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Indice 98 Profazione all'edizione italiana Premessa Abbreviazioni I. L’analisi musicale in generale 1. Collocazione dell’anatisi tra le disciptin: musicologiche 2. Natura dell’analisi musicale Il. L’analisi musicale prima del ventesimo secolo 1. Preistoria 2. 1750-1840: struttura fraseologica e mod:lli morfologici 3. 1840-1900: concezioni organicistiche e didavtica della forma 4. Consapevolezza storica dell’ Ottocento TI. L’analisi musicale nel ventesimo secolo 1. I primo Novecento: tecniche riduzionistiche e analisi dello stile 2. 1920-45; teoria delle rensioni ¢ liveltt st: wtturali 3. Dissenso empirista 4. 4945-60: linguistica, cibernetica, unit | nati 5. 1960-75: teoria degli insiemi, analisi. , ntazionale e altre tendenze 6. Verso gli anni Ottanta: le grammati: lla musica IV. La metodologia dell’analisi’ 91. Introduzione Toe “2. Struttura fondamentale (Schenker) w 10Y tov ui 4 120 122 (28 137 +145 158 172 199 215 250 261 275 335 443 453 378 Indice wzione tematica (Réti) e analisi funzionale (Keller) morfologica fraseulogica (Riemann) per patametri e per tratti stilistici Semiologia musicale (Ruwet ¢ Nattiez) oria dell’informazione %. Analisi insiemistica Licrrure. 1. HH. Schenker - La Sarabaerda della Terza suite per violoncello solo BWV 1009 di Bach. 2. R. Rétt - La Sonata in si-bemolle minore op. 35 di Chopin 3. D.F. Tovey - La Sedunda Sinfonia in re reaggiore op. 73 di Brahms 4, HeRiemann - 1a Sonata in sol meggiore op. 14 n. 2 di Beethoven 5. J. LpRue - Ul primo movietente della Golden Sonata di Purcell 6. bh Nattier e L. Hirbour Paquétte 11 Preludio del Pedléas et Mélisande di ebussy 7. J.B, Youngblood - Venti melodie da Die schone Meilierin di'Bchubert, 1 Paulus di Mendelssobn ¢ Fratenhebe und -leben di Schumann B.°N. Boker-Heil - U1 madrigale Vestive i colli del Palestrina 9%. A, Forte . L'Introduzione alla Prima Parte del Sacre du printemaps ditSteavinskij Glossario di termini analitici di Williams Drabkin Note Indice analitico Riferimenti bibliografici Fonsi det materiale illustrative Prefazione all’edi: one italiana Per una coincidenza quasi fatidica, la preps azione di questo manuale é en trata nella fase conclusiva mentre la storia dell xnelisi musicale in Italia voltava pacina. Gli eventi che hanno scandite tale svolta, fra la primavera 1989 e Pin verne 1990, si sono incrociati con accadimenti storici di rilevanza planetaria sicché & probabile siano sfuggiti anche agli addetti ai lovori. Ma ciascuno d’essi ha rappresentato un'innegabile novita: dall’ “incontre «i studio” sull’analisi che si é svolto a Reggio Emilia nel marzo 1989, con il patiocinio di quel Comune, dell’Istituto musicale “Achille Peri” ¢ delta rivista «Musice/Realia»*, alla fon- dazione, nel luglio successivo, della Societa Italiana di Analisi Musicale; dalla | pubblicazione nel novembre 1989 dei numero zero di «Analisi», trimestrale della societa anzidetta, alfa costituzione nel gennaio 190 del Gruppo Analisi e Teoria Musicale. Sulla novita di eventi siffatti non é il caso di insistere. Che nel nostro paese non vi siano mai state, prima d’ora, né societ& né riviste d'analisi & una realta nota a chiunque abbia qualche familiatiti con le cose musicali italiane. Quanto al? “incontro”’ di Reggio Emilia, per rendersi cont: «he si @ trattato del pitt vasto dibattito sull’analisi mai organizzato in Italia. !-1sta elencare le associ zioni che vi hanno aderitg: la Societ’ Italiana di Muri ologia, la Societa Itali: na di Ethomusicologia, la Societa Italiana di Educazione Musicale, PAssociazione Italiana di Informatica Musicale, Ia sezione italiana della International Asso: ciation for Studies in Popular Music. Piuttosto vale la pena di soffermarsi sul significato che rivestono per la nostra cultura musicale i] successo del?’ “incon- ave” in questione ¢ Ia fondazione dei due sodalizi neonati. Petché é vero che “$a Europa non ¢'é pitt penuria di riviste, societa e convegni dedicati all’analisi (nelPottabre 1K) te Sexcléeé Frangaise d'Analyse Musicale ha organizzata a ee * Agli att! dell Mnconten” sath proatimatente dedicata, cura di Marto Baroni e Rossaun Dafmonte, une cle! @Juaileant lf Mistlea/Renled». van Analisi mesicale Colmar addirittura un 1° Congrés Européen d’Analyse Musicale), ma & anche vero che gli eventi ora menzionati sottintendono modifiche tanto profonde da condizionare le intenzioni stesse con cui questo manuale viene a proporsi al nostro pubblico. Tali modifiche sono sopratiutto evidenziate da due dati: il fatto che gli-stu- iliosi italiani di analisi si sono risolti a consorziarsi, mirando a una «migliore slefinizione metodologica e didattica della disciplina, anche alla luce di espe- tienze straniere assumibili per qualche esemplarita» (De Natale 1989); e l'alto ttumero di quanti sono oggi attratti, anche in Italia, dalle pit sofisticate fra le esperienze straniere in questione (donde, ad esempia, il ‘tutto esaurito” re- uistrato, nell’ambito deil’ “‘incontro”’ di Reggio Emilia, dal seminario schenke- viano di William Drabkin, coautore del presente volume). Questi