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LABORATORI
Responsabilità e fiducia nell’educazione interculturale
Oggi questi attori agiscono in un contesto che è stato profondamente mutato dagli eventi
degli ultimi anni. Infatti, il secondo decennio degli anni 2000 ha posto le popolazioni del
mondo sempre più spesso di fronte alle traversate del mediterraneo da parte di migliaia di
uomini, donne e ragazzi in fuga da zone dove c’era la guerra, la fame e la povertà e di fronte
a centinaia di episodi di altruismo e di professionalità per tentare di salvarli.
Se da un lato i salvataggi in mare delle tate persone restituiscono loro la vita e la speranza,
dall’altro le stragi compiute di cui i media diffondono le immagini, gettano nello sconcerto
milioni di persone.
Negli ultimi anni questa alternanza fra speranza e disillusione è divenuta la quotidianità per
milioni di persone, è divenuta pervasiva. Di conseguenza è divenuta ancora maggiore la
responsabilità etica di chi deve immaginare e progettare l’educazione.
Nel 2007 il ministero dell’interno del governo dell’epoca, per dare concretezza alla volontà
politica di una società aperta all’accoglienza e al meticciato, decise di realizzare e diffondere
una pubblicazione basata su immagini che documentavano situazioni di vita dove la
convivenza, il rispetto, l’integrazione erano dati reali.
Nonostante ciò negli ultimi anni, a livello di senso comune, sono cresciuti sempre di più gli
atteggiamenti di estraneità nei confronti degli stranieri: la cronaca violenta e le periferie in
abbandono hanno fatto crescere nelle persone adulte che abitano le città italiane
atteggiamenti di disinteresse nei confronti dei valori, delle culture, delle lingue di chi arriva
da altri paesi.
Una ricerca svolta nel 2004 da DOMERGUE, ha lanciato un campanello d’allarme sulla
possibilità di una mancata integrazione che si trascina nel tempo. La ricerca riguarda l’arrivo
di gruppi di algerini provenienti dall’ex colonia francese che si insediarono nella Francia
meridionale. Questi immigrati ebbero il nominativo di “pieds‐noirs” e furono visti e
considerati come “gens pas d’ici” (gente non di qui. Come vedremo, l’educazione e la
formazione possono essere lo strumento per disincentivare le difficoltà di convivenza fra
popolazioni locali e immigrati nuovi arrivati.
Paura dell’altro
Nelle ricerche dei sociologi, nei servizi televisivi si leggono e si ascoltano tante voci di
persone che vogliono creare una distanza fra noi e loro, fra chi vive in un territorio da
sempre e chi arriva da altrove. Si ascolta e si legge che sono in tanti a voler mettere delle
soglie, delle barriere, dei confini.
Gli uomini e le donne, esprimono posizioni di paura e di rifiuto, non sono certo persone
malvage: sono persone che hanno delle opinioni derivate da fatti specifici che sono accaduti
e accadono nei luoghi specifici in cui esse vivono.
Secondo il filosofo Ricoeur, una causa della fragilità dell’identità è proprio il confronto con
l’altro, avvertito come una minaccia: “l’altro è percepito come un pericolo per l’identità
propria, quella del noi e quella dell’io”.
Questo libro basa i suoi contenuti sulla fiducia che il pensiero interculturale possa essere
trasmesso e possa crescere a scuola e nei luoghi dell’educazione.
La pedagogia interculturale dovrebbe avere la stessa funzione: fare in modo che bambini e
ragazzi crescano in un sistema educativo ispirato alle idee dell’Intercultura, in modo da
assimilare idee e modi per diventare giovani adulti e poi adulti idonei alle nuove società in
trasformazione e non chiusi ad esse. Dovremmo cercare di progettare e realizzare
l’educazione come un insieme di fatti che si muove dentro la pluralità come nel suo
ambiente naturale.
L’educazione deve avere fiducia nelle pluralità di lingue, di culture, di nazioni, di religioni,
perché essa è la pluralità.
In tante città italiane di grandi e piccole dimensioni gli spazi urbani periferici diventano
sempre più di frequente luoghi di degrado dove il pensiero interculturale fa fatica ad
arrivare e ad essere compreso. Cosi gli educatori creano dei progetti per restituire
conoscenza e senso a questi luoghi. Sono progetti importanti perché consentono agli
abitanti di quartieri periferici e zone urbane lasciate a se stesse di riappropriarsi del
territorio. In molti casi gli educatori e i docenti propongono la semplice azione del
camminare nei luoghi; attraversare gli spazi, difatti, implica il superamento di barriere che di
fatto non esistono, ma che si sono formate col passare del tempo.
