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CRISTIANA CASERTA Osservazioni sull’etimologia di stasis ESTRATTO 6-7 Universita degli Studi di Palermo 2004-2005 Osservazioni sull’etimologia di stasis Cristiana Caserta Parole antiche, fenomeni nuovi... e viceversa Nel saggio On revolution, Hannah Arendt osserva giusta- mente come la parola “rivoluzione”, che siamo soliti associare a fenomeni di sollevazione di massa, abbia avuto, fino alla Ri- voluzione Francese (e poco oltre) un significato diametralmen- te opposto. Dopo aver sottolineato come le rivoluzioni moder- ne abbiano ben poco in comune con fenomeni analoghi dell’antichita, Arendt nota come: «Nulla potrebbe essere pit lontano dal significato originario della parola “rivoluzione” che Videa da cui tutti i protagonisti delle rivoluzioni sono stati pos- seduti e ossessionati: quella cioé di operare attivamente in un processo che segna la caduta definitiva di un vecchio ordine e porta alla nascita di un mondo nuovo»!. “Rivoluzione” indicd infatti nel linguaggio scientifico il moto regolare degli astri che ruotano secondo leggi immutabili e, metaforicamente, |’idea di un destino umano governato da costanti di tempo immemorabi- le, quali il sorgere e il tramontare del sole. Da cid deriva che, quando nel 1688 la “Rivoluzione Gloriosa” spodestd gli Stuart dal trono di Inghilterra, l’evento fu inteso come una restaura- zione del potere monarchico nella sua precedente legittimita, cioé, correttamente, come un movimento di ritorno a un qual- " ARENDT, Sulla rivoluzione, Milano 1983 (1963), 41. 5u105 6-7 (2004-2005), 69-88 70 Cristiana Caserta che punto determinato: «Le rivoluzioni — conclude Arendt — (...) erano intese come restaurazioni»?. Paolo Viola dimostra in modo convincente come i rivoluzionari, negli anni immediata- mente precedenti al 1789, intendessero “finire la rivoluzione”, cioé «bloccare la rivoluzione con cui il re tentava di accrescere la propria sovranita, e di riequilibrarne il potere con il ricorso alla conservazione, garantita dal consenso popolare, delle anti- che istituzioni del regno.» Quando il 14 luglio 1789 Luigi XIV apprese dal duca de La Rochefoucauld-Liancourt della caduta della Bastiglia, ebbe luogo — si dice - un famoso dialogo: al re che esclamé: «C’est une révolte!» Liancourt rispose: «Non, Sire, c’est une révolution». Nella parola greca stasis é sempre stata avvertita dagli stu- diosi una frattura fra ’etimologia, che rimanda ad una “posi- zione” e l’uso, che viceversa implica un “movimento”. Nel primo capitolo de La cité diviseé, molto opportunamente Nico- le Loraux ricorda come questa “complicazione” fosse messa in evidenza da Finley, secondo il quale l’evoluzione semantica di stasis doveva essere ricercata non «dans la philologie mais dans la société grecque elle-méme»+. ? Su cid vd. ancora ARENDT, Sulla rivoluzione, cit., 39 € ss. Una messa a punto della moderna nozione di rivoluzione, nata dagli avvenimenti della rivoluzione francese in P. VIOLA, I] trono vuoto. La transizione della sovra- nita nella rivoluzione francese, Torino 1989, sopratutto nei capitoli 1 ¢ 2 della Parte Prima: Terminare la rivoluzione. > VIOLA, II trono vuoto, cit., 20. *'N. LORAUX, La cité divisée, Paris 1997, 20: la citazione & trata dalla traduzione francese di M. FINLEY , L ‘invention de la politique, Paris 1985, 94. ————K tl Osservazioni sull’etimologia di stasis 1 Exéoig é nome d’azione che rimanda alla radice di omy, tenere dritto (skr. sthrti; d-stha-m dalla radice indoeuropea * stha, stare fermo, sussistere, tenersi a; da cui il greco totmpt e il latino sto, statua, status, sisto etc) e indica propriamente il collocamento, la posiziones. Da questo originario stare (dritto, fermo, in piedi) si sarebbe giunti, secondo l’evoluzione seman- tica ipotizzata dagli studiosi, ad un pit specifico prendere posi- zione, sollevarsi da cui far parte di un partito, di una banda. Fra gli aspetti della sasis, risultano privilegiati, in tal mo- do, quelli relativi alla divisione, alla fazione, allo schieramento costituito contro un altro schieramento®. Sia Glotz che Fustel 5 Come risulta da uno spoglio dei lessici: cfr., s.vv., P. CHANTRAINE, Dictionnaire étymologique de la langue grecque, Paris 1983-84; A. ERNOUT — A. MEILLET, Dictionnaire étymologique de la langue latine, Paris 1965; G. FATOUROS, Index verborum zur friigriechischen Lyrik, Heidelberg 1966; H. FRISK, Griechisches Etymologisches Wérterbuch, Heidelberg 1960-72; HG. LippELL - R. Scott, A Greek-English Lexicon, Oxford 1968; Revised Supplement, Oxford 1996. Sulla formazione del nome col morfema — orc, P. CHANTRAINE, La formation des noms en grec ancien, Paris 1933, 275 © Cfr. P. RADICI COLACE - E. SERGI, ZTAZIE nel lessico politico greco, in ASNP serie IV V,1 (2000), 223-236, 226 e n. 10, che mette in evidenza la difficolta di selezionare una valenza univoca, persino all’interno di uno stesso autore. Sull’etimologia di stasis: C. MILANI, II lessico dell’opposi- zione politica nel mondo antico, in M. SORDI (ed.), J santuari e la guerra nel mondo classico, CISA X, Milano 1984, 3-12; N. LoRAUX, Thucydide et Ja sédiction dans le mots, in «QS» 23 (1986), 95-134; P. BOTTERI, Stasis : le ‘mot grec, la chose romaine, in «Métis» 4,1 (1989), 87-100. In generale, sul fenomeno politico: D. LOENEN, Stasis, Amsterdam 1953; R.P. LEGON, Demos and Stasis, Diss. Cornell University 1966; P.F. MUSTACCHIO, The Concept of ‘Stasis’ in Greek Political Theory, Diss. New York 1972; B. Ru- SCHENBUSCH, Untersuchungen zu Staat und Politik in Griechenland vom 7.