dati, infatti, voincidono con la scomparsa di due sintomi trai pit manifesti dell’arretratezza degli studi analitico-musicali nel nostro paese: l'isolamento degli studiosi, da ‘ina parte; e il disinteresse per le tecnologie pit evolute, dall’altra._ Tutto questo potra sembrar poco, specialmente ai lettori pitt giovani. E dunque ‘] caso di rievocare termini allarmanti con cui un presidente deila Societa Ita- liana di Musicologia, Claudio Gallico, parld della situazione dell’analisi del no- sro paese al quartultimo congresso della International Musicological Society ‘lundicesimo, tenute a Copenhagen nell’agosto 1972): pit precisamente nel orso di una tavola rotonda sui Metodi attuali di analisi stilistica della musica, ‘he vide Ia partecipazione di uno degli autori di questo manuale, Jan Bent, nonché lei tedeschi Norbert Béker-Heil, Ludwig Finscher, Christian Wolff, dello ju- soslavo Dragotin Cvetko, e degli americani Lewis Lockwood, Harold Powers, ‘eo Treitler, Peter Westergaard. Ecco l’esordio delPintervento di Gallic (1973, np. 14-5): I metodi pid sottili ed elaborati dell’analisi stifistica musicale non sono comuni in Italia. Semplificando molto, Pindagine musicologica, del tipo tradizionale, ha certi (1) ha forte inclinazione umanistica, ¢ vocazione storicizzante, (2) segue modelli di cultura e di metodo della critica letteraria e figurativa; (3) & spesso condi- zionata da un’acuta preoccupazione di impostazione metodica e teorica estetica ge- nerale. A questo livello Poperazione analitica non supera generalmente lo studio e Ja descrizione della forma grande, defle dimensioni architettoniche. Tuttavia al- cuni esponenti della cosiddetta ‘nuova musicologia italiana” sono dotati di capaci- t& analitice sufficiente; e in certi casi molto raffinata. Ma forse mai nessuno di nok ha applicato quei procedimenti di analisi, come Ja si intende oggi in vari centri ame- ricani o europei: per un fine di identificazione, o statistico, o di catalogazione; o Vanalisia strati di Heinrich Schenker ¢ dei suoi epigoni. Certo, taluni di noi sanno scompotre if pezzo musicale, ¢ quitsdi: individuare ¢ nominare gli clementi costitu- tivi; studiarne ¢ porre in evidenza le funzioni ¢ le relazioni. Ma ancora non sussi- stono metedi uniformi; non un indirizze unitario, una coscienza teoretica comune: né comune & il codice sostitutivo, Ja grammatica dell’analisi. E vero: confrontando Pintervento di Gallico con quelli degli altri partevi panti alla tavola rotonda di Copenhagen, ess appare pit un’ exeusatin now pe Prafeztone ies tifa che una squilla di riscossa. Ma cid si spicga. In primo luogo, la tavola rotonda in questione prevedeva, dopo un primo giro di interventi teorici, una tornata analitica incentrata su tin madrigale del Palestrina (Vestiva i colli) e sul tempo lento di una sonata pianistica di Beethoven (op. 10 n. 3). E in quella sede Gallico si sarebbe trovato ad analizzare i rapporti fra parola ¢ musica nel ma- drigale palestziniano in termini quanto meno inattuali, se misurati sugli inter- venti di Biker-Heil, che dello stesso madrigale ‘roponeva una mitabolante analisi computazionale (Boker-Heil 1972b), 0 di Ber‘, che aveva eperto i lavori pole- mizzando con i recenti tentativi di trasferire a'l’arvalist- musicale i suggerimenti metodologici delle grammatiche trasformazionsli Bent 1972). In secondo lno- go, Gallico parlava da musicologo storico, non ga teorico. Poteva quindi testi- moniare sulle vicende dell’ analisi musicale-in Italia, non prospettare I’unica via d’uscita praticabile all’epoca: un’operazione teosica di alto livello, capace di rivendicate all’analisi la sua piena autonomia fra le discipline musicologiche. E pei, anche a proporré un’operazione del genere, quali nostri musicalogi teo- tict avrebbero potuto inearicargene? Praticamente nessuno, pesando su di essi, pitt ancosa che sugli storici, due handicap puntualmente registrati da Gallico: Pinsufficiente conoscenza dei meccanismi del linguaggio musicale, e la loro for- mazione umanistica, che li portava a vedere nell’analisi tutt’al pix uno stru- mento sussidiario di lavoro. Si spiega cos) come il pit brillante saggio analitico pubblicato in Italia negli.anni Settanta rechi fa firma di un giovane storico, Renato Di Benedetto (1978), e come Ia prima teoria dell’analisi mai proposta da un nostro studiuso sia opera, negli stessi anni, di un didatta trasformatosi in teoreta «per destino imposto»: Marco De Natale (1978), titolare dal noyem- bre 1970 di un corso straordinario di analisi presso il Conservatorio di Milano. Queste considerazioni sono decisive per comprendere come le recenti fortu- ne dell’analisi nef nostro paese possono influire sulle ambizioni. di questo fibro. Tnfatti ne consegue che tali fortune non presuppongono alcun process evolu- tivo preordinato e consapevole, Presuppongono invece una miriade di fattori del tutto,scoordinati ¢ casuali: ¢ intanto Ia serie di sperimentazioni didattiche, di proposte editoriali, di iniziative scientifiche che hanno preso l'abbrivo nei primi anni Settanta, senza altri punti di contatto che il richiamo a un approc- cio afificonvenzionale