You are on page 1of 193
La semplicita del principio Porte le questione del principio ¢ interrogarsi sul senso dellesi- stenza umana ? un'avventura che coinvolge tutto l'uomo ¢ lo en- tusiasma, Nel momento in cui affrontiamo cid che costituisce Vressenza delle interrogazioni umane e che contiene tutti i nostri sforzi cultural e scientfici il pensiezo tocca il nostro bene pit pre- zioso e compie cid per cui & veramente fatto. Fin dalle origini della riflessione attorno al principio si & cercato cid che limita e convalida la ragione nelle sue diverse attivita. La ragione infatti non & solo un’ativita neutra di conoscenza, ma si radica in un desiderio che va al di la delle nostre conoscenze de- terminate e che @, in ultima analisi, il desiderio di incontrare P’l- tro, di tispettarlo nella sua irriducibile alterta. Il principio della conoscenza & quindi etico. (Questa Introduzione alla metafisica mostra per quale via sia possibile ‘una riflessione orientata verso il principio: attraverso un percorso sistematico e riflessvo, la serrata speculazione di Gilbert porta a vedere nel'incontzo del altro Vesercizio di cid che costitusce l'es- sere pit intimo del!'uomo. Lo spirito umano accede alla sua essen- 2a acondizione di non essere solo per sé, ma anche per e con I'altro. Liessere dell'womo & cosi un atto di oblio di sé dinanzi alPaltro. Paul P. Gilbert Paul P. Gilbert, gesuita, nato a Charleroi (Belgio) nel 1945, ha condotto i suoi studi filosofici e teologici presso "Universita Gre- goriana di Roma, I’Ecole Pratique des Hautes Etudes di Parigi ¢ nell'Universiti di Lovanio. Dal 1986 @ titolare della cattedea di Metafisca al Universita Gregoriana. E autore di numerosi studi filosofici pubblicati sulle maggiori riviste europee ¢ americane ISBN 88-384-1766.0 itil .,.§ 2 i PAUL P. GILBERT SJ. LA SEMPLICITA DEL PRINCIPIO Introduzione alla metafisica PIEMME ‘Yvadasione italiana « curs i Maia Terese La Verchia Coperting: Soxtio Aemine lasasione dt eoperine” Ciovanai Baldi, Dipinth marl della Veseonire” ‘Mazina Pariol®) 1 Baiione 1952 © 1992 - EDIZIONI PIEMME Spa 13033 Casale Monfevato (AL) Via del Carmine, 5 ‘Tel 0182/3361 = Pax O1A274228 INTRODUZIONE Vorremmo, in questa opeta, introdurre alla metafisica, I compito non @ semplice. Certamente, esistono dei buoni manuali che, in tutte le Jingue, ne presentano i punti essen- ziali. Ma una cosa & informare su una disciplina intelfettuale, altea ¢ formate alla sua pratica. { meriti dei manuali non sono da trascutare: il loro scopo é di informare; essi non sono da sopravvalutare: non devono veramente formare. Nel caso del- la metafisica, i loro imiti sono evidenti; si potrebbe infatei immaginare che delle definizioni chiare ¢ ben congegnate sia- no sufficienti a meditare su cid che essa cerca, I principio asso- Intamente primo. Ma il principio sfugge di per sé ad una tale guida; eso impone una messa in questione che non ha fine. T manuali forniscono conceit chiari per risolvere problemi ben citcoscritti, mentre la metafisica medita su cid che sfugge a ualsiasi soluzione di questo genere, su un mistero che con- cetne I'uomo nel pili profondo di tutto il suo essere Questa opera vorrebbe elaborare nella maniera pitt lineare ¢ sistematica la questione del principio. Porte questa questio- ne ¢ ticercare cid che Ia rende possibile @ un'avventura che coinvolge tutto I'vomo ¢ che pud entusiasmarlo, Certo, il pudo- ‘intelligenza ¢ Pasprezza dei problemi incontrati non lasciano spazio ai facili envusiasmi. Ma nel momento in cui il pensiero affronta cid che costivuisce Pessenza delle intetto- gazioni umane, e che sostiene tutti i nostri sforzi culturali € scientifici, ess tocea il nostro bene piti prezioso e compie cid vrropuzene 5 per il quale & veramente fatto. Occorre ancora per questo accet- tare il procedere paziente dell'indagine, seguendo le sue trac- ce passo dopo passo. a) La difficalta delta metafisica Le discussioni metafisiche non mancano oggi, ma sono com- plesse, Le questioni poste sul mondo, sull’altro e sull’sio», 0 ancata su Dio, non sono marginali; ma, articolate intorso al tema della «differenza ontologica», esigendo di superare tutte le nostre rappresentazioni derivate dalla esperienza per pen- sare cid che la trascende in una maniera o in un'altza, esse non sono facili da comprendere nella loro giusca profondiea A pliers ‘a queste senza una preparazione adeguata rischie- rebbe di fare disconoscere i! loro giusto significato. Prima di trattarle con profitto, occorre partecipare alle ragioni che le fanno porre piuttosto che alle soluzioni concettuali che si potrebbero recare loro, mascherando distrattamente le loro reali poste in gioco. Noi tenteremo qui di introdurre alla metatisi- ca quale si presenta opgi, recuperando le articolazioni essen- ziali della interzogazione che la sostiene. Ma che cos’ la metafisica? Impegnarci ai nostri giozni nel suo studio richiede cozapgio. Le pubblicazioni recenti sull’ar- gomento sono infatti numerose e svariate ¢ le eritiche che le vengono mosse sono pili aspre che mai; la comprensione di cid che essa @ ne risulta pitt difficile. Noi passeremo in rasse- gna alcune di queste pubblicazioni all'inizio del nostzo primo capitolo. Diciamo fin da adesso che, all’incirca, esse si divi- dono in due campi, quello della metafisica anglosassone e cello della metatisica continentale, La prima, originata nell’empiri- smo, ma adesso molto presente ache sul continente europeo, si preoccupa di fondare le scienze; poiché le scienze sono dei discorsi, il suo inveresse si porta in pitt larga misura verso la linguistica. La «filosofia analitica», che si colloca in quest'o- rientamento di pensiero, seduce molto i rivercazori attual, essa si interroga sulla pertinenza di ogni discorso con strumenti tec- nici sempre pitt affinati; sembra cosi determinate ¢ verificare Ie condizioni che rendono valido ogni discorso, e dunque anche 6 areopuztons quello della metafisica; essa giunge perfino a costituirsi come Ia sola metafisica valida. La metafisica che noi abbiamo chiamato continentale & pitt attenta al destino dell’ uomo, al suo mistero, ai valori della sua esistenza, all'arte; & pitt variegata, meno tecnica e verificabi- le, apparentemente meno precisa. Non pensa che il linguag- gio sia Porizzonte ultimo delle questioni umane. Non si limi- ta a precisare le condizioni del sapere, benché, per poter essere sviluppata e riflessa legittimamente, essa implichi evidentemen- te un discernimento eritico sul potere della ragione ¢ sulle sue condizioni linguistiche. ‘La nosita ricerea condivide la mentalita contemporanea, Noi pensiamo che la metafisica non possa essere chiusa nell oriz~ zonte dell analisi del linguaggio. Essa non tende ad analizzare { nostti giochi linguistic! o la loro struttura formale, ma a coglie- re il Logos in atto. Tl Logos (questa termine greco vuole dire «patola») @ un atto di sintesi; qualsiasi analisi suppone preli- minarmente questo atto; prima di poter analizzare una pro- posizione nei suoi diversi elementi, accorre che questa propo- sizione sia effettivamente pronunciabile ¢ che sia riconosciu- ta sensata o meno in up atto che noi diremo di consenso © di adesione. II riconoscimento del Logos in atto interessa di pit la metafisica che I'analisi dei suoi elementi separati gli uni agli altri. Il fondamento det linguaggio non apparticne a cid che noi potremmo determinare mediante le nostre descrizioni € i nostri ragionamenti, ma a cid che poi esercitiamo guando parliamo. AI principio @ il «verbo», ma l’espressione verbale fon 2 il swe proprio principio. Tutravia, come pazlare del principio senza esprimerlo e sot- tometterlo alle regole del linguaggio? Ai nostri giomi la mete- fisica continentale cosi contestata dalla mentalita empirista. Una prima critica concerne la sua definizione originaria. Per Aristotele, la metafisiea & un certo sapere dell’ente in quanto ente, vale'a dire essenzialmente della sostanza'. Ma che cos’é Ta sostanza? La si pud conoscere veramente per poterla espri- mere? Gli empiristi, di cui noi ora mettiamo in caricatura le 4 Gfr, Austen, Metfiice WV 1, 10038 © 2, 10036, memepvaont 7 posizioni, pretendone che solo i fenomeni o le apparenze ci Siano accessibili; la sostanza, o questo centro profondo che, secondo Aristotele, li unisce ¢ da loro significato, resta un mistero; non si potra mai conoscerla in modo adeguato; non vale percid la pena di preoccuparsene. Queste critiche impe- discono di prendere sul setio quelli che si interrogano sulla eprofonditln delle cose, su cid che oltrepassa l'espetienza sen- sibile. Esse affermano che se si penetrasse fino al centro miste- rioso della sostanza, non se ne potrebbe ugnalmente dire aul- Ja; if Lingaggio non pud, infatti, abbandonare la sua tetra nata- le, esperienza della molzeplicita delle apparenze sensibili. La sostanza, indicibile, ? dungue priva di interesse per la cono- scenza; «altra cosa» che il fenomeno, essa @ al di I8 di cid che ci normalmente accessibile, La metalisica, che si sgancia dal sensibile, vale quanto valgono le favole e le poesic. Del suo oggetto si pud dire tutto, ed anche if contrario; non si pud in nessun modo verificarne nulla. Una seconda obiezione verte sulla pretesa che ha Ia metati- sica di poter spiegare tutto. In reale’, pensano gli empiristi, a metafisica non spiega assolutamente niente. Essa dice di cer: care la ragione pit: universale di tutto cid che @, Ma per que- sto motivo riduce tutto ad un'idea semplice ¢ vaga, la «vita», Peesseren, l'eatton, la «sostanzan, il «sé», come se potesse illu- minate muovendo da cid i problemi reali dell’esistenzs. Ma le sue soluzioni, a suo parere semplici ed evidenti, non sono jn realta né semplici, né evidenti. TI suo linguagaio, in cui regna Ja generaliti e la confusione, occulta pitt che non tivela la strat tura reale del concreto, La metafisica manca di analisi ¢ di precisione. ‘Una terza critica riguarda Putilita della metafisica. 11 suo discorso non aiuta ad uscire dai nostri deammi umani; si rivolge ad angeli beati piittosto che ad uomini sprofondati in proble- mi decisamente complessi. La metafisica, che tende verso un principio semplice, che si dice la regina delle scienze, disto- slic le nostre energie spirituali dalle realt® crade della nostra esistenza mortele. Eun oppio per itresponsebili ed idealisti. Non si tratta pitt, ai nostri giorni, di interpretare il mondo ¢ di trovarne il senso; bisogna piuttosto trasformarlo; ora, la 8 wrxopGZIONE al metafisica che siduce tutto alla semplicita di un principio ori- ginario ¢ pacifico, ignora le lotte che esistono tra le indi dualita concrete. Sul piano politico, sara senza efficacia; la sua ideclogia spontanea la portera spesso a sostenere i parti dell'«ordine». ‘Queste critiche sone mosse alla metafisica dall'esterno, da parte di coloro che non Papprezzano, rfiutandole qualsasi alo. ve Ma oggi son pochi metafisici insorgono anche contro di sa, di fatto contro la sua forma ontologica. Alcuni autori con- femporunel, soprattutto dipendenti da Heidegger, hanno inter pretato la sua storia come se la cultura mondisle attuale, cosi Srpopliose della sta tecnica ¢ dei suoi success, ne fosse il risa. tato, Si riconosce lalbero dai suoi frutti. Lontologia, vale a Tire il discorso sull’ente, pretende di decorticare Ja struttura ultima e pid intima delle cose. Ma costruendo dei sistem che tessa pretende che siano capaci di abbracciare la toraliti del reale, la scompone, facendo cosi nascere ["idea di poterla anche ricomporte. Di gui la crisi dei tempi moderni, aperta da Car- tesio ¢ da Leibniz. Di ogni analisi il filosofo @ responsabile; pli? dunque il padrone del reale, La nostra era & quella del dominio del mondo da parte dell’uomo 9 piuttosto, lo si deve Constatare, da parte di certi tecnici, Aleuni metafisici ateuali Vogliono rinnavare il senso del reale distruggenxdo queste onto- Jogie che hanno reso possibili le manifestazioni di orgoglio dell nostra cultura mondiale. Occorre restituire i suoi diritti alla metalisica criticando le sue distorsioni e riptistinando la sua missione, che & quella di conoscere il reale sulla base del desi- derio ¢ del!’ammirazione piutcosto che pet mezzo delle deter- minazoni che le impongono le nostre spicgazioni concettuali. 5) Il permanere della domanda metafisica Le eritiche mosse alla metatisica possono essere accolte come degli inviti a purificarne il senso. La magpior parte di queste difficolts nascono dalle interpretazioni distorte della intenzione che Ia sorrezge 0 pit csattamente dall'arrestarsi della sua domanda fondamentale in alcune rappresentazioni o alcune cer- tezze in apparenvza scientifiche, nelle quali essa penserebbe di poronuzions 9 detenere qualche verita definitiva ¢ oggettiva. Lo sforzo meta- fisico & inquadrato; esso penetra dei paradossi. E spiegata con Vaiuto del linguaggio, ma non pud essere solamente un’ analisi del linguaggio. Dirigendosi verso cid che supeta ogni verifica analitica, rischia di apparire cost senza fondamento, gratuito, ideologico. Raggiungendo il mistero nella maniera piu radica le, esso vuole tuttavia esprimetlo nel modo pid tazionale e necessatio possibile, pur rimanendo lontano dalle norme tec- niche dei nostri contemporanei. Tuttavia, nonostante queste oscurita ¢ queste tensioni, Pesi- genza metafisica continua ad affascinare. Aristotele notava sulla soglia della sua Metafisica? che tutti gli uomini desiderano conoscere. La metafisica comincia col meditare su questo desi- detio primordiale, di cui essa cerca il senso e il principio, Di fatto, questo desiderio assume pure delle modalita nelle nostre vite, la conoscenza del mondo per mezzo della scienza, del sen- so dell'esistenza per mezzo delle religioni, la conoscenza di sé per mezzo della saggezza, Nondimeno ta metafisica non & simile ad una di queste conoscenze; essa @ maggiormente attenta 0 cid che unisce la loro diversita pitt che ai loro contenuti. Non si domanda con quali strumenti precisi & possibile e legittimo conoscere il mondo, 'uomo o Dio, ma piuttoste come queste diverse conoscenze sono sottomesse ad un medesimo deside tio che le riunisce nel suo dinamismo. Tutti gli uomini desi- derano conoscere. Ma che cos’é che anima questo desiderio fondamentale? Fin da quando si sono messi alla ricerca det principio uli- mo della conoscenza, gli antichi hanno cercato cid che limita ¢ convalida la ragione nelle sue diverse attivita. Con Aristo- tele, hanno misurato la potenza del discorso ¢ legittimato i suoi principi logici mediante cid che li trascende, il riconosci- mento dell'intenzione intellettuale chiatita attraverso proce- dimenti precisi, tale l'operazione Jogica chiamata in un senso figurativo aritorsione» di cui parleremo pid tardi, nel capitolo secondo (1c) e soprattutto nel capitolo terzo (3b). La ragione non é solo un'attivitd di conoscenza oggettiva; essa é pit del- Pb, 11, 9808 100 wwrropuzione Pintendimento che presiede alle nostre costruzioni scientifi che; si radica in un desiderio che va al di la delle nostre con scenze determinate. II plotinismo & stato un testimone pri vilegiato di questo slancio fondamentale, di cui numerosi Padri, come sant’Agostino in una certa maniera, hanno raccolto Vere- dita. La metafisica cende verso un principio che conferma la conoscenza al di la di se stessa, che non ® un oggetto da cono- scere, ma 'orizzonte desiderabile di un dinamismo exercitato nella pratica concreta della conoscenza. Turtavia, in che modo esprimere questo desiderio senza deter- minarlo per mezzo di cid di cui esso @ il principio? Come dire cid che fonda ogni linguaggio senza esprimetlo ne] Iinguaggio? La trascendenza ragionevole che é al orizzonte della conoscenza non & conoscibile che riconducendola in seno a cid che & gid detetminato. Noi non conosciamo nulla se non precisandolo nel la nostra espericnza o determinandolo per renderlo intelligibi: le. La storia della metafisica & segnata da quest’alternanza di slancio e di ripiegamento, di diastole e di sistole, dal momento che gli stessi termini possono ritrovarsi ora in una prospettiva aperta, ora in un sistema composto da determinazioni stabil, di modo che il loro significato possa moltiplicarsi, diventando ambiguo. La ragione, per esempio, pud essere compresa alla maniera del razionalismo scientista o del? apertura della ratio classica, II nostro studio ci condurra a comunicare con T'ineel- ligenza classica della ragione ¢ del principio trascendente. Noi vedremo progressivamente come la ragione @ un sapere, certa- mente, ma che implica limpegno di tutto I'uomo, pit che la sola potenza del suo intendimento. La metafisica che noi pro- poniamo condurra cosi da una esigenza epistemologica ad un riconoscimento antropologico, per quanto il suo termine non sia Puomo, ma Ja realta del Bene che dona, secondo Platone, Pessenza ¢ 'esistenza a tutto cid che &*. Proponiamo una Introduzione alla metafisice: vorremmo mosteare che la metafisica, in quanto tiflessione orientata verse il principio, & possibile e in che modo. Non seguizemo un iti » he, Peore, Ennai VE 2 20 4 Pantone, La Republica VI 505b, rtropuzone 11 nerarie storico, ma speculativo: la storia della filosofia aon apporta infatti risultati che nei filosofi attenti alle problema- tiche fondamentali e capaci di farle proprie; la tradizione tra- smette cid di cui il metafisico intraprende lo studio in prima persona. TI nostro cammino non sara descrittivo, ma specula- tivo e riflessivo. Vorremme svincolare, muovendo dalle espe- rienze pid comuni ed universali della conoscenza, le condizio- ni di possibilita che la trascendono; la ragione @ pitt che la conoscenza delle scienze; essa é un’apertura ed una obbedien- za alla trascendenza. ¢) Dallunita alla sempliciti In questo paragrafo, abbastanza condensato vorremmo pro- porre schematicamente gli orientamenti fondamentali della nostra riflessione. Ogni conoscenza opera wna sintesi; essa acco- sta un ente ad un altro, al fine di chiaritlo e di