “> oFBeu [ap owtoureBunjoud jms g OWund [1 oyus03 ‘aiueupenb ye ajiououiedde (*r —**)g ond 1 Jad essed 9 2/14") ssjose |p X assEylop D oWind jou ouuDD wy oMyas99 2[e) “aIUoWIES!9—44 "YW. 1 0149129 fp OU!sNe -f8 opusuioos eesoulp susuou 1an0ps | pa xD eIZIBULp yesUDD 1558 Ip BIE “doo vj azeujuustap ond is"Xxp owauayy [au A eizI9U,p aL0sUa} | O1ON, DP rig =r cw uoyssoudsoy *¢ sod ueuyuuuayp sp owasue> 9°21) w smuou “| pe 1 exziouyp yuowow anp | ousjoajea 15 sua8Kn} Ip wurai0=) opueayiddy (vee), “pe 104 sunss Axo ojaunsags jou *F6* 4 yss0 8 9 fx he 1556 8 wy azuESIP 2] HoH -uamuadsis@ 2 p oo afeoiput ‘olaiod Su po ‘w asseuojje euorziodoud ayuaus sesianus sed Ul ‘p'5 owwauBas 1 a1vourewsonut pynip.s |p D ostu2a4e9 |] “erzioulp mopoud anp #100 29 anu ‘ouos tpt ue away ajnuoy 9} uod "4 po " eIZIeULp HesIUGS NuaKOU! 1 po getty = ul esseul Ip *'D 4p’ onuaotseg |! ewuddep oveUWL2Iap 1S oy 17 po ouorzag “C7 mp6 Moo woyUaps 1S .D.8.V OgWIOS 1 ayo BEIsoO 15 (Zu [ep o!TeL apjstios assais 9| uoa "2uyu} “ACG Sasituo} NuoUIBAS sanb IP 8UOLUN,T “G,V OO “uouifos jf aatios0p ojodiuey W 10d tuessed ojjanb sod “ojduaso pe 29124 210) ‘ onnejat fous) usyusap ane onp afep Hodque 1/8 a1:28un/Bu0> owouros Ins sjodijue (8 ouuey > ip f]uD4 ommend top oun sed guessed ouso|suLj19p 91 “ya! 9 21m ‘mejuj “on FDA auioo yodue jsanb ojuan¥ OqUiOS |! AF O10!9904 | oe Das 9 Poe HWOSIIFY PP HOMOMD]? MADYOE I ro1onava 88 Be @ & 2 & 90 caprToLot ‘opportunamente, Si hanno, cosi, i casi di sollecitazione semplice: sforzo a flessione retta o composta, torsione, taglio e flessior Riferendoci al caso della flessione compos Per fissare le idee, E sia la se- rimento (G, x, y) sum sia centrale dinerzi zione a T di fig. 44 ‘Ammettiamo che i carichi esteri inducano sulla sezione E uno sforzo nor- male N= Nk, applicato in un punto C di x che non appartenga ad aleuno degli assi centrali (sforzo normale eccentrico). Tale forza equivale ad uno sforzo as- siale (G, N) pit una coppia che induce il momento flettente M = Nx(C - G) pa- rallelo a x ed avente direzione diversa dalle direzioni principal d'nerzia 1, nf vein yas 1M punto C di applicazione dello sforzo eccentrico ha coordinate: @3.) xes- MIN, 5 ¥e™ MAIN, Gi schemielementar della Meecanea, Geometria delle masse 9 «viene detto centro di sollecitazione, La retta s = CG rappresenta la traccia su 1 del piano baricentrico che contiene la coppia di momento M e viene percid detta asse di sollectazione e risulta perpendicolare ad M. In tali condizioni, & possibile dimostrare che in ogni punto P(x, y) della se- zione viene indotto uno stato tensionale caratterizzato dallo sforzo 0, k normale x, con 6, dato da (23.2) nlx y) = Sears 3 y+ 2 », dove A é tarea die p, e p, sono i raggi centrali dinerza di. Naturalmente, la retta di equazione o, = 0 ¢ cioé la retta ayes (233) Sate yeteo +appresenta il luogo dei punti che non risultano soggetti ad alcuna tensione; essa sidice percid asse neuiro della sollecitazione e si indica con n. confronto della (23.3) con la (17.3) mostra subito che: Tasse neutron risulta essere Vantipolare del centro C di sollecitazione ri- spettoall'ellisse centrale d'nerzia della sezione. inoltre, le direzioni dell'asse di sollecitazione se dell'asse neutro sono coniugate nell'antipolarita. Le costruzioni ¢ proprita illustrate ai nn. 17 € 19 consentono, dunque, di tracciare facilmente 'asse neuro della sezione, in corrispondenza di ogni prefis- sata sollecitazione. ‘Una volta che sia nota la posizione delt'asse neutro, si individua subito il diagramma dello sforzo , . Basta osservare che la funzione 0, defini (23.2) ¢ lineare ed assume valore costante su ogni retia parallela ad n x+4yth=o, ao In partcolare, sulla rettan,baricentrica parallela adn (h = 0), si ha o,= NJA. ‘Assumendo una fondamentale r perpendicolare adn, il diagramma dio, re- sta completamente individuato dal punto di nullo alfintersezione con ne dalfor- dinata su n* del punto L rappresentativo di = N/A. 1 diagramma risulta ovviamente limitao al campo individuato dalle due retteed 7m, parallele adn. aati ae S&S Se SS SS & & a ee ee ee) 92 cAPHTOLOL 23.2. Le proprieta de! xzin di una data sezione risultano di grande ‘tilitd nello studio dei problemi di essione © nella verifiche di sicurezza sul ‘comportamente elastico del materiale in esame. ‘La corrispondenza di antipotarita trail nneutro 1 implica che 1 & secante 0 esterno alla sezione Z secondo che C & ester- hho o interno al nocciola, Pertanto, pur senza costruire », hasta individuare la po~ Siione di C.rispetto al nocciolo per avere informazioni di_massima sull'andamento delle tensioni 6, che si esercitano sulla sezione (figy. 45 ¢ 46). anita di sollecitazione C © lasse tas in 46 Precisamente: 8) SeC8 interno al nocciolo JV (fig. 46), ta tensione 0, & diversa da zero in tuti i punti della sezione ed ha, quindi, sempre lo stesso segno . In tal caso la sezione E ¢ interamente compressa o interamente fesa. b) Se C & esterno al nocciolo IV (fig. 47), una parte della sezione & tesa, rmentre Valtra compressa. Gi schemi elememar dela Meccanca. Geomerra delle masse 93 ©) Se C appartiene al contorno di JV (fig. 47). vi é almeno un punto di 5 Incl in meine ol nulla sake ns ano contre sgno pbmnte ln tat lasezione. . fea Parte IT Cinematica im Be eSB Soe eS ee eae eS eee wae ee ee ee CAPITOLO IL LE PROPRIETA DI SPAZIO E DI TEMPO LE PROPRIETA DI SPAZIO NELLA MECCANICA CLASSICA ‘Ogni fenomeno naturale che si manifesta in un determinato «luogo» dello spazio ed in un dato uistante» dicesi evento, a er descrivere ed analizzare la realta fisica, ogni osservatore deve quindi essere in grado di associare a ciascun evento una misura di spazio ed una di tem- po. Cid presuppone la precisazione delle proprieta che si attribuiscono @ questi ‘concetti primitivi. In proposito, é opportuno ricordare che il profondo divario tra lo schema classico e lo schema relativistico della Meccanica trae la sua ori re proprio dalle differenti concezioni di spazio e di tempo espresse da Newton ed Einstein, Cominceremo ad esamir i ‘Nell'ambito di una formulazione matematica dei fondamenti delta Fis ‘moderna, Newton ammise Pesistenza di un criterio universale per le misure di spazio ¢ di tempo, eapace di attribuire ai concetti di «lunghezza» e «durata» un significato intrinseco, indipendente cioé dai vari osservatori e dai loro movimenti. Naturalmente — come egli precis® (') — tale ipotesi pud trascendere l'esperien- 2, in quanto & conseguenza di un processo di astrazione atto a definire un mo- dello fisico-matematico (cfr. anche ()). ‘La congettura di uno spazio assoluto e di un tempo assoluto fw poi ripresa dda Eulero e da numerosi scienziati e flosofi del XVIII e XIX secolo, assumendo (0) Nal Introduaione alla sua opera fondamentale Phllosophiae norualisprincipia ma- ‘thematiea (1687), Newion postulaV'esistenza di un rferimento spazio-emporaleprivilega ‘auto ad asscurare la validita dele sue celebri legal, Per quel che riguarda le proprieta di spa io, gl afferma: «Lo spazio assoluto, per sua natura senza relazione ad alcunché di esterno, rimane sempre uguale ed immobile; lo spazioreavivo tuna dimensione mobile o misura dello ‘pazio astoluto che | nos sensi definiscono in relazione ala sua posizone rispetto a cori ‘4 & comunemente preso al posto dello spazio immobile ..Potrebbe Anche dari che non vi sia aleun corpo in quiete al quale possano venice rife sia luogh che mot... Cos) invece ‘ei luoghi ede mot assolut! siamo irelaii .. ma nella flosoflaoecoreasirarr di sensi». pene tearing LS Mie i tka aia ace seat 98 caPrToLo W cosi un ruolo fondamentale in tutti gli sviluppi della Fisica di quell'epoca @). Pertanto, nello schema classico della Meccanica — per quanto riguarda le proprieta di spazio — si postula che: Assioma 1.1. Lo spazio fisico F sede di tutti fenomeni naturali, appare omogeneo, isotropo ed indipendente dailo stato di moto dei vari asservatori. Inol- tre F ha le proprieta della geometria euclidea. Con cid si vuole intendere che & possibile rappresentare Fcon uno spazio puntuale euciideo tridimensionale é e che il risultato di qualungue misura di di- stanze eseguita in ess0 deve essere indipendente dalla posizione (omogeneita), orientamento ((sotropia) e stato di moto dell’osservatore. Di conseguenza — se ‘A, B sono due punti distinti die d(A, B), d’(A, B) denotano te misure della loro distanza valutate con la stessa unitd da due osservatori ed 0” — V'assioma 1.1 implica che an MA, B) = 4’(A, BY VA, Bee, ‘qualunque sia lo stato di quiete o di moto reciproco tra @ ed 9” (invarianza delle distanze della Cinematiea classica). 1.1, Lo spazio solidale ad un osservatore ‘Sia Q un osservatore che analizza gli eventirelativi ad un dato insieme [P} di punt di. Le posizioni di tali eventi rispetto ad @ possono essere determinate quando ippone l'appartenenza di fe di tutti i pumti (P} da localizzare ‘ad un unico sistema fisico indeformabile.#, e cio’ ad un corpo naturale che in alo (1707-1785) cos afea; all ogo aso pate lo spun immeno oft in eats cols Funivrso mond. Se edovebbe conldere che an- {Dhospuio molto quan tempo, qual matali sl rappresetan, sono cose real, che ttsstono une Taot dla nos napnasons. ei uno et presser dia ora newtniaa, sel su ion enue ad Oxford set 70 ffemavast To sparoassluo tmobile rice e icion!dcse a movimento, ‘Eterm lvl el lvo mot emlsra te datnae dle cov ra loron. Dara pare, A. Ei ‘ema tn iain preci Newton rd ode da pi tocome partepante ative onipesentein ta gl en mecan un element primi deter tinue To pun ancy e er salto” ep Tntendeva,ovvameni, on ilunzao delle ima ¢ de lore moines Le propre dspace di tempo 9 ‘ogni sua posizione conserva invariate le mutue distanze fra tutti suoi punti. Se si prolunga idealmente #, associandogli tutti gli altri altri punti di é che con- servano posizion invariaterispetto ad esso (puntl solidal), si determina uno spazio di rferimento per 0 che dicesi spazio solidale ad 01 che indicheremo con¥(). L’omogentitae V'isotropia did consentono di rferire#ad una qualunque sua terna di assi T = (0, e,} con la quale, d’ora in poi, idemtificheremo 0 (). Naturalmente, per semplicita, & opportuno limitarsi al caso di riferimenti mono- ‘metrici ortonormali che asswmeremo sempre levogiri. n tal modo, la posizione del generico punto P di rispetto ad 0 resta determinata dalle sue coordinate cartesiane ortogonali (x!, x3, x) che indicheremo anche con x. 2. LO SPAZIO-TEMPO DI UN OSSERVATORE Esaminiamo ora le prime proprieta del concetto di tempo. 2.1, I tempo locale Sia W, un insieme di eventi che si manifestano in un punto A dello spazio #solidaleallosservatore 0. See, ede, sono due di ali eventi, esperienza mo- stra che ® ha ta capacita di ordinare fe proprie sensazionie ciot di valutare se «; risuta anterior, simultaneo, 0 posterior ad ey. Mediante una relazione d'or- dine di questo tipo, @ pud rendere ordinato l'insieme W, ed istture (in infiniti modi) una corrispondenza biunivoca tra W, ¢ Vinsieme humerico.J°C R del var lori di una qualunque variable reale ,, continua e crescente een rer La variabile t, dicesi tempo locale di 0 in A e le sue determinazioni r ¢_7" sono gli istanti. Si dice inizialeV'istante 1, corrispondente all'inizio del fenome- no che si osserva; attuale & invece il valore che si associa allistante in cui si ha la percezione. Con riferimento ad un sistema di ascisse temporal introdotte su una retta r, di soli si associa a.7"ordinamento naturale del campo reale; 'o- ©) Le propriet det sistem indeformabil ‘saminate nel eapitolo seguente. (}) Ovviamene, la appreseauaione di un osservatore con una tra asl frmaliza I pro- edimento incl con ele poszinl i punt prefisal lpeto ad 0 vengono individuate me- diane le loro coordinate In T- i) del riferiment a es solidall verranno a3 62 @ of &3 =o 100 CCAPITOLO It g rientamento positivo é cos dietto dal passato al futuro. L'ampiezza del geneti- 0 intervallo temporae [r, 13 esprime la misura di 7, ~ 7 rispeto all unita pre- fissata e dicesi durata, Ogni dispostivo che comunemente si usa per Ia valuta- zione dell'ascissa temporale & un arologio, Se tindiea una qualunque ascissa temporale definite su red a, b sono due costanti arbitrare, la sostituzione lineare Qn visatb trasforma Porigine e l'unita di misura fissata pert, ma lascia inalteratij rapporti di durata. II verso positivo su r si conserva solo per a > 0. D'ora in poi useremo Jo stesso simbolo t per indicare sia la variabile temporale che i suoi valori nume- riei (istanti). 2.2, II tempo pantopico di J# Mediante un orologio posto in A, 0 riesce dunque ad ordinare gli eventi di |W, in suecessione temporale, 'Al fine di estendere tale ordinamento agli eventi relativi ad altri punti di ve correlarli con quelli di Wa, si pub pensare di disporre in tali punti orologi “entice sincroni che scandiscono tutti lo stesso tempo misurato in A. L'anda- ‘mento identico dei vari orologi distribuiti in. — in quiete I'uno rispetto all’al- tro — & assicurato dall’omogeneita di. e dalla costanza della frequenza di oscil- lazione dei moderni dispositivi. Ii problema di assegnare a tali dispositivi un tempo unico @ invece cao. Infatti, pur ammettendo di sineronizzare tutti gli orologi nello stesso pun- to A, niente assicura che essirisultino ancora sineroni quando vengono traspor- taii nei vari punti di. Tale ammissione equivarrebbe a postulare che il moto ron influenza l'andamento di un orologio. Un procedimento atto a sincronizzare orologi a distanza in quiete tra foro, pud invece realizzarsi mediante segnali dotati di velocita finira (n. 7). Quando id é operativamente possibile, siriesce ad introdurre in-# un'unica variabile tem- porale t, comune ad @ ed a tutti gli altri osservatori solidali a tale spazio, che ty (ft. B). Siano ora 1M | punt del teno che alistantet Sono sovrappost ad A, ‘coincide con i punto medio dt A’. L'oservaiore sia posto in M’ ed . ul giudica simultane! {due ‘vent appara in A e B Posservatore 0” — =H trove pit vicino = = = a ae a ee ee os co no cAPITOLO Piferimenti otticamente isotropi ed a formulare ta teoria della Relativita ristret- ta, che consenti di risolvere il profondo contrasto che si era determinato tra le previsioni dello schema classico ed i risultati di celebri esperienze, quali quelle di Fizeau (1851), Michelson-Morley (1887) ed altre ancora. 8. CENNI SULLA TRASFORMAZIONE SPECIALE DI LORENTZ ‘Assumiamo che ad un dato istante't, = t; = 0 gli orologi dei due osserva- tori siano sincroni e le terne T = Ox'x2x!, T” 5 0°x"!x"%x"9 abbiano le origini coincidenti ¢ gli assi x,, x; equiorientati e sovrapposti ‘Se ammgitiamo che ambedu iriferiment siano otticamengg izotroph la pro- pagazione della luce deve avvenire in esi con le stesse carateristiche. Ciot un segnale luminoso emesso all'istante t, = 1; nella pos trasmettersi in entrambi gli spazi con la stessa velocita di propagazione in tutte le direzioni (postulato d’isotropia ot eventi Iumino: prodotti in rad un dato istante tsi manifestano nei punt della superficie sferica 8.1) voces, mentee in (", 1") gli stessi eventi sono tali che 6.2) xtc = 0. Le caratteristiche della propagazione luminosa sono dunque determinate dalla forma quadratica a primo membro di (8.1) 0 (8.2). Il postulato di isotropia ot ca impone che tale forma costituisca un invariance e cioé che la relazione 63) Bae xt sia verificata identicamente al variare dell’evento (x, t). La (8.3) costituisce in sostanza lassioma che la Cinematica relativistica(ri- stretta) sostituisce agli assiomi 1.1 e 4.1, In altri termini, nel modello di Einstein, alle (1.1)+(.1) si sostituisce la (8.3); in tal modo non viene imposta separata- ‘mente Minvarianza delle metriche di spazio e di tempo, ma soltanto quella della forma quadratica (8.3) ©). considera €) Ci induste Minkowski jeme W degh event come uno spazio affine & ‘quatro dimension! avente la 8 = ola — def — dxf — a. “Tae spazio & pseudocuclideo¢ dies cronoropo 0 universo di Minkowski, jone %t,) = 0"(t,) deve... Le propre spi tery m Inoltre si osservi che tale invarianza ¢ l'implicazione di un ben preciso prit cipio fisico suggerito dall'esperienza. presio pai ‘Questo postulato subordina la determinazione esplicita delle applicazioni ed u, atte a definie a formulazione relativistic dela legge (3.2) dl corrspone denza degli eventi. Infatti, & possibile dimostrare il seguente teorema (""): __Teorema 8.1. Quando (H, t) ed (H". t’) sono entrambi otticamente isotro- i, fa trasformazione (3.2) fra le coordinate spazio-temporeli (x,t), (x', 1") di tuno stesso evento — se limitata — 2 necessariamente lineare e pud sempre ridur- si alla forma te Mt + (w7etyx con d = [1 — (vier? tl B= wrery xl a Nx + wt’), ext, Pex, dove v @ una costante arbitraria, Da (8.4) facilmente si determina la trasformazione inversa { V = Mt — w/e!) @5) xe atv), xP xt In tal modo, un qualunque evento che sia determinate ‘menti otticamente isotropi, grazie alle (8.4)-(8.5), risulta individuato anche nel- altro; ¢ cid consente il confronto delle esperienze. Le (8.4)-(8.5) definiscono una classe di trasformazioni note come gruppo elle rrasformazioni speciali di Lorentz (!), & facile verificare che ogni trasfor- mazione di questo tipo verifica il principio di invarianza imposto dalla (8.3). ‘Sono opportune le seguenti osservazioni: 2) Analogamente al caso della trasformazione speciale di Galileo (n. 6), anche le (8.4)-(8.5) esprimono una corrispondenza tra eventi che si manifestano (®) Perla dimostrazione di questo teorema sl pub consultare: V. Fock, The theory af spect, tina and wavs Pergamon Press (1976), Appendix A, pp. 407-410, 7" SE ee Ama T eS ener ao ati rea eee emanate SS eee ‘della Relativita ristrettan. tee cml cal erie — 2 oe om a 6 a ot oo oe = SS em et Gl es = cAPITOLO in due riferiment il eui moto reciproco é traslatorio uniforme, con velocita pa- rallela all'asse x! e modulo Ivl. A tale proposito occorre rilevare che le {(6.4+(8.5) vengono di solito ricavate supponendo «a priori» che i due riferimen- ‘Gano animati di moto traslatorio uniforme uno rispetto all'altro ¢ risultino {noltre inerziali. Invece il teorema 8.1 consente di evitare il concetto di riferi- mento inerziale, tipico della Dinamica, conferendo alla Cinematica relativistica la stessa autonomia della Cinematica classica. by La realta delle trasformazioni (8.4)-(8.5) é subordinata allipotesi che sia Iv! -< c. Quando vi/¢? ~* Ola trasformazione di Lorentz si riduce a quella {di Galilel, Pertanto, la differenza tra le formule classiche e quelle relativistiche isulta apprezzabile solo nel caso di fenomeni in cut intervengono velocita tanto flevate da essere comparabili con quella della luce. Quando invece la velocita Ivi di traslazione di.¥’ rispetto ad 2 @ trascurabile rispetto a c, le due trasfor~ ‘mazioni sono praticamente identiche e le due teorie implicano le stesse conseguenze. ‘o) Naambito relativstico, 1a trasformazione di Lorentz sostituisce quella x}, in 4’ Pevento in B & percepito prima dellevento in A, "Da 9.2) 8 poi chiaro che la simultaneita si conserva solo quando i due even- tisi manifestano nello stesso punto A = B di¥, oppure in un piano ortogonale alla direzione di traslazione dei due spazi. 9.2. Contrazione delle lunghezze ‘Si consideri una sbarra rigida retilinea A’B’ disposta in quiete lungo il se- miasse postivo 0x’! di’ e sia ¢” la misura dela lunghezzaeseguita in." ad tin dato istante dit’ (lunghezza di quiete o propria). L'osservatore 0 di, per misurare la lunghezza di AB’, dovra prima segnare sull'asse x! di T le posi Zioni Ae B assunte da A’ ¢ B” in un medesimo istante {, = ty dit ¢ poi valu- tare la misura € del segmento AB. La lunghezza ¢ cost rilevata costituisce la lun- shezza del segmento A’B’ in moto con velocita v. La trasformazione (8.5) permette di confrontare ¢ ed €*. Se xq! > xj! siha max. C= xa xh (a=) € quindi da (8.5), si trae ¢’ = Xt e ciok 0.3) tao vce. Per un segmento perpendicolare ad x si ha invece 0.4) tae, Pertanto, i segmenti solidali ad g" ed aventi la direzione del moto appai to PF no af subite una contazion peta all loro lnghesza di qulee (contri ne longitudinale). Questa diminuzione & tanto pia sensibile quanto maggiore ¢ la velocita Ivl di traslazione. I termine VT—Vi7E esprime il fattore di contrazione. In cid consiste la aS ee eee ee ee SS a ee 14 cAPITOLO ‘cosiddetta contrazione relativistica delle lunghezze o contrazione di Lorentz; in- fatti Lorentz fu il primo a stabil ne! 1895 la formula (9.3), che piit tardi Ein- stein avrebbe ricavato dalla sua teoria. ‘La nozione di lunghezza perde cost il suo significato assoluto. ‘Occorre rilevare che il fenomeno della contrazione é reciproco, nel senso che i segmenti solidali ad. ¢ paralleli alla direzione del moto si manifestano ad" contratti secondo lo stesso fattore. Un‘altra conseguenza delle (9.3)-(9.4) riguarda il caso di un cubo solidale ad.4’, situato con un vertice in 0 e gli spigoli di lunghezza propria ¢’ e paralleli ‘assi di T’, Il suo volume di quiete & quindi V” = ¢”2. All'osservatore 2 di Ptale cubo apparira come un parallelepipedo rettangolo avente due spigoli uguali ‘ad ¢* (per la (9.4)) ed il terzo di lunghezza ¢ data dalla (9.3)). Di conseguenza, la relazione tra i volumi ¥" e Ve vewvi—we . In modo analogo si pud provare che una sfera rigida solidale ad’ appare ‘ad trasformata in un ellissoide rotondo. 9.3. Dilatazione dei tempi Siano e, ede; due eventi che accadono in uno stesso punto A’ di” in due istanti diversi t;, tf dit", con tj < ty, L'intervallo temporale ayy >o, misurato nello spazio-tempo (#", t’) in cui gli event si manifestano nello stesso posto, dicesi rempo proprio tra i due eventi. Per effetto della (8.4),, gli stessi ‘eventi appaiono in (4, 1) in due punti distint, agli istantit, ¢ t, definiti dalla 84): ty = NMty + (w/e) x, ty = Ay + (W/%) x4) Pertanto, dopo aver posto At = ty — ty si ha av 3) t= dat” ¢ ciod, contrariamente @ Fe di spazio, risulta Le propre a space tem us 06 at > ar’. Pertanto, un orologio di @ in moto traslatorio uniforme rispetto a @ ha uun andamento pit lento di quelli solidali ad 4 (concisamente, si suol dire: «un ‘orologio in moto cammina pit lentamente»). In maniera equivalente, possiamo affermare che in condizioni di moto la durata di uno stesso fenomeno é minore che in condizioni di quiete; il divario delle durate & tanto pid grande quanto mag- siore @ la velocita di traslazione. In id consist Ia cosiddettadilatazione relativistic del tempi che riveste anche ssa carattere reciproco, nel senso che in @” sembrano maggiori le durate tra ‘due evienti che accadono in uno stesso punto di &. Questa reciprocit, come fu evidenziato dallo stesso Einstein, di luogo ad tun paradosso — noto come paradosso dell’orolagio (o paradosso dei wgemellv) — che fu ampiamente discusso da Einstein (1918), Langevin (1911), Lorentz (1914) Moller (1943). Esso pud cos) sintetizarsi. Allistante t, = {; = 0, due orologi w ed w’, rispettivamente solidali ad # ed 9, siano sincronizzatie posti in 9(t,) = 2'(,). Per effetto del moto trasla- torio uniforme di 2” in 2 (parallelo all'asse x! con velocita pari av), allistante 1, di w Morologio w” avra raggiunto una posizione A dell'asse x! segnando il tempo t; dato (cfr. 9.5) da KaVTSWF tn tae istante si pensi di far inverire ad «il suo moto, in modo che e850 ritorni da A verso M\con velocita — v. Sein 9 si confrontano nuovamente i tem- pi dei due orologi, si rileverd che essi non sono pia sincroni perché w segna il tempo 2 tq» mentre segna il tempo 24 = 2TH ‘Queste osservazioni sono coerenti con la formula (9.5) ¢ non vi é pertanto aleun paradosso; losservatore @ riscontrera che orologio 9 di @’ & pid lento dio. 1 paradosso sorge dalla considerazione che Ia dilatazione del tempo ha ca- rattere di reciprocita. Infatti, essendo il moto di @ rispetto ad @ del tutto ana- logo a quello di #’ in # ('), Posservatore 01 solidale ad @’ dovrebbe trovare che orologio w @ pid lento di w’, contrariamente al risultato prima acquisito. L’origine di questo paradosso ¢ legato alla circostanza che I’inversione del ‘moto di w per ritornare in {1 incompatibile con l'ipotesi che il moto reciproco () Cambia solo il verso della velocth, ma ld non inhuens Informal (9.5), a Bae SS SBS Se & & 116 CAPrTOLO tt 4i3# edo sia traslatorio uniforme. La soluzione completa del paradosso , co- rmungue, da ricercarsi nel?ambito della Relativita generale e richiede anche con- siderazioni di Dinamica (2). E opportuno infine rlevare che le prevision della teoria einst state sperimentalmente confermate in maniera sempre pit chiara, specialmente nell ambito della Fisica atomicae dell’ Astronautice. Ad esempio, gi orologiato- tmiciriescono a confermare gli effetti relativistici sulle misure di tempo con una precisione abbastanza accurata. Tn base a quanto si precisato nell osservazioné b) dé n 8 rileviamo infine * che — nell'ambito di velocita non confrontabili con quella della luce — il mo- dello classico risulta del tutto aderente alla realtafsica, come hanno dimostrato ali esperimenti degli ultimi tre secoli.Pertanto, nel seguito, faremo riferimento alle ipotesi di spazio e tempo assoluti. BIBLIOGRAFIA DEL CAPITOLO II Per un efficace confronto delle concezioni di Newton e di Einstein, ¢assai utile leggere le prime pagine di: [1] LNewron, Principi matematici della losofia naturale, UTET, 1965, pp. 101-111. [2] A. Emstens, 1! significato della relaivita, Boringhieri, 1980, Cap. 1, 11 Elementi di teoria della Relativicaristretia sono esposti, ad esempio, nei testi ctati in Bibl (3), {4) del Cap. 1. (©) Una esuriente anal di ale questions &riporata nel test: C, Moller, The theory af re aunty, Clatendon Press, Oxford (1972). CAPITOL II CONCETTI GENERALI DELLA CINEMATICA 0. CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE. ‘Come si gid avuto occasione di precisare, la Meccanica Razionale ha per ‘oggettoI'analisi dei modell logici atti a descrivere il movimento dei corpi natural. ‘Una prima fase di questa analisié costituita dalla Cinematica, che si limita alla descrizione dei moti senza porii in alcun modo in relazione con le cause (for- 22) che li determinano. Pit precisamente, il movimento dei corpi naturali vitne rappresentato in termini di opportune relazioni funzionali tra la variable tem- ;porale te gli schemi elementari (Cap. 1 ) che costituiscono le immagini geome- triche dei corpi in esame, Pertanto, i concett fisici che riguardano tale studio sono quelli di spazio e di tempo, le cui proprita principali sono state discusse nel Cap. I. ‘A questo proposito va precisato che d'ora in pol — facendo riferimento al lo schema classico della Meccanica — ammetteremo la validité degli assiomi 1.1 4.1 del precedente capitoto sull’invarianza delle distanze ¢I'esistenza del tem- ‘po assoluto. Inoltre, in vith dell'assioma 1.1, lo spazio euclideo tridimensiona- led @ un modello matematico adeguato a rappresentare le proprieta dello spazio fisico. # opportuno poi rlevare che i concetti di quiete € di moto, non avendo ca- rattere assoluto, acquistano significato solo quando venga precsato lo spazio di riferimento 3 dell’osservatore (eft. n. 1-1 del Cap. M1). Ricordiamo che '5- ‘mogeneitae isotropia dig implicano la possibilith di idemtiicare 9 con una qua- lunque terna T= [0, e,} di che assumeremo sempre ortonormale levogira. La Cinematica — come ogni parte della Meccanica — ¢ costtuita da defini- ioni, assiomi, teoremi generali ¢ numerose applicazioni fondamentali che han- no contribuito al suo sviluppo. Per evidenziare la distinzione trai concetti gene- rali ele applicazioni specifiche dei singoli schemi, in questo capitolo ci limitere- ‘mo ad esaminare gli aspetti generali,rinviando al capitolo successivo la discus- sione di esempi ¢ di alcune applicazioni tipiche. serviamo infine che i sistemi materiali introdotti nel Cap. 1 sono stati defini in termini di insiemi discret o continul di punt dello spazio euclideo é. ‘Tali punti verranno denominati elementt 0 particelle del sistema ¢ dénotati con lelettere, X, ¥, 2; cfd al fine di distinguerli dai punti P, Q, R ... che ne rappre- sentano le posizioni nello spazio ambiente, istante per ist SB eee ea ee ee ee a caPrToLo i ns § 1 - ELEMENTI DI CINEMATICA DEL PUNTO 1, MOTO DI UN PUNTO CCominciamo a prendere in esame il caso pit semplie, assumendo che il corpo naturale sia schematizzabile con un solo punto materiale (X, m); X verra det- to elemento 0 particela Sia # lo spazio di iferimento di un dato osservatore @ ¢ T = {0, ¢,) = Oxlx%e) una terna ortonormale levogira comunque prefissata in #. Se P & un punto qualunque di# ed (x'x4) denotano le sue coordinate in T, si chiama ver tore positione di P rispetto a T il vettore on PM = x= xe, + xe, + xe Si indiehi pol con ¢ Ia variable che exprime i tempo cinematco(n. 4 del Cap. econ Jun intervallo iemporae prefssato Dicesi moro di X rispeito ad 9 ogni applicazione vertoriale ¢ definita in. ‘ed a valori in.¥ 2) rite o> Pew. ‘Un moto di X & quindi una trasformazione univoca che a ciascun istante {di J associa un punto P di# che rappresenta la posizione di X allistante t. i usano anche le notazioni a3) P= PW) oppure r= H(t) Quando ¢ @ una funzione costante ovunque in_73i dira che la particella X ¢ fissa 0 in quiete rispetto ad 0, nell"intervallo di tempo 7 ‘Nel caso contrario le coordinate x* di P variano da istante a istante ¢ la (1) si serive re) PaO + xe, + Oe + ME = PO. “ale relazione desi equazione vetiorialefnita del moto di X; in termini scalar, proiettando la (1.4) sugliassi di T, si deduce as wet ELD wer cche rappresentano le equazioni finite del moro in forma cartesiana. once general dela Cinematic 9 L'univocita della trasformazione (1.2) esclude la possibilita che la particella X venga ad occupare due posizioni distinte di in uno stesso istante. Le altre ipotesi da imporre alle funzioni x*(t) dipendono dalle proprieta fisiche che tribuiscono al moto di X. Cosl, ad esempio, quando si esclude la possibilita di fenomeni d’urto (moti impulsiv), #lecito presumereI'assenza di brusche varia ioni nella velocita ed accelerazione i X ed ammettere cosi 'esistenza ¢ la cont nuita delle derivate prime e seconde di ciascuna delle x¥(). In tal caso si dira che il moto di X é regolare in7e Vapplicazione r(t) & di classe C? in F ipotest ‘queste che, salvo avviso contrario, ammetteremo valide dora in poi. Dicesi sraiettoria di X Vinsieme a6 y= (PO EHF € ciod Ia curva + luogo delle posizioni P di assunte da X nel suo moto. Sey siriduee ad una retta 0 una curva piana, il moto di X dicesi moro retlineo 0 ‘moto piano. Le equazioni della curva y possono esprimersi in termini di un qualunque parametro} di conseguenza le (1.5) individuano anche una dell infinite rappre- arametriche della traiettoria. Un'altra rappresentazione significa va si ottiene ammettendo che y sia una curva regolare ed introducendo su essa tun sistema di ascisse cuvilinee s (Cup. VIL, n. 62).con origine in un punto P, arbitrariamente prefissato an P= PQ). Si osservi che tale relazione si limita a descrivere la sola traiettoria di X, senza precisare in alcun modo la legge temporale con cui essa viene percorsa, Per esprimere tale legge occorre specificare anche la funzione 8) =m wer che precisa come varia la posizione di P su y al variare del tempo. L’applicazio- ne (1.8) dicesi legge oraria 0 equazione oraria del moto di X su . Osservando che eliminazione di s tra le (1.7)-(1.8) ) P = Piso) = PO ‘conduce all’equazione finita (1.3), possiamo affermare che Ia descrizione del moto i X si realizza in duplice maniera: o mediante I'equazione finita (1.3), oppure specificando contemporaneamente le (1.7)-(.8) che esprimono la traiettoria € 1a legge oraria. we ww a eee eS es B =p Gh Ge af 62 sa as =e 120 cAPrTOLo Ammetteremo che funzione s(t) sia almeno di classe C? in Fil suo -rafico sul piano (t, 5) dicesi diagramma orario de! moto di X su y. Con riferi- mento ad un istante t o un intervallo di J; il moto di X si dice progressive 0 retrogrado secondo che s(t) sia una funzione crescente 0 decrescente. E owvio che tale definizione non ha carattere assoluto perché @ subordinata alla scelta del verso positivo delle ascisse su 7. TInfine, @ appena il caso di osservare che la traiettoria 7 ed il diagramma orario sono due curve completamente distinte; la prima & una curva dello spazio 4, immagine delle successive posizioni del mobile nello spazio fisico, mentre la ‘econda é una curva del piano (t, s) che esprime soltanto il grafico della funzio- ne s(t). 2. VELOCITA. SPOSTAMENTO ELEMENTARE. MOTI UNIFORM] Siano assegnate ovunque in 7Te funzior en PePpy, s=) WET ‘che deserivono il moto di P ela sua legge oraria. In vir dele i {a del moto di X (n, 1), comunque si scelga in.7un intervallo (f,€ + At}, hanno significato le seguenti definizioni. Definizione 2.1. Dicesi velocita scalare di X in.# allistante {il valore che assume in tale istante la derivata della funzione s(\) a (sé + A) ~ 500) ter. at ge ar . (2.2) Definizione 2.2, Dicesi velocita vertoriale ai X in 2 allistante {il vettore a 3 & ‘che esprime la determinazione all'istante{ della funzione vettoriale derivata del punto variabile P(). 1 rapport incrementall delle funzioni s(t) ¢ P(t), indicati a secondo membro di (2.2)-(2.3), si dicono invece velocita scalare media e velocita vertoriale media = [P@ + aN - POL ter once general della Cinematic 2 di X nell’intervallo di tempo At. Fin dai vempi di Newton, in Meccanica si usa indicare con punti sovrappo- stile derivate rsptto alla variable temporale: con un punto la dervata prima, on dv punt la derivataseconda, ec, Le velota ora definite possono percis denotarsi anche con i simboi ds y dP Gp, = 0. x =FD =H. Di solito la velocita vettoriale di X si indica anche con vp, anziché con Vx, per ricordare che essa é la derivata della pasizione P che In particella X occupa all'i- stante considerato. Esaminiamo ora il legame che esiste tra la velocita scalare § ¢ la velocita vettoriale P, A tale scopo, ricordiamo che il versore (3) della tangente ala trai toria orientata secondo le s crescenti [efr. (6.17) del Cap. VII] dato du 24) «+= . 0 = per cui, applicando alla (1.9) la regola di derivazione delle funzioni composte, sitrae a @3) PMO = WET Pertanto, fa velocté sealare &rappresenta la componente del vettore velocita Vp secondo la tangente alla traietoria y orientata nel verso delle ascisse crescent. ‘La (2.5) mostra che ~ a differenza di ¢ dit ~ il verso del vettore vp sulta indipendente dall’orientamento introdotto su ¢ che co) Ivpl = Hl, per cui la velocitd vettoriale di X all'istante t, se non 2 nulla, hala direzione del- a tangente alla traiettoria nella posizione P(t) relativa a tale istante, i verso del moto ed il modulo coincidente con il valore assoluto della velocita scalare. La rappresentazione cartesiana del vettore velocita ne! riferimento fisso T si ottiene derivando membro a membro Ia (1.4) an val) = 8, + Be, + DE, ¢ ciod le componenti cartesiane vf (k = 1, 2 3) del vettore velocit sugli asst iT coincidono con le derivate temporali delle coordinate x(t) del punto va~ riabile PQ) H caPrToto ut 2.8) MO se ALD, WET. Di conseguenza, il modulo del vettore velocita ¢ anche espresso da 29) vel = Lal = (MOF + OE + EON. Con riferimento all'intervallo di tempo [f, & + At] scelto in 7 si consideri ‘ora il vettore (2.10) aP.= P+ At) - PO che esprime lo spastamento finito che subisce X nel passare dalla posizione P(Q) a Pi + Af) Sia inoltre Can) AP = valde il vettore che definisce il differenziale della funzione vettoriale P(t). Mentre AP ha la direzione della corda P(OP( + At), il vettore dP ha invece la direzione della tangente alla traiettoria nella posizione P(j). La relazione tra AP e dP & stabilita dal feorema sul differenziale 12) AP = dP +b (bl = 0 (4m, dove b indica un vettore il cui modulo & un infinitesimo di ordine superiore ri- spetto a At. Il vettore dP definito da (2.11) rappresenta quindi la parte principa- le dello spostamento effettivo AP; per tale motivo esso dicesi spostamento ele- ‘mentare del punto. ‘Si osservi che, essendo & dt = ds, da (2.5), (2.11) si 2.13) AP = vpdt = ts) ds ecioé lo spostamento elementare dipende solo dalla traiettoria ma non dalla leg- ge oratia. 2.1, Analisi della velocité scalare, Moti uniformi La velocita scalare esprime la rapidita con cui X si muove sulla sua traietto- ria, Le sue proprietd consentono di precisare meglio il grafico di s(t) e cioé Ia legge temporale con cui X descrive la sua traiettoria. Cosi, ad esempio, se in un dato istante t, risulta s(t.) > o,oppure it.) < oil moto sar& progressivo o retrogrado. Se poi & Concent xenerai della Ciemaics 133 (214) Hu) = 0 wee 1, dicesi istante d’arresto ed in tale caso il moto inverte 0 no il suo verso secon do che t, sia per la funzione s(t) un punto estremamente oppure un punto di fles- so, Naturalmente, tutto cid si riferisce solo ad un opportuno intorno dit. Un caso particolare notevole di legge oraria ¢ individuato dalla seguente Definizione 2.3. Qualufique sia la tralettoria deseritta, il moto del punto X-si dice uniforme nellintervallo di tempo.F quando la velocita scalare # ovun- ‘que costante in ; Si osservi quindi che il eoncetto di uniformita di un dato moto é legato solo alla sua legge oraria e prescinde dalla forma della traietto Se indichiamo con t, istante iniziale di_Fe con &, il valore ii 4, la definizione 2.3° impone che si wer questa un’equazione differenziale del primo ordine nella incognita legge ora- ria § = s(t); il suo integrale generale & 216) saat te= sto) wes, dove ¢ # una costante arbitraria. Associando alla (2.15) la condiziofe iniziale Qn st.) = si deduce da (2.16) Punica soluzione del problema di valor ini 2.15), 2.17) 2.18) st) Att) +5. La (2.16) rappresenta tut e soli gli co! moti unifor re sulla sua traiettoria con velocita scalare &, prefisata; tra questi ne esiste uno solo in cui il mobile allistante iniziale t, occupa la posizione di ascissa 6, pre- fissata. L’equazione oraria di questo unico moto ¢ la (2.18), il cui grafico si ri duce alla retta del piano (t, 5) che passa peril punto (ty, 8,) ed ha &, quale coef- ficiente angolare. Dalla 2.) sideduce infine che i moti che avvengono con velocité vettoriale costante sono tutti € soli i moti rettinel uniform. ‘che X pud deserive- gaa es ase Se eS aS se ea 32 6 ot oe Go Ea ‘cAPITOLO I & Concent geeralidlla Cieaica Rs 3. ACCELERAZIONE. MOTI UNIFORMEMENTE VARI Riteniamo ora assegnate ine funzioni on f=, weH we che esprimono le legg di variazione temporale della velocta scalaree dela velo- cita vettoriale di X. Poiché le funzioni s(t) e P(t) sono per ipotesi almeno di clas- se C? in ¥, con riferimento all'intervallo [f, ¢ + At} di Zé lecito porre le se- ‘guemti definizioni Definizlone 9.1. Dicesi accelerazione scalare di X in. all'stantet, il valo- re che assume in tale istante la derivata della funzione velocita scalare i(t) dé ‘at 62) im EA Og ter. ate at Definkzione 9.2. Dicesi accelerazione vettoriale di X in.# all'stantel, il yettore @3) te, che esprime la determinazioneallstante{ della derivatadellavelocita vettoriale val, { rapport incremental dele funzioni &) vp(0), indicati a secondo mem- bro di @.2), 8.3), si dicono accelerazione scalare media ed accelerazione vetio~ riale media di X nellintervallo di tempo At. ‘Analogamente a quanto si fatto per le velocita, esaminiamo ora il legame tra Vaccelerazione scalare ¢ Iaccelerazione vettoriale. A tale scopo si Ja posizione P() che X occupa sulla traiettoria + allistante te si indichi con m il versore della normale principale diy in P(0), orientata secondo la coneavita «di y(n. 6.2 del Cap. VIL). Se t, come si vist, indiea il versore della tangente a ‘yin P(orientata nel verso dell s rescenti, ussist eft. (6.17) diCap. VI} la prima formuta det Frenet ad =| 64) oz in cui R rappresenta il raggio di curvatura diy in P(). Si osservi inoltre che, essendo t = t{s(t)], per derivazione si trae a dt ds os a a a Premesso cid, si derivi la (2.5) membro a membro tenendo conto di (3.5); si ottiene facilmente 66 a, = d/dt (it) = 80 + GYR) OB wey. Questa formula fondamentale mostra dunque che I'accelerazione vettoriale i X & in ogni istante, somma di due vettori eat dove st — che dicesi accelerazione tangenziale — & diretta secondo la tangente alla traiettoria in P(t) e si annulla quando e solo quando il moto é uni- forme su traiettoria qualunque; 2) a, = (/R)n — che dicesi accelerazione normale o centripeta — ha la direzione e il verso della normale principale a y in P(t) e si annulla quando ¢ solo quando il moto éretilineo, descritto con legge oraria qualunque. Da quanto detto segue quindi che i! vettore acceleration si annulla see so- 10 il moto di X @rettlineo (a, = 0) ed uniforme (a, = 0). Escluso questo aso, il vettore (P, a) appartiene al piano osculatore della traiettora nella po- sizione considerata ed individua con la normale principale un angolo mai ottuso. Per determinare 'espressione cartesiana di ap nel riferimento T, basta de- rivare la (2.7) per avere ag) = Re, + Be, + Re, - Di conseguenza, le componenti a} ed i modulo di ap sono date da aK = 30) en G3) KALA wer a» tapl = RUDE + EOE + EO! Rt ee eS & af ee 126 caPrToLo 3.1. Analisi dell'accelerazione scalare. Moti uniformemente vari L’accelerazione scalare esprime la rapidita con cui varia in Fla velocita sca- lare, Le sue proprieta sono utili per la determinazione del diagramma orario. Ad esempio, riferendoci a quanto si é visto al n. 2.1, si avra un'inversione di ‘moto negli istantit, in cul risulta contemporaneamente i(.) = 0 ed 8(t.) + 0. Un'altra distinzione che ha interesse nell"analisi del moto di X é specificata dalla seguente Definizlone 9.3. Un moto di X su traiettoria qualunque si dice accelerato 0 ritardato in un dato istante secondo che in tale istante il modulo della veloci- 12 18! sia una funzione crescente 0 decrescente. Polché (d/dt)i? = 2 &8, & facile verificare che negli istanti in cui sia $ che ¥ non si annullano, il moto di X risulta a) acceleraro quando 88 > 0, ») ritardato quando % < 0. Oltre ai moti uniformi, un secondo caso notevole rizzato dalla legge oraria & caratte- Definizione 9.4, Qualunque sia la traiettoria descritta, i! moto del punto X si dice uniformemente vario nell'intervallo di tempoF quando l'accelerazione ssealare 8 ovungue costante in.7. Questa definizione impone che la legge oraria dei moti uniformemente vari sia soluzione dell'equazione differenziale del secondo ordine G.10) KO = 5, wer, in cu 5, la costante che indica il valoreinziale 3) dellaccelerazione salare. Liintegrale generale della (3.10) & dato da 6.) s() = (U2)E + ct + wer ‘com c, ¢ ¢ costanti arbitrarie, Per semplicta di calcolo assumiamo®, = 0 qua- leistante iniziale ed associamo alla (3.10) il relativo sistema di condizioni iniziali @.12) sto) . 