all’esperienza musicale e ai modi tradizionali di parlarne. Nell’ambito delle istituzioni scolastiche, aperture significative si sono avu- te, fra il 1970 e i] 1971, con Vistituzione da parte dell’Universita di Bologna din corso di laurea in Discipline delle. Arti, della Musica c dello Spettacolo (Dams), e con Vintroduzione in alcuni Conservatori di corsi novennali di Nuo- va Didattica della Composizione. Certamente modeste, se rapportate alle istanze sessantottesche di palingenesi della scuola italiana, queste novita hanno tutta- via comportato — per decine di giovani intenzionati a dedicarsi professional- mente alla musica — un apprendistato di qualita sin N ignota, tanto ai diplomandi in composizione dei nostri Conservatori quanto ai laureandi in Storia della musica presso la dozzina di facolt& universitaric allora dotate di tale insegnamenro. Si pensi, per convincersene, a quanti studenti de] Dams si sono accostati ai pro- Arvatisi musicale blemi della tecnica compositiva sotto la guida di maestri come Aldo Clementi o Franco Donatoni; oppure all’utilizzazione sistematica di modelli linguistici nel corso di Nuova Didattica della Composizione che il Conservatorio di Ca- gliari ha affidato nel 1975 a Franco Oppo (1982). Quasi contemporaneamente, nel 1972-73, comincia a trovate applicazione in Italia uno dei metodi d'analisi «sottili ed elaborati» sin Ii ignorati anche dal- la “nuova musicologia italiana”: l’analisi distribuzionale messa a punta dieci anni prima dal linguista francese Nicolas Ruwet. Nelle ricerche sui corali Iute- rani di Mario Baroni ¢ Carlo Jacoboni (1973), essa é ancora un punto di riferi- mento teorico. Ma negli scritti di semiotica che Gino Stefani inizid a pubblicare in quegli anni, i] metodo di Ruwet trova anche applicazione pratica. Mi riferi. xa specialmente aun articolo apparso nel 1976 sulla «Rivista Italiana di Musi- vologia» Stefani 1976), ¢ cuimeplicdt tamburo battente ii musicologo olandese Frits Noske (1977), inviando alla stesse riviste uno scriteo ancora pit memora- hile ai nostri fini. Uno scritto che rappresenta al tempo stesso il primo inter- vento polemico su questioni di metedo-analitico mai pubblicato in Italia; un segnale indubbio che la nostra maggiore rivista musicologica sf4ya aprendosi snch’essa a tematiche analitiche aggiornate (in questi anni il sudfamitato di- rettive fa capo, non a caso, a Lorenzo Bianconi: musicologo itd@psviezero di formazione germanica); ¢ un’eloquente testirnonianza di come le anali- liche di Stefani attirassero pit l'interesse degli stadiosi stranieri che iy ‘quelli italiani. Il che non toglie che il diffuso interesse per l’analisi oggi riscontrabile nel nostro paese sia dovuto anche al lavore dé Stefani. Solo che 2 dovuto so- orattutto alla sua capacit’ di introdurte ¢ interessare ai meccanismi della co- ‘nunicazione musicale i non addetti ai lavori: i portatori di «competenza musicale omune», che sono da sempre gli interlocutor’ ideali di questo studioso (Stefa- ii L978). Un analogd merito storico va riconosciuto del resto anche a Baroni Jacoboni, le cui ricerche non hanno certo convertito molti musicologi italiani uso del computer a fini analitici, e tuttavia hanno stittolato a tale uso una ‘ascia patticolare di non addetti ai Javori (0, pili esattamente, di addettyad altri ‘avori): quella degli espexti di isiformatica musicale, che hanno ripetutamente ipresovin proprio la metodologia esperita da questi due studiosi nelle Igro ri- crche sulle grammatiche musicali generative (Camilleri 1986, p. 357). Dalla meta degli anni Settarita, peraltro, la proliferazione di interessi anali- ici nel nostro paese si affida anche alla nuova attenzione dell'editoria italiana ‘er una produzione musicologice di qualita. E la fine del fungo osteacismo di jualsiasi testo specialistico si provasse corroborare la trattazione storice-critica on puotuali rilievi analitici (le dita di una mano4astano a contare i libri di luesto genere usciti in Italia nel quindicenno 1954-68: che pure non fu dei eggiori, aprendosi con Espressionismo e dodecafonia di Luigi Rognoni ¢ chiu- lendosi con Fase seconda di Mario Bortolotto}. Ed & anche linizio della sco- erta autodidattica dell’analisi de parte di un crescente numero di leltori, « i incoraggiati da traduzioni importanti come quella di The classical style Prefazione xt [Lo stile classico} di Charles Rosen, edita da Feltrinelli nel 1979, oppure da opete originali come la Storia della musica curata dalla Societa Italiana di Musicologia e pubblicata dalla EDT a partire dal 1976 (un’insolita abbondanza di spunti analitici s’incontra gia nei primi volumi usciti: si pensi al Medioevo I, di F. Albetto Gallo, apparso nel 1977). Possiamo ora comprendere come mai, alla fine del decennio successivo, |’ “‘in- contro” di Reggio Emilia abbia richiamato da ogni parte musicisti pratici e mu- sicofili colt, esperti di informatica ed etnomusicologi, docenti di scuole primarie e secondarie, studenti ¢ professori univetsitari e di conservatorio. Tl fatto é che quanti potevano essere interessati, nell’Italia degli anni Settanta, a produrre discorsi