comprenderlo, & dunque unificante. TI principio di ogni conoscenza rende pos- sibile questa unificazione. Esso appare in ua primo momento come cid che assicura Pomogeneita di tutte le nostre conoscen- ze, J'sente in quanto enter, per mezzo del quale tutto cid che @ presente all'intendimento @ «qualche cosa» di conoscibile. Tuttavia, il principio non pud essere una forma cosi monoliti- ca da non conoscere nessuna alterita, da non lasciare posto alla molteplicita. Il principio unificante non pud essere una forma che aspirerebbe tutta a sé, distruggendo Poriginalita del diverso. Il principio unifica senza ridurre all’identico. Dicia- mo, percid che esso & «sernplicer. E semplice cid che, complesso, non & tuttavia complicato, vale a dire cid i cui elementi sono percepiti nella loro recipro- cita dinamica. Cid che & complicato & formato da elementi di cui non si vede bene il legame. Gli elementi di un complesso, armoniosi e ben collegati dinamicamente tra loro, formano una struttura semplice, Questa semplicita implica la diversita degli elementi che vi sono presenti e Ia dinamicita delle loro rela- zioni; essa @ Punita di una relazione. Il principio che pone la metafisica l'unita semplice di una relazione originaria e non una forma compatta, 12 RODLZIONE. ‘Ma il principio resta il principio. Che cosa sarebbe dunque questa relazione dinamica originaria? Noi [a pensiamo muo- vendo da una espericnza universale che serve da model}o alla sua affetmazionc. Ll principio @ come lo spirito umano che si riconosce nella espressione che esso non 2, ma che gli é tutta- via propria e di cui assume Ia zesponsabilita: «lo affermo cid», «do sono l’autore di tale azione>. Lo spitito si esprime atmo. niosamente in cid che esso non &. Non é l'unita compatta verso Ja quale tendevano certe forme di idealismo, ma la semplicita stessa; lo spirito, dinamicamente presente a sé, si conosce esse do in relazione con cid che esso non &, Tuttavia il nostro spi- rito non & semplice per se stesso. TI principio & semplice originariamente in questo senso che Jn molteplicita proviene da sso come da una fonte sovrab- bondante, mentre, al contrario, il nostro spirito si conquista su cid che lo separa da se stesso. Lo spirito umano si conosce infatti dapprima nella divisione; esso tenta di conseguite la sua unita, riflettendo sul suo atto, Sant’Anselmo notava che noi non possiamo sempre dize cid che comprendiamo’s vi sono anzi delle cose che comprendiamo molto bene, tna che siamo incapaci di esprimere in modo adeguato. ‘Tra 'intuizio- ne interiare dell’atto e la sua espressione, vi é una distanza che dipende dalla nosera condizione umana, Ora, conosciamo questa distanza ¢ sappiamo che @ in sé la propria origine. Il cammino di accesso a questa origine traccia il caramino della metafisica, Riflettendo sul nestro atto, ci conosciamo inte- riormente semplici, ma divisi dalla nostra espressione. Cono sciamo cosi Patto semplice che @ al principio di sé, all’oriz- zonte che attrae l'indagine della metafisica. Al termine del nostro studio, dovremmo meditare su questo atto con T'aiuto dell’analogia ¢ dei trascendentali; ma riserviamo questa tifles- sione ad un’altra opera 4) Il nostro piano Veniamo adesso al piano di questo libro. I cap. 1 muove dai primi e dall'ultimo tra gli iniziatori della metafisica, Pla- tone ed Aristotele, prima, Heidegger, poi, per mettere in evi- > Anasei3g0, Monodaion XXIX. mvtropuzione 13 denza Pintenzione dei loro sforai. La metafisica si presenta in un primo momento come una ontologia, vale @ dire un discorso sull'ente (ontos-logos) nella stia forma pitt generale; ma essa & anche pitt di questo. I] primo capitolo ne presenta ¢ discute alcune definizioni recenti. Il cap. II precisa la defini- zione classica della metafisica in maniera tale che essa diven- ta un compito ed orienta il nostro studio. La metafisica non tratta dai farti, ma del principio che articola Valleanza dell’ente ¢ dello spirito. Il cap. III elabora a quel punto il metodo del nostro studio. La metafisica & una conoscenza di un certo tipo. La que- stione epistemologica non pud dunque essete trascurata, Ma anziché esaminarla in se stessa, in funzione della structura del- Pintelletto e del discorso, 'assumiamo in seno allalleanza onto- Logica di cui facciamo una esperienza archetipica nello stupo- re (cap. IV), fonte di cutti i nostri dinamismi intellettuali L’analisi di questa esperienza permette di fissare i tratti pitt significativi delle categorie ontologiche classiche essenziali (cap. Vi T capitoli che seguono analizzano pitt nei particolari le diverse potenze dell’ atto intellettuale; mostriamo ogni volta come l'al- Icanza ontologica vi si atticchisce, Ci applichiamo cosi alla sen- sibilita (cap. VD, poi alfintendimento (cap. VIT} ed in ultimo alla ragione (cap. VIII), seguendo in cid una divisione classica da Platone in poi, Questo studio mostra che la conoscenza non culmina nel porze formy universali o leggi necessaries vi & pit nella ragione di queste universalita ¢ necessita in cui ha origi ne i! dominio tecnico del mondo. ‘Valleanza ontologica apparira sempre pit, ne! corso della nostra esposizione, come I'articolazione vissuta di una diffe renza ontologica. Il cap. IX mostra come le scienze esatte arti- colano questa differenza, ma in maniera tale che esse potreb- bbero pure sopprimerle se il oro slancio verso l'unita formale non apparisse limitato 0, in un certo senso, destinsto allo scac- co. Vedremo come I'alleanza ontologica, nata nello stupore ed esercitata, ma articolata in parte, dalle diverse porenze del- Fintelletto, & nello stesso tempo riconosciuta, superata e man- tenuta nell’atto di affermazione (cap. X). 14° prroptzons. analisi dell’ affermazione fa ticonoscere, all’origine del sape- re, un atto spitituale di consenso che mette in opera la totali 18 delle nostre porenze spiritual. Il cap. XI, al vertice di gue- sta opera, gnalizza l'esperienza dell’incontro con Val:to; lo spi- Tito vi esercita la sua trascendenza nei riguardi delle devermi- nazioni concettuali e fa sua apertura verso il reale, pure con- fermando In sua contingenza radicale. La «persone» appare allo- ta come la sostanza che Ia riflessione metafisica manteneva allorizzonte della sua meditazione. La nostra conclusione evochera in ultimo Panalogia ¢ la par tecipazione; questi filosofemi danno da pensare, se li st com- prende bene, il principio ricercato dalla metafisica e che & pit: della «persona». syrgouyziowy 15 Caprroo Primo CHE COS’E LA METAFISICA Prima di impegnarci nella nostra riflessione, occorre pre- sentare cid di cui parleremo. Che cos’ la metafisica? Di fatto, allinizio del nostro lavoro, in cui siamo come delle tabulae rasae, non ne possediamo nessuna definizione che potrebbe imporsi da se stessa con evidenza, Dobbiamo dun- gue informarci presso coloro che ne hanno intrapreso lo scu- dio, Allo stesso modo che la matematica @ cid di cui trattano quelli che si riconoscono tra loro come matematici, cosi acca- de pet la metafisica. Noi abbiamo tuttavia almeno questa nota caratteristica: la metafisica @ un discorso che svolge una tice:- ca originale in quanto al suo oggetto ¢ al suo metodo; ma non abbiamo levidenza di cid che potrebbe determinate una tale ricerca. Presenteremo dunque per cominciare aleune definizioni della metafisica che illustreremo ricordando qualche autore recen- te, senza tuttavia tracciaze con cid un guadro completo della metafisica contemporanea, e senza pretendere che gli autori citati siano i pid rilevanti nella nostra cultura filosofica attua- Je. Ci rivolgeremo in seguito ai fondatori di questa disciplina intellettuale, Platone ed Aristotele, per comprendere da essi in che modo analizzare Ia problematica che ci hanno lasciato in eredita. Concluderemo questo primo capitolo leggendo aleu- ne pagine cli Heidegger. All'ascolto di questi maestri, noi potre- mo discemere cid di cui tratta la metafisica. Lowe cosé ta merasstca 17 1. Alcune definizioni recenti della metafisica Sono possibili numerose definizioni della metafisica; ne pro- porremo alcune, commentandone successivamente cinque Ecco la prima. Nel senso pitt stretta, la metafisica @ Ia scien- za delf'ente in quanto ente, vale a dire dei principi essenziali dell'ente € del conoscere. Questa definizione & stata elabor- ta da Aristotele nella sua Metafisica?. Essa integra tutto, desi- gnando dungue cid che & il pitt universale. Infatti, che cosa ct di reale, di immaginario o di teorico, o che cosa c’era, 6 sari che rimanga fuori dall’universale? La metafisiea pren- de in considerazione tutto, poiche, tutzo eid che &, un ente; tuttavia, if suo punto di vista & peculiare ad essa. Come ogni sciena, essa ha un oggetto materiale (ente) e un oggetéo for- male, vale a dite un punto di vista particolare sulfoggetto mate- riale (in quanto ente). Ma, nel suo caso, loggetto materiale e loggetto formale sono strettamente legati. Ora, l'oggetto materiale & loggetto in senso comune, vale a dite la cosa cono- sciuta, mentre Poggetto formale evoca il modo di rapportarsi dello spirito all’oggetto materiale. Poiché questi due oggetti son0 uno, non si pud contrapporze il conoscente (oggetto for- male) al conoscivto {oggetto materiale). Il problema & di sapere a quali condizioni una tale unita dellente conosciuto e del modo di conoscetlo pud divenite 'og getto di una conoscenza adeguata. E questa la questione delle possibilita della metafisica, che Kant ha posto in maniera deci- siva, notando che senza il sostegno del sensibile la nostra cono- scenza non é valida, La relazione dell’ente e del conoscere non pud dunque essere sganciata dall'esperienza sensibile. Per con- seguenza, la prima definizione non pud indicare un principio, Tente, che sarebbe puramente intelligibile, senza riferimento alPesperienza sensible. P. Foctovis ed R, SaiseTety, Ditionnghe dels argue phibsontime, pp 43-0, Sepsiane m pesto panto quuto daisoaie coe it preciso dat, pet epi del Lalande per Arstotces sc? ton senza che sea Tlentelar-guuptoene] © ke propsieta che li sono invent pet se stessa ataray (Mouse IV 1, 1003), capito dt una sienan Ehnen per gece sdace gnome sino Ie apoctedsleote|n-sunntofent}, ed & compite iis part pecsiche di quests cionon susie he pay opeclce dll ences etsiea 21005. 18-1, ckR cose CA MFTAFESICA Si potrebbe cuttavia uscire da questa ingiunzione kantiana, simanendo nell'ambito della logiea, come per esempio L. Pefia, per il quale «la logica non & nient'altro che T’ontologia, o [} - la metafisica»*, Ma Ia logica, essendo la prima delle scienze in’ quanto ogni discorso la utiliza, & anzitutto forma- Je. Enon st vede come un principio formale potrebbe rischia- rare la totalita delf’ente in quanto ente. Una metafisica spie- gata in un guadro unicamente logico mette in opera uno dei momenti della definizione aristotelica, quello del punto di vista del conoscente, riconducendolo alle condizioni di coerenza dei suoi mezzi di espressione; ma cid non @ altro che considerare qui una parte soltanto della prima definizione proposta. Per G. Kalinowski, «la teoria dell’fente] in quanto fente non é [...] che Pultima tappa della riflessione filosofica, la sua tifinitura resa necessarin e possibile solamente quando la spie- gazione degli enti dati nella nostra esperienza, compreso I'vo- mo, beninteso, é pervenuta alla determinazione della loro ulti- ma ragione di esseren‘. La metafisica giustifice dunque sl enti risalendo fino alla loro ragione estrema. Essa pub realiz- ate questo progetto enalizzando i nostri diversi giudizi; que- st’analisi @ in grado di condurre a delle conclusioni cosi sicu- re come quelle delle scienze. Per G. Kalinowski, intatti, «& possibile aspirare ad una metafisica-sapere»® che non contic- ne giudizi sintetici @ priori, vale a dire giudizi che conclude- tebbero un’argomentazione senza ricorrere ad una definizio- ne o ad una esperienza sensibile. Il fatto @ che, secondo Kant, la metafisica, che 2 composta di questi giudizi sintetici a prio- ri, non convince veramente. Mostrare che la metafisica non 2 cost costituita sara distruggere questa obiezione. Di fatto, secondo Kalinowski, la metafisica concesne la determinazione delle condizioni di possibilita della effettuazione dei nostri giu- dizi. In tal modo, essa teorizza la possibilita di tutte le scien ze, spiegando la struttura ultima di cid che esse mettono, tut- te, in opera, La metafisica fonda allora fe espressioni intelligi- bili dell’esperienza SL, Beka, Bl ene 9 of er 9 14 16 Rashowsc Cimon apie, = 12 vin pe Lom cost 14 Mevansicn 19) Seconda definizione: la metafisica @ la parte della filosofia che cerca la spicgazione razionale de} reale muovendo dall’e- Spetienza, ma supetandola e metcendo capo cosi a delle realta che la trascendono. Questa definizione esprime um inteligenza tanto spontanea quanto classica della metafisica, Di fatto Ta preposizione meta della parola emeta-fisicar significa «dopo>. Ora, nei trattati di Aristotele, la Metafisca, che viene dopo a Fisica, prende in esame, verso Ja sua conclusione, un ente che & Dio. Allo stesso modo, per il senso comune, gli enti meta- fisici, per eserapio l'anima 0 Dio, vengono dopo o al di la della fisica. Questi enti sono al di fuori dell'esperienza sensibile. “Tuttavia, le loro concezioni, che provengono dalle tradizioni religiose pitt antiche dell'umaniti, hanno un valore razionale che spetta alla metafisica fissare. Gli enti pity elevati servono cosi come principio di spiegazione del sensibile. Questa seconda spicgazione sembra con cid infrangere la pretesa universaliz- zante chiarita dalla prima, poiché anima e Dio souo degli enti particolari. Tuttavia, fa riflessione tradizionale sugli enti trascendenti non pud andare smarrita; essa vestimonia un'esigenza che la riflessione non pud abbandonare. Aleuni empiristi, nondime- no, pensane che cid non sia necessario. S. Kérner*, per esempio, concepisce la metafisica muovendo dalla concezione dell'uomo comune e della sua intersoggettivit’s soltanto que- sta metafisica, che egli chiama immanente, ha consistenza; essa 2 formata ai diversi livelli della logica umana; in quanto alla metafisica depli enti trascendeadi, questa ha affinira con la mistica e sfugge alla riflessione. G.N. Schlesinger pensa diver- samente; per lui, Pesperienza alla quale la metatisica si rifeti- sce & certo molto pitt comuc di quella che offre Ta scienza; la metafisica, allora, ¢ meno della scienza: iafatti «i problemi metafisici sono i problemi ai quali gli uomini di scienza non si applicano, fasciandoli alle investigazioni dei filosotin”; tut- tavia, questo residuo lasciato dalle scienze & del tutto essen- ziale. La questione della metafisica & quindi quella del suo £8. Kinin, Menenais GN. Soins, Mepis, p11 20) cam cos a meraetsies metodo, a cui la maggior parte dell’opera & dedicata; occorte infatti fare di cutto per evitare di concepire gli enti «fondato- ri» come degli enti sensibili; ma questi enti metafisici sono interamente provvisti di senso nel loro ordinc. ‘I problema posto dalla seconda definizione concerne dun- gue la possibilita razionale degli enti pit elevati che il sensi- Bile. Seguendo Kant, per il quale la necessit2 logica degli enti trascendenti non pud condurre all‘affermazione della loro «esi- stenza», J. Juszezak pensa che «la metafisica deve essere con- siderata come una delle imprese pitt alte della ragione umana, € che la ricetca dell Ideale, per il quale essa si costituisce, rima nie la semplice cimostrazione della necessita di questo Ideale, jndipendentemente da qualsiasi concezione dogmatica»'s Pau- tore cerca dunque di differenziare credenza ¢ pensiero razio- ale; ci interessa qui la riflessione sull’immaginazione attra- versa la quale La credenza pone come «esistente» cid che potreb- be non essere che una norma necessaria per 'uso del pensie- ro. La metafisica deve dunque riflettere con cura sullo statu- to delle proprie affermazioni riguardo agli enti trascendenti; tuttavia essa non pud rifiutare a prior! ogni realt a questi enti. “Terza definizione: la metafisica & la parte della filosofia che determina le condizioni a priori della conoscenza, Questa defi- hizione, tipica da Kant in poi, vale tuttavia fin da prima del. Ja Critica della ragion pura. Essa rivela la preoccupazione mag- giore della filosofia moderna. Cartesio aveva gia rinunciato ad tn mondo stabile, in definixiva senza movimento, che offziva tun sostrato sicuto alle scienze classiche; pet questo motivo gli occotreva determinare prima su quale nuova base affermare Je proposizioni scientifiche: «Per non essere perd sempre incerti su cid che lo spirito possa ¢ perché non ci si affatichi alle cie ca ed in modo etrato, bisogna, prima di accingersi a conosce- re le cose in particolare, e almeno une volea nella vita, aver cercato con diligenza di quali cognizioni sia capace la ragione umana, Per meglio riuscirvi, si deve sempre, tra le cose ugual~ mente facili, cercare per prime quelle che sono pit urili 1) Sesorzun, Binge ele otuphynig, 9. 