50) L’unica soluzione del problema di valoriiniziali (3.10), (3.12) € quindi data da once general dela Cinematica i 6.13) 5 = (2) EE + Bt + 5, wey, per cui possiamo affermare che tra gli oo? moti uniformemente vari (3.11) che ‘ogni punto X pud descrivere sulla sua traiettoria, ne esis uno solo in cui il mo- bile all'istante iniziale assume la posizione di ascssa prefisata s, con velocita scalare prestabilita 8,; lequazione oraria di tale moto 2 definita dalla (3.13). Per ogni terna dei valori assegnati alle costanti inizialis, é,, 8, il diagram- ‘ma orario corrispondente alla (3.13) 2 una parabola ad asse vertcale del piano (3) che rivolge la concavita nel verso positive dell’asse s quando é 8, > 0, nel verso opposto se € 8, < 0. Inoltre, le coordinate (t., s,) del vertice sono =i, = 0 2, e corrispondono all’ unico istante d’arresto (i(t,) = 0) ed alla posizione darre- sto. Osservando infine che g fear e sea w, Be ge- ny), si pud concludere che ) 5€ 8, > 0, il moto di X sulla sua traiettoria ¢ retrogrado e ritardsto fino allstante di arresto t,..Negliistantisuocessvirisulta invece indefinitamente progressivo ed accelerato; ) se, < 0, il moto di X & progressive ¢ritardato fino allistante t,, per poi divenire indefinitamente retrogrado ed accelerato. § 2 - ELEMENTI Di CINEMATICA DEI SISTEMI 4, LA DESCRIZIONE LAGRANGIANA. EQUAZIONI FINITE DEI CONTINUI L'immagine del generico corpo naturale , sia ora un sistema materiale 2. iché la descrizione del moto di un sistema presuppone quella dei moti di tutti i suoi punti, occorre distinguere il caso disereto da quello continuo, Sei 2 il sistema disereto Sy = [(%, m,)}} il suo moto & rappresentato da N equazioni finite del tipo (1.3) e clot da ay B= Po 1 aN che, istante per istante, individuano le posizionl rispetto aT di tutti gli elementi : 1 3 2 2 a i alta 2 ; | 2 62 GS @@ £5 Sf = o 128 caPrToLo X,. Conformemente alle definizioni viste nei nn. 2. 3, i vettori velocita ed ac- celerazione di ciascuna particella X, sono espressi da. keh 4.2) y= PO, n= PO Ne E opportune rilevare che nel caso discreto ciascun elemento X, di risul- ta identificabile e distinguibile degli altri in quanto é erichertato dall"indice k. In effetti la (4.1) sottintende la formulazione 43) P= Puy kaha icita elemento X; di cui essa rappresenta la legge di moto. Questo tipo jone fa diretto riferimento a ciascun elemento materiale X; ¢ dicesi per- cid deserizione materiale del moto di 2. L'evoluzione degli infiniti elementi X di un sistema continuo richiede inve- ce altri tipi di descrizione. Nell'ambito della Meccanica dei continui, i metodi atti a rappresentare il moto dia sono essenzialmente due: la rappresentazione lagrangiana e la rappresentazione euleriana. In questo paragrafo cominceremo fad esaminare il primo. er ogni istante t prefissaro, si definisce configurazione del sistema. ri- esi indica con-2, — I'insieme dei punti di in cui, a tale istante, i elementi X di.¥. La configurazione #1, relativa alistante in le t, dicesi iniziale; quella occupata all'istante in esame dicesi invece artuale, Per caratterizzare ciascuno degli elementi X di. basta fissare il sistema in una sua configurazione possibile ed identificare la generica particella X ccon la posizione P.(X) che ad essa compete in.. La configurazione prefissat #. £allora detta configurazione di riferimento e pud, ad esempio, farsi coin ‘ere con quella iniziale; non & esclusa la possibilita di riferirsi a configurazior che non vengono nemmeno assunte nel moto in esame. In questa maniera ogni elemento X di.sf viene etichettato dalle coordinate X = (Xi, X2, X)) della sua posizione P, in.2, ed il moto di-# si riduce, istante te, ad una trasformazione puntuale tra, € 2%, (Fig. 1): a) (Pa, ES, XT Pe. Si usano anche le notazio 4.5) P= Pt) oppure x= F(X) che evidenziano il diverso significato di P, X ed r : Pla posizione che la parti- cella X (0 P,) di# occupa allistante t per effetto del moto r. E ovvio che ogni & Concent general della Cuematica 129 Fig terna di parametri in corrispondenza biunivoca con X costituisce una possibile rappresentazione della particella X. Esaminiamo ora le ipotesi da imporre alla trasformazione (4.4) affinché il ‘moto del continuo. risulti sufficientemente regolare. A tale scopo indi 4.6) xk = xH(XI, X2, X?, 1) k= 12,3 cche rappresentano le equazioni finite del moto di i# in forma cartesiana, Il moto di 2 si dice regolare nell'intervalio di tempo quando: ____a) le (4.6) sono applicazioni definite ¢ continue con le loro derivate par- Ziali prime e seconde ovungue in. x FF ») in ogni istante t died in tutti i punti X dig si ha sana . orto 7 eed «2 “en g 2B 2 = em ee ee os 130 CCAPITOLO I € la trasformazione (4.6) fra ei, risulta biunivoca senza eccezioni in modo che le configurazioni e ., siano omeomorfe ("). al punto di vista matematico le ipotesi a) - b) intendono assicurare lin- vertibilitd della trasformazione (4.5). Dal punto di vista fisico hanno invece il seguente significato. Le ipotesi a) — imponendo che ad ogni punto di 3, corrisponda uno ed un solo punto di.#, — escludono che durante il moto nel sistema assicura l'assenza di brusche variazic ticelle. In virti del?ipotesi b), ont distinti di 2 occupano posizioni distine in, e viceversa (inclusi i punti delle frontiere). In accordo con il principio di impenetrabilita della materia, viene cosi esclusa la possibilita che esista almeno tuna posizione di.#, occupata contemporaneamente da due elementi diversi del sistema. Ad esempio, non sono compatibili con lo schema in esame fenomeni di diffusione, evaporazione, etc. Per intendere appieno il significato della trasformazione (4.5) (o delle (4.6)), cesaminiamo le funzioni che si ottengono da (4.5) in corrispondenza di un valore prefissato di to di X. ‘Quando in (4.5) prefissiamo un istante f, si ottiene'’applicazione cosvante rispetto at 48) PCD 0%, 0 a, xT PX) EF; ‘che colloca tutte le particelle di B nelle posizioni relative allistante f. Il codomi- nio di tale trasformazione & percid la configurazione 4; definita da a Fm (PORE Keay = HD. Invece, quando in (4.5) si fissa !'attenzione su una data particella X, si ot- tiene Mapplicazione costante rispetto ad X (4.10) PAR, 1) CR, 1) EH, xT Pyle) () Com’é noto dallAnaisi ~ quando sl ammette che, sia un dominio ela corispondenza stable dalle 46) tale fronire di, 4, sa biunivoca — la contnuith dll derivate prime 413, nseme alla 4.7), implicano che anche ¥, sia un dominio ech la trasformazion (3.6 rst Incondaionatamente bianivoca. Si otter Inotre che, quando s| suppone di pote far endere quella iferimen necesariamentez/ > 0; ia Se qundler = cootinuith €l (4.7) Implieano Conce generali della Cinematica BI ‘che esprime la legge di moto del solo elemento X. Pertanto, equazione finita (4.5) descrive il moto del sistema continuo particella per particella; a ciascun ele- ‘mento X dig? associa un punto mobile le cui veloc ed accelerazione sono date da 1) VAX, t) = 8, PIX, t) = P(X, 1) (4.12) p(X, t) = 8, v9(X, 9 = POL), dove |e notazioni vp ed ap stanno a ricordare che la velocita ed accelerazione di X sono le derivate temporali prime ¢ seconde della pasizione istantanea Pi) del- la particella X prefissa Le componenti cartesiane in T di vp ed ap sono quindi espresse dalle deri- vate temporali delle funzioni (4.6) 4.13) VEOK, = AX! X28, 2) k= 12,3) G14) ABIX, 1) = HOLA, k= 12,3). Le traiettorie delle singole partielle X si chiamano linee di corrente del si stema continuo. Esistono, in generale, «line di corrente, una per ogni ele- ‘mento del continuo ¢ e loro equazioni parametriche sono costituite dalle (4.6). metodo di descrizione ora esaminato — pur essendo stato introdotto ver- 40 Ia meta del 1700 da Eulero — ¢ oggi noto come punto ai vista lagrangiand ‘0 molecolare, | parametri X!, X2, X? che determinano lelemento X di.d si di- ono variabililagrangiane ¢ le (4.11), (4.12) espressioni lagrangiane della veloci- t& ed accelerazione di X. 5. LA DESCRIZIONE EULERIANA. MOTI STAZIONARI La rappresentazione lagrangiana ésen’aliro la pid naturale poiché descrive evoluzione del sistema mediante la storia di tutte le sue partielle, delle loro velosit, ete. Quando, ad esempio, #assegnata Ia legge con cul istante per istan- te varia‘ velocita di ciascun elemento X di 6.) ve = HK 0) XEHUET, 4a determinazione delle equazioni finite delle corrispondenititraietorie si riduce al calcolo degli integrali = & = ea 1 nssaudsa (ojetiorran 0 a1eyeos) f auorzuns yseisjenb wun yp afe10dui2) eveAtsop | — 1 Woo a IP BlLIqetZeA eifap o1u09 19uB1 2130990 opuenb — o1eLDg wa = x epee 2 Soh 2y ee or pb 'G'xdal 5 [o x @ ors) 1 s1on2A jap euELa!n2 po euE/BuEsBE| o|ssaidso a] BN suOIzeIP1 aTUANEDS | eaeou 15 — (Z1"p) Bf Hoo eImuuiOy 2]e1 opuBIUOsUES — sUO!SN|SUIOD UE ‘DUDL2}n2 3u0;z012}9000 BYDUE 1S30IP 249 tng ng Bw we oye Baca wo ‘pumysapn2 auorzeynuuoy ayandas ee 42d aonpap 1s *1L-Wta “dep? ateonas oduiea un 1p uepe18 jap 1 w) auoNssaudsa.j opueps0dry ewe” yn pes on + 2 rr) 3019 wo, ay wwe we eee we we ane isnt sad 18 onadsy ({'s) vf osquiaul 8 oxquiou 31 -2p pisiseg “46 tp yB nuauodwos oqop (p1°p) euBisuEz80} auojssaidso,j a1Uasod ‘opuauay. “4 suorzesojsooe asonan Jad juo}rejt ayBoyeue a} owrqururesgy METI AW WO ORCA EG Woh = OK EX OO 9) 2 (€1'p) attep atep 4 tp yx nuouoduo> 9] 2m euELaina suorzuny eyop 4n flusuOdwios a] en aureS 1] “eZUENEDsUO 1c Ota = PG'axFa GW = HO Wan BY 15 (1's) UH (P'S) BI © (E's) UH (G"p) 1 opuaninsos teueLs2[n9 ‘suoyssaudsa,| aosinynisoo (g's) Bj aniuow ‘eueriuesBey auo|ssouds>,| sostuyp 2H (19) &1 — 4 prpopn ay spre ayp on 19d — oxdwase py “(W's 210 (69) a1 Sheoydde eiseq jorzewusseuddes anp ajep wane, wun,tep azesred Jog “Ygrns yep ets 949 OPuONEE FURLI9[Na © WUN}BUNEIBe] WO) ut weseLdsD amb iG ip Ov0U [e ere|posse (=leONIaA 0 arepess) J ¥zz=pLEIE UBD sig aenive auofreanB\juoo | 9u0;z{UY9p IP aua1su) out 09 ouuey — “qrowiutigt yp suoyreinBlyuoo wns ayULjap OUOE 24 4X aU -ueiBey ifqetsea apap W2U2d9}JIP B — 2859 LaUD}s9}r9 OUODIP IF 4X IN!QELEA 91 6-9) all assaauy uopauny 3] ouraseuddes ay eTTAA (ee OX = XK ) “ozeyeos wutioy uy ‘2anddo ‘ex 230d) Q'ax =x a) sonpap 1s (5°p) BP “22E10894 9 IP Ovou If 95 ‘onuersad “6"p) 20K euuoysen eyep BuTaM2AUL,| OUInoIsEP ajuapadaud ozawinL [BP (@~ (e[s2104) 31 ayp oueyaiosso ‘onsodod ut “2X Yp Hons | ouTIquneDs fs “U]WINY Te yporised 2] ounsuesy “odutat (ep ase{sea e ‘2yenb vj sad orzeds ojsp su0}F51 enpp a Ossy ovund olzoue8 ye OwuSWLDyt4 soeAu Bf BUD] AVOIDED v| — FFip X owloulp ootsaue8 [op 2 odo) [ep auoRuNy Uy assauds9 oUeHINs! OVO Je areposse azzopues# a eue/BuesBe] SUOIZuDHp vj UoD a1iueU — OWED “ouayeyne 0 27000) vita 1p onind onappis0o fe apuodsti400 9 UaqUatY,d 2 WOW [att Seq ep onopomnuy suua, oporsu! ae, “AHP d und | Jed oueysuess odwn ep Brerea re ato IP X fU2W> t180p OloUs If szezzITeUE, PU 9s|8UOD 249 OporsUL ‘opuooes un uod [sreIpmis puynb gnd onuyruoD BLAIS UN IP SUOIZN}ON9,"T “oue)suen wm ayo 2qponued app "O/B waiters sad ues eLeA — oFreds OTP ‘grauo(Sas eressyoud bun ip {ound unasela u} — ymo wos opoutj} aurjsds9 Sy Gian = a «9 odp [op ateuorzuny ezuap -tadyp wum 1p ofos eu “(1°s) 8 auH09 guo}2 ofp suoETELrEA ip 2883] BUN Ip aU odsip 1s uou mej |svo uy “919 ‘auo|ssaud ‘eanresodioy Wa}90P%A rend syoHsLA -ye7e> yed;oulid aap 2890] aurese,{ a1ueypout ofzads o}ap yrund [youuLs9y9p Ut ‘oquaureviodusoo 1 suzessyy Ojos Bul ‘nuoWiay> f1oBus fp apuRoqA 2] aN89s oI “sod 01190 9 wou ino yp ‘apn fU21109 Jp oF8D Te ‘oKduos9 pe ‘xesuad swe "WO “ojo 010] eyrea m9 woo 9889] ef afeinqea B OUaU oTUET gu ‘apONIEd 2184 IPP ‘your jf auyn8as & aosops JS UOU Mo Ut IseD Quad OUOISID fUOIZEOHACE OIFON ‘oor “Bid sap ewe f= Cra — OK cs) ean eanouuny npapynseua8 yaaa wovoLavo al 4 : ; 1 carrroLo Conese dele Came 13s a : : ae 7 forma euleriana st riduce alla dervata toute della funzone composta dit a3) ae, 0, 8061 os + on) * yey = sro = nelle incognite funzioni xt = x4). : a FOO a La univocarisluaione di questo sistema richiede Ia preciszione dele con- = ’ a | dizioni iniziali i af oh ye } : eee eZee, i 616 Plt) = Po aM) = x ka 123. ‘ : CConviene dungue far eoincidere la configurazione di riferimento con 7 “Tale derivata dices derivatalagrangiana o molecolae o, ancora, sostanzia- quella iniziale 2, in modo da identficare ogni elemento X di con la sua po- : le. tnvece, a drivata parziale a//2t dices derivara locale eulerana. La prima sizioneinizile Py La soluzione del problema ai valor inizal (5.1) » (5.14) de- : esprime la variablitt nel tempo della grandezza J riferitaall'elemento X di finice cos! una Funzione del tipo 2 the transita per la poszione P prefissata; Ia seconda & indiativa della sola va-'~- ] Snblltsloecedl eon In alta termint,mentre 2f/0tcorcsponde allimite per «= (SAS) P= PP 7 ‘At ~ O del rapporto incrementale | che carattriaza il moto di P,s al variare di P, in 3, la (5.15) determina le 0 | \ traittorie dei punt di B. Peranto, le ine di correnie di¥ possono riguardarsi 7 vers ay—seo, anche come le curve inegrali del sistema differenzale (5.13). It passaggio dal a a punto di vista euleriano a quello lagrangiano richiede dunque la ulterior risolu- ; Zione del problema diferenzale (5.13) - (5-14). a a ceivatatngeanglana & fez iit pe At ~ 0 del rapporto 5.1. 11 caso dei moti stazionari Lire + ant + at) — PO, 0, ‘ar Sia.#, un sottoinsieme della regione di spazio in cui si svolge il moto dia ¢ Fun intervallo di tempo incluso in. Sela legge (5.3) di variazione della ve- Sennen er calcolato seguendo le vicende che subisce nell'intervallo di tempo (1, t + A) la tock eateriana © non dipende eiplicuamente at eee ot medesima particella X che allistante t era in P. Tn conclusione, la desriaione completa del moto di # rappresentata dalle 6.16) a= wP) WP, 0 6m, x 57 7 equazioni finite (4.8) (0 (4.6)). Dal punto di vista lagrangiano, tale descrizione pud essere realizzata precisando direttamente la (4.5) oppure, in maniera equi- allora si dice che nellincervallo di tempo.J; il moto di &stazionarlo 0 perma- walente, assegnando la legge (S.1) di variazione delle velocita dei singolielementi rnente nella regione). In altri termini —- qualunque unto P disk, — tie loro posizioni iniziall le varie partcelle di che nei divers istanti di J; transitano per P hanno tutte 4a stessa velocitd (variablle perd da punto a punto di gh). 6.12) PO, t,) = PX). EE facile verificare che in ogni moto stazionario le inee dl corrente di? si G riducono ad «>. Infatti, poiché la variabile indipendente t non compare espli- In questo secondo caso basterd calcolare Vintegrae (5.2) per determinare il mo- citamente nei secondi membri di (5.13), le tre equazioni differenzial (S.13) non to ah oged elemento X di 3. risultano in tal caso indipendenti, avendosi Invece, quando si opera dal punto di vista euleriano, risulta assegnata solo ta legge (5.3) di variazione della velocita culeriana u(P, t). Tale legge, in termini scalari, equivae alle tre relazioni (5.7) che costituiscono un sistema differenziale + (Gna ee tree caine aera scan tet i tre equazioni del primo ordine inante v5 ac lea Se vie i | | | iti it aa ek a ee ae co 136 CAPITOLO ag 2 & SS @ 2 St & S&S Se a Conc general della Cnematica 137 ax 6.n = xt 7 a con uF = UE (yy Xe X) E allora possibile semplificare lintegrazione del sistema differenziale al se- {guente modo. Si assuma quale variabile indipendente una delle tre funzioni in- cognite ponendo, ad esempio, x? = y; in virtd delle (5.17), le prime due equa- zioni det sistema (5.13) assumono la forma G.18) _ e = hx, y) ait ue hx!, x, y) : Bo ar TN, = T= Nb € costituiscono un sistema di due sole equazioni differenziali nelle due incognite x(y), x2(y). Le curve integrali di tale sistema sono eo? e rappresentano tutte € ‘sole le linee di corrente dis, perché la terza delle equazioni (5.13) ‘ Fs HG a” 6.19) = serve solo a determinare la legge con cul varia, su ciascuna traiettoria, il para- metro x? al variare del tempo. In un moto stazionario, come si rileva da (5.9), risulta indipendente da t non solo la velocita.euleriana wu, ma anche 'accelerazione euleriana che siriduce ad 5.20) asu 6, ATTO DI MOTO. LINEE DI FLUSSO edi velocita vettoriale é stata data nel caso di un punto (a. -ato parlare di velocita di un sistema 2 per- tuaslatori che esamineremo nel seguito — tut- tra loro diverse. A rigore occorre quindi La defini 2). In generale, non ha alcun sig ché — eccetto il solo caso dei m ‘i muovono con veloc amo questo concetto secondo una definizione precisata da G.A. Maggi (1856-1937). ‘Sew ¢ un qualunque sistema materiale (discreto 0 continuo), indi mo ‘con la sua configurazione relativa ad un istante i comunque prefissato in ¢ riferlamoci alla legge (5.3) di distribuzione euleriana della velocita. Conside- rando lapplicazione castante rispetto at 6.1) WP, 0 ER x T> WP, 0, rimane specificata la velocitA in ogni punto di 8; Si ha pertanto la seguente Definizione 6.1. Dicesi atto di moto o campo cinetico dia allistante til campo vettoriale (6.2) 1O = (P, WP, 0)}, ‘che a ciascun punto P di.i, associa la determinazione w(P, 0) della velocita eu- Teriana e ciod la velacita che compete all’elemento X di che allistante si tro- va in P. L’applicazione (6.1) dicesi espressione dell'atto di moto e quando risulta 63) vPex., uP, = 0 si dice che Vatto di moto di¥ allistante € & nullo, Come si vedra nel paragrafo successivo sui moti rigidi, quando si studia il moto rispetto ad. di un intero spazio di riferimento.#" solidale ad un secondo osservatore, si estende la varia- Dilita di P a tutto 2% in tal caso il campo.o/(t) resta definito su (n. 14). er avere una espressiva rappresentazione geometrica del campo. (0), ana- lizziamone le linee vettoriali (Cap. VIL. n. 8.1). Definizione 6.2. Si dicono linee di flusso..# allistante {le linee vettoriali del campo.s/ (0 ¢ cio’ le linee che in ogni loro punto P hanno la tangente diretta come w (P, 0. Indichiamo con (0) la generica linea di flussé’relativa allistante f, con s VPascissa curvilinea ¢ con 1() il versore della tangente a y in P(s). Poiché risulta t= P’(), la definizione 6.2 implica che xt as Tut 6.4) uit, x2, 2, 0) ke 123. Le linee di flusso allistante { sono quindi definite dalle soluzioni xt = xs, 0 del sistema differenziale (6.4) i cui secondi membri non dipendono esplicitamen- 5) k= 123 papi ib oaip ehoeg cn ag cheb bps as et esse et ee ieee lie a oo 138 CCAPITOLO I te da s e contengono { come parametro prefissato. Considerazioni del tutto ana- loghe a quelle svolte nel n, 5.1 consentono allora di affermare che le tre equazio- ni differenziali (6.4) non sono indipendenti, avendosi co aed 69 Te con ut = uM(x!, x4, x, 0) ¢ tall relazioni coincidono con le (8.17). Per ogni { prefissato, il sistema (6.4) ¢ dunque riducibile alla forma (5.18) - (5.19), con s in luogo di t nella (5.19). Cid dimostra che Proprieth 6.1. In ogni moto di le linee di flusso costituiscono un sistema di oo? curve variabile da istante a istante. Se, in particolare, il moto é stazionario, nelle (6.4) viene a mancare la di- pendenza esplicita da f dil sistema (6.4) risulta equivalente alle (5.18) - (5.19). ‘Si pud allora affermare che ProprietA 6.2. Quando il moto di.¥ @ stazionario, le linee di flusso non pendono dal tempo e ad ogni istante vengono a coincidere con lelinee di corren- te did. i, d’altra parte, ¢ ovvio anche dal punto di vista fisico. Quando il moto non @ stazionario, una parjicella X posta sulla linea di flusso 7(t,) relativa all'i- stante t,, in un istante successivo t, dovra appartenere alla linea (t) # (,)- Invece, quando il moto & stazionario, ciascuna particella di 2? che si trova su +t,) non potra che descrivere la traiettoria(t,); ogni linea di flusso viene per- cid a eoincidere con le =! linee di corrente delle so! particelle che, ad un dato istante, si trovano su essa. Cid spiega anche il motivo per cu, in ogni moto sta- zionario, le linee di corrente si riducono ad «02, Concent general della Cnemasin 19 §3 - MOTI RIGIDI 7. SPOSTAMENTI E MOTI RIGIDI. RIFERIMENTO SOLIDALE Sempre riferendoci al caso di un sistema materiale # (discreto 0 continuo), vosliamo ora applicare le considerazioni generali det paragrafo precedente ad una classe di moti che — pur se di tipo particolare — risulta di notevole impor- tanza, sia teorica che applicativa, Precisiamo anzitutto il concetto di spostamen- 10 di un sistema, Signo.’ eB" due configurazioni possibili die P’, P” i punti di che individuano le posizioni in”, del generico elemento X did. Come si vi- sto in Cinematica del punto, il vettore P*-P? definisce lo spastamento finito di X dalla posizione P’ alla posizione P*. Per quanto riguarda lintero sistema, sihala Definizione 7.1. Indipendentemente dai moti che reclizzano le due confi- ‘gurazioni, dicesi spostamento di¥ da.’ a.#* —e si indica con." ~ af" — Vinsieme (Pig, degli spostamenti di tutt gt elementi del sistema, Consideriamo un altro elemento arbitrario Y di.a’e denotiamé con Q’, Q” le sue posizioni inv’, #*. Si ha allora la seguente Definizione 7.2. Lo spostamento.¥" > iv" si dice rigido se conserva le di- ‘stanze di tutti punti del sistema, ¢ ciod se, scelti comunque due elementi X ed Y dit, risulta IP’Q’T = IPQ" iamoci ora ad un intervallo di tempo7ed assumiamo che il sistema ® sia in moto rispetto alla terna ortogonale levogira T = (0, ¢,) = Ox!x2x?, ‘comunque prefissata nello spazio di riferimento¥ dell'osservatore 0. Se, , sono le configurazioni iniziale ed attuale di, indichiamo con Q, i punti di, che rappresentano le posizioni iniziali di due elementi ar- bitrari x, Y di. Nellambito della rappresentazione lagrangians, assumiamo &,, quale configurazione#, di riferimento, in modo da identificare tutte le par- XY ew, ticelle X, Y, ... di con le corrispondenti posizioni iniziali P,, Qu... di. ts to = = Gs ey as ce ee es & 40 caPiToLo i finite del moto di X ed ¥ sono percid del tipo Py QE ves. P=PP.0 = QQ,0 Definislone 7.3. Un dato moto del sistema materiale si dice rigido nel- rimervallo di tempo Fse, in ogni istante di si mantengono invariare le distan- zedl uti punt del sistema, In alri termini, comungque si scelgano due elemen- ti arbitrari P, Qy dB, deve risultare VP Qy Eth 72) IPP 1) AQe OI = IPQ! wes ‘Tale condizione (7.2) implica che in un moto rigido si conservino non solo le distanze, ma anche gli angoll; invero, basta considerare tre punti arbitrari di #,, ed applicare il terzo criterio di eguaglianza dei i. Inoltre, come segue dalle definizioni 7.2.7.3, tut tra le configurazioni dia realizzate in un moto rigido risultan ‘vio che anche sistemi comunque deformabilirisultano susceti Invece i moti rigid. Definzione 7.4. Si dice corpo rigido — 0 solido — ogni sistema materiale 4 cui possibili motl sono tutti rigidi. In virta dell'assioma 1.1 del Cap. It, 1a condizione di rigidita (7.2) 8 indi- pendente dall’osservatore. Pertanto, in Meccanica classica, la definizione di corpo rigido ha significato assoluto. ‘Un concetto fondamentale nello studio dei moti rigid é quello di riferimen- to solidale al sistema; esso & caratterizzato dalla seguente proprietd. Proprieth 7.1. Un dato moto di in.# @ rigido nell'intervallo di tempo. se e solo se esiste un riferimento T’ rispetto al quale # in quiete in ogni istante aie Dim, Riferendoci, ad esempio, alla configurazione iniziale.#,,, scegliamo quattro punti di essa che individuino una terna trirettangola T”. $e i! moto & righdo in. in virtd dellinvarianza degli angoli, tale terna si mantiene trirettan- om 6B once general dela Caematca rh in ogni istante di.¥- Inoltre, Minvarianza delle distanze implica che le coor- dinate dei punt del sistema rispetto aT’ (coordinate soliali risultano costanti al variare del tempo in'T ¢ ciot che. sia in quieterispetto aT’. Viceversa, in ‘base alla definizione 7.3, facile verficare che l'esistenza di un riferimento di uiete per ¥ implica la rigidita del moto. = ‘Una qualunque terna che verifica tale proprita dicesi solidale al sistema 6, semplicemente, solidale. In tutte le considerazioni che riguarderanno i moti igdi indicheremo sempre con T’ = (0, u,} = O'y!y?y? una terna solidale a che risultitrirettangola levogira. L'insieme di tuti i punti dello spazio che, ‘come quelli di, conservano posizioni invariate rispetto alla terna solidale T viene detto spazio solidale e sard indieato con:#" . In contrapposizione, lo spa- io. di riferimento dell'osservatore Mela terna T = {0 ¢,) = Ox!x2x? vengo- no denominati spazio fisso¢ terna fissa. Le coordinate di un generico punto ri- spetto a T saranno denotate con x = (x!, 2, x) e quelle rispetto aT’ con y = (, ¥, ¥°) (Coordinate solidal), 8, RELAZIONI TRA IL RIFERIMENTO SOLIDALE ED IL RIFERIMENTO FISsO Come si vedra (n. 9), 1o studio dei moti rigidi di-¥ si riduce in sostanza al- Panalisi dei moti dello spazio solidale.#” rispetto allo spazio fisso., ¢ cio ‘moti di’ (0 di qualunque altra terna solidale) rispetto a T. In vista delle appli- cazioni successive, é percid opportuno precisare una volta per tute alcune utili fra la base solidale (o,) e quella fissa (e,). In via preliminare, rileviamo che mentre 'origine M ed i versori e della ter- na fissa T sono indipendenti dal tempo, invece l'origine 1’ edi versori w, della terna solidale T” variano da istante a istante, Per assegnare un moto della terna solidale T’ in 4 occorre dunque specificare le applicazioni vettoriali en aan, y= a wes, tenendo perd presente che le funzioni u, non sono indipendent; esse devono ve- rificare in ogni istante di 7 le sei relazioni scalari 2 40 + 4 = by Gi= hae che traducono lortonormalita della base (u,). Inoltre deve risutare @ Xue ed mer, ae 8 2 SS S&S Ge a | - ‘ : 5 7 ' 2 4 ; x : - / : : a a Ss ye Ae A eR rn 142 captToto once general della Cinematica 143 affinché la terna T’ sia anche levogira. Se Afdenota la componente del versore solidale u, sull'asse x* della terna fissa T, ill cambiamento di base (u,) — (@) & definito da (AR =u > vers x4) con la somma sullindice k, secondo la convenzione di Einstein. (8.4) ue Abe Osservazione 7.1. I nove coseni direttori AK(®) degli assi solidali rispetto agli asi fissi — essendo le componenti di u, — devono verificare le (8.2); pertanto, ‘quando si prefissa una terna solidale, & possibile assegnare ad arbitrio solo tre di tali coseni perché gli altri sei vengono determinati dalla risoluzione del siste- ‘ma (8.2). Poiché tale sistema & non lineare, fra le erne trifettangole individuate con questo procedimento é sempre possibile sceglierne una levogira imponendo 1a 8.3). Esprimiamo ora la (8.4) in forma matriciale 4 8 A AY 8.5) wf =Ale AD OAR 4 4 AL AR AS ricordando che iriferimenti T ¢ T’ sono ortogonali. Di conseguenza, la matrice A risulta ortogonale ¢ si ha 8.6) AAT = Te ATA = Te Act = AT in cui I indica la matrice unitaria, mentre AT ed A~! denotano la trasposta € Vinversa di A. Le (8.6) equivalgono ad affermare che sia | tre vettori riga che i tre vettori colonna di A costituiscono una base ortonormale; cio, ta somma dei quadrati degli elementi di una riga (0 colonna) é 1, mentre la somma dei pro- dotti degli elementi corrispondenti di due righe (0 colonne) é nulla. Pertanto, {quando si impone ortonormalita dei vettori riga (¢ ciot la condizione AAT = 1), si hanno le sei relazioni AIAL + AtAR + APA} = By che coincidono, ovviamente, con le (8.2). Invece, imponendo lortonormalita dei 67 Gj= 123 vertori colonna (e cio la condizione ATA = 1), si ha 6.8) AIAL + AIAD + Alb = = 12,3). In accordo con (8.6), le formule (8.7)(8.8) sono equivalenti nel senso che le une implicano le altre. Poiché A-! = AT, la trasformazione inversa di (8.5) ¢ ovviamente data da 4 4 8.9) aq] sat ly % 4 Nel seguito indicheremo con A la matrice derivata di A e ciod la matrice che ha per elementi le derivate temporali At di Af. Poiché A & ortogonale, se denota la matrice nulla, dalla (8.6) si deduce 10) “PIAA = 07 AAT = Ade, Ricordando che la trasposta di un prodotto tra due mat Med N étale che @.u) (MN)T = NTT, a (8.10), ponendo A = (AY, si trae (8.12) AAT = ~ (ANTAT = = (AAT clot Ja matrice AT risulta antisimmetrica. Cid premesto,indichiamo con P il generico punto dié e con x, ylesue coor- dinate in T € T'; siano poi xy. = (xh., x}. x5) le coordinate in T dell’origine 9" della terna solidale. Con tali notazioni, le espressioni cartesiane del vettore P ~ " nei due riferimenti sono date da G1) P= Gah, P= OF = vy Applicando ad w il cambiamento di base (8.4) si deduce 14) . x = ah + Aly! k= 129 4 caPrToLo mt che rappresentano le formule di trasformazione tra le coordinate x ed y dello stesso punto P nei due riferimenti Te T’. 9, LA DESCRIZIONE LAGRANGIANA DEI MOTI RIGIDI L'importanza della proprieta 7.1 nello studio det moti ri seguenti considerazioni. , Sent Tesistenza dl un riferimento di quiete T’ costantemente ortonormalee in- variabiita nel tempo delle coordinate solidali di ogni punto P di.2, implicano che i vettore posizione y di P risperto a T’ Fig. 2 i sun elemento Pertanto, i parametrilagrangiani pit naturali per etichertare ciascun ee ano essere proprio le coordinate costantiy della sua posizione di oles osservi che P rappresenta il punto dial quale ovreap- wo allistante til punto P, dello spazio solidale. Di conseguenza — se x *. fei x2, x) denatgno le coordinate di P in. ~ il moto di P, si riduce, istante per istante, alla trasformazione fra le coordinate x ed y di uno stesso punto nei Ave riferimenti T e T” entrambi ortogonali once general dela Cinematica us Possiamo quindi affermare che la trasformazione puntuale (4.6) — che ca- ratterizza il moto di un sistema qualunque nel’ ambito dela descrizione lagran- siana — nel caso rigido si identifica con la semplicetrasformazione lincare (8.14) fra due riferimentl ortogonali 0.2) xO) + AKO¥ =O, FD k= 12,3). La rigidita del moto in tai formule & caratterizzata dal fatto che le coordi- nate y'di P, sono costanti al variare del tempo; tali coordinate costituiscono le variabiliindipendenti atte a rappresentare le singole particelle P, di cui si stu- dia Pevoluzione, Pertanto, i secondi membri di (9.2) sono funzioni note appena si prefiss il moto della terna solidale mediante le (8.1)¢ clo# appena siano asse- ‘nate le dodici applicazioni scalari e3) Aye, AL = AL cche specificano il moto di ela legge di variazione temporale dell'orientamen- to di T’ rispetto aT. Le (9.2) rappresentano percid le equazioni finite dei moti rigid in forma cartesiana. Sostituendo in (9.1) le (8.1) (che costituiscono ta forma vettoriale delle 0.3), si deduce wes, 04) P= 0 +! 1 + PHO + PU) = PR, che dicesi equazione generale dei molt rigid! di 8 in forma vettoiae. Osservazione 9.1. Con riferimento a quanto si precisato nell’osservazio- ne 8.1, la descrizione lagrangiana dei moti rigidi si realizea assegnando ad arbi- trio solo sei funzioni scalari de! tempo: le tre coordinate x}.(2) di” in Te tre dei nove coseni direttori AM) compatibili con le sei equazioni (8.7). Osservazione 9.2. Le (9.2) sono applicabili non solo alle partcele del cor- po ma anche a tuti gif altri puntiy dello spazio solidale 4, Pertanto, "ipote- sii rigidita del moto di # equivale ad ammettere Pesistenza di un intero spazio =o spazio solidale ’ — che si muove con 4 senza subie tleuna deformazio- ne. Lo studio dei moti rigidi di si identifia percid con quello del moti dell'n- tero spazio &' in 8. Per questa ragione, ne”ambito dei moti rigid la variabilita di P& estesa a tutto @anziché a 8, Cosi, atto di moto of () definito da (6.2) nel caso ri- ido 2 rappresentato dal campo vettoriale 0.3) 4 = (P, WP, Dy 6S 8 &2 @ & &8 6 & eandanaaaaa seis eso 146 ile, si serivono COsserviamo infine che le equazioni (9.2), in forma matri 06) x= x,() + Aly, in cul x, y, Xp, denotano i vettori colonna costituiti dalle coordinate di P in T, T’ edi” in T, Con riferimento a quanto si & precisato nel n. 5 del Cap. 11 enellosservazione 9.2, la (9.6).si pud anche riguardare come la legge di trasfor- mazione tra le coordinate di spazio x ed y attribuite ad uno stesso evento dali ‘osservatori solidali a due spazi animati di moto rigido uno rispetto all'altro. 10, LA VELOCITA DI ROTAZIONE ISTANTANEA. LE FORMULE DEL POISSON Si érilevato che lo studio di un qualunque moto rigido di con quello dello spazio solidale #” rispetto allo spazio fisso.# e percid — in uhi- ‘ma analisi — con il moto in. di una qualungue terna solidale T. Per caratte- rizzare la distribuzione istantanea delle velocita (atto di moto) nel caso rigido, @ fondamentale percid l'analisi preliminare delle derivate temporali dei versori solidalt. ‘A tale scopo — con riferimento ad un arbitrario moto rigido di’ in», assegnato nell'intervallo di tempo.7— sussiste il seguente teorema (). ‘Teorema 10.1. Per ogni moto rigido di.’ in, esiste una ed una sola ap- plicazione vettoriale puramente temporale w(t) definita su Fe tale che a (10.1) cae k= 1,23. @ = ww x yO Inoltre, a(t) rsultaindipendente dalia scelta di nellinsieme dei riferimenti solidali ortonormalilevogir. Dim, - Ammettendo che esista un w capace di soddisfare le (10.1), indichia- ‘mone con (p, a, £) le componenti solidali in modo da scrivere: @) Per esigena tpograche, otono ester riprodott in neretto,Pertanto, d'or in po, le grandezzevetorial che verranno indicate con tl leteresaranno souoineate: wf ¥. Concer general della Ciematica 147 ewe (02) 2pm + am + 1m, Dimostrare le (10.1) equivale quindi a provare Vesist a pr tenza di tre soli scalari (p, (10.3) ay = ry amy, ty = — rH, + Puy, ty = Qu, — PU, A tale scopo, deriviamo la relazione (8.5) che esprime la trasformazione (a) ~ (@) ed appl ‘mento solidale; si ha q " 4, (10.4) |u| ea}e| = aar La trasformazione (i) -> (u,) & percid definita dalla matrice (10.5) B= Aat, che abbiamo visto essere anisimmetria {n. 8, eft, (8.12)]. Se B = BIL, deve dquindi avers (06) BR=0 k=1,29, Be—BE kei e le relazioni (10.4) trai versori solidali u, ed i loro derivat formule si riducono alle (10.7) = By, = 12,3) caratelezate di resol element BB BR. A.questo punt bast - Fe la (10.7) con la (10.3) per dedurre BEA pm confront (08) p= Bh= Gu, G2 —BR=— sje, re Beam ed affermare la validita delle (10.1). L'unicita di w segue subito dall'osservazio- ne che se w* é un'altra soluzione delle (10.1), sottraendo membro a membro, Se Ge Gs Go to f tia ee eS esti tae tia G62 62 6S BRE] Ge ee 18 CAPITOLO I My carTONO MN we xy a0 KALI ee Infine — per dimostrare l'indipendenza di w dalla sceta di T’ — si indichi con ‘Te = (0, wf) un altro riferimento solidale arbitrariamente scelto in #” € sia € = AC{N la matrice della trasformazione (u,*) ~ (4) (10.9) uy = Cy Poiché T’ ¢ T* sono ambedue solidali ed ortonormalilevogiri, la matrice C ri- sulta indipendente dal tempo ed ortogonale; tenendo presenti le (10.1), (10.9) si ha dunque 10.9") it = i= Ce x yee x uf ‘e cid completa la dimostrazione del teorema. Osservazione 10.1 In altri termini — come si evince dalla dimostrazione del teorema 10.1 — prefissato comunque un riferimento solidale T’ ortonormale le- ‘vogiro, le nove componenti in T’ delle derivate dei suoi versori costituiscono la ‘matrice antisimmetrica oor -a | (10.10) pal|-r 0 p| er o| ¢ risultano percid completamente caratterizzate dal solo vettore (p,q, #) defi nito in (10.8) Le relazioni (10.1) che esprimono tali derivate sono note col nome di formule del Poisson Qsservatione 10.2. Le (10.1) possono anche dimostrarsi osservando che le relazioni a gery si copes Omura k= 123) implicano la compatibilita delle ¢re equazioni vettoriali (Cap. Il, n. 1.4.3) = 8S once general dela Cnematca 9 0.19 Xm = = 129, ced esaminando se 1ra le infinite soluzioni ne esiste una indipendente da k e cio tale che Wwe e. Imponendo tale condizione alla formula risolutiva di (10.11) (cfr. (1-17) del Cap. VIN} si deduce 4, x a + pay, ay Xa, + Oy we wy Xi + TH. Basta sommare membro a membro questerelazioni ¢ tenere presente Ia (10.2) per dedurre la seguente espressione della funzione w 10.12) = (1D Dy x ity, ‘che soddisfa — com’é facile verificare — le re equazioni (10.1). Infine, da (10.9), (10.9°) e (8.8) si trae ; : Soup it = Bacin x i= oy x = Bax i ; cid prova Minvarianza dellespressione (10.12) di w rispetto alla scelta del rife- rimento solidale. I teorema 10.1 ¢ osservazione 10.1 dimostrano I'importanza della seguente Definizione 10.1. Dicesi velocita (0 vettore) della rotazione istantanea — ‘oppure velocita angolare — l’applicazione w(t) definita in (10.12) (0 (10.8)] che, ‘mediante le (10.1) determina la traxformazione () ~ (iy) tra una aqualunquen base solidale di” e la terna delle sue derivate. ossiamo quindi affermare che la velocita di rotazione istantanea («spin» in inglese) caratterizza la rapidté con cui varia, istante per istante, Vorientamento di «ogni» terna dello spazio solidale rispetto allo spazio fisso #. ‘Sempre con riferimento ad un arbitrario moto rigido dello spazio solidale .®* rispetto allo spazio fisso, considerlimo ora una qualunque funzione vetto- assegnata I'espressione cartesiana nel riferimento solidale T’: Bs ee SS we ee a 130 ‘CAPITOLO I (10.13) A = uy + Pay) + PU. Le formule di Poisson consentono il calcolo della derivata dif. Due casi debbo- no distinguers 1) f(t) esprime una grandezza che varia sia rispetto allo spazio fisso 9 che a quello solidale #". Di conseguenza, le componenti f* in T’ mon sono co- stanti al variare del tempo ¢ la (10.13), pitt precisamente, va seritta (10.14) 1 = HOMO, pper cul, derivando ed applicando le formule di Poisson, si trae Ee omy + wo x 0. (0.15) 3 2) £(0 esprime invece una grandezza solidale ad" e percid variabile so- lo in.#. In questo caso — che distingueremo dal precedente indicando f con f, — le componenti fF risultano castanti e la (10.15) si riduce a 00.16) a) XL. ‘Osserviamo infine che la (10.15), per w # 0, implica as P= Foo # HH 180 0.17) per cul futte¢ sole le funzioni vettoriali parallele ad w(t) hanno la seguente Propriett 10.1. Una data grandezza vettoriale f(t) che sia castante nello spazio solidaterisulta castante anche nello spazio fisso(e viceversa) quando e solo quando 2 parallela ad w(t). In particolare, la direzione orientata del vettore w(t) di rotazione istanta- nea appare costante all’osservatore fisso solo quando risulta tale per Iosser tore solidale ¢ viceversa. &5 once general dela Cinematic 1st 11, VELOCITA ED ACCELERAZIONI NEI MOTI RIGIDI. SPOSTAMENTI RI- GID! ELEMENTARI Mediante l'applicazione vettoriale u(t) & possibile caratterizzare le velocita ¢ le accelerazioni di tutte le partielle P, del sistema 1 (0 dello spazio solidale #') animato di moto rigido in Siano at) P= PPyt, Q= AQ Per Q edt Je equazioni finite del moto di due elementi P,, Q, arbitrariamente scelti in. € a2 w= PPD = AQ wer le espressioni agrangiane delle loro velocita. La condizione di rigidita (7.2) im- plica equivalenza (11.3) IP) — QI? = cost. © P~Q-(P—Q=0 vP,Qew quindi la seguente Proprieti 11.1. (Prima proprieta caratteristica dei moti rigid). Ui moto dit in-#? rigido nellintervalto di tempo. e solo se — per ogni coppia di elementi Pay Qg di# ed in ogni istante di.7— risulta aa P= -p—v) = 0 wes. Immediata conseguenza di tale proprietae delle formule di Poisson & pot la Proprieta 11.2. (Seconda proprietd caratteristi¢a dei mot! rigid moto dit in.# 2 rigido nellintervallo di tempo Fee solo se — per ogni coppia di elementi Pay Q, di.af ed in ogni istante di — risulta mes, ans) wet texP-Q dove w(t) 2 ta veloctd della rotazione istantanea. Dim. - Se il moto di 2 in @ rigido, espressione eartesiana del vettore P — Q nel riferimento solidale T’ P—-Q= Oh-yMO Be SS eS eS SB & S&S & = = SES 32 CCAPITOLO IH & caratterizzata dalla costanza delle componenti (yp — yg)- La derivata di P — Gi pers calcolabile secondo la (10.16) che genera subito Ia (11.5). Viceversa, oie la (1.5), moltiplicando tale relazione scalarmente per (P — Q),si deduce fa (11-4 che dimostra la rigidita del moto. = La (11.5) esprime il legame tra le velocitd di due elementi qualsi sistema snimato di moto rigido; essa, pertanto, ha carattere lagrangiano. Tnoltre,se in un dato istante t di-Frisultano noti i vettori va(t) ed w(t), fa (a1 s)conscnte di determinare le velosta tut pant soidali Bd cu si co- hroscano Te posizioni attuali P() in J. ln tale ipotestrisultano infatti noti tutti i vettor! a secondo membro di (11.5). Per questo motivo, le determinazioni at- tuali vo(0) ed w( delle applicazioni vg, w si dicono vettorécaratteristicl rspet- toal polo Qe la (11-5) dicesi formula fondamentate dei moti rigid! sgnificato ‘Completo di tale formula risulta ancora pili evidente nell'ambito della descrizio- ne euleriana dei moti rigid (n. 13) dove essa svolge, come si vedra, un ruclo exsenziale. Mediante la (11.8) & possibile caraterizzare anche la distribuzione degli spo- stamenti elementari(n. 2) dei punti di un sistema animato di moto rigido in J: ‘A ale scopo si consideri un intervallo di tempo [t,t + at] incluso in 7 siricord fefr. @.11) che lo spostamento elementare di P, a partire da P() & definito da a9) P= ve(ndt Pew. Liinsieme (4P}p, ¢, degli spostamenti elementari di tuti i punti del siste- ma¥ animato di moto rigido dicesi spostamento rigido elementare, Se moltipli- chiamo 1a (11.5) per dt e poniamo aun ¥ = wna si ottiene a8) aP = dQ+y x (P—Q- Questa formula — al par della (11.5) per le velocita — determina gli spo- stamenti elementari di tutti punti di (eciot lo spostamento rigido elementa- To) appena siano noti i vettori dQ e W. Per questo motivo i vettori Qe y ven- pono det vettoricarateristici dello spostamento rigido elementare, Il vettore f avendo Ia direzione di w, dicesi vttore della rotazione elementare. ‘Un'altra applicazione della (11.5) riguarda il calcolo delle -accelerazioni nei moti rigidi Conce generall della Ciematiea 133 In via preliminare decompo- niamo il vettore P ~ Q secondo la direzione di w ¢ la giacitura ad es- sa normale. Sia zl retta parallela ad w passante per Qe P, la proie- zione di P su z. ‘Si ha P-Q=@-P)+(.-Q per cui Ia (11.5) assume anche la forma (1.9) B- Q=axP-P). Cid premesso, derivando la (I), Fig. 3 si trae (11.10) Bp tg tGxXP-QtexG-O. ‘Vediamo come si trasforma il termine w x (P — Q) quando si applic ais any, wx (P-Q=uax lex P- P= = la: (P ~ Poa — aP - =- oP - PD. Basta sostituire tale formula in (11.10) per dedurre la relazione (aa) ay = ag - HP = PL FSXP-O, tra le accelerazioni di due elementi arbitrari P,, Q, del sistema (0 dello spazio foldal) Ben dunque,l par della (113), usa Felasone dl io agrangiano. 12, MOTI RIGIDI ELEMENTARI Al fine di evidenziare le proprieta fisiche del vettore di rotazione istantanea ‘2(), passiamo a specalizzare le proprieta general finora stabilite nel caso di al- ‘cuni moti rigidi pit eomuni. Co 68 €@ @ ae 8 G3 && GH is CAPITOLO It In base a quanto si é precisato nel!’osservazione 9.2,¢i riferiremo diretia- i rigidi di tutto lo spazio solidale 2 rispetto allo spazio fisso.4, senza fare alcuna distinzione tra i punti del sistema ed i punt soli ‘come al solito, P(t) indichera il punto di 2? in cui & posto alli P, dello spazio solidale. ‘Come sié pitt volte precisato, i risultati acquisiti sono del tutto indipendenti dalla scelta della terna fissa T = (9, e,) € di quella solidale T’ = (9°, uj}; di conseguenza # sempre possibile assumere che allistante inizale t, di Feli ele- rmenti di T’ (origine ed assi) siano sovrapposti a quelli di Te cio’ a2) aa=9, weg band ‘Ovviamente, quando il moto rigido di#’ in. di tipo qualunque, in ogni istante di Feucessivo a t, si avra in generale ro, Moxy wh Esaminiamo invece i seguenti casi particolari (22) wy SG) = 123, MET mori trastatord, (23) weg, WM=, WEF (moti rotator), (24 wOeg, wer (moti rototrastatori. Poiche la (12.3) @ una restrizione di (12.4), il easo dei moti rotatori verra discusso nell’ambito dei moti rototraslatori. 