analitico-musicali o a fruirne sono stati tutti raggiunti da qualche solle- citazione a nutrire questo loro interesse. Né va dimenticato, a questo proposi- to, l'importante contributo dell’etnomusicologia, il cui ingresso fra gli insegnamenti universitari (1976) ha moltiplicato le possibilita di incontro dei nostri giovani con l'analisi intesa come strumento d’indagine scientifica. Quanto agli anni Ottanta, essi consolidano le posizioni raggiunte nei settori della didattica ¢ della ricerca, non meno che in campo editoriale. Nescono rivi- ste come «Prospettive musicali», «Quaderni di informatica musicale» ed «Eu- nomio»: dall’esistenza talora effimera e di qualita non sempre superlativa, ma pur sempte interessate programmaticamente a problemi di analisi. Si fanno pitt stretti i legami fra la grande editoria e la nuova didattica musicologica, tra l’al- tro inducendo ¢re diverse casc editrici — Discant' Marsilio ¢ 11 Mulino — ad adoperarsi nella diffusione dell’opera di Carl Danfhaus, e dunque anche di un testo fondamentale come Auatyse und Werturteil [Analisi e giudizio estetico] (Dahlhaus 1970), Proliferano iniziative didattiche di vatio rango, che spaziano dal corso estivo di analisi in qualche Jocalitd amena al ciclo di seminari finaliz- zato a progetti di ricerca intercultural (si pensi a quelli che }Istituto Interna- zionale di Studi Musicali Comparati organiaza annualimente a Venezia dal 1987). inoltre, l’analisi diventa I’asse portante pil o meno dichiarato dei corsi speri- mentali ch¥ alcuni Conservatori (in primo luogo quelli di Milano ¢ di Roma) cominciano a varare verso la met’ degli anni Ottante, facenda leva ora sui de- creti istitutivi delle Scuole sperimentali di Composizione, ora sulla normativa della sperimentazione didattica nelle scuale secondarie. Tuttavia i! primo cor so di conservatorio i cui studenti abbiane sentito parlare dei metodi analitici di Heinrich Schenker, Leonard B. Meyer ¢ Allen Forte & stato vérosimilmente il corso di computer nmsic tenulo da Lelio Camilleri presso il Conservatorio di Firenze, nel cui ambita sane da tempo operativi orogrammi di analisi compu- tazionale ispirati appunto ai metodi dei tr studios anzidetti (Camilleri-Carreras- Grossi-Nencini 1987). In campo scientilicn, infine, gli anni Ottanta si aprone con tte convegni patrocinati dalla Sogieta ftaliana di Musicologia — la terza edizione degli Studi corelliani (Fusignano, 1980), Music grammars and contputes analysis (Modena, 1982), Frescabald} ¢ if so tempo (Ferrara, 1983) — nei quali Asalisi musicale comincia a manifestarsi quella volonta di incontre e di dibattito sulla proble- matica dell’analisi, che di [ia qualche anno imdurr’ i nostri musicologi alle ini ziative consociative ricordate all’inizio. Certo, la preponderanza degli studiosi non italiani nelle sedure analitiche sulla musica di Corelli e Frescobaldi svoltesi durante i convegni del 1980 e del 1983 @ pressoché assoluta (cfr. Durante- Petrobelli 1982, pp. 45-117, e Durante-Fabtis 1986, pp. 281-327). Sicché.si potrebbe meglio intendere tali sedute come ulteriori indizi della recente tivita- lizzazione della nostra musicologia da parte di studiosi formatisi o specializza- usi all’estero: nella fattispecie, Pierluigi Petrobelli, coordinatore del convegno di Fusignano, e Thomas Walker, presidente del comitato scientifico-organizzativo di quello di Ferrara. Ma il convegno modenese del 1982 ¢ indubbiamente [’an- tesignano dell’ “‘incontto” di Reggio Emilia del marzo 1989. Si consideri come Tuno e l’altro abbiano fatto capo a Mario Baroni, che ha coordinato il primo in collaborazione con Carlo Jaceboni e altri componenti il stro gruppo di lavo- ra, ¢ il secondo insieme a Rossana Dalmonte. E si osservi come il convegno di Modena — per i] fatto stesso di concentrarsi su particolari tecniche analiti- che, anziché su musiche o autori determinati — abbia consentito, gia nel 1982, un’attendibile verifica dell'ampiezza dell’interesse per P’analisi maturata in Italia nel] decennio precedente. Non a caso il gruppo dei relatori italiani prefigura con stupefacente esattezza l'eterogeneo insieme dei partecipanti all’ “‘incontro”’ di Reggio Emilia, comprendendo musicologi come Baroni e.Stefani, etnomusi- cologi come Giorgio Adamo, musicisti e docenti di conservatorio come Azio Corghi ¢ Franco Oppo, informatici come Lelio Camilleri, musicofili colti’come Laure Tedeschini Lalli, Claudio Baffoni e Francesco Guerra dell’Istituto ma- tematico “G. Castelnuovo” dell’ Universita di Roma (Baroni-Callegari £984) E finalmente possibile trarre da tutto cid una conclusione direttamente tife- ribile al presente manuale. L’interesse per !'analisi musicale che gli anni No- vanta ereditano dai due decenni precedenti sembra davvero dotato di un’ampiezza straotdinaria, Ed @ certo che senza un tale elemento*propulsore la situazione italiana di questa disciplina sarebbe ancora quella tratteggiata da Gallico diciotto anni fa. Tuttavia— data la natura, la varieta, fa catmalita delle occasioni che lo hanno propiziato — si tratta anche din interesse costituzio- nalmente fragile ¢ facilmente dispersivo. Se