9. Pes eapcetcae dogmatic x incende avi Yalledwatione dellesotonen ll dele in ranicra tle co ls! potebbe atninice =e senna sila + gucla delle cose serail bem cose 1a werarsica 21 Ora, non c’é niente di pit utile che cereare che cosa é la cono- scenza umana e fino a dave possa estendersin’. An una lettera al traduttore dei suoi Principi di filosofia™, Cartesio paragona lordine delle scienze ad un albero; la meta. fisica ne formerebbe le zadici, la fisica il tronco, le medicina, Ja meccanica ¢ la morale i rami principali. La metafisica moder” na fonda infatti i giudizi sintetici sulla structura della cono- scenza c non pits sulla realta delle cose ingenuamente cono- sciute. Kant, pur insistendo sulla origine sensibile di ogni vera conoscenza, ha formulato in un'espressione celebre questo capo- volgimento delta prospettiva classica: «Si faccia, dunque, [.. la prova di vedere se saremo pid fortunati nei problemi della metafisica, facendo Pipotesi che gli oggetti debbano regolarsi sulla nostra conoscenzar't, La conoscenza non ® misurata dall’oggetto, ma Poggetto conosciuto ® misurato dalla facoltt di. conoscenza Questa maniera di considerace la metafisica risuona in G. Bontadini, per il quale la metafisica approfondisce le condi zioni dell'esperienza in generale e della conoscenza che ne deri- va. L’esperienza non 2 fondata sulla sua immediatezza sensi- bile. Una scuola vigorosa prosegue questa indagine; si rivolge alla questione del divenire in cui avviene ogni esperienza, Per P. Faggiotto, che vuole rendere intelligibile I’sesperienza inte- grale» nel suo sviluppo attivo, ¢ per quanto questa esperienza del divenire sia sempre penetrata da qualche oscurita che ne impedisce la completa intelligenza, «nel discorso metafisico cid che viene trasceso @ il livello sensibile dell’esperienza, ma non Pesperienza nella sua integralita, ponendosi anzi tale discorso come la esplicitazione di quella mediazione che gid alP interno dell esperienza si intuisce originasiamence tra iI polo sensibile € quello noetico» ?, In questa prospettiva, la metafisica libe- ra il principio dt ragione sufficiente del divenire, cid che implica la posizione di qualche principio fermo; «la ragione di cid che diviene @ in un altro ente, e tale [affermazione] non sara esau- 7. Duscanres, Regle per Ue guile deneigenca, YU. pp. TAPS MR Desuavins [45 puncips de la philoso, v. 366 | River, Cres ela tow pur, Pefaione del 1787, p. 20, 5 BO EAscaarre, Pur ua etic del xpenerza Pz, pp. 9-1 22 1 ene cosé 1a nevanisica riente fino a che non si perverri ad un ente immobile, La ragio- ne che i] divenire domanda & dungue una ragione che trascende il divenire: in quanto problematico il divenire non pud essere originario» °. #. Agadzi, che incentra la sua ricerca sull’articolazione del- a scienza e della fede tamite la mediazione della metafisica, nota che la scienza ha preteso di rendere imutile il discotso imetafisico sulla trascendenza. Ma occorrerebbe distinguere, da uuna parte, Ia mediazione scientifica e il suo livello di spiega- zione ¢, dall'altra, Ia mediazione metafisica, o ancora la inte rezza di cid che & accessibile all’esperienza ¢ la interezza come tale: il principio di spiegazione del mondo sperimentato non & immanente all'esperienza stessa; sla metafisica deve impe- ‘gharsi a mostrare che il superamento dell’intero del!'esperien- za d condizione “‘necessaria””, ¢ dunque assoluta, per Ia com prensione e la spiegezione del mondo stesso dell’esperienza; il che implica il carattere non ipotetico, incondizionatamente valido e irrefutable delle affermazioni metafisichen™, in quanto condizione di possibilith del? esperienza stessa. Quarta definizione: la metafisica ricerca iJ senso del reale principalmente della vita uman, assumendo un punto di vista antropologico, Questa definizione ha portato frunti durante elt ultimi decenni. Essa si imbatve nelle inquictudini della filoso fia esistenziale, pet la quale la metafisiea non prud essere una scienza formale, un ordito di definizioni, ma una meditazio- ne che tende a legittimare il valore primo verso il quale tende Ta nostra esistenza. Il punto di vista antropotogico introdotto da questa defivizione non danneggia l'apptoccio alla totalit del reale. Al contrario, corregge cid che questo approccio potrebbe avere di parziale, essendo troppo oggettivante. D’altra parte, astraendo dalla metafisica colui che pone la questione del reale, non si pud tener conto della totalita di cid che & chi pone la questione metafisica & reale, ma senza far parte del mondo degli oggetti. Heidegger, su cai noi ritorneremo toy pe 21, HB Reagan, Science et foie 2 fede, p. 190. L cae cose ta mtramsica 23 tun po’ pid avanti, ha posto Paccento su questa definizione della metafisica. CL. Bruaire, che prendiamo come esempio per illustrate que- sta quatta definizione, non & esistenzialista come Sartre © Gabriel Marcel; tuttavia la sua riflessione, estremamente rigo- rosa, esige come la loro di superare [a forma astratta. Egli defi- nisce dapprima la metafisica in modo confortme alla nostra teconda delinizione: aLa metafisice ® semplicemente lo stu- dio, la ricerca di cid che non @ riducibile alla fisica. Ein ter- mini atzuali, di cid che, nella reale&, & irtiducibile ai fenomeni sensibili che si possono studiare in un laboratorio» ". Si supe- ra tuttavia gnesta seconda definizione attraversendo la totali- t& degli aspetti dell’esistenza umana ¢ non solamente fe sue operazioni di conoscenza, Ricordando i procedimenti essen- ziali seguiti nelle sue opere precedenti, l’autore scrive infatti che «la questione dell’essere, nofosa ma tormentosa, fu senza tregua rinviata all’elaborazione di un’antxopologia filosofica sistematica, proposta secondo le sue istanze maggiori, logica dell’esistenza, filosofia del corpo, ¢ filosofia politica, nelle quali si riflettono le tre sfere hegeliane: logica, natura, spirito. Ogni volta, noi tentavamo di scrivere la metafisica necessariamente chiamata per dare senso ¢ fondamento» . La metafisica ten de dungue verso il principio, dopo aver percorso i diversi campi di espansione della liberta umana. 1 principio & al termine del- Vindagine, il fine dell’esistenza, e non pit: solamente if fonda- mento o il principio del sapere. Il centro antropologico della riflessione & cosi pith aperto del campo fisico garantito dall’«esperienza» accennata nelle definizioni precedenti. La metafisica estende cosi il suo orizzonte af di 18 dei facti che coglie la scienza; essa impegna la riflessione dell’uomo sul suo destino e sulla sua storia concreta. La questfone de! lin- ‘guaggio si ripropone allora come luogo di creazione del senso, ‘¢ non pit: come un fatto che si potrebbe analizzare in manie- ra oggettiva o scientifica. Per V. Melchiorre, la dialettica del- Pontologia ¢ della coscienza storica implica di centrare la rifles- Ya. Beams, La force de Peps p32. Cr Breas, fe of Pepe, p 6 24) ce cos ta meerarisica sione sul linguaggio in atto, poiché «la questione dell'essere 2 inseparabile da quella della persona che dice dell’essere: il rapporto essete-patola doveva infine rivelarsi come un rapporto di circolarita, E la stessa indagine metafisica doveva precipi tarsi non nella costruzione di un sistema, bens) nella ricerca di un metodo ermeneutico o di an criterio per decifrare la “dizione” dell'essere nel finguaggio ¢ nella stessa vita della persona», La sicezca meiafisica & spesso incenteata attual- mente su gueste preoccupazioni; vi fanno eco gli seudi sull’ar- ticolazione della metafisica e della fenomenologia e l’insisten- za sul linguageio come lnogo necessario della tiflessione. Quinta definizione, la pits debole: in senso Jato, & metafisi- a ogni conoscenza approfondita sulla natura delle cose. Ma che cos’é la natura delle cose? La fisica, come la storia, @ una conoscenza approfondita della natura delle case. Tutto dipen- de da cid che si intende per «natura delle cose» e per «pro- fondit&». Questa quinta definizione & cosi vaga che non ha per noi grande utili’. La parola «metafisica» ha dunque numerosi significati, Tutti sono peraltro compresi nel primo che congiunge l’ente cono- sciuto con chi lo conosce. LI secondo insiste sugli enti che sareb- bero i principi, il terzo sulle forme intellettuali di quello che conosce; if quasto presenta la rotalita delle activira della per- sona implicate nell’alfermazione del principio. Noi vorremmo mostrare adesso come fa prima definizione & stata ideata ¢ in che modo le altre ne esprimono delle sfaccettarure particola- ri; siteniamo che la quarta sia la pity consistente. Platone ¢ il nificato della parola «enter Le diverse definizioni della metafisica che noi abbiamo com- mentato convergono nella prima, aristotelica: la meiafisica medita sull’ente in quanto ente ¢ sui suoi attributi. Ma che cos’? lente in quanto ente? I filosofi non hanno evidentemente atteso Aristotele per riflettere st questo punto, ma hanno WY. AMeueanns, Esse © para, p. VIL LHe cos ca weranisica 25 avvalto i loro pensieri in immagini che non lasciavano molto Spazio. $i sono cosh interrogati prima sugli enti naturali che sarebbero i ptincipi, poi sui principi razionali degli enti L’anima ¢ Dio sono enti che sono dei principi. La questio- ne sull’essenza dell anima & presente nei pitagorici; quella sul- Tessenza divina & discussa dall’insicme dei presocratici, I pri si filosofi hanno purificato questi enti dalle zappresentaziont che li sovraccaricavano di usanze indegne o strane. Tn quanto alla riflessione sui principi razionali degli enti, questa & stata animata da Platone con un vigore sconoscitto fino ad allora. Benché non si possa ignorare apporto di Par- menide a questo proposito, si deve riconoscere che !’Areniese Tha problematizzata di pit dell'Eleate, il quale ne aveva desctitto piuttosto le condizioni di intelligibilita con I’aiuto delle immagini sensibili della sfera e di una liturgia iniziati: Platone supera Parmenide, invitando a pensate P'ingelligibil ta delPente senza altro sostegno all infuori di sé. E cid che noi vedremo adesso, rinunciando, beninteso, ad un’esposizio- ne completa della metafisica platonica. Vorremmo sottolinea- re solamente come Platone presenta il problema ontologico, in modo tale che Fintelligibilita riceverh una structura libera- ta dalle rappresentazioni del sensibile. @) Tl Sofista La questione ontologica é stata elaborata de Platone nel suo Panmenide e nel suo Sofista. La problematica di questi dialo- shi & forsemente segnata dalle ricerche sul linguaggio e sulla sua capacita di esprimere correttamente Te idee. I Parmenide ® dedicato al zapporto dell’uno ¢ dell'ente, vale a dize dell'i- dea e dellesistente. $e l'ente & uno, siccome Pidea dell’uno esclude evidentemente qualsiasi divisione, Pidea dell'uno esclu dle ogni divisione dell’ente; ma T'ente & dungue, lente &, l'une & ed essi sono identici. Le poste in gioco di questa problema- tica sono important. Se I'idea dell’uno & la norma dell’intelli- genza, i] lavoro intellettuale non @ forse inutile, poiché gli enti reali sono ugwalmente molzeplici? D’altro canto, per pensare una, che cas’ questo «é» ¢ in che modo permette un’intelli. genza reale del molteplice? Per fondare il nostro sapere del diverso, non si pud dire che l’idea dell’uno «é», e che percid 1 molteplice non & cid sarebbe sottrarre al sapere ogni ogeet- to reale. Sazebbe assurdo che, per conoscere il molteplice, doccorresse conosceze I'uno che impedisce di conoscere i! mol- teplice. "Nel Sofia Platone affronta un problema fondamentale deri- vato dalle dottrine provocatorie dei sofisti. Per questi, fight pervertiti di Parmenide, se lente ¢ e se non si pud né dire, ‘né pensare che non é, tutto cid che si dice ¢ si pensa @; quin- di, poiché si pud pensare € dire qualungue cosa, qualunque cosa @ ¢ Pente & qualungue cosa, compreso il suo contrario, J non-ente, "impasse razionale, Verrore verboso, la turpitu ne morale, Secondo i sofisti «non @ possibile contraddire, wale a dire enunciare delle proposizioni contraddittorie su un mede- simo soggetto, perché se due interlocutori parlano della stessa cosa, non possono che dire la stessa cosa; ¢ se essi dicono del le cose differenti, & perché non parlano della stessa cosa. Non & pit possibile mentire o ingannarsi, perché parlare & sempre dite qualche cosa, vale a dire qualche cosa che 2, ¢ cid che non ® nessuno lo pud dire: non c’é dunque via di mezzo tra “non dire nulla” ¢ “dire il vero”. Al fine di dimostrare Fassurdita di questo ragionamento ¢ di esonerarne Parteni- de, conviene contrazre il pensiero dell’Eleate, liberarlo dalle rappresentazioni che ne dissimulano la verit’ profonda, con- traddimne fe interpretazioni che non comprendono nulla delle vie della verita, dell'errore e dell’apparenza, Si pone dunque if non-ente sul fondo del cammino verso l'ente. I] Sofista si risolve in questo «parricidion che preparava il Teeteto”. ‘Lo «straniero», che @ I'intexlocutore di Teeteto nel Sofista, ticorda innanzitutto }e diverse concezioni dell’ente ereditate dai filosofi precedenti, prima dal punto di vista del numero, “sD. Aumengus, Ze prblime de Véme cher Aristo, p, 100, Cig Duavow, Sofeta, 241d Pannoean © 2360-295 lp reallza, oNiona cosa pe vs aolaucente in ze tems, om sempre divine relgtvamente 9 usar © dangoe este ‘isola "ees o1 dove eve via im ol moda, sebbepe fi wohe anche or ots, uF per ignopurzs, sina stats costeti ad adeperstlay (Tevet, 1340). | | bisogna commisurare Pintelligenza all’idea; ma se I'idea «> i i 26 5 cite COSE LA METAEISICA Lone cost LA merarsica 27 poi della natura. Dal punto di vista del numero degli enti, Pla- tone riferisce ogni sorca di opinioni; egti si ispira senza dub- bio ad Tsocrate™, if quale osservava che, per alcuni filosofi, vi & una infiniea ‘di enti; per Empedocle, al contratio, sono quattro, ma sotto influenza di due fondamentali, amore Vodio; per Tone sono tre; due per Alemeone; Parmenide e Melisco non ne yedono che uno; e Gorgia finalmente nessu- no. Questo ironico elenco testimonia che il problema dell'en- te pud essere condotto in maniera assurda; «ciascuno di que- sti mi pare ci racconti una favola, quasi fossimo bambini» * ‘Ma [a questione dell'ente @ troppo importante, poiché ratte le ricerche umane vi convergono; si esige dunque di parlare dell'ente, rispettando Ia ragione orientata nello stesso tempo verso la semplicita dell’uno ¢ la molteplicita delle cose. I presocratici, fatta eccezione per gli scettici, avevano posto alcuni enti fondamentali al principio delle cose. L’affetmazio- ne di questi enti fondamentali serviva a semplificare il reale, a riassumerlo in qualche modo, affinché Pinselletto potesse meglio comprenderlo. Per costraire Pintelligenza del reale, il pensiero deve infatti unificare i suoi contenuti grazie ad un tivco delimitato di principé. Da questo punto di vista, lo sforzo dei presocratici, benché rudimentale, @ gia prodigioso. Tutta: via, non basta delimitare alcuni elementi de! mondo per zen- dere conto di cid che & bisogna ancora mostrare in che modo questi elementi possono unirsé gli uni agli altzi, quali sono le leggi che sovrintendono afla Toro feconditd nelle cose molte- plici. Empedocle, al quale Platone si riferisce come a lascerebbe passare liberamente? Certamente, Ia realta & fatta di tensioni fra contraris si pensa anche, dopo il Parmenide, che I'uno ¢ l'ente non si giustap- pongano interamente, che l'idea sia pitt ricca in zealta della concretezza dei sensi. Ma non si pud essere soddisfacti di questi facili paradossi, di queste illusioni sofistiche, benché molto spesso semplici giochi di parole. Platone pone allora il proble- ‘ma ontologico per la prima volta nella storia. Non si potreb- be vedere nella parola cosi comune fo on, Vente, l'espressione del principio razionale pid inglobante e pili semplice, che non sia una causa prima alla maniera delle altre cose, un ente- principio, ma che unisca in sé le tensioni lasciate vive dai pen- sieri precedenti, un ente che sarehbe anche ’ente molteplice dei nostri sensi, ma soprartutto pid di questo? Per tentare una risposta a questa domanda, occorre passare all’analisi della nacu- ra dellente. 4) La parola ¢ la cosa Che cos’é l'ente? Non @ né una cosa sensibile, né un pen- siero intelligibile, ma tutto cid al tempo stesso. E «questo» e anche cid che non & questo; perfino cid che & «non-questor. Come intenderlo correttamente senza provocare lo stesso imba- razzo delle favole antiche? Il senso della parola «enter dipen de da un’intelligenza che sa liberarlo da cualsiasi rappresen- tazione che Jo fisserebbe come un oggetto determinato della nostra esperienza; Platone ne intraprende dungue il chiari- mento. Prendiamo le mosse dall’opinione antica secondo cui tutto & composto di contrari, per esempio di caldo e di freddo, € © to, 2424; per Erato, ef, Diss, fg. 51 1 cue cost ia metarsica 29 domandiamoci se il calc, i! freddo e il loro composto sono degli «enti» allo stesso modo, essendo beninteso che, secondo Parmenide, Pente & «uno». «Voi tutti che affermate tutte le cose essere caldo o freddo o Tunione di altri due simili cle- menti, che cos’? mai dungue questo che dite in relazione ad ambedue quando affermate “essere” di ambedue ¢ di cia- seuno pure dei due? Che cosa mai dobbiamo intendere per quest’“essere’” che voi dite? E una terza cosa oltre a quelle due ¢ di conseguenza dobbiamo anche pensare con voi che il tutto & composto di tre elementi e non pit di due? Perché se voi chiamate senz'altro “ente” T'uno o Paltro di questi due elementi, non venite pit ad affermare che ambedue pazimen- ti sono. Nell'un caso e nell’altro io dire! infacti che cid equi- varcebbe ad affermare l'essere di uno dei due, ma non l’esse- re dei ducer”. I! problema & posto in una prospettiva quasi nominalisca: la parola é la cosa. Da questo punto di vista, una molteplicit® di parole riflerte una molteplicita di cose. E di fatto, i lin- guaggio non conosce sinonimi esattamente identici gli uni ag altti; 1 sinonimi si differenziano infatté per questa o quella sfu- matura, di modo che non si possono sostituire gli uni agli aleré senza trasformare, non fosse altro che leggermente, if senso delle nostre proposizioni. Ciascuna delle nostre parole evoca una circostanza particolare della nostra esperienza; esse non possono venire confuse senza perdere il loro senso proprio. Ora, non vi @ discarso sicuro che non sia provvisto di un voca- bolatio ben fissato; fa cettezza delle nostre proposizioni dipende dalla precisione dei concetti impiegati. Un discorso accertato non pud dungue giocare con i sinonimi, A ciascuna cosa, una parola, Posti questi principi ermeneutici, che cosa ne & de! rap- porto dell'uno e dell’ente? La parola Ta ghertione del iden pts in guest pasa dls diferenua tra sesern ctto gui, of vente, ll et [ess traaga nel cota eepusnce, 441 cue cost ca werarisica qualche modo, Come dicemmo, ngi ci muoviamo gid sempre in una comprensione dellessere. E da essa che sorge i! pro- blema esplicito del senso dell’essere © fa tendenza alla deter- minazione concettuale di esso»*. L’interrogazione sulfente sembra dungue fingere di ignorare il suo termine; cid che & Tente & infatti evidente. Tutto 2 ente, e nulla & se non un ente. Non vi @ dunqne contesto che sli sarebbe esttaneo ed a partire dal quale esso riceverebbe qualche significato chia ro. Non é lente che assume rilievo muovendo dal suo conte- ‘sto; questo, al contrario, che assicura qualsiasi luce al resto. Qualche cosa sarebbe pensabile senza l'ente? Poiché Pente & Ja sorgente di ogni Ince, & ess0 stesso evidente; lo si percepi sce immediatamente o mai. E. quindi inconseguente porre delle domande nei suoi riguardi come se lo si potesse mettere in dubbio e prendere come oggetto di studio. L’ente non & un problema filosofico; & un presapposto evidente, Gli oggetti sensibili pongono dei problemi ai quali le scien- ze danno soluzioni sempre pitt riuscite; ma Vente & veramen- te di um altro genere rispetto a questi oggetti. 