- 4. Jh. V. Chr., Bamberg 1978; G.E.M. DE STE CROIX, The Class Struggle in the Ancient Greek World, London 1981; A. Lintort, Violence, Civil Strife and Revolution in the Classical City, 750-330 B.C., Baltimore 1981; M. CicciO, Guerre, otdoeg e dovdia nella Grecia del V secolo a.C., in M. 72 Cristiana Caserta de Coulanges — nota Loraux - traducono stasis con “guerra ci- vile”, rimandando alla “mentalita agonistica” che da Burkhardt in poi é parsa caratteristica del modo di vivere dei Greci’. Senza pretendere di dirimere una questione complessa ¢ sulla quale gia molti studiosi sono intervenuti autorevolmente, é possibile fare alcune riflessioni ¢ considerare la possibilita di Sorp! (ed.), J santuari e la guerra nel mondo classico, CISA X, Milano 1984, 132-41; A. FUKS, Social Conflict in Ancient Greece, Jerusalem- Leiden 1984; H.-J. GEHRKE, Stasis. Untersuchungen zu den inneren Kriegen in den griechischen Staaten des 5. und 4. Jahrhunderts v. Chr., Miinchen 1983 e ID., La «stasis», in I Greci, a cura di S. SETTIS, II 2, Torino 1997, 453-80; N. LORAUX, Oikeios polemos: la guerra nella famiglia, in «Studi Storici» 28 (1987), 5-35; EAD., La Guerre civile grecque et la représen- tation anthropologique du monde a l’envers, in «RHR» 212 (1995), 299- 326; S. BERGER, Revolution and Society in Greek Sicily and Southern Italy, Stuttgart 1992; L. MANOLOPOULOS, Zrdoets, Enavdoraceic, Newtepiopoc. SyuBoay omnv soevve: tig nodueuxis opohoyias twv apyotov EArjfvov, Thessaloniki 1991; M. MoGGI, ‘Stasis’, ‘Prodosia’ e ‘polemos’ in Tucidide, in M. Sorp!I (ed.), Fazioni e confine nel mondo antico, CISA XXV, Milano 1999, 41-72: M. CAGNETTA, La peste e la stasis, in «QS» 53 (2001), 5-36; M. INTRIERI, Bionog 88GoKaAos. Guerra e stasis a Corcira fra storia e sto- riografia, Soveria Mannelli 2002. 7 Loraux, La cité, cit., 20; altre definizioni (e usi) nella storiografia moderna sono raccolte da RADICI COLACE- SERGI, ASNP serie TV V,1, 226- 27 e nn. 9-13 (Finley: «raggruppamento politico (...) fazione (...) aperta guerra civile»; Sinclair: «crisi della vita politica, rivolta»; Mazzarino: «sol- levazione», «insurrezione»; Newman: «faction»). Pud essere interessante segnalare ’adozione di stasis nella terminologia medica, in particolare im- munologica: le malattie autoimmuni, quelle cioé in cui il sistema immunita- rio attacca l’organismo stesso, sono spesso descritte nella manualistica cor- rente con metafore militari. La malattia autoimmune per il suo carattere pu- ramente riflessivo ¢ appunto «una sfdsis: (...) una forza che si rivolta contro la sua medesima sostanza provocando l’annientamento di tutto cid che la circonda». Traggo l’osservazione da R. EsposiTO, Jmmunitas. Protezione e negazione della vita, Torino 2002, 196-97 con ampio commento. Osservazioni sull’etimologia di stasis B un diverso percorso semantico, a partire dal comune riferimen- to del latino revolutio ¢ del greco stasis al mondo astronomico. Il significato “politico” e quello “astronomico” di stasis sono sempre stati analizzati separatamente, ma l’analogo svi- luppo di revolutio e quello, di cui si dira fra poco, di iustitium, consigliano di verificare anche per stasis V’ipotesi di una conti- guita fra le due sfere. Se risaliamo a totmpv totopon, spinti anche dal fatto che la lingua omerica non conosce stasis ma usa frequentemente il suo radicale, una breve indagine porta a ritenere che il senso primo piu probabile sia quello di «collocarsi», «mettersi», «sta- re». In particolare sembra che totoyion si riferisca ad un «met- tersi fermo» come esito di una precedente azione di movimen- to. Cosi quando qualcuno rivolge la parola ad un interlocutore lo fa &yxod iotéevog dopo essersi fermato vicino (Od. 4, 25). Del resto anche quando é usato in senso transitivo il significato originario sembra quello di «porre qualcosa in uno stato di quiete» e dunque, quando si tratti di oggetti, «collocare». Sia che vengano drizzati l’albero della nave, o l’asta o le lance, il verbo indica una azione che per realizzarsi necessita di un pre- cedente movimento, come é evidente quando si tratta di «fer- mare» navi, cavalli, schiere. In cid tot totoyon differisce dal «restare» di péve (cfr. lat. maneo). “Iotypit si usa dunque quando si vuole indicare una so- spensione volontaria 0 indotta di attivita, quando cid che nor- malmente si muove — seguendo il movimento di qualcuno che lo porta 0 muovendosi autonomamente — si ferma, in modo temporaneo o definitivo. Cosi, in Od. 17, 463, quando Antinoo, tirandogli uno sgabello