la svolta da esso solléeitara deve essere irreversibile, come tutti ci auguriamo, occorre dunque aiutare Guesto in- teresse a qualificarsi e consolidarsi alla luce delle massime acquisizioni Mel pen- siero analitico moderno. Qui sta il senso ultimo della coincidenza fra la pubblicazione di questo manuale e Ja svolta registrata nel 1989-90 dalle vicen- de dell’analisi in Italia. Non nel proporsi come un’ennesima novita statistica, come if primo manuale di analisi in lingua italiana da affiancare alla prima rivi sta o alle prime socicta di analisi fondate nel nostra pacse. Bens! nel fatto che esso pud essere — in quanto concepito ed elaborato nel modo che stiame pet Thefarione an considerare — uno strumento insostituibile per tendere definitiva la svolta stor! in quéstione. Ci siamo ripetutamente riferiti a questo libro come a un manuale, ¢ la sua stessa edizione originale fa parte di una collana manualistica: quella dei New Grove Heridbooks in Music, editi da Macmillan. Tuttavia, come precisano gli autosi nefla loro premessa, csso trac origine dall’elaborazione di alcune voci de! New Grove Dictionary of Music and Musicians: | arande voce sull'analisi firma. ta da Jan Bent, che é alla base dei primi quatt > capitoli del presente volume. ¢ aléune voci terminologiche di William Drabkin, che sono state riprese e am- pliate nelf'allegato Glossario di termini analitici, Cosi, la prima cosa da chiarire, citca la concezione di questo libro, & le sua apparente incompatibilita con gli altri manuali siglati dalla EDT e dalla Societd Italiana di Musicologia. I quali hanhe inteso proporsi sin dal primo volume (Bellasich-Fadini-Leschiutta-Lindlev 1984) pitt cgme “‘libri d’uso”” provvisti di un preliminare collaudo didattice. che come “bri compendiosi’? con generiche finslita informative (bid., p. X) ‘Atesogiguardo va notata unacitcostanza determinante. Bent (che attual mefisgdnsébna alla Columbia University di New York) & un musicologo britan- nico e $in dall inizio-ha impostato la voce sull’analisi di cui stiamo parlando secondo le migliori tradizioni della musicolcgia anglosassone. Non a caso un dei maggiori analisti americani, Allen Forte, ha giudicato quel testo «un ton de force lucido, compendioso e autorevole», nonché «efficace, ben organizzato ¢ seritto con obicttivita ¢ imparzialle» (Forte 1982, pp. 161 ¢ 163). Pertante & vero che a monte di questo manuale c’é una voce d’enciclopedia, ma si tratta di una voce concepita assai diversamente dalle v ‘ci sull’analisi pubblicate dai maggiori dizionati musicali italiani. Si pensi a quella firmata da René Leibo witz per Enciclopedia della musica Rizzoli Ricordi, che non menziona nessunc. dei maestri dell’analisi contemporanea e rin-ia il Iettore a una bibliografia di set titoli in tutto (Leibowitz 1972). Oppure si pensi alla voce del Dizionaric: Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti (Gut 1983), che traccia un wadro dei recenti indirizzi analitici e suggetisce una bibliografia abbastanza ‘unzionale di trentotio titoli, ma poi dimentica tanto !’analisi semiotica quan to l'insiemistica, e maltratta il metodo di Schenker al punto da classificarlo co me “‘analisi fenomenologica”’ {su una pitt corretta accezione del termine, cfr il paragrafo 5 del capitolo IM), da ridurne 'ipotesi operntiva al!'individuazione della ‘‘linea fondamentale’’ o Uriinie (laddove a Schenker intetessava semmai incividuare la “‘struttura fondamentale” o Ursatz) ¢ da definire I’ Usinie stesse come una «successione di sueni che é sufficiente liberare per comprendere la sostanza musicale inerente aan brano» (nel Gloss-rio il lettore trovera una de- finizione di Urlinie non solo pit affidabile di ques: a, ma anche capace di moti virgliene Je assurdita). ay Analisi musicale Cid chiarite, non é difficile intendere cosa ha consentito alla voce sull’anali- sidel New Grove di ttasformarsi in un manuale adeguato al programma edito- tiale di questa collana. Si tratta dell’oggettivita e dell’imparzialita clogiate da Forte; ¢ del fatto che il testo di Bent ne he derivate un'impronta fortemente manualistica, git evidente nella versione primitiva, ma ancor pid evidente nel- la versione approntata per i New Grove Handbooks grazie al Glossario di Wil- liam Drabkin (un musicologo americana, attualmente lecturer in musie presso Puniversit& inglese di Southampton), Si prenda il primo capitolo. Nella trasfor- mazione in volume csso ha subite meno rimaneggiamenti degli altri, sicché & ancora il preambolo definitorio di una voce d’enciclopedia. Ma lo scrupolo con cui Bent delimita concettualmente l’oggetto della sua trattazione conferisce a queste pagine la stessa funzione propedeutica dell’esordio di un buon manyale. Né meno efficaci sono i due capitoli centrali, che fissano i connotati idéologici © operativi via via assunti dall’analisi nella cultura moderna. Qui @ con ogni evidenza il sour de force a cui alludeva Forte. Giacché, attenendosi.ai fgtit e valendosi esemplarmente di fonti di prima mano, questi due capitoli riescono 2 dar conto di tutti i filoni problematici che percorrono la stégia dell’ analisi