12.1. Moti trastatori Un moto rigido d.2 in 2si dice traslatorio nelUntervallo di tempo.Fquando a terna solidale T' (e quindi ogni altra) mantiene, in ogni istante di J, orienta- ‘mento invariabile in 2. Da (12.2) e dalle formule di Poisson (10.1) segue l"equivalenza KO = Kt) +e =0 &=ALAD, WEF per cul possiamo affermare che G5 6S 8&2 Gp 63 SG Gs ES ae once ener dela Cnematica 135 Fig. 4 Proprieth 12.1. 11 vettore della rotazione istantanea w(t) di un moto rigido (2 identicamente nullo in Fse e solo se. ¥ 2 traslatorio in ogni istante di 7- Questa proprieta é un'altra conferma del significato di w quale velocita di rotazione istantanea. Inoltre, dalla (11.5) si trae (12.8) W() = 0 volt) = volt) WP QE” per cui — data I'arbitrarieta di P, e Q, — si deduce che Proprietd 12.2. Tutti e soli moti i moti traslatori. ‘ui i punti hanno la stessa velocita sono ___ Cid dimostra che il moto traslatorio 2 T'unico caso in cui é lecito parlare i velocitd det sistema, anziché di atto di moto. Il valore comune (2.6, 1) = vel) vP,€#" delle velocita i tuti i punti & pertanto un applicazione puramente temporale che dicesi velocita di traslazione dello spazio solidale, Derivando la (12.6) si ha (2.7) 0 = att) vp, €"" ‘¢ciod in un moto traslatorio tutti i punti hanno non solo Ia stessa velocita, ma ca 2 2S 62 8 52 & & SS & 156 cAPITOLO mH = £3 oe once general della Ciematica 137 ‘anche la stessa accelerazione. Owiamente, i vettori z(t) ¢ £(t) variano da istan- tea istante; quando risulta (2.8) % = 20 = 0% 10 = 20) wey, il moto traslatorio dicesi uniforme in F- Integrando la relazione (12.8) nell tervallo di tempo [ty 1] CFs ricava (12.9) PU) ~ QW) = PL) ~ Qt.) = Py - Q wes per cui (cfr. fig. Proprieta 12.3. Un moto rigido. 8 traslatorio se e solo se, in ogni istante «di J, tut vettori delto spazio solidale risultano cosianti anche nello spazio fisso. Da (12.5) segue che P(t) = Q(t) + (P, ~ Q,)e ciog, in un moto traslato- rio, quando é nota la traiettoria Q = Ql) di un punto prefissato Q, di’ é determinare quella di ogni altro punto P, mediante la sola traslazione ,- In altri termini, tutti i punti descrivono fraiettorie eguali con la stessa legge. Secondo che la forma comune i tli traittorie sia una reta, una circon- ferenza, un'elica cilindrca .., i moto traslatorio si dice retilineo, circolare, eli- coidale, etc. Quando é verificata la (12.8) ~ ¢ cio il moto traslatorio & anche uniforme le traieworie di tutti i punti devono essere necessariamente rettilinee. La (12.2) mostra inolire che solo quando il moto @ traslatorio, 1a matrice A della trasformazione (u,) —* (e,)¢ indipendente dal tempo; data la sceta del- |a posizione iniziale T’(t,) dea terna solidale rispetto aT, le equazioni finite (@.2) nel caso in esame assumono la forma (02.10) xe hes yt k= 12,3, che si dicono equazigni finite dei moti traslatori. Se, in particolare, il moto & anche uniforme e si assume che la velocit costante di traslazione r abbia la di- rezione orientata di x! = y ~ scegliendo t, = 0 € ponendo Ir] = v ~ siha (2a reve, 0 - 2 = vie, equindi i moti traslatori uniformi dello spazio solidaterispetto allo spazio fisso ‘possono descriversi semplicemente mediante le equazioni (12.12) Meyleu, Mey, vay, ‘Osserviamo infine che da (12.6) si trae (12.13) aP = vydt = rat VP, €a" €¢ cioé in un moto traslatorio tutti punti subiscono lo stesso spostamento ele- ‘mentare rt che dicesi traslazione elementare, 12.2, La classe del moti rototraslatori Un moto rigido di" ini si dice rototraslatorio nellintervallo di tempo Fe esiste una retta z dello spazio solidale che in ogni istante di.Fmantiene orien- tamento invariabile in 3. ‘Assumendo quale asse solidale y? la retta 2(t), nel caso in esame le (12.1) implicano la (12.4) e quindi, in ogni istante di deve aversi: 2()hv. La reita 2(t) dicesi asse del moto rototraslatorio. R(t)? . wey? 4) Fig. 5 Indichiamo con (1) Vanomalia che caratteriza la rotazione di T’ intorno alla retta solidale 2{t) computata positivamente in senso levogiro rispetto ad y> Fig. 5). E facile verficare che la matrice A della trasformazione (u,) ~> (@,) nel caso in esame é definita (cfr. (8.5)] da 18 ‘cAPITOLO 4, = (Ah. AB AD = (60s 8, sen 8, 0) (02.14) ee) sen 9, cos 9, 0) = (AL AR AY) = (0, 0,1), da cui, per derivazione, si otiene (2.18) fi, = du, i, = — du, a, Sussiste allora ta seguente Proprleta 12.4. Nei moti rototraslatori la velocta di rotazione istantanea ‘2(0) ha in ogni istante di Fla dirézione costante dell’asse xt), avendosi (12.16) 2 = du) = dye, wey, Viceversa, se in un moto rigido_t la funzione wt) ha direzione invariabile in 4%, allora_t & necessariamente rototraslatorio. Dim. Se. 12 rototraslatorio, da (12.15)-10.8) si deduce che p = 0, q = 0, 1 = de quindi la (12.16). Viceversa, se la direzione di w ¢ invariabile in.#, tale risulter& anche in.#” (cfr. propr. 10.1); pertanto ogni retta dello spazio solidale parallela ad w mantiene otientamento invariabile in 2 e ciot il moto rigido. 7 @ rototraslatorio. ‘Le equazioni finite dei moti rototraslatori si deducono subito da (9,2)-12.14): x) = xh + y! cos. 9 — yt send (2.47) xt = xh + yl send + yeas d Saey ed assummono forma esplicita quando sono specificate le Tunzioni x= x(t), a= 9 che traducono It moto di" ¢ Ia rotazione intorno all'asse 2(1). aS es once general della Cinematica 159 ‘Si osservi che tutti i punt solidali appartenentiall’asse 21) del moto hanno Jastessa velocita, con direzione qualunque. Infatti da (11.5), identificando Q con ", si trae (12.18) y= tex P—2) pper cui ogni punto O di z(t) ha velocita data da (12.19) wear VO € 210), Ivalore comune 1 delle velocta i tutti i puntidell'asse z dicesi velocita di tra- slazione dell'asse; con tale notazione, la (12.18) si scrive (12.20) ¥ = 2 + a) x (P—0) VO € x(t). In generale, a differenza dit) il vettore r(t) ha direzione variabile da istante a istante, g La (12.20) esprime la distribuzione delle velocita in un moto rototraslatorio ‘qualunque; essa comprende i seguenti casi particolari 1) moti traslatori se wt) = 0 per ogni t €F- 2) moti rotatori, se r(8) = 0 per ogni t €F5 3) moti rigidi ad asse invariable, se 7()lw(t) per ogni t € 7 4) moti rigid elicoidall, se rt) = ult) per ogni t €7; con }, costante, caso dei moti traslatri& stato gi discuss; esaminiamo brevemente gi alti. A) Moll rotatort: un moto rigido si dice rotatorio nel!’intervallo di tempo Tquando esiste una retta z dello spazio solidale i cul punti, in ogni istante di J rimangono fissi in; la retta z dicesi asse di rotazione. In tale caso si ha dunque 0) = 2) = 8 Wey con velocita di traslazione identicamente nulla in-¥- Inoltre, dovendo risultare 2°() = 0°) in ogni istante di 7% le equazioni finite (12.17) si riducono a way, ed assumono forma esplicita quando sia specificata la sola applicazione 3 = J(\) che esprime la rotazione intorno all'asse fisso 2(,). (12.21) x! = yleosd—yFsend, x8 = ylsend + yPcos 9, 2 22 6 Be 2 = as =e 160 caPrroLo| Elevando al quadrato le prime due equazioni e sommando si trae 12.22) OF = QF cone = VOR + OF «che rappresenta il cilindro rotondo F di asse ze raggio e. Pertanto, la traiettoria ai ogni punto solidale P,(y', 2, y2) @ la curva intersezione di T con il piano x? ‘= ye cioé la circonferenza del piano x? = y? avente raggio @ € centro nel pun- to P. proiezione di P(t) sull'asse di rotazione (Fig. 6). xez(t) Fig. 6 er quanto riguarda le velocit® nei moti rotator, essendo 1 (1) identicamen- la (12.20) ai riduce a w= a x P-O) von, con a(t) = dite, conformemente alla (12.16). Viceversa — se in un moto rigi- 40. (a priori qualunque) sussistono le (12.16), (12.23) — i moto non pub che essere rotatrio; infati tut punti della retta paraliela ad w e passante per O hanno, in base alla (12.23), velocith nulla cioé sono fissi inf. Pertanco la (12.23). con la resiritione che w() sia costante n drezione, caratterizza i moti rotator. Concent generat della Ciematica 161 ‘Quando, in ogni istante di 7 risulta 12.24) HO = cost. # a) = 0 wey il moto rotatorio dicesi uniforme, In tal caso la (11.12) ~ scegliendo Q sull'asse di rotazione 2 ~ si riduce a (12.25) a= HP PD, che esprime percid la distribuzione delle accelerazioni nei moti rotatori uniform. ‘Osserviamo infine che gli spostamenti elementari dP in un moto rotatorio sono caratterizzati dalla formula (12.26) aP = ¥ x (P - 0) dove il vettore ¥ = wat della rotazione elementare ha la direzione dell'asse di rotazione. = B) Moti rigidi ad asse invariable: sono { moti rototraslatori che in ogni istante di Fammetiono velocitd di rotezione e velocita di traslazione tra loro parallele (€ quindi con direzione comune invariabile). oiché in ogni istante di Fdeve risultare 02.27) 1) = MBO» yunti di z non possono che descrivere la retta z(t); clot I'asse z mantiene di one invariabile traslando sulla retta fissa z(t,) con velocita data da (12.27) D. ‘Le equazioni finite (12.17) in tale easo st scrivono (12.28) x! = ylcosd ~ y2send, x= ylsend + yPcosd, x = xh + y* ced assumono forma esplicita quando sono specificate le funzioni Xe = xh O, a= 9) che precisano fa trastazione di sull'asse x ¢ Ia Yotarione intorno ad »°. Ele- vando a quadrato e sommando le prime due equazioni (12.28), si ricava ancora Ja (12.22) che rappresenta il cilindro rotondo I’ di asse z¢ raggio @ = |PP.I. Le traiettc ‘sono percid curve appartenenti a tale cilin- dro. Quando in particolare non c’é rotazione (y = 0), i moti tr slatori che ne conseguono sono necessariamente rettilinel, parallelamente @ z. ca 162 cAPITOLO mI Come sé visto, in ogni mo- to rototraslatorio, tutti i punt (0 dell’asse:2si muovono con la s noltre, nel ca- vt) 50 specifico dei moti con assein- variable, tale velocta comune ditraslazione hala direzione del- Yass. Vopliamo ora porte in r- lievo un’altra proprieta di rre- lativa al easo in esame, mosiran- x a(th= zit) risult = min Ivpl . Infatti — poiché la (12.20) ¢in- dipendente dalla scelta del pun- to 0 dellasse 2 — se iden chiamo O con la proiezione P. P su z, da (12.20)-(12.21) si trae: Fig? (12.29) Vp = Mow) + wt) x (P— PD ne deriva ed essendo i vettori a secondo membro tra loro ortogonali (12.30) Wp! = Loto! VIR IPP > hol = 7 Sussiste quindi ta seguente Proprieth 12.5. In ogni prefssatoistante dt J;1areta xt del moto rigido ‘ad asse invariabile costituisce ’insieme dei punti solidali cui compete la velocita ‘minima 7. Ricordiamo infine che dicesi elica di una superficie cilindrica ogni curva che interseca le generatrici del cilindro con angolo costante. Pertanto, nel caso in esame, le traiettorie dei punti solidali appartengono ad eliche di I’ appena sia do che in ogni istamte di 77 Conce general dela Cinematica 163 costante ovunque in Fil coseno dell'angolo formato dall’asse 2 del moto con Ia velocita vp, woes fw C2) 10" TT" * SE Ha percid interesse il seguente caso. ©) Mott rigid eicoldall: sono moti rigid ad asse invariabile che verificano la condizione 02.32) 10 = at) Oy = cost.) wes, In tale ipotesi, come mostra la (12.31) per Nt) = yy le traiettorie appar- tengono ad eliche del cilindro rotondo TF (eliche circolari. Quando, ancora pid in particolare, ll ¢ I71 sono singolarmente costant, il moto le di cia scun punto P, avviene con velocita vp costante in modulo ef. (12.30)] e risul- (a percid uniforme. I moto rigido in esame viene detto allora elicoidale unifor- ‘me (cfr. n. 7.2 del Cap. 1V), In conclusione, la distribuzione della velocit nei moti rigid elicoidali & espres- sada (12.33) ip = Auld) + wl) x (P — 0) voez, con w(t) invariable in direzione e d, costante. 13, LA DESCRIZIONE EULERIANA DEI MOTI RIGID Aln. 9 si esaminata la descrizione lagrangiana dei moti rigidi, pervenendo alla conclusione che quando é assegnato il moto di una qualunque terna solidale ‘T’ mediante sei delle dodici funzioni scalari (9.3), rimane specificato il moto di ciascun punto solidale dig" tramite le equazioni finite (9.2). Inoltre, al n. 11, si sono stabilite le relazioni (11.5), (11.12) di tipo lagrangiano tra le velocita ed. accelerazioni di due elementi arbitrari dello spazio solidale. Per comprendere appieno il significato della formula fondamentale (11.5) ed analizzare un secondo metodo di descrizione, discutiamo ora i moti rigidi punto di vista euleriano. ‘Com’é stato precisato al n. $, nell'ambito della rappresentazione euleriana, 0 erx rT a3.) vp = uP, 1) varia il campo euleriano delle velocta (atto di mo- refissatiP di una data regione dello spazio che, nel caso 19 (n. 6). La determinazione esplicita del moto & poi subordinata alla risoluzione di un problema differenziale del tipo 5.13), (5.14). Vediamo come si specializza tale procedimento quando i! moto & riido. In base alla (5.6), 1a formula lagrangiana (11.5) tra la velocita di due par- ticelle qualsiasi P,, Q, si trasforma nella relazione fondamentale di tipo euleriano 03.2) WP, ) = uQ. 9 +a x P—Q vP,Q ew, che & invece riferita a due arbitrari punti P, Q di per i quali transitano le part ‘celle istante per istante. Si pensi di prefissare una volta per tutte il punto Q ¢ ai specificare ovunque in 7e applicazioni vetioriali 413.3) HQ = HD, w= wl wey ché esprimono le leggi di variazione temporale della velocita in Qe della velocita i rotazione w, Da (13.2), (13.3) si trae allora la relazione (34) WP, = a + oO XP—Q= ul PL NEKXT, it cui secondo membro costituisce una funzione assegnata delle variabili indi- pendenti P, t. ‘La (13.4) rappresenta dunque la formulazione esplicta della legge (13.1) nel caso rigido e caratterizza, istante per istante, la distribuzione della velocita nei vari punti P dig, Essa mostra che, in ogni istante di%;l'espressione dell”atto di moto rigido si riduce ad un'applicazione lineare. ‘Le (13.3) si dicono funzioni caratteristiche del moto rigido poiché 1a loro specificazione — oltre che precisare il campo velocita in ogni istante di7— im- plica anche la determinazione delle equazioni finite (9.2). nfatti, in virti i (13.4), il sistema differenziale (5.13) assume la forma ) once general della Cnematice 16s Hm ub + oO? — 9) — ot — 3.6) B= uh + ao! — xy — 4? — = uh + 40? — x) — oye! — dove uf, ed u(t) denotano le componenti delle funzioni (13.3) sugliassi della terna fissa T. Le (13.6) costituiscono un sistema differenziale lineare del primo ordine di forma normale nelle tre funzioni incognite x* = x¥(); le condizioni iniiali (5.14) nel caso in estme risultano (3.7) xt) = ke = 12,3) ___Pertanto — in base ai teoremi sulle equazioni differenzili — il problema ai valoriiniziali (13.6), (13.7) ammette una ed una sola soluzione definita dalla terna di funzioni 3.8) ae 0 k= 123) ‘che rappresentano appunto le equazioni finite del moto di cas che mrs scun punto y dello Queste considerazioni dimostrano limportanza della formula fondamenta- Je (11.5) [o(13.4)]nello studio dei moti rigii, In conclusione, per caratterizzare tun moto rigido ed il corrispondente atto di moto in ogni istante di J, si pud pro- cedere in due modi: a) o's specifica il moto di una qualuque terna solidale T’ mediante le funzioni (9.3) soggette alle restrizioni (8.7); resi assegnano le funzioni caraterstiche (13.3) ¢ si prefissa una le T”(,) di una qualunque terna solidale mediante le (13.7). In ogni caso occorre specificare sei funzioniscalari del tempo. L’equivalenza dei due metodi di deserizione d evidente anche dal punto di vista fisico; inftti, quando nota l'applicazione u(t) rimane determinato istan- te per istante 'orientamento della terna solidale T’ di cu sé prefissata la posi- zone iniziale. Idenificando Q con Porigine 0” di’ Patra funzione caratteristica Volt) implica la determinazione della legge di moto di 9", ‘Osserviamo infine che, moltiplicando sealarmente ambo i membri di (13.4) per a((), si trae (13.9) waigee wea e ciok CS ee oe ee ee ee ed Proprieth 13.1. - In ogni moto rigido — qualunque sia Vistante di 7— Ja componente della velocita uy secondo la direzione orientata di w(t) 2 ta stes- sa in tutti i punti dello spazio ambiente. Per tale motivo, lo scalare (13.10) 1) = up = wt) rer dicesi invarlante cinematico. 14, ESPRESSIONE DELL'ATTO DI MOTO RIGIDO E SUE PROPRIETA. AS- SE DI MOTO. TEOREMA DI MOZZ1 Riferiamoci ora ad un qualunque istante t, arbitrariamente prefissato ne!- intervallo.¥ di rigidta del moto e consideriamo l'applicazione costante rispet- to att che si deduce da (13.4) per t = t. aay u(t) = ug(t) + at) x (P—Q vPex. Questa funzione vettoriale lineare i P costituiscé espressione esplicita del generico atto di moto rigido ¢ ciok del campo vettoriale (142) (td) UP welt) ree wer che esprime la distribuzione euleriana delle velocita all'istante fissato t (n. 6) E opportuno rilevare la differenza che esiste tra la (14.1) ¢ la (12.4)5 que- stultima & una funzione vettoriale delle due variabili P, t definita sua? x J imentre la (14.1) & Papplicazione della sola variabile P che si deduce da (13.4) per t costante, In altri termini — mentre la (13.4) consente di caratterizzare il moro delle paricelle che nel'intervallo di tempo. transitano per i punti dello Spazio ambiente (n. 13) — la (14.1) si limita a descrivere soltanto il campo delle velocita che tali particele assumono nei punti di gall'istante t, considerato. “ad esempio, se in particolare w(t) si annulla, la (14.1) si riduce al relazione p(t.) = wglt.) ve ew, ‘che esprime la legge di distribuzione delle velocita nei moti trastatori(n. 12.1)- ‘Owviamente cid non implica che il moto in questione sia traslatorio; occorrereb- once ener della Civemanica 167 ‘be che la (14.3) fosse verificata in ogni istante iJ; e non in corrispondenza del solo t.. La (14.3) consente di affermare soltanto che all'istante t, lespressione Gel campo cinetico ¢ quella tipica dei moti trastatori 0, come si suole dire pit concisamente, che /'atto di moto (e non il moto!) 2 traslatorio all’istante t.. Tn maniera analoga,un’espressione di-v/(t.) che si presenta nella forma (14.4) u(t) = @ x (PA) vP ew, con w ed A indipendenti da P, corrisponde al campo cineticotipico dei moti ro- tatori (cfr. (12.23)). In questo caso si dice che I'atto di morov’(\.) 2 rotator, Tnfine, quando esistono un punto A di # ed un vettore x parallelo ad w, indipendenti da P ¢ tali che 04.5) ut.) = 2+ 8x (PA) vex, allora si dice che allistante t, l'atto di moto 2 elicoidale. Tale denominazione deriva dal fatto che lespressione (14,5) di (I) coincide con quella che — in ‘ogni istante di 7 compete al campo delle velocta nei mot rigii di eicoidali ‘Come si visto al n. 12.2, questi moti sono caratterizzati dall’esistenza di una retta — I'asse 2 del moto — i cui punti hanno tutti la stessa velocta r paraftela fad a} inoltre, 7 rappresenta il valore minimo dei moduli delle velocita di tuti i punt solidali propr.(12.5)}. Pertanto — in ogni istante t, in cui la (14.1) pu porsi nella forma (14.5) — queste proprietatipiche del campo cinetico nei moti ‘icoidalirisultano applicabil al campo delle velocit di un moto rigido qualunque. 'Non privo di interesserisulta quindi il problema ai caratterizare al istanti ido & di tipo elicoidale ¢ ciot gl istanti nei quali la ‘alla forma (14.5). Tale riducibilité presuppone V'esistenza di punti A dello spazio nei quali il campo >. allistantet., assume determi- nazione parallela ad wt.); dimostriamo percid Hl seguente ‘Teorema 14.1. - In ogni moto rigido e comunque si prefissi un istante . in cui si abbia wt.) + 0, tutte soli i puntl A dello spazio ambiente net quali la risuita nulla o parallela ad «At.) appartengono ad una retta a paral. ‘a(t. Inolire — sui punti di tale retta — il campo cinetico @ costante ed assume it valore 04.6) =r VAEa, che rappresenta anche il minimo del campo in. 168 (CAPITOLO Mt Dim. Senza ledere la gener ‘Mx!x2x? in modo che all’istante t, x, Le (13.6) — valutate per t lta, & possibile scegliere la terna fissa T = vvettore w(t.) abbia la direzione orientata di — implicano allora che A) = UY) — aylt) (2 = x) (147) IAG) = URL) + wylt) @! — xD wew Pu) = YW). e clot, pert = ty Bae O eM Asha - wey xP = 98 = Ue. Pertanto, i! Iuogo dei punti dello spazio in cui ~ alistante t, ~ ta velocita ri sulta parallela ad u(t.) si riduce alla retta a avente la direzione di w(t.) © pas- sante per il punto H del piano x'x%, di coordinate eee oe en rr Inoltre, come mostra la (14.7), in ogni punto A di tale retta la velocité assume lo stesso valore dato da 14.) uals) = UR(iey = At) Aes ‘Tale valore — che abbiamo indicato con x(t.) per evidenziare la sua dipen- ddenza dallistante considerato — coincide con quello indicato in (14.6); basta infatti osservare che per t = {, il vettore w ¢ invariante cinematico I (cfr. (13.10) sono tali che (w = a4) wry Hi) = ug 8 = ube Infine, per verificare che 49) r= min lu,(t)! , Pur basta far coincidere in (14.1) il punto Q con la proiezione P, di P sulla retta a: +ux(P-P)artex(P-P) wer. %, Concent general della Cnematica 169 Essendo i vettori red w x (P — P.) tra loro ortogonali, si trae (14.10) up = [P+ ot PPLE Br ve dove vale il segno di eguaglianza se e solo se P appartiene ad a. In base al teorema 14.1 possiamo quindi affermare che, in ogni istante iF in cui sia w(t) # O esiste una ed una sola retta (dipendente da t) Ole Juogo dei punti dello spazio ambiente nei quali allistante til campo cinetico as- sume valore nullo o parallelo ad w(t) Tale retta — che costituisce anche 'insl- ime dei punti di minimo del campo u(t) — dicesi asse df moto nell'istante t. valore minimo z(t) del campo dicesi velocitd della traslazione istantan 1 — oltre stabilireIesistenza ed il significato cinematico del- ita di (14.1) a (14.5) in ogni istante di Fe cot aay a(t) = (A 62:4) = 2 ‘Teorema di Mozzl. - In ogni moto rigido, a ciascun istante t di J; Vatto di moto 2 elicoidale. Dim, - Se all'istante¢ si annulla a(t), la relazione (14.1) descrive un atto 4i moto trastatorio che & un caso pa non nullo esiste I'asse di moto at) nei punti det quale ileampo cinetico assume Ja determinazione 1) ¥ u(t); da (14.1) — speciaiezando Qin un qualunque punto Adi al) — si trae percid Aca) oar) yeoewxe-a— f ‘che coincide con (14.5). = In sostanza, il teorema di Mozzi afferma che ad ogni istante t dell'interval- lo.F di rigiditd del moto esistono due vettori paralleli — la velocita di traslazio- ne istantanea r la velocita di rotazione istantanea et) — che, mediante Ia rela~ zone (14.12), caratterizzano completamente il campo delle veloct in wut i punti dello spazio ambiente. Osservazione 14.1 oto a(t) e fa comune Giova rilevare che in un moto rigido qualunque I'asse irezione di r ed w variano da istante a istante, a diffe- eee SB S&S & 10 ‘cAPITOLO m renza di quanto avviene in un moto elicoidale, dove t invariabili in ogni istante di 7 elementi si mantengono ‘Naturalmente, in taluni istanti di.3; 'atto di moto rigido pud ridursi sem- plicemente ad un atto di moto traslatorio (w(t) = 0) oppure ad un atto di moto rotatorio (r() = 0) 0 un atto di moto nullo (r = w = 0). Poiché da (13.10), (04.12) segue (14.13) 1) = up we & re, ‘questi casi particolari sono caratterizzati dalla seguente Proprieth 14.1. - Condizione necessaria e sufficiente affinché allistante t un atto di moto rigido risulti semplicemente traslatorio o rotatorio oppure nullo 2 che, in tale istante, si annulli Pinvariante cinematico, fatto di moto & rotatorio (w #0, + = 0) la (14.12) si riduce alla (14.4) ed il campo cinetico assume valore mullo nei punt dell'asse di moto. In tali casi I'asse di moto dicesi pis specificamente asse della rotazione istantanea 0 asse istantaneo di rotazione, = Osservantone 142. - Confrontando gli sviluppi di questo numero con quel “sposti alm. 3 del Capitolo Vil, si riscontra una completa analogia tale proptiet del campo cinetico nei moti igi e le proprieta del eampo momento dun siste- ima E di vetor Tale analogia consente di ricavare formalmente le relazioni ora esaminate pero) da quelle stabilite nella teoria del vettris basta sostituire il risultante i E con il vetore w(t), il momento rsultante M, di E con la velocta uy € asse centrale con I'asse di moto, Osserviamo infine che la (14.12) implica una relazione analoga per gli spo- stamentirigidi elementari; infatti, quando si riguarda Ia (14.12) dal punto di vi- sta lagrangiano e si moltiplicano ambo i suoi membri per dt, da (11.6), (11.7) si deduce (14.14) oP = rh + yx (P- A). Pertanto, ogni spostamento rigido elementare pud ritenersi compost di una ia- Slazione elementare parallela all’asse di moto e di una rotazione elementare torno a tale ase, Concent general della Chematica m 35, COMPOSIZIONE DI ATTI DI MOTO Sia @ un arbitraro sistema materiale che — per effeto di cause fsiche(for- 22) tra loro diverse — venga sollecitato a descrivere N moti diversi jy ty, Ay in uno stesso intervallo di tempo J Con riferimento ad uno stesso istante t di $", indichiamo con as. 40 =P YP. DL, k 2 2p vay N i corrispondenti atti di moto, tutti definiti su una comune regione @, dello spa- zio ambiente. . In molte questioni (*) risulta utile la seguente Definizione 15.1. - Dicesi atto di moto composto del stmultanel N atti di ‘moto componenti s(t) all‘istante t, il campo vettoriale (5.2) ot) = (P,P, Dy, tes ‘che — in ogni punto P di 8, — 2 definito dalla somma (as.3) wd = BK, WP @,. (Questa definizione ela (14.1) implicano quindi che ogni atto di moto rigido composto di un atto di moto traslatorio di velocita ug()e di un ato di moto totatorio intorno alla retta per Q parallela ad w(t). Applichiamo la definizione 15.1 al caso che gli N ati di moto A, iano (ute 4 rigii e ciok valga per ciascuno di essi Ia (14.1): 5.4) KPO KWQD+aAxh-Q k=l, ‘Sommando membro a membro e ponendo (ass) =HaQ0 w= Bo (CS pens, ad exempio, ad una barca che nll atraversamento dun fume viene soleciate | segurecontemporaneamente il moto. della corrente Mids ed Il moto impretso dl moto 1. In clacun punto P della regione occupta dalla barca allstar a veloc nel moto effettvo ‘isulterd dalla soma’ delle velocith nel due mot posi. ed ty, io Gg Be Be i ee ee bs | ea oe a = cea Be es es a m2 canrroto tt 5 Cone reer delta Cee m3 da (15,3) si trae § 4- ELEMENTI DI CINEMATICA RELATIVA 05.6) a(t) = tg +e x PQ vr em, ecio# latto di moto composto.o/(t) ha anch'esso I'espressione caratteristica dei ‘moti rigidi. Pertanto Proprieth 15.1. Se gli atti di moto componenti sono tutti rigidi, anche lat- 10 dimoto composto 2 rigido ed ha per vettoricaratteristici i risultanti degli omo- ‘nimi vettori caratteristici degli atti di moto componenti. ‘Quando gli N atti componenti sono semplicemente rofatari intorno a rette concorrenti tutte in uno stesso punto Q, risulta 4(Q, t) = 0(k = Hy ny NE quindi da (15.5), (15.6) segue as. uy = ex P—Q ‘con w data dalla (15.5),. Sussiste dunque la Proptieth 15.2. - Se gli att di moto component», sono tutti rotator in- tomo ad ass uscent da uno stesso punto Q, anche Vatto di moto composto. rotatorio, con velocta di rotaione w data dal risultane dele velocita w, che campetono agli atti component». Inolie, Passe di istantanea rotazione nel Tratto ai moto composto.«® la retta paraliela ad w ¢ passante per Q. Jeri infine il caso di due atti rotator (8, ), (@y w3) intorno ad sto risulta ~ a asse centrale dei vetiori w,, «2 applicati ai rispet- tivi assi istantanel di rotazione, se w, + w, # 0. 16, MOTI DI UN PUNTO IN SPAZI DI RIFERIMENTO DIVERS! Finora sié analizzato il moto di un sistema. (puntiforme 0 non) nello spa- 2 di riferimento di un dato osservatore 0. Consideriamo ora il caso che I’evo- luzione di venga esaminata contemporaneamente da due osservatori, Qed 2, {in moto l'uno rispettoall’alioe ricerchiamo le relazioni che esistono fra le velo- cit ed accelerazioni dei punti di ¥ nei due diversi spazi di riferimento. Indichiamo con GH, 1), G’, {') sli spazi-tempo di @, 0 e continuiamo ad ammettere la validita dei due assiomi della Meccanica classic sull’sistenza di tun tempo assoluto (t" = t) € 'invarianza delle distanze rispetto aid osservatori in moto (Cap. Il , nn. 1-5); siano poi Ts (Me) 2 Ox, Tm Me) Ox! le terne ortonormali levogire introdotte ad arbitrio in 4 ed 4". Per fissare le idee, riferiamoci ad esempio al moto di’ rispetto ad 4, in maniera da attri- bbuire ad # il ruolo di spazio fisso e ad #’ quello di spazio mobile; analoga- mente, T sara la ferna fissa e T’ la terna mobile. Come si¢ pit volte precisato, Vesistenza degli spazi ¥ ed 4” solidali ad @ ed 1” presuppone che il moto reci- proco trai due osservatori sia rigido. ‘Si distinguono pertanto i tre moti segue 8) il moto di# in.#, che — secondo una denominazione ormai classica — dicesi moto assoluto die che indicheremo con. b) il moto di + in.#’, che dicesi moto relativo di a € che indicheremo ©) il moto rigido di.#’ in.ir che dicesi moto di trascinamento e che indi- cheremo con.f,, Tale moto — a differenza dei primi due — @ indipendente dal sistema. in esame. Esempio 16.1. - Ovviamente, gli aspetti cinematici di questi moti (traietto- Fie, velocta, accelerazioni)risultano in generale diversi tra loro. Si pensi, ad esem- pio, ad una puntina di giradischi la quale, nello spazio solidale al piatto (spazio ‘mobile), descrive la spirale costituita dal solco del disco (tralettoria relativa), mentre nello spazio ambiente (spazio fisso) appare descrivere un arco di circonferenza ‘con il centro nel punto fisso del braccio de! pick-up ¢ raggio pari alla lunghezza del braccio stesso (tralertoria assoluta). 1 moto di trascinamento corrisponde al- Ia rotazione uniforme dello spazio solidale #!piatto, per cui ogni punto solidale descrive una circonferenza. m4 caPrToLo mt Come al solito, esamineremo dapprima il caso che lo schema. si riduca at solo punto materiale (X, m). La deserizione dei tre mpti suddetti pud allora realizzarsispecificando il moto di X in" ed il moto rigido di" in %; il moto assoluto —¢ cio’ il moto di X ing? — rimane determinato di conseguenza. Nel- ambito di tale descrizione indicheremo sistematicamente con P.() il punto (va- riabile) di.#" per il quale transita X all'istante t e con P(P,, t)ileorrispondente punto di # al quale & sovrapposto P, in tale istante, Analizziamo i tre moti singolarmente. A) Moto relative Se x’ = (x’1, x'2, x/3) sono le coordinate moto. , di X in’ & definito dalla legge P, nella terna mobile T’, il 16.) PA) @ xh = xO) = 42,9 cche ad ogni t associa ta posizione P, di X in #'. La velocita e l'accelerazione istantanee di X nel moto relativo si denotano con ¥, ed a, e si dicono velocita relativa ed accelerazione relativa, Ricordando che tali grandezze sono definite dalle derivate prima e seconda della funzione che esprime la pasizione di X nello spazio di riferimento considerato, si ha ovviamente 4 62) We PO = HOE,” 6.) a= Ero = x00. B) Moto ai trascinamento 1 moto di trascinamento_, — essendo per definizione il mots rigido dei ppunti P, dello spazio mobile 2 ‘rispetto allo spazio fisso.&¥ — risulta caratte- Fizzato da tutte le proprieta stabilite nel § 3. Pertanto, la corrispondenza tra i punti P, € P sovrapposti all'istante t & definita dalla (9.4) (con x’ ed ey in luo- go di y'ed w,) € ciot da (16.4) P= OW + xO = PPD vP, ew, moto della con x’* costant! ed 9(),e{() funcioni assegnate, atte a specifica = a ae o & Concer general della Cinemaica v5 terna mobile T” rispetto alla terna fissa T (cfr. Oss, 9.1). I moto_f, & percid Aescritto dalla (16.4) che, istante per istante, determina la posizione P in. di ‘ogni prefissato punto P, di". Di conseguenza, la velocitd e I'accelerazione di P, rispetto all'osservatore fisso risultano espresse da (16.5) plPys N= A + x7 ve, €#" (16.6) afP,, ) = OQ) + x’) VP, €#". Se denotiamo con u, la velocta di rotazioneitamtanea che compete al moto 4, ed applichiamo le formule del Poisson ai vettori e; a secondo.membro di 16.5), siritrova per vp Fespressione 06.7) Velo = Yq + wy, X (P—1") che coincide con ta formula (11.5) caratteristica del campo di velocita nei moti rigidi. In maniera analoga & facile verificare che la (16.6) si riduce alla (11.12) cioé alla legge di distribuzione delle accelerazioni ei moti rigid. Si osservi ora che la particella X — transitando allistante t peril punto P, dello spazio mobile — per effetto del moto di trascinamento acquista anche la vvelocita vp(P,, t)€ l'accelerazione ap(Py,t) che competono a P, in tale istante, Occorre percid introdurre la seguente Definizione 16.1. Sidicono velocita ed accelerazione di trascinamento «dele elemento Xo all’stante t — e si denotano con v, ed 8, — 1 vettor (6.8) Wea MPD, 8 = PD che esprimono la velocta e Vaccelerazione che assume nello spatio fsso x ll unto P, dello spazio mobile» per eui transta X allistaniet C). In altri termini, v, ed a, sono ta velocita e l'accelerazione che avrebbe In ‘% la particella X se essa fosse solidale ad & (v, = 0), venendo cos «trascina- ta» dallo spazio mobile. ) Escluo i eso partcolare di un moto dl trasclnamento tratatoro, tut {punt Pde” ‘hanno sant per istante, velocih tra loo diverse. Pertanto,Vaffermazioné: «eloith i scing- ‘mento i X = velocth dll spazio mobile.” rispett allo spazi fisoues@ de tuto privad sien. Acatol Go Le oe ee oe ee a ee oe ee Se es 176 CAPITOLO mI ©) Moro assoluro Lanalisi preliminare del moto .4, tra i due osservatori consente di stabili- ol legame tra i moti in ed 4” della particella X. Infati, sostituendo (16.1) in (16.4), si deduce la funzione composta della sola variable t (06.9) P= 2 + xO = PIPO. Hs che ad ogni t associa la posizione P() assunta nello spazio fisso # dal punto P,(0) dello spazio mobile #” su cui si trova X in tale istante. La (16.9) rappre- senta pertanto Pequazione vettorialefinita del moto assoluto di X. Se indichia ‘mo con x = (x!, x4, x!) le coordinate di P nella tera fissa e con A(t) i coseni direttori degli assi mobili rispetto agli assi fissile equazioni di -¢ in forma car- tesiana sono (16.10) x = xh. + ALO") = 123) La velocita e accelerazione di X nel moto assolute si dicono velocité asso- uta ed accelerazione assoluta ¢ si denotano con v, ed a, Derivando la funzio- ne posizione (16.9) si ha 4 (6.1 Mee a PPA = Oe + xy + ey (16.12) @ P ae PPO. = + xt + Dea + ey. Esempio 16.2, - Si pensi al caso di una pallina X in moto su una roulette TT La velocita di X rispetto allo spazio @ solidale al croupier é la velocita assolu- ta; la velocitA di X rispetto allo spazio solidale alla piattaforma I’é la veloci- {ta relativa. La velocita di trascinamento della pallina ad un dato istante t & la velocita di quel numero della roulette (punto P, di T) per il quale transita la pal- lina allistante considerato. Poiché T’¢ animata di moto rotatorio, tutti i suoi punti hanno velocita tra loro diverse; non ha quindi alcun significato parlare di ‘evelocita della roulette» (cfr. nota (5). Osservazione 16.1. - Le relazioni (16.10) collegano direttamente le funzioni x4() ed x’M(@) che specificano i moti di X nei due spazi, consentendo cos} di r- cavare le une quando siano note le altre. Pertanto — quando occorre semplifica- =, 28 2 SS SS SS SS & Se Conc general della Cinematice m re problemi di moto £ la cui descrizione rispetto ad un dato osservatore riesce ‘complicata — convene spesso Introdurre in mantera opportuna un secondo os- servatore ¢ ridurre cos! "analisi del moto complesso .#/a quella di due moti pit ‘semplici. L'applicazione delle (16.10) implica.pot la specificazione di (cfr. eser- cizi n, 20). 17, PRINCIPIO DEI MOTI RELATIVI. TEOREMA DI CORIOLIS ‘Analizziamo ora le relazioni che esistono tra le velocit ed accelerazioni di X nei tre moti in esame, Tenendo conto della definizione (16.8), div, € confron- tando (16.11) con (16.2), (16.5), si deduce any WA the che esprime il ‘Teorema 17.1. (Principio dei moti relativi), - Ad ogni istante, la vefocitd ‘assoluta dell’elemeyto materiale X coincide con il risultante della sua velocita relativa e della sua velocita di trascinamento, Questo teorema conserva ancora oggi la denominazione di principio dei moti relativi o principio del parallelogramma delle velocita,perché nel passato — per ilsuo carattere intuitivo — era assunto come postulato. In effetti, la sua validita ® conseguenza delle relazioni (3.1), (1.1) del Cap, If che traducono gli assiomi della Cinematica classica. Passiamo all’analisi delle accelerazioni, osservando che il secondo membro i (16.12) — oltre alle espressioni (16.3), (16.6) di a,, a, — contiene il termine (17.2) a, = 24, Ricordando che w, denota la velocita angolare nel moto di trascinamento (a. 16) ed applicando Te formule di Poisson, si-ottiene * 73) a, = Ditty, x ef = 2a) xy. Tale vettore dipende quindi sia dal moto relativo (peri! legame con ¥) che dal moto di trascinamento (peril legame con w,); esto desl accelerazione com ‘Plementare o accelerazione di Coriolis dell’elemento X all"stante t. Dal confronto di (16.12) con (16.3, (16.6), (17.3) trae pertanto la relazione 178 074) Aaa tata che traduce il ‘Teorema 11.2. (Teorema di Coriolis\). - In ogni istante, laccelerazione as- ‘Soluta dell’elemento X coincide con it risultante dell'accelerazione relativa, del- Vaccelerazione di trascinamento e dell'accelerazione complementare, Per le accelerazioni corrispondent ai tre moti in esame non sussiste dunque tun teorema del parallelogramma come aceade per le velocita; cid a causa del ter- ‘mine di Coriolis che risulta nullo solo quando Patto di moto di trascinamento @traslatorio (wx, = 0}, oppure la velocitarelativa v,risulta parallela ad wo nulla (istamte di arresto per il moto relativo). In corrispondenza di moti di trascinamento di tipo particolare, le relazi (17.1), (17.4) possono semplificarsi. Analizziamo alcuni di questi casi, anche in considerazione dellinteresse che essi presentano in Dinamica, A) Moto di trascinamento trastatorio ‘Sef, étraslatorio, tutti i punti P, dello spazio mobile" si muovono — istamte per istante — con la stessa velocita ed accelerazione. E quindi possibile identificare v, ed a, con la velocita ed accelerazione di un qualsiasi punto dello spazio mobile; ad esempio dell'origine 2’ di T’. Essendo w, = 0, le (17.1)-(17.4) si riducono a ans) Mt More at tye peer cui, in tale caso particolare, anche per le accelerazioni vale la regola det parallelogramma. B) Moto aii trascinamento traslatorio uniforme. Trasformazioni galileiane ‘Quando il moto di trascinamento di” in 3, oltre che traslatorio, ¢ anche ‘uniforme, si annullano le accelerazioni di tutti i punti P, di In corrispondenza di ogni arbitrario moto relativo. f, di X 07.9) che, neambito di una ricer sll turbine lrauliche, si pose un problema di dinamica relative (@ non di cinematics), pervenendo alla precisaione del termine complementare, Concent generat della Ciematica 19 ——__Sreeenerli dela Cinemania 19 Tale proposizione & invertibile, nel senso che, quando sussiste Ia (17.6) per ogni A ikmevo dic? ing non pub che eee trator uniform. Inf Cs (17.6) implicano 1a condizione , Bonk ie (74) arn At 2exyn0 we, che deve vale ‘ogni istante ¢ per ogni scelta di v,; osservando che a, @ indi- pendente da v,, cid & possibile se e solo se 7 a= 0, ° vy, ax y ¢ tai rlazioni implicano che sia w, = 0, ay. = 0, conformementé al’asserto. Linsieme di tutti riferimenti animati di moto ttaslatorio uniforme in 3 costtusce la cosiddetta classe galleiana di. Pertanto, se indichiamo con $a) tale insieme, la proprieta ora dimostrata pub enunciarsi al seguente modo ProprietA 17.1. - La (17.6) risulta verificata per ogni moto relativo di X se solo se." appartiene alla classe $3). Possiamo quindi affermare che I'accelerazione, come la velocita, in gene- rale una grandezza relativa all'osservatore; essa perd ha carattere assoluto nella, trasformazione tra due riferimenti della stessa classe galileiana, ‘Opnitrasformazione (r,t) + ("0") che assicura Pinva- ianza del vetiore accelerazio- ne dicesi gaileiana, Senza li- mitare la generalita,& possi- assumere le terne T eT! in modo che esse siano so- vrapposte ad un determinato istante (ad ¢s. t, = 1; = 0) e-che la velocita costante v di traslazione di.¥" rispetto ad & sia orientata come Vasse xlm x'! (Fig. 8). Con tale ‘celta ricordando chet” = {, ogni trasformazione gali- Teiana pud quindi ridursi sempre alla forma (Cap. 11 (6.3)) Fig. 8 a2 =e Be S&S eS & & = a fa oe ag Be eS eS SS SS Se ee > once general della Cnematicn 18h 180 ext, vex t Proprieth 18.1. (Principio dei moti relativi peri sistemi). - Ad ognt istant, (178) xt = xh + 3, conferma appunto l'invarianza dell'accelerazione nel che, implicando s* rimenti. passaggio dall’uno all’altro dei due ©) Moto di trascinamento rotatorio uniforme In tale caso si ha w, = cost. ed inoltre (cfr. (12.23)-(12.25)] risulta a, = — ake — Pa, a7) ya x P= Pde dove P, denota Ia proiezione di P sull'asse di rotazione. 18, MOTI RELATIVI DI UN SISTEMA. 1 risultati precedenti riguardano, come si& detto, i moti relativi di wn solo clemento; esaminiamo ora Ia loro estensione al caso di un sistema materiale qua lunque.#, in moto nei due spazi d ed 2’. "alAiVicantet, sia la configurazione che 2? assume nello spazio fiss0.4 € Pil generico punto di; sempre con riferimento all'istante t, indichi con X la partcella del sistema che transita per P e con P, il punto dif” sovrap- posto a P. Di conseguenza, nel punto P dello spazio fisso.¥ ed all'stante t, 'é Tuogo a considerare: 4) la veloc w, assunta da X in We ciod la velocita assoluta di X, by Ia velocitd u, assunta da X ini’ e ciot la velocitd relativa 6) la velocita uw, assunta da P, in &e ciot la velocita di trascinamento di X. Al variare di P in.B, restano definiti i tre campi vettoriali 24, = P,P pe, IPP pay 26 = LP MP pea? ePatto di moto (07.1) risulta, che esprimono Matto di moto assoluto, l'atto di moto rel i trascinamento all'istante considerato. Poiché in virti a8.) yeu ty VP €.% ‘conformemente alla definizione 15.1 & possibile enunciare Ia to di moto assoluto di un sistema materiale ® compost del due atti simulta nei di moto relativo e di moto di trascinamento, Si osservi che trav,» in generale, solo I'atto di moto di trascina- mento é rigido,risultando cosi completamente specificato dai suoi vettor carat- teristici w/(Q, 1) ed «,. Quando si assume che il moto relativo sia rigido, existe anche per esso una coppia di vettori caratteristici 1,(Q, t) ed w, atti a determi- nate il corrispondente atto di moto-»/(t) mediante l'espressione (18.2) WP.) = QD +4, x (P—Q vee, In tale ipotesi basta quindi applicare le proprieta 15.1 e 18.1 per affermare Proprieta 18.2. - Se il moto relativo di un sistema.# 2 rigido, anche latto «di moto assoluto. x(t) risultarigido in ogni istante ed 2 completamente specifi ‘cato dai vettori caratterstied (183) 40 = 49 + YQ 8.4) ret eye che coincidono com i risultanti degli omonimi vettorl che caratterizano 'atto i moto relativo. x, ¢ Vatto di moto di trascinamento 0, Da (18.4) si osserva che quando il moto di trascinamento @ traslatorio (@, = 0), la velocita di rotazione risulta invariante nel passaggio daa ad 2’. 