Le migrazioni verso l’italia degli ultimi 40 anni hanno infatti portato elementi di
cambiamento e di trasformazione: hanno coinvolto e coinvolgono gruppi etnici, famiglie,
persone con esperienze culturali diversi fra loro.
Come tratto comune c’era per tutti l’ispirazione a modificare i propri orizzonti di vita:
dunque, di sicuro la ricerca di un lavoro e di condizioni di vita migliori, ma anche la
possibilità di trovare maggiori opportunità di formazione.
Le società attuali, nelle quali le scuole vivono e operano, sono costituite da strati
sovrapposti, dal movimento di incroci di elementi materiali e immateriali che riguardano le
culture, il tempo, le diversità , con la meraviglia che tutto ciò rappresenta e anche con i
relativi rischi.
Ibridazioni e meticciamenti
Queste modalità di scambio fra esseri viventi hanno molto a che fare con la costruzione del
pensiero interculturale in educazioni. Il racconto di sé, lo scambio di ricordi familiari, la
ricerca di riferimenti identitari, sono modalità che appartengono alla storia dell’umanità .
Grazie ad un film proiettato nel futuro, possiamo affermare che gli umani riusciranno a
ricordare episodi e volti, scoprire che le storie sono interminabili perché continueranno ad
avere un peso per loro.
Un altro compito dell’educazione interculturale è anche questo: ricordare a tutti noi che le
stratificazioni e gli incroci costituiscono il sostrato denso e fecondo delle nostre attuali reti
di conoscenze, di potenzialità.
Negli ultimi anni sono aumentati i ricongiungimenti familiari; c’è stato un equilibrio fra
uomini e donne; è cresciuto il numero dei minori stranieri nelle scuole. Tutti questi fattori
indicano che i progetti di vita degli stranieri sono cambiati: gli stranieri non costituiscono più
l’eccezione.
Nei contesti scolastici attuali e futuri, quali sono i valori che la pedagogia inter. promuove?
Questa prospettiva inter.:
‐ Attribuisce valore alle conoscenze legate alla tradizione, ma anche alle conoscenze più
innovative ‐Educa ad apprezzare le conoscenze locali, ma anche quelle di altri paesi del
mondo
‐ Attribuisce valore alle credenze, ai simboli, alle norme radicate nei territori
Ma come si fa a trasmettere agli allievi e agli studenti concetti complessi ?
Gli insegnanti e gli educatori hanno a disposizione molte possibilità . Spesso il primo
passaggio pedagogico utile consiste nell’osservare, conoscere, abituarsi a fare delle scelte
che sono metodologiche, relazionali e relative ai contenuti.
Si possono utilizzare tanti strumenti narrativi
1. La lettura ad alta voce studenti si emozionano, si stupiscono, possono dare avvio a
discussioni e conversazioni
2. Metodologia del cooperative Learning, il metodo per progetti, il lavoro per gruppi
3. Percorsi didatticiidonee a affrontare le tematiche delle migrazioni e che aiutino
colore che sono più indietro a stare al passo con gli altri.
Cerchiamo di capire in che senso i testi di narrativa possono diventare strumenti della
pedagogia inter.
Attraverso le storie narrate i ragazzi possono scoprire analogie e somiglianze fra luoghi; fra
persone; fra tempi diversi; possono conoscere i sentimenti.
EsempioLibro “l’isola” / Naufrago che arriva in un’isola e viene accolto con sospetto e
ostilità. L’idea generale è quella di mandare lo straniero nella sua zattera e spingerlo in mare
costruendo un muro alto intorno all’isola.
La vicenda narrata e illustrata diventa uno strumento pedagogico. Trasmette alcune scelte
etiche corrette e alcuni punti di vista sul mondo che poi spetterà ai ragazzi accogliere e fare
propri. L’idea di chiudere le frontiere, come fanno gli abitanti in l’isola, non è buona ne
saggia.
A scuola, infatti, non ci sono muri e non ci saranno in futuro. L’accoglienza è la prima regola
da seguire, non è assistenza ma accoglienza convinta.
MSNA = Minori stranieri non accompagnati. Talvolta sono proprio oro a vedere la scuola
come un muro. Spetta ai docenti far capire che in realtà la scuola rappresenta il tempo in cui
un gruppo di adulti è li per aiutarli a ricostruire i loro percorsi di vita.