infittendost all’estremo nella seconda met del nostro secofo. Sfronaké qui & anche lq migliore dimostrazione delle virtt: manualistiche del teifty dent. In effetti, i capitoli in questione cominciano a familiarizzare il lettgle c tipici tratti storici dell’ analisi musicale, facendogli intravedere al tempo 'tesso le particolatita tecniche dei metodi su cui si concentrera il quarto capitol. Si ha cost un approccio alle esperienze pit: cruciali dell’analisi contemporanea estre- mamente efficace, specialmente per it lettore autodidatta: un approccio per an- golazioni contrapposte capaci di integratsi e illuminatsi a vicenda, che viene appunto ulteriormente potenziato dal Glossario. Dove chi legge trova non sol- tanto uno strumento di consultazione unico nel suo genere: ritrova anche, in una diversa prospettiva, molti problemi affrontati e discussi da Bent nei capi- toli L’analist musicale nel ventesimo secolo e La metodologia detl’analisi. A questo punto, per trasformare il New Grove Handbook in un manuale EDT/SIdM mancava soprattutto una parte applicativa. Ma quali esercizi pro- porre ai lettori di un libro che, fedele sino all’ultimo all’imparzialita della sua concezione, suggella la propria panoramica dell’analisi novecentesca con otto patagrafi dedicati a un ampio ventaglio di scuole e tendenze, alcune delle quali sottintendono ulterior! frazionamenti metodologici o sono accessibili solo a quanti posseggono cognizioni di matematica o di tecniche informatiche? Une soluzio- ne accettabile & stata intravista da chi scrive, riflettende sulla difficalta dei let- ori italiani non poliglotti, ove si fosse proposta loro nulla pitt che la uaduzione del manuale inglese: Ia difficolta di non potersi minimamente documentare sulle metodologie illustrate negli otto paragrafi anzidetti. Infatti — cosa perletta- mente in linea con il cronico disinteresse della r nostra cultura musicale verso analisi — i massimi analisti della prima meta del gecolo hanno avuto rariss mamente il privilegio d’essere et nella nostra lingua, e In situazione di Profaxione quelli operanti nella seconda meta & solo apparentemente migliore. Giacché, a ben vedere, i due saggi di Tovey e Schenker radotti di recente in Italia (To- vey 1927 ¢ Schenker 1923) stanno alla pret ione analitica della prima parte del secolo nello stesso rapporta in cuila ve 1i di testi di Eggebrecht, Ruwet, Meyer e altri, sin qui apparsi in italiano“, ar 10 al Moore della produzione ena- litica interaazionale del secondo dopogu: ra Di qui l’idea di corredare |’ edizione i ite as_ del m: yale di Bent e Drabkin con un gruppo di “analisi d’atore” mai aa tte ric! a nostra lingua, che po- tessero essere riferite ai paragrafi 2-9 del quarto capi slo come ‘‘esercizi sval- ti”? sed generis. La scelta di tel Letture, come poi si é cleciso di chiqmarle, non & stata agevole, essendo condizionata anche da ovvi limiti di spazio. Ma, grazie ai Suggetimentt di Bent, si é infine riusciti a concilia’ T'esigenza di una rasse- gna di testi esemplari con quella di una campionatura cstremamente variegata di approcei analiticie di testi analizzati. In effetti, gli autori prescelti non han- no alcun bisogno di presentazione: con l'eccezione, forse, di Louise Hirbour, che & una coflega di Jean-Jacques Nattiez all'Universita di Montréal, di Nor- bert Béker-Heil, direttore del Dipartimento per l’analisi ¢ la documentazione musicale dello Staatlisches Institut fir Preuftischer Kuluurbesitz di Berlino, e di Joseph Youngblood, docente della Schl of Music dell’ Universita di Mia- mi, Dal canto lore, le musiche analizzate nelle nove Leétvire coprono addirittu- ta ]'intero arco storico della musica eurocolta. Infatti |'ultima parte della settima Lettura prende in considerazione il canto liturgico medioevale; Pottava e la quinta costeggiano i] Rinascimento e l'eth barocca; la prima, la terze e fa quarta ren- dono omaggio alle ‘‘tre B”’ della grande musica mitteleuropea (Bach, Beetho- ven, Brahms); la seconda e la parte centrale della settima puntano sul primo Ottocento romantico; la sesta e la nona approdano.al Novecento storico Va da sé che l’innesto di questi nove testi ha conferito alla presente edizio- ne del matmale di Bent e Drabkin una fisionomia del tutto particolare. Non si tratta tanto del rilieva conferite loro dalle presentazioni che mi 2 sembrato utile premettervi, per meglio precisarne l’esemmplaritd e i rapporti con il testo di Bent; nédell’attrattiva csercitata dai nomi di studiosi ormai mitici come To- vey ¢ Schesfker, o del fatto che fra queste Letture sono le primissime traduzioni italiane di analisi di Hugo Riemann, Rudolph Réti o Allen Forte (peraltro una parafrasi glmalcuni capitoli de! principale trattato di Forte [1973] @ da tempo accessibile al pubblico italiano in De Berardinis 19°24 85). Si tratta piuttosto del fatto che le nave Letiure in questione si pongono come il punto di conver- genes idatle sta del tesio di Bent sia del ( ‘us: vio di Drabkin, rappresentando Pesemplifidhaibne pit immelHata delle te ic: analitiche illustrate dall’uno il pitwimmediago banco di prova dell'altr Questo spostamento