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ea Pensare 4 progetto Vine qu put tte, redid dle gusto les tee CaaS Eel ices a Facil Archer st Poe Mane fasinates iatanorsnizeto da Marsa Guba Lenard iow perl sod Ani Sten Uren let da Main Cs [once sangyo repetramen i 20 mars 0p 57 epee nee LA PRATICA DEL SAPERE. Quello che vorremmo fare ®affrontare una riflessione pensante sul progetto e da essa muovere verso un’ “etica Eel progetto”. Si vede subito che vengono avvicinati due termini soitamente non avvicinabili evel pensieroeTe- tica del progetto. Perché po il pensiero sarebbe una for- Inadi“etica"cioé un mode di abitare, questo naturalmen- tenon lo diremo adesso, ma molt pit avanti Questa prima oeeasione dineontro & dedicate alla pra- tica del sapere; quindi questa sera non parleremo aflatto {iprogetta, Non ne parleremo perché ogni tentative dien- trae nella quetone dl progets senza una pelimina {ndagine comune sued che signfichi “sapere” credo che ‘iuseirebbe incomprensibile o che darebbe luogo a frain- {endiments, Prenderemo dunque le mosse della questio- ne generale del sapere, esu tale questione faremo un la- ‘oro, come dicevo prima, preliminare, che si potrebbe an- the definire metodologico, 2 Perch propriola questione del sapere? Per almeno due ragioni che a prima vista sembrano ove, Perch, innan- 7 tutto avendo di mira il progetto il sapere ¢ gia entrato ‘iveaisa.Avere.un progetto t sempre qualcosa dicongruo ol “sapere qualeosa”; i progetto comporta un sapere. To 1h definiret ~ usero spesso questo modo di esprimermi ~ tin “saper cose un “saper come"; nel progetto ssa cosa deve fare (almeno lost dovrebbe) est sa come lo si vuol fare. Ma poi insisterei soprattutto sulle ragioni metodo- logiche, introduttive, prche @ evidente che &® una diff- calta in questo nostro lavorare. La dificolta & di ealega- ‘ei nostel saper. Se afontasci la questione in modo di Tettamente teoretic, & evidente che sbaglirei completa- mente il tno, Ia cfra dl discore; cost se vot vi mete. u ste a parlare con me di tecnica del progetto architettoni. si fallirebbe Tincontro per mia 4gnoranza. Dobbiamo ‘metterei prima daccordo sul sapere, e in particolare su {uel sapere flosofico che viene invitato a parlare ~ se ce la fa ~ sulla questione del progetto. Che cosa si deve intendere per sapere flosofica? Sul sa pere filosofico corrono molti equivoci, e anche molte false Spinioni. Cid dipende dal fatto per cui, come succede (e hon € poi niente di male), la parola “filosofia” si applica ‘2 moltissime eose; ma non tufte sono propriamente sape- te filosofico. Ora, un conto é la cultura filosofica, un altro fare filosofia; un conto © avvicinarsi alla filosofia in ‘quanto depositata nei libri, ¢ oggi anche in quanto depo- Sitata nei mezzi di comunicazione di massa (tutto questo ‘vabenissimo, non vogliodire niente di polemico alriguar- do), un altro conto & quando tutto questo viene frainteso ‘come sapere filosofico. Il lavoro che dovremmo fare qui ‘non &né sulla cultura flosofica, né uno seambio di nozio- _-Bi, di etichette o di tradizioni cultural (- Pid di cento anni fa Nietzsche scrisse: “Nell universit& | penetra sempre pia lo spirito dei giornalisti, e non di ra- | Go sotto il nome di flosofia”. Bvidentemente cid che noi ~ dggi constatiamo con estrema facili, al tempo di Nietz- sche gia si annunciava come una earatteristica del modo difar cultura moderno, ocontemporaneo. Non #il caso di affrontare qui tale questione; nondimeno devo sottolinea- re ja differenza, perché mi capiate e intendiate in che ‘i caro dlavorare con oie dstabilire con volun rp- ‘porto e un dialogo. Io non faro dunque nulla di simile & ‘Gdchesi intende per cultura flosofica; non vi parler® nep- pure della flosofia come raeconto, come narrazione 0 co- ‘me “affievolirsi dei valor, tramonto