colpisce alle spalle Odisseo, che si sta- va allontanando da lui (&vayxmproasg), Odisseo non cade a terra ma éotd6n tite nétpE si arrestd stando saldo come pietra. Il carattere, per cosi dire relativo del “posizionamento” conseguente all’azione di totnpt/ totoyzon percorre la vicenda della radice anche in altre lingue. L’italiano infatti usa 74 Cristiana Caserta l’aggettivo «statico» con una leggera connotazione negativa: € «statico», in genere, colui che sta fermo...e dovrebbe invece muoversi o si vorrebbe vedere in movimento; analogamente «stasi» si dice di situazioni non propriamente positive (pil gra- ve é l’affine «stallo»), cui gioverebbe un movimento, e la posi- tivita parziale dell’aggettivo «stazionario» riguarda, per esem- pio nel caso di un malato, pit un non-aggravamento che una guarigione. Lo stesso valore di sospensione ha il latino sto® nell’espres- sione proverbiale in medio stat virtus: la virti sta sospesa fra due poli, come la altrettanto proverbiale misura, il punto di e- quilibrio e di sospensione fra due piatti della bilancia. La valenza per cosi dire “negativa” dello «stare fermo, ar- restarsi» di totoy1or e del «collocare» di torn rispetto ad un precedente e consueto movimento é molto chiara laddove il verbo é usato insieme alla locuzione é¢ pécov’. Nell’episodio della mensa, concluso dal lancio dello sgabello, Odisseo trave- stito da mendicante, prima di essere colpito dallo sgabello di Antinoo, aveva chiesto — su consiglio di Atena — degli avanzi del cibo ai pretendenti riuniti a banchetto. Ad un certo punto le cose si mettono male e Antinoo vuole cacciarlo: mostra minac- 8 Non si pud non pensare all’italiano «stare» che ha la valenza di «stare sospesi» nel celebre verso ungarettiano «Si sta/come d’autunno/sugli alberi le foglie», Nella letteratura italiana sono innumerevoli le attestazioni di «stare» con la valenza di «essere sospesiv. Valga per tutti la «stasis» del «volgo disperso» nel coro dell’atto terzo dell’ Adelchi: «S’aduna voglioso, si sperde tremante;/ Per torti sentieri, con passo vagante,/ Fra tema e desire, s’avanza e rista;». °'E¢ péoov «sta fermo» (otf) chi parla in assemblea, compiendo un movimento — dalla sua posizione originaria, in mezzo agli altri, alla posi- zione visibile e centrale dell’ oratore — che si arresta quando giunge «al cen- tro», centro da cui il movimento riprendera in senso inverso al termine del discorso. Sul nesso fra pésov e otéo1g ha molto indagato N. Loraux: vd. infran. 17. Osservazioni sull'etimologia di stasis 15 cioso lo sgabello per intimare ad Odisseo di allontanarsi. Co- stui, con movimento repentino, mentre stava ormai per tornare alla soglia, si fermé (oti) presso Antinoo per chiedere gli a- vanzi anche a lui. Antinoo allora gli intima di allontanarsi dalla mensa e di fermarsi nel mezzo: otf’ ott &¢ pésov. Allo «stare» di Odisseo minaccioso per Antinoo, costui contrappone un ordine di «stare» pericoloso per Odisseo: il pésov é uno spazio compreso fra la soglia, raggiungendo la quale Odisseo sarebbe sfuggito all’ira violenta di Antinoo, e la mensa, di cui Antinoo é (per usurpazione) padrone. Odisseo, la cui «sospen- sione» del movimento verso la soglia era parsa minacciosa all’usurpatore, deve ora «muoversi» per giungere, nel mezzo della sala, ad una posizione accettabile. Fermo nel mezzo, Odisseo sara esposto alla violenza di Antinoo, senza condiv! derne lo spazio, in una situazione innaturale di attesa e di so- spensione. Lo stare, la sospensione del movimento é attuata da Odisseo e giustamente avvertita da Antinoo, come un pericolo, perché interrompe il movimento convenzionale ritenuto so- cialmente accettabile e viola gli spazi di potere. Veniamo dunque alle valenze non politiche di otéo1c. Nel secondo libro delle Storie, Erodoto, discutendo il fenomeno della piena del Nilo, si sforza di immaginare cosa accadrebbe modificando la direzione consueta dei venti!°. Egli ha prima descritto il comportamento dei venti e del sole in termini di movimento - il sole «attraversa», «passa» in mezzo al cielo; i venti «soffiano» da una regione ad un’altra (da nord a sud 0 vi- ceversa) - € in termini di stasis delle stagioni e dei venti. Par- tiamo da quest’ ultima: la stasis di borea é Ja parte del cielo in cui (borea) sta 0, come ha detto prima, la regione da cui (borea) '° HEROD, II 26,2: Se la posizione (otéo1s) delle stagioni cambiasse, e nella parte del cielo dove ora stanno (éotGa1) borea e linverno ci fosse il posto (otto1¢) di noto e del mezzogiorno, e dove ora c’é noto ci fosse bore- a, se dunque cosi stessero le cose (...). 