1 problemi scien- tifici suppongono che gli enti siano; essi non hanno interesse per la domanda metafisica. Lo scienziato ha dei problemi pit precisi ¢ seri da risolvere! Egli rende problematic questo quello, ma per fui Pente universale non & problematico. La seienza ha bisogno che vi siano degli enti; se questa condizio- ne diventa problematica, dove andra a finire? Anche per la scienza l'ente & evidente. ' Sapere perché vi 2 qualche cosa piuttosto che nulla non pud dunquc essere ai problema per la scienza e per {a filosofia. L’ente non & affatto problematico; non pud esserlo, poiché & assolutamente universale, al cuore di tutte le nostre afferma- ioni. Se Pente 2 problematico, la domanda che lo tiguarda Jo & anche; ma allora fa domanda @ inutile fin dal suo punto di partenza, ¢ la scienza vede le sue basi sgretolarsi. Si potrebbe dunque, sembra, definire lente molto facilmente ¢ rapidamente, poiché esso evidente. Nondimeno, ammessa questa evidenza, si sa veramente cid che si intende per «enter? MOM, Tsiocuaan, Bon © fone, p. 20, penecost ia wetansca 45 Lo straniero del Safista se 10 domanda, ¢ il suo interlocurore, Teeteto, riconosce che In domanda vale anche per lui, Come vale per Heidegger. D’altronde, se lente evidence, noi abbia- mo dovuto ugualmente conquisteme 'evidenza. Labbiamo fatto argomentando per assurdo. L’argomento per assurdo & abbastanza specifico; esso funziona lateralmente, si mette a fianco di quello che vuole provare per farlo scoprire come cid che non era stato scorto, ma che era gia ben presen- te. Per questo motivo noi diciamo che la metefisica non cerca di definire l'ente ditettamente: ens nec definiri nec declarari pro prie potest; dobbiamo penetrarne il senso lateralmente, muo vendo da cid che esso illumina, Una definizione & sempre in qualche maniera relativizean- te; essa atiribuisce ad un soggetto una determinazione parti colare, colta in seno alla nostra espertenza come qualche cosa di particolare che differisce da questa cosa ¢ che tassomiglia a quellaltra. A&B, ¢ non C. Roma & la capitale d'Italia, e non del-Belgio, ecc. Ora, la domanda metafisica non concet- ne un qualcosa come se gli si potesse applicare un predicato per riconoscerlo nella sua differenza e nella sua somiglianza in mezzo ad altre cose. Cercare la definizione di qualche cosa suppone che la si collochi in un primo momento in mezzo ad altre cose per distinguerla; ma nel caso della metafisica que- sto procedimento non @ possibile; l'eme & interno a tutto, poi- cché tutto @ ente; non si pud dunque distinguere l'ente da un’al- tra cosa, Per questo motivo il problema metafisico non & tan- to quello di sapere cid che ¢ Vente e cid che non lo &, quanto il senso del’ente. Nella sua Introduzione alla metafisica” i filosofo della Foresta Nera riprende la questione posta da Leibniz: «Pezché esiste qualcosa anziché niente»? Vediamo dapprima come Leibniz esaminava la questione, Egli si domandava quale pote- va dungue essere 1a causa che ha presieduto alla produzione degli enti. La sua risposta concordava con il suo «grande prin- cipion, secondo il quale «aulla accade senza tagione sufficien- AS, Bimcore, feadasions ale meiaite. p13 © GAP Lem, Paces dele na 2 des facts fonda elle apons, 0. 7 46 1 cue cose ta Merarisica te, cio’ che nulla accade senza che sia possibile a chi conosce in profondita le cose, indicare una ragione che sia sufficiente a determinare perché la cosa & accaduta cosi e non altrimen- tio. La questione leibniziana verte sulle causa degli enti, essendo questa causa concepita come una forma originaria 0 un'intelligibilita. che non aveebbe hisogno di altro sostesno allinfuori di sé per essere perfettamente chiara. La risposta ‘a questa domanda si inserisce in Leibniz tra gli argomenti pro- posti dalla tradizione per quanto riguarda l'esistenza di Dio Dal momento che Potigine degli enti non pud essere irma- nente alla loro serie, senza che si possa esigerne una causa sem- pre pit alta, « necessario che la ragione sufficiente che non ha bisogno di un’altra ragione, sia fuori della serie delle real th contingenti ¢ si trovi in una sostanza, che ne sia la causa, che sia un Essere necessario che porti la ragione della sua esi- stenza con sé» ®, Heidegger non risponde alla domanda letbniziana alla stes- sa maniera. Egli vede infatti in questa risposta if risultato della soggettivizzazione moderna del principio; Puomo mocerno vuo- Te conoscere tutto, commisurandolo a delle ragioni di cui egli 2 in ultima istanza il giudice, Tanto pitt che il ragionamento i Leilsniz si spiega in larga misura nel quadro della logica del significaro del concetzo di cui lo seudioso & i maestro respon- sabile. Heidegger si rifiuta di soffocare la domanda metafis ca, dandole come risposta una sostanza positiva affermabile ad arbittio della ragione logica, L’origine o il principio non pnd, infarti, essere del genere della sostanza, che & ancora la Ragione sufficiente leibniziana. Heidegger invita piuttosto a soffermarsi nella domanda come domanda ed a guardate in direzione di cid che & stato cosi aperto, L'importanza della domanda non risiede tanto in cid su cui poggia la domanda, Vente ¢ ln sua causa necessaria, bens nelle domanda ¢ nella sua apertura. : ‘Tra Essere e tempo e V'Introduzione alla metafisica, Heides ger ha operato quella che ha chiamato la sua esvolta»; non si + tid Sia 1 OnE Cove La mevarsica 47 trata qui di un mutamento di preoccupazione, ma di ua eapo- volgimento della problematica. Nel primo testo, la tiflessione segue un cammino ascendente che affina la demanda ontolo- gica senza cercare di esauricla in una risposta definitiva; Esse- re.e tempo conduce cosi a porre la domanda sull'ente nella sua pitt grande radicalita. Depo Ia «svolta», la Kebve, la medita- zione considera che mai la domanda nei riguardi dell'ente si potrebbe sc una risposta non fosse stata gia data in anticipo nella domanda stessa. Questa tensione ira le due fasi maggio- +i della riflessione heideggeriana esprime Ia tensione che cos! tuisce Ia domanda come tale, nello stesso tempo aperta a cid che essa ignora ed orientata da cid che essa gid conosce. I fondatori della metafisica, dopo avere assunto il nome del principio Zo oft, l'ente, ne riconoscono il carattere problema- tico. Platone mostra come il significato di questo nome strut- tura la realta, imponendo di trascendere ’empirico immedia- to. Aristotele non si soddisfa della formalita trascendente di Platone, ma inserisce lente in seno ad una ricerca verso cid che & il pit universale; Pente & il principio, e in quanto & il principio @ la causa formale pit: universale; ma in quanto & il principio & anche finale, @ anche Pente che, semplicemente, &. Con i fondatori greci, la metafisica 8 una ricerca sul senso dell’ente che 2 il principio. Con Heidegger, la domanda onto- Jogica @ rinnovata in funzione degli slittamenti operati dalla filosofia moderna. Ogni volta l'ente o il principio @ al termi- ne di un'intetrogazione, La sua evidenza non é data, ma con- guistata. La ricerca metafisica va dunque alla conquista del- Pevidenza del principio. 48 1 cre cos 1a MeTARsiCa Caprrovo Sxconpo L'ENTE E LO SPIRITO Dopo avere esposto, nel capitolo precedente, le grandi linee della metafisica come domanda intorno all'ente, metteremo adesso in evidenza il significato essenziale delle sue categorie fondamentali: l’ente, l’esistenza ¢ lo spirito. Vorremmo mostra- re che compito della metafisica @ meditare sul!’alleanza origi- naria dellente ¢ dello spizito. Seguiremo come filo condutto- re due pagine dell'Iniroduzione alla metafisica in cui Heideg- ger spicga che Ia metafisica pone la domanda pitt ampia (J'en- te), la pik profonda (Vesistenza) e la pit originaria (lo spitito} 1. L’estensione della domanda @ Liente La metalisica 2 «la scienza che studia l'ente in quanto ente» ‘Ma che cosa significa questa parola «ente»? Platone ne aveva elaborato i vari livelli di significato. Noi diciame spontanea- mente che lente & questa cosa qui appresa mediante i nostri sensi. A questo primo livello di ente, 1a domanda metafisica & git la pili ampia. Sono tutte le cose belle o meno bel- > Cie M. Hrmccces, Inmadusione alle meafsics. pp. 14-15 i verre gio senno 49 Je del nostro mondo, il maze ¢ Ja montagna, questo libro, gli amici, la guerra e la pace, ecc. Tutto cid di cui fuccinmo espe- rienza 2 «encen E anche «entes tutto cid che sorregge la gioia di questo incontro amichevole, o |"inquietndine che nasce da questa sca- denza prossima, cid di exi mi ricordo ¢ cid che ispira le mie spcranze o i miei timori, Insomma, @ Po ptt 50, veNre R10 smarro. Tutto é «ente», nel senso che tutto & presente all’intelletto. Cid che non ci ® presente non un ente, «L'essere ¢ if pensa- re sono la stessa cosa» >, Ma questa tesi lascia perplessi. Non 2 perché un ente mi & presente che & questa pretesa 2 esorbi- tante. E tuttavial I] filosofo non sfugge al suo destino, anche se deve scontrarsi contro le pretese ingenue. «Nulla» indica cid che noi non taggiungiamo, perché non & gui adesso, ma potrebbe esserlo un altro giorno; non ¢ un «nulla puro», asso- Juto; questo «nulla» 2 un ente possibile 0 un possibile che, in quanto possibile, mi presente, un eate. Il «nnllay non & sem- plicemente «nullay; & nulla perché & solamente un possibile per nina conoscenza eventuale, alla guale in qualsiasi maniera rima- ne in riferimento. Il «nulla» potrebbe essere altrove, presente ad un altro; ma allora & ente per qualenno. Cid che non & pre- sente a nessuno non & milla, un non-ente. Su questo punto Parmenide @ insuperabile, poiché questo non-ente é ancora pen- sabile, & qualche cosa per il pensiero. La parola center significa dunque una presenza, La strut- tuta di questa presenza & manifestata dall'analisi grammatica- Ie della parola. «Ente» @ il paticipio del verbo allinfinito cesse- re». II participio e l’infinito hanno funzioni differenti. L’infi- nito indica una possibilita d'azione che cid nonostante non & realizzata: «studiaren, per esempio. Perché questa azione sia realizzata, occorre un soggetto che metta in opera T'infinito al passato, al presente e al futuro, qualcuno che sia in procin- to di studiare. Se if soggetto si avvia s compiere !"azione, fo si tte al gerundio: «studiando». Se Pinfinito astudiares, che ica un puro disponibile, non ha nessuna realizzazione con- creta, se nessuno studia, sar un infinito puramente potenzia- Ie, urazione che non dovra essere «agita», e pertanto una pura futiliea. Perché il verbo significhi realmente, occorre che la sua azione possa essere effettivamente compiuta, che non sia solamente tin puro possibile, abbia un soggetto che lesercita, per esempio qualcuno che stia studiando. Il gerundio fa pas- sare Pinfinito disponibile al suo compimenco nel)'azione; ne mostra la realt feconda. > Panwa, fap. 8 uovente £10 seme 51 Il participio un sostantivo: lo «studenten. Esso significa che il gerundio ha un supporto sostanziale, un soggetto che, definito secondo questo gerundio, @ nella condizione di eser- citare Vinfinito. II soggetto al participio attua veramente il suo stato se esercita al gerundio Pazione dell’infinito; lo svuden- te, studiando, & intento a compiere cid che egli &; compie Pazio- ne da cui trae il suo nome, «studiares. Tuttavia, come linfi- nito, il participio comporta anche la dispanibilica: lo studente che dorme non @ intento a studiare, benché abbia sempre Tidentita dello studence. IL gerundio indica un'azione effetti- va, mentre il participio non & sempre attivo, per quanto non cessi di essere cid nondimeno il participio dell’infinito. II par- ticipio significa uno stato che rende possibile lazione al gerun- dio o ad una forma dell'indicativo. ‘Tali analisi chiariscono il senso del sostantivo «ente». Que- sta parola & recepita con dilficolt® nelle lingue latine. Oggi, sotto In pressione della metafisica di Heidegger ¢ della sua distinzione ta Sein e das Seiende, Vinfinito e il participio, la parola cente» & abbastanza comunemente accettata; rende moi setvigi alla lingua filosofica contemporanea. Noi I'adottiamo, secondo il senso indicato dall'analisi grammaticale che ha distin- to Pinfinico (disponibile), il participio (stato) ed il gerundio (azione). «Ente», on, designa nello stesso tempo lo stato € Pazione dell'infinito aesseren, eizai. Leate 2 cid (stato) che (azione); la sua formula cotale con- giunge un aspetto formale ed un aspetto attivo; ei indica la determinazione che, entrando nella definizione, @ per essenza formale; 2 concerne l'azione, latto di essere, allindicativo pre- sente. L'espressione «cid che &» & carica del legame dellintel- ligibilita formate del verbo «essere» (il suo stato sostantivato [participio] pronto per una definizione) con la sua realta viva {il suo atto al gerundio). Questi due aspetti sono wniti dialet- ticamente. «Cio che c'e di pit importante e di primario in c# che 6, & il fatto stesso che esso sia. Se si chiama [essere] tatto cid che &, & perché, se nion fosse, non potrebbe essere qualsia- si cosa, Gid che non @, @ neppure un cid che. Propriamente @ niente. Turtavia la relazione delle due parole pud stabitirsi in senso inverso. Invece di pensare che “essere” un [ente] sia 520 un. vesre 2 1o spare * essere, si ptd anche pensare che essere sis essere un fence] Lo si pensa anche pitt facilmente, poiché in tucto “cid che &”, cid che ess0 & ci & molto pit facile concepirlo del semplice fatto che san* La patola «ente implica dungue una dialettica tra il parti- cipio Gil sostantivo che significa uno stato) e il gerundio (azio- ne compiuta dal verbo all'infinito), tra il fatto e il fare. 2) Ul reale ¢ la forma ‘Tutto & «enter; ogni ente & un fatto e anche un «faren. L'en- te articola una duplice priorita, ontologica e logica; la prima priorita considera la realta attiva di cid che @, In sua azione, ¢ la seconda, Ia forma che permette di comprendere intelligi- bilmente questa realta nel suo stato. La dialettica tra queste due priorita & unite nellente, nello stesso tempo sostantivo (essere divenuto un fatto intelligibile 0 formale) e gerundio essere in procinto di essere realmente). 1! problema & di asse- gnare un giusto valore a questa dialettica, senza tidurte uno dei suoi poli allaltro. La cuestione del significato della mveta- fisica dipende dalla soluzione data a tale problema. La lette- ratura che prende in esame questa difficolta & estremamente vasta; si tratta di articolare la priorita del fatto (sostanza fat- taed intelligibile) ¢ la priorita del fare (azione viva e mobile). Due autori, uno antico (Gorgia) ed uno contemporaneo (Car- nap) ci introdusranno nel vivo della difficoltd Gorgia pone un problema fondamentale: delle realta cor spondono alle nostre parole? Possiamo andate dal logico all’on- tologico, dal fatto al fare? Il buon senso risponde aifermati- vamente. Ma occorre in seguito sfumare quest’ affermazione, poiché noi sappiamo bene che ci troviamo spesso rell'erroze, che le nostre parole non dicono cid che &. Per di pid, vi sono delle parole alle quali non si vede quale realt’ corrisponda; i fisici, ad esempio, discutono per sapere se gli atomi esisto- «Es, Custer Laine « Fasema, p. 6 Per mors slic, Gilson non sone atiias: te 4 parla vente, i ul fferma perso Pure venice Sostisiame dangos, ql come tlerove, ls parla pester com fem) guards significa questo paricipingenindo ir vere co sermaro | 53 no. Quale sarebbe la realta della «massa»? La questione posta da Gorgia ¢ dunque pit sottile di quanto non sembri. Mostria~ molo con la radicalita della filosofia; in che modo so che alle mic parole coztispondono delle realta se non posso saperlo sen- za utilizzare delle parole? La conoscenza é interamente nelle parole. Come potrebbe essa scavalcarle per sapere se aderiscono al reale? Se si dice che l’esperienza serve da intermediatia tra le parole ¢ le cose, in che modo comprenderla senza le pato- le? Gorgia spinge Ja difficolta fino al? assurdo; in questo sen- so prepara il parricidio di Platone. La tesi di Parmenide sembra pertanto insostenibile, Sc «pen- sare ed essere sono la stessa cosa» ¢ se essere @, allora tutto cid che si pensa @; ¢ siccome non si pud pensare senza parole, tutto cid che si dice @; il che & assurdo. Ma il contratio & ugual- mente assurdo; se non vi & nessun legame tra persare ed esse- re, noi non diciamo mai nulla, Per approfondire il problema seguiamo le tre proposizioni che Gorgia propone: ciascuna muo- ve dall'assurdo e tenta di sradicarsi da esso. Commentiamole Hberamente: 1} non vi € nulla; 2) se vi & qualche cosa, non Ia si pud conoscere; 3) se Ia si pud conoscere, non la si pud comunicare. Questa conclusione @ disastrosa, compreso. pure il messaggio che Gorgia ci comunica! Non vié nulla, Questa proposizione proviene dal monismo parmenideo; infatti, se noi sperimentiamo numerose cose diver- se, mentre Pente ¢ Peuno» di cui parla ’Eleate, lente non 2 nulla di sperimentato; poiché i nostro mondo non conosce Teente-no> € che solo +» questo wente-uno», non vi é nulla che «2» nel nostro mondo, Questa conseguenza cosi assurda che si deve lasciaze da parte il senso monista dell'«ente», Si accetta dungue che vi & qualche ente nel mondo. Ma se cid & vero, senza che si sap- pia come, non si pud, comunque sia, conoscerlo. Infatti, se si trasferiscono agli enti della nostra’ esperienza le caratteri- stiche dell'ente del Peri phuseds dell’Eleate, se si riconosce a ciascuno di essi un’unit propria, non si vede in che modo le nostre parole, con la loro diversa discorsivita, potrebbero darne ta conoscenza. Cost, qualungue sia il sense della parola center, sia lente indivisibile ed identico a se stesso della logi- 540 a vente e1o sauce ca di Parmenide, sia Pente della nostra esperienza ac! mon- do, non lo si pud conoscere in modo appropriato. E dal momento che pensare e dire sono in linea di massima_adegua- tiPuno allaltro, non si pad dire nulla che sia un ente. B meglio dungue taéere. ; La terza propasizione conclude che se si conosce qualche cosa nonostante l'argomentazione precedente, non si pad in nessuna maniera trasmetterla. Supponiamo infatti che i] mio ‘edite» sorzegga lente, sia per esso un cammino di presenta- zione intelligibile. «Dire» @ un’operazione sonora € non pre- senta altro ence all’infuori della sua sonorith. «Da cid che si dice qui che il discorso non 2 cié che €, non ne segue che il discorso sia non-essere, ma semplicemente che ¢ss0 non & Plente] di cui parla; anzi, 2 precisamente perché & un lente] come gli altri, che non pu manifestare altra cosa di cid che sso &°, Come potrei dunque comunicare verbalmente una conoscenza che mi giunta per vie che non sono verbali? I! solo campo sicure de! linguaggio si riduce dunque a quello della fonetica. . Nella dialettica della logica ¢ dell'entologice, Gorgia soptay- valuta la parte della logica, Mentre per noi il fare o il reale (gerundio e realta ontologica) & interno al fatto (sostantivo ¢ forma intelligibile del sostantivo), Gorgia fi contrappone come due ambiti differenti. Per l’articolazione di questi due campi, occorrerebbe allora un tezzo operatore, ma 2 impossibile tro- varlo al di 1a dei termini opposti, essere e il pensieto c) La realta e la logica R. Carnap mette in evidenza tre sensi della parola «esse- re», Questa parola ha per lo pi la funzione grammaticale della copula; uesi'ultima svolge due tuoli: stabilire un rapporto generale tra un soggetto un predicato o identificate un sog- to; questi due ruali copulativi della parola «essere» sono, ice Carnap, scientifici, vale a dire logici, In quanto ad un terzo uso, metafisico, lo stesso autore sostiene che @ privo di senso. 