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1.

LA GUERRA DELLE SCIENZE


Passioni scientifiche

In che modo le scienze ci costringono a pensare il 11


mondo? In che modo ci informano riguardo alle
nostre possibilità di comprenderlo? Ben presto, cono-
sceremo la mente di Dio, afferma Stephen Hawking
con tutta l’autorità, in apparenza, delle teorie cosmolo-
giche da erede di Galileo, Newton ed Einstein. Come
tutto ciò che esiste nello spazio-tempo, l’universo stesso
deve la sua esistenza effettiva all’osservatore, dichiara
John Wheeler sulla base della meccanica quantistica.
Inoltre i sostenitori del principio antropico (forte),
affermano che la scienza ci conduce a quest’altra scon-
volgente conclusione: l’universo ha per finalità la pro-
duzione di coloro che lo descrivono. E si pone allora la
questione della perennità di questa vocazione cosmica:
che cosa diverrà l’uomo nel corso di alcuni miliardi di
anni, quando il sole avrà esaurito le sue risorse, e poi in
seguito, quando l’universo stesso sarà esaurito? Nel
frattempo, noi non sappiamo ancora se la meccanica
quantistica autorizzi a morire il gatto di Schroedinger,
chiuso nella sua scatola infernale, prima che il fisico
consenta ad aprire la scatola in questione, o se addirit-
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tura l’universo intero non si suddivida in realtà paralle- “grandi questioni” che concernono l’universo, la sua ori-
le tutte le volte che uno strumento di misura produce gine o la sua finalità, il pensiero umano, la vocazione
un certo numero piuttosto che un altro. E il dibattito dell’umanità? E se non fosse questo il caso, non potrem-
continua riguardo alla possibilità per queste “polveri di mo noi favorire la collaborazione pacifica e armoniosa
stelle” che siamo, di avere accesso all’esperienza fra i laboriosi “lavoratori della prova” di cui canta l’epi-
cosciente: è la coscienza una proprietà irriducibile, stemologia, ricordando ancora una volta la necessità
come lo spazio o il tempo, è essa perfettamente spiega- della rinuncia, la fiera umiltà che la scienza deve mante-
bile nei termini di trattamenti multipli dell’informazio- nere di fronte alle dolci tentazioni dell’ideologia?
ne che hanno luogo nel cervello, oppure deve la sua Quali che siano l’intelligenza e la pertinenza delle
possibilità di esistenza a degli effetti quantici amplifica- cosiddette pratiche scientifiche, il passato e il presente
ti e stabilizzati all’interno dei microtubuli delle cellule impongono a colui o colei che le studia, di ammettere
nervose? In ogni caso, se il pensiero è riducibile a pro- che tali qualità sono sempre suscettibili di rovesciarsi
prietà di circuiti e sistemi neuronali, non bisognerebbe nel loro contrario, in stupidità e in arroganza, non
sin d’ora considerare le nostre idee sulla conoscenza, appena coloro che se ne occupano sono costretti a
l’io, la coscienza, la percezione ecc., come destinate a mettersi in rapporto gli uni con gli altri. Se il paesaggio
raggiungere le sfere di cristallo degli astronomi, il flo- di tali pratiche ci offre oggigiorno uno spettacolo d’in-
gisto dei chimici o gli spiriti animali dei medici nel sieme, questo spettacolo è quello di una polemica
cimitero delle dottrine prescientifiche? generalizzata. Polemica fredda o calda, a seconda dei
Le scienze, si dice, provengono da una storia il cui casi e che può tradursi in uno sprezzante disinteresse,
primo atto è stato la rottura con il mito, ma ugualmente, in progetti d’annessione (penso, per esempio, al
e allo stesso modo, la rottura con i sofisti. Il discorso momento tanto atteso in cui una “farmacologia razio-
12 razionale avrebbe cosí, sin dalla nascita, designato ciò a nale” permetterà di concepire medicine finalmente 13
cui doveva opporsi: da una parte, alle finzioni che sfug- “scientifiche”); o ancora tradursi in proclami dramma-
gono alla verifica e mancano di argomentazione, dall’al- tici in cui una data pratica contestata lega il suo destino
tra, agli argomenti che sfruttano la possibilità, per colui a quello dell’umanità (penso, per esempio, agli psica-
che si è liberato dal mito, di dimostrare una tesi o il suo nalisti i quali denunciano la minaccia che la crescita
contrario. Che cosa ne è stato dei sofisti storici, che furo- della psichiatria farmacologica fa pesare sulle loro pra-
no coperti di ignominia, descritti come l’opposto del tiche). Polemica inscenata in maniera statica da parte
filosofo, amico della verità? Come funzionavano i miti in delle nostre università, all’interno delle quali ciascuna
seno alle culture delle quali erano elementi essenziali? disciplina ha il suo territorio, i suoi esperti, i suoi crite-
Tali domande, qui, non andrebbero nemmeno poste ri, in cui regna la finzione rassicurante di una collegia-
poiché termini come “mito” o “sofista” hanno, quando lità il cui solo punto d’accordo è, di fatto, la svalutazio-
si parla di scienze, il ruolo di vere e proprie parole d’or- ne del “non scientifico”. Polemica inscenata in maniera
dine, sempre indirizzate ad altri, per richiamare una rot- molto piú dinamica attraverso le “grandi manovre”1 di
tura che viene continuamente rinnovata. Le scienze mobilitazione, di conquista e di messa in gerarchia che
occuperebbero cosí una strettoia, da difendere conti- strutturano il paesaggio delle discipline.
nuamente contro i poteri dell’immaginazione, la quale Quindici anni or sono, colei che scrive, filosofa debut-
si accontenta di spiegazioni e di significati forgiati senza tante, aveva sperato nel valore esemplificativo di una
costrizioni, e contro i poteri della retorica che si compia- fisica che affermasse la possibilità di una trasformazio-
ce di ambiguità di linguaggio e di finte prove. ne di portata e di significato nel ruolo di modelli in
È realmente seguendo questa strettoia che gli scienziati relazione agli altri saperi, fin dalle origini delle scienze
giungono alla possibilità di vagliare e di teorizzare le moderne. La nuova alleanza mostrava come alcuni fra
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gli enunciati piú affascinanti della fisica, e in particola- vamente gli scienziati a lasciare perdere il percorso
re la riduzione a semplice apparenza della “freccia del stretto e austero che li contrappone al mito quanto alle
tempo”, della differenza tra passato e futuro, lungi dal vertigini della dimostrazione verbale? Ma non sono
conferire alla fisica una posizione quasi profetica, ne forse sul punto di cadere ancora una volta nello stesso
faceva un’avventura fragile e appassionante. Scriveva- errore? Perché parlare di humour della verità quando,
mo, Ilya Prigogine e io: “In ogni modo, i fisici hanno in ogni caso, l’associazione tra “scienza” e “verità” è già
perduto qualunque argomento teorico per rivendicare sospetta? Non devo forse ammettere che spetta al pen-
qualunque privilegio di extraterritorialità o di presen- siero critico, il quale insegna a ognuno i limiti del pro-
za. Come scienziati essi appartengono alla cultura a cui prio procedimento, il compito di promuovere una
a loro volta essi contribuiscono”.2 In Fra il tempo e l’eter- pace metodologica?
nità, noi affermavamo di nuovo che “la ricerca di una L’ideale di una pace data dalla rinuncia alle ambizioni e
coerenza fra i nostri saperi è stato un filo conduttore di alle passioni che la critica condanna non è, devo
questo saggio. (...) Non possiamo, dunque, cercare di ammetterlo, ciò a cui tendo. D’altra parte, mi sembra
scoprire questa coerenza come se fosse una verità pree- un ideale di cui la storia consente di mettere in dubbio
sistente alla nostra storia, sia che questa conduca a la pertinenza. Dopo tutto, se vi è una data che segna l’o-
essa, sia che l’abbia dimenticata. Possiamo solo rigine di ciò che chiamiamo le scienze moderne, è pro-
costruirla all’interno di questa storia, a partire dai vin- prio quella in cui Galileo rifiutò il compromesso emi-
coli che ci situano ma che ci permettono anche di nentemente razionale proposto dal cardinale Bellarmi-
crearvi nuove possibilità”.3 no: la dottrina eliocentrica sarebbe stata “vera”, se gli
Tuttavia, è molto piú facile annunciare la lieta novella astronomi si fossero trovati d’accordo, ma solo in rela-
secondo la quale gli enunciati profetici della fisica zione alle questioni e agli interessi della disciplina. Di
14 sono cambiati, e si basano oggi su un mondo temporal- certo, si può sostenere che il grande racconto della 15
mente asimmetrico e non piú simmetrico, caotico e “rivoluzione copernicana”, dove si celebrano la distru-
biforcante e non piú determinista, capace di auto-orga- zione dell’antico cosmo, con la Terra al centro, e la sua
nizzazione e non piú inerte e statico, che non fare sor- sostituzione con un universo acentrico dove la Terra è
ridere all’idea che i fisici abbiano il potere di annun- solo un pianeta, non ha nulla di necessario. Poiché la
ciare a tutti gli altri in che mondo vivono. Questa è la Terra-pianeta non si sostituisce veramente alla Terra-
lezione che ho cercato di far apprendere. In tal senso, centro, ma le si affianca, diventando cosí spunto per
per la terza volta, intendo rimettere mano al tema della nuove domande, nuove pratiche, nuovi valori, e non la
coerenza, prendendo di petto i rapporti fra la “passio- semplice portatrice di risposte finalmente scientifiche a
ne della verità” propria agli scienziati, e fermamente vecchie domande. Il rifiuto opposto da Galileo alla pro-
presente tanto ne La nuova alleanza che in Fra il tempo e posta gesuita va però inteso correttamente. La Terra-
l’eternità, e la questione di una pace possibile, di uno pianeta non è una semplice ipotesi professionale, essa
humour della verità. aspira a una verità che nessun divieto metodologico
Ma, si potrebbe forse replicare, la lezione era facile da potrà delimitare. Possiamo esigere dai discendenti di
trarre e avrebbe dovuto essere prevedibile per qualun- Galileo la rinuncia ascetica che egli rifiutò per se stesso?
que filosofo degno di questo nome. La nuova alleanza Forse si replicherà che questo risalire alle origini è ille-
non dava proprio l’esempio di una rinuncia all’enfasi gittimo, poiché in quel caso si trattava di un’epoca di
profetica. E dal momento in cui essa osava fare della conflitto, un’epoca nella quale era in gioco molto di piú
fisica “un ascolto poetico della natura” – anche se veni- delle posizioni relative della Terra e del Sole. È la libertà
va precisato che poetica andava inteso nel senso etimo- di pensiero che Galileo ha difeso contro il dogma cleri-
logico di “fabbricatrice” – cos’era se non invitare nuo- cale, ovverosia la possibilità di un autentico pensiero cri-
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tico. La critica metodologica può intervenire solo in un sibile, afferma Planck, è necessario che il fisico possa
mondo pacifico, in un mondo dove siano riconosciuti i pensare che persino gli “abitanti di Marte” o tutte le
diritti della ricerca e l’assenza di saperi rivelati. I discen- altre intelligenze dell’universo, dovranno, o hanno già
denti di Galileo non hanno piú bisogno, o non dovreb- dovuto, produrne l’equivalente. La differenza stabilita
bero averne piú, di armi improbabili per conquistare un da Planck, a partire dalla quale definisce la “vocazione
territorio che è loro riconosciuto e ormai devoluto. del fisico”, non oppone quindi opinione e pratica razio-
Prendiamo allora un altro esempio. Nel 1908, quando nale ma afferma il primato della fisica. Come evitare
nessun dogma religioso minacciava piú la fisica, il fisico altrimenti di creare una doppia gerarchia: quella delle
Max Planck procede a una vera e propria scomunica “realtà” con le quali noi abbiamo a che fare, su cui la
del collega Ernst Mach, colpevole di minare, con la sua realtà fisica ha l’ultima parola, e quella dei nostri saperi
concezione storico-pragmatica della fisica, la fede nel- razionali, di cui la fisica sarebbe il vertice?
l’unità intelligibile del mondo. Per Mach, l’insieme dei Planck in questo caso ha concepito ciò che Deleuze e
referenti fisici che sembrano designare un mondo esi- Guattari chiamano un “tipo psico-sociale”.5 Il suo fisico
stente di per sé – spazio e tempo assoluto, atomi ecc. – non ha niente a che vedere con un ritratto di cui chie-
deve essere eliminato a beneficio di formulazioni che dersi se sia somigliante o no. Il suo ruolo è di fare da
leghino le leggi fisiche alle pratiche umane di cui sono “contrassegno”, di intervenire come riferimento nel
irriducibilmente solidali. Contro questo pensiero criti- momento in cui i fisici discutono di ciò che fanno, del
co, Planck afferma la necessità della “fede del fisico” significato, della portata delle loro teorie. E la fede che
nella possibilità di raggiungere una concezione unifica- lo anima non può essere assimilata a una specie di
ta del mondo fisico, fede senza la quale si prosciughe- sovrappiú ideologico indifferente alle implicazioni pro-
rebbe la fonte d’ispirazione che ha permesso a maestri priamente scientifiche. Il tema della vocazione del fisi-
16 come Copernico, Keplero, Newton o Faraday di com- co traduce una strategia gerarchizzante, ma non si 17
piere la loro opera.4 riduce a una strategia, intesa in termini puramente
Max Planck fu il primo a mettere esplicitamente la fisi- umani, sociali, politici o culturali. Planck non inventa
ca sotto il segno non della razionalità austera ma della un mezzo per differenziare la fisica e le altre scienze.
fede, divenuta componente irriducibile della vocazione Egli afferma e letteralmente “grida” contro Mach il
del fisico, e ad affermare contemporaneamente che la fatto di tale differenza. Egli celebra la conservazione
pratica del fisico non è una pratica scientifica tra le dell’energia, ma è lui stesso il prodotto dell’evento
altre. Planck in effetti non negava in generale la plausi- costitutivo dell’enunciato di tale conservazione, la vitti-
bilità della descrizione proposta da Mach; egli la rifiuta- ma del potere che essa sembra conferire al fisico: il
va riguardo alla fisica. Il fisico deve poter parlare del potere di parlare del mondo indipendentemente dai
“mondo” o della “natura”, indipendentemente dalle rapporti di conoscenza che gli umani creano.
relazioni operative, strumentali che, per Mach, erano Come tale, la vocazione appassionata del fisico affer-
l’unica fonte di legittimità delle teorie. Altrimenti come mata da Max Planck fa parte del presente, dell’identità
avrebbe osato sostenere che l’energia si conserva, e che della fisica che si trasmette al fisico il quale a sua volta
essa si conservava già prima che comparisse la vita sulla si identifica a essa. E tale vocazione ha fatto da punto
Terra, prima che un essere umano fosse in grado di di riferimento non solo a discorsi “esterni” sui diritti e
concepirla? Come si sarebbe sentito autorizzato ad le pretese della fisica, ma anche a controversie propria-
affermare che le leggi della gravitazione continueranno mente tecniche con cui si sono costruite nozioni rico-
a regolare i corpi celesti dopo la distruzione della Terra nosciute come fondamentali dai fisici. La fisica è stata
e di tutti i suoi abitanti? Affinché la produzione di tali dunque, in se stessa, vettore e ingrediente della storia.
enunciati, che fanno la grandezza della fisica, resti pos- Il “fisico” di cui essa esplicita l’impegno è, nel bene e
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nel male, parte integrante della costruzione stessa della sua piú temibile caratteristica: la capacità di esse-
degli enunciati della fisica del XX secolo. L’appassiona- re parassita senza uccidere. Vale a dire di ridefinire ciò
to coinvolgimento dei fisici mi pare debba resistere alla di cui si appropria solo parzialmente, in modo che non
critica poiché si è forgiato proprio contro un pensiero solo non vengano distrutti quegli interessi che sceglie
critico, come quello di Mach,6 e perché la storia di cui di far funzionare assieme, ma anzi che ricevano un’i-
sono eredi e continuatori ha per ingrediente attivo il dentità tale per cui essi si oppongono tra loro ma
riferimento alla scandalosa creatività di una fisica che opponendo il minore ostacolo possibile a tale funzio-
rifiuta i limiti proposti dal razionalismo critico. namento. Non sarebbe forse giusto che tali pratiche
Tuttavia, ci si potrebbe domandare se tale vocazione e, subissero a loro volta un destino piú generale, dato che
assieme a essa, l’insieme delle passioni scientifiche che in certa misura hanno profittato della dinamica di ride-
fanno da ostacolo alla pace metodologica non facciano finizione che ne ha distrutte tante altre?
parte di un passato di cui il presente conserva solo trac- Tuttavia, questa morale da maestro di scuola, per quan-
ce mediatiche. Che esista oggigiorno un certo tipo di to allettante, non è la mia. Poiché se dà ragione per
fisica “profetica”, questo è certo. Tuttavia, non sarebbe definizione a chi la promuove, gli dà ragione senza
meglio affrontare la domanda su tale questione pro- alcun rischio, e lo colloca in un paesaggio monotono
priamente fisica, a partire da quel nuovo tipo d’impresa in cui ritroverà sempre le stesse ragioni di svalutazione.
che si chiama “big science”? Finanziamenti internazio- Dove situare, infatti, nel nostro presente una “causa”
nali, costruzione di grandi apparati, gestione di esperi- capace di resistere all’accusa di compromesso e in
menti della durata di diversi anni, organizzazione di grado di insegnarci a resistere assieme a essa; una
molteplici collaborazioni, divisione del lavoro: piú della causa da definire scevra di ogni connivenza, che abbia
questione “ideale” della vocazione del fisico, oggi ciò saputo resistere alle dinamiche della ridefinizione capi-
18 che preoccupa gli scienziati “di punta” sono le questio- talista, non per una contingenza storica dell’ordine del 19
ni pratiche. Non si potrebbe approfittare di questa “non ancora”, ma grazie a risorse proprie? Se imparare
situazione, dell’evidenza che, quale che sia tale vocazio- a pensare, vuol dire imparare a resistere a un futuro
ne, la fisica si deve confrontare con lo stesso tipo di dif- che si dà come evidenza, possibile e normale, noi non
ficoltà tipiche di tutte le mega-imprese minacciate di possiamo farlo né evocando un avvenire astratto, dal
burocratizzazione e autismo, per dimenticare questa quale sia stato spazzato via tutto ciò che si offre alla
polverosa accozzaglia di pretese arroganti? nostra condanna, né riferendoci a una causa remota,
Si tratta di un’obiezione che deve essere presa sul che noi potremmo e dovremmo immaginare immune
serio. Annuncia un possibile scenario in cui certamen- da ogni compromesso. Resistere nel presente al futuro
te gli scienziati saranno presenti come salariati piú o probabile, vuol dire scommettere che il presente offra
meno competenti, che non si distingueranno piú da ancora materia per la resistenza e che sia popolato da
quanti, ciascuno al proprio posto, vendono la loro pratiche ancora vive anche se nessuna di queste è sfug-
forza-lavoro. Che questo avvenire totalmente plausibile gita a quella modalità parassita generalizzata che le
serva da subito a svalutare l’interesse per la singolarità inficia tutte.
appassionata delle pratiche scientifiche sembra fin È dunque al fisico “vivo” che devo pensare, non a quel-
troppo giusto. Da parte mia ho parlato, ne L’invention lo che si fa beffe del sogno romantico, perseguito dalla
des sciences modernes della connivenza delle cosiddette propria scienza e che la dura realtà avrebbe distrutto se
scienze moderne con le dinamiche di ridefinizione che altri sogni non avessero colmato il vuoto di una scienza
singolarizzano il potere delocalizzato e rizomatico che oramai “disincantata”. Lungi da profittarne, voglio ten-
chiamiamo capitalismo.7 Si può vedere in questa conni- tare di rallentare il processo che vorrebbe sostituire
venza l’invenzione geniale del capitalismo, la risorsa alla situazione di polemica generalizzata tra le prati-
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che, una messa in rete strumentale, dove ogni discipli- scienza e finzione. Ho inteso quindi far valere la diffe-
na avrebbe solo l’identità del dispositivo produttore di renza tra l’evento che costituisce la creazione di una
dati che ne segna il posto nella rete. È dunque l’inquie- misura e la parola d’ordine per cui questo evento illu-
tudine che travaglia ancora oggi il fisico del Cern, che stra un diritto e un dovere generale di sottomettere
voglio confermare ed esaltare, e non la probabilità del tutte le cose a una misura. Possiamo porre una tale dif-
cinico risolino che annuncia la fine del sogno e la ride- ferenza sotto il registro del politico, dove corrisponde
finizione del fisico come ingranaggio di una mega- alla differenza tra politica costitutiva delle scienze e
impresa piú o meno insensata. politica generale del potere. Certo, le pratiche scientifi-
“Diagnosticare il divenire in ogni presente che passa, è il che, e in particolare quelle teorico-sperimentali, sono
compito che Nietzsche assegnava al filosofo in quanto vulnerabili al potere, tuttavia questa vulnerabilità non
medico, ‘medico della civiltà’ o inventore di nuovi modi può essere confusa con una fatalità. Questa differenza
d’esistenza immanenti”‚8 hanno scritto Deleuze e Guat- può essere enunciata anche in termini di “modo d’esi-
tari. Questa potrebbe essere la sfida che tenterò di por- stenza”: le scienze non devono la loro esistenza alla
tare avanti: diagnosticare i “nuovi modi immanenti d’esi- squalifica delle pratiche dei saperi detti “prescientifici”,
stenza” dei quali potrebbero essere capaci le nostre pra- ovvero non razionali, con cui le si vuole identificare.
tiche moderne o meglio la possibilità di tipi “psico-socia- La possibilità di principio che esistano altre identità
li” pervasi da una passione per la verità che non li con- per le scienze, cosí come l’ho proposta in L’invention
duca, come Max Planck fa contro Ernst Mach, alla prete- des sciences modernes, non è però sufficiente per un’ope-
sa di giungere a una verità che trascenda tutte le altre. razione di “diagnosi”. Una vera diagnosi, nel senso di
L’invention des sciences modernes conduce alla figura Nietzsche, dovrebbe avere la potenza del performativo.
apparentemente paradossale dei “sofisti non relativi- Non può fermarsi al commento dall’esterno, ma deve
20 sti”, scienziati che nella pratica sono in grado di affer- correre i rischi di una posizione d’invenzione che 21
mare allo stesso tempo che “l’uomo è la misura di tutte possa far esistere, rendendole percepibili, le passioni e
le cose”, e di intendere l’enunciato secondo il quale le azioni associate ai divenire a cui fa appello. Si tratta
“non tutte le misure si equivalgono” come un imperati- di passioni e azioni unite a una pace che non sia solo di
vo degno di essere rivolto a ciò che si pretende di misu- metodo e che non richiede di abbandonare la verità
rare. Sofisti che non si compiacciono della triste con- che le fa esistere.
statazione della relatività della verità, ma affermano la È evidente che questa operazione di diagnosi non deve
verità del relativo9 – che io chiamo lo humor della essere confusa con un progetto politico. Non si tratta di
verità –. Essi sarebbero forse immediatamente in grado costruire una strategia con ambizione di inserirsi nella
di rimettere in gioco anche il significato di quella linea nostra storia, facendosi carico degli interessi e dei rap-
che identifica scienza e lotta contro l’opinione e il porti di forza reali senza i quali nessuna posta in gioco,
mito. Poiché – ed era la tesi centrale de L’invention des nessun obiettivo, nessuna alternativa avrebbe senso. Se si
sciences modernes – se nelle scienze cosiddette moderne trattasse di strategia, essa apparterrebbe a quel genere di
era questione di “lotta contro l’opinione”, questa lotta imprese che si coprono di ridicolo: mi troverei sulla
non ha nulla a che vedere con una questione di princi- linea di coloro che sono convinti che tutto il futuro
pio. L’opinione contro la quale una scienza si costitui- debba svolgersi alle condizioni che hanno posto loro.
sce non è l’opinione in generale. È l’opinione creata in La diagnosi che si basa sulle trasformazioni, non è l’ini-
riferimento diretto a quest’invenzione stessa, alla zio di una strategia ma ha a che fare con una operazio-
nuova possibilità di “misura” di cui questa scienza tra- ne speculativa, con un esperimento di pensiero. E un
duce l’evento, alla creazione di un nuovo modo, esperimento mentale non può avere il potere di costi-
comunque locale e relativo, di porre una differenza tra tuirsi in un programma che sarebbe poi sufficiente
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pio aggettivo, “psico” e “sociale”, evi- ridefinito dalla sua congiunzione con
applicare. Ha solo il compito, nella scienza come altro- denzia che il tipo è relativo a una data le industrie di elettrodomestici cosí
ve, di suscitare dei possibili, cioè di rendere visibili certe società, a un dato momento storico: come la “protezione della natura” lo è
solo a queste condizioni tali aggettivi dalla sua congiunzione con l’etichetta
parole d’ordine, certe evidenze e rinunce che tali possi- posseggono una significazione. “verde”).
bili mettono in evidenza per divenire percepibili. Inol- 6 Mach non è che un esempio, possiamo 8 Qu’ est-ce que la philosophie? cit.,
tre, al contrario degli esperimenti di pensiero che con- anche ricordare la critica di Bergson 1991, p. 108 (trad. it. p. 106).
contro la relatività di Einstein, come 9 Per una significativa presentazione di
cernono le pratiche scientifiche, i possibili per noi non anche in meccanica quantistica il questa distinzione evidentemente cru-
sono mai determinati e la posta in gioco non risiede modo in cui i detentori dell’interpreta- ciale, vedi Francois Zourabichvili,
zione di Copenhagen hanno lottato Deleuze. Une philosophie de l’ évène-
nella creazione di un dispositivo che consenta di met- contro la “maledizione positivista”, ment, Puf, coll. “Philosophies”, Paris
terli alla prova. Una operazione di diagnosi in relazione vale a dire contro l’assimilazione delle 1994.
alle trasformazioni, ai modi del divenire, non pensa loro tesi a una illustrazione delle dot- 10 Conferisco al “possibile” il senso che
trine empirico-critiche (vedi Cosmopo- Deleuze riserva di solito al “virtuale”.
all’identificazione di possibili, ma in primo luogo a una litiche IV). Per creare un legame esplicito con le
lotta contro le probabilità,10 una lotta i cui attori devo- 7 Isabelle Stengers, L’invention des pratiche scientifiche, ho scelto di uti-
sciences modernes, La Découverte, lizzare il termine “probabile”, al posto
no definire se stessi contro queste probabilità. Si tratta Paris 1993, p. 145. Il mio approccio al del “possibile” deleuziano, a cui non
della creazione di parole che avranno solo il senso di capitalismo non è lontano da quello di manca che la realtà. Il calcolo delle
provocare la loro reinvenzione; parole la cui piú alta L’Anti-OEdipe di Gilles Deleuze e Félix probabilità considera effettivamente,
Guattari, Minuit, Paris 1972 (trad. it. come qualunque tipo di calcolo, la
ambizione è di diventare ingredienti di storie che, senza L’Anti-Edipo, Einaudi, Torino 1975), conservazione di quello nei cui termini
di esse, sarebbero forse state un po’ diverse. che ci ha insegnato in particolare a il calcolo viene costruito. Ed è per
riconoscere la sua radicale indifferen- questo motivo che la probabilità impe-
za in rapporto a valori come quelli gna in tale conservazione colui che vi
della “modernità”. Il movimento di si riferisce. Coinvolgimento che prende
deterritorializzazione capitalista ha poi dei significati ben diversi, a secon-
per correlato operazioni continue di da che traduca l’evento della creazio-
riterritorializzazione: risurrezione di ne di misure (tasso di disintegrazione
22 “nuovi arcaismi” o mantenimento in dei nuclei radioattivi, per esempio), il 23
vita di antiche territorialità ridefinite rischio concernente una decisione da
da nuove coordinazioni-congiunzioni prendere, o la pretesa di una visione
(il territorio familiare è, per esempio, “realista” delle cose.

