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La nuova figura professionale dell’infermiere è riuscita ad imporsi, all’interno del S

SN, come professionista responsabile dell’assistenza? Come è stato ampiamente descri


tto, in questi ultimi anni la professione infermieristica è stata sottoposta a dei
profondi cambiamenti, sia in termini di percorso formativo che di esercizio pro
fessionale. Norme e leggi sono intervenute sotto la necessità di un cambiamento do
vuta alle spinte di un sistema sanitario in continua evoluzione che hanno modifi
cato sin dalle radici il nostro essere professionisti, interessando la formazion
e, il nostro agire professionale e il nostro ruolo sociale.
L’agire infermieristico è stato liberato dal superamento della logica mansionariale
che attribuiva ai legislatori il potere di delimitare i confini dell’ambito profes
sionale, e si è passati alla logica dell’autodeterminazione. L’esercizio professionale
è individuato dallo specifico profilo, dal percorso formativo e dal codice deonto
logico, che per gli infermieri subisce una profonda revisione in chiave moderna
vista
la recentemente pubblicazione con i principi che tutti conosciamo.
Non vi sono soltanto riconoscimenti ma anche attribuzione di nuove responsabilità
e di orientamenti del proprio agire e quindi
dell’erogazione dell’assistenza secondo modelli moderni, assistenza centrata sulla p
ersona, utilizzo delle linee guida nazionali ed
internazionali, introduzione dell’infermieristica basata sulle evidenze.
E’ inoltre sancita l’importanza della formazione permanente e certificata che si con
cretizza con l’istituzione del sistema della Educazione
continua in Medicina che diventa un preciso dovere del professionista infermiere
.
Ma alla luce di questo quadro di continui successi e riconoscimenti, come è cambia
ta la nostra realtà lavorativa? il cittadino ha la
percezione di questo cambiamento? Gli infermieri stessi sono consapevoli del lor
o nuovo ruolo e delle tante nuove responsabilità di cui
è chiamato a rispondere nell’esercizio professionale?
Se proviamo ad analizzare il contesto attuale, abbiamo in evidenza una situazion
e che non corrisponde alle reali potenzialità che
l’Infermiere può esprimere in termini assistenziali, quindi una situazione dalla qua
le nessuno trae beneficio, è evidente una chiara
inadempienza degli obiettivi del SSN cioè la soddisfazione dei bisogni di salute d
el cittadino, e possono essere individuati alcuni punti
critici.
Il fenomeno della “malasanità”, termine prettamente italiano, incalza su tutti i quoti
diani nazionali.
All’estero hanno isolato molto bene il fenomeno definendolo “malpractice” e individuan
done aree specifiche come il “nursing malpractice”. In Italia non esistono dati uffi
ciali su tale fenomeno, ne in ambito medico ne infermieristico. Gli unici dati a
cui possiamo fare riferimento sono quelli “soggettivi” del Tribunale dei diritti de
l malato e quelli “oggettivi” del Ministero della salute. Dati che non distinguono t
ra l’errore medico o infermieristico ma che riconducono all’errore sanitario presunt
o o accertato e ne analizzano le conseguenze sul paziente. Giuridicamente non si
parla più di errore come quello attribuibile al singolo professionista, ma si par
la della catena dell’errore dove singolarmente ogni membro dell’equipe sanitaria con
tribuisce al verificarsi dell’ evento avverso. L’infermiere , ormai professione inte
llettuale e graduata, non può più esimersi dalle sue responsabilità. Egli deve dimostr
are di esserne completamente consapevole e di adempiere con estrema professional
ità ai suoi diritti professionali e ai suoi doveri deontologici. Per cui bisogna i
ncominciare ad analizzare certi dati con un ottica più ristretta e meno vaga per p
oter cogliere il potenziale infermieristico e i suoi attuali limiti. Ancor oggi
le azioni giudiziarie sono principalmente dirette verso le Aziende e i medici, m
a è evidente una modifica di orientamento della conflittualità dato che sempre più fre
quentemente, pur rimanendo il coinvolgimento in responsabilità dell’Azienda e della
sua polizza assicurativa, vengono chiamati direttamente in causa gli infermieri.