5D. Aguusoue, Le pmbtime de Pe chee Aviune, p. 102. no vente £0 sanivo 55 Vediamo anzitutto il primo caso, quello della copula che sta- bilisce un rapporto generale tra un soggetto particolare © un predicato universale. Sia data la proposizione «Pietro @ intel- ligente». I predicato ha una fanzione tautologica; essa significa l'identita def soggetto ¢ del predicato, idenciti simboleggiata dal segno =. I cermini messi qui in rapporto sono strettamente intercambiabili. La frase: «Roma @ la capi+ tale d'Italia nel 1897» pud essere invertita: «la capitale d'Tta- lig nel 1897 & Roma», senza che il significato di una proposi- zione sia modificato nellaltra. Notiamo tuttavia che Ja tauto- fogia reca un’informazione sul soggetto. Dire che «Roma Roma» non insegna nulla, contrariamente alla proposizione «Roma é la capitele d’Tealia nel 1897», La funaione tautologi- ca non @ dungue solamente ripeticiva. Terzo caso: la proposizione «Socrate >, Secondo Carnap, Ia parola «é» ha qui una valenza metafisica, se significa «esi- ste». Infatti, in questo caso, non pud essere assimilata alla scienza, perché, riferita sinteticamente al soggetto, non @ veri- ficabile scientificamente; non si pud verificare scfentificamente non @ mai un predicato intelligibile. Per questo motivo «essere» non signi- fica semplicemente '®, Ma se @ cos) originale non & omogeneo ai fenomeni e non fonda nulla. In caso contrario, & concepibile in ragione dei fenomeni che fonda teoricamente, di modo che guesti fenomeni fondano il loro fondamento. La questione del fondamento fa passare la riflessione da un genere ad un altro. Ma non vi @ continuita tra il principio fon- dacore ¢ il fenomeno fondato. I fondamento non @ soltanto tuna causa legata anafiticamente ad un effetto. Supponiamo che si posse risalire dal fenomeno al suo fondamento; non ne con- segue che si possa anche discendere dal fondamento verso il fenomeno. Ora, comprendere il fondamento come una causa rischia di far pensare che questa reciprocita sia possibile. Una causa dev'essere proporzionata al suo effetto; & dunque vera- mente legata al suo effetto come il suo effetto ad essa, Evi- dentemente, una causa pud essere senza effetto, soltanto se Ja si considera in sé, ¢ non come causa; una causa che non hha effetto non & una causa, La rassomiglianza tra la causa € Veffetco fa inolere pensare che la causa sia sascettibile di essere Pefferto di una causa superiore. Ogni causa diventa cos un 1M, Hmmrcorn, Funcdestone alls menace, p. 13. 600m vENTe® to sro few anello intermedio di una catena indefinita di cause e di effet- ti. Ora, il fondamento non pud essere una causa immanente alla catena delle cause e degli effe:ti; 2 di un alteo genere. La adomanda sul perché non ricerca, per I'fentel, cause della stessa natura o poste sul medesimo piano di essov'", Tl fondamen- to nen pud dungue essere semplicemente una causa. Come potremmo allora avervi accesso? Per rispondere a questa domanda noi metteremo insieme i risultati ottenusi, da una parte, al momento della nostra espo- sizione dei primi libri della Mezafisica di Aristotele e, dallal- tra, al momento delle nostre analisi della parola sente>. L’en- te & acid che &, al tempo stesso «cid» ed «é». Il dimostrativo cid» designa le cause formali, le definizioni; il verbo «> signi- fica lattivita effettivamente esercitata al presente, l'essere che si compie, che si tiene in esetcizio, la sua causa finale. I! prin- cipio o il fondamento primo @ unico; trascende la dualiti del- Ja ragione formale e della ragione finale, fondando la forma nel fine, Vediamo in che modo. Liindicativo presente «> atrualizza Vinfinito disponibile essere>. Quest attualita & expressa pid semplicemente quan- do si dice che Vente esiste». Il verbo a» @ infatti molto gene- rico; si applica a tutto, al possibile, alla forma astratta, a qual siasi legge scientifica, fatti che non sono veramente attualit® reali, ma dati della coscietza. «ks per questo motivo che il lin- guaggio stesso, seguendo Vincertezza del pensiero, ha sponta. neamente sostituito il verbo [essere] con un altro verbo, il cui ruolo & precisamente quello di assumere Ja funzione esisten- ziale, che era originariamente la sua e che ha progressivamen- te cessato di cscreitaren'?. Di qui il verbo eesisteren nel sen- so di essere concretamente, attualmente, presente tra le cose di cui facciamo esperienza. Quando si vuole esprimere senza equivoci il fatto di essere reale, si dice cesistere» piutvosto che aessere, L’etimologia della parola esisterer ne precisa la sfumatora propria. «Esistere» viene dal latino ex-sisiere. Ex significa «fuori Bit 2 Er. Gasox, Venere « Posen, p. 7 a. VENTE EL sriuto 61 dans sistere © stare traduce i greco éstdmi che significa «essere presente, in piedi in maniera ferma e disponibile per ogni sorta di azioni possibilix. Occorre comprendere che ex @ un attri- buto di stare, e non il contrario; per esempio, nella parola «eso- do», formava similmente, ex determina odos, in maniera che «escdo» significa un cammino di uscita e non luscita dal cam- imino; allo stesso modo, «esisterer non indica «uscite dalla pre- senza», ma essere fermo stando fuori da, essere presente pro- venendo da un’originen. Quest’analisi etimologica segnala la tensione immanente alla parola «esistenzan: cid che esiste & presente (stars), ma provenendo da un‘origine (ex) che, per con- trasto con Pesistente presente, & assente. Questa origine del- esistente, 0 suo fondamento, & espressa classicamente come se fosse una causa {atia) oun. prinefpio larché) a partive dal quale Vesistente esisee. I fondamento da cui proviene Pesi- stente dunque assente; & diverso dallesistente, Per questa ragione non si pud prenderlo come se fosse omogenco ai suoi effeiti; tra quello e questi vi é una «differenza ontologican: se gli effetti esistono, il fondamento, invece, non esiste; se esistesse, sarebbe sottomesso alla stessa tensione di ogni esi- stente e dovrebbe dunqve avere anche un’origine che esso non 2, di modo che non sarebbe primo Questa riflessione etimologica ¢ formale impegna la discus- sione sull’origine dell esiscente. Un esistente non esiste a par- tire dal nulla; Petimologia di wesistere» segnala che esso ha un’ otigine radicalmente difference da sé, Lorigine dell'esistente & divetsa da cid che esiste; in questo senso, essa a0n esiste Se Lesistente presente, l’origine &, al contrario, assente, Cid che & presente proviene dungue da un’assenza. A noi interes- sa qui questa differenza. Bd @ essa che impedisce di parlare del fondamento in termini i causalita, il che implicherebbe una causalita formale, Ma come esprimere allora ragionevol- mente il fondamento, il rapporto tra il fenomeno c la sua origine? % Di qui questa propesizion dl Ft Gilton;adiviene alloca neces dive che, xe “Dio &", Dio non exttes Wi p10, coe ae De 62 u. vente £10 smarTo 4) Esistere Lialterita del fondamento pud essere concepita in modi dif- ferenti. Potrebbe essere quella che separa due esistenti, Ma alloca il fondamento sarebbe un esistente che ha un'originc, come ogni esistente; non sarebbe quindi veramente primo. In realta, non si pud mai coglierlo alla maniera di un esistente presente; il principio da cui proviene l'esistente presente & radi calmente diverso da quest’ ultimo; non esiste, contrariamente a cid che ha avuto origine dal principio, che esiste. Il proble- ma metafisico del fondamento non & tanto quello della discon- tinuita o della rottura che fa esistere lente @ partire da cid che non esiste. solamente tenendo conto di questa rottura che si pocra pensare il fondamento in una maniera che ad esse conviene. Una causa meccanica, materiale ed efficiente, non basta a spicgare l’esistenza dell’ente nella sua originalica asso- luta, in sé unica. Il meccanicismo non conosce che la propa- gazione dell'identico; riduce ogni differenza tra la causa e lef- fetto all’identita. La causalita formale che riconduce ugealinen- te il diverso sotto J'identico non 2 pit sufficiente a riconosce- re Voriginalita dell’origine. 1 filosofi esistenzialisti negano a buon diritto la possibilita di raggiungere il fordamenco per a mediazione di una forma universale ed astratta, L’accesso al fondamento é assicurato piuttosto da un’analisi esiseenziale che riscopre una potenza originale e feconda, manifestata nelle nostre esistenze concrete. Vediamone diverse testimonianze ‘Quando muore un amico molto caro, Agostino resta solo ¢ disorientato; pit nulla gli sorride; cutto & rovinato da que- st'assenza, Egli descrive allora un sentimento che sara fonda- mentale nell'esistenzialismo: «io ero diventato per me stesso tun’immensa quescione» “, Scopre che Pesistenza & aperca ad una trascendenza; nessuna certezza intellettuale lo appaga pitt veramente; il fondamento dell’esistenza & divenuto proble- matico. 1 conflitto tra l'essenza del mondo che si comprende intel- lertualmente ¢ Pesistenza libera & stato esacerbato da Sartre. % Auostine, Confssion! WV 83. MLENTERLOsPINTO 63 Liincomparibilita assoluta tra la liberta per sé e il mondo oggettivo delle cose int sé. L’esistenza @ liberta, per sempre al principio di sé; libera, @ padrona di sé, capace di volersi per sé, Tuttavia, essa deve realizzarsi, e cid in un mondo di cui non é il principio ¢ che, in sé, le appare come un blacco mas- siecio che resiste al suo dinamismo intraprendente. Essa deve, per conseguenza, sottrarsi alle sue realizzazioni oggettive, alla sua essenza, per accedere alla sua identita. Esigendo di rima- nere sempre puramente per sé, ma non potendo fare a meno del mondo in sé per esserlo, essa conosce Ia sua assurdit&; & qui la sua dignita ed i suo dramma, L'esistenza libera trascende Ie sue manifestazioni; precede la sua essenza ¢ se ne distingue assolutamente. La metafisica del?esistenza & dungue dialetti- ca; Pessere e il aulla, Per G. Marcel la fitosofia dell’ultimo secolo & precipitara nel nozionale; ha dimenticato il senso dell'esistente; @ dive- ‘nuta formale ed idealista, scambiando i suoi concetti per del- Te realta ¢ lavorando su questi concetti come se fossero mate- riali disponibili a creare un nuovo ordine del mondo. La filo- sofia ha cost perduto il senso vero della realta che le preme ritrovare. «Per Gabriel Marcel, il primato delPesistenziale & quello dell’esistenza [.,.] in rapporto all’ “oggestivita”, quale gli la intende, Cid che, non pitt che la negazione delle essen- ze, include il deprezzamento della ragione in metafisicas Wesistenzialismo ricerca un nuovo valore per la ragione. La ragione metafisica @ diversa dalla ragione scientifica, La cele- bre differenza tra i] «problema» ed il «mistero» esprime que sta tensione che Marcel vede tra il eoncetto oggettivante ¢ Pesi- stenza trascendente. L'accesso alla libert& o al misteto & meno negativo che in Sartre; vi @ un fondamento del razionale, la ui nozione non @ la ragione; il Jounal Métaphgsigue lo testi- monia Jacques Maritain protesta anche contzo la riduzione della filosofia al nozionale; ma, per fedelta alla scolastica, tenta di integrare le essenze formali alla filosofia. A suo parere, l'esi- stenzialismo dell’assurdo, reso celebre da A. Gide, non ha nes- % R, Trsronmams, De Uextoner 3 Powidant, 61, 18 640 VENTER to seuro sun peso; si syuota da se stesso della sua sostanza. Vi é tutta- ‘via un esistenzialismo autentico in cui «si afferma il primato del¥esistenza, implicando e salvando le essenze 0 nature, ¢ come manifestando una suprema vittoria dellintelligenza ¢ del- Vintelligibilita [1 Poiché sopprimendo I'essenza, 0 ¢#3 che esse pone, si sopprime nello stesso tempo l'esistenza 0 l'esse, essendo queste due nozioni correlative e inseparabili: un sif- fatto esistenzialismo si distrugge da séo'®. Lesistenzialismo di Maritain fa appello ad un ritorno al conereto, agli enti col- ti secondo fa prospettiva del zealismo tomista che riconosce foro un’intelligibilita intrinseca, senza tuttavia riducli a forme nozionali, pet quanto se ne corra talvolta il rischio. Gli autoti articolano dungue in diverse maniere Pesistente intelligibile ¢ la sua otigine; li separano al massimo (Sartre) © cercano di unirli il pit possibile (Maritain). La posizione sar- triana & eccessiva: essa dissolve Ia sintesi dell'ente, al tempo stesso cid ed 2. Ma reagire contro questa posizione, riffutan- done la disarticolazione, fa correre il rischio di confondere la forma con lorigine dell’esistente. La riflessione utilizza sem- pre € necessariamente Vintelligibilita delle forme aniversali; il Figetto della disorticolazione esistenzialista libera la tentazio- ne che ha naturalmente Pintelligenza di ripiegare la riflessio- ne sulle forme e sulle definizioni. Il filosofe non pud stabilis- si immediatamente sul piano dell origine attiva; fa sua espres- sione non pud oltrepassare le mediazioni intelligibili che gli permettono di indicarla; senza essenza, il filosofo @ perduto, Ma Vatto di «esistere» sfugge a qualsiasi stabilizzazione del genere. T logici si sono imbattuti in questo problema. Abbiamo visto che Carnap espelle lesistenza dal mondo dei segni logici signi- ficativi. I jondamenti dell arttmetica di G. Frege sono pitt slu- mati, Vediamo come. I numeri cardinali non formano wna serie di semplici predicati; sono piuttosto predicati ad un secondo livello, predicati di predicati e non di concetti. Quando dico «Venere & un pianeta», attribuisco i] predicato , una differenza ontologica. La ricerca del fondamento non Vorienta verso una «causa» fenomenale; Yente proviene da un'origine che non si lascia determinare come se fosse un fatto in mezzo ad altri fatti; Vorigine & un’attiviza. La realt} di questa origine non & omo: genea ai fatti che da essa provengono; & di un altro ordine, lun fare» che penetra i «fattiv. Gli enti sono pit attivi di quan- to non manifestino le loro definizioni. La loro apertura verso i] fondamento, esercitata per mezzo di cid che essi sono o esi- stono, [i fonda, HI chiarimento etimologico della parola «esi- stenza» traduce schematicamente questa esperienza fondamen- tale: un’azione precede il fatto ¢ la comprensione che ne rica- viamo; '«é» precede il «cid» dell’ente, rinviando ad un'origi- ne diversa La tensione immanente all'esistente @ enunciata dalla paro- la «fenomeno». Questa parola, in conformita alla sua origine greca phainoneai, significa ””. In questo senso, lo spirito di fuoco & la parte egemonica del corpo; & il principio dell’ordine. % Avrscomme, Ripmdoone dea animal, 7504 D Cheusowr, adie natn deft dos XT: b vente Rue santo TL La composizione di un principio passivo (la materia) ¢ di un principio attivo (lo spizito) nel corpo @ progressivamente incerpretata con I'aiuto dell’opposizione platonica del corpo e dell'anima. Noi assistiamo allora ad uno stittamento fonda- mentale del significaro dello spirito, Per il platonismo il cor- po & passivo, mentre l'anima & attiva. Vi & una similitudine con lintenzione staica. Ma la divisione platoniea scompone Punita del vivente in due enti; permette cosi di tendere con- to della manifesta assenza di vita nelle pietre, Al contrario, per Jo stoicismo, ogni corpo ha dello spitito, cid che conduce ad una sorta di pan-vitalismo, il cui significato aon @ molto evidente; fatto che provochera qualche discredito nei confronti di questa dottrina. Quando la tradizione platonica