1 Vedi D’une science à l’autre. Des con- Reality, S. Toulmin (a cura di), Harper
cepts nomades, Isabelle Stengers (a Torchbooks, New York 1970 (trad. it.
cura di), Seuil, Paris 1987 (trad. it. Da La conoscenza del mondo fisico, Einau-
una scienza all’altra: concetti nomadi, di, Torino 1943).
Hopefulmonster, Firenze 1988). 5 In Qu’est-ce que la philosophie?
2 Ilya Prigogine e Isabelle Stengers, La (Minuit, Paris 1991, pp. 66-68; trad. it.
nouvelle alliance, Gallimard, Folio Che cos’è la filosofia, Einaudi, Torino
Essais, Paris 1986, p. 368 (trad. it. La 1996, pp. 57-60), la distinzione tra
nuova alleanza, Einaudi, Torino 1981, “tipo psico-sociale” e “personaggio
ora nella nuova edizione, Piccola concettuale” (“suscettibile di una
Biblioteca Einaudi, Torino 1993). determinazione puramente pensante e
3 Ilya Prigogine e Isabelle Stengers, pensata, che li strappa alle condizioni
Entre le temps et l’éternité, 2a ed., storiche di una società come al vissuto
Flammarion “Champs”, Paris 1992, pp. degli individui”), (p. 68, trad. it. p. 60)
193-194 (trad. it. Fra il tempo e l’eter- rinvia alla distinzione tra storia ed
nità, Bollati Boringhieri, Torino 1989, evento. Ogni tipo psico-sociale – il
p. 186). Greco, il Capitalista, il Proletario ecc. –
4 Max Planck, Die Einheit des Physikali- rende percepibile il territorio che gli
schen Weltbildes, Physikalische Zeit- corrisponde e che egli instaura, i suoi
schrift, vol. 10, 1909, pp. 62-75, ripre- vettori di deterritorializzazione, i suoi
sa in traduzione americana in Physical processi di riterritorializzazione. Il dop-
La paradossale modalità d’esistenza del neutrino

Ritorniamo allora allo scenario a partire dal quale ho 25


definito la questione posta dalla “vocazione del fisico”.
Mach denunciava, proprio in termini di mistificazione,
il riferimento agli atomi, allo spazio e al tempo assolu-
to. Orbene, dal punto di vista di tutti i riferimenti allo-
ra ammessi riguardo all’opposizione tra una pratica
autenticamente scientifica e una pratica che si sottrae
alle esigenze della razionalità scientifica, Mach aveva
“ragione”, e Planck non poteva non saperlo. In realtà,
Planck legava la “vocazione del fisico” a ciò che, sulla
scia di Marx, si direbbe una mistificazione: la trasfor-
mazione in “proprietà delle cose stesse” di quanto
secondo Mach andrebbe rapportato alle pratiche speri-
mentali e, sempre con Marx, alle pratiche sociali che vi
corrispondono. Da qui, forse, la violenza della replica
di Planck, l’accusa di “falso profeta” nei confronti del
suo avversario: si riconoscono, egli afferma, i falsi pro-
feti dai risultati delle loro profezie, in questo caso la
morte programmata della fisica.
È il filosofo della scienza Émile Meyerson che ha forse
compreso al meglio la violenza del rifiuto opposto dai
La guerra delle scienze La paradossale modalità d’esistenza del neutrino

fisici alla traduzione “razionale” della loro ricerca da Dal punto di vista di Meyerson, l’idea di una stabile
parte della filosofia critica. È lui che ha offerto la paro- separazione tra scienza e metafisica è dunque un’idea
la chiave di uno scenario complessivo che oppone la vana: “La metafisica penetra interamente la scienza,
passione del comprendere alla lettura ascetica propo- per la semplice ragione che è contenuta nell’assunto di
sta dall’epistemologia. All’inizio del primo grande partenza di quest’ultima. Allo stesso modo, noi non
libro di Meyerson, Identité et réalité (1907), viene posta possiamo confinarla entro un preciso campo. Primum
la differenza tra “legge” e “causa”. Nel momento in cui vivere, deinde philosophari sembra un precetto dettato
l’epistemologia ordinaria si vantava di seguire Hume dalla saggezza. In realtà è una regola chimerica e inap-
nella sua critica della causalità, che avrebbe dovuto, plicabile come se qualcuno ci consigliasse di liberarci
razionalmente, essere ridotta a una regolarità empirica dalla forza di gravità. Vivere est philosophari.”2 Ogni volta
(di cui la legge darebbe la regola), Meyerson mostra che si presenta una possibilità di comprendere, per
che, di fatto, agli scienziati non bastano le regolarità, quanto ardita e speculativa, essa beneficia di un a priori
anche quando permettono di prevedere e di controlla- favorevole: gli scienziati hanno la propensione a conside-
re. D’altra parte egli afferma che ogni volta che un’ipo- rarla come vera; sembra loro “plausibile”. La plausibi-
tesi causale ha permesso di supporre una natura in lità, scrive Meyerson, non è né empirica, né a priori.
grado di spiegarsi da sola, questa ha esercitato un’in- Contrariamente a un giudizio kantiano a priori, può
fluenza decisiva sui fisici. Poco importa la natura di essere negata dall’esperienza, ma possiede un potere di
questa ipotesi: che sia quella secondo cui gli atomi si seduzione sulla mente dello scienziato, come del resto
scontrano l’uno con l’altro nell’accezione cartesiana, sul “senso comune” in generale, che nessuna conoscen-
che si attirano nell’accezione newtoniana, che sparisco- za empirica può da sola essere sufficiente a giustificare.
no generando energia nell’accezione di Ostwald, o Per il fatto che esiste, la natura non può tuttavia piegarsi
26 producendo movimenti ondulatori, o che seguono una alle esigenze del postulato causale se non in modo par- 27
formulazione fisico-matematica. Ciò che importa, ziale. Essa si manifesta quindi attraverso la propria “irra-
secondo Meyerson, è la costruzione di una realtà zionalità”, attraverso la resistenza contro la quale l’im-
“ontologica” che abbia il potere di spiegare quello che presa di identificazione finisce sempre per scontrarsi.
osserviamo, e di farlo, soprattutto, riducendo il cambia- Questa sarà dunque la differenza tra la storia di una
mento a permanenza, dimostrando l’identità di causa scienza come la fisica, dove la tendenza generale e
ed effetto. La ragione anticipa e attende l’identità, cioè invincibile della mente umana all’identificazione si tra-
la scoperta di una permanenza al di là del cambiamen- duce nel rischio e nell’inventiva che suscita la resisten-
to osservabile, e lo fa anche se l’eventuale realizzazione za, e le altre imprese che si accontentano della plausibi-
della sua ambizione identificatrice ha conseguenze lità. Dire, per esempio, che il cervello materiale deve
paradossali. “Supponiamo per un istante che la scienza necessariamente esplicare il pensiero, significa attenersi
possa davvero far trionfare il postulato causale: l’ante- a un enunciato “plausibile” secondo l’idea di Meyerson,
cedente e il conseguente, la causa e l’effetto si confon- e la differenza tra la statica piattezza di questo enuncia-
dono diventando indiscernibili, simultanei. E il tempo to e la bellezza della visione di Einstein risiede nella
stesso, il cui corso non implica piú il cambiamento, povertà dei vincoli che quest’enunciato comporta e
diventa indiscernibile, inimmaginabile, inesistente. La nelle conseguenze che lo mettono a rischio. Né a priori
confusione del passato, del presente e del futuro, un né empirico, un simile enunciato può accompagnarsi
universo eternamente immutabile. Il cammino del con indifferenza a tutti i lavori di neurofisiologia.
mondo si arresterebbe. (…) Ecco l’universo, immuta- Ho diffusamente presentato la tesi di Émile Meyerson
bile nello spazio e nel tempo; la sfera di Parmenide, perché definisce in modo abbastanza preciso la sfida
imperitura e senza cambiamento”.1 contenuta nella mia operazione. Se accettassi questa
La guerra delle scienze La paradossale modalità d’esistenza del neutrino

tesi, il mio problema sarebbe risolto. Diventerebbe inu- fisica, in barba a quei chimici razionali che la metteva-
tile interessarsi sul senso che ha assunto la “fede del no sotto accusa come noi facciamo con i feticci, non è
fisico” all’inizio del secolo, oppure al fallimento delle proposta oggi al grande pubblico, cosí come il DNA, in
varie critiche della fisica. Il prestigio delle teorie che quanto elemento chiave della salute, detentrice del
conferiscono alla fisica un risvolto metafisico, la gerar- segreto, puramente genetico, del suo destino?
chia delle scienze, cosí come la stessa gerarchia della “Bisogna distruggere i feticci”, questa è la parola d’ordi-
fisica, – “fisica fondamentale” e “fisica fenomenologi- ne che garantisce al pensiero critico un controllo globa-
ca”, confinata allo studio delle regolarità e non oltre – le. “Il senso comune è feticista, inesorabilmente fetici-
si spiegherebbero da sole. E si spiegherebbero in modo sta, e la distruzione che voi imponete è la vostra, la
inattaccabile, poiché nessuna esplicitazione potrebbe distruzione della passione che è la vita della vostra
modificare ciò che possedeva già il carattere di una ragione”, questa è la replica di Meyerson, che Planck
fatalità. Resterebbe l’esigenza di procedere a un elogio probabilmente avrebbe sottoscritto. Quest’ultimo forse
un po’ incantatorio del “rischio”, che crea la differenza avrebbe aggiunto, come ha fatto Einstein (“il vero mira-
tra la “fede” del fisico e la vacuità del senso comune, se colo incomprensibile è che il mondo si rivela compren-
questo viene a confondersi con una scienza. sibile”), che la fede feticista, per ciò che attiene alla fisi-
Dalla sfida che ho intrapreso non consegue che io ca, è di fatto confermata. Ma il tratto comune di queste
abbia gli strumenti per rifiutare una descrizione come due posizioni antagoniste è che sembrano entrambe
quella di Meyerson. Al contrario, giudico terribilmente saperne molto, troppo, di cosa sono i feticci, sul modo
plausibile questo tipo di descrizione, molto piú plausibi- in cui funzionano, sul senso comune che gli uomini
le di quelle che leggono nella fisica un progetto di condividerebbero, sulle inesorabili tendenze delle quali
dominazione o di controllo. Imparare a resistere a que- tutte le culture offrirebbero le testimonianze. Ne conse-
28 sta plausibilità molto meyersoniana, a non “identifica- gue che Meyerson, Planck e Mach sono moderni secon- 29
re” la fisica, anche quando vi si presta, a un senso do l’accezione di Bruno Latour, e quindi appartengo-
comune metafisico che spiegherebbe contemporanea- no, quali che siano i loro conflitti, a una cultura la cui
mente i suoi successi e i suoi eccessi, vuol dire tentare particolarità risiede nel definire in termini di credenza i
di attuare un’altra idea di filosofia. Precisamente, quel- rapporti con ciò che essa genericamente definisce
la che ho già definito come “speculativa”, nel senso di “feticci”. Anche se poi mette in discussione il carattere
una lotta contro le probabilità. indispensabile o no di questo tipo di credenza.
La possibilità di una soluzione “non meyersoniana” Quando Mach attacca i feticci come parassiti del pensie-
riguarda l’avvenire, piuttosto che il passato. In partico- ro, esige che la decisiva rottura che definisce la moder-
lare l’avvenire dei rapporti tra ciò che chiamiamo scien- nità sia riconosciuta e preservata, contro ogni tentazio-
za e ciò che chiamiamo filosofia. Se Meyerson avesse ne di “regressione”. “Gli uomini” devono riconoscere
ragione, questi rapporti sarebbero regolati in modo sta- non solo che le loro pratiche sono parte integrante dei
bile: gli scienziati producono, a ripetizione, enunciati referenti che queste pratiche fanno esistere, ma anche
che hanno l’aspetto di una messa in scena del “reale in che ognuno di questi referenti rinvia solo a se stesso:
sé”; i filosofi adottano una posizione critica ricordando, vero il lutto di ogni sintassi che implichi il riferimento a
ancora e sempre, il carattere illegittimo di questi enun- una realtà autonoma. Questo lutto conferma, certo, la
ciati e le illusioni dalle quali derivano. In questa indeci- capacità e la vocazione delle pratiche moderne a squali-
sione, continueranno a costruirsi “romanzi della mate- ficare tutte le altre pratiche che non si definiscano anti-
ria” che tradurranno efficacemente la virulenza dell’i- feticiste, ed è questo lutto che Planck rifiuta di accettare
nesorabile “feticizzazione” degli enti costruiti dalle riguardo alla fisica, come pure Meyerson a proposito
scienze sperimentali. La molecola nata nei laboratori di del senso comune. Ma il rifiuto di questo lutto non è
La guerra delle scienze La paradossale modalità d’esistenza del neutrino

sufficiente. Perché il tipo psico-sociale del “sofista non tuite con una rivendicazione che possiede tutta la sedu-
relativista” sia possibile, non è per una credenza fetici- zione di un’arma da guerra. Non è piú la credenza nel-
sta, ma per difendere un “culto dei feticci” nel loro l’autonomia degli enti fisici, ma in un mondo autonomo
diverso modo d’essere, moderno e non moderno. che garantisce l’autorità unica della fisica. Ciò permette
Questo è lo snodo decisivo superato da Bruno Latour a Planck di passare dalla difesa all’offensiva, di opporre
in Petite réflexion sur le culte moderne des dieux faitiches,3 che all’autorità del pensiero critico quella dell’intera tradi-
io seguirò per comprendere il rifiuto di Planck in termi- zione della fisica.
ni diversi da quelli di una fede ingiustificabile e in La questione della vocazione del fisico può allora esse-
realtà giustificata. Ciò che Planck difende contro Mach re posta in termini che non sono piú globali ma imma-
forse non è semplicemente la “fede” del fisico nei con- nenti all’arte di fabbricare “fatticci”, un’arte che rende
fronti di una visione metafisico-fisica del mondo. È la fisica unica e singolare. Planck non ha potuto difen-
anche – e scommetterei soprattutto – l’idea che gli enti dere questa singolarità se non sostenendola con una
fabbricati dalla fisica possano essere comunque definiti “credenza”. Ma la necessità di affermare questa creden-
“reali”, dotati, anche se “fatti”, di un’esistenza autono- za non è forse legata alla definizione delle pratiche
ma: “fatticci”4 come li soprannomina Latour. moderne come “antifeticiste”? Il fatto inoltre che la
Rinunciare al pensiero critico antifeticista non significa pretesa di autonomia degli enti fisici possa essere inte-
dunque accettare la posizione come tale di Planck, ossia sa come una modalità non critica, potrebbe correlativa-
ammettere che la fisica sia inesorabilmente portata alla mente mettere in questione, cioè storicizzare, il tema
metafisica. Significa semplicemente mettere in gioco la della vocazione del fisico. In altri termini, i “fatticci”
possibile ambiguità della sua posizione. Il tema della costruiti con passione dai fisici, una volta riconosciuti
“fede” che Planck dà come condizione della fisica, si come tali, non potrebbero forse intrattenere con i rife-
30 potrebbe intendere come il modo di protestare di chi si rimenti costruiti attraverso altri saperi, relazioni non 31
sente spinto da un avversario antifeticista a rinunciare a solo gerarchiche e polemiche?
ciò in cui, secondo lui, sta la grandezza della sua prati- Intendo creare un tipo “psico-sociale” di fisico che la
ca. Il tema della credenza – “lasciateci i nostri feticci, sua stessa pratica obbligherà a pensare, e che gli per-
certo siamo noi a costruirli, ma abbiamo bisogno di cre- metterà di concepire, allo stesso tempo e in modo coe-
dere, abbiamo un bisogno vitale di credere nella loro rente, queste due proposizioni apparentemente con-
autonomia” – tradurrebbe allora la forza della posizio- traddittorie: che il neutrino risale alla dimostrazione
ne moderna antifeticista. Planck non aveva le parole della sua esistenza, quando è stata prodotta nei labora-
per dire altrimenti, se non attraverso la credenza o la tori; e che, invece, risale alle origini dell’universo. Il
fede, qual è, a suo modo di vedere, il valore della fisica; neutrino, che ho descritto secondo la paradossale
ciò a cui essa non può rinunciare. Ma quello che in modalità d’esistenza di tutti i feticci, rappresenta in
quest’ipotesi Planck vorrebbe affermare è innanzitutto questo caso quegli enti che, nello stesso momento,
che le creature che la fisica fa esistere hanno come attri- sono stati costruiti dalla fisica ed esistono in modo indi-
buto costitutivo il potere di pretendere legittimamente pendente dal sapere umano. Esso è contemporanea-
un’esistenza autonoma; senza le prove e le passioni che mente: costruito (e questa costruzione non è conclusa;
hanno verificato questa legittimità, queste creature non il sapere se i neutrini possiedono una massa, e quindi
esisterebbero. Tornando al grande tema della credenza sapere “cos’è che” indaghiamo, è una domanda ancora
necessaria in una visione del mondo unificata, piuttosto irrisolta); definito come ingrediente di tutte le intera-
che riflettere un’inesorabile tendenza meyersoniana, zioni nucleari deboli e, come tale, parte dei nostri
essa significa che l’antifeticismo moderno ha eliminato modelli cosmologici. Il neutrino può dunque essere il
le parole delle quali Planck aveva bisogno, e le ha sosti- soggetto di proposizioni che lo costituiscono come pro-
La guerra delle scienze La paradossale modalità d’esistenza del neutrino

dotto della nostra conoscenza, e di altre proposizioni dipendeva il carattere legittimo di quest’esistenza
che ne fanno un attore della storia cosmica, responsa- all’interno della fisica, dovevano dare al fisico il potere
bile a sua volta della comparsa di esseri capaci di di affermare che in ogni tempo e luogo possibile, il
costruire una simile conoscenza. neutrino è sempre esistito. Inoltre gli effetti che lo ren-
La dimostrazione dell’esistenza di un ente come il neu- dono osservabile e identificabile agli occhi umani sono
trino, evidentemente non ha nulla a che vedere, come eventi che richiedono di essere compresi come ele-
ha dimostrato Meyerson, con la produzione di una menti di una storia che non è quella dell’uomo, ma
legge generale che parta da regolarità osservabili e quella dell’universo.
riproducibili.5 Essa non ha nulla a che vedere con la Il neutrino non è dunque il punto d’incontro “normale”
modestia di una semplice descrizione, frutto di un’atti- tra un’attività ormai razionale e un mondo fenomenico.
vità di osservazione metodica e critica, un’attività sba- Insieme ai suoi simili, sin dalla scandalosa forza d’attra-
razzata da passioni parassite che fanno da schermo alla zione newtoniana, assicura la mutua implicazione di due
razionalità. Il neutrino spazza via questa apparente realtà in espansione correlate: quella della densa rete
modestia. Esso ricusa l’idea che le produzioni scientifi- delle nostre pratiche e delle loro storie, assieme a quella
che pongano solo il problema di sapere perché, per dei componenti e delle modalità d’interazione che
tanto tempo, gli uomini si sono fatti trascinare dalle popolano ciò che viene definito il “mondo fisico”. In
passioni e prendere in giro dalle illusioni. E lo fa conclusione, il neutrino esiste nello stesso tempo e indis-
secondo questi due assi complementari. Da un lato, il solubilmente sia “in sé” che “per noi”, e diventa sempre
neutrino rappresenta il difficilmente osservabile per piú “in sé”, attore d’innumerevoli eventi quando cer-
eccellenza, poiché ha come attributo principale il fatto chiamo i principi della materia, quanto piú esiste “per
di essere suscettibile di interazioni molto rare. I dispo- noi” come elemento delle pratiche, dei dispositivi, di
32 sitivi che l’hanno fatto esistere presuppongono e impli- possibili sempre piú numerosi. Questa modalità d’esi- 33
cano infatti un’enorme quantità di strumenti, di inter- stenza apparentemente paradossale dove le entità defini-
pretazioni, di riferimenti ad altre particelle già venute te “in sé” e “per noi”, invece che opporsi tra loro secon-
alla luce nell’ambito del sapere umano e, inoltre, non do la tradizione filosofica, si producono correlativamen-
può prescindere da tutto un groviglio di storie umane, te, è proprio quello che rivela la pratica sperimentale in
sociali, tecniche, matematiche, istituzionali, culturali. Il senso forte; la pratica il cui trionfo è di far esistere fattic-
neutrino è tanto piú “sovraccarico” in quanto, da vera ci a un tempo datati e trans-storici.
e propria particella fantasma e indifferente a ogni osta- Definire “fatticci”, come fa Bruno Latour, questi enti
colo, la sua esistenza era stata postulata, per motivi teo- che fabbrichiamo e che ci fabbricano, non conferisce
rico-estetici di simmetria e di conservazione, ben prima loro nessun tipo di identità che autorizzi a ridurli se
che fossero stati realizzati gli strumenti per “cercarla”. non ciò che essi fanno accadere. Lo scienziato (e in
D’altro canto, poiché questi strumenti sono poi stati modo differente il tecnico) “riceve dai fatticci un’auto-
creati, e ha effettivamente testimoniato la propria esi- nomia dando loro quella che lui stesso non possiede”.6
stenza nei termini richiesti, ora il neutrino possiede È importante parlare di fatticci e non di feticci, e non
una sua esistenza che rivela i tratti di un vero e proprio si tratta di tentare una teoria generale dei feticci, che
“attore”. È dotato di proprietà che gli danno contem- sarebbe solo la controparte pseudo-positiva di una loro
poraneamente la possibilità di agire e di spiegare e si è generale condanna. Si tratta al contrario di porre il
reso indipendente dal dispositivo di ricerca che lo ha problema delle modalità distinte di esistenza di enti
attestato e che a questo punto non è nient’altro che che facciamo esistere e che ci fanno esistere, a partire
uno “strumento”. Tale era infatti la vocazione di esi- dalla questione di ciò che consente, agli operatori, di
stenza che gli è stata conferita: le prove dalle quali pretendere che gli enti che vengono fabbricati possie-
La guerra delle scienze La paradossale modalità d’esistenza del neutrino