del baricentro delzolume ha avute conseguenze pratiche non irrilevanti. Basti dire che il Glos- sario di questa edizione italiana ha 49 voci in pia dél gemello inglese, e che * Oltre a Dahllaus 1976 © 0 1 gene 1979, si vedano al proposito gli series di Cans ¢ Kraehenbuehf, Lerclehl ¢ Jakenetoff, Meyer, Moles, Molina, Nattiez, Ruwet citati net riferi- menti bibliografici relarivi at ymengratl 4, 5, 6 clel eapitolo LIL ¢ alla Lettura 6. . aE Analisi musicale questo incremento si: deve in primo luogo all’esigenza di renderla funzionale alle Letture. Esigenza che ha comportato, da parte di Irabkin, [a stesura di alcune nuove voci (Cardinaiity, Mapping, Potenzierung, Taktmotiv cecctora) ¢, da parte mia, il potenziamento della rete dei richiami interni al Glossaria stesso, allo scopo di rendere reperibili i termini tecnici pid importanti, a partie tanto dal- la lezione originale quanto daila traduzione italiana utilizzata nelle Letiner. Occorre aggiungere che una trasformazione cos decisa del manuale inglese nel “libro d’uso”’ di cui si diceva, ha coinvalte anche le parti compilative del volume, come la bibliografia ¢ l indice analitico? Nell’edizione originale que- st’ultimo riguarda soltanto il testo di Bent, mentre ora congerne anche Letture e Glossaria, Cid dovrebbe tornare utile soprattutto a quanti, eppunto, utilizze- ranno il volume in maniera intensiva, visto che non saranno pjti costretti a sfo- gliare e risfogliare il Glossario prima di concludere che un certodermine non vi compreso. Quanto alla bibliografia originale, i suoi 1162 titoli la prospet- tano certamente come la pid csaustiva mai approntata sull'analisi musicale. Pur- troppo non si tratta di una bibliografia ragionata, come quella curata una ventina d'anni fa da Michael Fink (1972}. Per if lettote italiano non poliglotta, dun- que, la sua ricchezza cela pit: di un motivo di frustrazione anziché stimeli a ultetioti apptofondimenti. Tanto pit che i titoli italiani sono dodici in tutto {ivi compresi tre trattati plurisecolari ¢ un testo di semioiica senza rapporti con la musica: Eco 1975), ¢ che gli altri 1150 titcli (617 inglesi, 416 tedeschi, 88 francesi, 29 in altre lingue, tra cui il russo, l’olandese ¢ Io svedese) si susseguo- no seconde l’ordine alfabetico degli autori, senza punti di riferimento alin. fuori della possibilita di ritrovare, sotto il nome degli analisti pit importanti, gli scritti ad essi dedicati. Pertanto si é deciso, d’intesa con Bent, di considera- re la bibliografia del manuale originale come uno strumento di consultazione ormai acquisito, ¢ se ne sono ricavati riferimenti bibliografici piti consoni a un “libro d’uso’’: meno doviziosi, ma integrati con tutti i dati necessari al lettore italiano per organizzare una ricerca bibliografica in proprio, reperire un libro ancora in commercio, ordinare la fotocopia di un articolo di rivista a una bi. blioteca dove sia complicato recarsi di persona. Per questo motivo, i riferimenti bibliografici in questione sono praticamen- te limitati alle fonti citate nel testo di Bent, nelle Letiure e nel Glossario di Drab- kin, ma sono al tempo-stesso (1) rageruppati in corrispondenza con le varie sezioni del libro; (2) comprensivi di titoli citati nel testo di Bent ma omessi nella bi- bliografia otiginale; (3) completati dalla menzione di eventuali traduzioni it liane, anche parziali; (4) integrati con Vindicazione delle case editrici dei lilbri ¢ con la paginazione iniziale e finale degli asticoli; (5) cortedati, ovunque possi- bile, dal numero dell’ estratto pubblicato nel RILM* nonché dalla segnalazione di recensioni apparse tra il 1894 ¢ il 1989 sulla «Rivista Musicale Italiana», * Per Ja spiegazione di questa, e delle altre sigle usate nel corso del manuale, si veda I'rlenew delle abbreviazioni a pp. XxIV-xxv1. Prejazione xv Ja «Rassegna Musicale», fa «Rivista Italiana di Musicologia», le «Nuova Rivi sta Musicale Italiana». (E quasi superfluo avvertire che questi ultimi dati cor rispondono perlopid a nuove prove dell’an etratezza della nostra culawa analitica non di rado schiaccianti, come le stroncature dei primi due volumi del Jeggen datio annuario di Schenker, Das Meistenverk in der Musik, firmate da Luigi Rong: [1927 e 1928). In conchisione: vale por la nuova bibliografia quello che abbiamo detto pe iJ maouale nel sue insieme. Cos) come l’ano.wuol essere non tanto il peimo ma nuale di analisi mai pubblicato in italiano, qianto uno stramento del consoli dameitto delic attuali fortune di questa disciplina-tel nostro paese, all’altra nov interessa proporsi con i stioi 442 titol, come la pit ampia bibliografia ell’ ana lisi mai proposta al nostro pubblico, Le preme p sttosto d’essere una guide et ficacé nelultime tratto del percorso ideale sugy. -rito da questo libro: i] tratt: in cui él lettore dovrebhe risalire alle fonti dell: informazioni e dei materiali di studio ch’esso gli é andato via via proponendn, e sperimentare direttament: — seconda le possibilita ed entro i limiti che ora specificherema meglio — |» tecniga analigica pit eccessibile alle proprie cognizioni musicali o pia appre priata al reyfttorio prediletto. Ho gia accennato al collaudo didattico cm dovrebbe essere termto ogn! manuale di questa collana, non meno che _recenti iniziative spetimentali d+ alcuni Conservatori imperniate pio men esplicitamente su corsi di analis Ad offrirmi il destra di collaudare questo manuale, via via che venive tradu cendola, & stata proprio una di queste sperimentazioni: il biennio di Storia e! estetica musicale attivate dal Conservatorio di,Roma nel 1987, allo scopo di creare un’alternativa, quantunque precaria, all'’omonimo corso annuale per stu denti di direzione d’orchestra ¢ dei corsi superior’ di composizione. 