16 Cristiana Caserta soffia; € come un punto (il nord) che si immagina fermo e dal quale il vento proviene, un punto che interrompe il movimento del vento, che ne spezza la continuita segnandone I’inizio. Sta- sis del vento é il punto di inizio, la zona da cui proviene, in cui — potremmo dire — si forma. Analogo il discorso per le stagioni. Occorre infatti ritenere che anche l’avvicendarsi delle stagioni venisse in termini di movimento; e in effetti di esse, in molte lingue fra cui italiano, si dice che «vengono», «si avvicenda- no», «si avvicinano», «si allontanano». La stasis delle stagioni sara dunque il momento in cui «si fermano». II posto, la sede di una stagione é il momento (la serie di giorni o di mesi) in cui essa non «va» né «viene», ma sta ferma, in cui dunque fa sta- bilmente caldo o freddo. Se pensiamo che, in un anno con tre 0 pid stagioni, ciascuna «sta ferma» per una frazione di anno, possiamo anche pensare alla sua stasis come ad una sospensio- ne di quello che viene immaginato come un corso, un movi- mento. La stasis ¢ dunque, in questa accezione, una sospensione, un fermo di qualcosa che nel fermarsi interrompe il suo norma- le movimento, che poi riprendera nuovamente. Cid & evidente anche nelle locuzioni in cui totmpt ha come oggetto pw (la contesa), pfjvwv (lira), moAepov (la guerra)'!: ’azione del verbo @ infatti di bloccare, fare fermare, rendere stabile 0 irreversibile qualcosa che, altrimenti, sarebbe transitorio e passeggero (Vira, la discordia); ovvero, come nel caso di mOAepov, di portare in un luogo, sopraggiungendo, qualcosa precedentemente assente (la guerra in un luogo che era in pace). Mi sembra invece pit interessante richiamare il caso in cui si dice totopoa per esem- pio di un turbine, una nuvola!?. In questi casi un qualsiasi vo- cabolario suggerisce di tradurre con «sollevare», «alzare». Il 1 Rispettivamente HOM. Od. 19, 11; SoPH. Or., 699; HOM. Od. 11, 314. ? Ho., IL, 12, 336. Da Osservazioni sull'etimologia di stasis 11 turbine, la nuvola di polvere ovviamente non devono in nessun modo essere fissate 0 collocate, ma esse sono in qualche modo «poste in mezzo», cioé sospese a mezz’aria. L’azione del verbo é quella di modificare un precedente stato e tale modifica ¢ proprio una «sospensione temporanea» di uno stato precedente: il turbine di polvere é una sospensione momentanea del norma- le stato di quiete della polvere stessa. Riassumendo: iotnpt é «sollevare» perché cambia tempo- raneamente il movimento di qualcosa che solitamente, o in quel preciso momento é fermo (un turbine di polvere). In stasis é dunque la natura delle cose che si fermano 0 sono fermate a de- terminare se essa consista in un blocco (pil spesso) o in un movimento (pili raramente). Come un’erma bifronte stasis & movimento e/o immobilita: come nel comando «facite ammui- na» della marina borbonica, nella stasis cid che si muove deve fermarsi, cid che é fermo deve muoversi; cid che é in basso de- ve stare sospeso in aria, cid che é caduto deve essere messo in piedi, cid che é ai margini deve andare in mezzo. Alla luce di queste osservazione vorrei provare ad analiz- zare un passo molto noto in cui stasis ha una valenza nettamen- te politica!. * Non sono affatto convinta della valenza esclusivamente politica delle attestazioni di s/asis nei lirici. In Alceo 208a, fr. 1 Voigt, N. Loraux, alla luce della metafora della nave, intende la stasis come rottura della polis in due parti uguali, con il conflitto insediato nel mezzo. Il conflitto nascerebbe cosi dall’attrito fra forze bilanciate e contrarie. Cfr. LORAUX, La cité, cit., 95 € ss. con interessanti osservazioni su «conflitto» e «sospensione». Sul signi- ficato di stasis nel celebre frammento ritengo preferibile quanto osserva P. Radici Colace in RADICI COLACE-SERGI, ASNP serie IV V,1, 232 € n. 38 che giustamente riporta oéoig al significato di «punto da dove spira il ven- to». Nel frammento, l’autore gioca, a mio avviso, con i due significati, me- teorologico e politico, del termine: non essendo possibile comprendere, riu- scire a scorgere la direzione (il punto cardinale da cui spirano) dei venti (stasis in senso meteorologico), la nave non pud andare né avanti né indie- 78 Cristiana Caserta Si tratta del racconto erodoteo del primo dei vari tentativi di Pisistrato di prendere il potere ad Atene!*. Secondo Erodoto, Pisistrato, (..) orasatovtav tov napéhov Kail tov ék to nediov "ABnvatiov (...) Koctougpovtigas Thy Topawiba. Hyewpe tity ordaw, ovadééag 8& otaoidtag Kai 1 Aoyw wav dmepaxpiov mpooriss pnyavartoan Torside. (...) mentre fra gli Ateniesi della costa e Ateniesi dell’interno era in corso una stasis, (...) mirando alla tirannide, suscit6 una terza stasis; dopo aver raccolto stasiotas, ed essersi proclamato a ca- ‘po degli abitanti della montagna, macchind queste cose. Se da un punto di vista pit generale di storia politica, V'usus di Erodoto sembra attestare una ulteriore specializzazio- ne del vocabolo nel senso di «fazione, gruppo politico», gli studi di Ghinatti sulle vicende politiche ateniesi in questa fase del VI secolo a.C., hanno perd chiarito come non si possa anco- ra parlare di schieramenti di classe, quanto piuttosto di «clans nobiliari» contrapposti su basi territoriale!’