dano una esistenza autonoma. Come vedremo in segui- sieme delle entità prodotte nei laboratori sperimentali.
to, le distinzioni cominciano all’interno stesso della Se lo humour di una verità che si dice fabbricata esiste,
fisica, e si moltiplicheranno per poter comprendere l’ironia non potrà certo prevalere: queste entità non si
l’appassionato interesse che possono suscitare le nuove dissolveranno in una triste ed eterna rete di compro-
proposizioni, anch’esse “fatticiste”, di artefatti detti messi e negoziazioni che, una volta decifrata, permette
“viventi” o “pensanti”. di concludere che si tratta di artefatti che rinviano ad
I “fatticci” che realizziamo non hanno niente di consen- abitudini di compromesso umane e solamente umane.
suale né di pacifico. Riconoscerli come non riconduci- In un certo senso, io tento di replicare il dramma che
bili a una epistemologia critica, o a quegli “oggetti” che ha opposto Planck a Mach. La critica di Mach non con-
la filosofia ama contrapporre ai “soggetti”, non è affatto sente al fisico di “presentarsi”, di definire la propria
sinonimo di pacificazione e di coerenza. Però, ricono- vocazione, poiché le parole adoperate gli ingiungono di
scerli come tali può funzionare come una proposizione rinnegare la propria passione per la verità. La proposi-
nei confronti dei loro “creatori”, una proposizione che zione fatticista invece glielo permette? La visione difesa
afferma l’unicità della loro pratica in quanto creatrice, da Planck di un “mondo fisico”, può perdere la propria
senza dover rendere conto a regole generali che oppon- capacità di seduzione? Può rischiare di essere ricono-
gono il mito alla ragione, e senza limitarsi a ratificare sciuta come una risposta “per difetto”, che accetta in
quel che essi esigono di vedere riconosciuto. Dunque, mancanza di meglio i riferimenti dell’avversario, ovvero
una proposizione attiva che può portarli a fare una cer- l’opposizione tra razionalità antifeticista e fede irrazio-
nita tra quel che pretendono e soprattutto a considera- nale ma feconda? I fatticci possono liberare i fisici da
re superflua la pretesa al potere di svalutare. In altri ter- una modalità di presentazione che li blocca in un’alter-
mini, i fatticci propongono uno humour della verità. Essi nativa che apre il fianco all’ironia: invocare una fede
34 creano la possibilità di rendere divergenti due temi che li guida cosí come la carota fa andare avanti l’asino, 35
spesso accoppiati: il tema della trascendenza e quello oppure rivendicare i successi della fisica per affermare
della garanzia. Sí, la creatura trascende il suo creatore, che questa è ormai sul punto di ricevere lo statuto di
e questo non è un miracolo ma un evento,7 la cui pro- sapere veridico, che designa la verità del mondo e pene-
duzione polarizza l’opera del creatore. No, la trascen- tra “lo spirito di Dio”? Non tocca a me decidere.
denza prodotta non garantisce il diritto di cittadinanza Dopo tutto, la pietra di paragone del mio lavoro non
in un mondo trascendente, la disponibilità di questo riguarda i fabbricatori, quanto il modo in cui essi si
mondo come referente per i giudizi, le operazioni di collocano tra noi.
squalifica o di annessione. I fatticci sono un modo per Le scienze, per come vengono insegnate, cioè come si
affermare la verità del relativo, cioè di rapportare il loro presentano quando i loro risultati sono slegati dalle
potere a un evento pratico e non alla verità di un mondo pratiche della scienza “per come essa si fa”, non hanno
di cui una data pratica scopra solo l’accesso. una valenza molto differente da una macchina da guer-
La proposizione fatticista, dunque, non rivendica affat- ra religiosa, che indica la strada della salvezza e con-
to una neutralità che debba essere accettata da tutti e danna il peccato e l’idolatria. Non è con l’appello a
comunque. Da un lato, in effetti, invita il fisico e gli altri una migliore “cultura scientifica” che si risolverà il pro-
costruttori di fatticci a distinguere tra l’autonomia con- blema della modalità d’esistenza nel nostro mondo di
quistata-fabbricata-scoperta delle loro creature e quella, neutrini, geni, neuroni, fossili e altre creature scientifi-
non generata, di un mondo in attesa di scoperta. Dal- che. Il fatto che questa cultura manca, che la sua man-
l’altro, questa proposizione rivela un eccesso di confi- canza sia sempre invocata e che, una volta colmata,
denza che il neutrino non può certo giustificare e che diventerebbe una sorta di panacea, ma senza che nes-
non si riferisce specificamente a esso, ma inerisce all’in- suno possa dire in cosa consista (dato che gli scienziati
La guerra delle scienze La paradossale modalità d’esistenza del neutrino

sono in buona parte i primi a difettare di questa famo- no non è un evento suscettibile come tale di interessa-
sa cultura), rivela proprio la fantomatica modalità d’e- re “gli uomini”. Il neutrino non segna una tappa nel
sistenza di quanto viene invocato. percorso che porta “gli uomini” dall’ignoranza alla
Un fantasma non sempre è privo di potere. In alcune conoscenza. Deve la sua esistenza al fatto che sia stato
culture la sua manifestazione conduce a pensare, a tenuto quello che Latour chiama un “registro dei
connettere, ad agire. Nella nostra cultura l’eterno conti” molto impegnativo, di aver superato prove
ritorno del grande tema della cultura, del necessario molto selettive, che permettono ad “alcuni uomini”,
supplemento di “coscienza” senza il quale sembra che alla collettività dei suoi realizzatori, di dimenticare le
la scienza diventi la rovina dell’anima, non obbliga a trasformazioni della sua fabbricazione, e di poterne
niente, e non obbliga a gran che. Non esiste nessun celebrare l’esistenza “in sé”. Se qualcosa va celebrato o
dispositivo come quello con cui altri interrogano ciò ci deve far riflettere non è dunque il neutrino ma la
che permane e ne costruiscono il messaggio. Questo coproduzione di un collettivo e di una realtà della
messaggio creerebbe poi una differenza, opererebbe quale, inevitabilmente, dal punto di vista di questo colletti-
delle correlazioni e aggiungerebbe nuove questioni a vo, il neutrino è parte integrante. Inoltre è necessario
quelle che pongono gli scienziati. In altri termini, la che questo evento susciti interesse. I popoli che non
necessità della cultura scientifica ci assilla senza che le sono antifeticisti coltivano quest’interesse. Sanno in
nostre pratiche le diano la possibilità di esistere. che modo è opportuno rivolgersi ai realizzatori di fetic-
La modalità in cui il neutrino e gli altri fatticci scientifi- ci, ciò che ci si può attendere da loro e ciò da cui guar-
ci “si manifestano” a coloro che non partecipano alla darsi. Pensare qual è la presenza sociale, culturale,
loro realizzazione, può diventare una questione di cul- politica in mezzo a noi di quei collettivi molto partico-
tura se la cultura viene attivamente separata dall’“infor- lari che costituiscono i realizzatori di fatticci, può forse
36 mazione” e dal possesso di un “sapere culturale”. Non essere un modo di “materializzare” il fantomatico rife- 37
è sufficiente conoscere la storia della creazione del rimento a questa “cultura scientifica” assente.
neutrino e dei problemi ai quali rispondeva per evitare La “culturalizzazione” del neutrino è dunque una que-
che la sua esistenza venga poi generalizzata come “neu- stione pratica, inscindibile dalle relazioni da realizzare
tra”. Non è quindi sufficiente che sia autenticata e cioè con coloro che ne hanno determinato l’esistenza,
“da conoscere” per accedere alla cittadinanza moder- facendogli superare certe prove. L’identità del neutrino
na; né è sufficiente che sia disponibile e quindi chiun- troverà una sua stabilità diversa da quella del “fatto neu-
que vi possa attingere per utilizzarla per i propri scopi. tro”, solo in un tessuto di rapporti con cui si inventano
La lotta contro l’oblio dei molteplici elementi dell’e- nuove “modalità d’esistenza immanente” per le nostre
vento che ha portato all’esistenza del neutrino, può pratiche. La pietra di paragone della proposta “fattici-
sembrare senza fine e senza speranza. La questione del sta”, e piú precisamente di quello che tenterò di fare,
modo di sapere com’è, come potrebbe essere o sarà non è dunque convincere gli scienziati, ma piuttosto
celebrata, l’esistenza del neutrino, non trova risposta lavorare a una trasformazione degli interessi che li iden-
nella buona volontà capace di ricordarci che le scienze tificano. Evidentemente, nel senso radicalmente inde-
sono opera dell’uomo, e neppure nell’ironia che fa terminato che la nozione di interesse autorizza: il modo
riconoscere l’opera dietro il fatto. in cui interessa gli altri ciò che si fa, e come diventa
Questa lotta senza fine non rivela né una difficoltà “psi- parte integrante del presente degli altri, o anche “ha
cologica” (gli umani preferiscono credere piuttosto rilevanza” per gli altri, senza opporsi al modo in cui ci si
che comprendere) né una questione “epistemologica” interessa a ciò che facciamo noi stessi, anzi ne sia un
(il contesto della giustificazione prevale su quello della elemento costitutivo. Chi è che si interessa, in che
scoperta), ma solo il fatto che la “scoperta” del neutri- modo ci si può interessare, a quale prezzo, attraverso
La guerra delle scienze Ecologie

quali mezzi e con quali vincoli, non sono domande


secondarie, ma sono relative alla “diffusione” di un
sapere. Tutti questi sono elementi dell’identità del neu-
trino, cioè del modo grazie al quale esiste per altre per-
sone e del modo con cui esso situa le altre persone.

1 Émile Meyerson, Identité et réalité, 3a do Dominique Lecourt, incarna “que-


edizione, Vrin, Paris 1951, pp. 256- sta filosofia pretenziosa che si vanta
257. Meyerson qui sembra annunciare della perennità delle sue domande e
la relatività generale di Einstein, e del intende sottomettere alle proprie san-
resto ha immediatamente riconosciu- zioni la conoscenza scientifica” (L’Épi-
to la vertigine dell’“acosmismo” susci- stémologie historique de Gaston
38 tato dal cosmo quadridimensionale Bachelard, Vrin, Paris 1974, p. 34). Da Ci sono questioni che risuonano insieme attraverso la 39
della relatività generale. La Déduction confrontarsi con la corrispondenza tra
relativiste (1926) è la prima esposizio- Einstein e Meyerson, pubblicata in
storia della filosofia ma che tuttavia in ogni epoca, assu-
ne dell’opera di Einstein che non si Albert Einstein, Oeuvres choisies, vol. mono un significato differente. La questione dei sofisti
dilunga sulla relatività ristretta e sugli 4, Correspondances françaises, Seuil- è proprio di questo tipo, ed è proprio con questa che
argomenti operazionalisti che la CNRS, Paris 1989 (trad. it. Opere scel-
sostengono, ma pone l’attenzione sul- te, Bollati Boringhieri, Torino 1988). ora io mi devo confrontare esplicitamente, salvo veder-
l’Einstein “metafisico”, che ha iniziato Persino Lenin, in Materialismo ed la riemergere sotto forma di malinteso o di obiezione.
a imporsi sui suoi colleghi colti di sor- empirio-criticismo, trattava i suoi
presa e ai filosofi positivisti sconcer- avversari con piú onestà di quanto
I sofisti storici sono stati tacciati d’ignominia, definiti
tati. Allo stesso modo, in Réel et Bachelard e i suoi emuli abbiano trat- come l’altro del filosofo: essi erano coloro che hanno
déterminisme dans la physique quanti- tato Meyerson. fatto commercio degli effetti di verità, coloro che pre-
que (Hermann, Paris 1933), Meyerson 2 Identité et réalité cit., p. 433.
prevede che la dolorosa rinunzia a cui 3 Bruno Latour, Petite Réflexion sur le tendevano di guarire i mali della città, senza essere
la fisica quantistica costringe i fisici, culte moderne des dieux Faitiches, dotati di un sapere sul bene e sul male, coloro che
potrebbe benissimo essere instabile: Synthélabo, coll. “Les Empêcheurs de
“Non c’è dubbio che, se solo ci si penser en rond”, Le Plessis-Robinson,
approfittavano delle ombre e delle false apparenze
offrisse un’infinitesima possibilità, si La Découverte, Paris 1996. della “caverna” invece di cercare la luce veritiera che
vedrebbero i ricercatori ritornare in 4 “Faitiche”, fatto-feticcio. (N.d.T.) conferisce a ogni cosa la giusta illuminazione. Coloro
fretta a un’immagine un minimo piú 5 Vedi anche, per un altro approccio
concreta dell’universo, realizzabile nel della stessa differenza, Rom Harre, The insomma che si accontentavano di un’opinione mute-
pensiero per ritornare, secondo l’e- Principle of Scientific Thinking, Mac- vole e malleabile. Certo è possibile risalire a questa ori-
spressione di M. Planck, a una Welt- millan, London 1970, e Roy Bhaskar, A
bild.” (p. 49). Insisto su questo punto Realist Theory of Science, Leeds Books,
gine, per dimostrare per esempio, l’ingiustizia di que-
perché la tradizione filosofica bache- Leeds 1975. sta rappresentazione o almeno per “salvare” alcuni sofi-
lardiana francese ha seguito Bache- 6 Petite réflexion cit., p. 99. sti dal giudizio che li ha condannati in blocco. Non
lard in una vera e propria operazione 7 Vedi, sul tema dell’evento trattato
di contro-lettura sistematica di secondo le coordinate scientifiche, spetta a noi però l’idea di denunciare la condanna nei
Meyerson il quale, per esempio secon- L’invention des sciences modernes cit. loro confronti come una mera montatura, e neanche,
La guerra delle scienze Ecologie

mantenere l’indifferente distacco che afferma la neu- pedagogia razionale e il condizionamento suggestivo,
tralità della storia. La questione della nostra relazione tra la ragione e l’opinione.
con i sofisti non è affatto chiarita. Molto piú del poeta, Lo scenario contemporaneo è letteralmente saturo di
anch’egli cacciato dalla città platonica ma riammesso “moderni” eredi di Platone. Ognuno di questi eredi
successivamente in una categoria civica onorevole, il denuncia il proprio “altro”, cosí come il filosofo denun-
sofista, portatore di lucidità o creatore d’illusioni, ciava il sofista, accusandolo di approfittare di quanto lui
medico o ladro dell’anima, continua a inquietarci. stesso ha beneficiato. Non si tratta piú solamente della
Il problema posto dal sofista non dipende da una qua- serie di filosofi eredi di Platone, accompagnati dalla
lità intrinseca, che gli potrebbe essere attribuita, ma serie di quelli che, come i sofisti, sono stati utilizzati
piuttosto dalla assenza di ogni sua qualità intrinseca, come un esempio per dimostrare la necessità di un fon-
cioè piú precisamente dall’instabilità degli effetti che damento.3 Ciò che nel testo di Platone può essere letto
permettono di valutarlo. Si può ipotizzare che il sofista come una rete di analogie sulla temibile instabilità del
incarni proprio quest’instabilità ancor piú che crearla. sofista-pharmakon, oggi si è ancor piú differenziato nelle
Come mostra l’accostamento tra sofista e pharmakon, “pratiche moderne” – degli scienziati ma anche dei
sostanza incerta che sta tra il veleno e la cura. L’assenza medici, dei politici, dei tecnologi, degli psicanalisti, dei
di una proprietà stabile e definita è il problema che pedagoghi ecc. – che si presentano allo stesso titolo
pone ogni pharmakon,1 ogni droga il cui effetto può della filosofia platonica, svalutando l’altro da sé, defi-
mutare nel suo contrario, in base alla dose, alle situa- nendolo ciarlatano, populista, ideologo, astrologo,
zioni, al contesto; ogni farmaco la cui azione non offre mago, ipnotizzatore, maestro carismatico ecc.
alcuna garanzia e non definisce alcun punto fermo a È possibile e ci tenta di operare sull’insieme delle prati-
partire dal quale si possa, con certezza, riconoscerne e che moderne ciò che è stato provato con successo su
40 comprenderne gli effetti. Platone, a cui si è fatto riconoscere l’inquietante paren- 41
La questione del pharmakon non è propria della tradi- tela con i sofisti, che egli ricusava. Cosí come i sofisti
zione che inizia in Grecia, con l’esclusione dei sofisti. hanno resistito attraverso lo stesso Platone, si può
Tutte le culture umane riconoscono l’intrinseca insta- dimostrare che la questione della relazione, della quale
bilità di certi ruoli, di certe pratiche, di certi farmaci. i terapeuti tradizionali furono gli esperti, resiste, sotto
Anche Tobie Nathan sottolinea che noi Occidentali forma di enigma, nel cuore della medicina,4 in quanto
siamo strani, nella misura in cui “diamo fiducia” al le dimostrazioni scientifiche implicano sempre un ele-
medico o allo psicoterapeuta, attribuendo loro il desi- mento persuasivo, nel momento stesso in cui intendo-
derio trasparente di “guarirci” (in qualsiasi modo si no opporre la prova oggettiva alla persuasione soggetti-
definisca la guarigione). Altre popolazioni sanno bene va. Si può quindi concludere che il pharmakon non si
che, pur capace di guarire, il terapeuta può anche lascia estromettere; esso risiede nel cuore delle fortez-
distruggere:2 chi manipola la capacità di influenzare ze che ci dovrebbero proteggere dalla sua instabilità.
può essere allo stesso tempo un salvatore e uno strego- Però ancora una volta ci si limita cosí con il “dire vero”
ne. Se l’instabilità del pharmakon non è un nostro pro- senza far esistere altre maniere di dire. Questo “dire
blema, quel che sembra distinguerci al contrario, e di vero” ci blocca in uno scenario il cui unico orizzonte è
cui è testimone a modo suo l’esclusione dei sofisti, è quello che noi chiamiamo pharmakon. Questo poiché il
l’intolleranza della nostra tradizione di fronte a questo sofista, condannato per lo sfruttamento di un’opinione
tipo di situazione ambigua e l’angoscia che suscita. È malleabile e docile, non ci consente una definizione
necessario un punto fermo, un fondamento, una generica, cioè forte, che resista al mutare delle circo-
garanzia. È necessaria una differenza stabile tra il stanze. Il sofista stesso, contemporaneo di Platone, è
medicamento benefico e la droga malefica, tra la un abitante della città greca dove è stata posta la que-
La guerra delle scienze Ecologie

stione del politico, cioè sui titoli necessari per accedere È in relazione a questa instabilità che si può porre la
alla gestione degli affari della città. Allo stesso modo, il questione del “sofista non relativista”, seguace di quel
ciarlatano che si rivolge contro la medicina detta che Bruno Latour chiamerebbe il “culto” dei fatticci.
moderna è un ciarlatano “moderno”, non il rappresen- Nel doppio senso, per cui il culto rimanda da una parte
tante di pratiche terapeutiche che possono essere dette alla celebrazione dell’evento che permette l’esistenza di
“non moderne”.5 La figura del pharmakon resistente, un nuovo ente o di una nuova modalità di misurazione,
che produce un sintomo in chi tenta di svincolarsene, e dall’altra parte alla cultura, alla pratica della messa in
ha tutt’altro che una definizione neutra. Ciò che asso- relazione. L’instabilità farmacologica dei fatticci, la loro
ciamo al pharmakon è la nostra definizione, quella che temibile capacità di alimentare la vera e propria ossessio-
abbiamo prodotto realizzando le pratiche che hanno ne di differenziazione che ci contraddistingue e ci porta
svalutato, e quindi trasformato e distrutto, i modi tradi- inesorabilmente a conferire loro un potere che non
zionali attraverso cui è stata gestita questa instabilità. hanno – quello di svalutare pratiche e questioni che non
La divagazione verso il sofista e il pharmakon rinforza li riguardano – corrispondono di per sé a una forma di
quella che ho definito la “proposizione fatticista” e culto. La polemica e la svalutazione sono relazioni e cor-
permette di definirne con piú precisione la sfida. rispondono a delle pratiche. La “vocazione del fisico”
Infatti, se la questione che voglio porre è quella della definita da Planck, se da un lato sembra portarlo all’iso-
“presenza fra noi” di fisici e altri produttori di fatticci, lamento, ha però come ingrediente il suo contrario: la
risulta evidente che la questione è due volte farmaco- costruzione di una posizione di giudizio che dà al
logica. Una prima volta perché se si deve parlare di “mondo fisico” il potere di trascendere tutte le altre
“fatticcio” per ciò che riguarda alcune nostre realizza- realtà. La questione del “sofista”, teso a celebrare e colti-
zioni, lo si deve fare proprio nella misura in cui queste vare l’evento costituito dalla creazione di un fatticcio,
42 realizzazioni hanno per loro vocazione quella di resi- non è quindi nuova, ma dà risposta a un problema 43
stere all’accusa farmacologica. Il neutrino, l’atomo o il nuovo: non tutti i culti si equivalgono. Ecco perché mi arri-
DNA “esistono” con una modalità autonoma rispetto a schierò a qualificare questo problema come “ecologico”.
coloro che li hanno costruiti. Essi hanno superato le Il vantaggio del riferimento all’“ecologia” risiede nel
prove destinate a dimostrare che non erano delle fin- doppio senso, “scientifico” e “politico”, di questo termi-
zioni tra le tante, suscettibili di tradire i loro autori e ne. Ogni tipo di situazione che presenta uno scenario
destinate a dimostrare che nel loro caso esiste a tutti di popolazioni di esseri viventi interdipendenti, si può
gli effetti l’“invenzione del potere di conferire alle definire “ecologica” in senso scientifico, rilevante per
cose il potere di conferire allo sperimentatore il potere problematiche e pratiche di ricerca degli “ecologi”. Per
di parlare a nome loro”.6 Ma questo triplo potere è analogia, si può quindi dire che la popolazione delle
prettamente limitato perché non possiede come garan- nostre pratiche rientra cosí in uno scenario ecologico,
te un punto di riferimento esterno, una definizione quali ne siano le “modalità d’esistenza immanenti” e
generale della differenza tra enunciato scientifico e quale che sia l’ingrediente che ciascuna costituisce per
opinione o finzione. Appena il neutrino, l’atomo o il le altre. Il termine “ecologo”, neologismo che designa
DNA si allontanano da un ambiente molto specifico, il ricercatore scientifico, riflette, al contrario, la diversa
quella rete dei laboratori dove si sono guadagnati l’esi- esistenza degli “ecologisti”, il cui impegno si situa su di
stenza e vengono inseriti in enunciati che ne cambiano un registro politico. Per un ecologista, non tutte le situa-
l’esistenza, l’invenzione e la prova, questi possono zioni “ecologiche” si equivalgono, in particolare laddo-
mutare significato e trasformarsi in vettori di ciò che si ve fanno intervenire come protagonisti i membri della
può definire l’“opinione scientifica”: i fatticci scientifi- specie umana. La pratica (politica in senso lato) degli
ci hanno una instabilità del tutto farmacologica. ecologisti riguarda la produzione di valori, la proposi-
La guerra delle scienze Ecologie