Dai quaderni IPASVI risulta infatti che negli ultimi 5 anni, i premi assicurativ
i delle figure professionali sanitarie sono quadruplicati.* Un dato interessante
, su cui ragionare sulla ripercussione della nuova classe infermieristica all’inte
rno del SSN, è sicuramente quella che emerge dal rapporto “campagna ospedale sicuro” s
viluppata dal Tribunale dei diritti del malato nel 2004.* Questo rapporto ha mes
so a confronto dati dal 1998 al 2004 ( anni molto importanti per la nostra profe
ssione che hanno visto evolvere l’infermiere da un ruolo di ausiliario a quello di
professionista ) con l’intento di monitorizzare il fenomeno della sicurezza negli
ospedali considerandola come la risultante di quattrocomponenti : gli edifici a
ll’interno dei quali si svolgono le attività sanitarie, ilpersonale che lavora all’int
erno di tali strutture,l’organi zza zione delle attività dirette e di supporto e lav
igilan za , cioè il livello di attenzione riservato ai problemi connessi con la si
curezza.
I dati provengono da interviste somministrate a 2450 operatori sanitari tra cui
medici, infermieri, tecnici e ausiliari I dati relativi agli ospedali confermano
il miglioramento, spesso sensibile, di tutte le componenti della sicurezza (edi
fici, vigilanza, organizzazione), con l’eccezione del personale. Il personale rest
a la componente più critica, gli indici non progrediscono e restano su valori bass
i. (Da 48/100 nel 1998 a 49/100 nel 2003). Ciò non comporta automaticamente l’adozio
ne di comportamenti pericolosi, ma indica una situazione fuori controllo. La con
clusione del rapporto è stata che il miglioramento in termini di sicurezza è indiscu
tibile ma non appoggia ancora su una organizzazione e su culture professionali c
onsolidate. Se a questa conclusione aggiungiamo la considerazione che uno dei qu
attro temi del metaparadigma infermieristico è l’ambiente, viene da pensare che l’inse
rimento progressivo di infermieri neo-laureati non ha contribuito a migliorare l
a situazione. Probabilmente deve essere completamente riesaminata l’attività di form
azione che resta legata all’argomento sicurezza e ambiente in modo troppo generale
e non viene connessa con l’organizzazione della sicurezza stessa e delle responsa
bilità professionali. Un altro tema , importante, che ritroviamo nel metaparadigma
dell’infermiere e all’interno del profilo professionale è l’assistenza infermieristica.
I dati, sull’ effettivo impatto dell’infermiere in termini di incremento della quali
tà erogata e percepita , non sono chiari.
La nursing malpractice in Italia non è mai stata definita con dati certi.
Dall’ analisi dalle segnalazioni di sospetti errori di diagnosi e terapia che affl
uiscono al Tribunale per i diritti del malato attraverso il PiT Salute*, si evin
cono dati poco confortanti. Quello più significativo è l’incremento di richieste di co
nsulenza medica che passa dal 6,3 % del 1997 al 12,1% del 2001: sarebbe interess
ante conoscere quante di queste richieste di consulenza erano effettivamente giu
stificate da errori o inadempienze del personale sanitario.
Se andiamo ad analizzare il quadro riepilogativo della articolazione per tipo de
i sospetti errori di terapia vedremo che vale forse la pena di fare una riflessi
one sui numeri. Il 42,3% dei sospetti errori è riconducibile all’ inadeguatezza qual
itativa della esecuzione del trattamento, il 21,4% alla violazione di protocolli
, il 7,9% al trattamento ritardato, l’1,9% all’uso inappropriato di un farmaco, il 2
,7% al dosaggio errato di un farmaco. La domanda viene spontanea: “In quanti di qu
esti casi segnalati è coinvolto direttamente un infermiere? “ Si parla di protocolli
, di qualità di esecuzione, di dosaggi e di terapia. Tutte parole molto familiari
agli infermieri moderni che investono in master di primo e secondo livello ingen
ti cifre e articolano turni impossibili per partecipare a ECM di ogni tipo. E’ res
ponsabile sempre il medico? Altro spunto interessante sono i dati presentati nel
Primo rapporto “Protocollo sperimentale di monitoraggio degli eventi sentinella” da
l Ministero della Salute relativi al biennio 2005-2007*. Nel presente rapporto v
engono considerati gli eventi sentinella, eventi avversi di particolare gravità, p
otenzialmente evitabili, che possono comportare morte o grave danno al paziente
e che determinano una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del servizi
o sanitario, segnalati al Ministero della Salute nel primo anno di attività, duran
te il quale sono pervenute 123 segnalazioni.