19, MOTO RECIPROCO [Nelle considerazioni finora svolte, abbiamo attribuito ad. il ruolo di spa- zio fisso e ad ar’ quello di spazio mobile, identificando cos il moto di trascina- Mento. f, con quello di. rispetto ad i. Per ésaminare come si modificano le relazioni precedenti quando si scam- biano i ruoli di: ed 2", occorre confrontare anzitutto il moto, (moto di- retto) con il moto 4° diz rispetto ad cr’ (moto reciproco). ‘A tale scopo, come al soto, indichiamo con P, il generico punto di’ ¢ con P il punto di # cul & sovrapposto P, nellistantet, La velocithe Iaccclera- Hione di P, nel moto, sono state indicate con ¥p(Py. 1, Mp(P,, 1); analogamen- 4 m ccaprroto tt # once general dla Cinematic 183 te, nel moto reciproco di Pins", denoteremo con ¥f.(P, ap (P, 1) la veloc. |," i moto.* die” rspewo ad, cominuano ovviamente a sussstere le (17-0, the Vaccelerazione di P ing". Per stabilire il legame tra questi vettori, basta ** (17.4), purché in esse si scambi v, con ¥,, @, con 8,, ¥, con il suo opposto ed a, Spolicare i isultat!acquist al caso che il sistema mobile coincida con Fintero | Spazio in questa manierail moto assoluto_,siriduce alla quiete ed il moto 2 Faativo. fl moto -%, mentre il moto di traseinamento_4, rimane quello di 1 siapetto ad é Poiché elemento mobile X si identifica con il punto generico P di, si ha 20, ESERCIZI ED ESEMPI w= y= MRD, YylPo Ds : ‘Applicazion ed esercialinerenti ai paragrafi 1-3 sono sviluppati nel capito- Jo successivo, Gli exereziriportati in questo numero riguardano invece, per la per cui da (17.1) si trae rmaggior parte, la Cinematica rlativa (§ 4). A titolo di esempio, alcuni di ssi ‘engono svolt! in maniera complet; degli altri siindicano i risulatt 9.1) WEP. TD) = — WP 20.1. + Con riferimento alla terna fsa T = Ox'x2?, si consider Tale relazione conferma il seguenterisultato intuitivo: se nelo spazio un oo a ree Det ed atheee ens sates con punto P, die” ha velocitav, viceversa il punto P di sul quale P& istanto- velocita angolare « = de, intorno all'ase e,. Se X & un elemento ma- feamente sovrepposto eppare int" dotato di velacld — v. terlale che deserve la guida con moto retilinco uniforme di veloctav,, Analogamente, se denotiamo con w* Ia velocit ai rotazione istantanea del determinare la traiettoria la velocitae 'accelerazione di X nel moto (a5- moto reciproco -#*, si avra soluto) di X rispetto a T. per eul Ia (18.4) implica subito (19.2) ‘ciot, nel passageio dal moto diretto al reciproco, la velocité di rotazione istan- ‘anea cambia di verso. ' ‘Infine, per quel che riguarda le accelerazioni, dal teorema di Corioli(17.4) si deduce 0 = aF0P, 0) + apfPy) +2, XH, e ciob 9.3) 83, + ap = 20, Xp per cul — eseluso il easo che il moto, toto direto e nel moto reciproco nén diffe de per le velocit¢ le velocita angolari. 3 ean Pertanto, quando si seambiano i ruoli dei due spazi Hed a" ¢ si considers asm Re mwnmemaweoliwaewe eS Se wee we = = = 2 = cariToto ut 2a SB Be SS S&S & & Concent genera della Ciematow as 184 Risoluzione, Si assuma quale'spazio mobile." quello solidale alla terna ‘T’ = x'Ix'2x’? che ha origine in 2, Iasse x’? coincidente con x? e I'as- se x’! sovrapposto ad MA ed orientato nel verso di ¥, Se al'istante t, = 0 l'elemento X é posto in ®, le equazioni del moto relativo di X si riducono a 20.1) xtayt x220 x50 wt. Dialra parte, poiché il moto rotatorio di.#” ine uniforme (cfr. 12.24), deve aversi 3) = H(0) = a inoltre, assumendo che per t = 0 Hasse x’! sia sovrapposto ad x! (9(0) = 0), risulta 20.2) 8) = 4, (0) = 0 HY = ut Di conseguenza, le equazioni finite del moto rotatorio di trascinamento (fr. (12.21)F sono x! = x'l cos at — x/7 sen at, 20.3) a= xl gen ot + x2 cos at, = x ‘Da (20. 1)-(20.3) si ottiene quindi 20.4) x= vicoset = visenet, = 0, che rappresentano 1a forma che assumono le (16.10) nel caso in esame ‘ ciot le equazioni finite del moto assoluto di X (cfr. Oss. 16.1). In coor- dinate polari (ricordando che x! = @ cos 9, x? = g sen d) si ha CaM Pe ure e = (v/a € cid dimostra che la sraiettoria assoluta di X in # & una spirale di Archlmede. Se P é la posizione attuale di X in %, le velocitd nei tre moti sono disposte come in fig. 9 ¢ sono date da ¥ = vfcos de, ~ sen de), v= = eG, ~ xe), Wet con vB = vi + Gx"? = KI + oH, Infine, per quel che riguarda le accelerazioni, si ha a= 0, = 2u xv, = 2uylsen de, + cos 9) 4,2 —oP—O, = oN + ), [Nel caso in esame, a, ed a, sono tra loro perpendicolari perché a, ha la direrione di x’! ed a, quella di x’, 20,2, - Riferendosi all’esercizio precedente, si consider ora il caso di un elemento 20.3. X che si muove su descrivendo con legge uniforme una qualunque cir- conferenza 7 di centro 0) raggio r. Se t & il versore della tangente ay orientata secondo le 9 crescenti (ig. 9)ed m quello della notmale princi- pale diy nella posizione attuale di X, verificare che il moto assoluto di X & circolare uniforme e che le velocita ed accelerazioni sono: =v y, ett, y= (or £ Wh 8, = (Won, a, ruin, ae Don, dove vale il segno + oppure — secondo che il verso del moto relativo 4 X su 7 sia concorde o discorde con quello della rotazione ai I’. Inol- tre, risulta a, = Hw & v/a, per cui elemento X appare in quiete alltosservatore fiss0 "ogni volt che il suo moto relativo, circolare uniforme, avviene con velocita scal: re or ed in verso opposto a quello della rotazione di P. 3. = Esaminare il problema descritto nell'esercizio 20.1 nel caso che I'elemento Ia guida 2A con moto uniformemente accelerato, partendo ale nulla, {Un punto X descrive con legge uniforme e con velocita relativa v, la cor- da di un disco’ che ruota uniformemente intorno all’asse normale al suo piano e passante peril suo centro. Indicando con w la velocita angolare del disco e supponendo che il moto relativo di X sia concorde con il 186 CcCAPITOLO It verso di rotazione del disco, determinare la velocita eI'accelerazione as- soluta di X allistante in cul esso si trova alla minima distanza h dall’as- se di rotazione. Rip. yy =v, + he, a= oth + uv, 20.5. Nel piano vertieale Oxy, sia y = 0 la retta cui appartiene la traiettoria dell’elemento N che schematizza una nave animata di moto traslatorio uniforme con velocita di modulo vy. Si consideri un aereo, rappresen- tato dall'elemento A, che si muove con velocita costante v,, sulla retia y = h > 0, Trascurando la resistenza del'aria, determinare Iascssa Xq() della posizione in cui aereo A deve sganciare una bomba per col- pire N. Se g denota il modulo del”accelerazione di gravita, verificare che X40 = (Vy # ¥y) 2 B/8)"?, dove vale il segno + oppure — secondo che il'verso del moto di A sia discorde 0 concorde con quello di N. 20.6, ~ Due auto, schematizzate con gli elementi A ¢ B, descrivono traiettorie rettlinee con velocita costamti vq, vp. Se all'istante t, Ia distanza tra Concent general della Caematica 187 ‘A(t. € B(t) & pari ad h,calcolare il valore dell'angolo 6 (fig. 10) che determina la collsione ra A eB eVistantetin cui tale colisione si realiza, Risp. = vp sen 8 = ¥.008 8; t—t, = (h/vg) cos 9 / cos (9 ~ A). 20.7. - Un elemento X descrive con legge uniforme la generatrice di un cono circolare di asse QA ¢ semiapertura 9. Il cono ruota uniformemente in- toro al suo asse con velocité angolare w. Determinare I’accelerazione assoluta di X assumendo che allistante t, = Ola sua posizione iniziale coincide con A (fig. 11). Risp. - a, = wy, bsen 914 + 32, 20.8, - Si risolva I’esercizio precedente nel caso che Ia rotazione del cono sia ‘uniformemente accelerata con accelerazione angolare J. Verificare che per 9 = 30°, v, = 3 cm/sec, (0) = 0, J, = 0,5 see~%, dopo due se- condi laceelerazione assoluta di X ha intensta pari a 15 em/sect, 20.9. - Un clemento X si muove sulla superficie terresre ed occupa, ad un dato jntante ty Ia posizione P, di latitudine b, In tale istante, Iaccelerazione «4X rispetto alla Terra nulla, mentre la veloctarelativa v,&tangente al meridiano locale ed ¢ orientata da Noéd a Sud, Determinare a velocita e'acce- lerazione i X, allstante 1, nello spazio # solidale ad una | terna con lorigine nel centro 0 ° della Terra ed orientamento in- Ni. variabile rispetto alle stelle. Risoluzone. Lo spazio terrestre ° 4’ sia riferto ad una terna T che ha origine in Py Passe’ x! «= aquiverso ay, ¢ laste x’? colnc- dente con ifraggo terest oien- tato da P, verso 0; di conse- aguenza, Wése x’, rua oriz- zontale, tangente al paallelolo- cale ed orientato da Est verso ® ‘Ovest. Sia w la velocta angols- | re nel moto di trascinamento ro- tatorio uniforme della Terra {ntoro al proprio asse, Si ha allora 2 ae sa a SS Co) oS 6s SS 6S & ee & Se Se 188 CCAPITOLO I | Concent genera della Cems 189 y= ex, -o a, = - oP, - PY. 2 relazione v, = ¥, + v, sugli assi x ed y si trae 2 Liacceleratione di Coriolis, definite da a, = 2.0 x vp risuta quinds | = OO. Weyine tin — We ycore, parallela al piano meridiano e diretta da Ovest verso Est; infattile sue | * a componénti sugli assi di T* sono per cui le equazion! finite del moto assoluto (piano) di X sono (20.5) a, = (0, — 2 wy,,sen d, 0) 20.8) x = (vy, seng + vt, ¥ = (y, 005 y) t per cui a, raggiunge il suo massimo ai poli si annulla invece all'equa- Wienke ¢ ical X rapehunge A. spat dato de tore. Comungue, per velocita relative limitate, il suo valore & di solito trascurabile poiché la velocita di rotazione terrestre & pari a 20.) = 2 1/86,164 = 7,3» 10-$ see —!, velocita relativa costantemente ortogonale alle sponde. In defintiva, se R & il raggio terrestre, le espressioni cartesiane in T’ dei vettori v, ed a, nella posizione P, di X sono 20.11. - Nell'esercizio precedente si supponga che X — mantenendo costante il modulo della sua velocita relativa — effewui due trasversate. Nella a = Vie, — UR cos hes 8, = — (1/2) GAR sen 2dej + (v/R — 2wv, sen 2) ef + wR cosPhe;. 20.10. -Un fiume — a sponde retline, parallele e poste a distanza h — scorre uniformemente con velocita costante v, parallela alle sponde. Una bar- ea (schematizza-a con elemento X), partendo da 0 al stante iniziale t, 0, perviene in A ‘mantenendo co te la sua velocit v, rispeto alla corente. Determinare Minclt- nazione di, rispet to alla corrente che rende minimo il tem- Pa 14 o di traversata. 7 5 ° ‘prima descrve il ratto 9B perpendicolare alle sponde impiegando il tempo Risoluzione, -Se g? {si nella seconda conserva la velocitarelativa perpendicolare alle spon- Pangolo che v, for de, descrivendo il tratto QA nel tempo ty < ‘ma con Vase y (fig. piezza h del fiume ritenendo not i temph ty, Fig. 13 13) , proiettando Ia Gs i cAPITOLO I once general della Cinemuatica 19 Risoluzione. - indichiamo con ¥,€ ¥, le velocita assolute di X nei due ‘moti; nella prima traversata si ha y= yer, 20.9) = ty. Nella seconda, in base alla (20.8) (con = 0), risulta 20.10) ¥, = ity, v= ty vn + vale. Essendo assegnati /¢t,, da (20.10), si ricava anzitutto v,; dal confron- to di (20.9), con (20.10), si deduce poi 20.11) 20.12) tty = vy, = YA <1, avendo in-conclusione ve = Vl AF, v= Mas b= vty Si osservi che i tempi ty € ty risutano eguali see solo se v, = 0 (fr 1. 21). 21, LEGGE DI COMPOSIZIONE DELLE VELOCITA IN CINEMATICA RELA- TIVISTICA, Lesercizio n, 20.11 pone in rilievo un'ovvia conseguenza del principio dei roti relatvi: fa dipendenza del modulo div, dalla direzione dt v,. Infati le d traversate di X sono eseguite con la stessa velocita di trascinamento con velo td relative eguall in modulo; tuttavia — come mostrano le (20.9), (20.11) — le velocita assolute risultano differenti non solo in direzione, ma anche in medulo. Inoltre, quando il moto di trascinamento non si riduce alla quiete (v, # 0), i tempi t, € ty non possono coincidere. In altri termini, fissato il moto di tras namento, Muguaglianza div, nel due moti relativi esclude quella div, nel due rmotl assotuti. Pertanto, lipotesi che nel moto relativo un agente fisico (ad es., 1a luce) si propaghi con Ia ste velocita in tutte le direzioni, esclude la possibilita che id avvenga anche nel moto assoluto, Tale osservazione implica che nello sche- ‘ma della Cinematica classica pud esistere un solo riferimento otticamente iso- tropo (Cap. IV, n. 7). L'esercizio 20.11 mostra inoltre la possibllita di valutare v,€ v, mediante la misura dei tempi t, e ty. Sulla base di siffatte considerazioni e con esperienze ottche eseguite in un laboratorio terrestre, A. Michelson — fin dal 1881 — tentd di verificare la con- ‘gettura prerelativistica che attribuiva allo spazio delle stelle fsse il privilegio di ‘essere unico riferimento otticamente isotropo compatible con la legge di com- posizione delle velocita, Tale esperienza si fonda sul crterio esposto nell'eserci- 2io suddetto; elemento mobile X si identifica con un raggio luminoso che si propaga nello spazio secondo direzioni diverse ed il moto di trascinamento del fiume con il moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole sensibilmente tra- slatorio uniforme per plecolt intervali di tempo). In accordo con la (20.12) si prevedeva una diversita dei tempi t, ¢ ty impiegati dalla luce a percorrere due cammini differenti, Invece — nonastante i numerosi perfezionamenti apportati nelle successive fasisperimentali — analisi di Michelson ha dimostrato che nel ‘aso di un segnale luminoso { tempi t, € ty risultano Inesorabilmente eguali ¢ io il rapporto (20.12) 2 costantemente unitario. Cid implica la perfettaisotro- Pia della propagazione della luce in un riferimento terestre. ‘Grande meravigliadest® questa conclusione, che — in netto contrasto con Je previsioni — trasferiva allo spazio di riferimento terrestre una posizione di privilegio priva di ogni giustficazione logica. ‘Questa incompatibilta fra le congetture prerelativistche ele legal della Mec- ‘anica classica indussero A. Einstein ad una profonda elaborazione critica dei concetti ¢ postulati fondamentali della teoria newtoniana (Cap. ft). La legge ai composizione relativistica delle velocita — che, nell'ambito del modello ein- steniano, sosttuisce il principio dei moti relativi — risulta del tutto compatible con lesperienza di Michelson, Infatti, essa dimostra che — in due riferimenti otticamente isotropi animati di moto reciproco traslatorio uniforme — quando ¥, ha direzione arbitraria ma modulo sempre eguale alla velocita c della luce, anche v, risulta uguale a ¢. ‘A ale scopo, siano x ed x’ i vettor posizione dell’elemento mobile X nei due riferimenti otticamente isotropi (4 1), (8, t') ed ro eee oo 1 . Y= ae a nro le corrispondenti velocita. In base al teorema 8.1 del Cap. 1! , la trasformazione (&, + (x’, 17) €lineare e ridueibile alla forma speciale di Lorentz (IV, 8.4); inoltre, il moto reciproco tra @ed #” & traslatorio uniforme con velocita paral- lela allasse x’! © modulo Iv1, Derivando la (IV.8.4) si deduce allora So [SS 5S 6 eo 8 Ge oe a Sa G2 caPIToLo att ay -F S Se poniamo a a= di fat = IML + Wey si deducono le formule aus) ee a a ed cche costituiscono appunto la legge di composizione delle velocitd nella Cinema- tica relativistica, Le 21.5) implicano alcune notevoli conseguenze; per semplifica deri X mobile nella direzione e verso dell'asse x! in modo che sia x? = x"? = x) = x3 = 0. Le (21.5) si riducono @ 1.6) when ~o, a€l0,2x, la @.5) diventa X= Acos (ut + a) che & di tipo (3.1). L'asserto 8 cos! provato. | moti oscillator armonici hanno un rilievo notevole in mole questioni del- Ja Fisica Matematica poiché fenomeni che si svolgono in un dato intervallo di tempo (t,t, + T), tradotti da funzioni ft) periodiche o aperiodiche, in oppor- tuni ipotesipossono essere rappresentati mediante una sovrapposizione fin Stl) 6 6 Se ee ee Go 2 Ge Be 8S S28 & Se & C3 (1S 62 Ge Ge @@ 8 && Ge GS 200 cAPITOLOI Avplicasint li Caematin 201 ta ono di moti armonici. A questa problematica sicollega, in sostanza, Ia teoria corg y = + Icotg gl, delle serie ¢ della trasformata di Fourier per le quali rimandiamo a ({1}-1, vol. é I, p. 443; (2-11, p. 181)]. Una siffatta rappresentazione & chiamata Analisi ar- ‘monica. Ad essa saremo condotti quando studieremo le oscillazioni trasversali di una corda elastica omogenea fissata agli estremi, === mentre per ottuso cots y = ~ Icotg gl 4, MOTO ARMONICO SMORZATO Olire ai moti armonici che, come abbiamo gia segnalato, costituiscono il 2 #10) = +0. pit semplice esempio di moto oscillatorio periodico, hanno notevole importan- 2a nel'analisi i molti fenomeni naturali i moti armonici smorzati. Con tale de- rnominazione si intendono moti vibratori che, a causa di fenomeni di dissipazio- te, sono smorzati, Una schematizzazione cinematica di questi mot si ottiene con: siderando il moto di un punto M sull'asse r, Ia cul legge orari Pertanto, assumendo come as- se coordinato r, la retta su cul si considera la proiezione orto- gonale M di P, da (1.1), (2.12), (4.2) si icava equazio- (1) xt = ReMeos(at ta), R>0, b> w>0 Fis. 4 ne del moto Ab aq, I6018 #1 ot + 90) cos [e(ut # OD] con R, hy w, ex costanti. Perh = Osi ottiene l'equazione dei moti armonici (3.1). ‘Alla (4.1) si perviene considerando il moto di un punto P che descrive con Ponendo velocita angolare costante, anziché una circonferenza di centro O, una spirale logaritmica di punto asintotico O. hs lcogglu, R ‘Si chiamano in tal modo le linee det piano le cui equazioni parametrich« in coordinate polari sono espresse da eget HOV ye wy, si perviene, appunto, alla (4.1). Premesso cid, riprendiamo Vanalisi della (4.1). Anzituto si constata che la funzione Ix!l 2 dlotata di massimirelatviin cor ispondenza degli istanti 1, de- finiti da 62 (9) = ee ¥?, pe], ep > 0, 5 ¢ w essendo costanti prefissate e 9 & ’anoinalia computata positivamente in senso levogiro rispetto al versore e, ortogonale al piano del moto. Si pud dimo- strare((2), p. 86) che queste sono tutte e sole le curve che tagliano sotto I'angolo costante y tutte le rette del piano appartenenti al fascio di centro O. Per g acuto + co. Come ora pro- 7 verema, il moto armonico smorzato (4.1) coincide con il moto della proiezioné ‘ortogonale M, su una qualunque retta passante per O, del punto P che descrive ‘con velocita angolare costante in senso orario la spirale logaritmica con y acuto, in senso antiorario quella con y ottuso. Infaui, quando y € acuto si ha uo" Km —a=aretg ho"), me (0,41), ed in essi prende i valori Fis. 5 Ix}(r_)| = Re" costiot, +a) ee Said Ceshhies caPiTotov ‘che decrescono con legge esponenziale al crescere di m. Risulta, poi, Vqei Tal = 707! quindi Pintervallo di tempo esistente tra due massimi consecutivi di Ix!! & sem- pre lo stesso. Posto 43) Tala, si osserva che negli istanti tq.€ Tq,2 = fm + Til punto M si trova su r, dalla stessa parte rispetto ad O ed inoltre 'elongazione massima é, in modulo, dimi- nuita con legge geometrica di ragione exp (—hT). I! punto M oscilla inde mente intorno ad O con velocita via via minore in modo che le oscilazic isocrone. Con riferimento alle figg. 4 5, notiamo che M inverte il moto in cor- rispondenza delle proiezioni A, delle posizioni P, assunte da P sulla spirale lo- ‘garitmica per le quali le relative tangenti sono ortogonali all'asse r,. Pertanto, punti A, sono distinti dalle intersezioni N, della spirale con la rettar, al co trario di quanto avviene nei moti armonici: Le grandezze T, w, » = T—! conti ‘nuano a chiamarsiperiodo, pulsazione e frequenza (del moto armonico smorzato).. ‘Anche i moti armonict smorzati sono caratterizzati da un'equazione renaiale del secondo ordine. Infatti, derivando la (4.1) fn ispetto a tempo si ha fy cos (ut + a) — Rue sen (ut + a) = Rhee che, per la (4.1), diviene fn 44) it = = hx! — Rue sen (wt + a) ‘econ un'ulteriore derivazione dalla (4.4) si ricava at = bit + Rah eM sen (ot + a) — Rue cos (ut + a). Da questa relazione e dalle (4.1) € (4.4) si ha infine He The + (ME + wrt = 0. Si é cosi provato che Ia (4.1) soddisfa 'equazione as) RFD + + wx =O Ca Go G3 sao tog Appliccion di Cinemation 203 cche viene detta equazione differenziale dei moti armoniei smorzati di pulsazione @ € costante di smorzamento h. ‘Al contrario, ogni soluzione della (4.5) & del tipo (4.1), Infatti, Nequazione algebrica associata alla (4.5) & Meme ete ced ammette le radici complesse coniugate X = —h ¥ ui, Pertanto, Pintegrale generale ¢ XQ) = eM (, cos ut + ¢ sen ut), ced esso con la posizione (3.6) si mette nella forma x) = AeTM cos (wt +a), A> 0, @€ 0,21. Concludiamo queste considerazioni rilevando che un’equazione differenziale del tipo y+ day + by =0 si pud riguardare come I'equazione differenziale di una certa classe di moti ar- monici smorzati se e solo se@a > Oca?—b <0. 8. MOTO CENTRALE 5.1. Proprieta del moti centrale. Formula di Binet Definizione 5.1. 1! moto di un punto P si dice centrale se la sua cccelerazio~ tne @ costantemente parallela alla retta unente P con un punto fisso O detto cen- tro del moto. : Dalla definizione si trae che 6) (P-O)xa=0. ‘Osserviamo che, essendo O un punto fisso, @ identicamente 4(P - x Wavxv4+ (POX € quindi per Ia (5.1) [2 3 Ei 0s 65 28 op ee eS eS eee ee eS ee ae 208 CAPITOLOIV i Applicant di Cnematin 6.2) a l(P - Ox Proposizione 5.1. Jn un moto piano di un punto P la costanza della veloci- 1@ areolare rispetto ad un dato centro fisso O 2 equivalente alla proprieta di mo- Integrando la (5.2) tra Iistante iniziale t, ¢ quello attuale t, si ha 63). (P—-O)xv=@—Oxy,=c, teh, dove P, ¢ v, sono posizione e velocita iniiale. Esaminiamo le implicazi Pere = 0 risulta 64 P-O)xv=0 questa condizione insieme con la definizione (5.1) implica in ogni istante i rallelismo tra l'accelerazione a ¢ la velocta v. La traiettoria di P non pud che ppartenere alla retta congiungente centro del moto O con la posizione iniiale P, poiché altrimenti 'accelerazione normale non sarebbe nulla. Pere x 0 la condizione (5.3) comporta che la traiettoria di P debba essere costantemente ortogonale al vettore e costante nel tempo e quindi essa éuna curva 4el piano x determinato dal raggio vettore OP, e da (P,, ¥,) ‘i verifica rapidamente che in ogni moto centrale plano la velocitd areale rispetto al centro de! moto O 2 costante, Infatti, scegliendo sul piano del moto x un sistema di coordinate polari di polo O ed usando le notazioni del n. 1.1, riscriviamo la (5.3) nella forma ee, * (Yee, + YE) =e dalla quale segue 6.5) ave, XO =. Poiché e, x e 2 un vettore costante essendo ortogonale al piano 1, la relazio- atta solo se & costante nel tempo Qvy ¢ cioe, per Ia (1.8), 6.8) ce, ceR~ (0). Weonfronto tra le formule (1.10) ¢(S.6) porta alla costanza della velocita areale i P rispetto al punto O. La costante ¢, che é pari al doppio della velocita areale, si chiama costante delle aree. La costanza della velocita areale 2 una caratteristica che contraddistingue moti centrali, Infatt, dall’analisi delle formule (1.9), e (1.10) segue subito la to centrale di P rispetto ad O. Osserviamo, ora, che dalla formula (5.6) segue che tra le variabili 9 e tesi- ste un omeomorfismo che fa si che al tempo t si possa sostituire I'anomalia 8. In particolare, 1a (5.6) consente di ottenere per la velocita le espressioni 6.7 ve = & = dyed = comMye = — edger! (5.8) ed = cg" Per I'accelerazione si ha naturalmente a, = 0 ed inoltre - od a, = 8 - eb = da, che, per le (5.6) € (5.7), viene a, = - Cem*Idjen! + el. ‘Questa formula, nota come formula di Binet, consente di determinare I'accele razione di un moto centrale non appena siano note la costante delle aree ce l’0r- bita@ = @(d). # 6.9) 5.2. Moti kepleriani ‘Come applicazione dei risultati or ora espostie, specialmente, della formu- la di Binet, intendiamo esaminare il caso particolarmente significativo dei moti kepleriani ¢ cio quello dei moti dei pianetiintorno al Sole, prescindendo dalle loro mutue interazioni e trascurando le masse dei pianeti rispetio a quella del Sole. Tali leggi furono enunciate per la prima volta dall'astronomo tedesco Jo- hannes Kepler. Di queste le prime due furono fornite nel 1609 nell’ opera Astro- ‘nomia seu physica coelestis tradita commentariis de motibus stellae Martis ex observationibus G.V. Tychonis Brahe. Keplero ebbe la brillante idea di rappre- ‘sentare le osservazioni sui vari pianeti ed in particolare di Marte come sarebbero state valutate da un osservatore situato sul Sole, considerandone vari grup ef- i tempo multipli del periodo di 687 giorni impiegato da tale pianeta per compiere un’intera rivoluzione. In ogni periodo il pianeta, ritor- nando nella medesima posizione rispetto al Sole, forma con esto un segmento invariabile a cui poteva essere riferta la posizione della Terra. Cosi, gli fu poss ea Eee 206 caPrroLo iv bile dedurre le posizioni di Marte e, quindi, tutte le proprietd dell’orbita e la leg- ‘8¢ con cui veniya descritta, Dopo aver proposto le prime due leggi, occorsero ben dieci anni prima che Eli riuscisse ad enunciare la terza legge. Questa venne formulata nell'altra fon- damentale Opera Harmonices mundi libri V del 1619. Ad essa Autore fu in- otto nel!'intento di dimostrareI'esistenza di un rapporto armonico fra la velocita ‘assim pure in forma em- brionale, della gravtezione universale come ente capace di tenere i vari corpi cles legat tra oro, Nel’ Epitome Astronomiae Copernicanae (1618-1621) Egli sostiene che le leggitrovate per Marte sono valide anche per gi altri pianeti, per la Luna ¢ i satliti medicei di Giove, Questecelebrilegsi sono: 1 - Le orbite dei pianeti sono elliss ed il Sole ne 2 uno dei fuochi. 2 - Learee desertte dal ragelo vettore unence il Sole con un pianetaso- ‘no proporcionali ai tempi impiegati a descrverle 3 = Lquadrat dei templ impiegati dai vari panei a percorrere le loro or- ‘ite sono proporzionali al cubi del semiassi magsioi La prima e a seconda legge implicano che il moto di ciascun pianeta& pia- no ¢ che ess0 si svolge in modo che la velocita areolare sia costante. La proposi- zione 5.1 implica che il moto planetario @ centrale e, pertanto, a formula (3.9) consente di determinare l'accelerazione a,, Per avere Vespressione espicta di 8, occorreserivere in coordinate polari Pequazione di unlisse. Per complete 24 di esposizione, ricaviamo 'equazione di una conica in coordinate polar Una conica, che non sia una circonferenza, & il luogo dei punti le cui distan- ze da un punto fisso F detto fuoco e da una retta fissa d denominata direttrice stanno in un rapporto costante. Tale rapporto costante si chiama eccentricitd della conica ¢ si suole indicare con e. In un sistema di coordinate polari (e, 9) scelto come in fig. 6, il generico unto Q della conica di fuoco F, direttrice d, eccentricta e, soddisfa la condizione 6.10) QF/QH =e, eeRr. Indicandé con h la distanza del fuoco dalla direttrce, Ia definizione ($.10) in coordinate (9, 9) diviene @ heed ** es ew Sas 2 63 ou SERRE ommemeeneceeesememeeneenenene eee 2 Applicecini di Ciematica 207 € di qui, posto p = eh, si ricava 6.) e=-—__ La(S.11) fornisce Pequazio- ne in coordinate polar i una ‘conica di parametro p ed ec- centricite, - Notiamo subito che la 6.11) continua a sussstere anche quando ¢ = 0 ed in questo caso rappresenta una circonferenza di ragaio p con centro in F. Nel caso di un'elisse di semiasse magglore ae semias- se minore b, si dimostrano le ho sequent relazion : p= bia e= Ul - brayy?, (5.12) Dall"equazione (5.11) si 3) a=-— La formula (5.13) mostra che I'accelerazione & inversamente proporzionale al uadrato della distanza del pianeta considerato dal Sole, Ss Go ae as em am SS Sia Sead Sis Sa aaa Jaikeealy G2 4s £5 Ge 6S 2 ee 208 capiToLo lv ‘Mediante la terza legge dl Keplero si dimostra che il fattore di proporziona- lita c2/p che interviene nell’espressione (5.13) & indipendente dal particolare pia ‘neta considerato. Infatti, in una rivoluzione completa di periodo T, il raggio vettore unente iM Sole con il pianeta considerato descrive I'area ab con velocita c/2. Pertantoé 2 xab/T ; dda questa relazione e dalla (5.12), segue 6.14) ep = 4. rendente dal pia- del rapporto (Or bene, per la terza legge di Keplero il rapporto a/T? ¢ int neta considerato (dipende dal Sole) e quindi altrettanto pud di op. = 6, MOTI AD ACCELERAZIONE VETTORIALE COSTANTE Esami lerazione a é costante, Un esempio notevol ‘aravi nel yuoto la cui accelerazione si pub ritenere costante qualora si prescinda dalla resistenza dellaria, dagli effetti della rotazione terrestre ¢ dalla sua varia bilita con la latitudine econ Paltitudine. Studiamo, dunque, il moto di un punt P per il quale risulti .) a=e con g vettore costante che, per motiv di efficacia di descrzione, interpretiamo come accelerazione di gravita. E evidente che i rsultati che otterremo saranno validi anche quando g avra un altro ‘significato fsico. Integriamo I'equazione differenzile (6.1) con le con stanteiniziale 1, =.0 ni assegnate all'i- (6.2) PO) = Poy Siha (6.3) WW = y+ Bt (6.4) PW) = PL + yt + > es Applicaion di Cinematic 209 Per v, € parallel, la (6.4) mostra che il vetore P(t) — P, & invariabilmen- te diretto ome ge pertanto la traietoria di P appartiene alla retta r passante per P, e parallela a. Introduciamo su essa un sistema di ascisse y di origine _P, e assumiamo y crescente nel verso di — g. Proiettando le (6.3), (6.4) sul'as- s€'F cost orientato, si ha 65) HO) = F.—8t 66) yO = 4-6/2? - La (6.5) implica che HO =0 per terns ed in tale istante la (6.6) da 6D yo) = 28. Liistante d'arresto + segue o precede Vistante iniziale t, = 0 secondo che ¥, € £ siano discordi o concordi. Percid, P invertiré o avra invertito il suo moto nel punto di ascissa y(r) data da (6.7). Inolre, risulta — $8 + ot Ww per cui eo pr ter I moto é ritardato prima dell'istante di arresto, accelerato dopo. Per v, e ¢ non parallel, la formula (6.4) mostra che il segmento orientato P() — P, giace nel piano + passante per P, ¢ parallelo ai vettoriv, ¢ g. Sce- liamo il riferimento Oxyz come in fig. 7 € ciot con lorigine O in P, l'asse ¥ controverso a g, I'asse x nel piano + ortogonale in O a g ed orientato in modo che Pangolo a tra, ¢ 'asse x sia acuto; I'asse 2 risulti ortogonale a x ed orien- tato in modo che la terna sia levogira. Stante la simmetria del problema rispetto all’asse y, ci limitiamo a considerare il caso w € J— */2, 2/2{. Proiettiamo sugli assi le (6.3) ¢ (6.4). Dalla prima si ottiene il) = v, cos a 68) 5 = vg sen — st = 4 62 6 Ge Ge @6 =e oe 10 carrro.ov Appicsion di Ciematica an Tastee ¢ dalla seconda dulo v, ed angolo di proiezione a variabile nel- A) =v, cos at Vintervallo }= ¥/2, x/2{ determiniamone il relative (6.9) yt) =v, sent — (8/2) invilupps I. Esso éa cur- va di la cul equazione x) = 0. cartesiana siottene eimi- nando il parametro a tra Le (6.9) sono le equazioni finite di un moto piano. Essendo a # #/2, dalle a (6.10) ¢ Vespressione prime due relazioni segue : — x2 + ga x TW eot a 6.10) yen siricava a relazione (6.11) che @ Pequazione cartesiana della traietoria. Si riconosce subito che essa ¢ una parabo- Ja con Masse parallelo ag, con Ja concavitarivolta nel verso i ge tangente in P, av, ssa interseca asse x Sia nel- Vorigine O sia nel punto Q di ascisa Re we * Te che prova che T'é la para- bola avente y come asse di simmetria. Introduciamo Vinsieme 0 definito da Xq = (02/8) sen 2a. Fig. 8 U segmento OQ dicesi gitta- 1a, Vangolo a prende il nome a= (x>0ye——B wy }. di angolo di proiecione, Si de- 2, 8 finisce altezza di tro il mas- Fi simo valore assunto da y. Es- Come ora proveremo, nessun punto di @ ~ 0 pud essere colpito dai proiet- | : . i lanciati da P, con le modalita gia specificate, mentre eid accade per i punti 0 corrsponds al'ordinata yy del vertice V della parabola; si ha P. dif ana ci8 aviene per due valori datnt dia per postal ¢ Tea, : . i, un punto P.{x., y.) di © appartiene ad una delle parabole (6.10) solo se vi sent a 1 wee Yo = W/2VD + tea) xd + eax, Consideriamo, ora, la famiglia {-y,} di traiettorie (6.10) des € cioé solo se il discriminante dell"equazione nell'incognita tg a Janciati da P, nel semipiano © definite da x z 0, con velocita 6.12) W/V) tla — x ga ty + DVD AE O Se gq Seige eew SS SS eS es mw a ss ee = am iba ei 2 = = ee 22 cAPITOLOW & non negativo. Si verifica subito che cid equivale alla condizione ¥ 6.3) 2a L’analisi dei coefficient! dell equazione (6.12) mostra che se a (6.13) & sod- disfata in senso stretto, le traiettoie utili per, colpire il bersaglio P, sono due fei queste una corrisponde sempre ad un lancio verso I'alto mentre 'altra ha lo stesso requisito solo se P. & interno alla stiscia delimitata dalla parabola T ‘eda quella P, ottenutatraslando T in O. Se, invece, vale il segno di uguale, P Aappartiene a fed esso pud essere colpito con un’ unica trattoria parabolica tan gente in P, aT’. Per a = 2/2 ci si trova nelle condizioni di lancio verticale e, in viru della formula (6.7), il punto B pud essere raggiunto, e a maggior ragione lo sono i punti di P,B. Infine, per P, € © ~ @ la (6.13) non & soddisfatta cosic- ché equazione (6.12) non ammette soluzioni real cid equivae al fatto che nes- Suna traietoria parabolica puo oltrepassare I. Queste considerazioni giustfica- no la denominazione di parabola di sicurezza attibuita a ‘Un problema interessante si ha considerando Peventualita che nellistante 7 > oil corpo puntiforme P esploda in volo dividendosiitantaneamente in mol- {eplietframmenti Py, € (1, -- N]. Noi supporremo, per sempliita, che que- sti siano scagliatinelio spazio tuti dalla ste posizione P = P(i) econ la mede- fima velocta 9 = v(G*) in modulo, Nel caso in esame, le (6.1)-6.2) seritte per ciascun punto Py, i € (1, ., NJ, danno (6.14) iB tat, 159 Pe) =P, BG) = Om, essendo u, un arbitrario versore, Con il cambiamento di variable r = ¢ — ile jazioni differenziali (6.14) non mutano, mentre a t = i si fa corrispondere istante iniziale r = 0; di conseguenza, la soluzione di (6.14)-(6.15) si ottiene da (6.4) tenendo conto delle nuove condizioni iniziali(6.15) e sostituendo a t la variabile r = t — 1. Percid, il generico punto P, descrive la traigtioria paraboli ca di equazione 61) PEP HM —Dy +E —DA, >i Vediamo, ora, quale ¢ la configurazione istantanea dell"intero sistema. Introdu- cendo il punto 6.17) cw =P + ge —2, Ge See oe Ee ee ee Applicacion di Cinemaica 23 cotteniamo da (6.16) PQ) — CW) = Dy di qui ricaviamo 6.18) IRQ COP = HEF, vedi. La formula (6.18) mostra che in ogni istante t > i tutti frammenti Psi dispongono sulla sfera di raggio R = 9(t — i) i! eul centro C(t) si muove con a legge (6.17). Dal confronto tra le formule (6.17) e (6.4) si deduce che i! centro C cade come un grave che parte dalla posizione P con velocita iniziale nulla. ‘Queste considerazioni spiegano, in particolare, la configurazione pressoché sferica assunta dai frammenti luminosi che si produeono con i fuochi dari co. §2- MOTI COMPOSTI 7. COMPOSIZIONE DI PIU MOTT Sia (P,}, o € (1, «n,n insieme di n punti in moto rispetto ad un da- to osservatore 0 € di coordinate (x!). Definislone 7.1. Si dice che i! moto dun punto'Prispetto ad @8 composto degli n moti di cui sono animati | punti P, se esiste un punto S € € per cui in cent state 2 : ay Shy = SPM +... SPO. In termini di coordinate, se lor zine & posta in S la (7.1) equivale a 2) x = Sx con (x) € (x!) coordinate di Pe Py. Mediante derivazione di (7.1)'si ottiene oy wid = Ev, (0) = g at) « ‘Come applicazione, consideriamo i due esempi seguenti. | eriberimrs sich cn ea 4 caPrToLo iV 7.1. Composizioni di moti armonici Cilimitiamo ad esporre alcuni tipi di composizioni di due o pit moti armo- nici enunciandone le relative proprieta. Per la loro dimostrazione e per una pi completa discussione rimandiamo a ({2}, p. 93). 7.1.1. Composizione di due moti armonici di pulsazione w, ed w, che si svol- ‘gono sullo stesso asse re con 1a stesso centro O. Se w, = us = wil moto risultante & armonico ed ha pulsazione «, centro 0 ed asse r. ‘Se, x wy il moto composto non 2 pits armonico. Nel caso che le ampiezze sano uguali e che w, differisca di poco da w, si ha il fenomeno dei battimenti ciot si hanno oscillazioni di pulsazione w = (a, + w,)/2 e di ampiezza variabi le periodicamente con pulsazione w” = (w, — w,)/2 detta pulsazione di batt mento, = 7.1.2. Composizione di due moti armonici di ampiezze R, Ry, di pulsazione yy Wy fast 9,, 9, che si svolgono su assi ortogonali Ox! ed Ox? in cul é 9, = 95,8, Seo, = wy, la tralettoria & un'elise tranne ic “# 27R,/R, ed il moto & ar- 9, 1 in cui essa # il segmento di equazione x! ‘monico ¢ di pulsazione Se, ed w, stanno in un rapporto razionale, sa ¢ la sua forma dipende dal rapporto w,/1,. In questo caso si hanno le note figure di J.A. Lissajous. Sew, ed «non stanno in un rapporto razionale, la traietioria é una curva caperta densa sullintero rettangolo del piano Ox'x? definito da {—R, < x! < Ry, -R, < x1 < Ry} € cif fissato in esso un punto $ esistono punti della traiet- toria prossimi ad $ quanto si vuole, = 7.2. Moto elicoidale uniforme 7.2.1. Proprietd generali Defintzione 7.2.1. Si chiama moto elicoidale il moto composto di un moto circolare uniforme di centro O su un piano e di un moto rettilineo uniforme lungo una retta t ortogonale in Oa x. traiettoria é una curva chive Tree fo Co aes bao Appliaconl di Cinematic 2s Siano P, il punto che percorre con velocita angolare w costante Ia circon- ferenza + di x avente centro in O e raggio R e P; il punto in moto su r animato di velocitd costante V. Assu- ante nel quale P, transita per O come Vistante iniiale t, = 0. In corrispon- denza di esso P, occupa su la posizione P\(0). Sceglia- ‘mo il riferimento cartesiano come in fig. 9 ciot con I'o- rigine in O, Masse 1, co dente con la semiretta (OP,(0,I'asser, sovrapposto ad red orientao in modo che il moto circolare di P, ap- paia ad ess0 levogiro. L'asse 1, risulta determinato doven- do essere la terna ortogonale levogira. Indichiamo con (x') le coordinate di P € con (o. 8) le coordinate polari di P,. Fo Nelle nostre ipotesi & HK) = wt e pertanto dalle (7.2) segue 5) xi= Reosut, = Reenut, ox =e WE ¢nelPultima vale il segno superiore o quello inferiore secondo che il moto di P, sia progressivo o retrogrado. Dalle prime due formule di (7.4) si ricava as) xt ga = RB che mostra appartenenza della traiettoria} di Pal ciindro A di asse re raggio R. La velocita P ha component x aay €, quindi, intensita —Resenat, = Racosat, 2 658 Gl Ge Be Ge 5 a= es 32 & a 216 capiToLoiv v= x) = Ret + VINA che risulta costante. Percid, il moto composto é uniforme al pari dei moti ‘component. er quanto concerne la forma did osserviamo che essa incontra le genera- trici del cilindro sotto angolo costante a e quindi @ un’elica cilindrica. Infatt il terzo coseno direttore del versore di v & cos at la cul espressione cos a = 8/v = & Viv implica la costanza di e durante {utto il moto, thiama passo del!’elica la misura di uno dei segmenti i cui estremi sono mostra che il passo p ha lespressione pe2aVo.e 7.2.2. Una caratterizzazione dei moti elicoidali uniformi Ci proponiamo di provare che questi moti possono svolgersi solo se sussiste la particolare relazione tra laccelerazione e la velocita precisata dalla Proposizione 7.2.1. A/finché siano possibili moti elicoidali uniformi di P ‘occorre e basta che esista un vettore costante w tale che 0.6) asuxy, Dim, Se il moto di P & elicoidale uniforme, con le notazioni del n. 7.2.1, si hanno le equazioni (7.4) che derivate danno le relaz erot, Peat, Pea. i qui, con un’ulteriore derivazione e introducende il vettore (0, 0, w), si per- viene alla (7.6). Viceversa, supponiamo che esista un vettore w costante per sfatta la (7.6). Associamo a questa le condizioni iniziali a soddi- an PO) =P, BO = y, € moltiplichiamola scalarmente per v. Si ha Arlen’ di Caemaaica a-ve dv -W/2) 20 quindi, per la (7.7.)y, segue I'integrale primo 8) vew vtzo. I moto &, dunque, uniforme. Assumiamo, ora, il piano x passante pe P. ed cortogonale ad w come piano coordinato Or,ty, mentre scegliamo W'asse =, #3Ui- verso ad w, Indichiamo con A ¢ B le proiezioni ortogonali di P sul piso + & sulla retta ed osserviamo che dall'essere P-O=(A-0)+(@-0) dalle (7.6) segue AsBeaxd che @ soddisfatta solo se risulta a9) AzuxAd, Be=o. Se B, é la velocita iniziale di B, da (7.9), si deduce bed, € quindi i! moto rettlineo di B su r, ¢ uniforme. Tenendo conto i moto piano di A non pud che essere uniforme, Per determinare Ia tr mi descritta da A, integriamo la (7.9), nellintervallo di tempo [o, t). Se A, 6 denotano la posizione ¢ la velocitd iniziale di A, si ha la relazione eX (A= AD che & suscettibile della seguente trasformazione. Detto C un arbitrario punto. so di x, siha 1) (A-Or- Az wx(A-O+8xC-AD Poiché certamente ao € possibile determinare C in modo che risulti on nEEeee ine se 4 2 Ea ne carro : Avo Cematica a1 ex(C-Ay=-A, | 82, + Riferendoci ancora alleerezio del n. 6, nel caso a € 10, x/2{ si dlmo- : . i Siri che entrambi i moti di P e della sua proezione P, sl'asse y, sone nz, se si viene presente la formula (1.17)-I, i consata che esiste un unio pun- ritardati o accelerai a seconda che siat < v, sen a/g'01 > v; seh.a/s. to C € x che la soddisfa ed esto & determinato da ke 4 83. = Un punto P é animato da un moto piano, Si dimosri che il rapports on cna, = Sh /vp 8 costante se solo se la traietoria di P & una spirale logaritmica : oo ifeuf punto asintatico & il polo delle coordinate pola a eg ele al area 8.4, - Con riferimento al n. 1.1, si dimostr che in coordinate cartesianerisulia @.12) ta-r=exA-0 ve = GR! + BRE, vy = G18 — ake, ¢ questa, moltiplicata scalarmente per A — C, da a chs far Oe ud en (A O -(A= C= 0. ehaeaaneanee) a, = GR! + Ve, ay = (IE — Rte. Con un’ultima integrazione si giunge all’espressione 8.5. - Tenendo conto dell'esercizio 8.3 si provi che una spirale logaritmi uy ea conura le reue ascent dal puro snttico soto angolo estan, m La (7.13) mostra che i! uogo delle posizioni occupate da A su x&lacrcon- 86. - L'equazione del moto di un punto X mobile sul'asse x8 x = a sen? ut ferenaa y di centro'C e raggio A,C = IA,I/s, come si deduce da (7.11). See- con a > 0 costant, Si dimstiche questo tun moto armonico avete sliendo l’asse r, passante proprio per il punto C definito da (7.11), si conclude centro C nel punto di ascissa xc = a/2, periodo T = /w e fase iniziale she il moto di P& composto del moto crcolare uniforme di A su ye del moto aan Fetilineo uniforme di B sur, e, quindl, che esso€ un mato elicoidale uniforme ; . ; Dalla (7.12) si trae che il punto A si muove su + nel verso orario rispetto al vetto- Si perviene all'asserto usando le formule di bisezione. w re ge con velocita angolare w. oo Osserviamo, infine, che fe (7.4) con R = 1Ayl/a, V = 18st, A, + B, 8.7 - In un rferimento (O,¢) un punto P, iizilmentecollocato in O, ha ve- Yo» Fappresentano la soluzione del problema di Cauchy (7.6) - (7.7) nel fet locita v = 3 te, + 2tey mento Cry avente Passer, coinidente con la rita CA, orienta verso Ay. = Dimostrare che 1) la traletoria ha equazione cartesiana x? = y, x > 0; : i) le componenti tangenzalie normali di a hanno le espressioni #. ESERCIZI 8 the nel Oxy2 dell'&ercizio del n. 6 il probl a= ett st 1. = Dimostrare che nel riferimento Oxye del’erczio del n. 6 it problenia sere ee othe (6.1) - (6.2) soddisfa la condizione Ovs aya eure ado. ii) le component radiate etrasversa sono UN risultato pud ottenersi da (6.8) - (6.9), da (6.3) - (6.9),, diretta- va tthe oo mente da (6.1) moltipicandola sealarmente perv ed integrando nell aa OTS tervallo (0,1). Eee rt SG Se Se eS as a ee = a ES 6 2S Be SS £8 2 220 caPrToLo iv 1 quesito i si ottiene determinando le equazioni finite del moto veri- ficanti la condizione iniziale P(0) = 0 ed eliminando, poi, il parametro 1 Il secondo ii) segue osservando che a, = a - v/ve che a, & determina- ta conoscendo a, ed a. Infine ii) segue direttamente dalla definizione stes- 8.8, = Dimostrare che un punto P che si muove in un piano Oxy con vel le ¥y = a € velocita angolare costanti,inizialmente posto in O, de- la Spirale di Archimede g = au™!d. Provare, inoltre, che & a, mut, ay = Daw, A= aut + a2. 