sar} dive- nota la matrice di qualsiast rflessione filosofica, 'unione stoica della materia e dello spirito nel corpo verra sosttuita dall’op- posizione platonica del corpo e dell’anima. Lo spirito stoico ‘sata attirato cosi in direzione dell’anima platonica. Ora, l'anima & nol, principio della conoscenza pitt affinata. Lo spirito diven- ta a guel punto la potenza pit sottile dell’intelligenza. Nella eradizione biblica, «spiriton traduce mab, il cui sig ficato originatio & materiale, come il pneuraa stoico. Nel Genesi 2:7, per esempio, lo spirico é il soffio di vita senza del quale {1 corpo dell’uomo non é veramente vivente. Nel primo seco- lo avanti Cristo, ad Alessandria, Filone prosegue larmonizza- zione del pensiero greco ¢ del linguaggio biblico, iniziata due secoli prima dai LXX che avevano tradotto Ia Bibbia; egli vede nel pentima stoico un equivalente adeguato, a suo dire, della mab ebraica. Il libro della Sapienza, che proviene verosimil- mente da Alessandria ¢ che & quasi contemporanco di Filone, testimonia i medesimo sfozz0; evoca la stima nella quale Salo- mone tiene la sapienza che tino spirito e che, dicono Prover- bi 8:30 0 Siracide 24:3-5, ha presieduto alla creazione del mon- do; la sapienza, cosi all’origine del!’eccellenza di cutto cid che & ticeve dei cratti divini; la totalita dell’womo, corpo ed ani- ma, L’uomo cosi unito partecipa all’origine da cui proviene ogni vita, Lo spizito compie cid che 2, esercitando questa par tecipazione. Essendo estatico, come fo ® la sua arigine di fronte ad esso, portando a compimento cosh iJ suo stato di parteci- ante, esso & cid che &, realizza fe sua essenza di «enter unico ira tutti gli enti. B cost attirato verso un valore: compiere cid che 2 donando di essere come ha ricevuto di essere. Eserci- tando quest'attrazione in una manicra estatica, esso 8. Non. realizea quest’attrazione solamente meditando sulforigine; la sua estasi 2 piuttosto un'apercura verso ogni enie, al quale comunica il suo atto di essere, a condizione di alimentare que- sta estasi alla sorgente di cid che &. Tl dinamismo spirituale non & anzitutto psichico, San Paolo distingue P'uomo psichico ¢ Fuomo spirituale. Luomo psichi- €o, splendido nell’egemonia della sua anima, si impossessa del principio detla propria attivita; l'anima vivifica infatti il eor- po senza conoscere attra passivita che quella del proprio cor- po. Al contrario, I'zomo spirituale conosce una passivit’, quella stessa che ne fa un uomo spirituale e che gli dona di essere vivente. Questa passivita dello spirito gli permette di fare pro- pris la sorgente delPattivita per mezzo della quale egli porta a compimento cid che &. Tutto Puomo, che & spirito, & dina- mico, come se esercitasse cost un’inclinazione essenziale ver- so il bene o ill valore. ‘A conclusione di questo capitolo, noi affermiamo Palleanza delPente in genetale ¢ di questo cate che & lo spitito. L’ente € lo spirito sono costicuiti da dinamismi che li fenno incon- 740 a vene FTO SPIRITO trare. L’ente o Pesistente sono lespressione, Ja proposizione, Pesposizione dell’essere o dell'esistere, di un’origine disponi- bile che si realizza nelle azioni concrete. Fanno appatire una profondita nascosta, che si svela in essi; [’ente & cosi il feno- ‘meno di uri ato, la realizzazione di un’azione; I’«ente» in quan- to a», Questa profondita dell’origine & l'interiorita dell’ente; Pente realizza ta venuta in precenza dellorigine, il suo movi- mento di appatizione, jl suo ingresso nel fenomeno; l'origine si esptime in esso. Similmente lo spiito & un movimento, una tensione dinamica; fa sua origine & interna ad esso, presente quando e3s0 esce da sé. Lo spitito & costituito da questo movi- mento di esilio dalla monorona identit’ di sé. Esercitando Pestasi che lo pone come spirito nei riguardi di tutto cid che @ ed anche nei confronti di cid che gli dona di essere cid che &, effettua la sua essenza di spirito; diventa allora un evento fondato ontologicamente; in cid, rivela l'origine o il principio. L'ente ¢ lo spitizo sono Funo e altro movimenti di estasi. Lente & lestasi fenomenale della sua origine; lo spirito @ Pesta- si che fenomenizza l'estasi originaria. Questi due movimenti sono esercitati in un solo € medesimo atto che accorda lente ¢ lo spitito; la profondira dell'ente si manifesta nel fenome- no, in cui fo spiito trova la pienezza, provvisoria, ma git com- piita, di cid che esso desidera quando fo pensa o lo ama Possiamo cosi proporre la nostra definizione della metafisi- ca, «Se la metafisica é la scienza del fondamentale, essa appa re prima di tutto come la rivelazione di sé ¢ la conguista del soggetto puro nell’arto stesso attraverso il quale noi cogliamo Ia vera portata del nostro riferimento all'ente [...]. La metafi- sica allora la ricerca di cid che & primo, non solamente nel- Pente stesso, ma nella nostra situazione dinanzi ad esso»”. Vatto spirituale si realizza tuttavia in proporzione alla sua alleanza con una donazione dellessere nell'ente. La metafisi- ca @ dunquc la scienza dell’alleanza, nella quale Pessete del Fente si dona allo spitito ¢ in cui lo spirito accede alla sua jidentita, essendo orientato dinamicamente verso il fondamento di tutto cid che &, compreso se stesso. 4 8, Korner, «Orientations series co métaphysgues, p. 636 no vente rio spinita 75 Caprro1.o TERzZ0 IL METODO IN METAFISICA Abbiamo visto ne! capitolo precedente che la domanda meta- fisica 2 la pit: ampia, la pitt fondamentale e la pitt originaria di tutte le domande che I’uomo pud porre. L'insieme di que- ste caratteristiche determinano il metodo che conviene alle metafisica, a questo laogo di allenza in cui si uniscono l'azio- ne dello spirito e In donazione del fondamento. Ci appliche- remo adesso a precisare questo metodo. Meticremo dapptima in evidenza 'essenza dei metodi classici. Sottolineremo poi Voriginaliti del metodo trascendentale della filosofia moder- na. Spiegheremo in ultimo il metodo riflessivo che guider’ la hostra ricerca. 1. I metodi Dopo avere spiegato cid che € un metodo nella sua essen- za, considereremo le diverse forme con Je quali le metafisiche classiche, scolastiche soprattutto, hanno applicato, vale a dive Tinduzione, la deduzione e l'intuizione. a) Un metodo La parola «metodo» & composta da due termini: meta ¢ ads. Odos & tradotto con s«ammino». Meta significa sia «dopo> 0 edlietro», sia «duranten 0 «con». Nel caso in cui mete significa uy merono in werarace 77 la successione, il «metodo» evoca cid che viene «dopos il cam mino, vale a dire il termine cercato; nel secondo caso, quello della simultaneith, esso indica i! cammino «on » i quale si arriva alla destinazione richiesta. Si intende che, secondo il senso comune, il metodo é il cammina che conduce alla desti nazione ricercata, In generale, i] metodo scientifico & «un modo di procedere coerente che viene applicato per raggiungere un fine determi- nato»'. II suo cammino si segnala in maniera riflessa: non esiste un metodo rischioso; esso & fermamente determinato da un progetto che prevede o anticipa idealmente i suoi risulzati. Certamente ci pud essere del rischio nell’applicazione del meto- do, per esempio quando non & messo in opera con tatto il rigo- re voluto, o quando i risultati superano le attese, Tuttavia, di solito, il ricercatore mete a punto il suo metodo per evita re giustamente che ayvengano degli imprevisti che impedisco- no di ottenere proprio quello che eli richiede. Se insorgono delle sorprese, le analizzera in maniera metodica per farle tien- trare all'interno del suo progetto, eventualmente ricomincian- do la ricerca con pid cura © precisione. Il metodo deve dun- que essere coerente nei riguardi del termine ticercato 0 del punto di artivo richiesto. Occorre vigilare affinché i suoi diversi momenti non si contraddicano gli uai con gli alti. Diamo un esempio facile di ordine tecnico. La camera d’atia della asia bici bucata; mi accingo dunque a ripararla, Per fare cid seguird una suecessione di fasi teeniche ordinate in funzione dello scopo ticercato. Per rigonfiare il mio pneuma- tico avrd bisogno di strumenti specifici; le mie carte stradali non setvono a niente; mi occorrono delle chiavi ad foc, un pezzo di cauccit, della colla; rimuoverd prima la ruota dal telaio, poi il pneumatico dal cerchione, ecc. I! mio scopo non sara raggiunto se non svolge le operazioni tecniche seguendo un ordine pit preciso; questo determina dunque le mie opera- zioni. Ma le operazioni determinano anche il mio scopo: io ottengo soltanta cid che produco; se faccio un nodo al mio pneumatico per impedire all'aria di uscire, avrd un certo risu!- 7 e, Rare, «Metedon, py 1243, 78 i Tt MeTOnO IN METAHSICA tato, ma non potrd andare a passeggio con i miei amici! Lo scopo determina ill metodo ¢ il metodo lo scopo; vi & una cit- colarita tra questi, ma non si tratta di un circolo vizioso. Pri- ma di aver peccorso tutte Je fasi del metodo, lo scopo & sola mente progeitato; dopo, diventa reale. I] metodo & dungue la mediazione che fa passare un progetto ideale ad una realti effettiva. La conoscenza dello scopo precede la scelta dello stra. mento, ma @ lo strumento che realizza lo scopo, L’esempio che abbiamo riferito ha levidenza delle attivits tecniche, La situazione @ forse differente quando Ia ricerca & svincolata dall'esperienza immediata. Tl metodo pud allora esse- re applicato senza che il suo risulzato sia dererminato in anti- cipo ¢ pud condurre legictimamente a cid che non & previsto all'inizio. E questo il caso della logica formale; se ho due pte- messe vere, mi é sufficiente applicare delle regole precise pet sapere se tale conseguenza, inverificabile empiricamente, & vera. Cosi il sillogismo «tutti gli uomini sono mortali, ora io sono ua uomo, dungue io sono mortale» non potra essere verifica- to che alla mia morte; se questo ragionamento é giusto, non Jo & dunque in seguito alla mia esperienza immediata, poiché, quando sard morto, non pottd pit sostenerlo, Similmente, la scienza moderna costruisce il suo oggetto progressivamente; Poggetto del fisico contemporaneo non é pit: semplicemente il fatto sensibile, ma la conclusione di formule matematiche, che dari Iuogo ad eventuali verifiche empiriche. La scienza moderna elabora cid di cui parla in funione del proprio dina- mismo speculativo. In Filosofia «metodo ¢ oggetto di indagine vengono posti in discussione in egual modo». Questa formula @ paradossa, le. Essa significa, da una parte, che la filosofia non ha in un primo momento un oggetto da riconoscere, al quale adattare in seguito if proprio metodo. Dice anche, d'alere parte, che i metodo della metafisica suppone il suo oggetto. La prima parte di questa tesi ha numerosi oppositori che vi intravedono segni di idealismo. Nondimeno, guest’ apertu- ta o questa indeterminazione oggettiva del metodo apparten- ©, pp 1236-1287 1 IL METODO IN METAKSICA 79) gono all’essenza della metafisica. Se infatti la metafisica com- prende la realta pili vasta possibile, quella che inchide la domanda stessa, i] suo metodo @ spiegato all’incerno di cid ver- so cui conduce; non porta dunque ad un termine gia fissaco in anticipo al suo orizzonte. Per accettare questa tesi, occorre evidentemente abbandonare il modello delle scienze presunte oggettive. Dobbiamo tuttavia mantenere quest affermazione necessaria; il metodo metafisico aon si propone nessun ogget- to che gli sarebbe esteriore; consiste piuttosto nel chiarire 0 interpretare il dinamismo spitituale nel quale la ricerca del prin- cipio viene esercitata Ritroviamo qui la seconda parte defla nostra tesi: il metodo ® ordinato a segnalare in direzione del suo termine. Si deve suppotre che questo termine, non essendo un oggetto, ma essendo ugualmente alla fine del cammino, sia precompreso nel dinamisimo della ricerca che si vuole fedele al proprio rigore. Tl termine non si ritrova in fondo al cammino, me ne rischia- ra tutte le tappe, secondo una logica che le verifica ¢ le sor- passa tutte. I metodo metafisica mette dunque in lace il prin- cipio precompreso, vale a dize la donazione dellessere, stu- diando le diverse modalita mediante le quali inclinazione spi rituale gli risponde. Quest’affermazione & compresa con diff. cotta; la scolastica classica le ha opposto resistenza; {a filoso- fia trascendentale Pha adottata. b) Liinduzione e la deduzione Non @ in nessun caso possibile conoscere veramente senza rispeztare le regole della scienza; ora, secondo Aristotele, dei tre procedimenti della conoscena (induzione, deduzione, intui- zione), due solamente sono accertati scientificamente: le dedu- zione per mezzo di un termine mediato e Vintuizione imme- diata; 'induzione convince meno. Parleremo subito dell'indu- zione, poi della deduzione; tratteremo l'intuizione nel panto successivo. Liinduzione non & un procedimento scientifico del tutto affi- dabile: comporta alcune difficolta insormontabili, Passa dal par- ticolare all'universale, contraddicendo la legge elementare della 80 nt n atFTODO My METANSICA logica, per Ia quale l’estensione delle premesse non pud essere superata da quella della conclusione. La sicurezza dell'indu- rione & dunque problematica. Certo @ ; questo pracesso non ha tuttavia valore incon- futabile per la scienza; le ricerche moderne sul suo fondamen:o, © attraverso la continuitd nella navura 0 per mezzo delle abi tadini psicologiche, indicano suffictentemente che il rigore uni- camente logico ne @ insoddis¢atto. Inoltre, quando Pindwzio- ne passa dal particolare al generale, enon & affatto un passag- gio dai fatti alla legge, dagli efferti alle cause, dalle cose alla Joro ragionen*; essa universalizza senza manifestare in che cosa l'universale ayrebbe una necessita scientifica, L’induzio- ne deve dunque essere eliminata dai metod? che fanno cono- scere i principi primi della scienza; non & degna della meta- fisica. La scienza moderna 2 tuttavia induttiva. La scolastica clas- sica che nasce contemporancamente ad essa, lotta conto que- sta ¢ i suoi principi ipotetici, pretendendo di essere la sola vera scienza possibile. Riciene infatt! che i! punto di partenza della scienza non pud essere in nessuna maniera ipotetico. Per Aristotele Ja scicnza & dimostzativa; la dimostrazione trae le sue conseguenze a partire dalle sue premesse, chiarendone le relazioni necessarie. Queste premesse sono enunciati certamen te posti, «premesse vere, prime, immediate, pitt note della con- chusione, anteriori ad essa, e che siano cause di essay’, I] discorso metafisico segue le norme della deduzione; Ia sua sicu rezza & fondata sul fatto che le conseguenze sono intrinseche alle premesse; la buona conclusione non oltrepassa mai la mist ra delle sue cause; quanto a queste, poiché la metafisica pre- tende la maggiore generalith, saranno le pit generali. La dedu- zione rifulge cosi di uno splendore evidente su ogni prova razionale. » Aussoras Secondt Avalitit T 19, 100, © ML Le Biot, Logigue et mtinds ober Anson, ©. 126 9 anusrorene, Seems fiver 12, 31h bra. Meropoan aerarsica 81 Chr. Wolff & un rappresentante tipico della scolastica dedut- tiva. Le sua riflessione comincia dalla logica, dottrina neces- sariamente preliminare all’enciclopedia delle scienze; la logi- ca, che & fondata sul principio di non-contradditione, stabili- sce le forme sicure del discorso razionale in genere. Seguono le scienze razionali teotiche, divise in metatisica generale o ontologia © metafisica speciale 0 teodicea (Dio), psicologia (uomo) e cosmologia (mondo). Vengono in seguito le scienze tazionali pratiche (ditiezo naturale, etica, politica, economia), poi le scienze empiriche tcoriche (psicologia empiica, teleolo- gia, fisica teorica), e in ukimo le scienze empitiche pratiche (tecnologia, fisica’specimentale) Fermiamoci all'ontologia, in cui eoccorre seguire il metodo dimostrativon*. Come regola generale, la dimostrazione uti- lizza «come premesse {...] delle definizioni, delle esperienze indubitabili, degli assiomi e delle proposizioni git dimostra- te». Ora, la filosofia prima non pud fare ricorso all’esperienza o alle proposizioni gia dimostrate perché, appunto, essa @ pri- ‘ma; il suo solo punco di partenza legittimo si trova dunque nelle definizioni ed assiomi, Le si attribuisce dungue questo oggetto che @ il pitt generale possibile: ens im genere, seve qua- tenus ens est’, la cui detinizione @ esplicitata riprendendo del- le determinazioni aristoteliche, ma nel quadro di una logica prima, L’ontologia @ prima aperché tratta dei primi principi delle prime nozioni che si utilizzano nei ragionamenti», A questo punto il piano dell’ontologia & evident 1. La nozione dell'ente in generale delle proprieta che ne seguono. @) I principi della filosofia prima 1. 