E’ comprensibile che ci siano delle difficoltà : questi ragazzi fanno spesso capire che hanno
bisogno di essere uomini per lavorare e mandare i soldi in casa; da parte degli insegnanti,
invece, c’è la convinzione che abbiano diritto ad essere bambini e adolescenti.
La scuola e i docenti possono offrire a questi ragazzi delle possibilità graduali: mettere a loro
disposizione libri illustrati molto semplici, libri per l’apprendimento dell’italiano facendo in
modo che l’interesse nasca piano piano, senza forzature. Difatti, aspettare è una
competenza necessaria per i docenti che hanno in classe studenti MSNA.
iniziava a mancare il sostegno di cura nelle famiglie, in quanto le ragazze e le donne erano
sempre più occupate in attività lavorative extradomestiche.
Moltissimi immigrati in Italia iniziarono ad arrivare dalle regioni dell’africa subsahariana in
seguito alla povertà diffusa. Riguardo al periodo di fine anni 70 inizio 80, gli studi mettono in
evidenza la forte presenza femminile tipica delle nuove migrazioni, che colmava le carenze
del sistema assistenziale domestico e di cura.
MELOTTI scrive le caratteristiche dei flussi migratori in Italia dalla metà degli 80.
a) iniziò la crescita delle immigrazioni socialmente problematiche
b) la crescente difficoltà del mercato del lavoro ad assorbire i flussi fece aumentare la
disoccupazione e le attività irregolari, il contrabbando, l’accattonaggio.
Melotti fa anche riferimento all’aumento dei legami fra gli immigrati stranieri e la malavita
organizzata, soprattutto per lo spaccio di droga, che in alcune città iniziò a diffondersi e a
diventare monopolio di alcuni gruppi.
anni 90 furono caratterizzati anche dalla tratta di donne e minori per la prostituzione.
Furono questi gli anni del cambiamento: ci furono provvedimenti legislativi che permisero di
regolarizzare migliaia di situazioni prima precarie. La crescita continuò anche nei primi anni
2000, esempio, è cresciuta la femminilizzazione dell’immigrazione, ci sono stati importanti
processi di emancipazione femminile.
Oggi in Italia, secondo l’Istat, la popolazione straniera è di 5 milioni.
Oggi il sistema di controllo delle frontiere messo in atto dagli stati europei è mobile,
dinamico, in continuo cambiamento a seconda della aree. A partire dall’inizio degli anni
2000 sono state messe in atto le cosiddette politiche di “esternalizzazione della frontiera”.
Da parte nord erano concessi aiuti allo sviluppo, cooperazione economica, ampliamento
delle quote d’ingresso legale nei paesi europei; da parte sud si garantiva la riammissione dei
migranti espulsi dagli stati europei. Questo insieme di accordi ha consentito una progressiva
chiusura dello spazio del Mediterraneo.
Questo sistema, però , ha generato un mercato nero dell’immigrazione irregolare di
proporzioni enormi. Sono iniziati infatti viaggi sempre più illegali.
Oggi, alla fine del secondo decennio del 2000, i viaggi di migrazione sono pericolosissimi,
irregolari, molto costosi. Adulti, bambini ragazzi e anziani che intraprendono dalla siria o
dalle coste africane i viaggi verso l’italia sanno che è altissimo il rischio di non arrivare.
Nonostante ciò , c’è stato un aumento enorme nelle migrazioni.
I dirigenti scolastici, i docenti, gli educatori hanno reso possibili nei rispettivi luoghi
dell’educazione l’accoglienza e la presenza delle allieve e degli allievi giunti in Italia.
E’ significativo che in un tale scenario pubblico il pensiero pedagogico interculturale in
educazione non abbia subito ripensamenti né abbia compiuto passi all’indietro.
Isis, esercita il controllo sui principali giacimenti di petrolio e gas siriano, trae beneficio dalle
entrate generate dalla loro vendita e ha esteso la propria sfera d’influenza all’interno e
all’esterno dell’Iraq e della Siria.
Ogni volta che i media hanno riportato gli esiti di ciò che il nuovo fondamentalismo ha
progettato e realizzato, la costruzione paziente del pensiero interculturale in educazione, ha
rischiato di indebolirsi e sfaldarsi; ha rischiato di scontrarsi contro nuove barriere.
Gli studenti hanno ascoltato i loro docenti che parlavano di dialogo, di inclusione, di rispetto
dell’altro, a poi vedevano le immagini violente ( ponte di Londra, teatro bataclan di Parigi).