1a decina di studenti che ha seguito le lezioni di analisit da me tenute ne! biennio 1987-89 ha utilizzato le prime due parti di questo libro {i capiteli LA! nel primo anno, il capitolo IV e aleune Lesture nel secondo) con tisultati disps ratissimi. Non poteva essere altrimenti, data I'eterageneit’ de! retraterra sco lnstico degli studenti in questione: alcani dei quali provenienti da corsi di armoni © contrappunte dove fare un’analisi significa tuttora etichettare diligentemen te unit® grammaticali sintactighe morfologiche del tutto avulse dal significat: storice e musicale della pagina analizzata, Ma il fatto pid significative @ stat che tali disparita di rendimento sono emerse solo quando gli student hann cominciata ad esercitarsi per fprowa scritta prevista per la fine del corso: fin ché iH lavoro s’era concentrato sul testeWi Bent ¢ sulle Letture scelte a integrar fo, tutti avevano proceduto dépari passo, e, spesso, i pit: sensibili alle aurattiv di certe Letture erano stati proprio gli studenti pitt impacciati al momento d (rasformarsi in analisti “attivi” Analisi rausicale Dove sta il perticolare significato di tutto questo? Sta nel dimostrare che ‘I manuale pud essere utilizzato a due livelli diversi, ma egualmente proficui variamente petsonalizzabili: il livello “‘attivo”, appunto, che riguarda chi vo- dia procurarsi strumenti aggiornati per avviate esperienze analitiche in pro- tio, e il livello ‘“‘passivo’’, che si addice a quanti intendono semplicemente ompliare la propria cultura musicologica, orientarsi nel labirinto dei saperi ana- itiei attuali, o avvantaggiarsi come esecutorine didami: delke sapienza analitica ‘lerui, Ibghe rientra, del resto, melordine delle cose. Glacché proprio a questo econdo tipo di lettori si sono rivolti imacstri dell'analisi contemporanea, tut- ¢ le volte che hanno guardatc-al momento esecutivo come a uno degli sbocchi pecifici del proprio lavero (cfr. ad esempio le Leéture 1 ¢ 4). Sulle cognizioni tecnico-musicali necessarie a muoversi disinvoltamente al tvello ‘“‘passivo’’, gon c’é molto da dire:*Baster’ possedere una lettura ritmica melodica sicura, una visione chiara e.distinta della nomenclatura dell’ armo- ia tonale, una buona conoscenza teori¢a delle regole ¢ dei congegni comtrap- untistici pit elementari. Molto dipendera, tuttavia, dalla capacita del lettore li decifrare correttamente un testo musicologico in inglese, redesco o franvese. \ questo livello di utilizzazione del manuale, infatti, l’approforadimento delle netodologie che vi sono illustrate si risolve in primo laoge nellgipcic dei te- i segnalati dai corrispondenti riferimenti bibliografici, ¢ questi prépuppongo- so, come gid sappiamo, la conoscenza delle tre lingue ora menzionate. Le quali ‘anno perd un’importanza decrescente. Da un lato perché i riferimenti biblio- rafici in questione sono predisposti sin dal’ inizio per lettori anglofoni, e le ndicazioni sussidiarie di cui sono arricchiti nella presente edizione rinviano pesso a una pubblicazione redatta in inglese come il RILM. DalPaltro lato, perché ‘conoscenza dell’inglese & indispensabile per accedere alla letteratura relativa ‘l'analisi computazionale, e rende nel contempo accessibile un prezioso filone i traduzioni dal tedesco e-dal francese: si pensi ai trattati di Schenker, di cui mo stati recentemente tradotti negli Stati Uniti anche i due volumi di Kon- apankte (Schenker 1910-22). Pid complesso é il discorso sulla competenza tecnica necessaria a utilizzare” manuale ‘‘attivamente’’ Intanto perché noi tutti i metodi illustrati da Bent lesemnplificati nelle Letture sono immediatamente praticabili. L’ approccio em- irista a1 Tovey (Lettura 3) & per definizione intraducibile in indicazioni opera- ve, ele teeniche computazionali di Baker-Heil (Lettura 8) sono legate con agni ‘idenza alle macchine e ai ptogrammi di elaborazigtte derbi utilizzati vent’anni , assimilazione dei modelli analitict rappyéscntati da Schenker, Ricrnann Porte (Letture 1, 4, 9) implica, nel secondo vaso, una conoscenza approfondi- ‘del pensiero teorico dell’autore ¢, negli altri AMR, P'assimilazione di appositi sti teorici e manualistici (Forte 1973 # Forte-Gilbert 1982). Cas) il lettore nisce per avere pronto accesso a quattro metodi#eltanto: quelli esemplificati lle analisi di Réti, LaRue, Nattiez ¢ Hirbour Paquette, Youngblood (Letere 5, 6, 7). Essi esigono da lui una preparazione tecnico-musicale assai varia,

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