dellessere e simili. Fare filosofia non &, a mio avviso, né una chiacchiera, né il resoconto di quelle opinioni che vanno di moda, ma & ‘una pratica. La filosofia® una pratica e un‘ di pensiero. Quello che cercherd di fare qui, nei limiti che il BR buon Dio mi ha dato, di mostrarvin ato una pratica di pentiore edi fari fore, nella migura in eu voi roscite Ecrrispondermi, unvespertensa di pensier. Tnaltra dele cove che si dicone della Riosofia 8 che la flgsofia astratia Tati pensano che la Bloofa sia quale ova di torien, quind di dstratto, Anche questa una fle Sc opinioe: la Hlosofia, quando ® una pratien, non & af fatto astatia; Ta deinirel ana ina retrocessione nel fon dlamento piu conereto di tutte le nostre umane esperien- ze. Eli che la filosofia guarda: guarda alle nostre comu- ‘i continue, quotiane esperienze, ene fa una retroces Signe al fondament; cerea cio di guardarle nel loro noe- ‘Golo pid resistente, pt concreto, Dire quind che la lo- sofia fa Foperazione opposta a quella che di salitole si at- ‘Mbuisce: non soltanto non buna paticnastrattiva, non ‘vedi gstrarion, non sta nell universal atratto;maan- Tun invite continuamente reiterato a mettre da par- tele astrazioni, a guardare le astrazioni per quello che s0- no, corcarediriportarealconereto della ita quan To irettamonte viseuta~ certo, spiegare cos la vita di ‘ettamente vissuta sarebbe naturalmente un compo f- Tosofieo molto arduo. ‘a tutto cig deriva ln dfficlta della Slosofa, que tipo particolare di difcalta che a patica filosoies, dove pe- Podi nuovo-ifraintende: la filosofa non edifice perche complicate o perché 8 complessao astrusa:talvoltaap- pare cost perch cv un gergo della Sosofa (che qui cer- {here nel maniera pit assluta di non usaree dl evita- for ee un gogo filosfico che si usa tra oso ches {se di ooit con buone intenson, cot per intendersi pr Tue mogliosma questo infin solo un gergo La diel. {Bela flosfia non la difficolt della fisiea o dellarchi- {ettura; la dificata della filosfia, come ha detto bene ‘Heidegger, sta nel fatto che essa dice non cose complica- tema semplicissime, anei troppo semplic. Dice cose cs) Semplic che not non stamoabituat a guardarle © che So- 13 litamente non vediamo, perché ei siamo sopra e le diamo per scontate, B allora in questo senso la filosofia& diffi Ie, elo vedremo oggi stesso, perehé chiede a tutti una di sposizione, chiede a tutti una dis-ponibilita a collocarsi la dove si vede il semplice, forse il troppo semplice, eid che solitamente é cosi vieino che non @ guardato, Nessuno qut ‘oggi cerchera di trasmettere concetti strani; tutto quello che verra detto verra spiegato. Ma verra spiegato sulla base di un occhio, di uno sguardo, che viene continuamen- te sollecitato, che dice: “guardaievi intorno, guardatevi vicino, guardatevi addosso, non andate nelle astrazioni, aanzi sospendetele” Questo disporsi a sollevare domande, a guardare cid che? familiare, cid che alla mano, cid che & ovvio, ed che cerediamo di sapere, ¢ proprio il primo passo che da il no- ‘me a questo nostro incontro: la pratica del sapere, Innan- 2 tutto il sapere stesso 8 il tema dal quale dobbiamo par- tire, o meglio cid che erediamo di sapere. Quindi la que- stione inizialmente concemne direttamente il sapere stes- ‘0, Su questo sapere facciamo un’esperienza intreduttiva di pensiero senza la quale sarebbe inutile cercare poi di dialogare sul progetto. Su questo tema ei disponiamo a unfesperienza di pratica flosofiea, e non di mera cultura filosofiea. ‘Dopo queste parole di preambolo, cominciamo senz‘al- trocon le domande (perch¢ i filosofi fanno domande) efor- mulgiole semplicemente os Che significa sapere? —Che cos il sapere? ~ Che cosa riteniamo di sapere e perehé riteniamo di Paperuueaped ome cue pare ts ioni, molti significa due € Aaceontentaret di ssi Certamente “sapere” @ un termine utilizzato in senso u“ alto e concemne i saperi, quei saperi “nobili” che sono ap- punto la scienza, la filosoia,Varchitettura, la chimica, la Biologia, ma anche le teeniche, Te ati, ete ete ‘Pero il sapere gloca anche in contesti molto pid sempli- ci, proprio in virta di quanto dicevo prima, in fondo pid interessanti e pit ricchi; qu il sapere @ Timmenso abito di quello che ogeuno di noi sa fare, Timmenso orizzonte degli abiti di sapienza pratica che tutti noi frequentiamo. Sapere in sostanza tutto ci che uno sa fare, eanche tut- to id che uno sa perché ne ha notizia, (senza guardare ai saper alti, che sono un problema che per ora non potrem- moneanche aggredire;¢ ci arriveremo pit avanti, perché ‘non é opportuno che ei oecupiamo ora della separazione ‘schizofrenica dei saperi occidental). Cominciamo allora ‘al sapere che frequentiamo in ogni istante: aver notizia ‘sapere fare, saper cosa e saper come. Infinite sono le no- ‘ont che ognuno di noi ha; infiniti sono gli abiti che ognu- ‘no di noi poesiede, compreai poi i saperi specialisies si ‘quali per Ora non diamo importanza e attenzione. “Ma forse anche qui non mi sono spiegato bene. Cosa vo- sfio dire quando mi rferis alle nozionie alle abilita? Mi Tiferisco a tutte, Ma prineipalmente a quelle alle quali zon si pensa mai. Ttti abbiamo nozione di essere nati in mart gma. Tutsbbame meio el terial nostra famiglia. Tutti sappiamo camminare, parler, ssppiamo tanere tt E proprio a qual eaper, quest taper, Aipiti elementari, ai pit inavvertiti, i pit naseosti vorrei che voi vi bituaste a guardare. acciamo ora un altro passo. Ci siamo chiesti che cos’? i sapere, i siamo chiesti in quanti modi possiamo nomi- nare i saperi. Adesso possiamo chiederci: chi ha il sape- 2? Chi ha i saperi? Siamo soliti dire che cid pertiene al soggetto: i soggetto @ il soggetto dei saperi. F possiame aggiungere, penetrando in questa sorta di fenomenologia ‘minimale: non’ soggetto senza saperi. II soggettoe sem- pie colui che sa qualeosa, Un soggetto che non sa nulla, 15 uomo delet della pietra, probabilmente neanche a un tegiziano antico ete ete “Avevano poi cercato di chiarre come sono fate le pra- sich, almeno in via molt prliminare, poiché ei ritorne remo, Intorno tale questione vorrel sthiamare ale punt. Anztutto Tembiguita delle praticke: nan.c mai sprog prea na prt dh mole pr ‘clement irasforma dentro dis, i quali ase- fa un nuovo senso, Di qui Tambiguita dell figura del Soggetto, poiché il soggeto una figura dele pratiche: Tambiguita del mond, poich il mondo non ¢ altro che Fogaetto delle pratiche, Alora ogo praca, potsemime di re Eu caine di pens de cils slaals Sensi i volge a stoi opget Magi oggeti pt sano a o- ro olla delle sata cine perehé ogni oggetosemplice- ‘mentenominato dal inguaggio ha dentrodi sil sedimen- {odisenso di infinite pratiche, sicché la stesea “cosa” funda da punt wit diferent td diferent : anno istiuito quelloggetts, assume sen vers. Tl mondo di sens in eu noi viviamo quot {mente aon che questo spans di rimbalzo ta sogget- {o,Toggeti ele pratichecostituent, nan 8 che questa gio- 0 dirnvis in questo spanio il soggetto gioea nel senso del suo esser gocat, come @ chiro. Per, la damanda ‘She cnai verit ened isenat, dove. weoe precisarerispetto a quale pratica domanda, ¢ sspegmandomquind: ala pratia dllarisposta, non Pub sere riaposta. "A questo punto avevamo detto: nella inguietudine di «questa prima esperienza di pensiero si apre un varco, un area estremamente negative, se vogliamo, ma sicura- Inente istrutivo. Che sia istruttivo lo devo sibadie con forza, anche se nella discussione seguita In volta corsa Ini sono reso conto che quello erat punto pi difile da digerire. Quale dengue questo vareo? Tl vareo & moto Semplice: se