. Cid sembra con- tro, & sospesa in mezzo al mare, preda delle onde ¢ impossibilitata all approdo (stasis in senso politico). Fra i due tipi di stasis 1’ analogia po- sta, mi pare, pid sul piano del rischio, della pericolosita di una tale situazio- ne. Valore politico va attribuito, a mio avviso, non tanto alla stasis dei venti quanto al éooov, I'«alto mare» in cui la nave viene a trovarsi. Anche nel frammento 11, benché il contesto sia politico, stasis, sopratutto se regge — come sembra, dato il carattere lacunoso del frammento — mpds ¢ Paccusativo, ha ancora il valore di tormt in Omero, quello cio’ di «fermar- si presso qualcuno minacciosamente», «prendere di petto qualcuno», Per questo motivo mi sembra che il senso del verso sia «non & la miglior cosa prendere di petto chi é pitt potenten: Alceo sta infatti spiegando perché si trovi in esilio, solitario come un lupo. \4 HEROD., I 59,3. Su questa digressione, famosa, vd. il commento di D. AsHERI in ERODOTO, Le storie. Libro I. La Lidia e Ia Persia, Milano 1988, 301-304. iS p GHINATTI, I gruppi politici ateniesi fino alle guerre persiane, Roma 1970. Osservazioni sull’etimologia di stasis 19 fermato dal fatto che Pisistrato non tende ad inserirsi con i suoi seguaci in una lotta gia in corso, ma a “costituirsi” come terza forza radicata nel territorio. Ztaovwtn¢ vale «qui seditiones concitant», in base a Suda, s.v. otac@tar; otaordto, frequen- tissimo in prosa con valore intransitivo e forma attiva, usato as- solutamente o con preposizioni, condivide sostanzialmente le oscillazioni di significato attribuite a stasis!®. E dunque soltan- to l’esame del contesto a chiarire se anche alla base degli usi “politici” di stasis possa esserci una sospensione. Torniamo quindi al resoconto erodoteo. Pisistrato — ci in- forma Erodoto — giunge sull’agora con delle ferite (che egli stesso si é procurato), come se fosse appena sfuggito a nemici che avessero voluto ucciderlo mentre si recava in campagna, e chiede un guardia del corpo. Gli Ateniesi gli credono e gli con- cedono di farsi scortare da Kopvvnpépot, «portatori di randel- lo». Con questi egli insorge (cvvenavaothvtes) e occupa l’acropoli. Cominciamo col notare l’uso del verbo che indica in senso tecnico l’insurrezione (é€navéotaoig) e soffermiamoci sulla questione della guardia. Essa é confermata da Aristotele, il quale aggiunge che in quell’occasione Solone appese le armi alla porta di casa, disse che avrebbe fatto di tutto per difendere la citta e che esortava i concittadini a fare altrettanto!’. Strata- gemmi analoghi, col fine di armare i seguaci e disarmare tutti gli altri cittadini con |’inganno, sono attestati dalle fonti per molti tiranni arcaici'’. Mi pare sensato ritenere quella di Solone una “controproposta”: egli esortava i cittadini a difendere la citta e se stessi non da Pisistrato ma da quel pericolo che Pisi- strato aveva additato, quei nemici che mettevano a repentaglio '© RADICI COLACE- SERGI, ASNP serie IV V,1, 225. " aristor., Ath.Pol. 14,2. '8 Vd. per es. POLYAEN. VI 51 (Terone di Agrigento). 80 Cristiana Caserta la sicurezza della campagna. Difendersi, dunque, ¢ non affidare ad un singolo individuo la sicurezza collettiva. Ora, proprio la questione delle armi é il punto principale: armarsi o tenere le armi a portata di mano per difendere la pro- pria vita e quella della comunita comporta una situazione pecu- liare. Non si tratta infatti di una guerra esterna combattuta in modo regolare contro un esercito nemico schierato e visibile, preceduta e seguita da procedure particolari, quanto piuttosto di un allarme diffuso, di un’emergenza, di una condizione di insi- curezza che Tucidide considera caratteristica di tempi antichis- simi o di zone selvagge, e superata ad Atene ben prima che in altre poleis!. E questa — mi sembra — la sospensione che stasis indica: sospensione delle normali attivita, e del normale andare in giro disarmati, per fronteggiare una situazione di pericolo”®. Da questo tipo di contesto deriva la locuzione otéorks te Kol B- gvAot govor”!: non si trata di una mera ripetizione; stasis com- porta uccisioni, le quali sono “legittimate” dalla situazione di insicurezza e di pericolo generalizzato, della sospensione delle normali consuetudini e leggi. Per quanto concerne le altre due staseis (dei Parali e dei Pediei): la costruzione sintattica col ge- nitivo assoluto non implica affatto che si trattasse di gruppi in lotta fra loro, mentre pud ben indicare che vi fossero dei disor- dini, delle situazioni di pericolo, sia fra gli abitanti della costa sia fra quelli dell’interno; che Pisistrato voglia dar vita ad una terza stasis pud voler dire a questo punto che egli mirava a far nascere un terzo focolaio di disordini e dunque a generalizzare © THuc. 1 6,3. 2 probabilmente cid comportava anche l’interruzione del normale fun- zionamento delle magistrature: ARISTOT. A/h.Pol. 13, 1 registra alcune la- cune nell’elenco degli arconti.. 