11 principio di non-contraddizione 2. Tl principio di ragione sufficiente. La scolastica wolfiana ha fatto della metafisica una scienza logica; essa mantiene saldamente la forma sillogistica ¢ la sua validica racchiusa nei suoi principi ¢ nelle sue definizioni con- © Cin Wor, Onsoonie profeoniena, 5 Can, Wourh, Ontlons, 61 820 uw seeropo ww setansi = cettuali, II fondamento della metafisica, o il suo punto di par- tena, & cost il concetto di ente nella sua identita formale; ogni ragionamento vero sul fondamento deve allora essere dissolto nel’ideptit’ tautologica. Questo procedimento deduttivo sembra poco propizio alla ricerca metafisica. Si potrebbe del resto mostrare che, per Ari- stotele, la soluzione del problema della fondazione della scienza & molto pitt complessa di quanto non venga sostenuta spesso. La sva idea della deduzione non ha I'evidenza semplice che noi abbiamo proposto. Aristotele non vede le scienze come tuna gerarchia che avzebbe inizio da un principio assolutamente oggettivamente primo, conosciuto dalla scienza prima, da cui poter dedurre la totalita del reale. Aristotele non @ il fonda- tote dei sistemi assiomatici; di fatto, non conosce un corpus chiuso di principi. Per lui le proposizioni primitive «possono essere in numero infinito, o almeno indeterminato»* infatti al'indagine per stabilire che tutti § sillogismi hanno gli stessi principi non deve certo neppur cereare di sostenere che una qualsiasi proposizione viene provata sulla base di tutti quanti i principi: cia sarebbe infatti troppo sciocco»” ‘Luniversalita formale del concetto di ente & di fatto posta eliminando qualsiasi determinazione che ne frammenterebbe Pidencita, [ tractati scolastici comincéano col definire logeet- to della metafisica in maniera nozionale come se questo pro- cesso fosse di per sé valido, I loro schemi di esposizione sono abbastanza costanti, Essi considerano dapprima l'ente in quan- to ente. Si sforzano in seguito di mantenere questo principio, rendendo giustizia al buon senso per il quale gli enti non sono semplici, ma complessi. Non lo possono fare perd che a cor dizione di allontanarsi dal principio e costruendo delle cate- gotie che non ne sono Pespressione immediata, poiché pro- vengono dalPesperienza sensibile pit: generale, come Ia sostanza ¢ Paccidente. Questo schema deduttivo della scolastica & illuminate della dialettica discendente di Platone: «il discorso attinge [...] cid § 6G, Gnasusn, Le tore entueicieme de le science, p93. * Amszomane, Second Aral 1 32, 85. rt werona in aeransics 83 che & immune da ipotesi, al principio di tutto; L..] € cost [discende] alla conclusione senza assalutamente ricorrere a nien- te di sensibile, ma alle sole idee, mediante le idee pasando, alle idee; € nelle idee cermina tutto il processo»'. La dialet- tica discendente va dungue di forma in forma, deducendole Ie une dalle akvre, mediante l'analisi delle loro implicazioni iutue, sotto Ia spinta della necessita della ragione che non trova nella costituzione di un'essenza le condizioni sufficienti della sua meditazione; la riflessione filosofica si allontana cost dal principio affermando cid che la rende intelligibile. Ma per fare questo, essa deve ricorrere a delle esperienze che non sono immediatamente quelle del principio pensato nella sua origi ne. I! Sofista deduce cosi tiposo» ¢ «movimentos dalla consi- derazione dell , poiché & univetsale; 1. tt MEYODO IN MevarTsICA 83 il significato del principio non @ senza colui che vi tende, Chi intuisce il principio non lo pud dunque fare alla maniera del- Tocehio. Si deve forse dire che il principio intuito intellettualmente non sia @ priori? L’a priori del fondamento non fa che esso sia posto indipendentemente dall’atto che vi tende, L’inesi- Zione intellettuale & modellata al ritmo di questo atto, nella misura in cui si riconosce che questo atto non ha in sé la ragio- ne det suo dinamismo che esso esercita in risposta ad un'at- trazione. Per questa ragione, noi diciamo che V'intuizione intel- lettuale connova la riflessivita; essa scaturisce dalla riflessione dello spizito sul suo atto. Se Pintuizione implica l’alterit’ del su0 oggetta, il primo principio non pud essere intuito, poiché non @ un’alteriti oggettiva. Ma se la riflessivita 2 immanente al invzizione intellettuale, allora il termine “intaizione” pud essere mantenuto, sia pure con prudenza. Il metodo metafi co non é dunque né induttivo, né deduttivo, a rigor di termi- ni; € intuitivo, ma a condizione di comprendere riflessivamente cuesta intwizione. Ed & cid che ill metodo trasceadentale ven- terh di precisare 2, Il metodo trascendentale Il fondamento che cerca la metafisica non & offerto all’in- tuizione dello spirizo come un oggetto disponibile per un’ana- {isi formale. Indubbiamente, lo spirit non vi accede senza por- Jo come un tema di meditazione, ma non lo fa senza spiegare internamente a questo tema il movimento che lo porta verso di esso. La metafisica non nasce dalla considerazione delle for- me astratte o della nozione dell’ente, ma dal movimento che si riconosce interno a questa forma oa questa nozione. La metafisica spiega dungue cid che & celato nell'interrogazione pit: ampia, profonda ed originaria dello spirito. Essa manife- sta cid che vi & velato, non fissando Ja sua attenzione sull’og- getto della questione, ‘ma sulle condizioni di possibilita della domanda in quanto orientata verso cid che la trascende e che gia l'accoglie 860 Wn wrroDe aN werarisica a) Liimplicite ¢ Vesplicito TI metodo trascendentale va dall’esplicito all'implicito; regre- disce dalla domanda metafisica verso cfd che la tende possibi- Te, Talleanza in cui si congiungono il movimento reale dello uitito e Lavvento spichuale delente. L'implicito cost bers to non dipende dalla psicologia empirica; questa ® fartuale, desctittiva, non pud aspirare di diritto all universalita assolu- ta. Il metodo metafisico non pud essere descrittivo in questa maniera. E anche molto diverso daile scienze che enunciano a posterior’ le leggi dei facti osservati o che si appoggiano su nozioni a priori come gli assiomi matematici. L'ente € lo spiri- to sono infazti presenti I'uno all‘altro in us’alleanza comune che situa i! luogo del mezodo al di sopra delle deserizioni ogget- tive dei fenomeni, Fatta eccezione per questo hiogo in cui lo spitito # impegnato necessatiamente, il metodo metafisico non ri essere applicato, poiché non potra pit riflettere sull'al- Qeanza in cui st pone lz domanda fondamentale. Si intende per «trascendentale» cid che concerne la condli- zione di possibiliea degli atti ragionevoli. Tl metodo trascen- dentale consiste dunque nel chisrire le condizioni di possibil:- th della domanda metafisica; senza di cid una tale cuestione non potrebhe essere prodotta secondo la sua originalit’, che consiste nellesscre Ja domanda in cui 10 spirito gioca il tutio del suo essere, perché poggia sul tutto dellessere, In Kaa, i metodo trascendentale ha un impatto essenzialmente episte- mologico; in Heideager e Blondel, che esamineremo tr4 poco, & molto pit ampio, in maniera del resto che questo termine non convenga loro senza legittime contestazioni. Noi adotzia- mo questa terminologia in quanto significa la ricerca di wcon- dizioni di possibilit&» dell'attivita umana, che non limitiamo come Kant al dominio del sapere, ma che intendiamo in atta Vampiezza che le riconoscono i due autori appena citati. Tl metodo trascendentale diventa cost fenomenologico. I metodo fenomenologico, proposto da Husserl, cerea di mette- re in evidenza Pesseniza dei fenomeni; procede tecliante deseri- zione, come ogni seienza, ma con un’esigenza propria: si srat- ta di trovare cid che costituisce il fenomeno come tale, cid in nome del quale esso appate allo spirito, fe condizioni di pos sibilita che lo rendono un fenomeno per lo spirito. La feno- moa saetono x werarsica 87 menologia di Husserl non si accontenta dunque di uno studio oggettivo del fenomeno, ed & questa la ragione per cui Pinte- resse del filosofo di Friburgo per Ia soggettivita andra aumen- tando, mentre celi proveniva da studi di logica e di geomecria Con il suo discepolo Heidegger, la fenomenologia di Hus- set] & profondamente modificata ed il suo campo si estende. Lo spirito pone Ia sua domanda intorno al principio nella sua pratica fenomenale. La conoscenza del principio non & data dunque ignorando il suo svolgimento attraverso i fenomeni; questi mediano lo spizito verso il fondamento ed il fondamento verso lo spirito, Il metodo fenomenologico non si accontenta percid di analizzare delle essenze ideali, quali Pidea di ente Ritrovando dimensioni trascendentali, la fenomenologia di que- sto xx secolo si interessa ai molteplici impegni dello spirito per scoprirvi if legame che li organiza al loro interno, orien- tadoli progressivamente verso il fondamento Nei primi paragrafi di Esseve e tempo, Heidegger insisce sul- larticolazione del dinamismo dello spirito (chiamato Dasein) ¢ del fondamento degli enti. Quest’articolazione & analizaata grazie ad una fraseologia originale, divenuta aggi classica, ¢ da cui noi esttaiamo queste due categorie: Pesistentivo e Vesi- stenziale. \esistenziale indica il piano de! fondamento; & acces- sibile attzaverso il mondo dei fenomeni, dell’esistentivo. I for damento esistenziale @ il fondamento dei fenomeni esistenti- vi, mentre il fenomeno non @ a fondamento del suo fonda- mento. Come cogliere il fondamento come fondamento, in sé primo e secondo per noi, nei fenomeni che fonda ¢ che sono per noi prinni, ma secondi per esso? Occorre innanzitutto con- sideraze il fenomeno come fenomeno; il fondamento non dipen- de evidentemente dai fenomeni, poiché li fonda; vi si accede tuttavia meditando su di essi, «ll probleme intorna lalla strut- tura ontologica dell’esistenza] mira [...] alla discussione di cid che costituisce lesistenza, Al'insieme di queste sirutture dia- mo il nome di esistenzialita. L’analitica di essa non ha il carat tere di una comprensione esistentiva, ma quello di tna com- prensione esisienzialen ". © -M, Hleinscora, Mucw ¢ temgo, p23 88 wh, uxeroD0 Ev MErARISICS | La maggior parte di Bssere ¢ tempo ® dedicata al!’analisi esi- stenziale del Dasein: «ll compito di un‘analitica esistenziale del (Dasein] & predelinearo, quanto alla sua possibilita e alla sua necessita, nella costituzione ontica del [Dasef#]'?, Cid sembra fare di Essere ¢ tempo wn'antropologia metafisica. Ma quest’ap- parenza inganna salle intenzioni e su! metodo del filosofo della Foresta Nera; Danalitica esistenziale non @ un'analisi esisten- tiva. Al livello esistentive, l'snctopologia & una scienza uma. na, positiva ¢ simile alle scienze naturali. Ma la ricerca esi stenziale inserisce lesistentivo in una riflessione che tende pits in alto, verso la sua condizione di possibilita come esistentivo sensato. Per questo motivo la riflessfone heidegeeriana non pud essere una semplice descrizione dei fenoment dell esistenza; essa include un’analisi tascendentale. Infatti, «in quanto Pesistenza determina [il Dasein], Vanalitica ontologica di questo ente richiede sempre una considerazione preliminare delPesisten- zialita. Ma questa & da noi intesa come !a costituzione d’esse- re dellente che esiste. Ma nel'idea di una costizuzione des- sere di questo genere, si trova gi idea dell’essere. Di conse- guenza, anche la possibitita dell’espletamento dell’analitica del (Dasein] viene a dipendete dalla elaborazione pzeliminare del problema del senso del? essere in generale», Non si accede tuttavia al piano esistenziale senza passare attraverso i fenomeni esistentivi; 'esame della domanda onto- logica non si accontenta di analizzare delle nozioni; assume {il svo punto di partenza nel vissuto delPesistenza e si compie rivelando Particolazione di questo vissuto al suo fondamento, «Ma V'analitica esistenziale, da parve sua, ha, in ultima anali- si, radici esistentive, cio’ ontiche. Soltanto nel caso che l'inda- gine propria della ricerca filosofica stessa venga csistentiva- mente afferrata come una possibilita di essere del [Dasein] esi: stente, sussiste la possibilita di un aprimento delPesistenziali- A dell'esistenza e, con cid, la possibilita di affrontare una pro blematica ontologica sufficientemente fondata». 2 i © Bi Ip, p30 i wateropo ws aeransics 89 Numerosi filosofi cristiani hanno inserito le loro ricerche in questa problematica; alcuni teologi, come K. Rabner, che distingue il livello categoriale (esiscentivo) c il erascendentale (esistenziale), ne hanno anche tratto ispirazione. Cid che dice Heidegger, infatti, fa parte del bene comune della filosofia, ma con degli accenti che hanno oggi maggiore risonanza. La filosofia concemporanca un’interpzetazione dell'esistenza o degli atti umani, un'ermeneutica che incrocia il fenomeno il suo fondamento. Una tale circolarita @ classica. Se un'alleanza definisce il rap- porto del fondamento e del Dasein, la questione del fonda mento non pud ignorare Pimpatto antropologico della sua posi ione, «l essere non & né una cosa esteriore né una idea posta di fronte allo spirito (J. L'essere & cid che, negli oggetti © nel soggetto che Ii pensa, fa si che essi siano [...3 esso él Patto dell’oggetto al quale ci accorda la nostra attivitt affermante. Dungue, & attraverso tale attivita che ci sara dato di afferrare essere veramente dal di dentro. Lo spirito trova in se stesso essere per due ragioni: in quanto 2 un essere e in quanto che, essendo spirito, é telazione vivente allessere, apertura all’es- sete>®. Dal momento che l'interiorita ontologica & reciproca tra lo spirito e il fondamento, , ¢ claborata a partire dai fenomeni, la cui successione & rivolta in direzio- ne di questo termine. Alla fine della sua prima opera, Blondel parla di «una spe- cie di Metafisica afla seconda potenza»” che indica un pro- Iungamento della sua riflessione e determina il significato del percorso portato a termine; questa metafisica alla seconda potenza fonda «non solo quello che una prima metatisica ancora tutta [soggettival ci presentava a torto come la realt stessa dell'essere, mencre (..,] era una semplice veduea dello spirito YM, Buawoer, Lecine, p. 397 Hh, METODO IW wEtarisica 91 © un fenomeno speculative, ma tutto il determinismo della natura, della vita ¢ del pensiero»'*. II campo coperto dall'o pera del 1893, se ® quello della metafisica alla prima potenza, sembra dunque sul momento, che sia racchiuso nella sfera della soggettivitt; ma non lo affatco. Lazione si applica in maniera privitegiata al movimento della volonta soggettiva per opporsi alla mentalica di «positivismo, fenomenismo, cziticismo [che imponevano] alla maggioranza degli spiriei il riftuto di ogni metalisica, o almeno una profon- da diffidenza nei suoi riguardin 8, Occorreva dunque nello stesso tempo restaurare la possibilita dell afermazione dell'as soluto € mostrare la sua incidenza soggettiva nell'affermazio- ne delle scienze e nella costruzione delle nostre societ’a, Que sta meditazione sulle opere del soggetto non limita Blondel nei problemi dell’sion. Di fatto, la tesi del 1893 svolge il suo movimento all interno di quella che noi abbiamo chiamato al leanza degli atti dello spirito e dell’enie. II modo di condurre Paffermazione dell’essere, a conchusione della tesi, conferma questa prospettiva, Non vi é in Blonde! interesse per il sog- gevto isolate dal suo impegno reale. Di qui il piano de L’aetion. Dopo aver mostrato la necessi- 18 di porre Ja questione del senso della vita (1* parte) ¢ [a necessiti di trovarvi una risposta positive (2* parte), Blondel analizza gli ambiti del sapere e dell’agire umano (3* parte). Egli conduce cost suoi lettori, attraverso le diverse configu razioni dello spirito 0 i fenomeni del suo dinamismo, a rico noscervi delle espressioni in cui la volonta voluta tende ad egua- gliare in maniera sempre pitt adeguata fa volons’ volente. Tl primo fenomeno dello spirito impegnato nella ricerca di uuna risposta positiva al senso della vita &, per il filosofo, la scienza, Questa preminenza ® necessavia, la faremo nostra, poi ché i filosofo non pud introdurre la sua meditazione senza analizzare le possibilita della sua espzessione, confrontandote con le esigenze contemporanee dei discorsi razionali. La sua opera, che utilizza gli stramenti della razionaliti ¢ della logi- % id 2H Bounano, Blondel ef le ebisiansme, p16. 92 uw merono wy serarsica fi ca, che & influenzata dall’impatto della scienza sulla sua cul- tuta, deve cominciare accertandone eli strumenti di espressione, Una volta condotte a termine le analisi che fondano le scien- ze in un dinamismo che esprimono « loro modo, una volta tico- nosciuto che if wu:to della metafisica o del!’esigenza del senso non @ spento dalle loro affermazioni e dalla verifica della loro legittimita empirica, si afferma che la scienza non é& la misura dell'essere, ma che l'essere & la luce del suo senso. La scienza & cost limitata senza che la sua eccellenza sia disprezzata. La sua fondazione é garantita da un’esigenza che la conduce e Ja supera, quella del suo senso. Segue lo studio degli aleri feno- meni dello spirito, della sua libert’ personale, del suo impe- gno nella societé e nei conftonti dei valori piti alti. L’ultimo aspetto di questa ricerca @ costituito dall’«opzione» (4 parte) T] senso di ciascun fenomeno & allora affermato riconoscen- do Ja tensione che li attraversa ¢ che fi oltrepassa tutti. «Tut- 10 che s'@ chiamato dati sensibili, verita positive, scienza [sog- gettival, crescfta organica, espansione sociale, concezioni morali € metafisiche, certezza dell'unico necessario, alternativa ine- vitabile, opzione mortifera 9 vivificante, compimento sovran- naturale dell'azione, affermazione dellesistenza reale degli coggetti del pensiero'e delle condizioni della pratica, tutto & ancora fenomeno per Ia medesima ragione»®. Tutti questi elementi «partecipano a una sola e medesima necesita ipote- tica [e...] non sono ancora che forme d’un medesimo bisogno interioren?', esigenze dell’azione. «Cosi, da un capo all’altro, la filosofia si limita a considerare cid che appare, cid che si manifesta alla coscienza, in vista di rilevame le copnessioni necessarie. Anche quando prende a rattare finalmente il pro- bblema ontologico, registra ancora soltanto una necessit’. La filosofia, seconde l'autore de Haction, non afferma Messere: mostra che noi I'affermiamo necessariamente ed indica ® qua- li condizioni 'affermiamo convenientemente. Al cuore stesso dell'ontologia, essa resta fenomenologican®. La logica che collega i fenomeni @ in ultimo confermata dall'affermazione 2M Brower, Licione, pp. 321-322. 2 ia, p38, eH Howie, Biome of le cbvitunion, 2. 