0 8.9, « Si determinino laccelerazione tangenziale e quella normale di un punto ‘moto sull’ellisse y di semiassi a e b quando la velocita angolare cal- ‘colata rispetto al fuoco F (fig. 10) ha il valore costante w e si assuma la ‘condizione iniziale 8(0) = 0. Fig. 10 Ricordando che le equazioni parametriche diy sono x = a cos J, y = b sen 0 si perviene alle formule at — by sen 2ot_ gs ab ZasenPut + breostat)’ " —" Taseniut + bicostat) 8.10, - Sidimostri che in un generico moto il raggio di curvatura R della traiet- toria descritta da P é determinato dagli enti cinematici v ed a mediante la relazione R = vi/lv x al. 3 3 z Avpliccin! dl Ciematicn 8.11. - Dimostrare che in coordinate cilindriche (fig. 11) valgono le relazi v= Gu + ciw + ite, (8.2) (G - Qu + (05 + 2 gdw + Wey. +y crconterenza di centro Pee raggio P.P; w versore della tangen- tea yin P; ee iP - 9 angolo tra e ed u, Fig. 8.12. - In un piano x si consideri ta spirale iperbolica o (fig. 12) di equazione ‘8, a > 0 costante. Un punto P, dotato di v costante, si muove su @ partendo dalla posizione Fig. 2 2 : : 2 : 2 . lala pocorn as ci caPrroLo iv Applicacon! di Chematica 203 8.3. - ald. - 8.15. - =p Dimostrare che la proiezione M di P sull'asse polare x si muove in mo- do che in ogni istante t > 08 2w reine =0. 6.3) arate . Nall'esercizio 8.12 si sostituisea a con la spirale di Archimede y di equa zione @ = ad, a > Ocostante, e si provi che la (8.3) viene sos aie wer ay) x (84) X+ pitas Risolvere l'esercizio 8.12 nel caso che o sia la curva di equazione 9 = {(8), dimostrando che la (8.3) é sostituita dall’equazione BS) KIM ok + E+ dy (PD) = 0 nella quale sié posto f" = df mentre f ed £” sono valutate nell’argo- mento wt + 9,. L'equazione differenziale (8.5) a cui soddisfa il moto ddiM dipende, come nel caso di (8.3) € (8.4), dalla condizione iniiale J. Dimostrare che (8.5) @ indipendente da 9, solo nel caso che o sia una spirale logaritmica. = U problema di Cauchy relativo alla (7.6) con le condizioni (7.7) i pud integrare, olire che con il procedimento intrinseco (senza I'uso delle coordinate cartesian) seguito nella parte wiceversan della prop 7.2.1, anche per via cartesiana. A tale scopo, si consider (0,1) di fig. 13 con Passer, ortogonale in P, ai vettoriv, ed w, l'asse F, concorde con w ¢ Morigine O scelta su r, in modo che x3 = xs, € sl dimostri che le (7.4) rappresentano la soluzione del problema di Cau- chy dianzi detto. La (7.6) proietiata sugli assi del riferimento (0, 5) fornisce le equazioni 66) Mesut, Peau, a0 fequeste, ‘hiogo al itegrate una prima volta con le condizioni inizali dette, danni jema del primo ordine Bs a ES oo P= ey wean yy go es (8.7) xis on, eax, wea Ve Non potendo integrare ulteriormente queste equazioni, si pud procedere in questo modo. Dalle prime due equazioni di (8.6) e (8.7) si deduce Ie quazione differenziale Heo = 0 i= (2) ‘cui soddisfano x! ed x2. A questo punto é facile provare che le condi- iniziali specificate (cfr. anche fig. 13) conducono proprio alla so- luzione espressa dalle (7.4). Be eS ee as se es es caPrroLo1v § 3 - MOTI RIGIDI 9, MOTI RIGIDI CON UN PUNTO FISSO Definizione 9.1, Si chiama moto rigido con un punto fisso 0 moto rigido 02 la cicloide di equazione x = R (send - 9), (1 = cos 8), 9 > 0. Fig. 18 L’assenza di strsciamento comporta che in ogni istante til centro istantaneo di rotazione C sia il punto di contatto tray ed x. Pertanto, ta formula Y=ex(G-O roiettata su y da ig = — RD che, integrata con le condizioni inizili xo(0) = 0, 9(0) = 0, implica Xo = — RO; 4i conseguenza risulta anche a3.) Xe = - RO. Ba 63 3 Ge we Eo 232 132. 13.3. a cAPiTOLOIV Considerando, ora, il punto P, proiettiamo I'espressione weexP-O ssugli assi x ed y. Otteniamo le due equazioni Finché2 d + 0, & possibile sostituire la variabile t con 9 e, quindi, trasfor- mare le derivate rispetto a t in derivate rapporto a 9 che, per comodita, indicheremo con 'apice. Cosi, tenendo anche conto della (13.1), si hail sistema di equazioni differenzi xtm-y (13.2) yo =x + R05 dda questo, mediante derivazione della prima equazioné ¢ sostituzione nel- la seconda, otteniamo 3.3) xt x - RO. Lasciamo, ora, al letore il facile compito di controllare che il risultato ® conseguenza dell'integrazione di (13.3), di (13.2), ¢ del fatto che per 3 = 08PO)=0. a ‘Con riferimento al’esercizio precedente, si dimostri che un generico pun- 10 S, avente coordinate (xg, yg) all'itante t = O nel riferimento Oxy, de- scrive la tralettoria di equazioni parametriche X = x5 cos I — yg send + R (sen 9 ~ 9) y = xy sen 9 + yg cosd + R(I - cosa). w ‘Si consider il moto reciproco di quello proposto nell’esercizio 13.1 il moto di r rispetto a +, e si dimostri che nel riferimento Gty solidale a +7 (fig. 19) la traiettoria del citato punto P ha equazioni E=RWcosd—send), 7 = —R(Osend + cos d). ‘Avpliazoul di Cinemania 233 Le coordinate del centro di rotazione C all'istante t nel riferimento G&y sono (fig. 19.b) fo= Reng, a= -Reose, <0. Ricordiamo, ora, do (0) (33) fe - Rand, nos -Reosd, 9>0. a ' vA wo Fig. 19 Dalla formula della velocit = ge x (P= C) € dalla (13.3) si deduce il sistema (3.4) Beat Reosd, 9 = ~E-Rsend. Con il procedimento seguito nel primo eserci quazione differenziale ricava per &(8) I'e- itegrale generale & E = acosd + bsend + RIcosd, 3 6 2 62 G2 6&2 G2 &E 2M caPrToLo I Apliceciat di Cinematica 235 di qui segue la relazione Reyee. La base é, pertanto, la circonferen- za di centro O e raggio ¢. Per de- terminare la rulletta si considéra- ‘Tenendo conto delle condizioni iniziali 0) = 0, n(0) = - Re della (13.4), siottiene it risultato annunziato. A questo, naturalmente, si per- viene deducendo I'equazione differ perm, integrandolae tenendo conto di (13.4), ¢ delle condizioni iniziali gia.citate. Sa OTE, Dimostrare per via analitica che le equazioni parametriche delle traiet- torie polari nel moto reciproco di due piani Oxy ed Mf sono ‘no le equazioni parametriche fc = C sent d, & = ¢ sen 9 cos 9. Le relative equazioni cartesiane sono Xe Xp Yes Yo = Yp + Nh fissato su Oy, (13.8) fo = be + ty tc = Wp ~ EP fissato su Oxy, je = UD + b= UD: dove 9 indica un angolo per cui é w = de, mentre I'apice denota la de- ee — U2 + ah = (2 rivata rspetto a 9. 7 ta rulleta la circonferenza aven- Nel moto di My rispetto ad Oxy si ha te centro nel punto medio di AB ¢ Fu. 20 raggio 0/2. = de, =exP-O, 13.6. - Una retta & del piano My si muove in modo da passare sempre per un punto fisso A, mentre un suo punto 0 é mobile su una circonferenza fis- sa di raggio R. Questa relazione consente di determinare univocamente C, una volta che sia noto il moto rispetto ad Oxy di un dato punto P € My. Infatti, es- fendo vp = Oe dovendo essere yp 4 P.~ C, esa amet slo la i mostrar hea base coincide con ‘yelarulleta€ Ia circonferenza y’ ~Paaxy/et di centro 0 raggio 2 R. ee eee Introdotto Vangolo 9 come in fig. 21, si pud assumere P = 0 deter. Indicando con (xy, t,) le coordinate di P nel riferimento Ony e ponen 40 g/3 = ypu ip/d" = xp si prova facilmente che la (13.6), proieitata hr sugli ass xed y, implica le (13.5). Nel moto reciproco di Ony rispet- toad fy basta considerare nella (13.6) P € Oxy, cosieché le sue coordi- 070 (Eps tp), dw = ~ dey. Con fe stesse considerazioni ai citate si provane le (13.5). ‘minando le equazioni parametriche diy ixe = — R 60s 20, ¥ R sen 20. L'equazione cartesiana & xe tbe RE. er determinare ’, assumniamo P = Acttenendo per 7’ leequazioni 13.5, + Determinare'letraiettorie polari dell"esempio 11.1 servendosi delle for- mule (13.5). = 2Rsend, imenti Oxy ed My siano scelti come in fig. 20. fr aRen Ia base usiamo le (13.5), con P = A, scegliendo il senso 9 crescente come in figura. Essendo xp = € sen B, Yp = 0 otteniamo cio equazione cartesiana UC Fig. 21 Behe sR tc = = 2Reosd a Bee Rm SE HS we else ae eee ee ee ee es Ea 638 62 6a a €3 £2 2 ee Co 6 BE eee ee 26 cAPITOLOI Applic:ion’ di Cinematica 27 13.7, = Una retia & del piano My si muove in modo da passare sempre per un punto fisso A mentre in un suo punto 0 & mobile su una retta fissa y distante a da A. Dimostrare che risulia @ = iy — Syey/R 6, incl- ire, ceil centro istantanco di it E 5 £ 7 Dimostrare che la base ela rulltta sono rspettivamente le curve di equa rotazione C é definito dalla zone cartesiane relazione ee C= 0 = byReyiy - 5). ahh = QB - 2) Basta ricordare la for- mula che lega la veloita di Introdotto ’angoto 9 come in ddue punti qualsiasicon w per fig, 22, per determinare la base se- Fig.23 cottenere i risultai det. gliamo P = 9) ottenendo te equa- tioniparametriche xc = Risent a, yo = a cotg d. P ; Fea esters 13.10, - Con riferimento all’esercizio precedente, dedurre la posizione del cen- ON aia ad tro istantaneo C con argomentazioni geometriche suggerite dalla for- 7 ‘mula della velocit in un moto piano. ke = asen 0, sufficienterifeirsi alla fig. 24 e, usando la similitudine dei due ne = a c0s 8/sen? 9 triangolipiccol, pervenire al risultato. ‘conseguenza dell'eiminazione de" Fig. 22 parametro 3. 13.8, - Risolvere l’esercizio 13.6 per via geometrica, senza ricorrere alle formu- rts). 37 Nt ict rnp oo pom Se WT 13.9, - Un cerchio T, nel suo moto su un dato piano a, rotola strisciando su ce di una gulida rettlinea r (fig. 23). Allistante t sono assegnate le velocité Va = ate Ya = iat) (ABA) Fig. 24 7 7 28 carro. 7 = caPrroto v = | BIBLIOGRAFIA DEL C\PITOLO TY: z 1] H, Cananes, Mécanique, Dunod Université Paris, 1968. CINEMATICA DEI SISTEMI VINCOLATI 12} G. Caucato, Fondamenti di Meccanica Newioniana, CISU, Roma, 1984. § 1 - GRADO DI LIBERTA E COORDINATE LAGRANGIANE. 1. VARIETA DIFFERENZIABILI In questo capitolo intendiamo introdurre ed esaminare, dal punto di vista Q uramente cinematico, incoli per un sistema.‘ di corpi natural. 4 Per una pili completa esposizione, ¢ opportuno premettere alcuni elementi di Geo- 2 ‘metria Differenziale delle superfici in spazi euclidei ad un numero finito di di- : ‘mensioni. Cominciamo, percid, ricordando le seguenti definizioni. Definizione 1.1. Siano eT’ due insiemt aperti di RP. Si dice che un’appli- cazione f : 9 -> T 2 un omeomorfismo se f 2 dotata di applicazione inversa f-" ed inoltre { ed f-! sono continue. Si chiama C* diffeomorfismo ogni omeomor- fismo { di classe C* insieme alla sua inversa f-!, Un C= diffeomorfismo viene semplicemente deuio diffeomorfismo, ee cis ac Definizione 1 V ai uno spazio et Sia (U] una famiglia di sottoinsiemi aperti di un insieme lideo #,, Si dice che {U} 2 un ricoprimento di V se Uuev, ‘ossia se ogni elemento di V appartiene ad almeno un sottoinsieme Ui della famiglia Possiamo, ora, introdurre la definizione di varieta n-dimensionale di uno spazio euclideo &,, avvertendo che la medesima pud essere data se lo spazio in cesame &, piil in generale, uno spazio topologico. Definizione 1.3. Siano V un sottoinsieme di, ed < p un intero posi- tivo, Si dice che V @ una varieta n-dimensionale se essa ammetie un ricoprimen- 10 (U} e per ogni aperto U un omeomorfismo ¢ : U + e(U)-c R®. La coppla (U, ) viene detta carta di dominio U e codominio c(U). Una siffatia varietd vie- ne indicata con Vy Ia Bee me ee BP eee! ee eee ee eS es ee 2 Ge Se em 2 62 & oy 240 caprroLo v Definizione 1.4, Si chiama atlante di una varieta V, U'insieme ((U, ©)\ di tutte le sue carte. Non é difficile mostrare come, in base alla definizione 1.3, sia possibile at- Uribuire delle coordinate ad ogni punto di V,. Sia, dunque, X un punto di V,, ig. 1). Per definizione esistono un insieme aperto U € [U} contenente X ed lun omeomorfismo ¢ che trasforma U in un insieme aperto e(U) di R* e che, quindi, ad X fa corrispondere la n-pla di numeri reali c(X) = (6!(X).= X!, c(X) = 2°). Viceversa, omeomorfismo inverso c-! trasforma la n-pla (x) nel punto X € V,. Pertanto, i numeri reali (x) vengono deti coordinate del punto X nella carta (U, ¢) € questa potra essere indicata anche con il simbolo (U, x!) Un elemento X di V appartiene per lo meno ad un stinseme ego, AEDs oN re, ae Fig. Cinemarica del item vincent a ‘Supponiamo, ora, che il punto X appartenga anche alla carta (U, é).In que- sta ipot ssono assegnare ad X anche le coordinate €(X) = (€4X) = x), ‘anzi cid & possibile per tutti i punti di V, appartenenti a U 1 U. B evidente, per- cid, che gli omeomorfismi Fort: qUNH*EUND, an cost: GUND-cUN, ‘esprimono, nell'ordine, il cambiamento di coordinate (x!) (%) € quello inverso @) — (#) e scalarmente sono rappresentati dalle 2 n equazioni a2 = Da), xt = XR). Gli omeomorfismi (1.1) prendono il nome di cambiamenti di coordinate relativi alle carte (U, ¢), (U, €) mentre le (1.2) vengono denominate equazioni del cam- biamento adi coordinate. Le considerazioni ora effettuate consentono di porre la seguente Definizione 1.5. Sia V, una varita n-dimensionale e (U, ¢)}i!suo atian- te, La coppia (Vy, {(U, ¢)}} viene detta varietd C* differenciabile (differencia- bile se k = s) di ordine n se tutti suoi cambiamenti di coordinate (1.2) sono Ct diffeomorfismt (aiffeomorfismi). Le denominazioni di carta, alante, varieta di ordine n traggono ori fatto che in Geografi si pone it problema di rappresentare sul piano la superi- cle della Terra che si pud ritenere sferica. ra, come & noto, non é possibile rappresentare tutta la superficie di una sfera'S in modo biunivoco e bicontinuo su un insleme aperto del piano. I pro- blema si risolverieoprendo S ai aperti in modo che ciascuno di questi sia omeo- ‘morfo ad un aperto del piano. Tali omeomorfismi si chiamano carte (geograf- che), nsieme delle carte geografiche pretde il nome di atlante(geografico). Un punto P che & rappresentato in due carte pub avere in esse coordinate diverse queste sono legate tra loro dal cambiamento di coordinate che si instaura tra le due carte. Un tipico esempio di varietan-dimensionale ¢fornito dalla proposizione che segue. In essa ed anche in seguito si fard uso della notazione oa xy = 2 se ABIES 3) u om ae ae eee canal, Cinematic dei sistent vince Proposizione 1.1, Il sistema algebrico weg a4) f(9 FEM easly eee wet sia costitito da s funzioni f,: 0 -+ R, @ insieme aperto di R™*, verificanti le condizioni 1.9) xe = tte, 08, sas 8 € Se (5) ECM, TEMaws), s R, f: 1 R, con A ed 0 insiemi aperti rispettivamente di R#**? ed R"*!, diamo le definizioni Definizione 3.2. Un vincolo agente su-/'si dice anolonomo, bilaterale e di- pendente dal tempo 0 mobile se esso 2 tradotto da equazioni del tipo on 08, 0) G€Uyoash, sem, Si dice olonomo, bilaterale e dipendente dal tempo o mobile se le (3.1) si parti- colarizzano nelle @2 fO.0 20, Fee sl, 9 s 0, VEE Ly was 2 detta di confine se almeno una delle (3.3) 2 soddisfatta come uguaglianza. Definizlone 3.4. Un vincolo olonomo 0 anolonomo, unilarerale o bilarera- le, si dice indipendente dal tempo o fisso se le relazioni (3.1) - (3.4) non dipen~ dono esplicitamente dalla variabile temporale t. = Cinematic dei site inet ut Osservazione 3.1. In merito alle definizioni 3.2 € 3.3 8 opportuno rilevare ‘quanto segue. La condizione di vincolo anolonomo (3.1) impone resttizioni anche ai valori della velocita lagrangiana %. Una terminazioni di questa derivata viene imposta, sia pure in modo indiretto, anche dalle equazioni (3.2) che definiscono un vincolo olonomo. Supponendo, infatti che le funzioni fj siano di classe C?, deriviamo la restrizione f(x), t) di (3.2) lungo un moto di equazioni lagrangiane x = x(t), x(t) € R®. Si ha la relazione VFA, 0 HO) + FOU, N= 0 Ja quale mostra che in ogni istante til vettore X non pud essere assegnaio arbitrariamente. Le condizioni (3.1) rappresentano effettivamente un vincdlo anolonomo se esse non sono integrabililungo un qualsiasi moto, cio& se scritte con x = xitl non si riducono ad un sistema di equazioni del tipo dg, 0 = 0 ppoiché in questo caso integrando ig €£ si ottengono le espressioni BO, 0 = 80% 1) che, s mente, traducono un vincolo olonomo, = 3.3. Equazioni locali dei vincoli Dora in poi, salvo avviso contrario, studierema ‘olonomi. Anzitutto, consideriamo il caso che il sistema. in esame sia sottopo- sto soltanto a vincoli bilaterali. Sulle equazioni (3.2) che li definiscono formule- remo costantemente la seguente potest 3.1. Le funzioni f, del sistema algebrico (3.2) siano ai classe C*, k > 1 ed intero, in ogni punto (x,t) dell’insieme aperto 0 di R**"; inolire, lo Jacobiano Hy ey. %y vey) abba caratterisica massima s in Q. La proposizione 1.1 garantisce che gli insiemi V e V(z), definiti dalle (1.7) ed (1.8), sono varieta ad n + 1 ed n dimensioni rispettivamente di R"*! ed R™ cche risultano C* differenziabili, Di queste, la prima dicesi spazio delle configu- razioni ela seconda spazio delle configurazion! all'istante r. L’origine di queste 0, i€laarl, con g, funzioni di classe C%, k > 1, in un aperto PC R*!. Come ora chiarire- mo, la presenza dei legam (5.1) comporta una revisione del concetto di sposta- ~ mento virtuale. Pretiminarmente, introduciamo i concetti di spastament virtua- i reversibili ed irreversibli a partire da una data posizione q, e relativi ad un istante t,. Definiione 5.1. Uno spostamento virtuale (9%, BP dices revesibil sei campo vettoriale | °°, BP} rappresenta ancora ino spastamento virtuale. Si dice irreversbile nel caso contrario, In assenca di vincoliunilaterali, uno spostamento virtuale BP di un punto P di.5; relativo alla posizione g, ¢ allistante t, si ottiene da (4.10) assegnando il vetiore bq. B, altresi, evidente che in corrispondenza di — &q si ottiene lo spo- stamento virtuale — BP opposto al precedente. Se ne conclude che in presenza i soll vincolt bilterall ogni spostamento virtuale & reversible. ‘Ammettiamo, ora, che §’sia sottoposto anche al vincoli unilaterali (5.1). Con riferimento al punto (a, t,), si ha la seguente alternativa 5.2) Vie Myer) risulta BAe, t.) > 0, 63) HEMT} taleche — 9(4,t) = 0. Esporremo le relative conseguenze al successivo numero. 5.2. Formalizzazione dello spostamento virtuale Nellipotes ($.2), la continuta delle funzion! g, implica esistenza di un in- torno 1, di (gy f,) in eul & a( @del. La presenza dei vincoli unilaterali non altera, quindi, il grado di iberta n di.9%; in altri termini si pud affermare che linsieme delle posizioni ordinarie di_9°co- stituisce una varieta (n + 1)-dimensionale, sistema olonomo si comporta come se fosse soggetto ai soli vincolibilate- ral € pertanto ogni spostamento virtuale 2 reversible Esaminiamo, ora, la circostanza descritta da (5.3) supponendo per il mo- ‘mento che questa sia soddisfatta in corrispondenza del solo intero i. Consideria- ‘mo un moto di equazione lagrangiana q = a(t) € R*, a, = a(t), € pensiamo i vincolifissati nella configurazione relativaallistante t,. Poiché Sussste la (5.3) ced inoltre per ta (5.1) & D>0 per caPiTOLo V (00,1) 20 pert >t, si pud affermare che la funzione g(q(), t.) &erescente pert = t, ¢affinché cid aceada deve essere fs ECA, t) 1, , 2 O- Risulta, quindi, 6) 2,6(do, 8a! > 0 € con notazione vettoriale 6.5) VeBlayy 1.) 8a 20. Pertanto, gli spostamenti virtuali di P si ottengono da (4.10) assoggettando Ia ‘pla (6q) 0 il vettore &q alle condizioni (5.4) 0 (5.5). Appare cos) evidente che ‘ad una determinazione &q che soddisfa la (5.5) come equazione, la (4.10) fa cor- Fispondere lo spostamento virtuale &P che & reversibile poiché il suo opposto ~ 6P & immagine della soluzione — 6q della stessa equazione. Al contrario, se éq verifica la (5.5) come disuguaglianza, la (4.10) fornisce uno spostamento virtuale che non & reversibile in quanto che — 8q non ha il requisito (5.5). Nel caso che la (5.3) sussista in corrispondenza di due o pit indici, la (5.5) va seritta con riferimento alle relative funzioni g e, sostanzialmente, si hannc le considerazioni sin qui esposte. 1 risuliati conseguiti danno luogo alla Proposizione $.1. Se, peril sistema-9; q, 2 una posizione ordinaria all'- ‘Stante,,allora gli spostamenti virtuali 89%) Sono tutti reversibill esi ottengo- no daila (4.10) scegliendo del tutto arbitrartamente il vettore bq. Se q, @ una po- siziane di confine allistante tla (4.10) con la limitazione (5.3) per 8q fornisce sli spostamenti virtuali 85°" che risultano irreversibili o reversibili a seconda che la (5.5) sia 0 meno und effettiva disuguaglianza, 6, ESEMPI er una migliore comprensione portuno discutere alcui ncetti esposti precedentemente, & op- tra gli esempi pitt significativi. = Trt Cinematic del sistem ico 255 6.1. Consideriamo un punto P vincolato ad una curva mobile 7, di equazione P= Pao « determiniamo uno spostamento virtuale relativo alla posizione qed allistan- te t,, Ponendo y OP. = 95Pldy tes | AP, = APdy t+ da (4.10) si ha 6.) BP = a, Pa. La (6.1) mostra che il vettore 4P ha la direzione della retta @, tangente alla curva fissa ‘te di equazione P= Plat) fel punto di coordinate la- srangiana q,. La fig. 3 mette in rilievo la differenza tra lo spostamento virtuale BP e quello elementa- re dP associatoall'intervallo di tempo (ty, ty + dt) ed al mo- Fis. to.q = qidtale che = alt), — 64 = Att, In accordo con fe formule (4.12) (4.11), si hanno le relazioni di evidente Significato geometrico: aP = OP + apa, Platt, + dit, + dt) — PQQ t) = dP + a dove w= off(da, at). = igs Se ee am fo 68 & se 256 CAPITOLOV La prima mostra che lo spostamento elementare dP, tangente alla traiettoria ef- feuiva 7, di equazione P= PO, Dy non pud essere virtuale ¢ viceversa; la seconda evidenzia il legame tra le due po- sizioni effettive di P agli istanti tet, + dt. = 6.2. Determiniamo, ora, uno spostamento virtuale di un punto P vineolato a restare su una superficie o, dl equazione P= Pala) posiione a, = (al, af) ed all'istamtet, (fis. 4). relativo al Fig. 4 Posto APCs ast) = OPos feta, Ja 4.10)-a8 (6.2) BP = a,P.éq! + 2,P,5q? . 4 Cinematica del ste incl 257 In questa formula il vetore 3,P, ha la direzione della tangente alla curva +, traceiata sulla superficie 6, di equazione P = PG, ait) « passante peril punts P, di o, di coordinate (ql, a3), mente'il vettore 3,P, ha la direzione della tangente ‘tha curva ‘ty di Gg, di equazione P= PCa, at) € passante peril medesimo punto, La (6.2) mostra che il vettore BP & paralelo al piano , tangente nel punto P, alla superficie o [Non é superfluo osservare che in questi due esemip si vrifica la circostanza che 7, € 04, fappresentano lo spazio delle configurazioni relativo allistantet, del punto'vincolato. La rete 9, ed il piano x, sono le varietA tangent a7, ¢ nel unfo'considerato, Sei moto si svolgenelintervallo (aperto) di tempo, lo'spa- Ho delle configurazioni é insieme di R* definito day, x 10.0, x 1. 6.3. Siano 9, una superficie mobile, che nel riferimento (0, ¢) di , ha equazione 63) aG!, x79 = 0, © P una particella libera di muoversi nel semispazio g > 0 (fig. 5). Fig. 5 Se Se eS & 258 cAprToLov In conseguenza del fatto che il vincolo a cui ésottoposta la particella & uni- laterale, occorre tener presente j risultati della proposizione 5.1. Se allistante {, il punto P occupa una configurazione ordinaria P, = (xi), per ottenere uno spostamento virtuale 4P basta considerare il differenziale di P= 0 + xe, calcolato in P,, Risulta 6.4) oP = ie, ‘con éx! € R e quindi SP é del tutto arbitrario in ogni posizione ordinaria. Se, al contrario, P, é una posizione di confine, SP ancora espresso dalla (6.4) nella quale, perd, le componenti &x! devono soddisfare I’ulteriore condizione 3) VagiPay t) «BP > 0. La (6.5) & verificata come uguaglianza dai soli spostamenti virtuali 6P pa- ralleli al piano x, tangente in P, a o,, ed & evidente che essi sono tutti reversibi- li, Al contrario, quando la (6.5) & tn'effettiva disuguaglianza, l'angolo a tra Vag(Pay t.) € SP é acuto € questo spostamento virtuale non & reversibile. 6.4, Determiniamo, ora, gli spostamenti virwuali nel caso che /’sia un solido li- bro. In conformita con quanto é stato esposto al n. 3.3, come coordinate la- srangiane assumiamo le sei coordinate normali (q}) cosicché la posizione di ogni Punto P di.5/ localmente espressa da un’equazione di tipo (3.6) indipendente dal tempo. Per la proposizione 4.1, & lecito identificare la classe degli sposta- ‘menti virtuali con quella degli spostamenti elementari, qualunque sia la posizio- ne dalla quale si considerano, Pertanto, la formula (11.8)-V esprime anche un ‘generico spostamento virtuale ed in questo caso si preferisce scriverla nella forma 65 oP = 8S +¥xP-S) dove 6D. = Gy + wpe, + Guy - uu, + Gu, + uy 4 (S, u) & um arbitrario riferimento dello spazto solidale ad: 6.4.1. Esercizio, Si consideri un solido./avente un asse r mobile (in particolate fisso) parallelamente ad una retta fissa f. Detto 9 I'angolo diedro che un piano : Cinematic dei site inetd 259 $$ Snraicrdsnenivincolat 89 fisso per f forma con un piano mobile passante per r (fig. 5-V), si dimostri che le formule di trasformazione 4, = cosde, + sende, 4 = ~ sende, + cosde, 4 = cost tra la base ortonormale (u) solidale ad 9c quella fssa (e)¢ a relazione (6.7) conducono all'espressione 6.8) bet. 6.5. Un tipico esempio di corpo rigido soggetto ad un vincolo unilateral & co- stituito (ig. 6) da un'asta AB girevole intorno al suo estremo A in un dato piano ‘recon alto estremo B ap- pogsiato, mediante un carel- Tosituato in esso, ad una pa- rete rigid p. Si ratta, in s0- stanza, di un corpo rigid gi- revole intorno all'asse fsto ' ortogonale in A al piano ‘Fesottoposto all'uteriorere- strizione che Iangolo 9 tra tuna generica posirione B- A dellasiae asset, € veri- Fichi la condiaivne 69) 9-9, >0. Per determinare gli sposta- Fig. 6 ‘ment virtuali a partire dalla osizione di confine 9 = 9, in cui B tocca p, basta considerare la (6.6) imponendo al vettore J di assumeré solo le determinazioni (6.8) corrispondenti ad incrementi 88 > O della coordina te lagrangiana 0, come si deduce dalla (6.9) e dalla proposizione $.1. In altri termini, scegliendo S = A, & (6.10) oP = Sdex (P-A), 8930, ¢ dalla (6.10) segue che uno spostamento virtuale SP di P ¢ ortogonale al ses~ ‘mento AB ed & orientato da P verso il semipiano in cui AB é libero di muoversi, m SS 6 et ee eo 260 CAPITOL Y a = of §2- ANALISI DEGLI SPOSTAMENTI ELEMENTARL DI UN SISTEMA PIANO DI CORP 7, SPOSTAMENT! ELEMENTARI DI UN CORPO 7.1. Introduzione [Nel seguito ci porremo il problema del calcolo delle reazioni vi tun sistema materiale ’costituito da N corpi rigidi soggetti a vincoli olonomi, in equilibrio in una posizione.9’* sotto I'azione di una data sollecitazione atti ‘Nelle applicazioni pit comunt ci si pud ridurre allo schema di sistema piano ed & a questo modello che dora in poi ci riferiremo. Volendo eseguire tale caleolo con il principio dei lavori virtuali, occorre fa- re preventivamente l'analisi degli spostamenti virtuali che le varie parti rigide di. possono compiere. Poiché supporremo sempre che il sistema.5/sia soggetto ‘a vincoli fissi, per la proposizione 4.1 ogni spostamento virtuale si pud riguarda- re anche come uno spostamento elementare, cio come uno spostamento che si realizza con un moto, Di qui sorge lesigenza di approfondire il discorso sugli spostamenti elementati relativi ad un sistema olonomo piano, ed & proprio que- sto lo scopo del presente paragrafo, = 1.2. Proprieta dello spostamento elementare Indichiamo con "un sistema costituito da un corpo #rigido o no che sia animato di moto rigido piano, con x’ un piano dello spazio solidale £” a che durante il moto resti sovrapposto ad un piano x dello spazio fisso ée con ntersezione di € con ”. ‘Come abbiamo visto al n. 14 del Cap.tll, in un dato istante t I'atto di moto igido piano pud essere: ‘A) rotatorio intorno all’asse B) traslatorio parallelamente a x. Nel caso A), allistante t esiste un unico punto C = a, M x’ del piano mo bile dotato di velocita nulla e cid comporta per lo spostamento elementare G6? i un punto P di x’ Vespressione fantaneo di rotazione a, normale a x; ay a = yx (P-O) nella quale y & un vettore normale a x ed avente verso ed intensit& arbitrari. 19 Ten Cinematicn dei sister vince 261 particolare, lo spostamento elementare di C é nullo e cid ci induee a genominare C centro \) di rotazione ed a formulare la Definizione 7.1. Gli spastamenti elementari con ¥ # 0 si chiamiano rota- ‘oni elementari o, pitt semplicemente, rotazioni. Dalla 7.1. seguono alcune semplici propriett. Proprietn 7.1. La direzione dello spostamento elementare aP 2 ortogonale alla congiungente C e P, il verso tale che la terna y, P — C, dP risulta levogl- 172, méntre \€P 2 proporzionale alla distanca del punto P dal centro di rotazio- ne. La proprieta 7.1. mostra che una rotazione (elementare) di centro Ce vetto- re caratteristico y fa corrispondere ai punti P di una retta r passante per C, i punti P’ = P + dP che sono allineati su una reita r’. Detto, poi, a 'angolo (necessariamente acuto) PCP’, risulta tg a = J; poiché ¥-@ indipendente da r, ne segue che due rette qualsias r,s di x’, passanti per Ce le loro immagini r', Fe.7 © Ometiremo costantemente aggetvoisantaneo. ase SB Se SS & & 262 cAPITOLO v 5 nella rotazione considerata (fig. 7) formano lo stesso angolo. E opportuno sottolineare la circostanza che il punto P’ rappresenta la posi- ione che spetta a P nella rotazione e non la posizione reale P occupata da P “per effetto della rotazione rigida, Un semplicecalcolo, suggerito dalla fig. 7, con- sente di provare che P’ - Ce P* ~ C differiscono per il vettore P’ — P* i cui modulo 2 010%), ‘ ProprietA 7.2. Se itsistema &" ha un punto fisso O, allora il centro di rota- zione C coincide con O. . Dim, Infa . dalla (7.1) si trae o=¥xO-o War ¢ quindi risulta O = C. Nelfeventualité B), allistante t considerato, tuttii punti di x” hanno la me- desima velocita v rispetto al piano x. Pertanto, posto u = y dt, nell'intervallo temporale (t,t + dt) ad ogni punto P € x’ compete lo spostamento elementare 1.2) aP = indipendente dal particolare punto prescelto, In analogia con la definizione 7.1, poniamo la Definizione 7.2. Uno spastamento elementare con ¥ = 0 viene detto spo- stamento traslatorio o traslezione. ‘Anche in questo caso risulta vantaggioso introdurre il concetto di centro (istan- 1taneo) di rotazione; prende tale nome la direzione comune delle rette ortogonali al vettore caratteristico della traslazione w. Molto utile per le applicazioni @ la Proprieta 7.3. Ha spostamento mullo wn sistema * avente due centri di rotazione (propri o impropri) C ed © distinti Cinematica det item vince 263 Dim. Infatti, se C ed © sono entrambi propri, dalla (7.1) segue o=¥xO-O, gar, ¢ dovendo anche essere O - C = 0, risulta y = 0. Se solo il punto O & im- proprio, si ha subito lasserto poiché la traslazione deve rispettare la condizione dC = o. Nell'ultimo caso, Ia tesi segue dalla mutua incompatibilita delle due traslazioni che avvengono in due direzioni distinte, 7.3. Diagrammi degli spostamenti &x e by in una rotazione Consideriamo un riferimento cartesiano ortogonale levogiro Oxyz avente it piano xy coincidente con il piano fisso x. Rispetto a questi ass il vettore y ¢ individuato dall’unica componente non nulla ¥, = y, dove vale il segno Yecost Pi dx =cost Fig. superiore o inferiore secondo che y sia concorde o discorde con I’asse 2, mentre il punto C ha coordinate (Xe, Ye, 0). Percid, Ia (7.1) equivale alle due relazioni scalari Be BS Se Se eS & & 268 caPrrove v a3) &k = 40-90 oa) ay = V0 —¥0 Fi.9 ‘Queste mostrano che dy dipende solo da x, ¢ dx solo da y; pertanto, dy as- sume il medesimo valore lungo la retta x = cost., mentre dx si comporta allo stesso modo allorché @ y = cost (ig. 8). Naturalmente, questa proprieta suss- ste anche per le componenti 8x, 8y dello spostamento virtuale &P, stante la So- stanziale coincidenza dei simboli aP ¢ dP. Nelle applicazioni & molto utile poter disporre det grafici delle funszioni &x «dy poiché cid consente di leggere rapidamente i valori degli spostamenti che intetessano. Poich¢ in una traslazione di assi le componenti di SP non cambia~ no, in Iuogo del riferimento introdotto poc'anzi, consideriamone uno O'f,f, (fig. 9) determinato da un'origine O° scelta ad hoe (in relazione al sistema #”) ‘eda due rete fed f,, chiamate fondamencall, parallele e concordi con x ed ¥- Se riportiamo su f, le differenze x ~ x € suf, i valori di 5y = dy, nel t ferimento O'f,f, la (7.4) & Pequazione dl una retta’o, passante per la proiezi: Cinematic del sistem vinclath 265 ne C’ di C sull'assef,, che risulta inctinata su f, di un angolo a €} ~ 1/2, x/2{ tale che tg a = ¥,. Pertanto, per avere la componente su y dello spostamento del punto P(x,y,0) basta proiettare P su f, ¢ leggere ordinata del punto di ¢ di ascissa x. Se, al contrario, riportiamo su f, le differenze y — yc ¢ suf, i valori di &x = dx, nel rferimento O°f,f, la (7.3) Pequazione di una retta g, passante per la proiezione C* di C sull'ase f,, che risulta inctinata su f, dell’angolo a + £/2. ‘Anche in questo caso, per avere la componente su x di SP basta proiettare P su f, ¢ leggere lordinata del punto dig di ascissa y. Per comodita del lettore, riassumiamo quanto é stato detto nella Regola 7.1. Per tracciare il diagramma della componente dello spostamen- to secondo un asse coordinato occorre e basta conoscere: i) la proiezione C, del centro di rotazione C su una fondamentale f pa- rallelaallaltro asse coordinato; ii) la componente y, del vettore caratteristico della rotazione ¥. ‘Notitall element, il diagramma 2 laretta che interseca la fondamentale ne! ‘punto C,ed @ ruotato rispetto ad f, in senso levogiro o destrogiro a seconda che sia ¥, > 0.0 ¥, < 0, di un angolo a tale che 1g lal = WV,l- 7 diagrammi delle funzioni &x e by sono, pol, rete ortogonall tra loro. 7.4, Diagramma degli spostamenti &x e by in una traslazione Osser wu, dalla (7.2) 10 che, dette u, ed u, le componenti sugli assi x ed y del vettore 5) dx =u, dy = uy Indichiamo, ancora, con f, ed f, due fondamentali uscenti da un punto O* ed orientate come gli assi x ed y (fig. 10) € riportiamo sugi esse i punti di coordi nate (Uy, 0), (0, 4). Le tette @¢ ¢-di equazione 5x = u,, 3y = u, forniscono i diagrammi cer- ati, Coheludendo, possiamo enunciare Ia seguente Regola 7.2. Per tracciare il diagramma della componente dello spostamen- to virtuale secondo un asse coordinato occorre e basta conoscere! 4) la componente , dello spostamento di un punto generico su una fon- damentele¢ parallela all’asse coordinato in esame, S63 SB Se Ss Ss & & 266 cAPITOLOV Fig. 10 Noto questo elemento, il diagramma @ la retta ortogonale ad f nel punto di ascissa u,. 1 diagrammi delle funzioni 8x e by sono, poi, rette mutuamente ortogonali. 7.5, Una caratterizzazione del centro di rotazione Liestensione del concetto di centro (istantaneo) di rotazione al caso delle traslazioni, consente di formulare analogo del teorema 9.1-1V nel caso di spo- stamenti piani ‘Teorema (dl Chasles) 7.1. Jn ogni spostamento elementare o virtuale pia- ‘no, la normale alla direzione dello spostamento di un qualsiasi punto P € =", ‘che sia condotta per P, passa per il centro di rotazione. = ea eS et ap a Cinema del ite incolth 267 8, SISTEM DI DUE CORPI 8.1. Proprieta generali ‘Supponiamo, ora, che il sistema.sia costituito da due corpi #, € #, scuno dei quali sia animato da un moto rigido piano rispetto a x. Indichiamo con j,i = 1, 2, un piano solidale a #, sovrapposto a x e con #/I'intersezione i, con xj. Infine, denotiamo con Ce ¥, (i = 1, 2), il centro {proprio 0 no) cd il vettore caratteristico della rotazione di x/ nel moto. ¢; di x; rispetto a x, con Cy e vy (i # i,j = 1, 2)il centro ed il vettore carateristico della rotazio- ne di x/nel moto. 4, di x/rispetto a xj. 1 punti C, si chiamano centri assoluti ai rotatione, i punti Cy centr relativi dl rotazione. Introdotte queste notazioni, esponiamo le principali proprieta‘dei centri di rotazione, Proprieta 8.1. I centri relativi C,, € C,, coincidono al pari dei vettori ca- ratteristici ¥xz € $y. Inolire, Cy, un punto proprio o improprio a seconda che sia ¥y, # 00Vy = 0. Dim. Ricordiamo che in due moti reciproci(n. 19, Cap. Il) i vettori caratte- ristici dello spostamento elementare, calcolati nello stesso punto ¢ nel medesimo istante, sono opposti. Pertanto, gli spostament elementari di un generico punto nei moti. #4, ed. #4, essendo opposti, hanno in comune la direzione e cid, per il teorema di Chases, prova completamente lasserto. Supponiamo, in particolare, che xj ¢ x{ abbiamo un punto A in comune. Poiché nel toto. ¥, A é fisso, dalla proprieta 7.2 segue subito che A C,y. Resta, cos), provata la Proprieth 8.2. Se; e140, pit in generale, x; x; hanno un punto comu- ‘ne, questo nog, pud che coincidere con il centro relativo Cy. ne & Un ruolo molto importante nella determinazione dei centri di rot svolto anche dal ‘Teorema 8.1. I centri dssoluti C, e C, e quello relativo C,, sono allineati. Dim, 1! teorema, per C, x C,, & conseguenza del teorema dei moti relativi del teorema di Chasles, Definiamo assoluto il moto. #, di; rispetio a x, re- 2 8 = a ee cariroiov tativo quello. 1 ix rispetto a-xje di trascinamento quello dix; rispetto "Se P indica un arbitrario punto di x; e se vp, vp, vf denotano, nellordi- ne, le velocita di P nei tre moti dianzi specificati, dal teorema 17.1-V segue en vp = ve + . Me % Fig. 11 € quindi nellintervallo (t, t + dt) gli spostamenti elementari dP,, dP,, dP, ve- rificano la condizione 2 AP, = dP, —aP,. Consideriamo, dapprima, il caso che all'istante t consideraio C, € C, punti improprit® (fig. 11). in questa ipotesi gli spostamenti dP, e dP, sono trs- slatori e, quindi, indipendenti da P. Pertanto, la (8.2) implica che lo spostamen- to relativo é traslatorio cosicché, per il teorema di Chasles 7.1, Cy, il punto improprio! delle rette ortogonali a dP,, Se ne conclude che Cy, Cyy Cy 8itr0- vvano allineati sulla retta impropria (2) Per evidenaiare questo requis, in fig. 1 come anche altrove useremo le notazioni Cw: Sie Cinematic del ite vincolat 269 Supponiamo, ora, che almeno uno dei punti C, € Cy ad esempio C,, sia proprio (fig. 12). ll verficarsi di questa circostanza ci consente di scegliere un punto P sulla rettar unente C, con C, in modo che dP, # 4P,, Per il teorema i Chasles, dP, e dP, sono ortogonali rispettivamente alla congiungente C, con P eC, con P, ovvero sono entrambi ortogonali alla retta re, quindi, anche dP, lotin vir della (8.2). Un'ulteriore applicazione del teorema 7.1 porta alla co clusione che il centro relativo C,, ¢ un punto della retta passante per P ed orto- gonale a dP, e cioé che é un punto dir. Un altro approccio alla questione in esame pub aversi tramite il ‘Teorema 8.2. Se Cy, Cy, Cy, sono punti propri allora it sistema costituito da (Cy, ¥) € (Cy —Yy) B equivalente a (Cyy. x). In particolare, Cy 2 centro di-tale sistema. Dim, Nelle ipotesi poste, Ys Ys € Ys, Sono non nulli. Procedendo come nella dimostrazione del teorema 8.1, si pud stable la (8.1) che, nel caso in esame, serive come hx (PO) = by X (P= Cy) + x (P- CD e di qui, assumendo P = C,,, segue 18.3) WC -Od- XG - od = co 20 CAPITOLO Vv Cinematic del ste vaca 2m IL teorema dei moti relativi, oltre a dar luogo alla (8.3), consente di formu- lare per i vettori delle rotazioni istantanee Ys, vay Va la relazione da =~ ee La (6.4) esprime il fattoche yi risultante dei vetoriy, € ~ Yay mentre Ja (8.3) evidenzia la circostanza che il sistema individuato da ¥ettori applica (Cy, 4) € (Cy, ~Js) ha momento nullo rspetto al polo Cy. Si pus, quin fermate che ile sistema & equivalente a (Cy, ¥,,) € cid al suo risutante app ato nel relativo cento Cy. 8.4) Concludiamo queste considerazioni con una ulteriore propritta di cui ci do- ‘vremo avvalere spesso. Proprieth 8.3. 1! punto C,, @ caratterizzato dall’avere lo stesso spostamen- 10 nei moti_¥, edt, Dim. Applichiamo la (8.2) al punto P scelto sovrapposto a C,,. Poiché Cj, & quel punto di x; che ha velocita ¢ quindi spostamento nullo (in quell'istante) rispetto a xj, si ha acy = acy Di qui segue, sen2’altro, Vasserto. 8.2, Diagramma degli spostamenti Si ricava tenendo conto delle considerazioni svolte in precedenza e, in parti- colare, delle regole 7.1 ¢ 7.2. A titolo d'esempio, determiniamo i della componente éy di SP (fig. 13) nel caso a) in ui i tre centri siano punti propri ‘A tale scopo si tracci una fondamentale f, concorde con I'asse x e si deno- tino con Cj, Cf, Cj le proiezioni ortogonali del centri C,, Cp, ya sf. Lo spo- stamento di xj @ caratterizzato, oltre che dal punto C,, anche dal vetore delle rotazione istantanea ¥,; noto y,ricaviamo l'angolo a, di cui inclinato it di ‘ramma 9, dello spostamento dy di x; rispetto ad f,- Di un punto P,(x,. 4) € x, la componente éy, dello spostamento BP, sul- Masse y & Vordinata del punto delta rettao, di ascissa x,. Analoghe considera- 2ioni si possono fare per dedurre tPdiagramma o, dello spostamento 6y, dei pun- ti di xf! 0, € la retta passante per il punto Cy inclinata dell'angolo ay suf, tale a2 > ae = i Fig 13 da rendere sodaisfata In proprieta 8.3. Cid comport ché le rette 0, € 6, devo- no intersecarsi nel punto H della retta congiungente C,, con Cia. I diagramma della funzione x relatvo a xe tracia, poi, con gli stes- si accorgimenti sin qui impiegati e, comunque, deve risultare in ogni sua parte ‘ortogonale a quello di dy tracciato in precedenza. In tal modo si ottengono le ratte 0, € er Nala Saag. 13 considera anche I caso b) in cul i centro C, un pun- to improprio, Il dlagramma della componente by di BP 8 costtuito dalle rete 1, (paalela ad fe passante per H)e oy, quello della componente &x & ind duato dalle rete‘, (parallels ad f, e passante per Kegs. Coneludiamo queste considerazioniosservando che queste considera sono valid sia quando # e#risultano mutuamente vincolat, sa nel cato con- trario. = 22 eB m CAPITOLO Cheat del site inca 23 9, SISTEMA DIN CORPI infin Consideriam: ciascuno dei quali tema_5/sia costituito da N corpi @,, ato di moto rigido piano rispetto a x. Generalizzando le notazioni del n. 8.1 js k, che di volta in volta useremo, siano susceutibili di prendere le determi 11,2, 2 NJ. Con tale convenzione, indichiamo con z/un piano solidale a ,e sovrapposto a x, con 1; Fintersezione di‘, con 1. Denotiamo, pot, con C, € y il centro ed il vettore della rotazione istantanea di x; nel moto. 4, di x/rispetio a x, con Cy € dy (i # ji centro ed il vettore della rotazione istantanea di mnel moto. 4, di x/ri- spetio a x}. Anche ora i punti C, si chiamano centri assoluti di rotazione, i pun- LHC, centr relativi di rotazione. “Per quanto concerne le proprietd ed | teoremi che riguardano i vari centri dirotazione, #evidente che questi continuano a sussstere in relazione a due qual- siasi corpi @, @/(i + j). Pertanto cilimitiamo a riportarne, nell’ordine, i relati- vi enunciati. Proprleth 9.1. 