zione di nuovi modi di valutazione, di nuove modalità di concepire una natura sottomessa, manipolabile, assi-
di significazione. Ma questi valori, questi modi di valu- milabile a una “materia prima” alla quale siamo liberi
tazione, questi significati non trascendono la situazione di imporre un’organizzazione a scelta.
rilevata, non ne costituiscono la verità definitivamente L’ecologia non è un scienza di funzioni: le popolazioni
intellegibile. Essi hanno come posta la produzione di di cui descrive le “ingarbugliate modalità” di esistenza,
nuove relazioni che vengano ad aggiungersi a una situazio- non sono del tutto definite dai rispettivi ruoli giocati
ne già prodotta da una molteplicità di relazioni. Que- nel groviglio, cosí da poterne dedurre l’identità di cia-
ste relazioni sono anch’esse leggibili in termini di valore, scuna in funzione del suo ruolo. Quest’ultimo è per
di valutazione, di significato. definizione “metastabile”, ossia non è garantito rispetto
In effetti non c’è differenza di natura tra le situazioni a un’eventuale instabilità. È il prodotto di un “bricola-
ecologiche che studiano gli ecologi e quelle che con- ge” di cui è necessario dire che “piú o meno tiene” e
ducono le lotte sotto il marchio dei “valori ecologisti”. non il prodotto di un calcolo di cui andrebbe messa in
Non c’è infatti differenza di natura tra i valori, le valu- luce l’economia e la logica. Correlativamente, le popo-
tazioni e le significazioni che si creano, per esempio, lazioni interdipendenti non fanno “sistema” nel senso
quando una relazione parassita si trasforma in una in cui potrebbero essere definite come parti di un tutto.
relazione simbiotica, oppure quando un parassita che Anche il punto di vista che consente di esprimere la
logora troppo il suo ospite viene eliminato, rispetto a relativa coerenza delle loro modalità di coesistenza,
valori, valutazioni e significazioni che i dibattiti sull’e- deve intrecciare molteplici tempi e poste in gioco. In
cologia mettono in gioco. Del resto non c’è quasi piú questo modo una specie di pipistrello, molto rara, sem-
situazione ecologica sulla terra in cui i valori attribuiti bra avere un ruolo insignificante nella foresta tropicale
dagli umani a differenti “prodotti” della natura non di Porto Rico. Invece, si è scoperto, che il suo ruolo in
44 abbiano già avuto un ruolo nella costruzione stessa realtà è cruciale per questa foresta. Dopo un ciclone, i 45
delle relazioni tra viventi non umani. La singolarità pipistrelli di questa specie contrariamente ad altre,
dell’ecologia politica è di enunciare esplicitamente il pro- sono incapaci di volare via lontano. Costretti, a loro
blema della relazione tra valori e costruzione delle rischio e pericolo, a sopravvivere sul posto, questi pipi-
relazioni, all’interno di un mondo da sempre decifrabi- strelli contribuiscono alla possibilità di recupero della
le in termini di valori e di relazioni. Il che non cambia foresta devastata.9 Per analogia, possiamo dire che se la
niente e cambia tutto, come nel caso in cui viene tra- popolazione delle nostre pratiche mi pone il problema
sformato in esplicito ciò che era implicito.7 di una coerenza che non sia quella della polemica gene-
Un altro vantaggio del riferimento all’“ecologia” è che ralizzata, produttrice d’arroganza e vettore di sottomis-
essa designa una problematica processuale, cioè suscetti- sione, allora questa coerenza non dovrà avere niente in
bile di integrare termini disparati. L’ecologia può e comune con quella che autorizza un punto di vista uni-
deve, per esempio, considerare le conseguenze per un tario da cui dedurre il ruolo assegnato a ognuno.
dato ambiente, della comparsa di una nuova pratica L’ecologia è quindi la scienza delle molteplicità, delle
tecnica, e alla stessa stregua di un cambiamento clima- causalità disparate e delle creazioni di significazione
tico, o della comparsa di una nuova specie vivente. In non intenzionali. Il campo delle domande ecologiche
ogni caso, le conseguenze non riflettono una “causa”, è quello nel quale le conseguenze dei significati che
secondo una logica di equivalenza o di intenzionalità, e creiamo, dei giudizi che produciamo e facciamo passa-
le stesse relazioni non sono separabili dal regime tem- re allo stato di “fatto”, rispetto a ciò che ha importanza
porale della loro ingarbugliata coesistenza.8 Se l’ecolo- e a ciò che è secondario, si pagano in contanti, sia che
gia politica ha imparato qualcosa dall’ecologia scientifi- queste conseguenze siano intenzionali, sia che siano
ca, è proprio che dobbiamo rinunciare alla tentazione impreviste. Le società umane sono sempre suscettibili
La guerra delle scienze Ecologie

di produrre la giustificazione di ciò che subiscono, di re” per ciò che riguarda gli strumenti di cattura della
trasformare le loro invenzioni in norme, e di dimenti- preda, ma quest’ultima sembra subire soltanto l’attacco
care il prezzo che pagano con le loro scelte. Ma grazie del parassita. Bruco e parassita esistono dunque in una
alla costruzione di domande e di saperi che le pratiche modalità che afferma l’esistenza dell’altra; l’inverso non
ecologiche producono, si genera un nuovo tipo di sembra vero. Si parla in compenso di inter-presa quan-
memoria rispetto ai processi non intenzionali che, nel do si realizza un doppio processo di costituzione d’iden-
passato, hanno provocato la scomparsa di città, imperi tità. In un modo o in un altro, di solito con modalità
o civiltà e rispetto ai danni provocati dalle nostre strate- del tutto differenti, le identità che si co-inventano
gie industriali, e anche “scientifiche”, semplicistiche (la incorporano ciascuna per conto proprio un riferimento
“strategia del DDT”). Questa memoria è oramai un all’altra. Nel caso della simbiosi, questo riferimento
ingrediente del presente. Da questo punto di vista, si risulta positivo: ognuno degli esseri co-inventati, per la
può dire che il nostro presente costituisca sin d’ora l’i- relazione di inter-presa, ha interesse, per poter sopravvi-
nizio di un “sapere farmacologico”, scienza dei proces- vere, che l’altro rimanga in vita.
si, in cui le buone intenzioni possono sempre correre il La nozione di “inter-presa”, come tutte quelle che fanno
rischio di volgere al disastro, e in cui ogni azione ha pensare a una relazione senza riferimento a un interesse
un’identità dipendente dall’insieme che la stabilizza che ne trascenda i termini, permette di sottolineare le
ma, all’occorrenza, ne fa cambiare il significato.10 conseguenze della prospettiva ecologica che intendo
La prospettiva “ecologica” ci invita a non prendere adottare, ed evidenzia il fatto che qui non vale l’usuale
come ideale di pace una situazione di consenso, nella opposizione tra costatazione e valori: il primo che rinvia
quale la popolazione delle nostre pratiche sarebbe sot- all’ordine dei “fatti”, il secondo a un giudizio prettamen-
tomessa a criteri trascendenti la loro diversità, in nome te umano. Certamente, l’ecologia della terra, nel senso
46 di una comune intenzione, di un bene che sarebbe loro classico, può fare affidamento sulla stabilità delle situa- 47
superiore. L’ecologia non dà esempi di una siffatta sot- zioni che studia, in rapporto alle rappresentazioni che
tomissione. Non conosce il consenso, ma, semmai, la queste situazioni autorizzano e alle valutazioni che pro-
simbiosi, in cui ciascun protagonista è interessato al suc- vocano. Le pratiche umane hanno come ingrediente
cesso dell’altro per proprie ragioni personali. L’“accor- irriducibile i discorsi o le diagnosi che le riguardano. Ma
do simbiotico” è un evento, produzione di nuove moda- questa distinzione, se da un lato vieta la prospettiva di
lità immanenti di esistenza, non-riconoscimento di un una “scienza di terreno” in materia di ecologia delle pra-
interesse piú forte, dinanzi al quale gli interessi partico- tiche,13 non traduce un’opposizione tra “umano” e “non
lari divergenti dovrebbero piegarsi. L’accordo non è umano” bensí una differenza di funzionamento del ter-
una conseguenza di una raggiunta armonia che trascen- mine “valore” in relazione al termine “costatazione”.
derebbe questi interessi. Riguarda ciò che chiamerò un Unici, probabilmente, sulla terra, gli esseri umani agi-
processo immanente di “inter-presa”‚11 processo che scono “nel nome dei valori” e quindi li oppongono ai
non è di natura differente da altri processi, come quello “fatti”. Ma, per gli esseri umani e non-umani, la creazione
parassitario o predatorio, che potrebbe essere definito del valore non può funzionare secondo questo registro
come unilaterale in quanto l’identità di uno dei termini oppositivo. L’invenzione di una pratica o la creazione di
della relazione non sembra riferirsi, in modo specifico, un rapporto di “presa” appartengono a ciò che, in Cao-
all’esistenza dell’altro. Le specifiche “strategie” di difesa smosi,14 Félix Guattari ha chiamato “creazionismo assiolo-
mimetica del bruco fanno riferimento alle capacità gico”: nuova costellazione di “universi di valore”, “che si
“cognitive” dell’uccello che lo minaccia, ma sembra che scoprono nello stesso momento che vengono prodotti, e
per l’uccello il bruco rappresenti una preda tra le che risultano essere già qui, da sempre, da quando ven-
tante.12 La definizione del parassita incorpora un “sape- gono generati”. Come accade con gli esseri umani, que-
La guerra delle scienze Ecologie

sta creazione nel nome dei valori, non può essere acco- esige dunque che ne sosteniamo l’immanenza alla sto-
stata a una spiegazione di tipo scientifico, quando desi- ria, che ci interessiamo agli strumenti inventati e alle
gna gli esseri viventi non umani, come nel caso di un’in- istanze invocate, per dare fondamento a una ricerca di
terpretazione che ne faccia un puro e semplice risultato stabilità che trascenda la storia. E che questi strumenti
della selezione darwiniana. La nozione di “valore” come e queste istanze sono a loro volta costruzioni che ven-
la utilizzo in questo caso, e come Félix Guattari la adope- gono ad aggiungersi alle prime. Ma l’ambizione
ra in Caosmosi, apre al contrario la questione di ciò che costruttivista non esige affatto che ci abbandoniamo al
presupponiamo ogni volta che mettiamo in scena la ritornello monotono “tutto non è che costruzione”,
selezione in quanto spiegazione. La prospettiva “creazio- come se si trattasse di una verità incontrovertibile. La
nista” celebra l’esistenza di un certo tipo di essere viven- sola, apparentemente, che sfugge alla relatività e che
te, ponendo la domanda specifica di cosa conta nella proclama e autorizza, da quel momento, una generaliz-
sua modalità di vita, la produzione di esistenza di tutto zata e ironica operazione parassita di tutte le altre. Se il
ciò la cui esistenza implica una “scommessa”, un rischio, costruttivismo non ha, stando ai suoi criteri, altre verità
la creazione di un punto di vista su ciò che, da quel se non quelle degli effetti che produce, allora non ha
momento, diventa un ambiente.15 in se stesso il potere di giustificare nessuna derisione,
Si può mettere la creazione dei fatticci sotto il segno anche discreta, dell’evento che costituisce la stabilizza-
dell’inter-presa? Sí, certamente, nel senso in cui c’è in zione di una pratica, di un sapere o di uno stile. In
questo caso, proprio la co-invenzione di un essere e di maniera analoga, l’ecologia ci ha abituato a ritenere
quelli di cui ha soddisfatto le esigenze: il neutrino esi- che nessuna specie si può dire “adattata”, indipenden-
ste per i fisici e, in un’altra modalità, i fisici esistono demente da una scommessa riuscita quanto alle rela-
per il neutrino. Il vantaggio dell’inter-presa è di invita- zioni che può intrattenere con altre specie e con il loro
48 re a considerare questo “per” in senso forte, nel senso comune ambiente. I biologi di terreno hanno dovuto 49
di una de-costruzione dell’identità, e non nel senso rinunciare a produrre definizioni generali, che trascen-
debole, che potrebbe ridurlo a semplice convenzione. dono le situazioni. Ma il loro interesse per il “successo”
A questa distinzione tra senso forte e senso debole pos- che l’aggettivo “adattato” designa, la loro disponibilità
sono corrispondere due termini, “costruttivista” e a celebrare la singolare disposizione che ogni invenzio-
“relativista”. Attualmente, i rispettivi usi di questi due ne di stabilità realizza, non ne sono stati scalfiti. Anzi,
termini vanno ancora fissati. Ho scelto di utilizzare il al contrario, la loro pratica ne è risultata piú specifica
termine relativista per definire la posizione riduzioni- dal momento che si è acuita la loro sensibilità alle dif-
sta (il neutrino esisterebbe solo per il fisico), e il termi- ferenti modalità di stabilizzazione ecologica.
ne “costruttivista” per definire quella che afferma l’e- Il riferimento all’inter-presa possiede, tra l’altro, il van-
vento, la doppia creazione correlata di un fatticcio e taggio di resistere alla tentazione di confondere le idee
del suo costruttore. Un argomento a favore di questa e le pratiche. Confusione molto frequente si prenda
scelta, piuttosto arbitraria, è quello secondo cui, stori- per esempio la nozione di “paradigma” di Thomas
camente l’enunciato, a cui i nostri giudizi sono relativi, Kuhn, la cui originalità consisteva nell’esporre come i
ha corrisposto sempre a una prospettiva critica, dal membri di una disciplina scientifica imparano a ricono-
momento che il termine costruttivista implica, in alcu- scere e a trattare i problemi. La questione del trattamen-
ni casi, una prospettiva affermativa e rischiosa.16 to è stata spesso e volentieri dimenticata; assimilandola
Nell’accezione che le conferisco, l’ambizione costrutti- a una nozione molto tradizionale di “visione del
vista esige che nessun nostro sapere, nessuna convin- mondo”, con il suo correlato, anch’esso tradizionale, di
zione e nessuna nostra verità, può riuscire a trascende- un mondo muto, che si lascia tranquillamente decifrare
re la condizione di “costruzione”. Quest’ambizione e interpretare secondo le idee guida del momento.17 Il
La guerra delle scienze Ecologie

contrasto tra la pratica e l’idea è cruciale in quanto si all’ecologia delle pratiche dalle pratiche “moderne”,
oppone all’organizzazione gerarchica per cui l’idea, segnate dall’eredità platonica, creatrici di esseri che
concepita sul modello della visione, precede, ispira e devono la loro esistenza al fatto di aver superato le
determina la pratica, definita di conseguenza come prove secondo cui esse non sono semplici finzioni,
applicazione, semplice messa in opera. L’idea cosí con- dipendenti dal loro autore. Persino i pedagoghi arre-
cepita è per definizione senza limiti, suscettibile di trano, meno male, di fronte al compito di istituire, per
estendersi gratuitamente, libera rispetto alle costrizioni i genitori, un metodo razionale di “apprendimento”
meschine delle sue “applicazioni” particolari. Incontra della lingua comunque definita materna. Inoltre, i
solo la resistenza delle altre idee, a essa antagoniste. La grandi dispositivi tecnici, come la metropolitana, sono
sua vocazione è regnare e la sua unica necessità elimi- concepiti per accogliere indistintamente i membri del-
nare ciò che ostacola il suo regno. Il tema dell’“ecologia l’Unione razionalista e gli adoratori di Gaia, anche se
delle idee” ha inoltre il difetto di assumere come attori, quelli che sanno leggere una parola o una mappa ne
esseri che bastano a se stessi e ai quali il mondo non fa sono facilitati. La nozione di inter-presa, che va bene
correre alcun rischio. Ciò si spiega in quanto questo per gli utenti della metropolitana cosí come per i fab-
tema conduce alla solita attesa di una conversione. bricatori di fatticci, deve quindi ricevere le qualifiche
Come per miracolo, le idee diverranno reciprocamente necessarie a rompere questa equivalenza.
“tolleranti”, in grado di coesistere in modo angelico, di
ammettere con distacco che in definitiva non sono che
“idee”. L’ecologia delle pratiche deve affermare invece
la differenza tra pratica e idea: come gli esseri viventi, le
pratiche, non possono riferirsi a un mondo muto, doci-
50 le supporto di convenzioni e interpretazioni. La loro 1 Si rimanda in questo caso al grande comunicazione” per non aver voluto 51
testo di Jacques Derrida, La pharmacie fondare la validità universale del proprio
modalità d’esistenza è relazionale e vincolata; non è né de Platon in La Dissémination, Seuil, impegno politico. Semplice campione.
allucinatoria, né visionaria. Le trasformazioni di queste Paris 1972, pp. 74-197 (trad. it. La far- La debolezza di questa serie è data dalla
pratiche non rimandano a una piú generale istanza di macia di Platone, Jaca Book, Milano monotonia dell’accusa e della prospetti-
1985), senza tuttavia accettare la pro- va cui tende: a ogni autore veniva inti-
cui rappresenterebbero una traduzione locale, ma a un spettiva che vi viene proposta, secondo mato di fornire un rendiconto ogni volta
qui e ora che esse fabbricano e che le rende possibili. la quale la molteplicità dei pharmaka che si era assunto il rischio di creare. Per
viene sottilmente indirizzata verso la contro, questa serie illustra con effica-
Tuttavia, la nozione di inter-presa è troppo vasta per questione maestra della scrittura. cia la differenza tra “maggioranza” e
cogliere la specificità dei fatticci. In effetti non le sfug- 2 Tobie Nathan, L’influence qui guérit, “minoranza” postulata da Deleuze e
ge quanto può inscriversi in una storia, e che fa storia, Éditions Odile Jacob, Paris 1994, p. 29. Guattari. La maggioranza, in questo
3 Serie disparata, visto che ritrova la pro- caso, può fare appello al buon senso
indipendentemente dalla dimensione di questa stessa pria unità nella funzione di "scaccia- collettivo agendo come una vera e pro-
storia. Si presta, per esempio, a una storicizzazione cor- chiodo" assegnata ai propri componenti: pria “forza di richiamo” nella storia della
vi si può trovare David Hume, la cui cri- filosofia. Forza di richiamo (antagonista)
relata da un lato a un saper-fare o una competenza, tica del concetto di causalità risvegliò intesa nell’accezione fisico-meccanica,
dall’altro a un artefatto o strumento. A partire dal lin- certamente Kant dal suo “sonno dog- quando riporta la molla tesa verso la
guaggio, dal suo piú elementare atto, inter-presa del matico” per metterla però alla ricerca di posizione d’equilibrio e nell’accezione
un fondamento in grado di far dimenti- rammemorativa, quando ripete la scena
suono emesso da “me” e della parola che “io” non sono care l’“abitudine” humiana. E Henri primitiva dell’esclusione dei sofisti.
l’unico a sentire di aver detto, fino all’insieme delle Bergson accusato di avere ridotto la 4 Vedi Léon Chertok, L’Énigme de la rela-
libertà umana a quella di una mela. tion au cœur de la médecine, testi rac-
tecnologie dell'intelligenza.18 Ora, la questione qui Cosí, i pragmatisti americani dell’inizio colti e introdotti da Isabelle Stengers,
non è quella dell’ecologia delle pratiche in generale del secolo, ricevevano l’accusa di non Delagrange/Synthélabo, coll. “Les
(in che misura, per esempio, la lettura ha modificato le trovare ai valori altra giustificazione se Empêcheurs de penser en rond”, Le
non un calcolo utilitaristico. Nella stessa Plessis-Robinson, Paris 1992.
pratiche orali, o in che misura il computer modifica la serie possiamo trovare Michel Foucault, 5 Vedi Tobie Nathan e Isabelle Stengers,
pratica dello scritto) ma quella del problema posto criticato dagli attuali “filosofi della Médecins et sorciers, Synthélabo, coll.
La guerra delle scienze Costrizioni

“Les Empêcheurs de penser en rond”, mente niente a che vedere l’uno con
Le Plessis-Robinson 1996 (trad. it. l’altro”. Il concetto di doppia presa è di
Medici e stregoni, Bollati Boringhieri, portata piú ampia di quello, che utilizzo,
Torino 1996). di “inter-presa”. Pone tutta la relazione
6 L’invention des sciences modernes cit., sotto il segno dell’evento e quindi risul-
p. 102. ta pertinente, per esempio, per descrive-
7 In Pour en finir avec les mentalités (La re ciò che avviene nell’“intervista” tra
Découverte, Paris 1993; trad. it. Sma- Deleuze-Parnet, e in tutti i casi in cui vi
scherare le mentalità, Laterza, Roma- sia la tentazione di parlare di “scambio”.
Bari 1991), Geoffrey Lloyd dimostra l’ir- L’inter-presa designa, invece, una dop-
reversibilità pratica creata dall’enuncia- pia presa creatrice di un rapporto dota-
zione di una categoria esplicita, come to di una certa stabilità. È pertinente
quella che per noi caratterizza la magia quando le “nozze” producono, com’è il
o il metaforico, o il pharmakon: “La caso della vespa e dell’orchidea – ma
questione, dunque, di come gli attori non sempre in una intervista – degli
percepiscono la propria attività, o le eredi identificabili; a cui possiamo
convenzioni nelle quali essa si inserisce distribuire, o si distribuiranno tra loro,
o dalle quali devia, le tradizioni che la gli attributi che spiegano la relazione e
sanzionano o meno, è preliminare e giustificano la sua stabilità.
indipendente dalla questione dell'esi- 12 In compenso, lo specialista di bruchi che
stenza di una categoria del magico. Ma, impara a riconoscerli nonostante il loro
una volta che esiste, tale categoria non “travestimento” integra nella costituzione
può non cambiare la percezione (…) della sua identità professionale la realiz-
perché la categoria permetteva di pro- zazione di questa elaborata capacità per-
porre la sfida, di giustificare l'attività e cettiva. Quanto ai bruchi, essi subiscono
l'attività non poteva piú rimanere, o lo le conseguenze di questa capacità di
poteva meno facilmente, qualcosa di avvistamento: lo specialista esiste “per” i
indiscusso, invisibile – indistinto – sullo bruchi, afferma la loro esistenza attraver-
sfondo delle tradizioni a cui appartene- so la sua, ma non l’inverso.
va.” (p. 113, trad. it. p. 84). 13 Utilizzo in questo caso il termine “scien-
52 8 Probabilmente converrebbe parlare di za di terreno” nell’accezione proposta ne In quale modo definire una nozione trasversale come 53
“eco-etologia” per distinguere l’ecolo- L’Invention des sciences cit., pp. 164-165,
gia di cui parlo dall’ecologia “sistemica” nella quale la terra permette allo scien-
quella di inter-presa senza farle perdere ciò che la rende
o “economica”, dove regnano le “gran- ziato di fare economia della domanda a preziosa: lo spostamento dell’attenzione e dei problemi
di” relazioni funzionali e i bilanci. Ma lui rivolta, “che cosa mi serve?” domanda in gioco? Se le problematiche filosofiche classiche, come
vorrebbe dire accettare come fondata che deve, al contrario, essere anticipata
una distinzione che non c’è motivo di e assunta da tutti quelli che studiano le soggetto e oggetto, o dottrina e metodo, sono sempre in
mantenere: l’economia dei sistemi e dei “situazioni umane”. comunicazione con questioni di diritto, di legittimità, e
bilanci non merita questo onore. 14 Félix Guattari, Chaosmose, Galilée, Paris
9 “Bats Sow Seed of Rainforest Recovery”, 1992, citazioni pp. 47 e 33 (trad. it. Cao-
dunque anche col potere di discredito, la nozione di
New Scientist, n. 1930, 18 giugno 1994. smosi, Costa & Nolan, Genova 1992). inter-presa mette l’accento sull’evento, su un qualcosa
10 Vedere a riguardo Bruno Latour, 15 Si ricorda qui, senza risalire a riferimen- che “va”, che appartiene al registro della creazione. I cri-
Moderniser ou écologiser? A la recher- ti filosofici piú pesanti (Nietzsche, Whi-
che de la ‘septième cité’ in “Écologie tehead), la distinzione popperiana tra il teri che permettono di precisare “ciò che” va o non va, e
politique”, n. 13, 1995, pp. 5-27. primo mondo, nel quale non abbiamo che cosa dovrebbe e cosa non dovrebbe andare, a quali
11 Deleuze e Guattari hanno introdotto il bisogno, sino a ora e forse mai, di rico-
concetto di “doppia presa”, la cui imma- noscere la relazione tra rischio ed esi-
interessi o problemi risponde l’intra-presa: tutto ciò non
gine tipo, la vespa e l’orchidea, rinvia stenza, e il secondo mondo dove questa viene prima dell’evento stesso. Si tratta dunque di defi-
anch’essa al campo dell’evoluzione. Nei distinzione s’impone. nire il “ciò che va o non va” senza fargli perdere questo
suoi Dialogues con Claire Parnet (Flam- 16 Vedi Che cos’è la filosofia?, ma anche
marion, Paris 1977, pp. 8-9; trad. it. L’Effet Whitehead, a cura di Isabelle carattere astratto, senza costituirlo come risposta a un
Conversazioni, Feltrinelli, Milano 1980), Stengers, Vrin, Paris 1994. problema che condizionerebbe, prima ancora di dare la
Deleuze conferisce tutta la sua portata 17 Vedi L’Invention des sciences cit., pp.
a questo concetto, che pone il divenire 59-63.
soluzione, i criteri ai quali deve rispondere la soluzione.
sotto il segno dell’evento: evoluzione a- 18 Vedi su questo punto Pierre Lévy, Les È verso il concetto di costrizione che ho intenzione di
parallela, nozze “contro natura” che Technologies de l’intelligence, La orientarmi, per costruire il paesaggio specifico all’inter-
uniscono due regni, ovvero, secondo l’e- Découverte, Paris 1990 (trad. it. Le tec-
tologo Rémy Chauvin che Deleuze cita, nologie dell'intelligenza, A-traverso no del quale l’inter-presa può porre la questione delle
“due esseri che non hanno assoluta- libri, Milano 1992). pratiche moderne. La nozione di costrizione non avrà
La guerra delle scienze Costrizioni