21 THEOG. I, 52. Osservazioni sull'etimologia di stasis 81 e a far apparire come esteso a tutto il territorio dell’ Attica il pe- ticolo. Stasis ha infatti, nel testo erodoteo che stiamo esaminando, un significato puntuale che mal si accorda alla lunga durata ne- cessariamente implicata dall’idea di «costituire una forza poli- tica» o «fondare un partito». Essa é si un prendere posizione, ma non nel senso di scegliere, in base ad interessi determinati, fra opzioni politiche nette, bensi in quello del sospendere, o meglio, causare la sospensione di tutto cid che era in movi- mento, in corso, e che tornera ad esserlo. Tale sospensione, in quanto sospensione della sicurezza, ¢ naturalmente intesa come minacciosa e pericolosa per la comunita, ma in essa non sono le persone a prendere posizione: stasis é fenomeno “intransiti- ‘o”, & un trovarsi in alto mare, un pericoloso allontanamento dalla sponda rassicurante del consueto funzionamento delle co- se col rischio di restare bloccati in mezzo, proprio come nella famosa metafora di Alceo”2. Stasis, iustitium e paura Ecco che stasis, sorprendentemente, si rivela il contrario di revolutio, in quanto revolutio é, fino alla rivoluzione francese, una restaurazione, un ripristino di qualcosa che era stato inter- rotto e sfasis € appunto tale interruzione. A questi due termini astronomici “prestati” al lessico politico, possiamo aggiunger- ne un terzo, partendo da una osservazione di Aulo Gellio circa l’etimologia di una istituzione poco conosciuta del diritto ro- mano e per molti versi affine alla stasis, il iustitium, sulla quale ha di recente richiamato |’attenzione Giorgio Agamben?3. 2 Vd. supra n. 13. * G. AGAMBEN, Stato di eccezione, Homo sacer, Il, 1, Torino 2003, specialmente 55-67. Sulla contiguita fra stasis e iustitium, vd. HS. VERSNEL , Inconsistencies in Greek and Roman Religion II. Transition and 82 Cristiana Caserta Un iustitium veniva proclamato a Roma in occasione di un tumultus, cio di una emergenza causata da una guerra esterna © interna: esso consisteva in una sospensione del diritto (ius) che consentiva ai magistrati ed ai cittadini di prendere delle mi- sure di emergenza ritenute necessarie per la salvezza stessa del- la repubblica”. I grammatici latini spiegano Vetimologia di iu- stitium in questo modo: quando ius stat sicut solstitium dicitur, «si dice iustitium quando il diritto sta fermo, come [il sole nel] solstizio». Il iustitium sarebbe dunque, secondo Aulo Gellio, iuris quasi interstitio quaedam et cessatio, «quasi un intervallo ed una cessazione del diritto»?>. In Phil. 5,12 Cicerone ci informa di una proclamazione di iustitium nell’ occasione della minaccia di Antonio di dirigersi in armi verso Roma: in quell’occasione Cicerone si rivolse al Senato affermando la necessita di dichiarare lo stato di tumul- tus e proclamare il justitium. Si tratta, come si evince facilmen- te dal contesto, di mettere da parte i vincoli che la legge poneva all’azione dei magistrati in modo da consentire loro di prendere qualunque decisione — anche mettere a morte un cittadino ro- mano - reputata necessaria per far fronte ad un pericolo estre- mo, Il diritto viene sospeso per evitare il conflitto che potrebbe insorgere fra la difesa strenua dell’esistenza stessa dello stato ed i normali obblighi ¢ doveri dei cittadini di fronte alla legge. Il iustitium non consiste nel creare ex novo una magistratura 0 nel prorogare eccezionalmente magistrature terminate, ma nel creare un vuoto giuridico. Le azioni compiute durante questo periodo, che ha termine quando sia cessato il pericolo, non co- stituiscono trasgressione né esecuzione della legge e possono Reversal in Myth and Ritual, Leiden-New York-Kéln 1993. Sull’istituto dello iustitium, vd. RE Pauly Wissowa, X 2, 1339-1340. 24 Cf. Liv. 1 9,7; 10 4,2; Clic. Phil. 5,12. 25 GEL. XX 1,43. Osservazioni sull'etimologia di stasis 83 venire giudicate, in base alle circostanze, soltanto quando il di- ritto sara ripristinato?6. Nel sintagma quando ius stat, lo stare del diritto ha dunque la valenza — secondo Agamben - di una cessatio, di un fermarsi rispetto, evidentemente, ad un essere in vigore ed in questo senso muoversi, funzionare del diritto?7. Nel diritto costituzio- nale romano, il iustitium & contiguo tanto al fumultus quanto al senatus consultum ultimum. Tumultus non é una forma partico- lare 0 intensificata di bellum, quanto piuttosto uno stato di di- © L'analogia fra stasis e iustitium illumina un carattere della stasis che, benché sottolineato dagli studiosi, sembrava finora pertinente al campo della metafora politica piuttosto che alla sfera del diritto. Mi riferisco all’aspetto di «mondo alla rovescia» che la stasis sovente comporta e che potrebbe rivelarsi, pid! che una semplice immagine, proprio una dimensione originaria. Cf. LORAUX, «RHR» 212 (1995), 299-326. Quella del «mondo alla rovescia», & una esperienza reale delle comunita inscenata in modo ri- tuale in alcuni momenti fondamentali della vita sociale, quali l’iniziazione giovanile, il «carnevale», il lutto. E interessante notare come, in etd imperia- le, il termine iustitium subisca un’evoluzione semantica che lo porta ad ac- quisire proprio il significato di lutto, o pit precisamente di lutto pubblico: Pevoluzione sembra avvenire nel periodo compreso fra la morte di Cesare e la morte di Germanico, eventi che furono vissuti