insenaata In domanda, no, facendo un'e- 38 sperienza di pensiero, dabbiamo disporei ad accettare che Slano insensate tutte le risposte, senza eccezione alcuna. Insensate, perd, non vuol dire prive di valore o prive dim- portanza, prive di fascino o prive di profondita: non que- Sto ehe sto dicendo, Sto dicendo che tutte le risposte sono prive di quel senso che conferirebbe loro la possiilita di Fornire un fondamento ultimativo. Esse sono invece tut- te, nessuna esclusa, infondate, enci dobbiamo dispareial- Ja Gomprensione di questa sitaazione: sono infondate, in fondabili,¢ infondata é persino la domanda, persino la pratica del domandare, su cui si regge da millenni lafilo- Sofia; essa stessa & da guardare con sospetto, poiché non hha certo nessun privilegio a priori, TT soggetto, avevamo detto, non ha pit fa risposta per- ché ha sollevato la domanda, e ha visto che anche la do- ‘manda @ insensata, sicehé si trova in un fondo senza fon- do, in eu sperimenta Tautentica question del sapere ‘Avevamo coneiso con una immagine: abbiamo preso que- ‘ta via il metodo del domandare filosofico si trasforma- ‘nelle nostre mani, cammin facendo, in una sorta di via iniziatica alla questione del sapere. Ora, la comprensio- ne di questa via & come un“attiva paralisi’. Attiva, per- the non che con questo discorso abbiamo fermatolle pra- tiche: continuiamo a praticare il mondo, i sensi del mon- do, a essere “soggett! a” infinite pratiche. Non solo, ma ‘questo stesso discorso ® una pratica attiva. Nello stesso tempo perd questa attivita @ una paralisi, perché non ‘sembra escerci pita strada né avanti né indietro. Vie piut> {ostoe soltanto un esercizio del sstare. Noi chiamavamo ‘questo esercizio del sostare un attivo fare il punto senza ddistoglierci dal punto del soggetto, dal punto inguietante del soggetto —e quest ogg: parliamo infatti del soggetto. ‘Quest’ofgi riprendiamo la questione del soggetto sotto il titolo“ ‘elo spazio", A questo punto nessuno si aspettert che io parta tranquillamente e aproblemati- ‘camente da questi due termini, “soggetto" e*spazio",oche 39 ‘ngenuamente vi chieda, 0 mi chieda:“cos® il soggetto, co 8 lo spazio?” Il soggetto, gia lo sappiamo, @ un termine collettivo, appartenente alla pratiea del linguaggio, ter mine che pero riassume in s¢ tutta una stratificazione, tun intreecio di pratiche; sicché non avrebbe nessun sen 0 parlare cosi genericamente del soggetto. E poi dovrem- ‘mo sempre distinguere: “soggetto a” o “soggetto di? e cid nella sua estrema ambiguita. Quanto poi allo spazio: “spazio” @ un tipico oggetto, ciob una tipica scatola cine- se. Se proviamo a entrare in questa parola, troviamo in essa una stratificazione infinita di sensi di mondo. Que- Sto oggetto @ infatti il polo di innumerevoli pratiche che lo esereitano e lo mettono in esereizio. Daltra parte, co- ‘me non si pud domandare “che cosa so in verita, che cosa la verita?”,@ chiaro che non si pud neppure domandare, por le stesse ragioni, “che cosa é soggetto, che cosa ® spa” 1i0?", piché dovremmo ogni volta indicare la pratica acu ‘ivolgiamo o entro eui facciamo la domanda. Per esemplificare tutto cid in maniera chiara e netta:@ questo punto della nostra snza di pensiero non avrebbe aleun senso chiedere che cosa & soggetto alla ps cologia, né avrebbe alcun senso chiedere che cosa ® spa- Zio alla geometriao alla fisica, Sarebbe un tipico aver fe- de nella fede di qualcun altro il quale ha fede nella fede di qualeun altro; cioé sarebbe un aver fede in una prati- ‘a esereitata, ma non saputa attraverso un'esperienza di pensioro, quale ¢ quella che qui tentiamo di fare. Sostan- Zialfiente, noi ci distogliamo dai saperi: sostare sul pun- ‘o,con tuttala sua inquictudine, vuol dire distogliersi dai ‘saperi per stare sul punto del sapere, della questione