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Carestie e cronisti nel Trecento: Roma e Firenze nel racconto dell’Anonimo e di Giovanni Villani Il ciclo carestia-epidemia e il suo intreccio abituale con la guerra non @ una scoperta degli storici moderni: i cronisti me- dioevali, nella maggior parte dei casi, ne sono pienamente con- sapevoli. La lettura dei loro scritti costituisce, pertanto, una delle principali vie che possono essere seguite per penetrare in quella complessa realta che & la carestia medioevale, le cui carat- teristiche e il cui ruolo storico, come comunemente affermano gli studiosi, ci rimangono ancora sostanzialmente sconosciuti.! La frequenza drammatica nel mondo medioevale europeo 1 In mancanza di uno studio sistematico della carestia medioevale, questo tema va rintracciato sulle storie dell’agricoltura € in generale dell’cconor tale, dove non sempre viene trattato con lampiezza che la sua importanza richie- derebbe. Questa carenza & stata pitt volte messa in luce dagti studiosi. E. Car- PENTIER ha scritto che «la faim au Moyen Age attend toujours son historien » (Autour de la peste noire: famines et épidémies dans Ubistotre du XIV* siecle, «Annales ESC», 6, 1972, p. 1074); G. Dupy alferma che « questo settore della storia dell’alimentazione @ anch’esso insufficientemente esplorato; d’altra parte bisogna riconoscere che particolarmente difficile studiarlo » (L’economia rurale nell/Europa medievale, Bari 1970, vol, 11, p. 452); secondo G. Cuzrusrnt « sulle carestie medievali, nonostante il continuo avanzamento della ricerca, le nostre conoscenze sono in verit’ approssimative » (Agricoltura e societa rurale nel Me- disevo, Firenze 1972, p. 8). Per quanto riguarda in pasticolare il XIV secolo, sono stati fatti alcuni studi specifici, dedicati a singole regioni europe; abbon: danti indicazioni bibliografiche sono presenti nel volume L’agricoltura e la societa rurale nel Medioevo, «Storia economica Cambridge », vol. 1, Torino 1976, p. 1034; v. inoltre E. Carpentier, op. cit.; E. Perroy, Les crises du XIV" sidcle, «Annales ESC», 2, 1949; H. S. Lucas, The great ‘european famine of 1315, «Speculum », XV, 1930; altri lavori particolari sull'Ttalia centrale sono indicati nelle pagine seguenti. 344 Luciano Palermo della carestia, che come fenomeno storico ha peraltro lasciato tracce assai abbondanti, nulla toglie alla difficoltd di date poi un senso a queste trace per ricostruire i sistemi ideologici ed economici che attorno a questi terribili eventi. sorgevano, e cid pud essere compreso se si considera quanto complessi fossero i fattori che attorno alla carestia si componevano e si scompone- vano con ritmo serrato, La paura ancestrale di restare senza cibo accompagna costantemente la vita dell’umanita medioevale: essa giustifica una concezione ostile della natura, di fronte alla quale Puomo risulta inadeguato e perdente 0, tutt’al pitt, vincitore a prezzo di grandi fatiche; da essa scaturisce il terrore dell'ira di Dio, che con la privazione del cibo ¢ con Ja malattia punisce la malvagita umana; ad essa possono essere ricondotti gli scontri violenti che si verificano in quei momenti in cui appare chiaro che la penuria di cibo & dovuta ai giochi economici dei potenti, che per raggiungere i propri obbiettivi non esitano ad affamare citta ed intere regioni. E possibile comprendere tutto cid attraverso Ja lettura delle cronache? A questa domanda non pud essere data una risposta generica? Ogni cronista ha un suo livello di attendibilita, ha i suoi interessi dominanti, ha una sua cultura, ha una sua capacita di comprendere uomini e fatti, ha un suo modo di esprimersi. Non solo, ma nessuna ctonaca pud sostituire le informazioni che sui contratti agrari, sui livelli di produttivita delle campagne, sulle quantita dei consumi, sulla politica annonaria dei gover- nanti possono essere ricavate