La conclusione più semplice alla quale i ragazzi e i giovani rischiavano e rischiano di giungere
è che la dimensione interculturale sia solo un’utopia.
Non possiamo pensare di poter far fronte a tutte le situazioni di disagio. Ma certamente
spetta a noi guidare il lavoro nelle direzioni più giuste, creare connessioni con gli studenti e
superare le barriere che gli eventi di cronaca potrebbero far nascere tra i muri dell’aula.
Insieme agli adulti arrivarono bambini, adolescenti e ragazzi in età scolare. A far crescere in
misura consistente il flusso migratorio contribuirono poi i ricongiungimenti familiari e
l’aumento delle nascite in Italia di figli d’immigrati.
L’italia divenne la prima destinazione sia per i migranti che fuggivano via mare da aree di
crisi, sia per i tanti immigranti provenienti dall’Europa dell’Est, in particolare dalla Romania.
Nella scuola dell’infanzia gli allievi con cittadinanza non italiana rappresentano il 10%. Per
quanto riguarda la scuola primaria, i bambini stranieri costituiscono il 10, 6%. Gli studenti
stranieri presenti nella scuola secondaria di primo grado, sono diminuiti dell’1,5%.
La Lombardia è la regione italiana con il più alto numero di studenti stranieri (25%).
Le altre regioni con il maggior numero di stranieri sono : Emilia Romagna, veneto, Lazio,
Piemonte.
Un modo per valutare l’integrazione nella scuola degli studenti di origine immigrata consiste
nell’analizzare la regolarità del percorso scolastico, cioè il ritardo col quale gli studenti
frequentano una certa classe rispetto a quella che sarebbe prevista per la loro età . Poi si
aggiungono lungo il percorso altri ritardi, dovuti a bocciature e ripetenze.
Il Miur presenta anche i dati relativi alle scelte universitarie degli studenti con cittadinanza
non italiana. Emerge immediatamente che la quota di coloro che proseguirono gli studi
all’università, per quanto inferiore rispetto a quella degli Italiani, è pur sempre consistente,
con una maggiore preponderanza per il sociale.
Dalla vita del villaggio con le sue regole, i suoi dialetti e abitudini, molti ragazzi passano alla
vita della scuola italiana, spesso con regole indecifrabili e una lingua tutta da conoscere.
Dietro agli studenti che vediamo seduti sui banchi delle classi ci sono decine di passaggi,
luoghi, persone, suoni familiari della lingua madre, dolori, paure.
E' istruttivo osservare le caratteristiche degli studenti che compongono una classe (es.
numero, genere, provenienza, età, quanti hanno ritardi scolastici, quanti lavorano).
In questo panorama, la pedagogia interculturale può dare qualche contributo di pensiero
perchè il terreno sul quale si misura e agisce è quello della diversità , dell'altrove, dell'altro,
del labirinto.
b) fare in modo che chi è nato in un territorio e vive li da sempre possa mettersi a confronto
con i compagni che provengono da mondi lontani
c) adoperarsi affinché gli allievi che arrivano da altri paesi del mondo possano condividere
gli stessi diritti che hanno gli autoctoni
d) considerare che le classi multietniche non sminuiscono la cultura
riportiamo ora dei casi per dare delle risposte a domande frequenti in questo lavoro:
‐ come si faa imparare a pensare in maniera interculturale?
‐ che significa mettere in comunicazione le esperienze esistenziali col sapere della scuola?
‐ come si fa a facilitare gli scambi fra gli studenti e anche fra studenti e società?
Esempio → classe di Lalita
(Dopo 4 mesi scolastici, a seguito di un episodio accaduto in classe, il padre afferma che
Lalita non conosce la lingua, è una ragazza indiana. A scuola nessuno se n'era accorto perchè
la ragazza aveva trovato, non ricevendo aiuto, il modo per nascondersi e rendersi invisibile.
Successivamente il preside porge le scuse e invita i professori ad attuare pratiche di
integrazione e accoglienza).
La situazione di questa classe invita a una riflessione sul ruole degli insegnanti.
Un docente tradizionale mira a trasmettere contenuti cognitivi disciplinari: un docente
mediatore cerca di liberare il potenziale degli studenti, sapendo che le situazioni
interculturali richiedono metodologie interattive.