1 centri reativi Cy e Cy coincidono al pari dei vettoricarat- teristii. Tnolire, C,,@ un punto proprio 6 Improprio a seconda che sia yy # 0 oy = 0. Proprieta 9.2. Se/e&/o, pitt in generale, x/e xj hanno un punto comu- ne, questo non pud che coincidere con il centro relativo Cy. Teorema 9.1. I centri assoluti C, eC, @ quello relativo C, sono allineati Teorema 9.2. Se C, Cy C;, sono punti propri, allora il sistema costitwito da (Cy ¥) € (Cy, ~¥) & equivalence a (Cy, ¥4)- In particolae, Cy @il centro di tale sistema, Propreta 9.3. Il punto Cy 2 caraterizzatodall'avere lo sesso spostamen- to nei moti.¥, edt, Infine, diamo un teorema che mette in relazione esclusivamente centri rela- tivi di rotazione. ‘Teorema 9.3. Tre centri relativi sono sempre allineati. Dim, Tra gli N corpi costituenti.©/scegliamone tre @,, 6, , (i x j,i # ke je Ke slano xj, xj, xj relativi pian solidali che resvano sayrapposti a di rante il moto di./: Possiamo riguardare_f, come moto assoluto di xrispetto xf, fi come moto di xrlativo a xj edt, come moto di trascinamento di zr{rispetto a x. Cosi facendo, possiamo interpretare Cy ¢ Cy, come centri as- Solutt rispetto a xj, mentreC, ha i ruolo di centro relativo.Iisultato 8, quin- i, conseguenza del teorema 9.1. 10, CONSIDERAZIONI QUALITATIVE SUL GRADO DI LIBERTA COsserviamo che una figura rigida piana @;, mobile su un piano x, ha tre gradi dilbert. Infati, come parametrilagrangiani si possono scegliere ie coor- inate (x,, y,) di un suo punto A e langolo d che un asse solidale r, uscente dda A forma con l'asse coordinato x. Da cid segue che per un sistema rigido #; vente un punto fisso M, il grado di liberta si abbassa di due unita poiché le coordinate del punto A, scelto coincidente con M, sono assegnate a priori ¢ 0 resta unico parametro che determina le varie posizioni che esso pub assumere su x. Se, invece, il punto A pud scorrere su una retta 0, pit in generale, su una. ‘curva di x, il grado di liberta di” diminuisce di una sola unita poiché x, ed ‘Yq devono verificare una sola equazione (lineare 0 no). Con queste considera- 2ioni di carattere qualitativo & possibile discutere del grado di libert& «attribul- bile» al sistema.” in esame. Esaminiamo, ora, il caso di due figure piane je #3, vincolate mutuamen- te, cioé internamente, mediante una cerniera collocata in un punto B, ¢ rilevia- ‘mo che esso aumenta di una sola unita. In- fatti, alle tre coordinate lagrangiane di; basta aggiungere I'angolo &, che una retia x fy Uscente da Be solidale aj forma con 1,0 con ¢” asse x, rsultando gia determi- nate le coordinate di B. In sostanza, alle due coordinate (x4, ¥4) del punto A di #; oc- corre aggiungere due angoli 9, ¢ J, che le rette ed ty, rispettivamente Solidali a; 5, formano Ia prima con I'asse x ¢ la se- conda con F, (0 con x stesso). Iterando ‘questo ragionamento nel caso che.” sia co- stituito da N corpi rigid # f, vincolati solo. tra loro mediante delle cerniere, si perviene alla conclusione che il grado di iberta n = N + 2. Noi, per lo-pit, consideriamo.5”* composto da aste € da trav, le prime assi- Fis. 4 rilabili a segmenti e le seconde ad archi, See eS S&S co cAPITOLOY vinolate internamente mediante cerniere, in modo, perd, che esso risulti sem- plicemente connesso. Con cid intendiamo dire che.” deve identificarsi con una ‘curva aperta 0 com I'unione finita di curve aperte generalmente regolari (fig. 14). ‘Comunemente, perd, 9 risulta vincolato anche a corpi non appartenent ‘ad esso, ciot esternamente, ¢ noi ci limiteremo ad esaminare il caso che i vincol esterni siano costituiti da p appogai fissie q appoggi scorrevoli secondo direzio- ni prefissate. Cid comporta che il grado di libertan > N + 2—2 p—a, valen- do il segno di uguale quando la posizione considerata é di confiné ed j vincoli sono «ben distribuiti», ciod se non sono sovrabbondanti su una parte di”. E evidente che una discussione non pitt qualitativa su tale questione necessita dell'introduzione della matrice jacobiana associata alle equazioni che defi ‘noi vineoli agenti su." della relativa valutazione della caratteristica. Di cid, perd, non intendiamo occuparci esplicitamente in questa sede. ‘Nel seguito dovremo considerare sistemi ad un grado riguardando ali appoggi come se fossero vincol blater degli spostamenti &x e by (intesi reversibili)corrispondenti ad una data rotazione ‘oppure ad una fissata traslazione di un suo tratto rigid, dopo aver preventiva- ‘mente determinato tutti i centri di rotazione. Cid faremo negli esempi del n, 11 © proponiamo di fare negli esercizi del n. 12. © 11, ESEMPI __ Nella fig. 15 sono rappresentati due sistemi piani in cu si verificano le si- tudzioni a) € b) considerate al n. 8.2. Fig. 15 Cinematic dei item ino 25 tL Come avvertenze di carattere generale, numereremo le travi e le aste nel- ‘Vordine con eui si incontrano procedendo da sinistra verso destra. Inoltre, indi- cheremo con dei cerchietti le cerniere (0 nodi) che realizzano il collegamento tra te varie parti di” e che a queste non sono intese solidali. Infine, ricordiamo che nella determinazione dei centri di rotazione, riguarederemo gli appoggi scor- revoli come se fossero bilaterali. Con tali premesse, discutiamo gli esempi a) € ) proposti in fig. 15. 11.1. -,Nel caso a),.5” & schematizzabite con due aste mutuamente vincolate mediante una cerniera posta in B, vincolate esternamente con una cerniera fissa in A la prima e con un appoggio scorrevole in B la seconda, Le proprieta 7.2 ed 8.2 mostrano che C,"™ Ae Cy, = B. Perl teorema ai Chasles, C, wovasi sulla normale n condotta per C alla direzione di scorri- ‘mento del carrello, mentre per il teorema 8.1 esso appartiene alla retia detecmi- nata da C, ¢ Cyy. Pertanto, C,@ il punto di intersezione di n con la retta AB. Un possibile diagramma degli spostamentireversibili di” terale, 8 ad esempio, quello raffigurato in intere. 11.2. ~ Nel caso b),-7" & rappresentato da un’asta AB, munita di un appoggio in A scorrevole nella direzione inclinata di x/4, rispetto alla retta AB vincolata inte una cerniera in B ad una trave BC individuata da due segmenti uguali idamente collegati tra loro e formanti angolo retto. ‘Come nell'esempio precedente, si prova che C, = Ce che C,, # B. Ilcen- to C,, dovendosi trovare sia sulla retta BC che sulla normale n alla direzione i scorrimento del carrello situato in A, coincide con il punto allinfinito di n ed AB. Un possibile diagramma degli spostamenti reversibili di”, ciod degli spostamenti per i quali 'appoggio in A é sempre consentito, & ancora proposto in fig. 13, Esso ¢ tracciato a puntini per asta AB, mentre per la trave BC coin- ‘ide con quello del,caso a). 12, ESERCIZI Proponiamo al lettore gl esercizi che seguono concernenti la determinazio- te sia dei centric rotazione sia del diagramma degli spostamentireversibil dx ey. Per semplicit, nella soluzione non indicheremo alcun centro di rotazione poiché questi risultano implicitamente forniti dal relativi diagrammi. BS eS me eS & Cinenatica del sie ince 2” 23. Lo] a = = a cAPITOLo v Travi di tipo Gerber =a = £5 i 26 Ra. Archi a tre o pitt cerniere Fig, 16 12.4, 122. Fig. 17 28 cAPITOLO Vv ns. Parte Ill Appendice 26. Fig. 21 = em me oo om a a ee om om om oe ee oe Element di algebra vetorile¢tensoriale 281 CAPITOLO VI ; ELEMENTI DI ALGEBRA VETTORIALE E TENSORIALE §1- VETTORILIBERIIN &, In questo paragrafo vengono richiamate alcune nozioni relative ad un mo- dello concreto di spazio vettorale: lo spazio vettoriale geometrico.Le definizio- ni ed operazioni elementari_ che verranno discusse costituiscono la base per Ia deserizione dei fenomeni fisici e di numerose applicazioni delI'Ingegneria . Quando si parleri di piano 0 spazio, intenderemo riferirci ad un piano @ tuno spazio euclideo reale e riterremo note le proprieté elementari della geome- tria euclide 1, SEGMENTI ORIENTATIE VETTORI GEOMETRIC! Come é noto, una coppia ardinata di punti A e B individua un segment ‘rientato AB; e380 ha la direzione della retta AB, il verso che da A porta a B ed il modulo | AB | definito dalla lunghezza del segmento (rispetto ad una prefissatn tunita di misura) (fig. 1). Ch fet fed Il punto A & Forigine o punto di applicazione, mentre B si dice extreme fi- bero o secondo estremo. Quando AEB, si ottiene il segmento orientato nulla, con direzione e verso indeterminat. Definizione 1.1. Due segmenti orientati AB ed A'B! che hanno in comune 282 captroLo vi ee Junghezza, direzione ¢ versa si dicono equivalenti o equipollenti (fig. 2); in tal caso si scriveris AB-A'B La relazione di equivalenza cosi definita gode delle tre proprieta va, simmetrica, transitiva) che caratterizzano Vordinaria definizione di ugua- alianza. Cid suggerisce la seguente Definizionel.2. L'insieme degli infiniti segmenti orientati equipollenti ad 4m prefissato segmento AB si dice classe di equivalensa di AB e verré indicata con (AB). Tali definizioni implicano che ogni segmento orientato appartiene ad una sola classe e che due class distinte non possono avere alcun elemento in comu- ne, Pertanto, la relazione di equivalenza realizza una partizione in classi deltin- sieme di uu i segmenti orientati dello spazio; cioé una classe & caratterizaata dda una lunghezza, una direzione ed un verso, Risulta cost giustficata la seguente Definizionet.3. Vettore libero 0 geometrico & una classe di infiniti seg ‘ment oriental equpollent, Eso dl solo indicat con uo de sinbollv, ¥5 il suo modulo con v0 || ¥ |). 8 Ae ano —_— % 2” Y, opponvoo pore in ilev la complet anlogla che eit aa defizione di veuoee quella di ‘trcrone nat, reson prise nalfnsiemeR, cle ee el piano gage ucts dle propels ‘ise simmetiea,ransitv consented vipa R, in cad ete pra a na ata Ops case Pec individ una eine Element dl algebra vetiorale ¢tensorale 283 Il vettore (AA)=(BB)=--- dicesi vetsore mullo e si denota con 0. ‘Se v é un vettore non nullo, si dice versore di v ~¢ si indica con versv — il vettore che ha la direzione edi verso di ve modulo untario, Dal punto di vista grafico, un vetor libero v pud rappresentarsi con uno qualunque degli infiniti segment della classe che lo defnisce. Ad esempio, con rriferimento alla fig. 3, la notazione v= AB (oppure v, = A’B') sta solo ad significare che il segmento AB (oppure A’B')é stato scelto quale seg- ‘mento rappresentativo del vettore v,, ‘Quando & assegnato un vettore v, resta univocamente determinata la trasla- zione definita dalla lunghezza, ditezione e verso di v. Dalla Geometria euclidea segue allora immediatamente che per ogni punto P dello spazio esiste uno ed un solo punto Q tale che PQ = v (irasporto del vettore). Per indicare il fatto che la traslazione di vettore v porta il punto P nel punto Q (fig) si usano le seguenti / Zo c fe.4 gs SS 2 Gt ae & SS SS Se SS SS ee a Etement dl colcolovetoriale tenroriale 285, _ cainono vt Sina aor {B-D=a-c ws B-A-D-c 34 Ic-. € tali formule, insieme alla (1.1), mostrano che la notazione del Grassmann con- sente di applicae formalmente le consuete regole di calcolo algebrico ai simboli i punto Infine rileviamo esplicitamente le seguenti definizioni di parallelismo ¢ complanarita di vettri. Definizione 1.4. Due vetiori non muli si dicono tra loro parallel se hanno in comune la direzione. Il vetore nullo 0 é parallelo a qualungue vetiore. Definizione 1.5. Tre vettori si dicono complanari quando tall risultano 1 -segmenti rappresentativi di essi uscenti da uno stesso punto. In particolare, due vettori sono sempre complanari;altresirisultano sempre complanari tre vettori, quando due di essi sono parallel, 2. SOMMA DI VETTORI. PRODOTTO DI UNO SCALARE PER UN VETTORE Dati m vettori v, , ¥zs 0-1 Vy» Prefissiamo un punto A, qualsiasi e conside- riamo i punti Ay, A: che An AE Y AL ALE N, soscninn Ag Aes Si individua cosi la poligonale A, A, 2...... A, (in generale sghemba), i cui lati sono segmenti rappresentativi dei vettori assegnati(fig.6). I lato di chiusura di tale poligonale ~ orienraro da A, ad A, ~ classe di equivalenza (A)A,). Tale classe risultaindipendente dalla scelta arbitraria del punto A, e dei segmenti rappresentativi dei vettoi. Resta, perc, giustificata la seguente individua la Definizione 2.1, Si dice somma o risultamte dei vettori ¥, Veo il vet tore (A¢A,) rappresentato dal segmento orientato A, = Ay @ siscrive Qa R Ciascuno dei vettori V, «wu qs Si dice vettore componente della somma R. ‘Se esprimiamo la (2.1) in termi zione di Grassmann, si ha: Ay — Ao = (Ay = Ag) + (A, Ay) # (Ay = Ag) +000 + (Ay = Agi) ¢ tale relazione pone in evidenza la possi boli di punto la regola di cancellazionex i segmenti rappresentativi con la nota- ith di estendere formalmente ai sim- Casi particolari (n=2, n=3) Nel caso di due soli vettori (non nulli e non parallel) il lato di chiusura della poligonale appartiene alla classe individuata dalla diagonale del paralle- logramma determinato da v, € v, . quando questi verlari sono rappresentati con origine O in comune (regola del parallelogramma),(fig. 7). fig.7 286 caPioLo vi “ Element di calcolo veoriale¢tensoriale 287 ‘Analogamente, nel caso di tre vettori non complanari, il risultante &rappre- sentato anche dalla diagonale del parallelepipedo che si otiene riportando i ‘re segmenti rappresentativi da uno stesso punto O (fig. 8). Una seconds operazione che coinvolge i vettori il prodotto di uno scalare ‘Per un vettore: Definlzione 2.2. Dato uno scalare m ed un vettore v, entrambi non nul si definisce podotto di m per v ~ e si denota con il simbolo mv ~ il vettore libero avente modulo |m || v |, direzione uguale a quella di v e verso uguale od oppo- sto al verso div secondo che m sia positivo o negativ, Se m=0, oppure v=0, si pone mv=0, Il vettore ~1v dicesi opposto div € si indica con il simbolo —; inoltre r= sulta:~0= 0. Definizione 2.3. Si definisce differenza di due vettori v, e vy, ¢ si indica con il simbolo v, ~ vil vettore libero Woway ty, Con riferimento alla regola del parallelogramma, il vettore differenza & rappresentato (fig. 9) dall"alrra” diagonale orientata verso Testremo del vettore. feo Osservazione 2.1. Come mostra la regola del parallelogramma, itr vettori ‘¥1+¥z0¥,£ V3, Sono sempre complanari, Osservarione 2.2. Lioperazione di prodotto di un scalare per un vettore im- plica inoltre che: 1) Per ogni vettore v non nullo pud scriversi 22) vers + velvlversy. b) Due vettori u ev sono paralleli se e solo se sono proporsionali, e ciod se e solo se esiste uno scalare tale che u= Xv: @3) uly @ 3A: usa, Infat, se v= 0 (oppure u = 0), allor. v = Ou (oppure u = Ov). Se w ev ‘on sono nul e sono parslei,ellora vers w= vers ¥ dalla (2.2) siha w= Av con A=+/ul/|v|. Viceversa, se u= Ly, i vetto- ri wev sono paraleli in base alla definizione 2.2. | i Mediante gli assiomi della geometria euclide, facile verificare che le due ‘perazioni di somma di vettoi e prodotto di uno scalare per un vettore verifca- no le seguenti | aa Ga, 28 62 @ we & ee ee Se Lament di calcolo veri tensorile 289 ProprietA 2.1. Per ogni scelia dei vettori u,v, w e deglt scalari p eq, val- ‘gono le seguentirelazioni. autvevtu, {proprieta commutativa) u a b) (utyytweut(vew), (*—associativa) ° n s c) ut+0=0+0, (esistenza dell identi) Yeas AOB:osacn @) utCu=0, (* dell opposto) Y : ©) plutv)=purgy, (proprieta distributiva) @+gu=putqu, ct a) oD 8) Plgu) = aon) = (Pa, co ny hy usu, (sisten2a. dell identitd) Inolire,& opportune rilevare che tutte soli i casi possbili sono (fig.11): ‘per cui I'insieme dei vewtori geometrici ha la strutura di spazio vettoriale sul ‘campo dei numeri reali(?). 3. PRODOTTO SCALARE. LA COMPONENTE DI UN VETTORE Per quanto riguarda le proprieta metriche dello spazio vettoriale geometri- 60, abbiamo gid avuto occasione di definire il modulo di un vettore, ammettendo cosi di avere prefissato un'unita di misura u per le lunghezze. Fissiamo , ore. isura degli angoli (il radiante) e consideriamo due vettori u, v che rappresentiamo con origine comune O. Definizione 3.1. L'angolo di due vetori u = AO, v= B ~O, si idenif- ca con quello formato dalle due semirette OA e OB e risulta sempre compreso trade x.Ess0 siindicacon u've siha w= Va Chiaramente, la definizione & indipendente dai particolari segmenti A ~ © € B~ 0 (fig.10) che rappresentano i vetori 2 po spaio vera su un campo & ¢ un inseme sul quae si psson defn due perc ~ ‘ad sommes Fla prodouo ester Eon gh cement dk = ce vecno le pop sus aan, fig. Una tipica operazione di carattere metrico & Definizione 3.2. Si dice prodotio scalare o prodotto interno di due vettori wev—esi denota con il simbolo w -v - lo scalare definito da en v= fully cos (¥). ‘Se we v sono non nullie indichiamo engolo (\iv) con a, allora si ha av>Oean2, wve0ea=n2, per cui due vettori non nulli sono ortogonali se esolo se risulta mullo il loro pro- dotto scalare, Le prt ipali proprieta formali del prodottoscalare sono: 290 cabrroLo vi Proprieta 3.1. Se u,v, w sono veutari ed m & uno sealare, allora si ha a) wevevew (proprietd commutativa), b) wetw)euvtyw ("distributivay, ) m(u v) = (muy ¥ = (my) (" — omogeneita), d)veve0 seve. veve0 e ved. Osservazione 3.2. Dalla definizione 3.1 segue subito A) I prodotto sealare di un vettre v per se stesso (quadrato del vettore) & tuguate al quacrato diel suo modal: (3.2) Vevevelico0=v iy =(v-y)!2, B) M prodowo scalare di due versori e, «4 uguae al coseno de! loro angalo G3) ere, = cos(eres) e,1= 1) ©) Quatunque siano i vetori u,v valgono le relazion di “prodottonotevole" GA) (utv) = wWt+vat2uey, 6s) (uty) u=y) D) Sea = u'v é Jangolo di due veuiori qualsiasi u,v, il modulo della somma + ve quello della diferensa ~v soho dati da G6) lu + vi= futev uv cosa, en lu ~ v= for+W? Stuy wos. Basta infati applicare le formule (3.2}~(3.4). & facile verificare che le (G.6)-G3.7) esprimono il eorema di Carnot della trigonometria. Non superfluo rilevare che |u v{ coincide con Yu? +v? solo nel caso che i due vettori siano ‘ortogonali, Siano assegnati una retta orientata r di versore e ed un vettore v = (AB). Rappresentiamo v con il segmento P ~O uscente da un arbitrario punto O di r¢ ‘consideriamo il punto P* proiezione ortogonale di P su r (fig. 12). Il segmento Elementi dl calcolo vetorialeetensoriale 291 roiezione P*- O risulta paralelo ad_r ed avra il verso die o quello opposto, secondo che sia acuto oppure ottuso (fig. 12). ’ Bae , 3 Not f oe » v= oP v= =] Pt an Sia quindi [y=410P"| se a, Lo scalare cosi definito dipende solo dal vettore v e dalla rettar; risulta invece indipendente dal particolare segmento P ~ O scelto a rappresentare v. Si ha per- cid la Definizione 3.3. Lo scalare definito dalla (3.8) si dice componente (orto- ‘gonale) del vettore v secondo la retia orientata r (o secondo ilversore ). sservi inoltre che a) Per a v,= Wvjcosa, b) Per a>n/2 siha |OP* Mcos(n-a) => v,= \vjcos.a, ‘ogni caso, risulta = Neos a. Dialtra parte, essendo e di modulo unitario, si ha v-e= |v| cos @, per cui 9) yey MMeos a, So 58 ea Ge fa 292 cAPITOLO VI e ciod : "la componente ortogonale del vettore v secondo la retta di versore e & tuguale al prodotto scalare del vetiore per il versore della retia". La G9) ¢ Ia (3.1) implicano anche : (3.10) a-v=luly, che esprime la seguente Proprieti 3.2. I! prodoto scalare di due vettor! si pud anche caleolare ‘moliplieando i! modulo di uno dei due vetiori per la componente ortogonale dell‘altro secondo il versore del primo. Infine, utile ricordare che: Proprieti 33. Se, per tut Ivettoriu dello spacio.risulta ay weveo Vo allora il vewore v 2 necessariamente nullo. Infatti, ovendo la (3.11) valere anche per u= v,sitrae: |u|? =O. quindi uno, 4. TERNE LEVOGIRE, PRODOTTO VETTORIALE Per pote defnie alti tipi di prodotto fra vettorinelfordinaio spazio geo- metrico, occore fissare un orientamento dab spazio mediante la seguente Definiione 4.1. La tema ordinata di vettori (v, . 4) non complana- 1 erappresemtati con Parigine O in comune - si dice levogira (oppure orienta positivamente), seat un sservatore con i pedi in © e collocato nel semispazio Conienentev, uppare antioraria la rotazione che deve compiere , per sovrap- porsiav, con angolo minore di. In caso contrario, la terna si dice destrogira (Gigt3). Element dl caleoo vetoriale etensoriale 293, fig. 13 E facile verificare che Proprieth 4.1. Le ferme (va, ¥y+¥,)e(¥5 +¥) + ¥q) “oftemute da (V,.¥3 4%) ‘mediante una permutazione circolare~ hanno il medesimo orientamento di (vs ¥a5¥% s ivece, Te terme (vs.¥)+¥%)v (a+ ¥25¥% De (0% 9 ¥3) hanno “orientamento opposto. Definiemo ora una seconda operazione di prodotto tra vettori che, a diffe- renza del prodottoscalae, ha per risulteto un vetiore. Definizione 4.2. Se we v sono vettori non paralleli e rappresentati con origine O in comune, si dice prodotto vettoriale (o prodotto esterno) di we v, € ai indica con u xv, il vetiore libero definito dalle seguenti proprieta (fig. 4): x v2 perpendicolare al piano individuato da (u,v) Juv] = |u| |v sen( a ), ) la terna (u,v, wx) 2 levogira, ‘Se wé parallelo av, si pone uxv=0. oo 294 CAPITOLO Vi Con riferimento alla fig. 14, facile verificare che: Proprieta 4.2. 1! modulo |u xv | del prodotio vettoriale é uguale all’area del parallelogramma individuato dai vettori w ev uscenti dallo stesso punto O. Le seguenti proprieté sono facili conseguenze della definizione 4.2. Proprieth 4.3. Qualungue siano i vettori u, v, w e lo scalare 2, si ha a) uxve -vxu (propriet anticommutativa) b) (uty) xw=uxw ty xi (* — distributiva ) ¢) ux(vtw) = uxv+uxw G a " a) A(uxv)=Qu)xvtux (ay). Osservazione 4.1. J moduli del prodouto scalare e del prodotto vertoriale verificano la seguente identita di Lagrange: Gl) luxvP+(vyiew ‘5, OPERAZIONI DI PRODOTTO FRA TRE VETTORI Ii prodotto vettoriale u x v & un vettore z; ha quindi significato esaminare il risultato delle operazioni di prodotto scalare e prodotto vettoriale diz per un ter- zo vettore w. A) Prodotto mista: uxv-w=z-w=zw, Riportando da una stessa origine O i tre vettri u, v. w. per ipotesi non complanari,siindividua il parallelepipedo i cui spigoli hanne le misure u,v. w (ig. 13). ‘Assumiamo quale base del parallelepipedo il parallelogramma individuato da (u,v), che ha area |u xv | (proprieta 4.2): taltezza relativa h coincide allora com il modulo della componente di w lungo 2. ae 6 Element dl algebra vettorialeetensoriale 295 Inoltre, se w € x appartengono (come in fig. 15) allo stesso semispazio ri- spetto al piano (u, v), si ha w, = +; in tale caso la terna (1, v, w) ha lo stesso ‘orientamento di (u, v, 2) € cio levogira. Nel caso contrario si ha w,=—h. zuxy fig. 15 Possiamo, percidaffermare che: Proprietit 5.1. 1! prodotto misto u xv - w di tre vettori non complanari é lo scalare che ha: 1) valore assoluto uguale al volume del parallelepipedo costruto sul tre vettori uscenti da uno stesso punto O; li) segno positivo 0 negativo secondo che la terna (u,v, w) sia levogira o destrogira, Inolire, siha wxv-w =05se e solo se ite vettori sono complanarl, = Proprieta 5.2. Liordine delle operazioni di prodotto scalare e vettoriale non influenza il prodowo misto: (uxy)-w= w(vxw). Poiché una permutazione circolare non altera Vorientamento della terna (wu, vy, w), si ha la proprietd ciclica del prodotto misto: (62) Uxvew = wxUS v= vXWeoy = 2 & oe 296 CAPITOLO VI Infine, ¢ facile verificare che vale la proprieta distributiva del prodotto mi- sto rispetto alla somma: (atu) xvew =u xvew +a xvew, B) Doppio prodotto vettoriale: (uxv)Xw = 2xW Se ue v sono non paraleli. il risultato & un vettore ortogonale a 2= u xv © quindi parallelo al piano (u, v). Come si vedra (proprieta 6.1) si ha allora (uxy)xw=hutpy. Mediante la rappresentazione cartesiana dei vettor (a. 8). facile verificare che Rewew 5 eww, per cui 62 (uxv)xw=tnw)y- (wo Invece, eseguendo loperazione ux (v x w). si oltiene un vettore parallelo al piano (v, w) dato da (3) (0X W) = WD = YW Dal eonfronto di (5 48.3) si vede che. in generale, risulta Ga) xv XW) (WV per cui if prodoue vestoriale tra due vetori non goxte della proprieté & facile verificare che i vettori definiti da (5.2) e (5.3) sono uguali se e solo se we w sono entrembi ortxgamall av oppure sone parallel tra lore, Sia, inoltre la proprieid ciclicu Jacobi: (5.3) ux(vxw) + vx(Wxu) + wx(UXY)= Om 2 ey Element di colcol vettoriale eensorale 297 6. SCOMPOSIZIONE DI UN VETTORE - COMPONENTI CONTROVARIANTI Loperazi vettori dicesi anche composizione e addendi si dicono anche componenti del vettore risultante. Lioperazione inversa consiste nel ricercare n Vettori ¥, » Vj mw» ¥q la Cui somma coinci tore v prefissato. Naturalmente, affinché esista e sia unica la soluzione, & neces- sario imporre opportune restrizioni ai vettori da determinare. Ci limiteremo a ‘scomposizione di frequente applicazione. ‘A) Scomposiaione secondo due direzioni distinte ‘Siano assegnati un vettore v ¢ due direzioni tra loro distimte. Da'un arbitra- rio punto A, sitraccino le due rete r, ed r, aventi tli direzioni ed il segmento B-A=v(fig. 16) Conducendo per B le parallele ad r, ed r,, si determinano su r, ed ri punt B, © B, tali che AB = AB, + AB, (regola del parallelogramma). Se e,& il versore as segnato a piacere ad r,, in base alfosservazione 2.2.b il parallelismo tra ¢, ed ‘AB, implica che alaB,| G=1,2) AB,=V'e, con per cui sussiste ed & unica (’) la decomposizione (6.1) vevietvte, — (=4lAB,l). ge pe sur, eae ache v= +2 si debe aver (Woe, + 7K = Oe putplinnan compat co its, vero distin) se eslase ¥!=2! "a Ss ee = ot ee ee Se ee 298 cAPITOLO vt Siha percid il ‘Teorema 6.1. Ogni vettore v complanare con due versori distitie, ed e, si ‘pud esprimere univocamente nella forma (6.1) ('). ‘Questa proprieté mostra che le combinazioni lineari di due vettori non pa- ralleli (e, ed e,) permettono di descrivere univocamente tutti vettori del piano, Cid giustfica la seguente Definizione 6.1. Un insieme @= {e, .¢;} di due vertori del piano, non pa- ralteli, costituisce una base per i vettori del piano. Gli scalari (¥' v*) che de- {erminano univocamente il vetiore v si dicono componeii conirovariant di ¥ nella base 3. Le precedemt considerazioni implicano la Proprieta 6.1, Tre vetori u, v. w. sono complanari se e solo se risultano linearmente dipendemii e cio? se ¢ solo se esisiono tre scalari hy «Ry «enon tute ti mull tli che: 62) Autry we Om B) Scomposizione secondo tre direzioni non complanari Assegnate tre direzioni nun complanurl ed un vettore v= B-A, a partire dda A si traccino tre rete (7). r3..%5) aventi le direzioni prefissate, Basta condurre per B i piani aventi le giaciture dir, r:.7 r.rs "5 per individuare su 7.7347 i punti B,, B,, B, tali che: AB= AB, + AB, +AB,. versore scelto a piacere sur, il parallelismo tra e, ed A B, im 2.3)si abl plica che (i= con v= 4148, | per cui sussiste ed & unica fa decomposizione (63) vevietvetve, (v= t1AB |) ‘Si pene al este ru anche quando, ed nam no modulo ular, nal aos vv a|An Hel BRB eS we a ee ee 6 a Element dl algebra vetorialeetensorile 299 Pertanto, si ha (fig. 17) it Teorema 6.2. Ogni vetiore dello spazio si pub esprimere univocamente nella forma (6.3), purché (e, ,€,, ¢) siano versori non complanari. fig. 17 ‘Analogamente al caso piano, ogni vettore v dello spazio Viduare univocamente mediante una terna di sealari(v",v?, v?). Cid giustifica la seguente Definizione 6.2. Un insieme @ x {e, , €;, ¢) di tre vettori non complanari costituisce una base peri vettori dello spezia. Gi scalari(v', vv") si dicomd component controvarianti del veiore v nella base 2. Osservazione 6.2. Quando i tre versori (e, . ¢,.€, ) sono complanari e stint, la scomposizione di v é indeterminata se v é complanare ad e impossibile se v non & complanare ad(e,.€,.€,). 8 °2 @2 G8 = 300 caPiToLo vi 2 Ge Element di coleolevetiorateewensorale 301 ©) Scomposizione secondo una glacitura ed una direzione che non si appartengono ‘A partie dal punto A arbitrariamente scelto(fig.18) si condueano il piano ree la retaraventi la giacitura ela direzione prefissate; sia poi v= B~ A. fg. 18 I piano individuato da B ~ A ed r interseca m nella rena s passante per 'A; basta quindi scomporre v secondo le rette r ed s (caso A) per avere univecamene (64) v con v, € ¥, paralleli ad re x. Quando m ed r sono ortogonali. i vettori v,€ ¥,si dicono componenti normale e tangensiale rispeto al piano, 7. LE COMPONENT! COVARIANT Con rferimento al caso dei vettori del piano (n. 6.1), i é visto che le com- ponenti controvarianti del generico vettore v sono definite dalla scomposizione (6.1) ¢ sono: v'= £| AB,|(fig, 19). Determiniamo ora le componenti ortogonali iv lungo le direzioni di base Dalla 6.9) sitrae fig. 19 Per esaminare le relazioni che esistono tra (v' , *) €(¥, , v,) sostituiamo a v la ‘sua espressione (6.1) OY ysWetve)e 5 ye Wetve)-e. Se introduciamo i coefficienti ) Bt ee scos(ere,) ijt, poniamo e, e, =c, si ha la matrice 3) )=[ ta | cche risulta simmerica e non degenere. Le formule di trasformazione (7.1) si ay vyevitveosa fe mostrano che v,= v'se e solo se i versori di base sono ortagonali. Queste considerazioni si estendono subito ai vettori dello spazio e giustifi cano la = 2 ee eo ee Se ee oo 302 camrrowe vi Definizione 7.1. Si dlicona componemti covarianti del vettore v nella hase B= fe, e,. €,} fre scalari ¥, Vs. ¥y defini dalle relaciont ns) Weve. HEY 6 EWR Nel caso tridimensionale, 1a trasformazione tra le component controve- ianti ve le covariant v, regolata dai coefficient (7.2) ~con i,j = 1,2, 3~e quindi dalla matrice gu gp 80 gg gn |. 7) (= (6, ¢) Bu gn gu Basta sosttuire la (6.3) in (7.5) per avere on wad, We)-e=£,¥ 39 5 (12.3) Per economia di scrttura, conviene spesso servirsi della seguente Convenzione di Einstein : Quando in uno stesso moriomio compare wn in- dice ripetuto in alto ed in basso, si intende la somma su tutti i possibili valori dellindice. La(7.7) pud quidi scriversi (78) weve CuJel 2,3), ‘ed 8 opportuno rilevare che j Findice “ripetuto” di somma, mentre i un indice di "ricorrenza" che, variando da 1 a 3, permette di ricavare da (7.8) le tre formu- Je di trasformazione tra. (v', v7, 7) €(¥; Vas ¥p. E immediato verificare che la matrice simmetrica (g,) risulta non singola- ‘re anche nel caso dello spazio; basta applicare la proprieta 3.3 per avere yeOeveqey=0 (12,3). Cid implica che istema lineare di tre equazioni vej=0 (1.2.3) Gi Ge 42 Element dcaleolo vetorlaleelensoriale 303, nelle tre incognite (v' , v7, v?) ammetta Ia sola soluzione nulla; deve quindi risultare (79) det(g,) #0. La matrice (g,) ¢ quindi dotata di inversa anch'essa simmetrica, che indi- ‘cheremo con (g) ed i cui elementi g verificano le condizioni (7.10) 8 X= 8! Cigke1, 2,3), ove 8 denota il simbolo di Kronecker [Oper ink an B= 8 =4 U1 per ‘Moltiplicando ciascuna delle tre equazioni (7.8) per g* ¢ sommando sull'in- va vat= vg ete v tev ecioe (7.12) vevet — (ke1,2,3). ‘Tali relazioni rappresentano la trasformazione inversa della (7.8); esse con- sentono di calcolare le componenti controvarianti v* quando sono note le com- onenti covariantiv, . Resta cosi dimostrata la Propriet& 7.1. Le trasformazion! (v!)-1(v, ) ¢ (v, -»(v) sono lineari e defi- nite da (7.8)-(7.12). La matrice (Bj) = (e,» €) 8 simmetrica e non singolare. ‘Se denotiamo con g il determinante della matrice (g,), la (7.10) mostra che (7.13) detig,)= ge detig') = 11g. Applichiamo ora la (6.3) a due vettori arbitrari u, ve calcoliam il prodotto sealare 7.14) wve(ale): (Wad=guv, a 8 a SS 2 2 ee Re ee Se ee ee eS Se Ss 4 304 caPITOLO Vt ; Etement di colclovetorale tensoriale 305 : Ma, in base alla (7.8), risulta anche angoli a,=v8, che v forma con gli assi coordinati: i coseni di tai angoli rap- | presentano i coseni direttori del vere v e coincidono can le componenti carie~ 7.15) weveuyeuy ‘iane del suo versore. \n base alle (7.5) si ha pertanto cd applicando Ia (7.12) si ottiene (82) va veosa, — (i#1,2,3) (7.16) weve ghuyy, Viceversa, quando sono assegnate la componenti cartesiane v,= v', ¢ pos sibile determinare il modulo v ed il versore di v mediante le formule inverse del- per cui possiamo affermare: te(8.2): Proprieti 7.2. In corrispondenza di una data base 2, il prodoto scalare ) vawetystye), di due veliori & esprimibile in termini delle componenti covariant! ¢ controva- ‘rianti mediante wna delle forme bilineari(7.14)-(7.15)-(7.16). (84) coso,= WV. {Una volta che siano note le component v, mediante le (8.2), basta applica- 8. BASI ORTONORMALI LA RAPPRESENTAZIONE CARTESIANA rela (6.3) per esprimere il vettore v nella forma ‘Quando i vettori della base Z = (c, , €, .€)) sono a due a due ortogonali 85) vevietvVigtvee ve, ced hanno modulo unitario, Ia base si dice ortonormale 0 cartesiana. In ale ipotesi, si ha ovviamente che dicesi rappresentazione cartesiana del vettore v. ‘Quando v é rappresentato dal segmento B ~ A, si ha 100 8.1) 428, 3 @)=1=] 010 6) Vanna! = vei! = me. ool In partcolar, per il vette pasizione r= PO, si ha ¢ le trasformazioni (7.8)-(7.12) mostrano Vevidenza della 7) fax => P-O= xe, Proprieta 8.1. Rispetto ad una base ortonormale, le componenti controva- rianti coincidono con le componenti covarianti e si dicono componenti cartesiane. « ricordando la notazione (1) di Grassmann, si trae (88) P=Otne tre tre=Otx6, Pertanto — essendo v' = v, ~ potremo usare indifferentemente gli indici di covarianza 0 controvarianza, secondo le esigenze imposte dalla convenzione di Einstein Com’t noto, un sistema di riferimento (O; x', x*,x°) per i punti dello spazio si dice cartesiano (0 anche ortonormale) quando la base @ ad esso associata & ceartesiana, Le corrispondenti coordinate (x', x%, »°) dei punti Psi dicono ‘cartesian. Consideriamo un generico vettore v che sia assegnato mediante il suo mo- (8.9) ee 8,. dulo ved il suo versore (cio’ la sua direzione orienta). Risultano allra noti gli che dicesi espressione cartesiana del punto P. Passiamo a determinare le espressioni cartesiane delle operazioni tra vetto- +i finora definite. Occorre anzituttorilevare che la condizione di ortonormalitia della base @ equivale alle ei relazioni (8.1) € ciok i Sa RN a ee a iil eric ia 7 306 CAPITOLO VI 7 lement di calcolovetorale ¢tensorale 307 Tole, occorrefissare un orientamento positivo per la tema di i 14) du = Qu'ye,. Ia based essa assciata, Dora in poi stsumeremo che ese ‘modo che risulti sempre e, X ¢, =, ; sia alfora (n. 4): ©) Prodotto sealare 1 XO\= XE, =O XE, 15) uve uly tity tw yuty,. 6.10) eke. Gkaney . QxQne. La (8.15) dicesi espressione cartesiana del prodoto scalare « rappresenta la ‘specializzazione della (7.15) al caso che la base @sia ortonormale, U etch della i. 20 consent i ieordare i egno del. prodoto ex (ie): 580 8 positivo sei verso da e, ad, risulta antoraro, ©) Prodotto vettoriale : . ax va(e)xWe=u yore | percui 7 6 * 1) wx VEY HME, —(Y=B WET W= YE 4 a ce tale espressione coincide con il determinant della matrce simbolica aes i Introducendo il simbolo 617) Cee era I a Miva Va 4 { 0 se due indici sono ugual . 4 (8.11) egret = F41 sel permutazione (1) ¢ par, In alt termini, fe component du x-v nella Bate @ sono | complene 2 (EL sea permutazione (ij, 8) dispar; brie del versoridl bases Naor 2 toms Toomplement sige. q le season (810) snetizzano nla formula — : 6.12) 66 6 (iI 23) eu ts | 8.19) stax wiwedet] vy viv 7 Siano u', v', w' le componenti certesiane dei vettori u, v, w arbitrar; ap- ees wevewe(ax viwindet| vive vs |. ] plicando le ‘proprietd delle singole operazioni vettoriali e le relazi wi wa wa ] (8.10)-(8.11) dei versori di base,é facile verificare le seguenti espressioni Q ta espressione cartes 1a mostra la possibilita di applicare al prodotto misto a tutte le proprieta dei determinanti,. a 8) Operazione di somma 0 differenza #) Doppio, Wo veiteriale. 8.19 aveqay : ey eae 19) (axv)-w= [w= (vw: a +) Operazione di prodotto per uno scalare 2 : a 2 6 aa = = ee a ee we ee ee ee 308 caPiTOLO VE Element di calelo veri ensoricle 309 (820) ux (vx w)= [Qa v= (a vw] 6. 03) x=(Qe)a+N (WNLa) Osservazione utile infine ricordare che, in ambito cartesiano, due vettori we v sono uguali se e solo se risultano uguali le rispettive componenti e cle v 1,23. 21) wav per Pertanto, un’eguaglianza vettoriale equivale a tre eguaglianze scalar, 49, RISOLUZIONE DI EQUAZIONI VETTORIALI Discutiamo ora qualche esempio di equazioni la cui incognita & una gran- dezza vetorale In generale, un'equazione vettoriale & equivalente ad un sistema di tre equa- zioni scalar nelle incognite componenti del vettore (osservazione 8.1); pertanto, la discussione di un'equazione vettorialerientra nell ambito della teoria dei siste- mi fineari, Tuttavia, in molti casi, a risoluzione pud realizzarsi direttamente in termini vettorial. smpio 9.1. Siano assegnati un vettore a non nullo ed uno scalare bi si tun vettore y tale che deter on) yeas COwviamente, tale relazione si traduce nell'unica equazione scalare (cft.(8.15)) ay tet EYyAd, soluzioni, La duplice infinita di soluzioni si pud determinare agevolmente anche per via vettoriale; basta infatti scomporte il vettore y secon- do la direzione di a e la giacitura ad essa ortogonale (n. 6-c), per avere 02) yohatN (Nia). Sostituendo (9.2) in (9.1), resta univocamente determinato il solo scalare A; si had bf pereui e tale formula rappresenta tutte e sole le =? soluzioni di(9.1). Esempio 9.2, Siano assegnati i vettori ae b, con a + 0; si determini un vet- tore y tale che 0.4) yxa=b. Seé b=0, esiste una semplice infinitd di soluzioni: y= } a, con Ht scalare arbitrario; esse rappresentano tutie soli i vettori paralleli ad a. Seé bx Oe la (9.4) ammette soluzioni, i vettori y, a, b sono necessaria- ‘mente distinti e non complanarr inoltre, per definizione di prodotto vettoriale, b deve essere ortogonale ad a , oltre che ad y (fig. 21). axb y fig. 20 Ne segue che i tre vettoriy, a, a b sono compan risultaallora in base alla proprieti 6.1, 5) yeh(axb)+pa Basta sostituire (9.5) in (9.4) per determinare univocamente 2; infat b= 0, da (5.2) sitrae cessendo Awb=b = he Vet per cui, in conclusione, si ha la naan adi akditati ances snamtinnas eicdan ie shied ae: es 310 CAPITOLO VI Proprieta 9.1. Per ogni vettore a non nullo, 'equazione vettoriale (9.4) ammette soluzioni se e solo se a» b= 0. In tale ipotesi, tute e sole le soluzioni sono date da 06) x=(i)axbtpa — (neR). Per b= 0, questa semplice infinta di soluaioni si riduce allinsieme dei vettori paralleli ada. 10, CAMBIAMENTI DI BASE E DI RIFERIMENTO CARTESIANI. LA MATRI- CE DI ROTAZIONE LLa scelta di una base per rappresentare i vettori ¢ del tutto arbitraria e, na- turalmente, le componenti di uno stesso vettore v rispetto a due basi distinte ‘¢ @ sono, in generale, differenti. Si pone allora il problema di determinare la relazione che esiste tra le componenti di v in Pe". Ci limiteremo ad esaminare tale questione nel caso che @ e * siano orto- ci riferiremo dapprima al caso dei vettori del piano. Sinno @=(e,, €;}, @=(e,", ¢,") due basi ortonormali distinte, rappresenta- te in fig, 22 con Vorigine comune O. Se esse sono entrambe levogire, resta viduato lo stesso orientamento del piano ed & possibile passare dall'una alf'altra con una rotazione di angolo @. fig. 22 Le component dei versori di <9" nella base @ coincidono con i coseni de- sli angoli formati dalle coppie di vettori di @e @ (osservazione 3.2, B): "(Gos sen). @,'(-sen@, cose) Element di calcolo venrialeetenorlale 3 perc site voowpe renee «ion { \ege-senge, +c Questa trasformazione di base & regolata dalla matrice wcane[ con vee anap-[ se, me ] le cui righe coincidono con le componentt di 3” in 3; i cambiamento di base (10.1) si pud serivere Sea] (10.2) [ a | a e La trasformazione inversa e cio’ la rappresentazione dei versori (e, , €;) nell base "8 invoce a Ale. f € =cospe,'~sen@ (103) (le, =sen pe, cose ey ¢ risulta regolata dalla matrice AT trasposta di A (104) ie j-«[2] * di AT) coincidono con le componenti di ta ortogonale (A. = A", Inoltre, si ha Pertanto, la colonne di A (,s¢) in. Be la matrce A Fi det A= det AT=1 jeterminante risulta percié positivo, com’ tipico delle rotazioni. CCié premesso, confrontiamo le espressioni cartesiane del generico vettore v nelle due basi Vietvgs viettvte! tw Be & @& = = as 1 od ao ee Ge Gis Gas — = oe = & & & Ss = ] 312 capiroLo vt Etement dl egebre vera tensrile 313 u smo al secondo membro le espressioni (10.1) die; si ha: vte=ve= VAte, = viSAty 4 ; (v nyt ome € quindi, anche nel caso dello spazio, valgono le leggi di trasformazione a (0.5) . @ vaAlv™ (10.5}{10.6) ¢ cog (ut vt sen ty! cos @ : fi 10.11) vtsaty , Veale : Questa trasformazione consente di ealcolare fe componenti div in @ quando siano note le component in 3. Viceversa, com‘ facile verifcar, si ha ‘Tali formule possono sintetizzarsi con simbolismo matriciale (v0 7 esent een (10.12) vieay vat (ws ‘Tali considerazioni si estendono immediatamente al caso di due basi dello spazio : 2 = {€,.€,.€). "= (€/, €3,€;}, entrambe ortonormali levogire. ‘Diora in po pe evitare confusion, denoteremo con A la matrice del nove coseni diretti del versori di 2 rispeto a quell di AL AL AbAl AS AS (10.6) sen g + ¥e05 9 dove v e v', com abuso di notazione (°), denotano i vettori colonna delle compo- nenti v'e vIn conclusione, si ha la Propriet& 10.2. La trasformazione tra le componenti di un vettore nelle due basi ortonormali levogire @, B' & omogenea, lineare ed invertibile, Essa é regolata dalla matrice ortogonale A dei nove cosent diretiori di 2" rispetto a Be risulta espressa da (10.11). Strettamente legato al cambiamento di base & poi il cambiamento di riferimento. Siano 9?={0, x', x2,x°), #'=(0, x" xx} due riferimenticartesiani associat alle basi @ € @" e denotiamo con x’, x"* le coordinate in ed F” di ‘un arbitrario punto P dello spazio. Le espressioni cartesiane in Sed" del vettore v= P~0' sono 0.7) in modo da avere (10.8) P-O'=(x'= 0 ‘Analogamente a quanto si é visto nel caso piano, si ha la seguente Proprieta 10.1. J vettori riga di A rappresentano le componenti in dei versori ai" mentre | vettori colonna rappresentano le componenti in <:' det versori di ® Di conseguenza, la matrice A @ ortogonale ( A= AT) e sussisto- no le seguenti relazioni di ortonormalité per cui, applicando alle component di tale vettore le trasformazioni (10.11), si ha 10.13) abe xg AE 5 xB RT HARRY ‘Tali formule consentono di determinare la posizione del generico punto P in uno dei due riferimenti, appena sia nota la sua posizione nelTaltro, Anche le (10.13) ;possono sintetizzarsi con simbolismo matricial; indicando con x ed x’ le matrci (10.9) HAD AS TAE AREAS AP = 8g (0B 1,23) equivalent alla condizione & AT =, Inolure: (10.10) xef ete det A=l. ———— 1 yee & an ene iniseo (v= v1 yeu clone in (10.12) andrebero india con stro simboa pe Seeders che ei Cenolno wl email dle emponeal ell sess wloev mile bah Dal confronto delle éspressioni cartesiane del generico vettore v si trae seta 34 cAPITOLO Vi colonna delle coordinate in sed." dello stesso punto P (eft. (')), si ha (0.14) aI + AT xa t ATH, equindi Proprieta 10.3. La trasformazione (10.14) tra le coordinate x ed x' di un ‘punto P in due diversi sistemi di riferimento cartesiani @ ed ®' é lineare, non ‘omogenea ed invertible. Esercizio 10.1, & immediato verificare che la traslazione di &# rispetto ad He regolata dalla matrice unitaria (A= A™=1) ed & quindi definita da: AH + x. Esercizio 10.2. Assumiamo che O=O' e che #' sia ottenuta da con una rotazone@ intoro alfesse x,= x facil verificare che la matice di tale rota- one cos sind 0 (10.15) A(8)=] ~sind cosd 0 f= x=+AT(O)3', x= + A(O)x, o 01 Verificare, inoltre, che la rotazione @ intorno alfasse x, = x ¢ la rotazione ‘wiintorno allasse x, = x, sono regolate dalle matrici cos 0 sing Meyer) (10.16) A@)y=] 0-1 0 |, Aty)=] 0 cosy siny |. sing 0 cos@ 0 -siny cosy Osservazione 10.1. nove coseni direttori A, di B" rispetto a @ devono ssoddisfare le sei relazioni (non lineari) di ortonormalité (10.9). Pertanto, Vorientamento di 2" in @dipende solo da tre parametri, Osservazione 10.2. Quando le basi @ e non sono cartesiane, si ha vis ve la matrice A non é ortogonale. In tale caso le (10.11) costituiscono la legge di trasformazione delle sole componenti controvarianti per le componenti Element dl cleoloveuoral etnsoriale 315 covariant si ha Weevee lav (Ase)™ Aly, e quindi (10.17) Ae 5 WRAY Pertanto, le trasformazioni linear (10.17) che regolano la legge di variazio- ne delle componenti covariant al variare della base ammettono gil stessicoeff- clenti della trasformazione di base (10.8); per questa ragione tali component dicono covarianti, Invece, dal confronto (10.11) eon le (10.8), si rileva che i ruoli dei coefficienti A? ed A; risultano scambiati. Osservazione 10.3. 