da fonti ben pid specifiche, s’in- tende quando ci sono. I dati delle cronache vanno, dunque, con- trollati ed integrati, eppure la loro lettura consente spesso di cogliere aspetti anche assai complessi di questa problematica che nessun dato tecnico da solo riuscira a far emergere. Una prima risposta non genetica all’interrogativo sulla pos- sibilita di utilizzare le cronache quali fonti per la storia delle 2 Secondo il Duby (0p. cit., vol. II, p. 452) non sempre le cronache danno modo di valutare Ia gravita della penuria alimentare. Giudizi simili o contrap- posti presentano gli Autori citati alla nota 10. Carestie € cronisti nel Trecento 345 carestie pud essere fornita dall’esame del caso romano. Nel corso del XIV secolo, infatti, la citta di Roma fu visitata sistematica- mente dal ciclo carestia-epidemia e le sparse informazioni che ci sono pervenute dai vari episodi luttuosi acquistano organicita e quindi rilievo storico quando vengono inserite nell’ampio qua- dro che per molti decenni del Trecento ci viene offerto dalla Cronica dell’Anonimo romano’ e da quella scritta da Giovanni Villani e dai suoi continuatori$ La singolariti della situazione delle fonti della storia economica romana trecentesca, che si con- centrano attorno ad alcune tipologie ed alcune epoche 5 (si pensi ai minutari notarili ¢ 0 alle serie documentarie dei registri e delle lettere dell’Archivio Datini)? mentre sono frammentatie 0 as- senti del tutto per altri momenti pure assai importanti della sto- tia cittadina di questo secolo, rende particolarmente preziosa ¢ significativa la presenza di questi due straordinari scrittori; ’uno, e cio l’Anonimo, direttamente legato all’ambiente culturale ro- 3 ANontmo ROMANO, Cronica, a cura di G. Porta, Milano 1981 (d’ora in avanti: Anonimo). 4G. Vittant, Cronica, con le continuazioni di Matteo e Filippo, Firenze 1845-1847 (dora in avanti:’ Vill: 5 Un esame di queste fonti, accompagnato da una serie di giudizi sulla oro consistenza, si trova in E. Dupri THESEWER, Rona dal comune di popolo alla si Pontificia, in Storia di Roma, vol. XI, Bologna 1952, pp. 718-719. I medesimo Autote parla di un vero ¢ proprio « naufragio della documentazione medievale romana» (‘bid., p. 40). © Sulla consistenza dei minutari notarili romani e sui dati che per la storia economica e sociale possono essere da essi ricavati v. C. GENNARO, Mercanti e bovattieri nella Roma della seconda meta del Trecento, « Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo», 78, 1967; J-C. Mare-Vicurur, Classe dominante et classe dirigeantes @ Rome @ la fin du Moyen Age (1348-1428), in Storia della citta, 1, 1976. 7 Sull’Archivio Datini di Prato v. il fondamentale lavoro di F, Mets, Aspetti della vita economica medievale (Studi nell’Archivio Datini di Prato), Siena 1962; per una possibile utilizzazione di tale Archivio per la storia econo- mica di Roma v. F. Metts, Movimento di popoli e motivi economici nel giubileo del 1400, in Miscellanea Gilles Gérard Meersseman («Italia sacra», 15-16), Padova 1970; A. Escu, La fine del libero comune di Roma nel giudizia dei mercanti fiorentini. Lettere romane degli anni 1395-1398 nell’Archivio Datini, «Bullettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo », 1976-1977, pp. 235- 277; L, Pavermo, Il porto di Roma nel XIV e XV secolo. Strutture socio- economiche e statuti, Roma 1979, p. 103 sgg. 346, Luciano Palermo mano, V’altro, il Villani, « sempre informato ed attendibile »? quando parla di cose romane. I loro scritti sono stati spesso uti- lizzati come filo conduttore per la ricostruzione degli eventi ac- caduti nel Trecento romano e i dati che essi offtono agli studiosi sono stati sottoposti al vaglio pitt accurato ¢ sono risultati_am- piamente confermati dalle altre fonti contemporanee.” Una seconda risposta al medesimo interrogativo & offerta dal costante riferimento che le due