I docenti devono esprimere accoglienza vera anche quando gli studenti/esse si chiudono nel
silenzio perchè non conoscono la lingua, cosa che non è accaduta nel caso di Lalita. Esempio
→ abebe e adbul
( due ragazzi di 9 e 13 anni giunti in Italia dall'Etiopia e Egitto. Sistemazione in casa famiglia,
sotto la tutela di 2 avvocatesse. A scuola questa decisione aveva suscitato una rivolta al
punto tale da separare i bagni; uno per gli italiani, uno per gli stranieri spinti dalla
preoccupazione dei genitori che i loro figli potessero ammalarsi).
Nella gran parte dei casi, il lavoro dei mediatori si rivolge alle famiglie straniere; in questo
caso si è rivolto alle famiglie italiane.
Il dialogo è stato cosi riavviato, i genitori hanno ripreso fiducia, i rapporti tra famiglie,
studenti, avvocatesse si sono ristabiliti. Sulla base della costituzione, della convenzione sui
diritti dell'infanzia e delle circolari specifiche, l scuola deve svolgere un ruolo di agenzia di
mediazione.
Uno strumento molto importante che anche gli insegnanti possono richiedere alle autorità
garanti regionali, è il welcome kit‐ passaporto dei diritti per i minorenni. Lo ha realizzato
l'autorità nazionale garante per l'infanzia e l'adolescenza.
E' un materiale rivolto ai ragazzi e consiste in 26 carte colorate che utilizzano immagini
disegnate e brevi messaggi scritti in 4 lingue (ita‐francese‐inglese‐arabo). La finalità è la
stessa che hanno gli insegnanti: rompere il muro della diffidenza e della paura, del silenzio,
che spesso induce gli adolescenti ad assumere comportamenti a rischio.
Le schede sono molto belle, spaziate, chiare nelle immagini e nei messaggi per non
respingere l'attenzione dei ragazzi.
I ragazzi/e che ricevono il kit possono personalizzarlo con il proprio nome.
Possibilità didattiche
Abbiamo suddiviso in gruppi gli strumenti narrativi da utilizzare con gli studenti.
Gruppo 1: DECENTRAMENTO:SCAVALCARE GLI SPAZI PER INCONTRARSI.
Alcuni strumenti narrativi (libri, film, interviste) consentono di far conoscere ai ragazzi altri
paesi, mondi lontani; attivano curiosità e interesse.
Gruppo 2: SE TI CONOSCO, DIVENTIAMO AMICI
in altri casi, questi strumenti, sono adatti a creare situazioni d'incontro, di empatia.
L'esperienza empatica rappresenta un ponte verso l'altro e consente di conoscere se stessi.
Gruppo 3: STORIE E AVVENTURE LONTANE E UGUALI
In altri casi, gli strumenti narrativi, raccontano esperienze che caratterizzano le vicende degli
esseri umani, come il viaggio, l'esilio, la ricerca dell'amicizia, le prove, il trasferimento, la vita
in famiglia.
Gruppo 4: LE FESTE E I SIMBOLI
Le attività di didattica interculturale hanno 2 finalità : trasmettere ai ragazzi l'idea che ala
cultura di ciascuno è frutto di incontri, scambi e intrecci, e far comprendere ai ragazzi che
ciascuno conserva dentro di sé un patrimonio che comprende valori, norme, simboli,
ideologie.
Ecco alcuni elementi importanti da tenere presenti nella scelta della attività d'aula:
‐ La scelta del testo narrativo o dei film deve essere idonea per l'eta degli studenti
‐ il tempo dedicato all'attività di lettura non deve mai essere un tempo rediduale
‐la disposizione nello spazio/aula degli allievi e insegnanti è significativa: vicini fra loro ‐ voce
di chi inizia la lettura: chiara e non falsata
Laboratorio interculturale
Incontri successivi: l'obiettivo era più complesso: abituare i ragazzi a trovare il tempo per
ascoltare e osservare gli altri per apprezzare le differenze e eliminare le gerarchie del
gruppo.
Il laboratorio aveva trasmesso una serie di principi e valori presenti nella normativa; i suoi
risultati sul piano didattico furono evidenti e i ragazzi cominciarono a frequentarsi come
amici anche fuori da scuola.
Accogliere l'altro è possibile grazie a compiti educativi del docente che vengono proposti in
relazione a norme e circolari.
La direttiva 486 intendeva superare i modelli assimilazionista e separatista, prevalenti fino
agli anni 70 e proponeva il modello dell'integrazione. Indicava 3 momenti prioritari:
inserimento degli allievi stranieri; l'insegnamento della lingua; la promozione
dell'insegnamento della lingua e cultura di origine.