qui niente a che vedere, bisogna sottolinearlo, con un’idea fatti, l’economicità delle procedure ecc. In breve, in cosa,
di limitazione, di divieto o di imperativo esterno, con perché e come l’innovazione “va”. La nozione di costri-
qualcosa di subíto: è invece strettamente connessa con la zione permette allora di differenziare l’utente del metrò
creazione di valori a cui associo l’evento di intra-presa. e il fabbricante di “fatticci”, in senso moderno. Si può
“Costrizione” va intesa in senso astratto, distinto da “con- ridurre l’attività che consiste nel “prendere il metrò” a
dizione”. Contrariamente alle condizioni, che sono sem- un atto di routine, individuale, proprio perché il metrò
pre relative a un qualcosa di esistente, di già dato e che “va”. Anche la costruzione di ciò che noi chiamiamo
si tratta di spiegare, o di fondare o legittimare, la costri- metrò, che comprende la costruzione dell’identità del
zione non dà nessuna spiegazione, non fornisce alcun suo utilizzatore, corrisponde a una pratica eminente-
fondamento né legittimità. Una costrizione richiede sol- mente collettiva, che ha dovuto tener conto di costrizio-
tanto di essere soddisfatta, ma il modo in cui essa viene ni, di vincoli essenzialmente eterogenei, e che ha collega-
soddisfatta resta per definizione una questione aperta. to protagonisti assai diversi fra loro.
Una costrizione impone che se ne tenga conto, ma non Il concetto di costrizione richiede comunque di essere
ci dice in che modo. Riceve dunque il suo significato ulteriormente precisato, se mi deve permettere di porre
all’interno del processo stesso del venire all’esistenza, le domande che mi interessano effettivamente, sulla
consentendo all’occorrenza di farne a posteriori la condi- distinzione fra pratiche “scientifiche” e pratiche “tecni-
zione per spiegare qualcosa, piuttosto che qualcos’altro. co-industriali”. È evidente che scienze, tecniche e indu-
La nozione di costrizione è interessante perché consente stria sono collegate. L’intera “realtà” scientifica, che si
di fare intervenire il prefisso cum, “con”. Essa ci invita tratti del neutrino o di un fossile, è densa di tecnologia
dunque a collocare la questione dell’inter-presa all’inter- e i dispositivi tecnici rinviano a loro volta alla fitta rete
no di un paesaggio in cui ciò che deve essere soddisfatto delle industrie che li producono in serie e li mobilitano,
54 è dell’ordine dello “stare insieme ad altri”. Una delle assegnando loro di volta in volta nuovi ruoli, nuovi 55
grandi lezioni proveniente dalla scuola sociologica parigi- significati, nuova posta in gioco. Tuttavia, non è su que-
na delle reti consiste nel sottolineare l’importanza crucia- sto punto che si pone il problema di un’ecologia delle
le di una tale questione, quando si pone il problema del- pratiche, quanto sul fatto di sapere se sia opportuno o
l’innovazione nel campo delle scienze e delle tecniche.1 no distinguere ancora fra i due tipi di creazione (scien-
Seguire il modo in cui una nuova idea può “materializ- tifica o tecnica). E sicuramente, il modo in cui la que-
zarsi”, significa in primo luogo, e soprattutto, seguire le stione viene solitamente presentata, partendo cioè dal-
operazioni di reclutamento e d’alleanza che produrran- l’opposizione fra un sapere disinteressato, autonomo, e
no la vera e propria “materia” dell’innovazione, l’insieme un sapere finalizzato e circostanziale, depone a favore
eterogeneo di tutto ciò che viene messo in moto, modifi- dell’idea di abbandonare una opposizione del genere.2
cato e interessato da questa nuova idea. Si potrebbe dire Una conclusione plausibile, tuttavia quello che qui mi
che ciascuna di queste componenti “pone le proprie con- interessa non è la plausibilità ma quella discriminante
dizioni”, tuttavia la materializzazione è una vera e propria che è la capacità di resistere e la capacità di inventare.
storia. Il talento degli innovatori consiste nel trasformare Dire che il fossile umano e il neutrino possiedono un
le condizioni in costrizioni, vale a dire non nel sottomet- medesimo modo di esistenza scientifica è assai conte-
tersi a rapporti di forza già esistenti ma di rimetterne in stabile dal punto di vista di un’ecologia delle pratiche
gioco, parzialmente, le implicazioni. È dopo, e soltanto scientifiche, poiché la passione che consiste nel rico-
dopo, quando si stabilizzerà un nuovo insieme complessi- struire le nostre origini a partire da rari frammenti di
vo di rapporti – fra protagonisti umani, dispositivi tecnici, fossili ominidi ha ben poco a che vedere con la passio-
non umani ecc. – che si potranno identificare i bisogni ne di sottoporre il neutrino a esperimenti da cui
soddisfatti, la portata degli esperimenti, l’affidabilità dei dipende la sua esistenza scientifica, e invece ha molto
La guerra delle scienze Costrizioni

piú a che fare con questioni assai piú antiche della modificare, sfruttare, hanno potuto fare riferimento a
scienza darwiniana. Tuttavia le distinzioni, in questo questi nuovi geni? Il termine di “geno-genetica” segna-
caso, devono essere costruite, e appartengono all’avve- la una trasformazione che è al tempo stesso pratica e
nire.3 D’altro canto, annunciare che il fossile, il neutri- professionale, e la messa in racconto di tale trasforma-
no, il progetto “genoma umano” e lo sviluppo delle zione deve accentuare il contrasto per segnare la diffe-
tecniche di fecondazione artificiale concernono un renza, apparentemente insignificante ma cruciale, fra
solo e stesso tipo di impresa scientifica, equivale a una difficile storia e una logica inflessibile.
prendersi la responsabilità di ratificare il loro tratto “Come potremmo essere congelati dal freddo respiro
comune, che traduce la loro connivenza con il potere. delle scienze che invece sono calde e fragili, umane e
Poiché soltanto il potere può suggerire ciò che la demi- controverse, piene di reti pensanti e di soggetti anch’essi
stificazione critica ratifica, vale a dire che il neutrino e popolati da cose?”.5 In effetti come si fa ad avere paura
l’ovulo fecondato in provetta sono entrambi prodotti del “gene scientifico”, questo fatticcio cosí pieno di pas-
di una “tecnoscienza”. Il neutrino e l’ovulo fecondato sioni umane, cosí carico di fragili ambizioni e cosí ricco
non possiedono in nessun senso il medesimo modo di di prove a cui è stato sottoposto e che è riuscito a soddi-
esistenza in quanto, per il loro passaggio all’esistenza, sfare? Ma come non temere il gene neutro, alibi di mille
non sono stati sottoposti alle medesime prove. e piú imprese, indiscutibile in quanto libero di ridefinir-
Chiaramente il “funziona” tecnico-industriale e quello si in rapporto a situazioni che gli conferiscono mille e
scientifico non sono né disinteressati, né tanto meno piú identità pratiche e disponibile, poiché impone a
autonomi l’uno dall’altro. Ma non sono identici se si coloro che gli si riferiscono il solo obbligo di creare un
cerca di comprenderli dal punto di vista delle costrizio- tenue legame con la rete esistente? Come non lottare
ni che devono soddisfare per essere ammessi a “far sto- contro la confusione fra i diversi modi di “far esistere” i
56 ria” con noi, o per il modo in cui si definisce questo geni, che sicuramente li ha accompagnati sin dalle loro 57
“noi” con cui si tratta di “far storia”. Se i meccanismi origini speculative, ma che ha preso una nuova direzio-
scientifici e tecnico-industriale si presentano in tale ne dopo che, in un secondo momento, la genetica mole-
modo, se per esempio i biologi molecolari sono ora in colare ha liberato geni e biologi da alcune delle costri-
grado di annunciare che la genetica ha trovato una zioni che intervengono all’interno del loro “procedere”?
seconda vita diventando “geno-genetica”,4 questo non La messa in contrasto tra prove, che riguardano produ-
è la conferma di un divenire “tecnoscientifico” norma- zioni tecnico-industriali o produzioni scientifiche, non
le, ma l’annuncio di un problema che richiede atten- ha niente a che fare con una messa in gerarchia che
zione e suscita questioni molteplici. Che cosa è accadu- richiede, per le scienze, il rispetto di una libertà da
to ai geni propriamente “scientifici”? Non avranno rifiutare alle “applicazioni” vere e proprie. Si tratta, in
deluso le speranze dei biologi? In questo caso, se il altri termini, di una distinzione fra i diversi tipi di esi-
grande programma annunciato da Monod e Jacob stenza autonomi di fatticci costruiti a partire da diverse
ormai piú di vent’anni fa – si trattava di passare senza modalità; e la conseguenza di tale distinzione è che la
colpo ferire dai batteri ai topi – è andato incontro a differenza fra modi di fabbricazione diventa un ingre-
uno scacco, non è per caso in rapporto a tale scacco diente della maniera in cui si presentano questi fatticci,
che bisogna raccontare i cambiamenti avvenuti all’in- vale a dire del modo in cui essi sono presenti fra noi.
terno delle pratiche dei biologi molecolari? Come La maniera in cui le scienze e le “tecnoscienze” si pre-
sono “mutati” i geni, e come sono divenuti il soggetto sentano oggi non può essere giudicata né come veridi-
di una impresa che rivendica una parentela con l’inge- ca né come menzognera o ideologica, poiché non va
gneria? E in che modo si è organizzata la rete di tutti piú giudicata a partire da un’identità precostituita. Il
coloro che per guarire, per diagnosticare, prevenire, modo in cui le tecnoscienze si presentano fa parte
La guerra delle scienze Costrizioni

delle loro identità, come in ogni produzione di relazio- “città”, ciò che viene designato è leggibile in una atti-
ni. Identità che è l’obiettivo per eccellenza delle strate- vità individuale, ma ciò che viene letto “contrassegna”
gie di potere, che hanno bisogno di limare le differen- l’individuo in riferimento a un collettivo, lo rapporta a
ze per poter ridefinire le loro costrizioni, al servizio di quello che ho chiamato “tipo psicosociale”. E nei due
una logica insieme molteplice e unanime. Io, al contra- casi, l’iscrizione dell’individuale nel collettivo passa
rio, intendo porre in risalto queste differenze. attraverso il modo in cui l’individuo pone il problema
Su cosa portano le differenze da accentuare, cioè da por- di ciò che è legittimo pretendere e sperare. Attraverso
tare alla potenza dell’esplicito, per porre il problema di l’impegno che mi mostra il valore, la sua giustificazio-
cui tenere conto? Ho utilizzato fino a ora il termine “pra- ne, la sua, come dicono Boltanski e Thévenot, “gran-
tica” come se il suo significato fosse ovvio: pratica del fisi- dezza”, attraverso ciò che egli fa, e le costrizioni che
co, del medico, del tecnico ecc. Intendo ora attivare que- egli riconosce, che accetta o trasgredisce, e le soddisfa-
sto termine, poiché ciò che ci deve essere ben presente, zioni che questo individuo cerca di togliersi. Tuttavia il
non è né l’attività di un individuo, né il prodotto di tale mio progetto non è quello di una sociologia delle pra-
attività. Si tratta dell’ingrediente senza il quale né una tiche scientifiche e di coloro che le compiono, la cui
attività né un prodotto del genere esisterebbero come “grandezza” avrebbe per ingredienti la rottura con l’or-
tali. L’individuo non è, in questo contesto e per quello dine delle apparenze, dell’opinione o delle credenze.
che mi riguarda, isolabile, e il prodotto della sua attività, E non voglio distinguere le pratiche scientifiche da
non pone un problema alla comunità come se si trattasse quelle tecnico-industriali, le quali non hanno niente di
di un meteorite o di un fulmine a ciel sereno, provenienti specificatamente moderno, a mio senso, poiché queste
da chissà dove e che possono cadere ovunque. Innanzi pratiche accettano interamente che la finzione o l’opi-
tutto, l‘individuo di cui qui mi occupo non è caratterizza- nione siano ingredienti dei loro fatticci. Il mio è il pro-
58 to da una data psicologia, e nemmeno da gesti riconosci- getto di una sperimentazione a partire dalle possibilità 59
bili come isolati: bravo chi, dopo aver visto le immagini di trasformare questa “economia della grandezza
provenienti da un laboratorio di chimica, può affermare moderna”, di far esistere delle pratiche in grado di
trattarsi di un laboratorio universitario, piuttosto che di interessare e di giustificarsi secondo altri criteri.
uno industriale. Dunque, ciò che viene proposto come Come si presenta agli altri un moderno scienziato di
prodotto di questa attività utilizza come dimensioni costi- laboratorio? Che cosa significa l’espressione “Io sono
tutive, i criteri, gli imperativi, i modi di giudizio di cui ha un astronomo (un fisico, o un biologo molecolare, un
dovuto comunque farsi carico, e che hanno a che fare medico, uno psicanalista), io, signore (signora o signo-
non con la sua propria iniziativa, ma con il “collettivo pra- rina)”, se questa non è seguita da “… e non un astrolo-
tico” al quale appartiene. In altri termini, i vincoli, le go (filosofo, vitalista, ciarlatano, ipnotizzatore)”?
costrizioni considerate designano in specifico una pratica, Come far sí che possa un moderno ricercatore presen-
nel senso in cui essa non esisterebbe senza gli individui in tarsi, giustificare la sua pratica, che venga riconosciuto
essa coinvolti, né questi individui potrebbero essere rico- ciò in cui è impegnato, senza che questo impegno
nosciuti indipendentemente da questa stessa pratica, per- comprenda una squalifica? O ancora, come “far passa-
ché contribuiscono a trasformarla. Ciò che intendo sotto- re” attraverso un modo di presentazione e di giustifica-
lineare è dunque una differenza fra pratiche ed è, recipro- zione rivolto verso “l’esterno” e capace dunque di
camente, e a partire dai mezzi per farlo che ne cercherò rimettere in gioco l’ecologia delle relazioni fra prati-
l’identità ecologica e le possibilità di trasformazione. che, ciò che è già leggibile da “l’interno”, specie nelle
Possiamo accostare il problema della differenza fra le controversie in cui si discutono, si affrontano e si affer-
pratiche alla messa in scena delle “città” come propo- mano la portata, i diritti, i doveri di una data pratica?
sto da Boltanski e Thévenot.6 Nei due casi, pratica o Prendiamo subito un esempio che ci permette di mette-
La guerra delle scienze Costrizioni

re in scena le specifiche costrizioni che definiscono la Al modo della controversia, costitutivo del “fatto speri-
“grandezza” dei fatticci sperimentali. In L’invention des mentale”, corrisponde dunque l’esigenza, inscindibile,
sciences modernes, ero giunta grandiosamente a parlare di rivolta al fenomeno, di lasciarsi purificare e mettere in
un “nuovo uso della ragione”. Sostenevo che questo scena, e l’obbligo, per lo sperimentatore, di costruire
nuovo uso poteva essere caratterizzato dall’invenzione di una differenza fra due tipi di “artefatti”. In un primo
un nuovo tipo di “fatto” rispetto al fatto “neutro” ostina- senso, qualunque il fatto sperimentale è un artefatto,
tamente evocato dalle dottrine empiriste, che lo vogliono un fatto dell’arte, una invenzione umana. Ma lo speri-
“indipendente” dagli umani e, come tale, fondamento mentatore è nell’obbligo di non produrre artefatti in
sicuro per la costruzione di una conoscenza “obiettiva”. un secondo senso: quando cioè il fatto non dimostra
Ora, il contrasto tra fatto bruto, empirico, neutro, e nulla e che si sia provato che esso non è il prodotto di
fatto sperimentale, fabbricazione “fatticista” tanto carica un’operazione di purificazione, ma che è stato creato
di storie umane e capace, quindi, di fare la differenza fra dall’operazione stessa.
le interpretazioni che ne vengono proposte, può essere Questo primo esempio è al tempo stesso generico e spe-
visto in termine di obblighi. Un vero fatto “bruto”, indi- cifico. È generico riguardo a ciò che mette in scena: da
pendente da noi, come un terremoto o un albero che una parte il carattere astratto delle costrizioni specifi-
schiaccia un passante, non “obbliga”, in quanto tale, a che, “psico-sociali”, che definisco come esigenze e obbli-
nulla: esso è, per eccellenza, aperto a tutte le interpreta- ghi, e, d’altra parte, il legame fra soddisfacimento di
zioni, a tutte le creazioni di senso, compresa quella del queste costrizioni e la “grandezza”, il valore dell’evento
caso stoicamente accettato. Per contro, il “fatto speri- che celebra la creazione di ogni nuovo tipo di laborato-
mentale” traduce la singolarità della storia della sua fab- rio, di qualunque nuovo tipo di fatticcio sperimentale.
bricazione. Quest’ultima ha voluto renderlo in grado di Tuttavia l’esempio è anche specifico, in quanto un trat-
60 intervenire in un modo particolare: renderlo capace a to tipico della pratica sperimentale consiste nel fatto 61
“obbligare” coloro che praticano il campo di ricerca in che le esigenze siano orientate verso i fenomeni, laddo-
cui esso si situa. E colui che lo rappresenta e intende ve invece gli obblighi sono tutti in direzione dei colle-
parlare, o creare degli obblighi a nome suo, può farlo ghi e della controversia. In altri termini, il “fenomeno”,
solo a condizione di aver prima soddisfatto obblighi rigorosi dal momento che viene definito come materia di speri-
che decideranno del valore di ciò che egli propone. La prospet- mentazione, non è piú fonte di nessun tipo di obblighi,
tiva della controversia, alla quale si tratterà di resistere, è se non di quelli che gli sperimentatori sapranno creare
costitutiva del fatto e definisce come protagonisti legitti- facendolo parlare. Correlativamente, il divenire speri-
mi coloro che sono vincolati da quel dato fatto.7 mentatore di un essere umano non è legato a esigenze
Tuttavia, che un fatto risponda a questa vocazione, che specifiche. Sicuramente, la norma è rappresentata da
un fatticcio sperimentale possa essere fabbricato non un adeguato diploma di studi e dall’inserimento all’in-
può formularsi solamente in termini di obblighi. Biso- terno di un certo collettivo abilitato a quel dato tipo di
gna anche che siano soddisfatte date esigenze, riconduci- ricerche. Ma nulla, in linea di principio, esclude che un
bili questa volta al “mondo” a cui si indirizza tale pratica. autodidatta possa inventare un fatto sperimentale.
Il procedimento sperimentale esige che i fenomeni di Esigenza e obbligo hanno lo statuto di costrizioni astrat-
cui si occupa possano essere isolati e purificati, cioè te, la cui esistenza non si dimostra soddisfacendola in
messi in scena e resi capaci di conferire a chi li interroga modo determinato, ma piuttosto per il problema che
il potere di rappresentarli. In altri termini, questo proce- esse postulano, per la maniera in cui richiedono di esse-
dimento richiede la possibilità di trasformare un feno- re tenute in conto, anche attraverso l’imbroglio, o una
meno in “fatto sperimentale”, in testimone affidabile, capa- negoziazione piú o meno azzardata. Questo è stato l’er-
ce di fare la differenza fra coloro che lo interpretano. rore delle epistemologie normative, quello di aver cre-
La guerra delle scienze Costrizioni

duto che si potessero esplicitare, sotto forma di norme, D’altra parte, è chiaro che “esigenza” e “obbligo”, come
gli obblighi dello sperimentatore, come se la natura e i del resto indicano i loro rispettivi prefissi, disegnano una
limiti dell’autorità che il fenomeno conferisce non fosse- topologia. “Ex” implica l’indicazione di un “di fuori”, di
ro essi stessi oggetto di discussioni e di controversie. una relazione di esteriorità, laddove “ob” implica una
D’altra parte, l’errore dei relativisti contemporanei è forma di faccia a faccia. Si esige qualcosa da qualcosa, o
consistito nel negare, con la scusa dell’impossibilità di da qualcuno. Si è obbligati da, o si è in obbligo di, con la
conferire a un fenomeno un’identità stabile, la singola- forma della gratitudine di cui si serve, per esempio, la
rità della ricerca sperimentale, dovuta a esigenze e obbli- lingua portoghese.8 La topologia distingue dunque un
ghi irriducibili a generiche strategie argomentative. “di fuori” e un “di dentro” ma non ci si deve fidare trop-
Certo, è possibile mostrare che, in un dato episodio, po della sperimentazione per identificare troppo in fret-
uno scienziato abbia dimostrato la sua indifferenza alla ta il “di fuori”, o la “materia a rischio” che può soddisfa-
distinzione tra “fatto” e “artefatto”, o abbia, peccando di re o no le esigenze, con il campo dei fenomeni, e il “di
superbia, omesso l’ambiguità, e le molteplici e possibili dentro” con gli specialisti che lo interrogano. La porta-
interpretazioni della prova del fenomeno su cui egli si ta, le implicazioni e i problemi relativi a esigenze e obbli-
basava, contando, per esempio, sul suo prestigio, sulle ghi possono essere precisati, in relazione a ogni pratica,
virtú della sua retorica, o sulle sue alleanze con il potere. a partire dal modo in cui si definisce la “realtà”, o si
Tuttavia, quello che è, agli occhi dei relativisti, un esem- afferma il “valore”. In altri termini, le pratiche la cui
pio capace di illustrare la loro tesi, non è, agli occhi dei topologia è caratterizzata da esigenza e obbligo, sono
loro lettori che sono anche sperimentatori, una descri- definite in modo costruttivista: esse non sono sottomesse
zione lucida. Si tratta infatti di un atto di accusa che, se a nessuna trascendenza ma fanno esistere, attraverso i
accettato, equivale alla condanna dello scienziato in que- vincoli che le specificano, le non equivalenze che tali
62 stione. Gli artefatti non si equivalgono, e la grandezza del istanze trascendenti dovrebbero fondare. 63
laboratorio consiste nel far esistere questa non equivalenza. La distinzione tra esigenza e obbligo è cruciale per la
Esaminiamo ora il funzionamento di queste due costri- questione della giustificazione o del modo di presenta-
zioni, l’esigenza e l’obbligo, da un punto di vista meno zione di una pratica cosiddetta razionale. Il tema della
specifico o, meglio, separato dal caso specifico dell’inven- “razionalità” cambia in effetti di significato a seconda
zione sperimentale. Potremmo essere tentati di collegarli che faccia riferimento al registro dell’esigenza, in cui è il
a una coppia ben conosciuta, quella dei “diritti” e dei piú delle volte vettore di arroganza e di bassezze, o a
“doveri”, ma dobbiamo resistere a questa tentazione. I quello dell’obbligo, dove diventa sinonimo di rischio e
diritti e i doveri indicano in effetti una problematica di messa alla prova non per l’opinione comune, o per
caratterizzata dall’omogeneità e dalla reciprocità. Sono l’incompetente, ma per colui che sceglie di aderire a
gli umani, soggetti della ragion pratica kantiana, che tro- una data pratica. Mentre la nozione di esigenza, presa
vano un accordo attraverso il rispetto dei diritti di ciascu- isolatamente, apre la porta all’ironia relativista, quella di
no e attraverso il riconoscimento da parte di ciascuno dei obbligo permette di affermare l’abuso di potere del giu-
doveri verso se stessi e verso gli altri. In questo caso, non dizio relativista, riducendo ciò in cui lo scienziato speri-
abbiamo nessun evento, ma una istituzione che ottiene mentale è impegnato a una forma di pretesa corporativi-
l’adesione del cuore e della mente. Da parte loro esigen- sta, di credenza ingenua, oppure di menzogna che il
ze e obblighi non funzionano secondo il modo della reci- relativista-giustiziere avrebbe il compito di svelare. In ter-
procità, e, in quanto costrizioni, ciò che contribuiscono a mini costruttivisti, si dirà che la produzione di obblighi
far tenere insieme non è una comunità di gente onesta, appartiene al registro della creazione che deve essere
ma un collettivo eterogeneo di specialisti competenti, di valutata nella propria dimensione irriducibile; laddove
dispositivi, di argomenti e di “materia a rischio”. l’affermazione di esigenze pone il problema della possi-
La guerra delle scienze Costrizioni