cronache qui ricordate fanno alla situazione, nella medesima epoca e cioé soprattutto nella prima meta del Trecento, della citta di Firenze. A parte i pochi cenni che alla citta toscana dedica l’Anonimo, é soprattutto il Villani ad occuparsi di quella che era la sua citta natale. Risalta, anzi, immediatamente agli occhi il continuo parallelismo che questa cronaca presenta tra Roma e Firenze, ed & particolarmente signi- ficativo che si riscontri operante questo parallelismo soprattutto nei capitoli che il Cronista dedica al dispiegarsi del ciclo carestia- epidemia, nei quali Roma e Firenze sono ampiamente privile- giate rispetto alle informazioni che pure il Cronista ci da sulle altre citta e regioni italiane ed europee. Le vicende interne, poli- tiche ed economiche, di queste due citta sono descritte proprio 8 Cf. L. Fetct, La «Vita di Cola di Rienzo » nella tradizione cronachi- stica romana, « Stadi Romani », 3, 1977, p. 325 sgg. Sulla Cronica dell’ Anonimo v. inoltre G. Castettant, I «Fragmenta Romanae Historiae >. Studio prepara- torio alla nuova edizione di essi, « Archivio della Societd Romana di Storia Patria », XLIIEXLIV, 1920-1921; F. A. Ucount, La prosa degli « Historice romanae fragmenta » e della cosiddetta « Vita di Cola di Rienzo», ibid. LVIII, 1935; 1b Prelimizer| al testo critica degli Historiae romance fragmenta, sid.” LXVHT, 1945; G. Conrint, Invito ad_un capotavoro, « Letteratura >, IV, 1940; Ip, Letteratura italiana delle origini, Firenze 1970. ° Il giudizio & di E. Dupré Thescider (op. cit., p. 464); altrove lo. stesso Autore definisce il_Villani «straordinariamente minuzioso nella sua informa- zione » (ibid. p. 457) ¢ « sempre interessato a Roma e bene informato » (ibid., p. 503). Sul Villani ¢ sulla sua Cronica v. G. Aqutteccsta, « Introduzione > 4 Giovanni Villani, Cronica (patti scelte), Torino 1979, con amplissima nota bibliografica alle pp. xxv1t-xxxt 1 Cfr. ad esempio lopera citata di E. Dupré Tuestinen, che segue di pari passo il testo delle due cronache. In particolare per quanto riguarda il Villani € le discussioni sulla attendibilita delle notizie economiche da lui fornice v. A, Savort, L’attendibilita di alcune testimonianze cronistiche dell'economia me- dievale, in Studi di Storia economica medievale, Firenze 1940, p. 127 spg.; A. Frucost, Giovanni Villani, «Cronica», XI,’ 94, « Bullettino dell’Istitato Storico Italiano per il Medio Evo», 77, 1965. Carestie ¢ cronisti nel Trecento 347 nei drammatici momenti della penuria alimentare della diffu- sione delle malattie in modo tale che il lettore non pud evitare di stabilire un confronto tra le due analisi che il testo presenta. Analogie e differenze sono colte assai finemente dal Cronista a ulteriore riprova di una pit che affidabile capacit’ di intuire descrivere il senso degli eventi. D’altra parte, la propensione a stabilire un confronto tra le situazioni delle due cittd scaturiva dalla cultura stessa del Cronista che aveva in mente una idea grandiosa di Roma e della sua funzione nella storia alla quale poi corrispondeva la realta di una cittd misera e dilaniata, che proprio nel Trecento si rivolgeva a Firenze (2 lo stesso Villani a raccontarcelo) per avere un modello istituzionale da imitare." Rispetto per Roma, dunque, ma gusto sottile di dimostrare la superiorita dei fiorentini di fronte agli antichi padroni del mondo: questo é il retroterra culturale che caratterizza il taglio della let- tura degli eventi, e va tenuto ben presente per comprendere il senso dei giudizi che il Cronista ci offre. La presenza del ciclo catestia-epidemia & costante nel rac- conto di entrambi i Cronisti. Dall’insieme delle loro osserva- zioni scaturisce un quadro assai ampio dei vari aspetti attraverso cui si manifestava quella che potremmo definire come una vera propria « cultura della carestia ». Non & difficile comprendere perché