dai Romani in una atmo- sfera a meta fra la svasis ¢ il funerale. E stato sottolineato spesso come, du- rante la stasis, a crollare sia proprio la norma, la consueta distribuzione di ruoli, non diversamente da quanto accande nei riti di «reversal». Tucidide, in III 73, racconta che durante la stasis di Corcira, modello di molte altre staseis, entrambe la parti in lotta invitarono gli schiavi a combattere in cam- bio della liberta. Sempre in questa occasione, Tucidide fa cenno ad una par- tecipazione delle donne, che combattevano scagliando tegole dai tetti delle case ¢ mostrando un coraggio superiore a quello loro proprio per natura. Cf. INTRIERI, Bicnog B8écKoA0G, cit., 96 € ss. Una discussione accurata di questi problemi porterebbe troppo lontano e richiederebbe ulteriore e ampio spazio, motivo per il quale mi ripropongo di affrontarla in altra sede. 77 Non diversamente, nell’italiano corrente, quando da parte di una istituzione preposta si ipotizzi, per un’azione umana, una trasgressione della legge, si dice che «si & messa in moto la macchina della giustizia». 84 Cristiana Caserta sordine, di agitazione che si verifica come conseguenza di una guerra; esso é spesso effetto della notizia di una sconfitta (Liv. 10 4,2) o di una invasione o pericolo imminente. Decretato il tumultus, il Senato emetteva un senatus consultum ultimum, un appello ai magistrati e ai cittadini ad organizzare opportuna- mente le necessarie difese per l’incolumita personale e per tute- lare l’esistenza stessa dello stato. Nel caso di Phil. 5, 12 prima ricordato, Cicerone ritiene necessario saga sumi, deporre le to- ghe per prepararsi a combattere (non sfugga l’analogia con Pesortazione di Solone a difendere la cittd in armi personal- mente piuttosto che assegnare la guardia del corpo a un singo- lo). Justitium, tumultus e senatus consultum ultimum configu- rano dunque una situazione u/s, «al di 1a», al limite estremo dell’ordine giuridico che non pud sussistere — ¢ deve essere so- speso — in momenti di eccezionale gravita’*. Al di la del diverso grado di istituzionalizzazione fra i due ambiti, greco e romano, per cui il dispositivo che blocca Vapplicabilita del diritto é previsto gia dal diritto stesso, laddo- ve la stasis ha un carattere pil estemporaneo”®, non si pud non scorgere una analogia di configurazione**, avvalorata dalla contiguita di stasis a situazioni di paura e di pericolo estremi. 28 Seguo in questa analisi le conclusioni cui giunge AGAMBEN, Stato di eccezione, cit. 2° Soltanto il campo della legislazione prevede, nel diritto greco, un di- spositivo simile: si tratta della accusa di illegalita (ypah napavopov) che colpiva chiunque avesse proposto una legge contraria alle leggi vigenti: tale tutela venne infatti abolita dai dieci Evyypagfig cvtoxpétopes nell’assem- blea di Colono che instaurd il regime dei Quattrocento. Cfr. THuc. VIII 67,2 € ARISTOT., Ath. Pol. 29,4. 3° Cfr. A. SCHIAVONE, Jus, L’invenzione del diritto in Occidente, Tori- no 2005, 51 e ss. Jus, e il corrispondente iurare sono parole dal passato re- motissimo che mancano di corrispondenti nella lingua greca e che indicano «uno stato di conformita secondo Ia prescrizioni dei riti», una «formula di conformity. Non soprende dunque che Tucidide III 82,7 descriva la stasis ieee Osservazioni sull'etimologia di stasis 85 Quando, in piena guerra del Peloponneso, nella tarda estate del 411, giunse a Atene la notizia della disfatta della flotta in- viata ad Eretria al comando dallo stratego Timocare e tutta 1’Eubea, tranne Oreo, fu indotta alla ribellione dagli Spartani*', si produsse immediatamente una &xmebts peyiom™; pill grande, a detta di Tucidide, dello sgomento provocato dal disastro in Sicilia: si temeva infatti che la vicinanza degli Spartani indu- cesse gli alleati ad accorrere in aiuto di Atene, lasciando incu- stodite le loro poleis ¢ rendendo tutto |’impero una facile preda per i nemici o che gli Spartani ponessero |’assedio ad Atene stessa>?. Proprio la paura per una situazione estrema quale il possi- bile assedio (un assedio dal mare e dunque una situazione pitt pericolosa di quella sperimentata nella guerra archidamica) de- termin6 la stasis. Cid si evince con chiarezza da Thuc. II 65, 11 dove é contenuta una periodizzazione della guerra che ha susci- tato la perplessita degli studiosi: lo storico sostiene che, dopo la disfatta dell’esercito e della flotta in Sicilia, e mentre la citta era gia in preda alla stasis, gli Ateniesi resistettero per tre anni agli Spartani cui si erano aggiunti i Sicelioti e la maggior parte degli alleati che si erano ribellati. In seguito affrontarono anche Ciro e non cedettero fino a quando non caddero per le proprie personali discordie. Ciro arrivo in Asia Minore nel 408, cinque anni dopo la fi- ne della spedizione in Sicilia. Si é dunque cercato di emendare la cifra di tre anni che Tucidide attribuisce alla resistenza degli Ateniesi, portandola a otto o a dieci anni. Cid non é necessario: il conto torna se si ‘data’ la resistenza a partire dal 411 e se si esclude dal periodo considerato la guerra contro Ciro. Tre anni dunque di resistenza, dal 411 momento della stasis ‘conclama- anche e sopratutto come l’impossibilita di pronunciare giuramenti ¢ Vinvalidazione di quelli esistenti. *' Tuc. VIIL9S, 6-7. ® THuc. VIIL96, 1. 