bile stabilità di questa creazione, della sua portata, e del soddisfarlo, di deluderlo o di sembrargli inaccettabile.
significato che essa andrà a rivestire per altri. Le nozioni L’obbligo designa dunque il fatto che una data pratica
di esigenza e di obbligo permettono di tenere a distanza impone a colui che vi si impegna certi rischi, certe prove
la ratifica rispettosa delle pretese di razionalità, quanto che fanno esistere il valore della sua attività.
l’ironia relativista che le giudica; esse propongono di Le costrizioni che ho chiamato esigenza e obbligo
“constatare” ciò che è dell’ordine dell’evento e di svolge- non specificano dunque di per sé le pratiche scientifi-
re il “problema” che questo evento crea. che, o le pratiche moderne, ma l’esplicitazione di
Sicuramente le costrizioni che le esigenze e gli obblighi queste costrizioni può permettere, in compenso, di
costituiscono non rendono singolari in sé le pratiche specificare queste pratiche nella dimensione della
scientifiche, e nemmeno le pratiche che io chiamo loro creazione, facendo esistere al tempo stesso la
moderne. Possiamo caratterizzare la “grandezza” di crea- realtà, a cui si rivolgono, la materia a rischio e i valori
zioni tecnico-industriali in termini di esigenze e di obbli- che definiscono i loro rischi. Esse sono forse in grado
ghi. Si può essere tentati di estendere questo modo di di intendere la singolarità dell’invenzione delle prati-
caratterizzazione anche ai viventi. Ogni vivente rinvia che cosiddette moderne, senza partire dall’opposizio-
alla questione delle esigenze, dalle quali dipende la sua ne fra moderno e non moderno.9
sopravvivenza ma anche la sua attività, e che definiscono
il suo “ambiente”. Inoltre, ogni vivente fa esistere obbli-
ghi che qualificano ciò che noi chiamiamo il suo com-
portamento: tutti gli ambienti e tutti i comportamenti
non sono equivalenti dal punto di vista dei viventi, e in
1 Vedi La Science et ses réseaux. Gènese et ominidi non corrisponde al modo in cui
particolare non lo sono quelli che noi imponiamo ai circulation des faits scientifiques, a cura tale problema si pone presso i diversi
64 viventi, a cui ci indirizziamo in nome di un sapere che di Michel Callon, La Découverte, Paris popoli della terra. Come evitare di attri- 65
vogliamo ottenere. Preso in questo senso generale, il ter- 1989; e, naturalmente, Bruno Latour, La buire questa nuova “genealogia” in
Science en action, La Découverte, Paris quanto “piú vera” delle altre, a tutti gli
mine “esigenza” traduce la dimensione, al tempo stesso 1989, ma anche Aramis ou l’Amour des esseri umani, a cui pretende di riferirsi?
normativa e rischiosa, del modo in cui una data pratica, techniques, La Découverte, Paris 1992. Come può essere “presente” senza
2 Questa è la conclusione di Gérard Fou- imporre una dissociazione fra ciò che è
per come corrisponde a un “tipo psico-sociale”, o un rez in Alphabétisation scientifique et solo un racconto mitico, culturalmente
vivente, per la sua appartenenza a una specie, si rivolge a technique. Essai sur les finalités de l’en- rispettabile ma niente di piú, e il sapere
un ambiente, e definisce ciò che deve soddisfare l’am- seignement des sciences, De Bœck Uni- scientifico obiettivo? Noi non lo sappia-
versité, Bruxelles 1994. Tuttavia la mo ed è per questo che l’ecologia delle
biente a cui si rivolge. Un medico si rivolgerà tanto a un discussione che porta a tale conclusio- pratiche appartiene oggi alla specula-
corpo malato che a una società, e a tutta una serie di isti- ne solleva problemi molto interessanti. zione scientifica. È vero, la controversia
Si può, per esempio, domandarsi se non creazionista negli Stati Uniti potrebbe
tuzioni da cui egli esige che rendano possibile la cura è per caso all’interno di insegnamenti condurre taluni a denunciare il pericolo
che egli dedica al corpo malato. L’esigenza indica dun- “tecnologici” che i “risultati” astratti di un tale ragionamento. Non è che io
que un insieme di modi di relazione intricati; tuttavia, il delle scienze (le “leggi” della fisica o finisco per offrire degli argomenti a
della chimica, separate dalle loro sto- questa causa, e ad altre che certamente
punto importante che traduce il legame con la questio- rie) acquistano senso: in effetti, in un si presenteranno in futuro? Bisogna
ne della “grandezza”, è che essa coincide sempre con un contesto del genere, le leggi interven- guardarsi però dall’apparente trasparen-
gono proprio come “costrizioni”, come za del “caso” creazionista americano,
principio di non equivalenza, che porta su quello che ostacolo da aggirare o come elemento della facilità di identificare i “buoni” e i
abbiamo definito come “esterno” o “ambiente”. Il termi- di soluzione, in altri termini trovano un “cattivi”. Se i creazionisti americani sono
ne “obbligo” traduce anch’esso un principio di non significato e un interesse sganciati dal inquietanti è innanzi tutto perché si
loro modo di produzione scientifica, e pongono come rappresentanti di un’au-
equivalenza, che poggia però sui “comportamenti tipici” ridefiniti da altre connessioni. torità che oppongono a quella delle
o sui modi di procedere di colui che si occupa di date 3 Per inciso è necessario ricordare che non scienze, e di cui abbiamo tutte le ragio-
sono certo i biologi ad avere inventato il ni di temere gli effetti. La grande forza
pratiche, sulla differenza fra ciò che, all’interno della problema degli “antenati”, e che l’idea della modernità consiste proprio nel
propria pratica e di quella dei colleghi, è suscettibile di che i nostri “veri” antenati furono degli suscitare opposizioni caricaturali,
La guerra delle scienze Presentazioni

mostruose, insopportabili, di fronte alle matematiche e potere non è stata una


quali non è possibile alcuna esitazione. invenzione capitalista; geometria,
D’altra parte, dopo il giudizio della Corte astronomia e aritmetica sono sempre
Suprema che ha stabilito che il creazio- state parte importante della gestione
nismo è un’idea religiosa e non una pro- materiale degli imperi. Dopotutto, le
posta scientifica, i conflitti hanno conti- matematiche non intrattengono con le
nuato a prodursi localmente e non sono scienze moderne lo stesso rapporto
senza interesse: i creazionisti intendono polemico che queste ultime hanno fra
d’ora in avanti obbligare gli insegnanti a di loro. Se si trattasse di porle in una
discutere la teoria dell’evoluzione, a gerarchia, il loro posto sarebbe in cima
esplicitarne le eventuali debolezze, a a questa gerarchia, ma un tale posto
mettere in scena delle possibili alterna- nasconderebbe la loro singolare mobi-
tive senza squalificarle a priori. È chiaro lità: il divenire-matematica può, nel
che non si può tacere dell’azione dei bene e nel male, coinvolgere qualunque
comitati di genitori e di altri gruppi di scienza, senza creare, per questo, un
pressione. Tuttavia resta il fatto che una rapporto di dipendenza, per quanto,
tale soluzione di ripiego, con le agita- ovunque si trasferisca, e sorgano dei
zioni e problemi che ha suscitato, è un rapporti, la ragione matematica ordina,
sintomo: ci sono voluti collettivi del comanda e pronuncia la sua legge (si
genere, capaci di opporre una resistenza veda Michel Serres, Les Origines de la
organizzata, tenace e fanatica a date géométrie, Flammarion, Paris 1993;
conoscenze scientifiche per far sí che la trad. it. Le origini della geometria, Fel-
trasmissione scolastica di queste cono- trinelli, Milano 1994).
scenze riconoscesse loro un modo di Mi limito qui a sottolineare che le
esistenza, rischioso, selettivo, interes- nozioni di obbligo e di esigenza posso-
sante, cioè, effettivamente, il loro carat- no aiutare a cogliere la singolarità
tere scientifico. delle matematiche. È forse la pratica in
4 Vedi François Gros, Les Secrets du cui queste nozioni si impongono con
gène, Èditions Odile Jacob, Paris 1986 piú evidenza. Gli enti matematici non
(trad. it. I segreti del gene, Mondadori, esistono che per il fatto di soddisfare
66 Milano 1988). una esigenza che esplicita la loro defi- Non bisogna assolutamente confondere l’ecologia 67
5 Bruno Latour, Nous n’avons jamais été nizione: quest’ultima deve resistere a
modernes, La Découverte, Paris 1993, p. tutte le prove, conservarsi in tutte le
delle pratiche, per come tento di farla, con la pratica
156 (trad. it. Non siamo mai stati moder- applicazioni. Correlativamente, la sua del giardinaggio. Il giardiniere è libero di selezionare
ni, Eleuthera, Milano 1995, p. 140). definizione obbliga il matematico, lo le piante, di disporle nel modo che desidera, di tagliar-
6 Luc Boltanski e Laurent Thévenot, De la vincola alle piú pericolose invenzioni,
justification. Les économies de la gran- lo obbliga ad affrontare ciò che altri le a piacere, e di cercare di sradicare quelle che consi-
deur, Gallimard, Paris 1991 (gli autori giudicherebbero impensabile. È sicura- dera erbe infestanti. Ha il potere di giudizio e di scelta.
utilizzano il termine “cités”, N.d.T.). mente possibile che l’obbligo di aver
7 L’invention des sciences cit., p. 103. introdotto i numeri irrazionali non
Non si tratta, nemmeno, all’estremo opposto, di creare
8 Devo questa osservazione a Bernadette abbia provocato tra i discepoli di Pita- il “vivaio” ideale dove le differenti specie sono lasciate
Bensaude-Vincent e, riguardo a questo gora il panico di cui si racconta, tutta- in linea di principio a se stesse, con alcune che scom-
come ad altri casi, le sono grata. via questo mito piace ai matematici.
9 Le matematiche sono una pratica Forse nelle matematiche, esigenza e paiono, altre che proliferano e altre ancora che soprav-
moderna? Questione apparentemente obbligo sono letteralmente e insepara- vivono. Effettivamente, le pratiche del giardiniere che
assurda, se si ricorda il ruolo che gioca- bilmente costitutivi di ciò che esiste, e
no le matematiche all’interno dei nostri qualunque definizione impone di esse-
seleziona o del creatore di vivai che osserva non hanno
saperi moderni, come le loro evidenti re portata sino alle ultime e piú scan- molta pertinenza con una ecologia delle pratiche, delle
connivenze con il potere. Ciononostan- dalose conseguenze, e ciò fa la singo- esigenze e degli obblighi che la caratterizzano. In effet-
te, le nozioni di esigenza e di obbligo ci larità di tale pratica in rapporto a quel-
conducono a porre numerose obiezioni. le che chiamiamo moderne. Queste ti, il potere di scelta, cosí come l’astenersi da qualun-
In primo luogo, e nel quadro della ultime devono inventare, all’interno di que intervento, presuppongono una differenza radica-
messa in scena che qui propongo, le ambiti già abitati da altre, i mezzi per
matematiche non sono le eredi del creare la differenza fra enunciato affi-
le di temporalità, vale a dire la separazione fra il tempo
gesto platonico di esclusione compiuto dabile e semplice opinione, cioè i mezzi del progetto umano e quello che caratterizza i modi di
dai sofisti: Platone invoca proprio l’e- per “escludere i sofisti”, laddove il relazione con il loro ambiente da parte degli esseri che
sempio delle matematiche per porre in matematico fa esistere degli spazi con-
essere una realtà non relativa all’opi- cettuali che nessuno può abitare se vi hanno a che fare. L’ingegneria genetica, che sogna
nione. In seguito, la connivenza fra non accettandone le costrizioni. di scavalcare tale differenza, cioè di sottomettere gli
La guerra delle scienze Presentazioni

esseri viventi al tempo del progetto umano, è proprio be a tale creazione consiste nel far sí che, senza ricorso
l’opposto di una ecologia. Al contrario di un giardino a una qualunque trascendenza, e all’interno dello stes-
o di un vivaio, il campo dell’ecologia delle pratiche si so lavoro di descrizione delle pratiche, in quanto
definisce, innanzi tutto, per il fatto che il modo in cui “effetto-artefatto”, si trovino una posta in gioco e un
queste pratiche si presentano, si giustificano, definisco- problema da scoprire nello stesso momento in cui ven-
no le loro esigenze e i loro obblighi, e la maniera in cui gono prodotti, e che risulteranno, una volta generati, a
sono descritte, in cui possono interessare, di cui devo- essere già là, da sempre.
no rendere conto ad altri, sono tutte interdipendenti e Questa posta in gioco e questo problema, l’ho sottoli-
appartengono alla stessa temporalità. Dunque, qualun- neato sin dall’inizio, portano il nome di “coerenza”. Mi
que argomento, critico o di denuncia, giustificatorio o spetta ora provare di “mostrare”, non di “dimostrare”, la
di sollecitazione, è un modo di intervenire che viene ad possibilità, per una pratica, di affermare l’esistenza, la
aggiungersi all’insieme intricato delle maniere in cui i legittimità, l’interesse di altre pratiche con esigenze e
diversi protagonisti già si rapportano gli uni con gli obblighi divergenti. Questa posta in gioco, questo pro-
altri. Tuttavia, la possibilità di una ecologia delle prati- blema rispondono, ripeto, a una creazione di valore, e
che esige in piú la praticabilità di un intervento capace non possono essere ricondotti al solo riconoscimento di
di affermare esplicitamente l’evento di inter-presa. E un valore, e soprattutto non in nome della Pace o del
capace di tradurre e di far sí che sia presente ogni Bene. Possiamo qui ricordare il suggerimento di Gilles
punto di vista, riconosciuto come pertinente. L’ecolo- Deleuze secondo il quale l’Etica di Spinoza è una etolo-
gia delle pratiche ha allora bisogno di ciò che questo gia1 poiché “all’opposizione dei valori (Bene-Male), si
stesso testo esige dai suoi lettori: l’abbandono dell’op- sostituisce la differenza qualitativa dei modi di esistenza
posizione fra “descrizione fedele” e “finzione”, e anche (buono-malvagio)”.2 L’etologia, laddove si tratta di pra-
68 di quella fra “constatazione” e “valore”, a favore di un tiche umane, è sperimentazione produttiva, performati- 69
percorso apertamente costruttivista, capace di afferma- va, quanto ai modi di esistenza, alle maniere di incidere
re il possibile, vale a dire capace di resistere attivamen- e di essere coinvolti, di esigere e di essere obbligati. La
te al plausibile e al probabile, obiettivo di percorsi che sostituzione dei valori di giudizio con valori “etologici”
si vogliono invece neutrali. non deve essere difesa, ma praticata.
Non tutte le situazioni “ecologiche” si equivalgono. È però meglio non cedere alle lusinghe di una facile
Senza un enunciato del genere – che non risponde né libertà senza ostacoli. Tutti i tipi di pratiche, ivi com-
a un giudizio soggettivo, nel senso che noi “aggiunge- presa la mia, devono essere in grado di rendere conto
remmo” un valore a delle situazioni indifferenti al pro- non dei valori che fanno esistere e che le fanno esiste-
blema dei valori, né al progetto di un riscoperta de “il” re, ma della coerenza fra questi valori e i mezzi che
valore che sussumerebbe tutti gli altri – la sfida di una sono in gioco. I mezzi che io mi sono data, l’approc-
ecologia delle pratiche sarebbe vuota, semplice metafo- cio alle pratiche in termini di esigenza e di obbligo,
ra di comodo per un appello alla buona volontà gene- sono coerenti con il problema che voglio far esistere, e
rale. A questo enunciato corrisponde un problema di che voglio aggiungere ai problemi che già impegnano
creazione, e non di riconoscimento di un fondamento le nostre differenti pratiche? E cioè quello di uscire
che garantisca la differenza fra verità e illusione. Il dalla polemica generalizzata, che mette ciascuna pra-
fatto che nulla sia “naturale” nella natura, o “natural- tica in posizione di discredito e/o in pericolo di esse-
mente rispettabile” nella società, che tutto, dalle situa- re a sua volta screditata?
zioni ecologiche ai regimi socio-politici e ai valori Per porre tale problema, bisogna che da una parte la
morali, sia, in questo senso, “artefatto”, implica di crea- singolarità di una pratica possa essere descritta senza
re veramente un artefatto nuovo. L’obbligo che incom- che ne siano già predeterminati i rapporti con altre e,
La guerra delle scienze Presentazioni

in secondo luogo, che questi rapporti non siano campo che oggi chiamiamo filosofia è divenuto terra
descritti come indifferenti, soggetti a un’organizzazio- d’asilo per quelli che chiamerei dei “rifugiati politici”,
ne per cui noi saremmo liberi di decidere in nome di ricercatori che vi giungono per poter porre in modo
un comune ideale. L’accordo reciproco non si decide critico, riflessivo, storico o speculativo, delle domande
per decreto. Non è questione di “buona volontà” inter- collegate con un dato campo di sapere o di pratica, ma
disciplinare e neppure di distribuzione statica dei terri- che non possono porsi all’interno di quel dato campo.
tori di ciascuna pratica, e di regole di non ingerenza. Anche io ero, all’origine, una rifugiata di quel genere,
Da questo punto di vista , è evidente che i mezzi che mi ed è per sovrappiú e quasi per caso che ho potuto
sono data sono vulnerabili al piú prevedibile dei malin- anche fare l’esperienza a cui fanno appello i concetti
tesi: “esigenze” e “obblighi” potrebbero divenire filosofici, per cui “il concetto appartiene alla filosofia e
biglietti da visita per una qualunque pratica, o degli solo a essa”.4 Esperienza che non rispondeva diretta-
strumenti buoni per ogni situazione, e che permette- mente alle domande che mi avevano fatto lasciare la
rebbero di dare libero corso alla diffusa tentazione chimica, ma che le hanno come acuite e ha impedito
sociologizzante di schedare tutta la varietà di quel che di chiuderle troppo velocemente, accontentandosi di
ci sta di fronte. Esigenza e obbligo perderebbero allora soluzioni di tipo storico, epistemologico o critico. In
il carattere astratto di un problema – posso esigere?, breve, questa esperienza mi ha distolto dalla questione:
sono obbligato? – per diventare rivendicazione, o attri- cosa sono le pratiche scientifiche?, per impormi quella:
buzione di un punto di vista. cosa esse possono divenire?
Inoltre, si può porre la questione di sapere come queste Se la filosofia, per come ne ho fatto esperienza, possie-
nozioni – che si presentano come vettori di esplicitazio- de una singolarità, questa consiste in primo luogo nel
ne delle costrizioni con cui ciascuna pratica viene resa non valere piú niente quando la filosofia si riferisca a
70 singolare – situano colui o colei che vi fanno ricorso. Si ciò che fa esistere come se avesse il potere di confer- 71
tratta di concetti filosofici, nel senso in cui la filosofia marla, oppure nel caso in cui faccia riferimento a se
crea dei concetti non per riferirsi a uno stato di cose o a stessa come se avesse il potere di provare quello di cui
un vissuto, ma per “preparare un evento, che sorvoli crea il problema. In altri termini, se le scienze possono
ogni vissuto, ogni stato di cose”?3 Oppure sono compo- intrattenere, a loro rischio e pericolo, una relazione di
nenti del modo in cui una pratica sarebbe suscettibile di connivenza con il potere, questa relazione non riguar-
presentarsi, per il rischio che assume, e non del discredi- da la filosofia. È il rischio originario di tutti i problemi
to dell’altro con cui afferma i propri diritti? O ancora, filosofici, e in questo senso esiste certamente una affi-
queste nozioni non designano forse in modo privilegiato nità singolare fra filosofia e la questione del divenire.
la pratica delle scienze dette sociali, politiche, o umane, Ma il carattere primordiale di questo rischio non signi-
che riconoscono come primo obbligo quello di rivolger- fica affatto che la filosofia è la sola portatrice della
si agli altri in quanto capaci cioè di divenire, e non in questione del divenire, che sono le altre pratiche a
quanto si lasciano identificare e giudicare? porgliela. Ciò significa piuttosto che, soltanto quando
A tale questione non vi è risposta, e non può esserci, queste altre pratiche entrano in rapporti capaci di far
poiché essa presupporrebbe la possibilità di un giudi- esistere la prova della questione del divenire, la prati-
zio su ciò che può divenire un filosofo, un fisico, un ca filosofica può ritrovarsi come “una” fra le tante pra-
biologo, un medico. Tuttavia, bisogna sottolineare che tiche, e si aggiunge a esse senza la minima tentazione
tale impossibilità di principio si carica oggi di una diffi- di opporsi, di appropriarsi dei loro rischi, di giudicarle
coltà particolare. Ammettiamo, in quanto sono io a in funzione dei rapporti di connivenza col potere che
proporre tali nozioni, e sono, a quanto pare, filosofa, le caratterizzano. La prova del divenire crea la possibi-
che abbiano a che fare con la filosofia. Tuttavia il lità di una coesistenza di problemi distinti ma correlati
La guerra delle scienze Presentazioni

per come, riprendendo l’espressione di Deleuze e con quella di un altrove, l’esperienza di un qui che, per
Guattari,5 essi alludono gli uni agli altri. la sua stessa topologia, afferma l’esistenza di un altrove,
Le nozioni di esigenza e di obbligo sono certamente ma in modo da escludere qualsiasi nostalgia di cancella-
suscettibili di funzionare come concetti filosofici, ma re le differenze, di creare un’esperienza valida sempre e
non costituiscono ancora l’ecologia delle pratiche in dovunque.7 Vettori di questa esperienza, a cui punto,
maniera filosofica e non introducono una “riflessione possono essere le nozioni di esigenza e obbligo, in quan-
filosofica” all’interno dei campi che problematizzano. E to spostano le questioni derivanti dalle visioni del
se il loro uso può sembrare quasi delocalizzato, se non mondo e dai grandi dilemmi a carattere metafisico, che
identifica a priori né l’utilizzatore né il campo di utiliz- varrebbero per tutti e per ciascuno, scegliendo la singo-
zo, è probabilmente perché queste nozioni funzionano larità di ciò che “conta” qui, e non altrove. Ivi compresi i
soprattutto come operatori finalizzati a rendere percepi- “dettagli tecnici” che nessuno, se non gli specialisti di
bili – per come vanno predisposti in quanto pertinenti a quel dato campo, giudicherebbe degni di interesse ma
un campo pratico – le trasformazioni topologiche che che invece, per loro, fanno la differenza fra la “grandez-
segnano il passaggio da un campo all’altro, cioè le diffe- za” e lo scacco. La delocalizzazione, in questo caso, non
renze qualitative fra i rispettivi tipi di eventi, definibili in significa la possibilità di evitare ogni spaesamento, di
termini di esigenza soddisfatta o di obbligo compiuto. ritrovare dappertutto, dietro ogni aneddoto, le stesse
La possibilità di costruire delle nozioni “delocalizzate”, categorie che permettono il giudizio universale. Ma non
che garantiscano la capacità di andare ovunque come a significa nemmeno il “gusto dell’esotico”, la ricerca di
casa propria, ha da sempre affascinato gli eredi di Pla- emozioni forti di cui l’altrove è l’occasione. Essa implica
tone, e li ha da sempre resi vulnerabili alle seduzioni una cultura dello spaesamento che ha per pietra di para-
del potere, in quanto si propongono di far passare nei gone non l’apertura agli altri, quanto la capacità di “pre-
72 fatti l’universalità, a cui pretendono tali nozioni. Que- sentare se stessi”, condizione di ogni incontro civile. 73
sto passaggio non rappresenta forse la prova che il giu- Prendiamo la situazione in cui ho appreso la necessità
dizio ha raggiunto l’universalità, vale a dire che si è di questa “cultura dello spaesamento” come antidoto ai
sistemato nel punto fisso a partire dal quale le appa- giudizi che sopprimono ogni possibilità di incontro, la
renze locali, mutevoli e dunque ingannevoli, perdono situazione in cui si sono collegati per me il tema dell’e-
qualunque interesse se non aneddotico? L’esigenza del cologia delle pratiche e quelle costrizioni che ho chia-
poter trovare sempre il medesimo, qui o altrove, il mato di esigenza e obbligo. Ho cominciato a compren-
medesimo “uomo”, la medesima legge morale, le stesse dere ciò che poteva veramente significare “divenire filo-
ripartizioni fra verità e finzione, fra natura e cultura, sofico delle scienze” all’interno del Dipartimento di
sarebbe forse soltanto una mania innocente, se gli Chimica Fisica II dell’Università di Bruxelles, diretto da
enunciati che genera non avessero la pericolosa capa- Ilya Prigogine. Vi ho scoperto in primo luogo la neces-
cità di divenire delle parole d’ordine valide sempre, sità di far dimenticare ai ricercatori che là si trovavano,
disponibili a qualunque uso, e che migrano senza osta- il fatto che ero filosofa: etichetta del tutto esotica che
coli dalla ricerca filosofica del fondamento, all’affer- funzionava solo nel registro della battuta, o per questio-
mazione del diritto di far valere dovunque l’universale. ni “en abîme” che non erano pertinenti per nessuno.
Dalla meditazione del filosofo sulla libertà umana alla Dopo tutto, questo status mi conveniva, in quanto non
dichiarazione dell’uomo politico belga: “Noi ci oppo- sapevo nemmeno io gli obblighi di questa etichetta.
niamo a ogni forma di dipendenza psichica o fisica”, Tuttavia, ciò a cui ero obbligata, ho avuto modo di
contro ogni forma di legalizzazione della cannabis.6 comprenderlo durante l’incontro con Prigogine, la cui
Evidentemente abbiamo a che fare con tutt’altra forma posta in gioco era la vera grande opera, rispetto alla
di delocalizzazione: far coesistere l’esperienza di un qui quale l’esplorazione della fisica del non equilibrio, per
La guerra delle scienze Presentazioni