168. ait aL TODO IN weTAnica 93 ontologica (5 parte), che resta tuttavia ancora da pensare per se stessa, cid che faranno, sembra, gli scritti successivi, soprat- tutto quelli che saranno pubblicati da Blondel intorne agli anni 30. L'affermazione ontologica nasce all’interno dell'analisi dei fenomeni, quando essi sono colti a partire da cid che li unisce in maniera necessaria ¢ continua. La successione dei fenom ni 2 tematizzata progressivamente; tutti provengono da un’ nadeguatezza tra la volonta voluta c cid che le @ consentito praticamente di realizzare. I! passaggio da una fase alla seguen te, da un fenomeno al’altro, scaturisce dal!esigenza che era Porigine del fenomeno precedente. AAl termine del percorso, Yaffermazione ontologica suggella e fonda Vinsieme di questa progressione. Uno sguardo retrospettivo riconosce allora cia- scuna fase all’interno del fondamento. A questo punto, nella 5 parte, i fenomeni analizzati non sono pit intesi come feno- meni di una volont& che potrebbe bastare a se stessa, Essi appaiono in realta come fenomeni del fondameato al quale lo spitito si riconosce da sempre in accordo e al quale si vuole deliberatamente legato in ciascuna delle sue operazioni, soprat- rutto, alla fine, «optandon positivamente in suo favore, vale a dire accettando che sia per noi cid che & in sé. H metodo fenomenclogico non si accontenta di descrivere i fatti dell’esistenza o i fatti del pensiero; ne cerca il sensos manifestandone le condizioni di possibilita. Queste condizio- ‘ni non seno, come in Kant, solamente di ordine conoscitivo; sono innanzitutte di ordine metafisico. Vi si accede ritornan- do al vissnto per liberarne il fondamento interiore grazie ad tuna riflessione sulla sua pratica e [a scoperta di cid che Ia supe- ra, In questo senso, il metodo fenomenologico & trascenden- tale, ma di una trascendentalita riflessiva. 3. Il metodo tiflessivo L'intelligenza dei fenomeni e quella del loro fondamento si tichiamano a vicenda, in modo che i! filosofo possa scoprire il fondamento analizzando i fenomeni secondo la forma @ priont 94 an m atemopo us sterAsisica del loro principio, in altri termini la potenza che li unifica Gid non suppone che il fondamento sia precedentemente cono- sciuto in maniera evidente: il principio, problematico, non pud essere assunto come premessa di analisi; sulla soglia di que- sta, non @ ‘conosciuto in sé. Ma la domanda metafisica non sarebbe un punto di partenza se non fosse orientaca fin dall'i- nizio verso cid che unifica la nostra esperienza. Dobbiamo dun- que affermare che se il principio non & conosciuto all'inizio della ricerca, & almeno necessariamente precompreso. L’impe- {gn0 filosofico consiste allora nel passare da questa pre- comprensione del principio alla sua comprensione. a} Una precomprensione La conoscenza comincia di fatto con accogliere l'esperien- za sensibile; ascende in seguito verso il principio di questa espe- rienza. L’ascesa & possibile se il principio si irradia nel sensi- bile in cui scopriamo la sua traccia; benché sia il meno cono- sciuto in sé all'inizio del? esperienza, noi saliamo ad esso affin- ché divenga il pitt conosciuto in sé. L’atte filosofica consiste nel ritrovare il principio, nello stesso tempo immanente all’e- sperienza immediata e trascendente. Nel momento in cui il principio si propone nel fenomeno, il metodo filosofico ve lo ritrovera secondo la sua forma essenziale, che & [a sua poten- za di unificazione. Questa potenza di unificazione non @ una forma astratta; @ molto precisa: organizza lesperienza dando- Je un'apertura radicale verso cid che nulla di essa pud colma- re, ma che ne condiziona Pintelligenza. Tl nostro metodo sara riflessivo. La parola ariflessivo» vie- ne dal latino reflectere che significa letteralmente «ritocnare indictro». Tramite il metodo riflessivo lo spirito fa «ritorno sulla propria attivitd per risalire ai principi che la costi- tuiscono o la spiegano»”, vale a dire per liberarne le condi- Zioni di possibilita. Cid suppone dunque che queste condizio- ni siano conoscibili ¢ che i] fondamento possa essere cono- sciuto. ©, Fovnoutk. et R, SaiweyJeas, Dicownane de le dang phicropbigme, p. 620, tn mevono i aetansica 95 Ma stanna cosi le cose? Le scienze sono racchiuse nei loro principi formali; esplorano i loro camp! d’azione, facendo atten- ione a non superarli, grazie alla rigidita dei loro mezodis esse non introducono nessun discorso valido senza stimare prece- dentemente Ia sua portata e i limiti della sua validita. Se la metafisica si vuole simile alle scienze, deve precedentemente determinaze i suo spazio. Ora, il suo spazio & illimitato. La metafisica non pud dunque delimitare i] suo dominio alla maniera delle scienze. Poiché i suo oggetto & senza limiti, essa non conosce né tn panto di partenza delimitato, né dei prin- cipi che possano riservare al suo studio un aspetto della nostra esperienza. Di fatto il discorso metafisico comincia senza che nulla possa predeterminarlo. ‘Ma questa esigenza non ci fa girare a vuoto? Poiché la meta- fisica va verso il fondamento, non pud appoggiarsi su questo. Infatti, se interroga nella sua direzione, in cui tutto perd vi & originate, tutto presupposto & gid all’orizzonte della domanda, nel fondamento. Ogni presupposto della metafisica & al suo termine, e il suo termine & gia presupposto. Cosi dunque, il cammino della metafisica non pud teoricamente avere delle segnalazioni, poiché, idealmente, spiegato all’ineerno del fon. damento. Lideale di un cammino metafisico privo di ogni limite anti- cépativo 2 di farto prodotto da una precomprensione irifles- siva dell'essenza della domanda metafisica. Esso proviene infat- ti dal opinione secondo cui il sapere vero ® decuttivo; if ragio- namento metafisico dovrebbe dunque essere dedotto da pre: messe che si ritengono a quel punto assolatamente universali [ fenomeni e i loro limiti non vi possono avere alcun ruolo. Ma ptevendere che la metafisica possa iniziare muovendo da tuna premessa assolutamente universale @ un postulato. Que- sto postulato suppone infatti che il principio universale possa essere interamente consegnato allo spirito, cone un oggetto ideale «in sé», senza che lo spirito ne partecipi alla costruzio- ne, sepuencl la sua espesieaza. Provendere di aecedere ditet tamente al principio universale, come s¢ non se ne avesse nes- suna comprensione segnata dal!'esperienza fenomenale, fa di nuovo pretendere che questa principio debba essere accolto 96 pI. 1), MEFODO LX MeTARISiCa nella sua oggettivira pura da uno spirito totalmente passive. Lesigenza di un'assenza compleca di atto spirituale nel cogliere il fondamento segue il postulate secondo if quale solo la pas- sivitd dello spirito & capace di comprenderlo, o secondo il quale Papriorita det principio ne costituisce la realta significante. E evidente che una tale disposizione della metatisica, legata al postulato della deduzione formale, ne ignora la domanda e sol- lecita delle affermazioni che dovrebbero essere maggiormente fondave. La ctitica al postulato della deduzione formale, che mette Jo spirito fra parentesi, fa scoprize uno dei tratti fondamenta- Ii della metafisica. Questa non medita sul significato formale di un principio universale, ma riconosce, nella costituzione di questo principio, il dinamismo dello spirito che tende verso cid che unifica il diverso dell’esperienza, Ne consegue che, in tun primo passo, quando Panalisi scientifica asserisce di essere interamente oggettiva ¢ «cegredisce di oggetto in oggetto, l'ana- lisi filosofica regredisce dagli oggetti al soggetto, dall'io- coggetta empirico al soggetto trascendentale spirizuale: per esem- pio, dagli oggetti respinti nel dubbio a! cogito che dubita, dagli oggetti conosciuti alle condizioni soggeitive trascenclentali della conoscenza, dagli oggetti voluti alla volont& volenten”* Lanalisi riflessiva si presenta cosi come una retromarcia che va dal?esperienza a cid che vi & implicato, dall'azione verso Fatto; essa va verso il fondamento esercitato implicitamente nell esperienza manifesta, spiegandone le condizioni di intel- ligibilita. secondo la norma dell’ universale. «Un metodo di implicazione in filosofia saz un procedimento che cerca eit che significa, cid che vuol dire un dato di coscienza, vale a dire quali presenze oscute ¢ nascoste possano essere realizza- te da queste presenze date, prendendo cosi coscienwa esplici- ta di queste realta interiori implicite. Il dato attualmente pre- sente alla coscienza, poiché non @ sufficiente, suppone, richiede tun’altra cosa, virtualmente, ma non attualmente, presente alla coscienza» ”*, J. Via aT0UN, L'etontion philowphime, p. 6 2 Ip, pr 64 nc 7 MErope is meracistes 97 La critica alla deduzione formale non ci chiude nel suo oppo- seo cone oe Panalist delleto sougetive, sopratotto dela coscienza chiara, basti ad illuminare il fondamento. Questo 2 infatti a priori; noi non ne prendiamo coscienza al termine del nostro procedimento, ma seguendo il sto percorso, come cid che lo dispone e lo rende coerente. La titorsione indica come questo a priori pud essere scoperto al centro della nostra esperienza immediata. 4) La titorsione La metatisica prende il suo slancio a partire dall'espetienza dell'unificazione del conosciuto che ® impegnata nella cono- scerza di qualunque presente immediato e che culmina in gvella del fondamento. Le prime parole della Metafisies dichiarano che etutti gli uomini sono protesi per natura alla conoscen- zap. Questo desidetio incontestabile suppone che vi sia qual- che cosa da conoscere che si erede di poter conoscere. Di fat- to, noi sappiamo che questo ene qui, una cosa qualsiasi sul mio tavolo da lavoro, & presente davanti a noi, che la sua pre~ senza @ significante, che questa significazione @ intelligible. Non sappiamo ancora di che cosa questo ente & significance, ma sappiamo che la sua presenza @ apportatrice di un signifi- cato che la nostra intelligenza pud accostare. Ugualmente, senza sapere gi se questo procedimente condurra ad un tisultaro definitive, sperimentiamo che vi sara un risultato. Tutte que- ste asserzioni chiariscono Pesperienza del sapere sperimenta- to nella pid semplice delle nostee affermazioni; non desctivo- no un esercizio occasionale dello spirito, ma una necessita ine- rente al suo esercizio banale. Lo si prova per mezzo della ticorsione, in modo che il fatto descritto sia immediatamente ticonosciuto come un dirieto che obliga in assoluco, Rifiucare infacti che un esistente possa esse- ze significante, & accettare al zempo stesso che T'affermazione di questo rifiuto sia, che abbia un significato e che il suo signi- ficato sia intelligibile. Se Pobie:tante nega l'intelligibilita del- la sua obiezione reale € del suo significato distrugge cid che rende la sua obiezione efficace. In tale maniera, annulla la sua 98 ot.ae aserono ms MErAnIsICA y ae affermazione. Questo annullamento snanifesta la contraddizione exercite, in atto, della sua obiezione. La necesita che abbiamo chiarito @ propria della filosofia, Con un metodo regressivo di implicazione, la cui ritorsione & un‘applicazione privilegiata, essa manifesta cid che & neces- sario all’attivita spirituale, al di Ja dell’esperienza immediata della sua realizzazione. Il nostro esempio ha mostrato una necessit’ interna alP obiezione che rifiuta che la mia proposi- zione sia significante ed intelligibile, Cid che & necessario all'at- to del giudizio pud essere preso in considerazione fuori del suo esercizio; ne segue una contraddizione interna tra l'espo- sizione effettiva, di fatto, del giudizio, e cid che di diritto ren- de questa esposizione possibile. La ritorsione non chiatisce qualche cosa che sarebbe «dietro» all’ente; non scopre un fon- damento che potrebbe essere una causa in qualche modo empi tica, Mette pivttosto in evidenza le condizion’ di possibilits dell'esercizio spirituale analizzandone le condizioni stabilen- done la strutura, La titorsione mostra che ogni affermazione implica la veri ta come norma ultima della sua posizione. Affermare infatti «non vi é verit&» suppone che almeno questa proposizione sia vera ¢ che dunque «vi & una proposizione vera» che, con cid, «vi é la verit’n. Tettavia la ritorsione non permette, nono- stante cid, di liberare quella che & una veri’ nel suo contesto proprio; mostra soltanto che «vi & Ia veriths, ma non che essa & un'idea alla quale parteciperebbero delle afiermazioni diverse nella particolarita del loro contenuto rispettivo. La ritorsione manifesta la necessita immanente all'attivita spirituale del giu- dizio, exercite, ma non la necesita del suo contenuto proprio, signate. Riconosciuta cosi la validita della ritorsione, ne constatia- mo anche la debolezza; la necessita che essa manifesta non sembra abbracciare vasti spazi umani. E su questo punto che, intorno agli anni 30, Blondel e Maréchal sono arrivati a non comprendersi pit: la prospettiva del filosofo francese ez pi ampia di quella del gesuita belga, poiché il primo percorre I’ sicme delle attivita dell’nomo e il secondo si arresta all'ambi to limitato della questione critica, La ritorsione rimane conti- uh AL MeTopO Us mEnarICA 99 nata all'atto del’intelligenze, benché possa anche essere appli- cata alla yolonti, ma in forma analoga. Fa riconoscere Paper tura dell'atto soggettivo al di Ta della sua espressione imme- diata, o alPorigine della sua possibiliti. Ma dal momento che resta rinchiusa nelle condizioni di un intelletto che afferma universalmente, e di cui non integra i contenuti diversi nella loro specificit2, preferiamo non fame I'arma della nostra argo- mentazione. Essa ci mette in guardia tuttavia sulla necessita che & immanente all’attivita spixiruale. Chiederemo al meto- do riflessivo sc possibile estendeze questa accessita allinsie- me degli aspetti dell’esperienza umana. ©) Un ritmo a ire tempi Si distinguono tre tempi del metodo riflessivo: esso «proce de dialetticamente, per via di implicazioni regressive (1), accompagnate da un’ intuizione progressiva (2), ¢ preparando delle spiegazioni digressive (3)»*. L’simplicazione» del primo tempo rinvia a cid che anima interiormente Pattivita effettiva dello spirito: la filosofia Ia svolge regredendo verso Pexercite che rende possibile il fenomeno o 'azione signate. 1 procedimento regressivo, di cui abbiamo visto alcuni esem- pi in Heidegger e in Blondel, muove dall’esplicito per andare ‘verso le sue condizioni di possibilitd che sono nello stesso tem- po a priori ed interne all’esplicito. Queste condizioni sono necessaric. Quando dico: «lo sono stanco», sottintendo forse che cho molto lavorato ier» o che enon tollero il cattivo tem- po di oggin; un implicito di questo genere non ha nessuna necessiti, il motivo del mio affaticamento potrebbe essere un altro, La metafisica crascura dungue questo genere di implici- to per collegarsi piuttosto ad una necessith apodittica, vale a dire ad un'evidenza di disitto non di fatto. Noi dobbiamo ancora distinguere diverse necessit apodittiche. Nell’afferma- ione «4 implica 3», io intendo che devo passare da 3 per arti- vare a 4; questa implicazione & necessaria in ragione di cid che & 4, Ma Pimplicito necessatio ticercato dalla metafisica Sb p @ 100 lu. it meroD0 mi werartseca non @ ancora di questo genere; ess & necessario, non sola- mente in quanto a cid che & pensato oggettivamente o alla coc- renza de! contenuto pensato, ma in quanto all’atto spitituale. Si distingue siguate ed exercite, Vespressione ato. La nostra ricerca delhimplicazione va dall'espressione all’ atto che vi si manifesta. L'exercite & priori: il signate & a posterior. Come Ja «verity & esercitata a priort in qualsiasi atto di givdizio semza considerate il suo contenuto particolare, cosi la conoscenza del- Texercite non dipende da un’ analisi dei contenuti pensati, ma dalf’atzo. Tuctavia quest'arzo effettivo pone dei contenuti deter- inati; determina se stesso mediante queste determinazioni oggettive, Il metodo riflessive ne mostra il modo. Non si accon- tenta di contrapporre Pexereite e il signate ¢ di climinare il secondo per concentrarsi sul primo; vuole piuttosto ritrovare il primo nel secondo. La metafisica non ignora il detto «tutto cit che & ricewuto 2 ricevuto secondo la possibilita che ha il recettore di ricever lor. Un cieco non pud percepire nulla che sia visibile, I rap- potto dal sigate all'exercite ® percorso dalla riflessione che sco- pre nell’efferrivita siguate del!azione le strutture exercite che a rendono possibile. Di fatto, i metodo riflessivo, «in quan- to metodo critico, non deve stabilire solamente il fatto (nep- pare solamente [a necessitd particolare) di un a priori negli oggetti cffettivamente presenti alla nostra coscienze, ma la necessiti universale di questi a prior’ come condizione di ogni oggetia possibilen”. Questa necessit2 universale non & avvol- ta nell’apparenza come la bambola russa, Vi si accede tramite riflessione sull'atto che risponde alfa posizione di un oggetto particolare; quest’etto costituisce Poggetto in relazione al suo dinamismo particolace. «Ed & precisamente questa proprieta di tiprendere possesso del contenuto della coscienza, non pitt come tn oggetco esterno, né come una pura forma rappresen- tativa, ma, per qualche grado almeno, come atto (del sogget- to), & precisamente questa proprieta che differenzia la cono- scenza diretta ¢ la conoscenza siflessa, Contemplare un oggetto, concreto 0 astratto, non @ affatco una riflessione; mantenete J, Mawicara, Le point de dort, p39 Mt METODO is merarissca 101 © ricondurre una rappresentazione nel centro focale della coscienza non @ ancora che un esercizio secondario di atten- zione o di memoria oggettiva: non @ affatto una riflessione, La riflessione propriamente devta restituisce la rappresentazione oggettiva all'lo, vale a dire immerge nuovamenie Ia zappre- sentazione nella corrente di attivita da cui essa si era distaca- ta come oggetton®. I secondo tempo del metodo riflessivo & costitvito da un'in- tuizione progressiva. Bergson ha alcune belle pagine sull’in- tuizione filosofica in La prensée et le mouvant, Benché questa intuizione non sia simile all’intuizione sensibile dal punto di vista dell’oggettiviti di cid che & intuito, le rassomiglia nella percezione dell'unita interna dell'ente, colta prima di qualun- que mediazione, data a priori. Questa intuizione non avviene senza uno sforzo dello spirite. Nella sua «Introduzione alla metafisica», Bergson chiama infatti

You might also like