del ‘sapere. Colui che erede di potersirivalgere allo psicologo ‘per sapere cos il soggetto, non sta sul punto. In certo mo- {do fa benissimo, o non é che faccia male; non & che questi ‘saperi non abbiano importanza e valore, che non siano estremamente interessanti, non forniscano materiali e pratiche suggestive, delle quali certonon si pud fare ame- 40 +o, una volta che si voglia andare a fondo; ma a fondo si ‘vasolose prima queste pratiche sono messe tra parente Si invece di assumerle acrticamente nellesercizioineon- sapevole del loro universo di senso, Distogliersi@ il primo passa che dobbiamo fare, e vogliamo compiere un'espe- Fienza di pensiero (non &affatto detto che tutti la voglia- ‘Noi per possiamo domandare almeno una cosa. Non possiamo domandare cose il sggetto, non possiamo do- Iandare cos’ lo spazio, perché se lo facessimo, dovrem- to fare ana ase complese dela stratiiazione d iueste pratiche, il che é quasi impossible. Ma c qualco- Sadi molto pid importante da domandare, prima di chie~ Gere in quante pratiche si attiva la norione del soggetto fe dello spazio. E una cosa che i solito sfugge allo sguar- {do. Noi dobbiamo chiedere di quella e:il soggetto elo spa- ‘La questione di pensiro, come vedrete, si gioce tutta, su questa e, oi dobbiamo far questione di questa e;@ su ‘questae che dobbiamo impostare il nostro camminodiog- ii il soggetto e lo spazio, smascherando, per cos dire, la falsaingenuita del linguagzio, del nostro die, dove delle non si fa questione, dave fe ¢ una semplice congiunsione, Gioé non 8 nulla dimportante, Ma diventa subito impor- {ante se noi semplicemente facciamo questa osservazio- ne: il soggetto elo spazio”; potremmo forse dire “l sog- {getto + lo spazio"? Potremmo tradurre quella ¢ in un 2? ‘No, non potremmo ferlo, non potremmo dirlo, Dicendo “il _saggetto lo spazio” alludiamo a qualeosa per ora di oseu- ima certamente escludiamo di hiaro: noi non sth io" my se dicessimo stiamo dicendo “soggetto + spazio", poich co8t, diremmo qualeosa che non ha aleun senso, qualoosa 4 inconsistente, Chiunque pensasse in questo modo, 1o verifiea subito da sé, non penserebbe affatto, sarebbe to- talmente al di fuori di un‘esperienza di pensiero, Perché costui penserebbe che lo spazio si aggiunga dallesterno 4 : al soggetto, che la relazione concerne appunto il soggetto + lo spazi, cioe che il soggetto gia costituito incontri lo Spazio gia costituit. Vedeve subito da soli quanto tutto 2b sia Insostenibile: dove starebbe il sogyetto per incon tear po le spasio dalfesero,e dove acadrebbe qu gett eo pai? no pd vee die nono ra luo “cose” reciprocamente esterne e gia di per sé consol ‘ate. Questa impossbilit, questa insensatezza d pens. relae come un +, dice allora molto eloquentemente une cosa importantissima, che ® allusa nelfespressione “i Soggettoe lo spazio dice che tra soggetto e spazio i &, shenemente nh oapperenenza, a eluent ‘non esterna, con ttt {problem che sono prop del- le felaxiont interne e che onoseono color che staan Ta logiea. ‘Stiamo allora attivamente sul punto, sul punto i que- sta relazione. ‘capito che la.questione di pensie- rossi gioca nella“e": non nel. +tto, non nello spazio, ma ‘tra di loro; non tradi Toro come due estrinseci che si som- ‘mano, bens! tra di loo in quanto inearnano tna relazio ne di coappartenenza. E cos che pratichiamo la doman dda st questa ¢~ non dimenticandoei che abbiamo posto lun dubbio anche alla base di tutte le domande edi futto ‘ldomandare,il quale ¢a sua volta una pratica che di per sésifonda sulla fede nella fede di qualeun altro, per esem- Pio sulle visiontestatiche di Soerate:e perche: eer alle vision i Soerate,pttonto che ad alee? (oj pratichiamo quindi una domande solo esemplice- ‘mente per stare sul punto, semplicemente per esercitar- «iin questo punto (la relazione d quella e) enon per ave- re risposta, questo va sempre tenuto presente. Pratican do questa domanda non et aspettiamo delle risposte, po hé aspettarsi delle isposte fondant sarebbe insensato, ‘equivarrebbe anon aver fattoTeserciriodi pensievo, anon aver eseeitato il pensier, a non aver raccaliaaleun fru 2 oto carer nan cc siesta i lh arn o ee Steenpesi inne ea acne elm sees ges eee aes ae seer a ee SE eer ae ce en ee Seterere cements eiesa ‘aera rat er eae al ee ae “pe incrost ‘che ee ci impediscono ee area ; Pie pill interessa qui é la terza). Ze pparticolari, nei quali ovviamente e gi {el soggetto, vi gia un esser“soggetti a", ovié certamen- te.una frequentazione del soggetto con lo spazio, cio, co- ime diceva bene Husserl, con lo spazio precategoriale ri- Spetto allo spazio eategoriale del geometra o del fisico. 3 : mita, non pensa evento della loro seissione, Non pensa il punto, oil momento in eu Tintero si spacca e di qua sta la.campagna e di la sta la eitta, con tutti gli infinit avve- nimenti che una storia del genere, sappiamo benissimo contiene. Questo modo di procedere, quindi, assume em Piricamente i contrari, ma non sa nulla del formarsi dei contrari, dell’evento dei contrari, cioé di quella linea che lidelimita e che li demarca: a questo non fa attenzione, ¢ ragiona un po’ come noi prima dieevamo che non & possi. bile fare, perché dice “il soggetto + lo spazi Ma poi @ anche cieco questo modo ai domandare, ap- punto perché non vede evento, non comprende che i pro- blema vero & quello dell’evento. Il problema non & quello i risucchiare la natura nella cultura, come oggi sifa da tutte le parti; il problema non é quello di confermare Scientificamente una sorta di antropoformismo, di uma- nismo, di culturalismo universale; coe quell'onnicultura- lismo delle interpretazioni infinite che crede di avere ‘buon gioco perche dice: “qualunque cosa ta diea, Thai det- ta, e se Thai detta sei un uomo, ¢ se sei un uomo eid che dici @ cultura e sempre cultura”. Ah si, certo che & cost: ‘ma in superficie, e per un occhio cieco, Perché “natura” ‘non nomina solo questo; “natura” nomina da sempre Pe- vento di questa stessa spaceatura tra natura e cultura, evento di questa stessa interpretazione che assimila la natura alla cultura, “Natura” nomina Valtro da tutto cid, cid che ancora non 2 tutto cid, cid che infinitamente é in carfimino in tutto cd. Eallora il non cogliere nel tema del. Ia natura il problema profondo dellaltro come problema, an-umanistico (poiché Tuomo stesso & problema, T'uomo stesso é nel punto, Puomo stesso & soggetto alla natura e zon della natura), non cogliere il problemadi questo even- to(dove “evento” equivale ad “apertura” significa non co- sliere la questione del pensicro. Significa non cogliere la, uestione della e; ma, pit in generale per i nostri incon ‘ti, tutto cid significa non aver nulla da dire di flosofica- 6 sentelevante sulla question del progetto, Ovvero ave rest molte cose da dire e molto concrete allintermo del progetto, ma non sulla questonefilosoies del prope, Iredale sta molt pitta basso, viens molto pring, oppe: regia alrove, se prefrite Por trovare una va di aggiramento che resca a fare ponetere fnalmonte nella questions he cst 8 eure Came pensire la relacione tra sogaeto apazi, come pena non sempicemente ome asuerla, tier Foran anteo mit qual, mi seb, mali pia pro fname le eltranente humana mente interpretava la questone della natura, No pen- ‘Soa evens che goss cal pesenae const na ‘met, tmomsamente, anioplcatente 6 iapioeconnts a cppenee lo youn gaa ‘ala pene oan ein perce peas Sa a mito in questions Lio della maschera aul quale iene Kern che ¥ appunto un. ator ale noni lasets troppo traviere da magin! oes {ural del mito ma cere piuttosto di cogliere Fevento che ‘oertte nel