86 Cristiana Caserta ta’ al 408 (cui si aggiungera un secondo periodo, dal 408 alla fine della guerra, caratterizzato dal nuovo spessore dell’aiuto persiano e dal riacutizzarsi della discordia intestina). Il 411 & dunque l’anno in cui la paura produce la stasis: Vesperienza oligarchica ¢ computata da Tucidide come Stasis € come frutto del tumultus provocato dalla percezione del perico- lo di un assedio spartano. Tutta la vicenda di questa fase della guerra ¢ scandita da una serie di notizie che giungono ad Atene ed il cui peso politi- co & proporzionale allo scenario di pericolo che esse prefigura- no. Una prima fase é posta da Tucidide VIII 1,2 sotto il segno del timore e dello sgomento conseguente alla disfatta della flot- ta a Siracusa e della salvezza dello stato di cui ormai si dispe- rava. Giunge poi notizia della defezione di Chio; infine é la presenza di Alcibiade a fare precipitare la situazione verso la stasis. Dopo alcuni sviluppi, comunque, l’assemblea (non quella voluta dagli oligarchi per discutere della tiappacificazione e che avrebbe dovuto riunirsi nel teatro di Dioniso) pone fine al governo dei Quattrocento senza ulteriore dibattito. Perché que- sta svolta? Lo rivela una osservazione cursoria di Tucidide cir- ca V’incapacita degli Spartani a combattere efficacemente gli Ateniesi: le fosche previsioni degli Ateniesi infatti non si rea- lizzarono, Sparta perse la formidabile occasione di porre Vassedio ad Atene. Per gli Ateniesi - commenta Tucidide - i Lacedemoni furono fra tutti i nemici pitt utili contro cui com- battere, anche in molte altre occasioni: essendo infatti assai diversi nel carattere, veloci i primi, lenti i secondi, gli uni te- merari gli altri privi di iniziativa, furono di gran giovamento soprattutto all’impero marittimo. Lo dimostrarono i Siracusa- ni, i quali essendo molto simili nei costumi combatterono an- che in modo migliore*. 3 THuc. VIII 96, 5. Su questa osservazione tucididea e sul contesto dell’ VIII libro in cui é collocata, mi permetto di rinviare a: C. CASERTA, La Osservazioni sull'etimologia di stasis 87 E dunque il rientrare del timore conseguente alla perdita dell’Eubea a mettere fine al tentativo oligarchico: la mancata reazione degli Spartani pose tecnicamente e di fatto fine all’emergenza che sola poteva legittimare |’oligarchia agli oc- chi del demos (@ naturalmente possibile e anzi probabile che per gli oligarchici quello della salvezza fosse soltanto uno s/o- gan e che essi non concepissero il loro tentativo come provvi- sorio). Conclusioni Se quanto osservato al livello etimologico ha una sua plau- sibilita, le conseguenze per il valore di stasis sono notevoli. Stasis, in primo luogo, non é direttamente e necessariamente connessa con la violenza, cosi come iustitium non é equivalente di fumultus. Come Odisseo fermo di fronte all’usurpatore Anti- noo, la stasis é anzitutto il fermarsi, il sospendersi, ¢ la possibi- lita di una non-conformita; ma é indubbiamente avvertita come minacciosa e sovvertitrice dell’ordine sociale, anche quando (¢ sopratutto — aggiungerei — in quanto) si limita al non rispetto di i luoghi e tempi delle pratiche sociali e politiche vigenti. Essa é ( forse affine, pid che alle forme moderne della rivoluzione, a ( quelle dello sciopero, del sit-in. Stasis & poi, pit che il problema, la risposta ad un proble- ma (che pud essere un pericolo esterno, o una situazione di e- strema difficolta e ingiustizia interna alla polis), risposta che passa non (subito) attraverso la creazione di uno spazio alterna- tivo a quello avvertito come problematico, ma attraverso la so- voce muta. Memoria collettiva, scrittura, identita nell’Atene del V secolo. Tucidide e la guerra del Peloponneso, in Gguog 5 (2003) numero monogra- fico, Palermo 2004, 149-85 . 88 Cristiana Caserta spensione e I’interruzione di qualsiasi attivita. La stasis ha talo- ra un carattere ultimativo, estremo; é una sorta di provvedimen- to d’emergenza, analoga al moderno “stato d’eccezione”, che una comunita o una parte di essa prende quando si sente im- possibilitata ad altre soluzioni e sente minacciata la sua stessa esistenza. In essa la sospensione (di ruoli, di leggi, etc.) viene pensata non come meta di fuga (come é invece la festa anomi- ca) ma come opzione ad oltranza, da cui potra — eventualmente —scaturire un nuovo status quo**. 34 Sono di estremo interesse, in proposito, le osservazioni di E. CANETTI, Massa e potere, Milano 2002"' (Hamburg 1960), 65 ¢ ss. sulla «fermata» che da luogo alla «massa del divieton. Finito di stampare nell'Aprile 2006 dalla PUNTO GraFica Soc. Coor. arl., Tel. 091.6303336 - PALERMO Fotocomposizione ComposTaMpa di Michele Savasta Tel. 091.6517945 - PALERMO

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