Anche altre leggi hanno avuto una forte significativita: legge 517/1977 (esempio)
Conservare memoria di queste normative aiuta a trovare il senso di quel che si può fare
oggi. Aiuta i nuovi docenti e i nuovi educatori a comprendere che l'impostazione della scuola
italiana è stata storicamente orientata alla programmazione, all'individualizzazione degli
interventi, alla necessità di tener conto della realtà di partenza socio‐familiare
Studentessa Anbar, figlia di genitori marocchini islamici è stata sorpresa dalla madre a
scuola senza il velo. La ragazza è stata picchiata dalla madre di fronte agli insegnanti e
compagni. Dopo 3 giorni la ragazza è stata tolta dalla scuola.
E' stato deciso di proporre un dialogo con gli studenti in modo da rielaborare l'abbandono
scolastico della compagna legato a motivi interculturali.
Ne è emerso che la maggior parte degli allievi dava la colpa alla scuola per il
disinteressamento del comportamento della ragazza che fingeva con la famiglia e con la
scuola. La scuola, secondo i ragazzi, avrebbe dovuto almeno provare a intervenire per
difendere i suoi diritti.
Esaminare questo caso aiuta a comprendere che lo sguardo interculturale degli educatori e
insegnanti dovrebbe riuscire a cogliere i bisogni educativi di inclusione.
Ragazza di 12 anni del Pakistan, Arrivata da 1 anno in italia. Isolata e sempre silenziosa, non
capiva la lingua. Le era stata affiancata un'educatrice. S. era l'unica ragazza della classe a
indossare il velo, nero.
L'educatrice, assieme a una docente universitaria, iniziò un percorso con lei, alcune ore
erano dedicate solo per lei e l'educatrice in una biblioteca. L'educatrice si rese subito conto
della competenza linguistica della ragazza: l'allieva parlava e capiva molto meglio in
biblioteca che in classe, le sue difficoltà erano. dunque, legate alla timidezza. A volte
utilizzavano il pc, per individuare la zona in cui si trovava il suo villaggio ( attraverso google
earth). Quest'attività utilizzava : osservazione, descrizione, immaginazione, nominazione,
creazione di una memoria comune.
Durante uno degli incontri emerge una verità sul velo: Alla ragazza non piace indossarlo ma
è obbligatorio nel suo paese perchè ha lo scopo di non far suscitare desideri negli uomini e
per nascondere il proprio corpo che solo il marito potrà vedere.
Venne fatto un colloquio con i genitori e con un mediatore arabo. E' stato svolto per gradi:
venne chiesto se il velo doveva essere per forza nero oppure se potesse essere colorato, se
potesse essere di un tessuto più leggero e un po' meno lungo e se potesse toglierlo in classe.
Educatrice e docente universitaria ispirarono fiducia ai genitori che accettarono. Inoltre, una
volta a settimana si formava un piccolo gruppo di 4 allievi della classe a rotazione +
sheneeza con educatrice e docente e si proponeva agli allievi una lettura del brano ripetuta
3 volte.
Ragazza araba del Pakistan di 16 anni. Iram indossava il velo islamico con molta eleganza e
convinzione. In classe c'era un clima ironico fatto di doppi sensi.
E' stata inviata una docente universitaria (giusti) per tenere degli incontri sull'intercultura.
Negli incontri venne proposta la lettura di un libro “ sotto il velo”. Il libro mostra tutti i tipi di
pregiudizi, stereotipi. Nelle pagine sono scritte e rappresentate molte domande sul velo
islamico che gli occidentali pongono: talune banali, altre senza senso, altre ovvie, di
conseguenza si leggono risposte correlate.
I ragazzi si sono rispecchiati nei personaggi del libro che pongono domande banali alla
protagonista. Il messaggio era arrivato molto bene.
Siamo convinti che educare in prospettiva interculturale può aiutare i ragazzi a vivere in
società stratificate dove il rischio del razzismo è sempre presente.
Nel corso di una recente indagine condotta con un gruppi di adolescenti di Roma è stata
utilizzata una parola coniata dai ragazzi “paurismo”: dove hanno messo insieme paura,
razzismo e menefreghismo.
Grazie alle indicazioni normative si sono potuti progettare e attuare iniziative e percorsi
didattici che hanno rappresentato un arricchimento per tutti e uno sviluppo del sistema
educativo in italiano.