1! prodotto scalare & invariamte nella trasformazione di base poiché, com’ facile verificare, si ha utyeuty Vary. a = =p 2 2 Gf GS a am 316 CcaPrToLo vi a Bee ee eS & es Element dl algebra vetiorale tensoriale 317 |i) le due proprieta distributive rispetto alla somma: §2- ALGEBRA LINEARE 11, DEFINIZIONE DI SPAZIO VETTORIALE. PROPRIETA FONDAMENTALI 11.1- Indichiamo con R il campo dei numeri reali e con £ un insieme di elemen- tidi natura arbitraria, Supponiamo che E sia munito di una legge di composizio- ne interna, che denominiamo somma ed indichiamo con +, definita su E xE ed valori in £, in modo che valgano le seguenti proprieta: 1) proprieté associativa: Qxtytesxt(yte, Viayze & ii) Vesistenza dell'elemento neutro 0 nullo di E: B0e E:xtx! iti esistenza del'elemento opposto: Wack 3x'e Bixtx'=0; {iv la proprieta commutativa xty=y+x, Vx,yek. Le tre proprieta ii) mostrano che Eun gruppo, la iv) che Eun gruppo commutativo 0 abeliano, Inoltre, ammettiamo che esista una legge di composizione esterna, ciod un'ap- plicazione di R E in £, denominata moltiplicazione, che ad ogni m € R ed x € E fa corrispondere elemento di E indicato con mx , in modo che siano veri- ficate le seguenti proprieta J) la proprieté associativa: Vimpe-R, Vxe E — m(px)=(mp)x, Ve R, Vxye £ max+y)=mx+ my WmpeR, We & (m+px=mx+ px; {iil mumero | sia elemento neuiro della moltiplicazione in E. LLinsieme £ munito di una legge interna di gruppo abeliano e di una legge cesterna nel campo reale R chiamasi spazio vettoriale su R. Gli elementi di E si chiamano vettori, quelli di R scalari, 11.2: Dalle definizioni poste per gli elementi di £ si deducono le seguenti pro- prieta ({1] v. ILL, p. 313; (4) p. 5): unicita dell’elemento nullo 0 ai E, Vunicité del vettore opposto x" per il quale siha Clas ox, le regole di cancellazione xtysxte @ yar, m#0, mxemy = xey; x20, mxspx = m=p. Si chiama differenza di due vetior! x ed y, ¢ si indica con x ~ y, un vettore zitale che z + y = x. Tale relazione & soddisfatta solo dall' elemento z= x + (Dy poiché risuka atyext(lytly=x+0y=x, Osservazione 11.1. Le proprieti evidenziate in precedenza consentono di ‘operare sui vettori conservando il formalismo delt'algebra su R. 11.3. Esempi di spazi vetiorialt 11.3.1. Liinsieme dei vettori dello spazio euclideo della geometria classic in cui i introducono le operazioni di somma (regola della diagonale del parallelo- ‘gramma) e di prodotto numerico. Gli assiomi dati al n, 1.1 eostituiscono una ge- : a z , 2 ties it aio stecy cl 2 4 2 7 it 318 CAPITOLO Vi neralizzazione delle proprieta elementari del calcolo vettoriale ad uno spazio vettoriale qualsiasi. 11.3.2. Lo spazio R® costituito dalle n-ple di numeri reali x= (x, %_} muni- to delle seguenti leggi XFY= (ke) + Oy A¥a} = OAV nen Kata) MXM (yon Ke) = {ML ng ME 11.3.3, Le spazio § delle suecessioni di numeri reali 2 Oya Key ‘Come neitesempio precedente, si pone KAY = (ous a yond Et x+y nt, mx=m (x15. F(X, oy XG, Evidentemente & Qnds = X={HKIy 0={0, Xe 11.3.4, Lo spazio C°({a, b}, R) delle funzioni reali che sono continue sull'inter- vallo a, b] ¢ R, con x= (x(t): te (2, b]). Si pone X+Y= (xQ)+y(0: te [a,b]}, mx=(mx(t):te [a,b]). mL 11.4, Sontaspazio vettoriale Definizione 11.1. - Si chiama varieté lineare 0 sottospario vettoriale di ‘uno spatio vettoriale E, ogni sottoinsieme M di E tale che per ogni x, ye Me er ogni me R si abbia: xtyeM, mxeM. lament di algebra vetorialeetensorale 319 che foppostox'=—x€ M. Vediamo qualche esempio. H14.1. Se x & un vettore non nullo di uno spazio vettoriale £, linsieme Mz (xe E:mx, me R} dun sottospazio vettoriale di E, . Linsieme D({a,b],R) delle funzioni f (a,b) € R & uno spazio vettoriale, Sono sottospazi vettoriali di D: C°(a, bj; R), insieme delle funzion imitate su pario dispar ispeto ad (a + by2. 12, SPAZIO VETTORIALE AD n DIMENSION! 12.1- Base di uno spazio vettoriale Definizione 12.1. Si dice che q vettori non mull Xis.ma%q di uno spazio vettoriale E costituiscono un sistema libero ovvero un sistema linearmente indi- Pendente di ordine q se a2) MAX tag Ry = 0 m=O, Se la (12.1) non & verificata, cioé se esistono q numeri reali m, non tutti nullitali che yxy tot my Ky =O allora il sistema x1, .» Xg & detto legato oppure linearmente dipendente, Nello spazio E consideriamo l'insieme di tutti sistem liberi di vetori ed ‘osserviamo che lordine q di tali sistem o & arbitrario oppure & finito, Conse- gueentemente poniamo le seguenti definizioni, Definizione 12.2. Si dice che E ha dimensione infinita se Vestremo supe- riore diq 2 +e (sup q= +2). Definizione 12.3. Si dice che E ha dimensione finita se sup q=n< +e, La definizione 12.3 implica, auindi, che tra i sistemi di vetiori di ordine 2 62 Se £2 6 & cAPITOLO VI Risulta, poi, notevolmente significativa la seguente altra Definizione 12.4. Si chiama base di wno spazio vetoriale E ogni sistema ibero di ordine massimo. Nel seguito ci serviremo costantemente della seguente Convenzione di Einstein, Se x1, x2. X» sono n vettori di £, porremo (2) = (21 oo X4}- Inoltr, 88 81,82 yon By SOND N-numeri_ reali porremo a's, =a!xy +4", ; in altri termini se in un monomio uno stesso indice ap- pare sia in alto che in basso, si sottintende la somma su tutti i possibili valori di quellindice. ‘Negli spazi vettoriali ad un numero finito di dimensioni un ruolo notevole € svolto dal teorema seguente che ci limiteremo ad enunciare ((4, p. 9). ‘Teorema 12.1. Un sistema {€1, ... €» } di uno spazio vettoriale E & una base di E se e solo se per ogni vetiore x di E esiste una unica n-pla di scalari reali (x!) tall che 022) xexe. 1241 Esempi 12.1.1 Nella ordinaria geometria dei vettori liberi (es 11.3.1), una base & costituta da una tera di vetori non complanari. Tale spazio vettoriale ha, dun- que, dimensione tre. 12.1.2. Nello spazio R* considerato in 11.3.2, introduciamo gli n vetori 1 (Ty Ovrn Os €2= £0, 1, 05g OF pars On = {0yu040 1}- Essi formano un sistema libero poiché O=a'e, ={a!, ay. at} implica a'= Inolte, fissato xe R*, siha “Pex'{l, .0}+.. {0,004 1 2 ee Se Se Se SS & Element dl algebra vetorileetesoriale 321 Pertanto R" & uno spazio n-dimensionale ed (e,) & una sua base, sovente cchiamata base naturale. Definizione 12.5. Si chiamano'componenti controvarianti di un vettore xe E nella base (e,) glin scalari x! per eui sussiste la(2.2). 12.2- Cambiamento di base. Indichiamo con (¢,) ed (ev) due basi di E, € con x un generico vettoe di tale spazio. Per la (12.2) si hanno le due seguenti rappresentazioni di x: =xe, (023) =x! ey. Dialtra parte, dalla (12.2) si ha anche (* Keys (124) lesaye. Da (123); €(124), sihe xeAl xen, che, confrontata con (12.3)2, non pud che fornire ft (125) x La (12.5) & la legge di trasformazione delle componenti controvarianti di tun vettore x ¢ E" nel cambiamento di base (e,)—> (e,). Per quanto riguarda la legge relativa al cambiamento (ey )—> (e,) si pud provare che & 02.6) xaApat Introduciamo, ora, le matrici A = (Ay) ed A‘= (Af), verifichiamo che esse sono una inversa delalira cioé che ¢ A A'= A‘ A™= I, I matrice identica. Ed infatti da (12.5) € (12.6) si ha eo (27 iente di x!, Ab AL =a; . «i2ay ‘Con questa posizione la (12.7) si trasforma nelle relazioni webia che devono esere sdf identieamente,Pertanto non pud che essere lseisr a= {oseier ‘eid implica che AA'= I, Analogamente si prova che AA =I. (129) Con la notazione matriciale, la (12.5), ad esempio, si riformula come x") far. SAL YD xt Sovente la (12.9) viene tradota dalla seguente Definizione 12.6. 1! simbolo 8; introdowo con la (12.9) prende il nome di simbolo di Kronecker. Concludiamo queste considerazioni con la seguente Osservazione 12.1. Rileviamo esplicitamente che nel cambiamento di base (6) (¢ ) te componenti x’ di un vettore x ¢ E, si trasformano con la leg e (2.3) nella quale i coefficient Af sono relativi al cambiamento inverso (er ) > (@1). Per tale motivo gli scalari x! si chiamano componenti controvarianti nella base (¢,). Nel seguito, quando questi due cambiamenti di base saranno ‘considerati simultaneamente, seriveremo (¢,) (ey). Element di algebra orale tensarale 323 13, SPAZI VETTORIALI EUCLIDE! E PSEUDOEUCLIDEL 13.1. Spazi vettoriali euclidei Definizione 13.1. Si dice che uno spazio vettoriale Ey su R @ uno spazio euclideo se esiste un'applicazione, denominaia prodotto scalare ed indicata com, definita su E, XE, a valori in R e verificante le seguentl proprieta: {Vl prodotto scalare é una forma lineare del primo fatto, ciok Vxyze B,VmeR Qety)-emxegty en | (omx)- y= mx y 5 ii) vale la propriet commutativa: V x,y € Eq x-ysyex; li xe Byox-x20, x-x=0e9x"0, Riferiamo, ora, Ey ad una base (e,) ed esprimiamo il prodotto scalare di ddue vettori x ed y attraverso le rispetive componenti controvarianti x! ed y! in ‘questa base. Tenendo conto della (12.2), risulta a3.) xy sexy, in cui si& posto 3.2) Bree. Naturalmente, dalla definizione posta segue che x y & uno scalare inva- ‘ante e cio’ indipendente dala base (e,). Evidenziamo subito che la matrice (gy) @ simmetrica e non singolare, anzi risulta 033) det(gy)> 0. La prima proprieta é conseguenza diretta della ii) ¢ della (13.2). Per quanto con BS 2 e eS ew & & 62 CAPITOLO VI ceme la seconds, rimandiamo alle considerazioni che saranno svottealn. 13.2. Dalfanalisi della (13.1) si trae facilmente la seguente Proposizione 13.1. In corrispondenza di una data base (e,) di Es il pro- doto sealare di due vetiori x, ¥ di Ey resta defnito dalla forma bilineare (13.1) ‘eul coefficient gy , espressi dalla (13.2), individuano wna matrice n x 1 sim imetricae non singolare Questo risultato & suscettibile di inversione. Sussiste, infatti la seguente Proposizione 13.2. Lo spazio E, si munisce di struttura di spazio euclideo ‘se ad una sua base (e,) & possibile far corrispondere una matrice (gy ) di ordine- 1, simmetrica e non singolare, in modo da assumere la (13.1) come definizione di prodouo scalare tra due vettori x, y di Ex . Osservazione 13.1. Dalle considerazioni ora efferate segue subito la leg- ‘ge di trasformazione delle gy ne! cambiamento di base (e;) — (ev). Invero, do- vendo essere x-y indipendente dalla scelta della base, in conseguenza della trasformazione (12.5) risulta y= gy x! y= By Ab Ax” a= ay x! per cui deve essere (3.4) Bi = Ay Ay By ‘Definizione 13.2. Due vettori x ed y si dicono ortogonali se risulta xy=0, E facile verficare che con questa definizione la il) implica a Proposizione 13.3. Se per ogniy diE, sihax-y=0, allora x=0. Definizione 13.3. Si chiama norma 0 modulo o lunghezza di un vettore x di E, lo scalare denotaio con |x =x e definite da (13.8) IxPe Gn, <2 6 2 6 ss 2 Ss of Gs ap lement di algebra vetoriale eentriale 325 Dalla definizione posta e dalle proprieta del prodotto scalare segue che hb) Exl20, Bxf=0e9x=) bh) Wke R, Wxe Ey Pext=lelixls hhh) Ix+ylsixitlyl, Vx,yee - La proprieta hhh) prende il nome di proprietd triangolare, Nel caso dei vettori della geometria elementare essa esprime il fatto che in un triangolo un la- to @ non maggiore della somma degli altri due, Le h), hh) seguono rispettiva- mente da iii) ed i). Invece, la hhh) non @ immediata poiché essa discende dalla Disuguaglianza (di Schwarz) 3.1. Se x ed y sono due vettori dello spazio euclideo Ey , allora riesce: (13.6) Ix-ylsixilyl, dove vale il segno di uguaglianza se e solo se x ed y sono linearmente dipendenti Tralasciando la dimostrazione (eft. [1], vol. 1, pag. $02) della liana di Schwar,sotlinelamo come i (13,6) sia di notevole iterese po! ché, olte a consentire la dimostrazione della proprietdtriangolare, permene di Aefinire angolo tra due vettori x ed y non mull di uno spazlo euclideo E, . In- vero, la (13.6) equivale a ~Istlylsx-ys+ixtlyt Pertanto, esiste un angolo 0. tale che 3.7) cos a= Hu > ae [x]. Llangolo a cosi definito chiamasi angolo tra I due Vettori x ed y. ‘Osserviamo che la (13.7) si pud scrivere anche nella forma (3.8) x-y=xy cosa che, abitualmente, & usata nell’ ordinario spazio tridimensionale per definire il 326 CAPITOLO VI Element di algebra vettorialeetensorale 327 prodotto scalare tra due veto. Possiamo interpretare Ia (13.7) anche al seguente modo. Calcoliamo la nor- ‘ma del vettore x /IIx [per la proprietd hh), si ha Ill © quindi il vettore x / [|x | & un vettore di modulo unitario, ovvero un versore, La (13.7) mostra che a2 l'angolo tra i versori associat ad x ed y. Definizione 13.4. Un sistema di p vettori {wy yy tp} di uno spazio eu- clideo Ey 2 detto ortonormale se i vettori w, hanno norma unitaria ed inoltre sono a due a due ortogonali, ciot se (13.9) wu 8), ie (ln Ph. Dalla definizione ora data segue che tali versori formano un sistema libero di ordine p. Il procedimento costruttivo che comunemente si adopera & noto co- me metodo di ortonormalizzazione di Schmidt ({4] p22). ™ 13.2. Forme quadratiche di segno definito ‘Completiamo queste considerazioni osservando che la formula (13.1) im- ” plica per [al lespressione 6.10) BaP egyx'y 5 in particolare, se la base (e,) di E, ¢ ortonormale, risulta ayy per cu ill ha Fusuale forma pitagorica (3.11) IxP=,x'?. Per la proprietd h) della norma, Vespressione (13.10) assume valori positivi perx# Oe si annulla se e solo se risulta x~ 0; in altri termini ta (13.10) & una ‘forma quadratica definita positiva. Data timportanza che le forme quadratiche del tipo 3.12) Als 3) = ay x! hhanno nelle applicazioni, riteniamo utile richiamare le seguenti definizioni. Definizione 13.5. 1 dice che una forma quadratica reale (13.12) 2 defnita ‘positiva (negativa) se essa assume valori > 0 (< 0) in corrispondenza di ogni pla (x) #0, Definizione 13.6. Si dice che una forma quadratica reale (13.12) 2 semide- “finita positiva (negativa) se essa assume valori 2 0 (S0) in corrispondenza di ‘ogni nepla (x). | teoremi che ora citiamo, per Ia cui dimostrazione rimandiamo a [2, vol.l, 1. 304], forniscono condizioni necessarie e sufficienti per Ia defintezza in segno i AGA). il determinante de! minore i che si ottiene orlando 41, cio poniamo ay ay (13.13) Di= ay a2 senmnaney Dy det (tn denotiamo, poi, con fi fy (3.14) af BY. reheyeneiy PELIyno}, lp il determinante di un minore principale di ordine p della matrice (ay). Con tali notazioni sussistono i seguenti teoremi. ‘Teorema 13.1. La forma quadratica reale (13.12) & definita positiva (ne- ‘gativa) se e solo se risulia 3.15) Di>0 (1D, >0, HELI wan) <2 2 2h GRP 6s ee 328 cAPrTOLO VI SSB & ae ee = Element dl algebra veworale tensoiale Teorema 13.2. La forma quadratica reale (13.12) 8 semidefinita positiva (negativa) see solo se G.16) ‘Come conseguenza del teorema 13.1 si ha che, se la forma (13.12) & defi- nita positiva, ogni altro minore principale della matrice dei coefficienti (a) ha determinante positvo. Al contrario, se la forma (13.12) & semidefinita positiva, Fipotesi (13.16) del teorema 13.2 non pud essere sostituta dalla condizione D, 2 0. Per convin- cersene basta considerare, nel caso n= 2, la forma aux!? + 2ayx!x? tanx?? con aj1 =a12 ="0, an <0. Essa verifica la condizione D, 20 ma, riducendosi allunico termine ~az2x?’, non & semidefinita positiva. 13.3. Componenti covarianti Definizione 13.7. Sia (e,) una base di uno spazio vetioriale euclideo. Si chiamano componenti covariant di un vettore x di E, glin scalari defini dalle nrelazioni 3.17) MEE ye (pnw) Determiniamo il legame intercorrente tra le componenti controverianti x! i xe quelle covariantix, . Dalle (12.2) ¢ (13.17), siha ex ee ¢ ricordando la definizione (13.2) dei coefficienti gy , (13.18) XW By 5 ie {yan Le (13.18) costituiscono un sistema di n equazioni nelle n incognite x? che per la condizione (13.3) & risolubile, Se con (g*) si indica Ninversa (simmetrica) della matrie (g,) dalla regola di Kramer si deduce (13.19) ATER BY 4 TE (Lomo) + B facile, ora, esprimere il prodotto scalare xy attraverso le componenti ‘controvarianti delfuno e quelle covarianti delf'altro e viceversa. Infatt, le (13.1 (13.18) € (13.19) implicano (13.20) xoysxty wax yaxyy ‘Osservazione 13.2. Le formule (13.17) ¢ (13.18) mostrano che le comp nenti covarianti si identificano con quelle controvarianti solo se e,) una base Crtonormale. E facile, inoltre verificare che la denominazione di covariant st~ ta alle componenti x, deriva dal fatto che esse si trasformano con la mee~ sima legge (12.4) con cui si trasformano le basi. 13.4, Bsempio Per chiarire meglio Ia differenza tra le componenti controvarianti x’ ¢ quel- le covarianti x; di uno stesso vettore x, consideriamo lo spazio vettoriale cucli- deo E; costituto dai vettori delfordinario spazio che sono paralleli ad un dato fig 23 Indichiamo con ¢, ed e, due versori di E,, formanti tra loro langolo Ws. ¢ ‘con x un suo generico vettore; per comodita Ii rappresentiamo in fig, 23 sect é | i | 7 1 er ere ee CAPITOLo vt :cordo con la (12.2), le componenti controv: xted ed x? di x, sono definiti dalla relazione x=xler tee, xt=+lOMl , x7=+I0NI . Le componenti covariant risultano, invece, determinate da (13.17) cio’ dai prodotti scalari x sey Mexren; per esse siha =+lorl , x=+Ilosl . In conformita con le (13.18), il legame tra queste componenti & espresso, dalle formule (3.21) xisgux' ten? , x= nx! +gnx?, Poiché per le (13.2),(13.8)& Je (13.21) diventano psx! tx? cosa, x2=x! cosatx? , dun rapido eaeoto effetuato tenendo present la figura, consented veriicare auest relazioni , poi, evideme la coineidenza dei due different tipi di compe. enti per a= 1/2, come pure 'estensione di questi risultati al caso n-dimensio~ male. 13.5. Spazi vettoriali pseudoeuclidel Come ¢ evidente dalle considerazioni svoite al n. 8 del cap Il, lo studio dei lement di algebra vetorialeetensoriale 331 fenomeni di moto neltambito della cinematicarelativistica non pub prescindere dal introduzione degli spazi vettoriali pseudoeuclidei che, come ora si vedri, sono spazi dotati di un tipo di prodotto scalare con proprieta che generalizzano quelle della definizione 13.1. ‘meni in uno spazio vettoiale che si pud munire di una “opportune metrica” (pseudometrica). Definizione 13.8, Si dice che uno spazio vettoriale E, su R @ uno spazio pseudoeuclideo se nella definizione 13.1 l'applicazione « soddisfa le condizioni i) ed ii), mentre in luogo di iii) si ha iiiy x-y=0 Vyek, 2-0, '. Infatti, se risulta xy=0 Vyek, E evidente che iii) implica if allora, assumendo y = x e ricordando |: si trae x= 0¢ cid prova Is Al contrario, 'implicazione inversa non pud essere dimostrata, Percid il concetto di norma di un vettore non pud essere ora immediatamente dato, Rileviamo inoltre che, effettuata la posizione (13.2), lespressione del pro- oto scalare (131) continua a susssere. er quanto riguarda Ia matice (g,),&f Provare che essa soddisfa la 03.22) det(g,) #0. ‘tale scopo, osserviamo che xeys0 Wye Bo 2-620, je (I,nanhs conseguentemente, Ia equazioni ¢¢ Fespressione (13.1) implicano che il sistema di n ax=0 (e, )(*). lel caso di basi ortonormali, le quantita AY denotano i cosen! direttor! dei versori di una base rispetto allaltrae coincidono, quindi, con le AY. ‘Abbiamo, poi, osservato come le n? grandezze gy che determinano il pro- dott sealare in Ey , nel passaggio (e,) -> (ey, i trasformano secondo le (13.4) € ciod con una legge che si pub riguardare come una naturale estensione delle (14.1)2 0 delle (14.1)al caso del nuovo ente individuato, appunto, dal comples- sodelle gy. Sulla base di questa analogia siamo indotti a porre la seguente to al cambiamento di base scritto nella forma Definizione 14.1. Si chiama tensore doppia (affine) T di uno spazio eueli- deo n-dimensianale lente individuato nella base (e,) dan? componenti, denota- teconT", Tm, nelle formulazioni controvariant, covariant mista, le quali ‘n am generico cambiamento dbase (e,) > (67) 3 raxformano al seguene TH APALT™ rly 56 (lym, (142) Trt SALAYT Th =A AyTy 5 Nel squito di questo paapafe notre i pine sinelisne,slbuendeFpie andi li tl post dell eae prec er enous e component nln movataue(v"* dvetav" Be S&S & & & & euenee 7 a ‘ 34 CAPITOL VI Element d algebra vettorilee nsoriale 335 smo adottato nelle (14.1), i! tensore doppia T 2 Vente indi viduato nella base (e,) da n* component, denotate con T* , TT) nella formu- lazione conirovariante, covariante, mista, le quali nel cambiamento di base (€)(e,) 1 trasformano rispettivamente con le leggi THAZAIT. , 8 429 TeHACAT) TPaAhag E facile dedurre dalle (14.2) (o-dalle (14.2)} le formule relative al passag- gio inverso (ev) ¥(¢,) ((¢,)2(¢)). Ricordando, infatti, che le matrici (At) € (Af) sono una inversa deltaltra (vale, cid, la (12.8)) (7), si ha TH = ADALT! , (THAJAST#), (043) Ta AZAST an 4 (TyTAPAP Tg)» Tye ADATTS =, (THHASAJTE). Per uniformita di nomenclatura, potremo chiamare ‘ensori di ordine uno i vettori e tensori di ordine zero gli scalari invarianti per cambiamento di base. Come ¢ gid stato rilevato, nel caso di basi ortonormali, le quantita A, oppure A — sono i coseni direttori def vettori (e,)rispetto ad (e¢). La matrice (Ay) ~ oppure (AS) ~risulta ortogonale (n. 20) ‘A questo punto la definizione di tensore di ordine o rango superiore al se- condo si otiene in modo del tuto naturale. Ad esempio, un tensore di ordine tre, due volie controvariante ed una volta covariante é un ente individuato da n* componenti T/* che nella trasformazione (e,) > (e») mutano in questo modo: (4.4) TH APAL AL TI 5 P84 ie (onan). ‘Come nelle relazioni (14.1) 0 (14.1), anche nelle (14.2)-(14.4) si applica la ‘convenzione di Einstein sugli ipetuti. "Natura, ache la match ,!ed A? sno na inverse della pe a sussoo Fe reason Consideriamo due tensori determinati nella base (¢,) dalle componenti T; V5 ed osserviamo che, per le (14.2) € (14.3)s, sussiste Fimplicazione 1 TV @ Wave, ualungue sia il cambiamento di base (e,) + (€») considerato. ‘In maniera del tutto analoga si constata che uguagtianza tra le componenti in una data base (¢,) di due tensori dello stesso ordine e varianza, cio’ con uguale numero di indici controvarianti ¢ covariantt, permane qualunque sia Ia trasformazione (¢1) ++ (er) considerata. Da cid segue Mnvarianza della forma delle relazioni tensoriali al mutare delle bast Ricordiamo, ora, che in uno spazio euclideo i coefficienti gy consentono di passare dalla rappresentazione controvariante a quella covariante delle compo- rnenti di un vettore e viceversa, come le (13.18) € (13.19) ~ 0 le analoghe (7.8) € (7.12) chiaramente mostrano. Anche nel caso dei tensori sussiste la medesima proprieta. Cosi, ad esempio, assegnate le componenti T™, si hanno le relazioni ) Ta = ergs 5 T= TBH che forniscono il passaggio dalla formulazione covariante a quella covariante 0 aquella mista, 15, OPERAZIONI SUI TENSORI 15.1. Somma, differenca e prodotto di tensori Definizione 15.1. Dati due tensori doppi T ed U della medesima varianza, si definisce somma o differenza iltensore V le cul component! sono tali che (5.1) Wie T£U" , VisTF£US, VaeTatUn « ‘Si chiama prodotto di due vettori, di un tensore doppio con uno scalare, on un vettore o con un altro tensore doppio, il tensore le cul componenti sono illprodotto delle componenti degli enti assegnati. Cosi, ad esempio, si hanno i tensori (15.2) vreTur , VieTU, , Be ew Se ee es ae = ef af ae 336 CAPITOLO VI Sa Ge Be lament dl algebra vetorileetensoriale 337 Quelli espressi dalle formule (15.2): ¢ (15.2): si ottengono moltiplicando te i due vettori; quando accade cid, Vente ottenuto suole essere chia- [La validita della definizione 15.1 & evidente poiché in un cambiamento di base (¢,) (er) il nuovo ente si trasforma con legge perfettamente coerente con il suo ordine. Per rendersi conto di cid, consideriamo oggetto definito da (15.2), tenen- do conto delle formule (14.2)s e (14.1)y5 si ottiene Vo" = Ty US = TL Ar AU! AS! =Vi Ay’ AY Ar! che coincide con la legge di trasformazione (14.4). In modo analogo si constata ilcarattere tensorile delle quanti definite dalle relazioni (15.1). E, poi, evidente lestensione di questi risultati al caso dei tensori di ordine pitvelevato. Osservazione 15.1. Come si deduce dalla definizione.15.1, sia la somma di E-che ad ogni coppia ordinata di punt A, B di facia corispondere un vetore u=e (A,B) € Ey , che rappresentiamo anche con i simboli B~ A oppure AB, in modo che sano soddafae le seguent Proprieth 18.1 i) VA,Bes B-A=-(A-B), ii) VABCe% B-A=(B-C)+(C-A), i) VOe S, 3!Pes: P-O: In tale circostanza si pone la Definizione 18.1. Linsieme 8 , per il quale esiste un'applicazione ¢ di °x8 a valori in uno spazio vetoriale E, soddisfacente le proprietd 18.1, dicesi Spazio puntuale affine reale n dimensionale e i denoterd anche con &, Del vet- tore ¢(A, B) = B- A chiameremo A origine o primo estremo e B secondo estre- ‘mo. Ey viene detto spazio vettorale associato ad &, Vediamo alcune conseguenze di questa definizione. Anzitutto consideria- ‘mo il caso particolare A = B; da i) ed i) risulta = AR =(A-C)+(C~A)=(A~C)~(A-0)=0, cche Passioma ii) garantisce che in corrispondenza di ogni no infinite coppie ordinate di punti di & una per ogni cle- ‘mento di &, a cui Vapplicazione € fa corrispondere proprio x. Cosl, se A € Sed xe B, esiste un unico punto B ¢ & tale che a8.) B-Aex; 342 CAPITOLO Vi lement dl algebra vetrileetensorale 343, si suole anche dire che B si ottiene sommando ad A il vettore x, cioe (18.2) B=Atx Consideriamo, ora, due coppie ordinate (A, B) € (C, D) di punti di 4; tali che (183) B-A=D-C. Allora facile convincersi che risulta anche (18.4) C-A=D-B. Invero, della proprieta ii) si ha B-A=(C-A)+(D-C)+(B-D) In questa identita la (18.3) consente di usare la regola di cancellazione ¢ di ottenere 0=(C-A)+(B-D) edi qui, a causa di i), segue la (18. 4). Le (18.1) e (18.2), come le (18.3) ¢ (18.4), si ottengono formalmente 'una dalaltra con le usuali regole delf'algebra, Cid costituisce uno dei vantagai del- pies uso delta notazione B~ A in luogo di AB. mt 19, RIFERIMENTO IN UNO SPAZIO AFFINE Siano & uno spazio puntuale affine, Ey lo spazio vettoriale associato ad Sed (e1) una base di Ey . 19.1. Coordinate di un punto Definizione 19.1. L'insieme di un punto O di $ e di una base (c,) di Ex dicesi riferimento di 8 ¢ si indica con (O ,¢, ). Al punto O si dé anche i nome E, fa corrispondere ad essa il vettore B - A. Quando E,2 uno spazio euclideo , si'pud considerare la norma del vettore BA ed a questa nella base (O, €,) compete, per le (13.10) e (19.1), 'espressione (20.1) 1B - Af? =(B-A)-(B-A)=(y'-*') ( - By - Consideriamo, allora, 'applicazione 8: ¥, x %, -»R definita da (20.2) W(A,B)e &x %, > &A,B)=|B - All. Le proprieté della norma di un vettore di E,evidenziate al n, 13.1, consen- tono di affermare che la coppia (8,8) & uno spazlo metrico, Definizione 20.2. L'applicazione (A, B) dicesi distanza del punto A da B. LLeespressione (20.2) si semplifica notevolmente qualora si rferisea lo spa- zio euelideo E, ad una base ortonormale. In tale caso, infati la norma di un vet- tore assume la forma particolare (13.11) e, di conseguenza, dallespressione (20.1) segue (20.3) wAB)={LO-xY. La (20.3) costituisce Tusuale e ben nota forma pitagorica della distanza cconsiderata nei riferimenti di coordinate ortonormali. Be eS ea Re eS eS & 346 ‘cariToLo vi §5- TRASFORMAZIONI ORTOGONALI 21, IL GRUPPO DELLE TRASFORMAZIONI ORTOGONALI jo euclideo n dimensionale ¢ 5 tinsieme delle applica- i lineari invertibili 6 : Ey —> Ey che trasformano E, in sé. E evidente che se (e,) & una base ortonormale di E, ¢ Ge Z, il sistema (o(e;)) & ancora libero poiché mo(e,) = 0.49 d{m'e,)= 0.69 m'e, em=0, tuttavia esso non & pit, in generale, ortonormale. Conseguentemente, poniamo Ta seguente Definizione 21.1, Si denominano trasformazioni ortogonali le bigezioni li neari @:E, > Eq che conservano l'ortonormalita di um qualsiasi sistema orto- normale di Ey , in altri termini se & @uy 4. = 5, = Oe) O) 21.1. Matrici ortogonali Sia T la totalita delle trasformazioni ortogonali che mutano lo spazio E, in sé. Se ,¢ T,r= 1,2, ed (¢)& un sistema ortonormale di Ey ,siha €,.678,> O(¢).O(¢)=8,=90, 90 (€)- 0,°0(6)=3, ita composizione di due tresformazioni ortogonali appartiene « T. & poi ‘evidente che lapplicazione identica & anche ortogonale per cui 'insieme T mu- nito deltoperazione interna di composizione (che notoriamente gode della pro- Prieta associativa) costiuisce um gruppo. Siano, ora, x= x¥e, ed y = ye, due clementi qualsiasi di E, .Se@ € T, dalla 21.1) risulta (2) 09) = O@'e) OG) =x’ OF): CE) =X YG Ge XY, ccosieché il prodotto scalare 2 invariante per trasformaziont ortogonall In parti- = ement di agehra eure tensorie 347 ccolare, ogni trasformacione ortogonale lascla inalterata ta norma di un vettore ‘e Vangolo tra due vettori. ‘ndichiamo con f; le componenti controvarianti di @(e,) nella base ( poniamo cioe 12) Gle)=He, Introduciamo la matrice T = (12) i cui elementi sono proprio i coeffi td Ile (21.2 interpretiamo r ed 1 come indici di riga e di colonna. 11 ‘ignificato dei coefficient 1} evidente. Moltiplicando sealarmente la -ma del- le 21.2) pere si ottiene Ole) =her =H by=e e quindi ¢+ @ il coseno dell'angolo individuato da @(e,) ed ¢, . Pertanto, in ac- ‘ordo con la rappresentazione (21.2), Ia riga mma (l « - #2) di T & formats ‘con i coseni direttori di @(e,) nella base (e,) e, di conseguenza, la colonna j-ma (4+, )& costituta dai coseni direttori di e, nella base (@(e,)). Da cid se- gue che la mairice(t) relativa al cambiamento di base (e,) -> (er) ¢ la matri- €e (f) associata al cambiamento di base inverso @(e,) —» (ei) sono na inversa dellalira. Indicando con T Ia trasposta della. matrice T, sussistono le relazioni @13) Tem , THe=t, di conseguenza, (21.4) ut] =8 o Ut =da. Una matrice T verificante la condizione (21.3), si chiama matrice ortogonale. eS ‘Una ben nota proprieta sui determinanti consente di dedurre ii valore del determinante di T. Infatti, dalla (21.3), , segue @us) det (TT) = det(1) mentre dalla succitata proprieta dei determinanti si ha (21.8) det (TT) = det(T) det (T) . Dalle relazioni (21.5) ¢ (21.6) si deduce 0 me om Se 2 & wo a es ES 63 53 6 @ £2 6a ee aS eB ese Se SS S & 350 CAPITOL VI Element di algebra veroriaee tensorial 351 Fig. 3 B) Una seconda rotazione di angolo.#, comunemente chiamato angolo di Fis. 6 ‘mutazione, pud essere effettuata intorno alla linea dei nodi in modo da portare Passe £' nella posizione n’ e I'asser, in 9”. B evidente che 'angolo tra y’ © 4. Anche in questo caso il senso delle @ crescenti & quello antiorario rispetto © Infine, consideriamo la rotazione intorno all'asse ry, =” di angolo a. Lacorrispondente matrice i rotazione B ha come element i coseni direttori ¥, detto angolo di rotazione propria, che porti € sull'asse r,-, in conseguenza, degli assi &, 9’, 9” nel riferimento determinato da & &, r,. Pertanto é Passe 1’ su Fy. Anche ora y @ valutato positivamente in senso levogiro rispetto ad fy; inoltre anche langolo tra’ ed 1, & y. La matrice di rotazione C ¢ indi viduata dai coseni direttori dir,, t,t, nel riferimento determinato da & 1’, Fy. Pertanto 1 oo 23) Be 0 cos? send| ,0€ (0, x1. cosy sen y °] 0 = sen8 cos 24) c= | —seny cosy oO] vet en. ° 0 1 352 CAPITOLO VI __ Sicontrolla agevolmente che A, B, C sono tre matrici ortogonali. Ad esem- pio, consideriamo la prima. B immediato verificare che det (A) = 1. Inoltre & coy —seny 0 snp cosy 0 0 oO. 1 e quindt 1 0 0 = Ate ata =] 0 1 0 Qt) 4 Per quanto concerne la trasformazione ortogonale T che muta (0, ¢) in (O, ¢,), basta ricordare che T'& un gruppo per cui & T= CBA ed usando le relative espressioni (22.2), (22.3), (22.4) cou vcony ~ cou deny ony sen ycoey + con Puen Ycote sen Pn y 225)7 =| cone en peor dcop ueny -sea yen y + cond cory coup sen 8 ony Element di elgebra venorialeeensrile 383 LLasciamo come esercizio la verifica che T ¢ una matrice ortogonale. Rileviamo, ancora, che la matrice inversa é fornita da THs ACH ce che da questa espressione pud essere calcolate esplicitamente, 22.2. Viceversa, la sequenza di fotazioni esposte ai tre punti A), B), C) mo- stra quali debbano essere le operazioni da eseguire pee passare dal riferimento (, €) di asi x, ad un altro (O, ¢,) con assi ry comunque prefissati purché 5, non sia parallelo ad ry.. La linea dei nodi & resta individuata come V'inersezio- ne dei due piani r,t, ed ff. La sequenza completa delle rotazioni& fecilmen- te deducibile tenendo anche conto della fig. 4. Per rylry., la linea dei nodi non & pid individuata cos) come non lo sono ii angoli'» ¢ V, mentre per @ si hanno le due determinazioni # = 0¢ 8 = x. ‘Con un passaggio al limite per @ > 0.09 ~ x csi convince che qualunque posta ‘essere la posizione dellaste € nel plano ryt, resta determinata l'espressione y “+ ¥ per 8 = 0, oppure y ~ p per @ = x che, in entrambi | casi, rappresenta Mangolo diedro tra i due piani ryr, ed r,r,.. La matrice (22.5) ha ancora senso se le si attribuisce Pespressione, oftenuta con un calcolo formale e giustifieabile ‘con un procedimento di limite, cos (@ # v) sen (~ & V) o rsen(e ty) scos( A) o ° ° at dove vale il segno superiore o quello inferiore se 6 = 0 oppure se @ = Osservazione 22.1. facile accertare che il gruppo T dele rotacioni in, non 2 abeliano. Infatti, le due matrict S32 82 © & & rappresentano rotazioni levogire di ampiezza 1/2 rispettivamente intorno all'as- ser ed ty. ‘SI verifiea agevolmente che risulta Tyr, « TT, . (Ora e nel seguto citeremo in blbliografia i testa cui rinviamo nel corso del Ca- pitolo e, talvolta, alcuni utl al lettore desideraso ai ampliare ed approfondire gli ‘argomenti discussi. BIBLIOGRAFIA DEL CAPITOLO VI [1] L. Aueno, Analisi Matematica con Elementi di Analisi Funzionale, vol. 1, 11, Ii, Hl, UTET, Torino, 1977, 77, 81, 82. [2] ER. Guenuaci, The Theory of Matrices, vol. I, 11, Chelsea Publishing Com- pany, New York, 1977, [3] S. Ruonexo, Lezioni di Meccanica Razionale, Liguori, Napoli, 1982. [4] A. Rowano, Lezioni di Meccanica Razioniale, Liguori, Napoli, 1977. ea qgee: @@@ & = CAPITOLO Vit CALCOLO VETTORIALE IN &, § 1 - PROPRIETA NOTEVOLI DEI CAMPI VETTORIALI IN 6, ‘% OPERAZIONI PRELIMINARI er descrivere lo spazio fisico sede dei fenomeni naturali, alcuni dei quali costituiscono Poggetto del nostro studio, ci serviremo di uno spazio puntuale affine ¢ di dimensione tre, che supporremo in pid euclideo. Per quanto concerne definizioni ed operazioni con i vettori dello spazio vet- toriale E, associato ad ,, possiamo utilizzare quanto é stato esposto nei para- -rafi precedenti, Non di meno, dovendo esporre alcune proprieta inerenti i vet- tori applicati, evidenziamo qui di seguito ulteriori proprieta formali del calcolo ‘YA. Componenti di un vettore - Prodotto scalare Gli assiomi che definiscono lo spazio euclideo 4, implicano Mesistenza di co} segmenti orientati ed equipolienti che corrispondono ad un dato vettore u di E,, Per la proprietA iil) del n,18-VI,in corrispondenza di un punto A € é€ di un vettore w di Ey, esiste un unico punto B € 4 tale che an u=Boa, In un riferimento ortonormale (O, ¢) di non c’8 differenca tra le com- ponenti controvarianti u!e quelle covariant u, per cui useremo semplicemente Ia locuzione componenti di w. In accordo con la (19.1)-Vi, dalla (1.1) si ha re) wey, C2429, in cui (x) ed (x4) sono le coordinate di B ed A in (0, €). Ltoperazione di pro- otto scalare, introdotta e discusta al n, 13-VI, consente di scrivere la (1.2) nella forma a3) 4=@-A)-9, ‘come segue dalla (13.17}-VI. co 356 (cAPrTOLO vit Caleta vetortl in & 357 Se r & un asse orientato come il versore 2 definita dallo scalare 1a componente u, di u secondo ay ye dove o.8Fangoto tau ede [ctr (13.8)-VI} ed A, sono i coseni dtettori del asse + (le componenti di e) rispetto ad (O, «) [efr. (13.20-VD}. Eevidente che risulta anche se = wcos @ = UIA, as) Uy = yoy se IAPR, dove xq ed x4 sono le ascisse dei punti B’ ed’ A’ proiezioni ortogonali di B ed A su r. Nella (1.5) si sceglie il segno + se il verso A’ ~> BY & concorde con e, il segno — nel caso contrario, 1.2, Somma e differenza vetioriale. Scomposizione di un vettore te Pe Ped punt di 3, Perla condizione i) deli propit 18.1-V1, = PAP) +P, —P) tn + P— PD che fornisce una semplice interpretazione di carattere geometrico dell’operazio- ‘ne di somma o composizione di n vettori w, = P,— P._y (= 1, ua). Costruiamo la poligonale avente per verticl i punti B, e, quindi, per lati i segmenti orientati rappresentativi dei vettori u,. In base alla (1.6) si ha an P—Ppe uta tint ¢ cio® il lato di chiusura di tale poligonale (fig. 1) individua il risultante R. ao = & Sia s una qualunguereta orientata su cui introduciamo un sistema di ascis- sex. Indicata con x, lasissa della proiezione del punto, su s, osserviamo che si hia identicamente MH = A) + A) to + HD e per la (1.5) R= By, ‘che non & altro che la (1.7) proiettata sulla retta s. Si ha cosi che la componente det risultante dun qualsiast sistema di vettol secondo una rettaorlentatas coincide con la soma delle componenti secondo s del vettori del sistema, Nel caso di due soli vettori non paralleli, questa costruzione conduce alla ben nota regola del parallelogramma (fig. 2) secondo la quale la somma di u, = P, — Po ed u, = P; — P; #la diagonale P, — Ps del parallelogramma P,P, P;P; vetifica facitmente che Valtra diagonale da la differenza u — ua, clo u, — 1, = P, — Pj. Similmente, la somma di tre vettori non complanari resta indivi- data dalla diagonale del parallelepipedo costruito su tre vettori (ig. 3). Nella formula (1.6) i untl Pyy ny Py_y possono essere sceltiin modo arbitra- rio, Pertanto un vettore u = P,—P, si pud scomporre in Infinit! modi inn vettor, det ‘component, aventi per risul- tante u. E noto che questa ‘operazione si effettua in mo- ‘do univoco quando, ad esem- pio, si scomponga w secondo tre rette r, non complanari o ¢ secondo un piano we una ret- tar x(fig. 3,4). = 1.3. Prodotto vettoriale Lroperazione di prodotto vettoriale di due vettori we di @, potrebbe es- sere introdotta a partire dal concetto di bivettore ({3] p. 74; [4}-I p. 65). Per sem- plicit, preferiamo darla in maniera del tutto autonome. Anzitutto ampliamo la definizione di riferimento e diamo quella di riferi- za SS. c ee Be = = Be Begce & & 358 CAPITOLO VIL Fig. 3 Fig.4 ‘mento levogiro. Sia. © un punto di, ed (¢) una base dello spazio vettoriale as- sociato E,, Indichiamo con A, il punto di tale che A, — O = e,€ con 7 la retta OA, orientata nel verso O ~> Ay. ; espreisione, intenderemo come riferimento di sia Vin- sieme (O, e) sia insieme (O, 1). Diremo, poi, che il riferimento (O, €) oppure Cleo vetortle n by 359 (0,1) ¢ levogiro se un osservatore disposto in O nella direzione orientata dir, guardante r, har, alla sua sinistral. ora in poi considereremo nelfo spazio euelideo &, solo riferimenti orto- ‘gonali levogiri. TIntroduciamo, ora, la seguente: Definizione 1.1. Siano u e v dye vettori di E,, Dices! prodotto vettoriqte diwev il vettore w x ¥(u vetiore v) vente modulo uy sen wy, direzione ortogo~ nale ad w ee verso tale che x v formi una terna levogira, Dalla definizione segue che tu 'x vl coincide con I'area del parallelogram- ma individuato dai segmenti oriesitati B— A =ueC—A =v. Tn fig, 5 u X v2 rappresentat6 dal segmento orientato D — A. Fie Dalla definizione data seguono Ie seguenti propriet& ux v= 0 & (u, ¥) sistema legato: ER, w= WV, uxve—v xu — proprietd di antisimmetria, ) (mu) x v= wx (my) = mux Y NER proprietd associativa, wx (vy +H) = UX Wy +X My propritd distributiva. Infine, le componenti di w x nella base ortonormale (¢) si ottengono in virti di (1.8) ed osservando che 360 caPrTOLo vit ay axe, con i, j, s permutazioni di classe pari di 1, 2, 3. Infatti risulta ux = (le x (a) = ey xe = |B (vue, x 6, € poiché per definizione di prodotto vettoriale ¢_) GXG=G, |XQH—G, axXaQae, si ha infine 4% & (1.10) uxveful ow ow], vow wv in cui lo sviluppo del determinante & da intendersi eseguito con le usuali regole formali, La (1.10) mostra che le componenti di u x y nella base (¢) sono i com- plement algebrici dei vettori e,, ey ey. 1.4. Esaminiamo, ora, alcune operazioni che si possono eseguire con tre vvettori € che ricorrono sovente nelle applicazioni.. 4.1. Si chiama prodotto misto di tre vettori u, v, w lo scalare u x v « w. Esplicitando il prodotto sealare si ha wx yew = (ex oy, aypolehé (a x»! 811 complement lgebrico nel determinant del (10), risulta anche ay uxvewe| ye wow wow ow Caco vetorile a by 301 Lrespressione (1.11) mostra chiaramente che il prodotto misto resta inalte- rato o cambia segno se sieffettua una permutazione di classe pari o dispari sui te vettori Dalla definizione stessa, oppure dalla (1.11), si deduce che ux vw = 0 « (a, ¥, w) sistema legato, In altri termini u x v - w = Osee solo sei tre vettori sono complanari, In parti- ccolare ess0 & nullo se uno dei tre vettori 2 nullo (fig. 6). ‘Dal punto di vista geometrico, u x v- wé uguale a 2 volume del parallele- pipedo di lati u, v, w; infatti basta osservare che & Wx VW IE X yy = MUX VEL yey dove ()guy indica la componente di w nella direzione orientata di u x v ed inoltce susiiste il segno + se (u,v, w) & una terna levogira, il segno — nel cas0 contrario, = ux 1.4.2, Si chiama doppio prodotto vettoriale di u x v con w Vespressione (u x ¥) x Ww. Si pud provare che & 1.1) Wx MX we Ge wr—w wy f G Be BSB Se Se & & 362 CCAPITOLO vit prolettando enteambi i membri della (1.12) sug asi di una base ortonormale (evogira) di E, ¢ constatando che si ottengono espressioniidentiche. Con i medesimi vettori possiamo formare il doppio prodotto vettoriale ux @ x Ww. Poiché & ux xm =x w) xu, dall'identita (1.12) segue 13) ux xw=@-wy—w-yw, Le espressioni (1.12) e (1.13) mostrano che, in generale, il doppio prodotio. vettoriale non gode della proprieta associativa, Esse sono identiche se ¢ solo se W-wu=@-yw €ciod solo quando u e w sono ortogonali a v oppure quando we w sono parallei. 1.43, Dato un vettore w €Ey,u # 0, consideriamo Fapplicazione ux che xeBtyauxxek. B evidente che u x é un'applicazione linear di Ein sche non 2 invertible. 