questa si sia andata formando: citta come Roma o Fi- renze, ma lo stesso discorso potrebbe essere fatto per qualunque altra citta italiana dell’epoca,” erano costantemente assillate dal problema dei rifornimenti alimentari e regolarmente colpite dalla carestia e dalle malattie che la denutrizione contribuiva a diffon- dere; ® Ja vita di tutti i giorni era, dunque, sempre accompa- 31 Vinuanr, XT, 96, Su questo tema v. oltre alla p. 371 ” Cir, L, A. Korer'ntkova, Mondo contadino ¢ cittd in Italia dall’XI al XIV. secolo, Bologna 1975, p. 99 sgg.; G. Tawacco, La storia politica e sociale, in Storia d’tealia, vol. 2, tomo T, Torino 1974, p. 189 sgg. In particolare per la situazione romana v. P. Brezzr, Il sistema agrario nel territorio romano alla fine del Medio Evo, « Studi Romani », 2, 1977; L. PALERMO, op. cit, p. 39 seg. 8 Cf. L, Gentcor, Crisi: dal Medioevo alletd moderna, Storia econo- mica Cambridge, vol. 1, Torino 1976, p. 803 seg.; C. M. Crrouts, La penisola italiana e la penisola iberica, ibid., vol. 3, Torino 1977, p. 465 seg; E. CaR- 348, Luciano Palermo gnata e condizionata dal possibile sopraggiungere del flagello e dalla necessita di difendersene quando fosse arrivato. La « cul- tura della carestia » seguiva percid lo svolgersi quotidiano del- Lesistenza e si manifestava in tutte quelle forme che in qualun- que modo potewano creare delle barriere difensive di fronte alla fame e alle malattie: intervento nelle strutture economiche, quindi, e talvolta anche in modo assai violento, ma anche co- struzione di una ideologia adeguata, cioé utile a stimolare di volta in volta la lotta o la rassegnazione. Questi vari e contrastanti atteggiamenti affiorano nei testi delle cronache. Sia I’Anonimo che il Villani posseggono una cultura della carestia dotata di caratteristiche sostanzialmente simili. In entrambe le cronache si assiste al confluire in un’unica sintesi culturale di vari elementi ben distinti: vi & anzitutto il ricorso alla volonta divina come giustificazione del sopraggiun- gere e del dileguarsi dell’evento guerra-carestia-epidemia, volonta che si manifesta in modo assai chiaro attraverso straordinari fe- nomeni celesti, veri e propri messaggi che il cielo invia all’uma- nita con valore di ammonimento e di preavvertimento; questo elemento ideologico-teligioso & perfettamente fuso alla descri- zione minuziosa delle condizioni del clima, ulteriore causa di ca- restie e malattie, poiché anche i cataclismi meteorologici sono uno strumento dell'ira di Dio; vi & infine un’analisi, spesso pre- cisa ed accurata delle reali forze economiche e sociali che ope- rano in una fase catastrofica e si rimane spesso stupiti per la chiarezza con cui vengono individuati i meccanismi economici che provocano la penuria e fanno salire i prezzi delle derrate ali- mentari. Tutti e tre questi elementi (ideologico, climatologico ed economico) risultano fusi insieme nel dar luogo a questa cultura complessiva di cui parliamo, & bene sottolinearlo ancora, anche se in sede di analisi dei testi 2 opportuno distinguere ciascuna componente per poterne individuare il ruolo specifico nella men- PENTIER, op. cit., p. 1086 sgg.; _L. Fenvar, La peste noire de 1348, « Annales ESC », 4, 1949. Carestie € cronisti nel Trecento 349 talita del Cronista e le informazioni particolari che offre alla conoscenza della vita cittadina. Il primo di questi elementi, quello ideologico-teligioso, @ presente in modo massiccio nel XIV secolo, ed entrambi i Cro- nisti ne offrono Ja pit: ampia testimonianza. Esso costituisce una vera e propria cornice sacrale, sorretta in egual misura dalla astrologia e dalla religione propriamente detta, entro cui gli eventi luttuosi acquistano una collocazione ed un significato preciso." La migliore formulazione di questa ideologia della carestia ci @ stata lasciata da Giovanni Villani nel secondo capitolo