la quale egli stava per ricevere il premio Nobel, non era che annuncia al pubblico meravigliato che la differen-
che lo sviluppo preliminare. Si trattava di incorporare za fra passato e futuro è relativa soltanto al “carattere
in seno alle grandi leggi della fisica – quelle che auto- macroscopico delle nostre misurazioni”, spera di crea-
rizzano la “visione del mondo fisico” a cui, lo si è visto re in coloro che lo ascoltano qualcosa di molto diverso
con Max Planck, fa fede il fisico – una espressione della dal “soltanto macroscopico”.
differenza fra “prima” e “dopo”, ciò che i fisici chiama- “Bisogna veramente essere dei fisici”… O questa consi-
no la freccia del tempo. Questa impresa, di cui comin- derazione assumeva un accento ironico, e in tale caso un
ciavo a misurare l’ambizione, si presentava in modo incontro sarebbe stato impossibile, oppure essa segnala-
strano per un filosofo, ma era apparentemente ratifica- va che ero di fronte a un “altrove” e che il mio “qui” di
ta dalla maggior parte dei fisici, simpatizzanti o, piú filosofa mi permetteva di percepirne la singolarità. Alter-
spesso, ostili al percorso di Prigogine. Toccava proprio nativa che escludeva una terza possibilità: che io accet-
alla freccia del tempo di dimostrare, attraverso Prigogi- tassi la posizione del “grande pubblico stupefatto” che
ne, suo portavoce, che essa doveva essere presa in consi- dimentica ciò che sa e attribuisce al fisico il potere di
derazione in un mondo fisico il quale, fino ad allora, profeta, portavoce di una verità che non è tenuta affatto
sembrava poterla ignorare. I fisici potevano altrimenti a rendere conto delle pratiche che l’hanno prodotta.
continuare a insegnare al grande pubblico che la diffe- Una volta accettato il principio dell’incontro, esso mi
renza fra passato e futuro è solo una questione di pro- forniva la possibilità di precisare la mia posizione.8 Poi-
babilità, strettamente legate all’imperfezione delle ché la filosofia impone di non seguire i profeti, io dove-
nostre conoscenze: per l’essere che conoscesse il vo mantenere il mio “qui”, e resistere alla conversione
mondo nel modo ideale prescritto dalle leggi fisiche, che mi avrebbe fatto ammettere che la ricerca di Prigo-
tale differenza non avrebbe alcun senso. gine era valida per tutti, e che la questione del rapporto
74 Strana situazione. Anche la filosofa apprendista, che fra freccia del tempo e le leggi della fisica era una di 75
ero, sapeva abbastanza “trucchi” del mestiere per giudi- quelle “grandi questioni” che devono interessare in
care e magari ridere sotto i baffi. L’argomentazione linea di principio a tutti gli esseri umani. Resistenza a
per rivalsa: per mettere in trappola l’interlocutore quello che possiamo chiamare “scientismo”, che consi-
bastava ritorcere l’argomento dimostrando che ciò che dera le scienze come l’elemento di punta dell’umanità.
dice è contraddetto dal fatto stesso di dirlo. Voi che Ma scoprivo ugualmente che, per potermi interessare al
intendete persuaderci che la libertà non esiste, perché lavoro di Prigogine, cioè per poterlo rendere interes-
vi prendete la pena di farlo, a meno che voi non pen- sante in un modo non “scientista”, non dovevo com-
siate, malgrado tutto, che ci sia perlomeno la libertà di prenderne tanto le “esigenze”, quanto gli “obblighi”.
riconoscere la forza di un argomento? Nel nostro caso Le esigenze di Prigogine riguardavano quegli esseri fisi-
era sufficiente ricordare che le famose leggi fisiche che co-matematici che lui e i suoi collaboratori facevano esi-
affermano l’equivalenza fra il “prima” e il “dopo” sono stere. Ci voleva la competenza dello specialista per
state rese possibili – per non parlare della storia umana diventare capace non di seguire a posteriori, ma d’accom-
e delle attività pratiche dei fisici – attraverso operazioni pagnare il processo di composizione di questi esseri ai
di misura, e che invece qualunque strumento nega tale quali il fisico matematico si rivolge come se avessero una
equivalenza. In un modo o nell’altro, queste leggi esistenza autonoma, mettendone alla prova le proprietà
affermano dunque un mondo in cui sarebbe impossibi- per determinare se soddisfano o deludono le sue esigen-
le enunciarle. Bisogna veramente essere dei fisici per ze. Esigenze che, all’occorrenza, ne faranno degli abi-
attribuire loro un’autorità tale da pensare di negare in tanti rappresentativi del nuovo “mondo fisico”, quello
loro nome ciò che esse presuppongono, e che presup- che estenderebbe, in maniera coerente, il modo di intel-
pone ogni essere pensante e parlante. Tuttavia il fisico ligibilità associato alle leggi della fisica classica e della
La guerra delle scienze Presentazioni

fisica quantistica, pur affermando la differenza fra il ordine gerarchizzato, dominato dal riferimento a leggi
“prima” e “dopo” negata da queste stesse leggi. D’altro universali, di cui il nuovo fatticcio costituirebbe una
canto, proprio partendo dagli obblighi cui corrisponde- testimonianza particolare, e, secondo altri, al rispetto di
vano tali esperienze scientifiche, quindi ai sogni e alle obblighi generali, “neutri” e validi per qualunque situa-
paure, ai dubbi e alle speranze che suscitavano le loro zione, battezzati “metodologia”. Il “qui” dei rapporti fra
invenzioni, ho compreso da filosofa la singolarità di que- la fisica delle leggi e le creature della sperimentazione
sta pratica. E ho appreso quanto fossero poco importan- può far esistere un “altrove” in cui si celebrano le esi-
ti per il fisico gli obblighi della filosofia – i suoi sogni le genze e gli obblighi dell’invenzione sperimentale in
sue paure, i suoi dubbi e le sue speranze – e quanto inve- quanto tale; l’“altrove” di una storia in cui il laboratorio
ce gli importassero la scoperta degli agganci con la sua e la prova sperimentale starebbero sotto il segno di una
propria tradizione, il prolungarsi di un dialogo sempre continua creazione di nuovi esseri, e che trascende le
piú intimo con i suoi “progenitori”, Hamilton, Poincaré, pratiche che li hanno fatti esistere. Non è una visione
Boltzmann, Bohr o Einstein. I sogni del fisico non sono del mondo quella celebrata dal successo sperimentale,
alimentati dai rischi della filosofia9 ma da quelli dei valo- la riuscita differenziazione fra “fatto” e “artefatto” a cui
ri della sua tradizione. Non è che al fisico “manchi” la obbliga la prova. Si tratta invece della creazione di un
filosofia, ma tocca alla filosofia forgiare le parole e i rife- essere la cui autonomia è “specificata” attraverso le esi-
rimenti utili a “far passare” i suoi valori, senza confon- genze che hanno fatto pesare su di esso gli obblighi
derli con un impegno verso la verità una e nuda e in cui della prova, esigenze che esso ha soddisfatto. Che si fac-
tutti gli esseri umani dovrebbero riconoscersi. cia riferimento alla fisica “fenomenologica” – le cui
Ma la filosofa che si trovava là come rifugiata politica, leggi non designano la “natura” ma una realtà messa in
veniva, per giunta, da tutt’altro paesaggio di pratiche, scena in laboratorio – o alla chimica, o ancora alla
76 quello della chimica, paesaggio dominato dal contrasto microbiologia pasteuriana o alla biologia molecolare, 77
prevalente fra la invenzione sperimentale, e la sotto- possiamo dire che la sperimentazione pone il problema
missione a una gerarchia che riduce la chimica a una di una “inter-presa” il cui ideale invece è una presa uni-
forma particolare di applicazione delle leggi universali laterale. La creazione sperimentale che si è vista ricono-
della fisica.10 Dunque, una chimica ancora incompleta scere il titolo di semplice purificazione può, proprio
e un’apprendista filosofa hanno fatto esperienza di per il suo successo, pretendere di sparire, di ridursi a
questa “cultura dello spaesamento”, la quale è per me, una sua semplice disponibilità alla conoscenza di una
e d’ora in avanti, sinonimo di humour della verità.11 realtà, cosí come l’ossigeno preesisteva al metabolismo
Se la storia della pratica sperimentale non si fosse aerobico che ne ha effettuato la presa.12
intrecciata con quella delle “leggi di natura”, se la testi- Poco a poco ho dunque compreso che avrei fatto bene
monianza del primo vero “fatticcio” sperimentale, vale a a rivolgermi alla differenza fra i sogni e le paure, i
dire la biglia galileiana che rotola lungo il piano incli- dubbi e le speranze, fra l’obbligo adempiuto ed esigen-
nato, non avesse promesso l’unificazione del mondo za soddisfatta, per avvicinare quel che volevo incontra-
celeste e della natura terrestre, forse i valori della tradi- re. Dunque, cosa succede nel momento in cui la prati-
zione, alla quale Prigogine appartiene, non sarebbero ca scientifica si rivolge a problemi che essa non inventa
esistiti, e neppure la vera e propria passione metafisica poiché, in un modo o nell’altro, fa riferimento a ciò
di cui è testimone l’idea, continuamente ripetuta, di che già si presenta come “soluzione”, e a esseri per i
“legge di natura”. Può darsi che l’evento costitutivo quali non è appropriato lo statuto di “fatticci”, in quan-
della creazione di qualsiasi nuovo fatticcio sperimentale to non devono la loro relativa autonomia a delle prati-
sarebbe stato celebrato in quanto tale, anziché essere che umane? La questione pratica posta da tale autono-
“smembrato”: messo in relazione, secondo alcuni, a un mia dei viventi può essere formulata anche in termini
La guerra delle scienze Presentazioni

di obblighi, dato che lo scienziato non è piú obbligato Se l’ecologia delle pratiche ha per vocazione quella di
dalla sua sola invenzione e dai valori che essa fa esistere rendere presenti nella loro singolarità le esigenze e gli
“qui”, ma anche da un “altrove”, che sarà piú libero di obblighi di differenti pratiche produttrici di conoscen-
definire nei termini delle proprie esigenze. za, essa può anche porne il problema. È ciò che vorrei
E per far esistere questo “altrove”, all’interno della cul- mostrare ora a proposito del dispositivo inventato
tura contemporanea – dove si affrontano i fratelli nemi- dalla psicanalisi.
ci del “riduzionismo”, vale a dire l’estensione generaliz- Apparentemente, in psicanalisi, le esigenze sono orien-
zata delle stesse strategie esplicative, e dell’“olismo”, tate su colui che attua la pratica, l’analista, e sull’analisi
cioè l’innalzamento di barriere insuperabili a queste che l’ha reso capace di una relazione “analitica” con il
strategie – va costruito quel prezzo che la conoscenza fa paziente (o l’analizzante in senso lacaniano). Il solo stru-
pagare a coloro per cui essa potrebbe divenire centrale. mento di analisi, come si dice a partire da Freud, è l’a-
Non nel senso in cui la conoscenza sarebbe, per defini- scolto di colui che pratica, e questo ascolto spetta ai soli
zione, distruttrice o mutilatrice, ma per il fatto che lo analisti. Correlativamente, solo un vero analista è abilita-
scienziato ha come primo obbligo di non sognare situa- to ad autenticare la pratica di un altro analista. Nessuna
zioni create in laboratorio, con i mezzi forniti da un messa in questione da parte del “paziente” è ammissibile
ambiente artificiale appositamente creato per le esigen- o, piú precisamente, essa sarà recepita come sintomo,
ze della prova. Obbligo che non è una privazione, in materia di lavoro della cura. Sembra che gli analisti
quanto esalta la singolarità di un processo in cui la costituiscano un “altrove” radicale, una comunità chiusa.
conoscenza si fa “incontro” e “apprendimento”, perché Mentre nessuno si pone il problema che, per forza di
rivolta a un essere che presuppone e richiede un pro- cose, Galileo non si era formato in un laboratorio speri-
prio ambiente. Tentare di esplicitare tali requisiti signifi- mentale, il fatto che Freud, il primo degli analisti, era il
78 ca tentare di definire ciò che può essere richiesto all’es- solo a non essere mai stato analizzato, è invece oggetto 79
sere cui si rivolgono le domande, cioè le correlazioni e di infinite meditazioni da parte degli psicanalisti.
le prove, a cui viene sottoposto, e porre il problema di Si è spesso fatto valere, contro la psicanalisi, il fatto che
ciò che questo essere “fa” o “ha fatto”, di ciò che richie- essa non si sottopone agli obblighi della prova, che i
de o ha richiesto. È un altro tipo di desiderio di sapere, casi che riferisce non possono affatto valere come
non quello del creatore che fa esistere, ma quello del “testimoni affidabili” di categorie che invoca, per met-
ricercatore che, dopo aver definito il suo terreno – l’in- terle in scena. Nella misura in cui l’inconscio, i conflitti
sieme degli ingredienti che, in un modo o nell’altro, intrapsichici, le resistenze si presentano come fatticci,
hanno dovuto o potuto giocare un ruolo nella questio- capaci di legittimare la pratica dell’analisi, di confer-
ne – non aspetta che la questione si spieghi da sé, ma mare che le esigenze che gravano sull’analista sono le
deve ricostruirne l’intrigo: un certo intrigo, fra i tanti stesse che deve soddisfare chi tratta un problema di
che autorizza lo “stesso” terreno. sofferenza psichica, tali critiche sono legittime. E in
La differenza fra “qui” e “altrove” non è una opposizione questo caso, il carattere chiuso della comunità analitica
irriducibile, limite insormontabile o frontiera invalicabi- ne fa una vera e propria macchina da guerra, non una
le. “Di cosa è capace?” è una domanda che può abitare i pratica i cui obblighi stabiliscono il rischio e i valori
sogni dello sperimentatore come quelli del biologo ma, a che le sono propri.13 La psicanalisi, quando pretende
seconda dei casi, definisce ciò a cui si rivolge in modo del d’avere il potere della prova, definisce gli umani come
tutto diverso: a un essere che è tenuto a “obbedire”, cioè “obbligati” dalla sua pratica. Questa riguarderebbe
disponibile alla manipolazione che tradurrà la questione, assolutamente “chiunque”, poiché chiunque voglia cer-
oppure a un essere il cui modo di esistenza dipende dalla care la verità della sua sofferenza, anziché sfuggirle
maniera in cui esso ha già risposto. attraverso le “razionalizzazioni” multiple, prevalenti,
La guerra delle scienze Presentazioni

finita e conoscenze di precisione illimi- zione delle negoziazioni inter-città


qui come altrove, presso gli adepti non moderni dei tata, tendente verso l’infinito. Questo descritte in quel lavoro, contribuire
feticci, e tra i costruttori moderni di fatticci. L’analista argomento, che difende l’idea che ogni alla creazione di un nuovo genere di
descrizione fisica deve essere solida manuale del saper vivere: ci dovremo
o i suoi rappresentanti sarebbero allora in grado di giu- quanto all’approssimazione, consentiva presentare agli altri in un modo non
dicare chiunque, sensibile o no a tale obbligo, il quale di attribuire al caos dinamico il potere esotico o ironico – poiché siamo in
riconosca o no che non tutti i modi di rapportarsi alla di contestare la legittimità delle leggi tutto e per tutto cittadini di queste
classiche. Un tale argomento è divenu- città – ma umoristico – in quanto la
sua sofferenza e ai suoi sintomi si equivalgono. to secondario, o propedeutico ne La Fin singolarità delle “grandezze” che vi
“Che cosa volete da noi?” “Come ci definite, voi che des certitudes (Odile Jacob, Paris 1996; coltiviamo implica e fa appello alla
trad. it. La fine delle certezze, Bollati possibilità di altre culture.
pretendete di parlare a nostro nome?” Porre questioni Boringhieri, Torino 1997), e addirittura 12 L’analogia si fonda sul fatto che l’i-
del genere alla psicanalisi significa, come sempre nel- denunciato come insufficiente (p. 223), dentità chimica del gas ossigeno non
l’ecologia delle pratiche, produrre una proposizione argomento in sovrappiú, e dunque affi- sarebbe stata trasformata da tale
dabile, all’interno di un’argomentazio- presa. Ciò non vale per il regime delle
attiva, una proposizione che la impegna a compiere ne che dovrebbe essere puramente fisi- trasformazioni chimiche multiple
una selezione fra le sue pretese. Ciononostante, e ca. È che il caos dinamico ha autoriz- all’interno del quale vengono coin-
zato nel frattempo un altro modo di volte le molecole di ossigeno in
diversamente dalle proposizioni che si rivolgono a contestazione. seguito alla “messa a disposizione”
costruttori di saperi che devono, in un modo o nell’al- 10 Si veda, a proposito della chimica, e che le ha inventate come risorsa per
tro, creare una differenza fra finzione ed enunciati della sua singolarità contemporanea – gli esseri viventi.
una scienza che non ha piú un campo 13 Si veda Léon Chertok e Isabelle Sten-
scientifici, la questione porta proprio sulle pretese proprio, dal momento che la si ritrova gers, Le Coeur et la Raison, Payot, Paris
della psicanalisi di costituire una pratica “moderna” basata dappertutto – Bernadette Bensaude- 1989 (trad. it. Il cuore e la ragione: l’i-
Vincent, e Isabelle Stengers, Histoire pnosi come problema, da Lavoisier a
sulla creazione di questa differenza. La proposta ecolo- de la chimie, la Découverte, Paris 1993. Lacan, Feltrinelli, Milano 1991), e Isa-
gica, in questo caso, coinvolge direttamente la questio- 11 Non so in quale misura le “città” di belle Stengers, La volonté de faire
ne delle incognite della modernità. Boltanski e Thévenot possano rinnova- science. A propos de la psychanalyse,
re le pratiche delle scienze sociali, tut- Delagrange/Synthélabo, coll. “Les
tavia la lettura di Èconomies de la Empêcheurs de penser en rond”, Le
80 grandeur può, a partire dalla sofistica- Plessis-Robinson, Paris 1992. 81

1 Gilles Deleuze, Spinoza. Philosophie attivamente qualunque possibilità di


pratique, Minuit, Paris 1981, p. 40 (trad. un sapere “generalista”, che cancella
it. Spinoza. Filosofia pratica, Guerini e le differenze fra filosofia, arte e scien-
Associati, Milano 1991, p. 39). za. Questo esempio è sufficiente a
2 Ivi, p. 35 (trad. it. p. 34). mostrare che l’esperienza del “qui”
3 Gilles Deleuze, Felix Guattari, Qu’est- non è affatto sinonimo di impedimen-
ce que la philosophie? cit., p. 37 (trad. to a parlare di ciò che accade “altrove”.
it. p. 23). Ma si tratta di parlarne da qui, di
4 Ivi, p. 37 (trad. it. p. 24 ). creare dei concetti per far esistere la
5 Qu’est-ce que la philosophie? cit., pp. questione dell’arte e della scienza, non
152-153 (trad. it. pp. 162-163). di stabilire verità negli ambiti rispettivi
6 Si tratta del deputato Charles Ferdi- della filosofia, dell’arte e della scienza.
nand Nothomb (luglio 1996). Si veda, 8 Forse ne dava la possibilità anche a
per un approccio a tali derive incon- Prigogine, ma non spetta a me dirlo.
trollabili, Isabelle Stengers e Olivier 9 Si noterà per esempio che la prima
Ralet, Drogues. Le défi hollandais, Edi- appendice aggiunta all’edizione tasca-
tions Delagrange/Synthélbo, coll. “Les bile de La nuova alleanza (Gallimard,
Empêcheurs de penser en rond”, Le coll. “Folio essais”, Paris 1986; trad. it.
Plessis-Robinson, Paris 1992. cit.) conferisce un ruolo chiave all’ar-
7 Si può vedere in Qu’est-ce que la phi- gomento propriamente filosofico che
losophie? la descrizione-creazione di esiste una differenza di natura fra
un’esperienza filosofica che esclude conoscenze di precisione positivamente
La questione delle incognite

Nella prefazione a Differenza e ripetizione, Gilles Deleuze 83


ha scritto: “Si avvicina il tempo in cui non sarà piú possi-
bile scrivere un libro di filosofia come se ne scrivono da
troppo tempo”.1 Per me, quel che non è piú possibile, e
la cui impossibilità crea le condizioni di questo saggio è
dimenticare le “incognite”2 della domanda che tento di
porre. La dimenticanza di ciò su cui tace il paesaggio
troppo familiare dove cammina il filosofo, sicuro d’in-
contrare solo dei cugini, forse alla lontana, brontoloni
o scettici, o arroganti come nuovi ricchi, ma sempre
suscettibili di partire da una storia comune, non senza
screzi familiari, conflitti d’eredità e separazioni.
Porre la questione delle pratiche moderne, per un filo-
sofo vuol dire, tutto sommato, riprendere, pur con
qualche variazione piú o meno originale, una questio-
ne classica. È normale, e prevedibile, che la filosofia
non smetta di inventare gli strumenti per interrogare e
per comprendere pratiche che sembrano creare rispo-
ste alternative alle sue proprie domande, e soluzioni
alternative ai suoi propri problemi. È anche prevedibi-
le e normale che la questione della fisica s’imponga
La guerra delle scienze La questione delle incognite

come punto di partenza in questa ricerca. Non è una il proprio orizzonte. Sarebbe solo un patto tra malfatto-
fonte di passione e una produttrice di enunciati che ri in un campo di cadaveri, se non fosse permeata dalla
assomigliano a quelli metafisici? Infine, è normale e presenza di ciò che afferma di non aver la possibilità di
prevedibile che questa ricerca ponga la questione del definire. E cioè che non sappiamo cosa sia un feticcio.
bizzarro campo che indaga: un campo occupato mille Con il problema posto dalla psicanalisi, si precisa la
volte, identificato, gestito da regole di buona condotta questione delle incognite. A differenza di certe prati-
e tuttavia sempre vago, mille volte conteso tra legittimi che che ritengo grottesche, letteralmente oscene,3 e
possessori, e nonostante ciò attraversato da tracciati che si escludono da sole, una pratica come quella della
sorprendenti che sembrano, nel bene e nel male, igno- psicanalisi mi mette in una posizione critica. Se l’ecolo-
rare le recinzioni e i diritti di passaggio. Un campo che gia delle pratiche non è, come ho evidenziato, una pra-
è stato purificato mille volte con ogni sorta di condan- tica di giardinaggio che sceglie, seleziona, elimina, ma
na a morte sacrificale e nel quale tuttavia proliferano, è produttrice invece di proposte “attive” che offrono, a
sulle carcasse di questi sacrifici, mille e piú mostri e chi la pratica, la possibilità di presentarsi in un “qui”
ibridi. Forse è un po’ meno normale, meno prevedibi- che risuona con l’“altrove” di altre pratiche, come spie-
le, che il ripetersi di questo andamento classico tenti di gare che in questo caso, la proposta si faccia contesta-
svilupparsi su di un orizzonte deliberatamente non cri- zione? In effetti, “proporre” alla psicanalisi di rinuncia-
tico, su di un campo attivamente spogliato da ciò che re al proprio titolo di “pratica moderna” non ha molto
permette alla filosofia di giudicare e di svalutare. a che vedere con il “proporre” ai fisici di liberare il
Tuttavia, ricordare le “incognite” di questo campo, potere dei fatticci dalle visioni del mondo che essi sem-
implica soprattutto di ricordare che la filosofia stessa brano autorizzare. Quell’evento che è l’invenzione
ne è parte integrante e ne diventa un ingrediente, ogni della fisica non ha come elemento costitutivo la pretesa
84 volta che, interrogando le pratiche moderne, accetta di costruire una “visione del mondo”, mentre l’inven- 85
implicitamente o esplicitamente il carattere fatale della zione della psicanalisi non sarebbe comprensibile
distruzione delle pratiche tradizionali, come lo sanzio- senza la pretesa di collocare la psicoterapia nel panora-
na l’esclusione dei sofisti. Il sofista escluso si definisce ma delle pratiche moderne.
come tale in rapporto a una opinione duttile e mallea- Un percorso rapido, troppo rapido, potrebbe portare
bile, priva di un punto fisso di riferimento, e non in dalla contestazione alla denuncia vera e propria. Le
base alle referenze con cui le pratiche tradizionali “fon- scienze immischiandosi nelle faccende umane, si tra-
dano” eventualmente le loro operazioni. L’uso del sformerebbero in imprese “oggettivanti” e quindi
pharmakon attribuito ai sofisti, che autorizza la “com- distruttrici. Nel caso dei comportamenti umani,
prensione” di queste pratiche cosí come la “suggestio- dovrebbero darsi il cambio con valori “morali”, come
ne” che permette a molti di “comprendere” le pratiche la tolleranza o il relativismo postmoderno, e assicura-
psicoterapeutiche non moderne, sembrano l’espressio- re cosí il mutuo riconoscimento tra i gruppi e tra gli
ne riemergente di un corretto uso della lucidità critica. individui. E appunto questi valori dovrebbero alimen-
Ma esprimono invece una svalutazione che sanziona tare la psicoterapia.
l’esclusione di queste pratiche. È per far dubitare di Per esprimermi in modo brutale, direi che l’unica
questa sanzione e del rapporto di parentela tra tutti impresa realmente tollerante e relativista che conosco
coloro che la ratificano, che ho adoperato il termine è il capitalismo. La sola in grado di far coesistere pra-
“fatticcio”, riferendomi al neutrino e agli altri enti a cui tiche e valori totalmente differenti, salvo poi rivoltarsi
le pratiche moderne hanno legato la nostra storia. La contro quelli che gli interessa di distruggere. Il capita-
questione dell’ecologia delle pratiche correlata alla lismo è assolutamente indifferente ai valori e alle pra-
figura del “sofista non relativista”, non determina da sé tiche che coinvolge, non essendo quanto a lui coin-
La guerra delle scienze La questione delle incognite