10 di determinare I'immagine inversa (u x)~'y di un dato elemento ‘insieme dei vettori x tali che uxxsy. ‘Se un tale vettore x esiste, allora deve necessariamente essere ais) usy=o. ‘Ammettiamo che questa condizione sia soddisfatta, Pery x 0, (w/tul, y/Iyt, u x y/lu x yl) & una base ortonormale di Ey, Pertanto, ogni vettore x € E si pub rappresentare come (1.16) xatudtyseuxy, eR. Imponiamo al vettore (1.16) di soddisfare Ia (1.14). Si ha la relazione Puxy+Cux@xyey Caleta veto ny 363 che, per la (1.13), diviene Puxy + Os yu— ea wy sy, Nell'ipotesi (1.15) questa uguaglianza implica —turwst , conseguentemente, i vettori x verificanti la (1.14) hanno la forma uxy (17) xew—5 + VER, dove, per comodita, abbiamo scritto t in luogo di t!, B, poi, evidente che la (1.17) continua a sussistere per y = 0. = 2. VETTORI APPLICATI Siano A e B due punt dello spazio puntuale euclideo ed w un vettore dello spazio vettoriale euclideo E, associato ad é, ¢ tale che B— A =u. Si chiama vettore applicato di & Vinsieme (A, w). Il punto A si dice origi ‘ne 0 punto di applicazione del vettore u, mentre la retta r di &, di equazione P-Asm, teR, prende il nome di retta di applicazione del vettore w. 2.1, Momento polare Diamo subito la seguente fondamentale Definizione 2.1. Si chiama momento del vettore applicato (A, ¥) rispetto «al punto (o polo) P il vettore Qa Mpa vx (P—A). La formula (2.1) fa corrispondere ad ogni punto P €4, un vettore Mp di Ss eS & & & 2 Bs 364 > CAPITOLO VIL E, ma non un relativo punto di applicazione in 64, Cid si suole esprimere di- cendo che Mp ® un vettore libero. Dalla definizione 1.1 di prodotto vettoriale segue che il modulo Mp di Mp ha Pespressione Mp = IWEIAPI sen a = vb, ciot Mp si pud esprimere come il prodotto del modulo v di v per la minima di- stanza h del polo P dalla retta di applicazione del vettore v. Inoltre, Mp @ orto- gonale sia ay, sia aP — A. Infine, Ia terna di vettori v, P — A, Mp é levogirs in modo equivalente, se pensiamo Mp uscente da P, il verso di rotazione che ¥ individua intorno a P deve essere antiorario rispetto ad Mp. In accordo con la (1.10), in un riferimento ortonormale (levogiro) (O, ¢) i é, il momento My ha lespressione 4 & % 22) M, w v ’ 5 aaa xpoxh Hoa cessendo (x}) € (x,) le coordinate di P ed A in (O, ¢). Proprieth 2.1. 1! momento M, non varia sia spostando Vorigine A div sulla retta di applicazione t, sia facendo variare Il polo P su una qualsiasi retta $ pa- rallela ad t e passante per P. Infatti, per lai) della proprieta 15.1 del Cap. I, se A’ €reP’ € 5, risulta My = vx [(P—P’) # (PA) + (A A x PA) cche @ il momento Mp, di (A’, v) rispetto al punto P’, = 2.2, Momento assiale Siano r un asse di versore e, (A, v) un vettore applicato, x il piano passante per A ortogonale ad r ¢, infine, x* il piano contenente (A, v) € parallelo adr (ig. . & Cleo vote in bs 365 Fig.7 Il vettore (A, v) pud essere decomposto univocamente nel vettore ¥, aP- partenente al piano e nel vettore ¥, parallelo ad r. Premesso cid, calcoliamo Ja componente (M;), del momento di (A, ¥) rispetto ad un polo P € r. Indicati con H P'intersezione di r ¢ x, con K la prolezione ortogonale di Hi sulla retta i applicazione di v,., si ha @3) Mp, = vx P—A)-e= vx P—Kee= =O, +x P—K env, x (PH) +G—K c= =¥, x G—K)-e. La (2.3) mostra che (M,), ¢ indipendente dal particolare punto P di r. Per- tanto si pud porre la seguente Se BS & & Ss a 2 68 &28 & & & 366 ‘caPrTOLo vit Caco vetorile in fy 367 Definizione 2.2. Si chiama momento del vettore applicato (A. v) rspetio all'asse di versore e, e si indica con M,, lo scalare ea M, = (My), - Proprieta 2.2. I! momento def vettore (A, v) rispetto all’asse ¢ di versore © ha Pespressione as) M,= vb, dove v, 2 la norma del vettore v, proietione ortogonale div su x ed h 2 la di- stanza della retta di applicazione di (A, v) da r. Inolire, sussiste il segno + se i vettore (A, ¥) individu il verso levogiro rispetto ad rt, il segno — nel caso contrario, Ltespressione (2.5) segue immedi mente dalle (2.3) ¢ (2.4). Infatti in cui vale il segno superiore se la terna di vettori che compare nel prodotto mi- sto @ levogira, quello inferiore nel caso contrario . = 2.3, Momento di un sistema finito aii vettori applicati Consideriamo, ors ti applicati (Aj, vi) © un sistema E costituito da un numero finito N di vetto- P un punto di 4. Poniamo la seguente Definizione 2.3. Dicesi momento del sistema E rispetto al polo P il vettore Iibero 2.6) ty x(P— A), clo’ 1a somma del momenti del singolivetori applicati di © rispetto a P. CConsideriamo il caso particolare che le rette di appicazione di ciascun vet- tore di E abbiano uno stesso punto A in comune. Perla proprieté 2.1, pssiamo trasportare il generico vettore v sulla sua retta di applicazione applicandolo in ‘A, Pertanto la (2.6) diviene en M, = Rx (P—A), dove 8) R=dy denota il risultante del sistema di vettori D. ‘Questo risultato, noto come Teorema di Varignon, mostra che, nel caso che { vettori di E concorrano in un punto (proprio) A di€y, il momento di risper- 10 ad un generico polo P coincide con il momento dell'unico vettore applicato (A, R) rispetto a P. 2.3.1. Proponiamoci, ora, di vedere come varia il momento di E, su cui non si fanno pid ipotesi particolari, al variare del polo P in, Se Sun altro Bux PAN yx (P- 9) +S - Ale =DyxG-A+0yxP-S), ¢ quindi per la (2.8) @s) Mp=M,+Rx(P-S) che esprime, appunto Ie legge di variazione di Mp al variare di P. = 2.4. Campo vettoriale Un'ulteriore generalizzazione dei risultatiottenuti in precedenza si conse- gue introducendo il concetto di campo vettoriale. Sia, dunque, 0 un insieme misurabile secondo Peano-Jordan (Lebesgue) di ,cv: 11 E, una funzione che ad ogni punto A ¢ @ fa corrispondere un vet- tore v(A) € E,, Indichiamo con (A, v(A)} Pinsieme delle determinazioni w(A) del- la funzione v ciascuna applicata nel relativo punto A € 0. ‘Con tali notazioni poniamo le seguenti mB ee aS Se & Cateolo veto in ty 369 Sa es 368 CAPITOLO vit Definislone 2.4. L’insieme E = (A €0, v(A)} chiamasi campo vettoriale su 0, Definizione 2.5. Sia P un punto di é, e v: 0 -+ E, un’applicazione som- ‘mabile secondo Riemann (Lebesgue) su Q. Le espressioni e.10) R= f.waao, ean My = J,ma) x (@ =A) 60 si dicono risultante di la prima, momento di & rispetto al punto P la seconda quando 2 2 limitato, 2.4.1, Per quanto concerne la legge con la quale varia il momento di E al variare del polo, possiamo ripetere le considerazioni del n. 2.3.1. Cosl, se Sé un altro punto di é, si ha ‘i M, = a) x (S—A) + P—S]d5 = = [nay x aan + fargo P= 5), da a, one posit 2.1, 2.10, senne any My = My + Rx 9). Pertanto, la legge ottenuta coincide con quella relativa al caso in cui 5 & un sistema finito di vettori applicati. w 2.5, Le considerazioni svolte ai nn. 2.3.1, ¢ 2.4.1. hanno condotto, come abbiamo gid segnalato, alla medesima legge di variazione del momento quando il polo P assume tutte le determinazioni in &,. Cid suggerisce di discutere,fin- chéé possible, le pi significative proprita dei vettori applica senza fare espli- ito riferimento se E sia un sistema disereto 0 continuo, Anai, occorre rlevare che anche un sistema finito (A, ¥) pud essere inteso come un campo vettoria- de sullinsieme 0 = {Aj}... eterminato dall'applicazione v : @ + v(A,) = vy. Con tale premessa, le aigomentazioni successive sono valide, salvo avviso contrario, per qualsiasi sistema E. Sia, dunque, E un campo vettoriale su un sottoinsieme limitato e misurabi- le @ di é, determinato dall’applicazione v : @ ~ é}. La legge di variazione del ‘momento 3) Mp = My +R x (P—S) suggerisce alcune considerazioni. Fissato il punto S, risulta M,=Ms — vPéé, solo se Rx(P—H=0 we—SeE, quindi solo se @ R = 0. Si ha, cosi, la seguente Proprieth 2.3. Un campo vettoriale 5 ha momento indipendente dal polo se e solo se esso ha risultante nullo, 2.6. Esempio Supponiamo che E sia costituito dai due vettori(A,, vis (Ays¥). L'essere R = o implica v, = — ¥ € ciot { due vettori sono opposti. In questo caso E chiamasi copia, Il momento della coppia ¢ indipendente dal polo per cui pub ‘essere indicato semplicemente con M. Esso pud estere calcolato scegliendo Ay come polo. Pertanto e149 M=¥, x (A, —AD- Dalle proprieté del prodotto vettoriale si ricava che, detta h In distanza iA, dalla retta di applicazione del vettore (Ay, ¥,), &M = vyh. Inoltre, M & fortogonale sia a v, sia ad A, — Aj, mentre il verso di M & tale che il vettore (Ay, ¥) deve risultare levogiro rispetto ad M. ‘Consideriamo, ora, nella (2.14) assegnato il vettore M € proponiamoci di determinare una coppia avente momento uguale ad M. Come tra poco provere- ‘mo, questo problema ammette infinite soluzioni, Possiamo, infatti, assegnare ‘ad arbitrio uno dei due vettori a destra della (2.14) con In sola condizione di es- sere ortogonale ad M e determinare Ialtroutlizzando la formula risolutiva (1.17). ‘Cos, ad esempio, assegnamo uno degli so vettori v, ortogonali ad M ¢ deter~ rminiamo immagine inversa che lapplicazione (v, x)-! fornisce di M. Fissato Be Rc ee & & 2 oo = ee a 370 caPrToLo vit uuno degli co? punti A, € 4 dalla (1.17) si ricava XM . teR. Qs) AALS ty La 2.15) & Mequazione.della retta a cui deve essere applicato il vettore ~ v, che insieme ad (A,, ¥,) costituisce una delle copie cercate. Da notare che i ottene il punto H, = Ax) tale che hy xME | M IAI = 44 proprio il braccio di questa coppia. Definizione 2.6. Si chiama momento di E rispetto all'asse tdi versore eo sealare M, definito da 2.16) Mp=Ms-e, Ser. om 3. ASSE CENTRALE DI UN CAMPO VETTORIALE Sia E = (Q €0, v(Q)) un campo vettoriale sr un insieme limitato e misurabile Aavente risultante R'e momento M, rispetto a P dati dalle formule (2.10) e (2.11). La relazione en Mp=M,+Rx@®—S, SEG, che esprime il modo di variare di My, mette in evidenza alcune significative pro- prieta di E. Anzitutto, moltiplicando scalarmente la (3.1) per R si deduce = 2) M,;R=M,-R weg {© ciod che il prodotto M, » R2indipendente dal punto P rispetto cul si calcola itmomento. In modo equivalent si pud dire che la componente L di My rispetto ‘2d una quelsiasi retta equiversa ad R 2 indipendente da ‘Allrespressione Mp - R sisuole dare il nome di crinomio invariante o inva- riante. Pet comoditd poniamo Caco vette Inf m1 63) TeM,-R. Dalle considerazioni sin qui effettuate risulta evidente che la variabilita del momento é da attribuirsi al vettore Np componente normale ad R di Mp. Ve- diamo, allora, se esiste un insieme costituito da punti P per i quali si abbia 64) Np =o. ‘A tale scopo proiettiamo Ia (3.1) sugli ass r, del riferimento ortonormale levo- fro (S, ¢) sceto con I'asser, parallelo e concorde ad R. Se (x) sono le relative coordinate di P, otteniamo le relazioni Mp = Mp— Rit, os M3 = M+ Rx!, M3 = ME. Si soddisfa la condizione (3.4) imponendo l'annullarsi di (3.5), € (3.5), € cid ac- cade solo se 66 x)= — MYR, x= MYR, ex, La condizione (3.5), & senz’altro verficata essendo equivalente alla (3.2). [Le equazioni (3.6) mostrano che 'insieme cercato coincide con la rita a passan- te per il punto H le cui coordinate (x) sono G2) oye MYR, = MYR, =O. Facciamo ora variare P su una generica retta s del piano rr, passante per He di versore ot, o*, 0). Poiché le equazioni parametriche di s sono ata tot, weaxjtrt, MER, veo dalle (3.5), (3.7) segue Mj = - aRet, oo { Mj = dRot , eo 32 aPrToLo vit €e conseguentemente 69) My «9 = Mjo! + Mo? = 0. La formula (3.9) mostra che il vettore Np, parallelo al piano r,t, per co- struzione, ¢ ortogonale alla retta s. Nel caso L # 0, quanto é stato esposto in merito alla legge di variazione di M, @ raffigurato in fig, 8. In essa il vettore My 2 individuato, per comodita di rappresentazione, con il segmento uscente proprio da P. Caleolo vectorial ny 313 Dalle considerazioni sin qui svolte, risulta evidente che & IMI >L vPedy, 6.10) IM = Le Pea, Le condizioni (3.10) caratterizzano completamente la retta In modo equi- vvalente, introdotto il riferimento (S, ¢) come dianzi detto, dalla (3.1) si deduce che IMP = Mi + 2R IM] — EMD + REG ‘ed un calcolo consueto mostra che questa funzione 2 minima solo nei punti defi- niti dalle equazioni (3.6). Laretta a, orientata nel verso di R, viene denominata asse centrale del cam- ‘po vettoriale E. Le proprieta di My sin qui evidenziate sono riassunte nella seguente Proposizione 3.1. In corrispondenza di ogni campo vettoriale E — su un insieme limitato e misurabile — avente risultante R v0, esiste un asse a paral- {elo ad R per il quale le seguenti proprieta sono equivalenti: 1) Passe a 2 it hiogo del punti di & rispetio a cul il momento My 2 paral- {elo al risultante R oppure 2 nullo; Vasse a 2 i luogo dei punti di €, per i quali il momento My ha norma minima. Concludiamo queste considerazioni esplicitando lespressione del trinomio invariante T di E. Per R x 0& vP eds, G1) Te alr, dove vale il segno superiore o quello inferiore secondo che Led R siano concor- di o discordi. La G.11) ha senso, pol, anche per R = ©, purché con L si intenda semplicemente il momento di. SS 6 oe 62 ee & B u 34 caPrToLo Vit In molte applicazioni torna molto utile poter disporre deltequazione del- TTasse centrale in forma intrinseca, cio indipendente dalla particolare scelta det riferimento, Cid comporta anche il vantaggio di poterne ricavare le equazioni ‘una arbitraria terna ortonormale di riferimento. Proponiamoci, allora, di rsolvere il seguente Problema 3.1. Determinare il luogo 5f costituito dai punti P di, rispet- to ai quali un qualsivoglia campo vettoriale ¥. con risultante R #0 abbia mo- mento M, nullo 0 paraltelo ad R. In sostanza, si tratta di vedere se esistono punti P e, in corrispondenza di ciascuno di questi, un numero reale Ay tali che AR Sastnuend a (3.12 nel legpe di vrasione el momento (2.9)0 2.12) sitrae Ia relazione @.12) M, 2,R =M,+Rx(P~S) che pud essere rsertta nella forma G13) (P-S)xR = 2,R -M,. Fissato il punto S, la (3.13) pud essere considerata come un'equazione vet- toriale (nn. 9-VI e 1.43) avente come incognita il secondo estremo P del vetto- re PS. Pertanto, essa ammette soluzioni se e solo se risulta G.14) R-QyR -Ms)=0. Dalla (3.14) si ricava subito Gas) dy TR? che mostra che lo scalare hy @ indipendente dal punto P considerato. ‘Assumendo per lo scalare 2, il valore forito dalla (3.14), possiamo appli- ‘care la formula risolutiva alfequazione (3.13) ottenendo = Rx@R-MIR WR, pe Pe a 5 Element di cleo vettorale in 375 Di qui siricava facilmente G16, P-S=M,XRIR+HR, pe, La (3.16) rappresenta Fequazione parametrica di una retta parallela al risul- tante R del campo vettoriale Per verificare quanto & stato ora affermato, consideriamo il punto A espres- so come somma di Se del vettore M, xR /R’, poniamo ciok @.17) A= S+M,XRR. Con ta notazione (3.17) la (3.16) prende Ia forma @.18) che chiaramente evidenzia la circostanza che le determinazioni di P corrispon- RE un'applicazio- ne che alla m-pla (x) associa Ia k-pla (P(89). Per comoditA di rappresentazione indicheremo la m-pla (x) sia con il simbolo del vetore x sia con quello del punto P individuato dalle coordinate (x) in un dato riferimento (O, f) di uno spazio puntuale &, associato ad R®. Con tali notazioni scriveremo indifferentemente Tox) oppure f(P) per indicare la determinazione di f in (x); talvolta, con abuso di notazione, con gli stessi simboli denoteremo anche l'applicazione stessa. ‘Nei corsi di Analisi (cfr. ad esempio {1]-1s 2}-I1) si mostra che & possibile cestendere a queste funzioni i fondamentali conceti di limite, continuith e deri- ‘abilita parziale ¢ pertanto su di essi non insisteremo ulteriormente. ‘B appena il caso di segnalare che 'operazione di componente di una funcio- ne vettoriale su di un asse orientato € quella di limite sono invertibil, ciok che siha a) lim, (re), = (tim, 1), 384 CAPITOLO vit Con il simbolo C*(Q; R¥) intendiamo lo spazio vettoriale delle funzioni de- finite su 0 a valori in RF che sono dotate di derivate parziali continue fino al- Pordine p incluso. ‘Per maggiore semplicita di scrittura, per indicare la derivata parziale di f rispetto ad x! useremo indifferentemente uno dei seguenti simboli a a 62) Geta ate an, sart= a a te quest’ultimo verra usato solo quando la variabile indipendente assume il signi” ficato di tempo. er quanto concerne le regole di derivazione, si verifica facilmente che, ol- tre alle classiche relazioni, sussistono le seguenti altre uguaglianze ayy = aye + ¥ aE, 4) ae. n=agittesaf, L=-.x. ‘Se anche la funzione g : 7 € (a, 8) ~ g(r) € 9 é deriyabile, allora /a funzione composta f og: 7 € (a, b) ~ K(g{(7)) lo 2 ¢ si ha 9 Afla(e) = af dg! in cui si fatto uso della convenzione di Einstein. Per una funzione f dipendente da una variabile scalare x e che sia di classe CC? in un intervallo (a, b) sussiste la ben nota formula di Taylor £0%G%0) 1! 65 t+ an= 5, Ax + ofA), x € (a,b) ° in eui al termine o(4x?-!) nell'usuale base (e) di R#, compete lespressione 6.1) Oo(AN“!) = (I/pt) POG + Gax)dRe, 8 € 10, If. Coeol vette i by 385 Le formule (6.6-(6.1) per p = 1 forniscono il teorema di Lagrange, menire la sola (6.6) per p = 2 esprime la differenziabiita delle funzione fin x,. I concetto di integrale di una funzione vettoriale, gid utilizato in occasio- ne delle @2.10)-(2.11) si espicita in modo naturale ponendo 6.8) i fey ar = 6, fryer, dove I" é un sottoinsieme misurabile di 0. ‘Per quanto concerne il teorema della media si pub dimostrare che & 1 : —— = set. 69) 1”, Say J.t ar = 1), € [Nel caso speciale di funzioni vettoriali dipendenti da una variabile scalare si hanno le seguenti generalizzazioni di ben note formule di Caleolo integrale (9 ak =f) — 10) « 6.10) 4, t0 ae = 00, s Rileviamo, infine, che la proprieta (6.1) assicura l'invertibilta tra V’opera- ione di componente ¢ quella di derivata o di integrate, 6.2. Proprieta differenziali delle curve di Intendiamo per curva o linea y dello spazio &,, ogni applicazione P:X€ [a,b] CR PQ) €4,. Una curva 0) P=PO), Ela bY si dice regolare se PQ) € Cila, bl, PQ) x 0 per d € [a, bl ed inoltre per ’ # \* siha PQ) # PQ”). In molti casi occorre, poi, considerare linee general- ‘mente regolari e cick linee decomponibili in un numero finito di archi di curve regolari. In corrispondenza di due valori distinti ke + Ad consideriamo il rapport incremental ap, PO+ a= FO Ay By . 2 = SB 6 Se & = =e a 386 caPrToLo vit ‘Questo vettore ha la direzione della retta o congiungente i due punti distinti PO) PO + AN). See regolare per AR ~ 0, esso converge a P’(\) € percid o tende ‘alla retta passante per P(A) ¢ parallela a P’(h). Tale retta viene detta tangente in PQ) alla curva +. B evidente che una curva regolare & dotata di tangente in ‘ogni suo punto, mentre una curva generalmente regolare lo é con I'eccezione di ‘un numero finito di punti. ‘Una curva regolare é rettficabile cio per essa é possibile definire 1a Jun- ‘ghezza Idi un suo arco di estremi PQ’) e P(\"), d” < *. Indicando, per sem- plicita, con 1P‘Q)1 la norma di P’Q), si dimostra che f Fissato su un punto Py = PQ) si dice ascissa curvilinea s di origine Py ddi un punto PQ) diy il valore delia lunghezza dell'arco P,P moltiplicato per + 1a seconda che PQ) segua o preceda Ps, cioé se ¢\ > Xs oppure h:< Ny. Dalla (6.12) si deduce che & IPQ tar. 6.12) 50) = J EPG) I da, % ‘Tale formula va cambiata di segno se il senso delle crescentifosse contrario ‘a quello delle \ crescenti. Comunque, la funzione s(A) definita da (6.13) é stret- {amente monotone in {a, b] e quindi & vi dotata di inversa d = N6) dy = NO)- Dalla regola di derivazione delle funziont inverse e dalla (6,13) si ha 6.13) Do € fa, BI. 6.14) MO) = Pay” ‘Nell’equazione (6.11) si pud assumere come parametro l'ascissa s ottenendo, con abuso di notazione, 6.15) P = PQS) = PO). Rispetto a tale parametro le (6.13)-(6.14) implicano ap. a {Pt 6.19) -sFar” yy al bs che caseni direttoridel!"asse tangente coincidono con le componen- di P's). = = ee a a om oe oD a oe Ceo veuorile n by 387 h indo con 1(s) il versore di tale asse, si ha 6.17) (9) = PG). La lunghezza di una curva generalmente regolare é definita come la somma delle Iunghezze dei singoli archi che la compongono. L’espressione (6.13) sussi- ‘ste ancora, Ia (6.17) vale generalmente. Rileviamo, inoltre, che la formula (6.13) a ancora la lunghezza di y nel caso che questa sia una linea chiusa 0 ciclo, cio’ quando P(a) = PQ). ‘Supponiamo, in pid, che y sia una curva biregolare e ciot che oltre ad essere regolare si abbia P(s) € C? ed inoltre P*(s) # 0 . In queste ipotesi si verifica immediatamente che P’(3)@ ortogonale a P*(s) Infatti, dalla (6.16) segue anche PGs) - PYG) = PM) = 1 di qui, derivando rispetto ad s, si ricava PV): P*G) = 0 che esprime la proprieta dianzi deta. La retta passante per P(s) ed avente la di- rezione orientata di P*(s) chiamasi normale principale a yin P(s) I relat versore si denota con n. ‘D'ora in poi considereremo solo curve di. Ai due versorit ed n cosl de terminati in un punto P diy se ne pud associare un terz0 definito univocamente dalla relazione 6.19) betxe che per evidenti motivi si chiama versore binormale, Lasse passante per P che ‘esso individu dicesi asse binormale a y in P. La terna di assi uscenti da P indivi- duata dai versori t, n, b si chiama friedro principale a y in P. Il piano formato dalla tangente e dalla normale principale dicesi piano asculatore ay in P, quello determinato dalla tangente e dalla binormale chiamasi plano rettificante a y in , quello individuato dalla normale principale e dalla binormale prende il nome F(M,) € quella in eul & f(P) < f0M). Proprieta 7.2. Vf(M,) 2 ortogonale alla superficie (P) = f(M,) ed il suo verso 2 tale che il vettore applicato (Mg, ¥{(M,)) 2 rivolto nel semispazio {(P) > fM). Dim, Sia M = MQ), My = MO), > € fa, b], una curva della superficie {(P) = f0M,). Si ha allora ee & & & & 392 CAPITOLO Vit Colcol veil in dy 393 FOMO)) = £0) = cost 5 derivando questa relazione rispetto a ) si trae afeManndx0) = 0 e-quindi, per h = Xy, & VE(M,) + 4,MO,) = 0 che mostra ortogonalita tra V(M,) ed un’arbitraria linea tracciata su tale su- perficie e passante per My, Se ora consideriamo un punto M appartenente al e- mispazio {(P) > f(M,), si ha 1M) — f(y = af + o(laPl) > 0 per cui, per |dPI sufficientemente piccolo, & af = VAM) - dP > 0. fe cess os ere ar na 7.2, Divergenza di un campo vettoriale Consideriamo, ora, una funzione vettoriale v € C! aperto di é, ¢ diamo ia R®) con @ insieme Definizione 7.2. Si chiama divergenza del campo vettoriale (0, v) 'applicazio~ ne che ad ogni punto P € 0 associa lo scalare denotato con div v 0 con V+ ¥ @ definito nella base (0, ¢) da 3) Vive guy ‘Notiamo che la (7.3), in cui si sottintende il simbolo di somma, ha carattere invariant. Infati, passando al riferimento (0, ¢,) ed eseguendo il relativo ‘cambiamento di coordinate (rettilinee) Ms Ala" + ay siha ayv = ayaa! = AyMALapxt = fALVE) = ay. 7.3. Rotore di un campo vettoriale Sia v € C\(@, R®) con M insieme aperto di é. Si pud dimostrare che gli m? scalari x! — jv sono le componenti covarianti di un tensore doppio emisim- rmetrico (3). Rifulta, cos}, ben posta la seguente Definizione 7.3. Si chiama rotore del campo vettoriale (0, v) 'applicazione che ad ogni punto P € 0 associa I! tensore doppio emisimmetrico denotato con rot v le cui componenti sono definite da an rotyy = ay! — ay Perm = 3eciot nell'ordinario spazio della geometria elementare tridimen- sionale le m(m — 1)/2 componenti indipendenti di rot v si riducono a tre € come rot v si intende il vettore (tensore aggiunto) che si ha con la seguente Definizione 7.4. Si chiama rotore del campo vettoriale tridimensionale (0, ¥) Papplicazione che ad ogni P € 0 associa il vettore denotato con rot ¥ 0 ‘con V x v che in un riferimento ortonormale levogiro (O, ¢) ha Wespressione = Gy? — V7) e, — Gv — 3V) & + Ov — ve - ‘Concludiamo queste considerazioni segnalando le seguenti due notevoli iden ‘ita di immediata verifica: ao vx VE=o, an vevxvs0, # Be a eo ee oe G3 532 Gl Gl €5 & 2 82 @ eo 8 8 ae ee 304 (CAPITOLO Vit Caleta vertrial in y 3 oro’ 7.4, Operatori di Laplace e di D’Alembert 8, PROPRIETA POTENZIALI DEI CAMPI VETTORIALL IN & Sia f € CXM, RY) con M1 insieme aperto diy. 8.1. Linee vettorili nn sheep ated de sect tm 8a nme ten nn . plicazione composta ¥ ~ ¥ che ad ogni P € 0 associa lo scalare denotato con ‘Vf 0 con Aaf che nella base (O, €) 2 definito da : Definizlone 8.1. Si chiamano linee vettoriall del campo (0, ») quelle linee 7.8) ViVi = UT = Af = aot = aH +. + OBE. i 0 che in ogni foro punto P hanno it vettore v(P) parallelo alla tangente in P. Se il campo @ cinetico, esse si chiamano linee di flusso, mentre se si tratta Siano f € CHM x R; R") con @ insieme aperto dié, ed a un numero reale di vs campo Dl forze esse vengono deste lnee fora. " Le ‘Se P = P(\) t Pequazione di una tale linea, deve essere Definizione 7.6. Si chiama operatore di dAlembert dif 0 d’Alembertiano ey WP) x UP) = 0 dif Vapplicazione che ad ogni punto P € fe « R associa lo scalare denotato con of e defini da fe questa & Pequazione differenziale (vettorale) del primo ordine a cui devono Soudisfare lelinee vettoriai, Poiché la (8.1) impone la proporzionalit tre le com- ) of = V— wert. ponenti (v) di ve quelle (dx) dit, se @ v! # 0 possiamo scrivere la (8,1) nella i forma 2 = viv evn 7.5. Eserciei (8.2) de = v/v, dy? = v/v! ‘equeste costituiscono un sistema di due equazioni differenziali del primo ordine Verificare che in &, & le incognite vengono ricereate nella forma Vy) = UE: Vy + IVI, 63) dex, ame), P= aD. vite) « fve + ovl, Se & v! = 0, v7 # 0, v? # 0, Ia (8.1) fornisce le relazioni at, vd dt = 0 vey atv eve veE, dalle quali otteniamo le equazioni vx a VEXvEI XY, es at = eo, ay = vA. La (6-4), esprime la circostanza che si tratta di curve piane la (8.4), ne da I'e- Vi@xmew Vxvore oT xw ae xy xu quazione differenciale, Le linee vettorali si presentano nella forma Vx vxve vv yo vy 65 ximcot, Pax, = OO). 396. ‘CAPrTOLO Vit Infine, se v! = vi = 0, vt # 0, la (8.1) impone dx! = 0, dt = 0, ed in questo caso le linee vettoriali sono le rette di equazione x! = cost, x = cost, Bex, Nell’ipotesi di regolarit& per i secondi membri di (8.2) ed (8.4), i relativi pro- blemi di Cauchy si formulano assegnando la posizione iniziale per Ia quale deve passare tale linea, w 8.2. Potenziale scalare Siano {P € Q, v(P)} un campo vettoriale su un insieme aperto e connesso Qc é,ed f un'applicazione ad uno o pit valori (monodroma o polidroma) di @ ~ R. Con tali notazioni poniamo la seguente Definizione 8.2. Si dice che il campo vettoriale (Q, v) deriva da (o che am- ‘mette) un potenziale scalare se esiste un’applicazione { monodroma o polidroma dit R di classe C! tale che 6 MP) = VE), ‘Sef @ una funzione monodroma il campo dicesi conservativo. veg. Se (Q, v) é un campo vettoriale che ammette un potensiale scalare, allora @ soddisfatta la (8.6). Per l'identita (7.6) si ha 67) Vxveo, veg. I verificarsi della (8.7) si suole esprimere dicendo che il campo vettoriale & irrotazionale. . P. $32) che Ia funzione f definita da . 68) MP; Py D = I ve tds, re dove y ¢ un arco di curva generalmente regolare unente due punti P, e P di, verifica la (8.6). Nel caso generale I’integrale (8.7) dipende anche dalla curva y ea Cleoo voile a fy 37 € percid esso definisce una funzione polidroma. Per stabilire la monodromia della, 8.7), un ruolo importante é svolto dal tipo di connessione del campo 0. Ricor- diamo che si dice che ha connessione lineare semplice se ogni ciclo o coincide con il bordo di una superficie generalmente regolare contenuta in Q. In tale ipo- tesi la (8.8) definisce un potenziale monodromo, Pertanto, possiamo enunciare il seguente ‘Teorems 8.1. I! campo vettoriale {P € 0, v(P)} ammette un potenziale sca- lare {se e solo se ess0 2irrotazionale. Esso risulta conservativo se integrate (8. 2 indipendente dala curva generalmente regolae yin particolare cid accade quan- do M ha connessione lineare semplice. Nel caso conservativo il potenziale defi- nito @ meno di una costante arbitraria, Definiztone 8.3. Si chiama superficie equipotenciale di un campo vettoria- le derivante dal potenziale f, ogni superficie di &, di equazione f = cost. Per la proprieta 7.2, il vettore Vf(M,) 8 ortogonale in M, alla superficie equipotenziale (P) = f(M,) per cu, tenendo presente le definizioni 8.1 ed 8.2, possiamo concludere formulando la Proposizione 8.1. La linea vettoriale del campo {P ¢ 0, v(P)| passante per it punto My ai © taglia ortogonalmente in M, la superficie equipotenziale {(P) = fi). 8.3. Potenziale vettore Definizione 8.4. Si dice che i! campo vettoriale {P € 0, v(P)} deriva da (o che ammette) un potenziale vettore se esiste un'applicazione A € CX, R?) tale che risultt 8.9) MP) = vx AP), Pet quanto concerne le condizioni da assegnare sulla funzione v affinché ‘sista un potenziale vettore A verificante (la 8.9), osserviamo che se una tale fun- zione esiste allora prendendo la divergenza del primo e secondo membro di (8.5) ¢ ricordando I'identita (7.7) si ha veg. (8.10) v-VP)=0, vPen, Un campo vettoriale verificante la (8.10) viene detto solenoidale, Gs 62 GS ep eS & & & & = 2 23 2 & 308 caPiTOLo vit 63 2 2 @ & & & & = Colcol vette Inf 99 La condizione di solenoidita (8.10) si presenta, quindi, come una condizio~ ne necessaria di risolubilita per Pequazione vettoriale a derivate parziali (8.9) nel incognita funzione A. Osserviamo subito che se essa ammette la soluzione A. allora, per identi (7.6), anche A. + V¢ con € CXO, R) 2 soluzione di (8.9). Pertanto, quando esist, il potenziale vettore & per lo meno determinato a meno del gradiente di una funzione scalare. Viceversa, si pud dimostrare((1}-1, vo. 1, p. $96; [1}-l,p. 31) che un cam- po solenoidale ammette sempre un potenziale vettore nel senso precisato dal seguente ‘Teorema 8.2, Un campo vettoriale {P € 0, v(P)} ammette un potentiale vet- tore se e solo se ¢verificata la condizione (8.10). Se questa é soddisfattail poten- ziale vettore risulta determinato a meno del gradiente di un’arbitraria funzione. Non ésuperfluo notare che mentre il potenziale scalare & determinato a me- ‘no di una costante, il potenziale vettore lo € a meno del gradiente di una funzione. 8.4, Proprieta generale dei campi vettoriali Per un campo vettorale {P € 0, v(P)} che non sia né irotazionale né sole- noldale sussiste il sepuente ‘Teorema (dl Clebsch) 8.3, Ogni campo vettoriale P € 0, v(P)} pud essere sempre decomposto localmente nella somma di un campo irrotazionale ed in uno solenoidale, Dim. Bisogna far vedere che esistono una funzione scalare f ed una vetto- iale A tale che an, MP) = VAP) + Vx AP), — WPe a. A tale scopo indichiamo con f una soluzione dell'equazione di Poisson vEe vey. B evidente che il vettore vor 2 solenoidale poiché ViW— Wha vv Vt =O. ‘Come conseguenza del teorema 8.2, il campo vettoriale [P € 0, v(P) — Vi(P)] deriva da un potenziale vettore A. Pertanto, si ha —VhevxXA e di qui segue Ia (8.11). 9. PROPRIETA INTEGRALI DEGLI OPERATORI ¥, V+, ¥ x Ci limitiamo a ricordare i soli enunciati di alcunt classici teoremi relativi ‘a questi operatori ‘Teorema (del gradiente di Gauss) 9.1. Sia T un dominio dello spazio de- ‘componibile in un numero finito di domini normali rispetto ai tre piani coordi- ‘nati, @T la sua frontiera ed nil versore della normale a 3T orientata verso lesterno. Allora, per ogni funzione £ € CT; R), si ha on [, veer fae. ‘Teorema (della divergenza) 9.2. Nelle ipotesi su T espresse nel teorema9.1, sev € C'(T; RY), si ha che l"integrale esteso aT della divergenza di v uiguaglia i flusso di v uscente da 3, cio® Y vevat= | vende. 02 [vey 5, ndo ‘Teorema (di Stokes) 9.3. Sia S una superficie di bordo -y contenuta in un ‘campo 0 di &. Se v € C'(Q, R3) si ha che il flusso del rotore div attraverso S uguaglia la circuitazione del vettore lungo i bordo -y, clot 03) [exvasefoa. + 400 CAPITOL VIE §3-CAMPI PIANI DI VETTORI APPLICATI 10, PROPRIETA GRAFICHE In questo paragrafo intendiamo illustrare dal punto di vista grafico alcune tra le pid significative proprieta di un campo En (CA, ¥1) 3 1= Tyo} €0- stituito da un numero finito di vettori appicati appartenenti ad un dato piano x. 10.1. Poligono funicolare Da un arbitrario punto 0 di x tracciamo il poligono dei vettor 1, cioé Ia poligonale i cui vertici verficano le n condizioni fie.9 Da un punto P del piano, scelto in modo da non appartenere ad alcuna delle rette (-1)i, conduciamo le congiungenti P con i vertict i del poligono dei veto- ri, Da un punto 0' di m consideriamo la retta parallela a OP ¢ sia I' lintersezione di questa con la retta di applicazione del primo vettore v, ; da 1' disegniamo la retta parallels alla congiungente 1P indi ccazione di v, . Proseguendo in questa guisa, si perviene alla costruzione di una poligonale di lati 01, 1 (a-l)in' che in genere risulta aperta. La linea p cosi determinata dicesi poligano fimicolare di polo P connettente il campo vet- ‘orale E,.# facile constatare che p risulta essere indipendente dalla scelta del vertice 0'del poligono dei vettor Esistono oo? poli soddisfacent la condizione detta ed ee! modi di scegliere il primo lato 01" edi conseguenza talipoligoni sono =. Cao wetorale 401 10.2. Teorema fondamenale: Comunque si scelgano il polo P ed il prime lato 0 del poligono funicola- re pconnettente if campo plano Ey. questo & equivalente a due veltor! P - 0 ed 1n-P_applicati rispettivamente al primo lato 0 ed ai’ ultimo (11) di p. Infatti, dopo avere costruto (fig. 10) il poligono funicolare p di polo P e fe.10 Ban lato 0'T, si trasporti ogni_vettore v, lungo la propria retta di azione fino ‘ad applicarlo nell'intersezione r'con p. Con riferimento al poligono dei vettori, si scomponga v, = r ~ (t=1) secondo le congiungenti i suoi estremi 1 ed r con P, ottenendo i vettri P-(e-1) ed r~ P. In tal modo si perviene al campo costitui- to dai due vettori (0'1', PO), ((n-1)n’, n-P) e da n-1 copie di braccio nullo. che. Sopprimendo queste coppie si perviene alfasserto. 10.3, Ridusione di Zal vettore (T, R) pitt una copia di momento My Il metodo det poligono funicolare consente di risolvere facilmente i pro- bblema posto. Infati, tracciato il poligono p (fig. 11) connettente Ex, se ne inter- sechino il primo e ultimo lato con la retia r passante per il punto T e parallela al risultante R. In tal modo si determinano due punti 0° ed n* a cui, in vith del teorema fondamentale, si possono applicare rispettivaments i vettori PO ed n-P. Decomponiamo questi vettori secondo le direzione della reta On e quella della retta ad essa ortogonale, Detta H la proiezione ortogonale di P'su On, & 22 em ee es a 402 carrroto vit P-0=h+H-0, n-P=-h+n-H; Po me Ban fet cconseguentemente Ea~ (Ob), (nh), (0%, H-0), (n%,n-H)} | primi due vettori costituiscono una coppia di momento My, i rimanenti ‘due, composti, danno luogo a n-0=R che pud essere trasportato nel punto T. Le operazioni eseguite fanno passare da un campo vettoriale piano ad un altro ‘ad e330 equivalente. La cosiruzione propostarealiza la rchiestariduzione. Mt 10.4, Asse centrale di Ey ofa rtta passante per Tintersezione A del primo ed ultimo lato di pe parallela ad R #0 (fig.11). E evidente che Ex ~ (of, R) ¢, pertanto, la retta sf si identifica con Masse centrale del campo vettoriale considerato, i 6h G8 @ 68 Be 6 Se oe Calcolo torial in % 403, [Nel caso di un campo piano Vequazione cartesiana di si deduce rapida- mente, nfatti risultando M, 0, dalla (2.9) segue on) Ms +Rx(A-S)=0. ‘Scegliendo in S Forigine di una terna di assi cartesiani avente il piano Sxy su x ‘ed indicando con (x, y, 0) le coordinate di A, si costata agevolmente che la (10.9) da duogo sulfasse z llunica relazione scalare (10.2) Rty - Rix +M'=0 ‘che &, appunto, Nequazione cartesiana del luogo cercato, i 10.5. Campo equilibrato E abbastanza agevole tradurre graficamente la condizione Xy ~ 0. Infatti, essere R= 0 equivalent allarelazione O =n; in questo caso Ey ~(0'', P-0) ¢ ((a-1)’n', 0 P). Questa coppia risulta di braccio nullo se il primo e ultimo la- to di p sono sovrapposti, Se ne conclude che un campo piano é equilibrato se e solo Se risultano chiusi sia il poligono dei vettori, sia il poligono funicolare, 10.6. Calcolo del momento scalare M, ‘Quando si ha a che fare con un campo Eq, il momento di uno qualsiasi (A, ) di tali vettor rispetto ad un punto T di m risulta normale a x € resta per~ tanto caratterizzato dalla sola sua componente secondo la normale v condotta in. ‘Sa ed orientata verso uno dei due semispazi in cui & restadiviso da x. A tale ‘componente, denotata con My, si suole dare il nome di momenta scalare del vet- tore applicato (A, v) rispetto al polo T. ‘Dalle considerazioni del n. 2.2 segue che My @ i! momento di (A, v) allasse v e quindi dalla (2.5), detto b il braccio del vettore, segue ch ispetto (03) Mr=tbv. Per Fintero campo Ey si pud, naturalmente,effettuare la somma dei singoli contributi oppure utilmente avvalersi del risultato del n, 10.3 per una valutazio- ne grafica. Invero, stante la citata equivalenza, il momento My si riduce a quello della coppia (0°, 'b), (a*, ~h); conseguentemente il momento ssalare My di 404 caprvoto vit E,coincide con quello della suddetta coppia. In conclusione, si pub affermare che: il momento scalare di Eg rispeto al polo T @ uguale al prodot della di- stanza polare h per la misura del segmento O*n* individuato sulla retia r dal primo ed ultimo lato del poligono funicolare p connettente Yq, preso con il se- ‘gno + 0 secondo che la detta coppia sia levogira o destrogira rispetio alla ci- fata normale v, cio’ (19.4) My =h | OFw La formula (10.4) mostra che con la castruzione di fig. 1 si determina it segmento O*n* la cul misura ¢ proporzionale, attraverso ilfaiore h arbitraria- mente scelto, al momento scalare My, Si suole, percid, dire che la costruzione proposta riduce il momento scalare alla base h. 10.7, Le scale di rappresemtazione Per la rappresentazione grafica di un sistema piano di vettori occorre fissa- re sia la scala delle lunghezze sia la scala dei vettor. Con la prima si precisa il rapporto di similitudine con il quale le distanze reali vengono modificate nella rappresentazione grafica, in modo da potere tracciare le ette 0 i punti di appli- cazione dei vettor; con la seconda si precisa quale lunghezza si intenda far cor- rispondere nel disegno ad un vettore di dato modulo. Facendo riferimento alla (10.4) ed alla costruzione vista in fig 11, & del tut to evidente che il momento scalare M, si ottiene leggendo la base di riduzione h nella scala dei vetorie la misura | O*n*| nella scala delle lunghezze. 11, CAMPI PIANI DI VETTORI APPLICATI PARALLELI 11.1. Caleolo del momento scalare Particolare interesse presenta Vapplicazione della costruzione del n, 10.6 al caso di un campo piano E.qp di vettori applicati parallel, dato che allora un uni- co poligono funicolare p & sufficiente per eseguire la riduione alla base fh del ‘momento scalare rispetto ad un qualsiasi polo T, sia dell'intero sistema e sia dei goli vettori che cost ituazione di privilegio dovuta al fatto che, per ess, la direzione del risultante delfntero sistema coincide con quella de risultante di a Calcol vetortae tn 40s [Ne segue che, nel applicare la costruzione del n, 10.6, non ct affatto bisogno di ‘cambiare Ia retta r quando, dopo aver eseguita la riduzione alla base h del mo- mento scalare di Z,rispeto aT, si intendono ridure alla base h anche i momen- 1 scalari dei singolt vetori di, fig. 12 In particolare,riferendoci al caso presentato in fig.12, i momenti sesleri di tali vettori sono neltordine h j0*1*, h|1*2*), h [2434], -h [3¢4*],, mentre quello deltintero sistema éhlO*4*], mt 11.2. Determinazione del centro La costruzione proposta si fonda sulla proprieta del centro di essere il pun- to intomno a cui ruota ase centrale di Ey, quando si fanno ruotare tut! i vettori intorno ai loro punti di applicazione, nello stesso senso ¢ di un medesimo angolo «. Scegliendo per comodita di rappresentazione 1 = 90, il centro C si ottiene due assi centrali fed of "tra loro ortogonal ‘al fine di ridurre gli errori grafici, dopo aver determinato il po- ligono funicolare p'connettente il campo E xp , invece di ripetere tuta la costru 2 22 6 Ge €3 406 =e Ge captroto vit zione cominciando a traceiare un secondo poligono dei vettor, basta semplice- mente disegnare il poligono funicolare p" avente i lati ordinatamente ortogonali 4 quelli di pe, prcid,corrispondente alla suddettarotazione di 90°. La fig. 13, che si riferisce al caso n=4, mostra completamente la costruzio- nedaeseguire. fig. 13 12, RIDUZIONE DI E., AI DUE VETTORI APPLICATI (A, u) ED (7, w), A€r 12.1. Cason 1 Si supponga Z,costituto dalf'unico vettore (A, . v,) ed inoltre che r non sia parallela alla retta di applicazione di v,, Si pud trasportare v, lungo la sua retta dapplicazione fino ad applicerlo nel punto di incontro B con ls rettar. Suc- cessivamente, i decompone (B, v,) secondo le rette BA ed re siano (B, u) e Cate torial 407 (B,.w) i due vettori cost ottenut Infine, si trasporta (B, u) lungo la sua retta di applicazione sino ad 9p licarlo in A (fig. 14), mentre il vettore w pud essere tra- fae sportato ed applicato ad un punto sceltoa piacere lngolarettar. a 12,2. Caso generale I procedimento che ora verra esposto pud essere applicato anche quando n=l ey risuta parallelo 2d . ‘Supponiamo, per semplicita, Z_costituito dai tre vettori applicati (Ay, v, (Aas ¥2)s (As, ¥5 ) € proponiamoci di determinare due vettori applica (A, u®) € (7, v4) in modo che il sistema © zcostiuita da Eye da (A, u*)(r, v*) sia equi- librato (fig. 15). in tre incognite) ed il problema dato ¢ risolto dai vetori i ‘A tal fine, muoviamo dal risultato del n 10.5 per il quale il sistema © 22 ‘equilibrato se solo se il poligono dei vettori ed il poligono funicolare sono en- i chiusi. La prima condizione si realizza scrivendo OwS. Per imporre la se- 10 che dela retta di applicazione di u* conosciamo solo il punto A, 2 64 62 & 2 4G 6 8 2 8 & £3 408 cAPITOLO Vit cea , pereid per ess0 devono passa i due lati del potigono funicolae prelatvi ad 1u* Per comodita si assume A= I. Detta S'intersezione di p eon 1, occorre im- Porre che la fetta. AS" coincida simultaneamente con il primo ultimo lat dip. fig. ts Liincognito vertice 035 ¢ Fintersezione della retta s /’r con la parallela al lato 1'5'condotta per P. Si conclude che lasoluzione cercata 8 w= 0-1, w= 5-4. BIBLIOGRAFIA DEL CAPITOLO VIL [1] B. Frzi-M. Pasror!, Calcolo Tensoriale e Applicazioni, Zanichelli, Bolo- gna, 1971 (2] R-Flonenza - D. Gasco, Lezioni di Analisi Matematica, voll. e II, Ligu Napoli, 1985, 1986 [] A. uciovenowice, Eléménts de Calcul Tensoriel, Librerie Armand Colin, Pa- tis, 1962, oag cs = Bibliografia [1] Acosta, C. x Pronenous, A. Meccanica razionale, Zanichelli, 1972. [2] Annowp, V.L, Metodi matematici della Meccanica clasica, Edizioni Mir, 1979. [3] Benvanpina, G,, Fisica generale, parce I, Libreria Eredi Virgilio Veschi, Ro- ma, 1974. [4] Boxpont, P.G., Lezioni di Meccanica rezionale, Libreria Eredi Virgilio Ve- schi, Roma, 1972. [5] Canannies, H., Mécanique, Dunod Université, Paris, 1968. 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