del- Tundicesimo libro della sua opera. Si tratta di un completo mani- festo ideologico che prende Jo spunto da un tetribile cataclisma che colpi Firenze ai primi di novembre del 1333, seguito da un « gran difetto » di farina e di pane. Si chiede dunque il Cronista se queste disgrazie siano avvenute per cause naturali o per vo- lonta di Dio e registra accuratamente le risposte che vennero date a questo interrogativo. Gli studiosi di astrologia attribui- rono le cause dei flagelli al movimento e all’influsso dei corpi celesti; i teologi aggiunsero a cid la considerazione che lo stesso movimento degli astri @ controllato dalla volonta di Dio e dun- que in ultima analisi & a quest’ultima che va attribuita la piena padronanza di cid che accade nel mondo degli uomini. Accet- tando nella sostanza questo ragionamento, il Villani si dilunga nel racconto di tutte le disgrazie da cui Firenze era stata colpita dall’anno 1300 in poi, e l’intera sequela dei fatti @ interpretata come una serie di « battiture e discipline » che Dio ha voluto infliggere all’umanit& peccatrice."" E percid durante il diluvio del ¥ Attorno alla problematica della sacralita medioevale cfr. P. Brezzr, IL Medio Evo alla luce della sociologia religiosa, nella Miscellanea in onore di R. Morghen, a cura dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Roma 197: Ip, Cronache universali e storia della salveza, in Metodologia storiografica é problematica mediaevale, Roma 1975, p. 195 sgg. 15 Questi_medesimi concetti sono presenti nella Introduzione alla prima giornata del Decameron, nella quale il Boccaccio descrive la pestilenza « per operazion de’ corpi superiori o per le nostre inique opere, da giusta ira di Dio @ nostra correzione mandata ». 350. Luciano Palermo 1333 « le pit delle genti di Firenze ricorsono alla penitenzia e comunicazione, e fu ben fatto per appaciare I’ira di Dio ».* Nello schema ideologico che il Villani cosi presenta evento catastrofico, qualunque esso sia, & preceduto da un fenomeno celeste ed & seguito concluso da una manifestazione religiosa. Tl fenomeno celeste pud essere costituito dall’apparizione di una cometa o da una speciale influenza astrale. Anche !’Anonimo romano accetta sostanzialmente questa me- desima impostazione ideologica degli eventi. E mentre il Villani cita come fonti della propria sapienza astrologica i poeti latini Stazio” e Lucano," oltre ai « savi astrolagi » ® che pur senza i nomi compaiono costantemente nel testo della sua Cronica, P’Anonimo si rivolge addirittura al testo aristotelico dei Meteoro- logici.® Tl giudizio sul significato dell’apparizione delle comete e in generale sul valore da attribuire agli influssi astrali & dun- que identico, poiché scaturisce da una linea culturale che aveva tadici assai solide nel Medioevo europeo e da cui entrambi i Cro- nisti sono fortemente influenzati.” Secondo il Villani la cometa «& segno di futura novita al secolo il pit: delle volte in male, e talora & segno di morte di grandi signori, o trasmutazione di regni o di genti, e massimamente nel climato del pianeta che Vha criata, e dove stende sua signoria significa pit: mali, cio® fame, mortalita, novita, e altre gran cose ».” L’Anonimo, ripor- tando le affermazioni di Aristotele, afferma che « questa mai non appare, che non significhi novitati granni, spezialmente so- 16 Vinzant, XI, 2. Si noti anche qui I'uso dell’espressione «ita di Dio ». 1 Tbid., IV, 91. © Ibid. ® Ibid., IV, 24. Aontmo, p. 25. 21 Chr. E, Mest, Die Weltanschauung des Giovanni Villani, Berlin 1927, P. 161 sgg. (Das astrologische Geschichtsbild), p. 174 sgg. (Christentum und Astrologie). V. inoltre le recensioni allopera del Mehl a cura di F. Cu «Nuova Rivista Storica», 3-4, 1929, pp. 336-339, € di N. Caxortt, « Storica Italiana », XLVI, 1930-1931, pp. 102-116. 2 Vintant, XY, 68.

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