Cito direttamente dal testo: “Dai risultati è emersa, in particolare, l’esigenza di di
vulgare ed implementare raccomandazioni specifiche per prevenire gli errori, di
promuovere la formazione in tema di rischio clinico, di migliorare la comunicazi
one tra gli operatori e tra operatori e pazienti.” Secondo questo rapporto, gli ev
enti sentinella con le distribuzioni più frequenti sono quella del suicidio del pa
ziente ricoverato in ospedale (16%) e “altro evento avverso” (51%).
Il suicidio del paziente in ospedale è argomento molto trattato nelle sedi di Mast
er in management infermieristico o nelle tesi di Laurea
Specialistica in Scienze Infermieristiche.
Analizzando i dati relativi all’ “Altro evento avverso” vediamo come si faccia riferim
ento a gestione di emergenze 22%, cadute di pazienti 8% e a complicanze post- an
estesia12%. Tutti eventi, anche questi, dove l’infermiere ricopre una grossa respo
nsabilità e dove non c’è presunzione di colpa, ma sono eventi auto denunciati degli os
pedali meno omertosi che pur di definire il problema “malpractice” hanno deciso di d
enunciarsi al Ministero della Salute.
Fa effetto vedere come questi errori si ripercuotono sul paziente.
Il 68% dei pazienti muore per colpa di un errore probabilmente dovuto ad un infe
rmiere!
Nel caso della gestione di urgenze/emergenze, l’errore comporta una mortalità del 10
0%.
Una prima considerazione da fare alla luce di questi dati è che si è venuta a deline
are una sorta di frattura.
Una profonda differenza tra la realtà contenuta nelle norme, ed in particolare nei
principi e negli obiettivi del servizio sanitario e la sua
declinazione nel concreto dell’assistenza erogata.
Gli effetti auspicati dal cambiamento tardano a venire.
La gran parte degli infermieri attualmente in servizio hanno alle spalle una cul
tura legata a vecchi modelli di organizzazione
dell’assistenza e sono abituati a ricevere direttive su cui basare il loro operato
. Ancora stentano ad interrogarsi sulla pratica
professionale, per sviluppare una coscienza critica rispetto al processo assiste
nziale.
I nuovi infermieri a fronte di una formazione proiettata sui moderni principi de
ll’assistenza devono convivere con realtà in cui l’iniziativa
personale è spesso ostacolata ancorché essere stimolata, e rimangono intrappolati in
una organizzazione che non si mette in
discussione, che continua a portare avanti vecchi modelli cristallizzati che ass
icurano il minimo indispensabile .
Si è creata una sorta di divisione all’interno tra chi rimane legato al vecchio modo
di concepire la professione e chi invece è proiettato nel futuro, divisione che n
on consegue direttamente dal tipo di formazione ricevuta ma che è legata anche all
e capacità di mettersi in discussione, di scontrarsi con un sistema che è ancora leg
ato alla centralità del medico e alla sua esclusività del governo clinico.
Le dinamiche relazionali con la professione medica possiamo definirle alterne o
spesso contraddittorie, infatti in alcune realtà operative dove i medici sono cosc
ienti delle nuova figura professionale, spesso non trovano infermieri sicuri del
l’importanza del proprio ruolo, poco propensi a rivedere comportamenti professiona
li ormai non più consoni agli attuali bisogni assistenziali e a verificare la real
e efficacia del loro operato, ma d’altra parte frequentemente ci troviamo di front
e a professionisti medici che o per scarsa informazione o perché ancora legati a v
ecchi stereotipi sullo status dell’infermiere, ancora stentano a intraprendere nuo
ve strategie assistenziali, a definire modelli integrati di relazione medico-inf
ermiere, da dove scaturisca il riconoscimento delle rispettive aree di autonomia
operativa, con programmi di lavoro condivisi, con una comunicazione efficace in
vista del miglior bene del malato.
Sicuramente possiamo concludere che le cause di una non completa affermazione pr
ofessionale sono molteplici e spesso attribuibili alle caratteristiche del profe
ssionista stesso alla sua cultura e al contesto in cui opera. C’è bisogno di trovare
quel senso di appartenenza professionale che è ancora solo prerogativa della clas
se medica e che stenta a manifestarsi omogeneamente all’interno di quella infermie
ristica. Le basi normative e formative ci sono, bisogna investire con una mental
ità meritocratica su quei colleghi che credono in questa professione intellettuale
, autonoma e indipendente. La nuova figura dell infermiere è riuscita ad imporsi a
ll interno del SSN come professionista responsabile dell assistenza?Download thi
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ory:Research>Health & MedicineRated:(3 Ratings)Un analisi dei dati italiani sul
fenomeno della malpractice presi da un punto di vista infermieristico.
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