monde del mito eserivendo ce coma que. fan uuu dal agi al Geren! Uomo e pepctataich trata da saggio di Keren Uomo e matcher, Econtenuto in Mitte mister, pubblicato in italiano da Bo- Tague nal oro Kardagt eve cot a pagina se “Aaachere ni bosch ene camp, appese su alberto po sterile simil ad are crane ance sptiaca ami ala gee delfepos imperial rons spas aoe tora ranirre seat mer leper, dona Teche afore morte compote sole anchors aa ‘it imngniel van argent fo vu ml lean Sh ian ateschi, bere opaviment a moan ‘Gian dela nti iter, un aapetsdlfantienpae- ‘Sei tena entrava con lo masher nla cam, aura a" del mistero di quel paesaggio al quale certi tipi di ma: schera alludevano in modo partcolare. La natsra era lo scenario, la maschera un requisite di quel mistero. Vit lun segreto comune a tutte le maschere, una comune fa zione, per la quale questo stramento arcaieodelluman 14. stato creato: come da un lato maschera e natura li bera, anzi originariamente maschera e ambiente selva fio sono inseparabli cost altro eantolo sono anche Wo ‘mo e maschera. Entrambe le cannessioni sono ateaiche, derivano da une condirione dellumanita che ei permet. ‘edi parlare di strumento arcaic”, Dopodiché, commentando, Kerényi osserva che allora, “la maschera costituisce il luogo della emengenza della alteritaessenziale. La maschera in generale crea un rap- orto tra 'womo e un altro essere; esta lo strument di luna trasformazione unifcatrce. Essa lo fa attraverso «due modi fondamentali, che sono propri di tute le ma- achere da sempre: ilnascondere elo spaventare,Finguie tare. Inquiotare perché In issita del vuoto degli occ de. lamaschera allude appunto al mondo altro, questo mon do altro per lo pit 8 monda det mort. soft guesto si dlunga Kerényi ma non lo possiamo ora equire. ‘Anche Walter Friedrich Otto osservo che “la maschera incafna il fenomeno primordiale della dualita, rendendo presente il lontano”. "Di cid gli stessi dei - osserva Keré- ‘yi — sono partecipi, anch'essi per mezzo di una masche- ra collocata in un posto possomo essere di qua, dimorare 4dinuovo tra noi e non soltanto apparire; nello stesso tem: Po pero rimanere lontani, conservando la loro distanza ‘Teniamo allora presente questa serie di riferimenti: la ‘maschera come trasformazione unificatrice, come segno, ‘come segno del limite, come limen (letteralmente limen 48 ‘ol dire sogtia, ma vuol dire anche casa e dimora). ‘Apriamo qui una piceola parentesl. Quando lo strut ralismo la semioticain generale parlano di segni,quan- do si dice che Tarehitettura ® appunto una diseiplina di segni, che le architetture ono segni, sono Un linguaggto, tbberie si dice eertamente qualeosa di giusto, qualcosa di vero edi appropriato,etuttavia cos facendo si prendono T'Segni nella loro empiriea e semplice presenza. Non si pensa mai ~appunto non si pensa ~alla loro dualitaeo- Sitoivay a fatto che Tess sogno 9 sempre un due, non ‘un uno, é sempre rimando unifieatoe allaltro, a qualeo- 2 Galiro, non si pensa mai allevento del segno came vento di questo fimando, come evento del du, come spaceatura, come rinvio in avant e alfindietro, © allora 2Fveriasimo che Tarchitettura © il primo segno, i primo Tinguaggio delfumanita, se non altro perehé Vinumazio- ne del eadavere il segno e il linguaggio pid antico che ‘oi possiamo reperire, ma segno di che? Beco: questo e- sta hon pensato. Tanto pid impensato, poise si eede di ver pronta Ia risposta: il segno manda allo spirit dl- ‘Tuomo, un prodcto della sua mente, della sua immagi- nazionee fantasia. MaTuomo ela mente aceadono nel e- fie non preesistono a ess ‘Dicevama: Ia maschera come limen, come limite. Ili rite propric quello che chiamavo prima "la acca’ i Timen @ precisamente quella e della quale stiamo facendo

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