volto in nulla, neanche nei suoi momentanei assiomi, Chiamerò “modernista” l’insieme delle pratiche che
i quali non hanno niente a che vedere né con delle impongono questo cambiamento di natura. Sono prati-
esigenze, né con degli obblighi.4 che che danno voce alla questione delle incognite, e
D’altra parte, come il riferimento generale e neutro dell’“altrove” che esse negano. Il fatticcio scientifico si
alla razionalità moderna, anche i riferimenti alla altret- presenta accompagnato da tutti quelli che coinvolge, e
tanto moderna tolleranza nei confronti delle pratiche la cui “competenza” si traduce precisamente nel fatto
“culturali”, ovvero ai “valori propriamente umani” da che sono “appesi” alla relazione che creano e che li
difendere “contro la scienza”, dal mio punto di vista, crea. I riferimenti creati dalle pratiche moderniste
sono un segnale d’allarme, in quanto drammatizzano il dovrebbero contare per tutto il “genere umano”, e
carattere illimitato di una razionalità che potrebbe a questo si traduce in un cambiamento di natura degli
rigore, anche se non deve, avere il diritto di distrugge- obblighi che, in ogni pratica scientifica, riguardano
re ciò che dà significato alla vita umana. coloro che la praticano. Gli obblighi modernisti sono
Alla fine della propria vita, Freud ha riconosciuto l’im- in grado di armarsi, con vere e proprie macchine da
possibilità di distinguere, sulla base della sua efficacia, guerra e di conquista. Queste diventano, poi, produt-
la psicanalisi da altre pratiche psicoterapeutiche. Ha, trici di parole d’ordine che permettono a ogni sorta di
quindi, scritto che la psicanalisi è un “mestiere impossi- istituzione di operare in totale buona fede, per giustifi-
bile”5 come l’arte di governare e il mestiere di trasmet- care la violenza dei loro effetti, col prezzo con cui va
tere. Questi tre “mestieri” sono tutt’altro che banali: pagata ogni verità che intacca le illusioni umane.
governare, trasmettere, guarire,6 in quanto designano In che modo estendere l’ecologia delle pratiche quando
il triplo campo pratico con cui si inventa ogni società la proposta si capovolge in contestazione? In che modo
umana, cioè la relazione tra l’individuo e il collettivo in spiegare perché alcune pratiche “si presentano” secon-
86 tutte le società, moderne e non. Ora, Freud non si do una modalità modernista, che le vincola al potere di 87
piega alla “difficoltà” di questi mestieri, ma celebra la squalificare? In che modo farlo senza abbandonare la
grandezza della modernità razionale che ne ha distrut- questione delle modalità d’esistenza immanenti delle
to la “possibilità”. La tolleranza non è una virtú coltiva- nostre pratiche, cioè in termini di esigenze e obblighi, e
ta dalla psicanalisi, anche se Freud ha ammesso, a senza giudicarle in nome di una trascendenza?
volte, che una certa dose di “suggestione” poteva ben In questo caso, mi sembra, di vitale importanza ram-
trovarsi nell’oro puro dell’analisi. La psicanalisi si sente mentare che i “tre mestieri impossibili” di Freud (gover-
il vettore del “dramma” della modernità, e la sua gran- nare, trasmettere e guarire) designano innanzi tutto
dezza sarebbe quella di annunciare il rischio della pratiche e pensieri tecnici: non si tratta né di provare né
distruzione non solo dei “non moderni”, il cui destino di ricostituire un intrigo, ma di “fabbricare”. Parecchi
è segnato, ma forse anche il nostro, se ciò che conside- difensori dei “valori umani” si inclinano davanti alla
ra la psicanalisi risulta essere poi illusione e “fetici- “scienza” ma mettono in questione le tecniche. Ciò
smo”, davvero la condizione di possibilità dei tre avviene perché il termine “tecnoscienza” non traduce
mestieri impossibili.7 La tolleranza, che cerca di proteg- adeguatamente l’intreccio degli sviluppi scientifici e tec-
gere ciò che è votato alla distruzione, e l’affermazione nico-industriali, ma radicalizza una denuncia che non
eroica che quanto può essere distrutto dal lavoro anti- riesce a fare la distinzione fra “scienza disinteressata” e
feticista, deve esserlo a qualsiasi costo, sono le due “tecnica dominante”. Vorrei tentare un movimento
facce della stessa moneta. Dove questo viene preso per inverso. E se ci trovassimo nella situazione in cui queste
denaro contante, dove sembra imporsi in modo insolu- pratiche, apparentemente solidali con parole d’ordine
bile il dilemma tra tollerare e distruggere, qui la pro- moderniste, riescono a inventare modi di presenza per
posta ecologica cambia natura, e diventa contestazione. dar voce alle incognite della stessa questione moderna?
La guerra delle scienze La questione delle incognite

E se questo avvenisse in quanto queste pratiche sono in gono che essi possiedano una stabilità tale da permet-
grado di riconoscere esigenze e obblighi che riguarda- tere a questa mobilitazione di presentarsi come una
no un problema di fabbricazione, che ignora la diffe- semplice messa in scena.8 Se questa stabilità non può
renza fra enunciato scientifico e finzione? Queste inco- piú essere presupposta, la tecnica che mobilita un dato
gnite consisterebbero allora nel mettere a fuoco le esi- riferimento non può piú farlo secondo le esigenze pro-
genze, le costrizioni, gli obblighi dei diversi tipi di rela- prie alla modernità, che pretende di “obbedire alla
zioni creatrici, trasformatrici e fabbricatrici. Cosí la psi- natura per poterla sottomettere”. Il riferimento non si
canalisi, anziché volersi “tecnica moderna”, autorizzata definisce piú in termini di esigenze – che cioè tale rife-
dalla sofferenza psichica e in lotta con le finzioni che rimento abbia dimostrato la sua autonomia – ma di
ne fanno tacere le esigenze, andrebbe definita come obblighi – che cioè questo riferimento susciti degli
arte dell’influenza, una influenza che non testimonia né obblighi costitutivi per la tecnica e i tecnici.
della verità dimostrabile, né del potere arbitrario di sug- Tuttavia, se il modo di esistenza immanente delle prati-
gestione di un essere su un altro. Quello che la psicana- che feticiste – e allora l’inconscio freudiano sarebbe né
lisi sembra esigere da chi la pratica, andrebbe definito piú né meno che un feticcio – richiede la presenza di
in base alla delimitazione degli obblighi imposti a chi la entità capaci di imporre obblighi che confondano ogni
pratica, mentre gli obblighi imposti ai suoi pazienti opposizione fra “verità” e “finzione”, le incognite del
diventerebbero condizione indispensabile al suo eserci- problema ecologico non ci spingono forse verso quello
zio, a cui il tecnico deve sottostare. che tutta la filosofia occidentale moderna ha conside-
Chiusura e condizione sono, di solito, gli elementi rato come parte di un passato oramai superato: la que-
che permettono di squalificare le tecniche non stione degli obblighi correlati al “sacro”, e attribuiti di
moderne, di denunciarne il carattere iniziatico e la solito alla “religione” o al “culto”?
88 maniera in cui esigono da chi vi fa ricorso, di avere a Where angels fear to tread, è cosí che Gregory Bateson 89
che fare con un “altrove” in cui non valgono le regole aveva deciso di intitolare il libro a cui lavorava al
comuni. Ma può darsi che questo altrove, in qualche momento della morte.9 “Nello scrivere questo libro, mi
modo, rinvii alle incognite della questione moderna. trovo ancora preso fra Scilla e Cariddi, fra il materiali-
In questo caso, lo spazio in cui fatticci e feticci si smo imperante da un lato, col suo pensiero quantitati-
intersecano andrebbe precisato per contrasto. Si vo, la scienza applicata e gli esperimenti “controllati”, e
potrebbe parlare di “feticcio” laddove gli obblighi il soprannaturalismo romantico dall’altro. Il mio compi-
non si presentano soltanto come verifica del soddisfa- to è quello di indagare se vi sia, fra questi due incubi
cimento di date esigenze, come è il caso dei nostri fat- insensati, un posto valido e sensato. E qualora né la
ticci, ma producono un effetto di chiusura, di costri- confusione mentale né l’ipocrisia siano necessarie alla
zione primordiale. Quanto alle esigenze, la loro sod- religione, se si possano trovare nella conoscenza e nel-
disfazione sarebbe unicamente performativa, almeno l’arte le fondamenta di un’affermazione del sacro che
relativamente alla costrizione creata dagli obblighi. celebri l’unità della natura. Chissà che una religione del
Noi esigiamo dai “fatticci” scientifici, per ammetterli genere non offra un nuovo genere di unità? E chissà
all’interno delle nostre storie, di esistere “prima” della che non generi un’umiltà nuova e tanto necessaria?”10
pratica che pur tuttavia li ha fatti esistere, e di poter Come stupirci del fatto che temiamo di avventurarci in
cosí spiegare quest’ultima a partire da essi, in termini questo campo, chiamato da Bateson “epistemologia del
di “scoperta”. Questa esigenza non deve essere critica- sacro”? “Sacro” designa effettivamente ciò che, da un
ta, essa fa parte delle condizioni di esistenza di questi punto di vista moderno, non può essere l’oggetto di un
enti moderni, ma bisogna valutarne le implicazioni: in sapere “consistente”, che una epistemologia può fonda-
un modo o nell’altro, i creatori di fatticci presuppon- re o commentare. “Non c’è niente di autenticamente
La guerra delle scienze La questione delle incognite

moderno se non si accetta di allontanare Dio dal gioco va questa prospettiva assai probabile. Oggi abbiamo, mi
delle leggi della Natura e da quelle della Repubblica. pare, alcune buone ragioni per una prospettiva piú
Dio diventa il Dio rimosso della metafisica, tanto diver- complessa. Se l’idea di una pace fra popoli deve avere
so dal Dio premoderno dei cristiani quanto la natura un qualche significato, si tratta di non partire, come
costruita in laboratorio lo è dall’antica physis o quanto Kant, dalle promesse di cui l’Occidente si vanta di esse-
la società è distante dal vecchio collettivo antropologi- re portatore, ma piuttosto dal prezzo pagato dagli altri
co popolato da non umani”.11 per questa autodefinizione. Non è la pace che abbiamo
Potrei essere tentata di fare a meno dell’avventura: una portato ad altri popoli e a noi stessi, quanto una nuova
“ecologia delle pratiche” non potrebbe bastare come capacità, nuovi mezzi, nuove modalità di guerra.
antidoto contro lo Scilla del “materialismo dominan- È dunque, in contrasto con Kant, e non nella sua filia-
te”? E questo “materialismo” non è forse e sempre, zione, che vorrei riprendere il termine “cosmopoliti-
come sostiene Bruno Latour, una di quelle pigre eti- ca”, ed è questo contrasto a trovare un inizio di tradu-
chette che “servono soltanto a nascondere il lavoro zione all’interno dell’approccio costruttivista alle pra-
delle forze in campo e a rendere impossibile una tiche dette razionali. Il diritto metodologico, il “tribu-
antropologia del qui e dell’ora”?12 Ma che ne è allora nale” kantiano che esamina queste pratiche dal punto
del Cariddi di Bateson, il “soprannaturalismo romanti- di vista delle regole a cui si conformano, diventa sol-
co”? Che ne è della passione per la conversione che tanto una macchina da guerra contro quanto sembra
viene a sovrapporsi a questioni degne di essere pensate infrangere queste regole. Il neutrino non deve, fortu-
come per esempio l’“ipotesi Gaia”? Quale sarà l’antido- natamente, la sua esistenza al diritto, e il suo passaggio
to che permetterà di riconoscere il problema? E come all’esistenza ha violato, e costretto a riformulare,
evitare in questo caso il vizio preferito dalla nostra tra- numerose regole che sostenevano sino a quel momen-
90 dizione: cioè quello di costruire un’argomentazione to il modo legittimo di esistenza di una particella fisi- 91
perfettamente convincente che ha, guarda caso, il ca. Affermare che il neutrino possiede il modo di esi-
potere di dissimulare o di condannare la domanda stenza di un “fatticcio”, prodotto e al tempo stesso pro-
rispetto alla quale non si sente sicura? Questa doman- duttore di una pratica, che esiste grazie a essa pur
da invece è stata posta, anche se non ci sono i mezzi facendola esistere, costituisce un primo passo per usci-
per “tenerla in conto“ e la sua traccia va anticipata nel re dall’orizzonte kantiano, dove la pace doveva essere
modo in cui ci prefiguriamo il presente. la “nostra” pace, dove i rapporti, il commercio con gli
Ho scelto, per dare un nome a questa incognita, il ter- altri dovevano limitarsi ai beni e alle idee, a detrimen-
mine “cosmopolitica”. All’interno della tradizione filo- to dei mondi molteplici che i nostri fatticci e i nostri
sofica, questo termine è di origine kantiana. Lo jus feticci fanno esistere.
cosmopoliticum è associato da Kant al progetto di una Questo non semplifica il problema ma scioglie la que-
“pace perpetua”, che corrisponderebbe a una “destina- stione del sacro da quella della conversione. Se c’è del
zione naturale del genere umano”, un’idea da perse- “sacro” anche nel neutrino, esso può esigere solo la
guire senza sosta, e non come principio costitutivo che conversione di chi ha a che fare con i laboratori di rife-
di questa destinazione farebbe una sorta di oggetto di rimento. E dunque, se deve esservi “religione”, nel
conoscenza.13 La possibile unificazione di tutti i popoli, senso di Bateson, l’unità da celebrare non è quella pro-
nella prospettiva di certe leggi universali e basata sul dotta da una istanza definitivamente riconosciuta per il
loro commercio era una prospettiva non priva di plau- suo potere di unificazione. È piuttosto in termini di
sibilità. Il progresso, che era oramai la maniera in cui obblighi e non di esigenze che si può affermare l’unità
veniva percepita da tutti, e in qualunque parte della del qui e dell’altrove, la compresenza di ciò che si
terra, la violazione del diritto, agli occhi di Kant rende- afferma come eterogeneo.
La guerra delle scienze La questione delle incognite

La questione batesoniana, di una “epistemologia del bra con una certa fierezza.15 È il grande tema platonico
sacro”, l’incognita affermata dai nostri fatticci e i nostri dell’uscita dalla caverna, che viene cosí reinventato
feticci eterogenei, si oppone dunque ai riferimenti uni- come ascesi eroica rispetto alle antiche promesse del
ficanti che esigono una conversione in nome della progresso. Dovremmo diventare capaci di accettare
pace, conversione che si rivolge, in primo luogo, come che tutto questo non indichi piú una direzione stabile,
la stessa questione cosmopolitica, alla tradizione moder- al di là delle apparenze multiple e confuse; che il
na, al suo disprezzo per i feticci, e alla sua paura del segno sia la stessa ferita che lo infligge; l’addio (fatto
pharmakon. L’incognita che abita la questione di una da qualcuno in nome di tutti) alla sicurezza perduta.
“epistemologia (pratica) del sacro” consiste nel sapere Ma perché un essere umano sia segnato da una tale
se questa epistemologia può rispettare l’obbligo di resi- ferita, bisogna che in primo luogo abbia aderito, anima
stere alle parole d’ordine che trasformano l’avventura e corpo, agli obblighi che, da questa ferita, vengono al
singolare, appassionante di questa tradizione in “enun- tempo stesso confermati e discussi. L’espressione “non
ciati di base” neutri, laici, che sussumono tutti quelli mi avranno” può allora cambiare di senso, per afferma-
che essa ha squalificato. Se questa epistemologia può re: “non mi rifaranno piú il ‘numero’ della caverna”, il
fare da antidoto a un tale disprezzo e a una tale osses- “numero“ favorito di una tradizione che si identifica
sione. Se essa può contribuire alla creazione di altri con l’idea che essa soltanto avrebbe scoperto la via per
regimi metastabili d’articolazione delle nostre pratiche, prendere la distanza dagli idoli e i feticci, da tutto ciò
oltre a quelli in cui prevalgono i rapporti di predazione. da cui tutti “gli altri” sono ingannati o “posseduti”. Non
“Se dei missili da crociera mi colgono nella vigna, uscen- essere posseduto, significa far sí che la perdita di sicu-
do di casa, non voglio inginocchiarmi né davanti alla rezza sia disgiunta dal grande tema della ferita della
‘ragione’, né davanti alla ‘fisica corrotta’, né davanti alla verità, e si sia capaci di affermare che questa ferita è
92 ‘follia degli uomini’, né davanti alla ‘crudeltà di Dio’, né proprio il segno che noi stessi siamo stati “posseduti”, e 93
davanti alla ‘Realpolitik’. Non ho intenzione di invocare che continuiamo a esserlo.
nessuna di queste spiegazioni ingarbugliate che confon- “Non mi avranno” crea anche la sfida del dover resistere
dono, fra le diverse possibilità, la ragione fattuale per cui a ciò che ci ha “posseduti”, a quella credenza nel potere
vengo ucciso. Nei pochi secondi che separano l’illumina- delle prove in grado di squalificare tutto ciò che esse
zione dall’irradiazione, scelgo di essere agnostico quanto non sono state capaci di creare. Agnostico, dunque, ma
può esserlo un uomo che assiste alla fine dell’antica Età attivamente agnostico: tale è la questione cosmopolitica,
dei Lumi, e abbastanza sicuro del divino e del sapere, da che fa risuonare l’incognita implicata da quello che
avere il coraggio di attendere una nuova età dei Lumi. siamo stati in grado di creare, e impedisce che quanto
Non mi avranno! Non crederò ‘alle scienze’ prima, e non abbiamo creato si chiuda sulle proprie condizioni.
dispererò del sapere dopo che un rapporto di forze crea- Where angels fear to tread, diceva Bateson, e non si tratta
to in un qualche laboratorio esploderà sopra la Francia. di un limite, di una rinuncia, di un’abdicazione della
Né credulità né disperazione. Ve l’ho detto, agnostico, ragione, ma della costrizione con cui inventare una
per quel tanto che è possibile esserlo”.14 ripresa dell’idea kantiana di un commercio, possibile
“Non mi avranno!” Il problema delle incognite di cui fra i popoli della terra, accompagnata dalla negazione
voglio aprire la questione si gioca proprio a partire dal deliberata e attivamente agnostica delle leggi universali
significato da attribuire a questo grido. Nell’accezione a cui andrebbe sottoposto questo commercio, e che ne
piú comune, che non è quella di Latour, il grido pro- garantirebbero il carattere pacifico. Il commercio, allor-
viene da colui che intende mantenersi all’altezza di ché si confonde con l’ideale, sin troppo noto, di una
fronte ai vicoli ciechi, alle impossibilità, ai paradossi a libera circolazione delle merci, è soltanto uno stato di
cui ci conduce la nostra tradizione, e che questa cele- guerra generalizzato, che prevede la distruzione di
La guerra delle scienze La questione delle incognite

merce, né il capitalismo se non si 8 Cosí Freud sottolineava il fatto che i


tutto quanto intralcia questa circolazione, e di quanto adotta, come fanno Deleuze e Guat- conflitti inconsci preesistono in un
fa da ostacolo alla legge universale dello scambio. La tari, la posizione “indispensabile” modo o in un altro alla tecnica tera-
dell’“incompetente”, cioè dell’unico peutica che li rivela.
pratica del commercio può, in senso ecologico, affer- che osa sostenere che tutta questa 9 Alexander Pope (Essay on Criticism,
mando l’eterogeneità di tutto ciò che entra in commer- storia, traboccante di strategie e pra- 1711): Fools rush where angels fear to
cio, mettere invece in discussione le certezze della guer- tiche competenti, “è profondamente tread, “I folli si precipitano là dove gli
schizo” (p. 283, trad. it. p. 290). angeli temono di avventurarsi”. I fram-
ra, anche se non ne annulla il rischio. L’incognita 5 L’analyse avec fin et l’analyse sans fin menti scritti di Bateson sono stati
cosmopolitica ha come posta in gioco quella di mettere in Sigmund Freud, Résultats, idées, pubblicati, dopo la sua morte, dalla
problèmes II, 1921-1938, Puf, Paris figlia Mary Catherine con il titolo
in risonanza gli obblighi di una tale pratica, di impedir- 1987, p. 263 (trad. it. Analisi termina- Angels Fear. Towards an Epistemology
le di lasciarsi assorbire nelle norme dei rapporti di equi- bile e analisi interminabile, Bollati of the Sacred (Bantam Books, New
valenza, e dei rapporti di forza che ogni equivalenza tra- Boringhieri, Torino 1977; e in Opere, York 1988; trad. it. Dove gli angeli esi-
Bollati Boringhieri, Torino 1989). tano, Adelphi, Milano 1989).
duce. Tuttavia, per costruire la questione in un modo 6 Freud parlava evidentemente solo 10 Ivi, p. 64 (trad. it., pp. 102-103).
diverso da quello della conversione, è necessario comin- delle tecniche psicoterapeutiche, ma vi 11 Nous n’avons jamais été modernes cit.,
sono tecniche che di fatto spiegano p. 51 (trad. it. cit., p. 48).
ciare con il reinventare domande, cominciando proprio tutti i livelli della questione della gua- Il Dio cristiano premoderno non ha, e
là da dove siamo convertiti al potere delle risposte. rigione. La medicina moderna è tanto in ogni caso in questa citazione, alcun
potente da poter rimuovere il proble- privilegio a priori rispetto a tutti quelli,
ma e, per esempio, sconfiggere i bat- dei, antenati o spiriti, che abitano
teri che proliferano in un corpo, piut- “l’antica physis” e la “vecchia colletti-
tosto che “guarire” il corpo stesso. vità antropologica”.
Vedi Isabelle Stengers, Le médecin et le 12 Bruno Latour, Irréduction (pubblicato
charlatan, in Tobie Nathan e Isabelle assieme a Les Microbes. Guerre et paix)
Stengers, Médecins et Sorciers, Anne-Marie Métaillié, Paris 1984, p.
Synthélabo, coll. “Les Empêcheurs de 232. (Per quest’ultimo lavoro, trad. it. I
penser en rond”, Le Plessis-Robinson, microbi: trattato scientifico-politico,
1995 (trad. it. Medici e stregoni, Bolla- Editori Riuniti, Roma 1991).
94 ti Boringhieri, Torino 1996). 13 Si veda il Progetto per una pace perpe- 95
7 È significativo che il tema dei tre tua (1795) e l’Antropologia dal punto
1 Gilles Deleuze, Différence et Répétition, stanze, osserva un cauto silenzio: mestieri si presenti sotto la penna di di vista pragmatico (1798). Per Kant, la
Puf, Paris 1972, p. 4 (trad. it. Differenza quando questi modelli vengono utiliz- Freud nel momento in cui aveva rico- pace in senso strettamente cosmopoli-
e ripetizione, Raffaello Cortina, Milano zati per giustificare determinate poli- nosciuto i limiti della tecnica tera- tico emerge dalla cultura, e non dalle
1997, p. 4). tiche economiche, divenendo vettori peutica offerta dalla psicanalisi, ma intenzioni coscienti degli individui,
2 Vedi Qu’est-ce que la philosophie? cit., di giudizi letteralmente osceni. rifiutava di riconsiderare le esigenze e cioè dalla morale. Tale distinzione è
p. 8 (trad. it. Che cos’è la filosofia, 4 Vedi Gilles Deleuze e Félix Guattari, gli obblighi che la fanno esistere utile al mio scopo, che aggiunge una
Einaudi, Torino 1996, p. X): “Ma non L’Anti Œdipe, Minuit, Paris 1972 come scienza. Se la psicanalisi avesse traduzione costruttivista: non mi inte-
bastava che la risposta si limitasse ad (trad. it. L’anti-Edipo, Einaudi, Torino soddisfatto le speranze del suo crea- ressano gli individui, ma le pratiche e i
accogliere la domanda; era necessario 1975). Il fatto di affermare che il tore, avrebbe evitato di squalificare le corrispondenti tipi psico-sociali.
anche che essa stabilisse un’ora, capitalismo non è una pratica signifi- altre pratiche psicoterapeutiche, cosí 14 Bruno Latour, Irréductions cit., p. 263.
un’occasione, le circostanze, i paesaggi ca di conseguenza che si differenzia come la fisica avrebbe evitato quelle 15 Tale celebrazione ha come classico
e i personaggi, le condizioni e le inco- in maniera radicale dalle pratiche di visioni del mondo nel cui nome viene inizio del racconto il teorema di Goe-
gnite della questione.” coloro che operano secondo le coor- squalificato l’insieme degli altri sape- del, la morte matematica della spe-
3 Penso in particolare all’economia dinate che il capitalismo definisce e ri. È a partire dall’insuccesso sul piano ranza in un linguaggio formale capa-
matematica (che poggia sulla nozione ridefinisce nelle varie epoche. Allo pratico delle esigenze che la psicana- ce di decidere i valori di verità di
di utilità). È il luogo in cui regna il stesso modo, la denuncia, operata da lisi assegna allo psichismo umano, tutti gli enunciati che genera. Voglio
peggiore dei doppi linguaggi. Gli Marx, della feticizzazione della merce cioè a partire dalla delusione di chi la però resistere alla tentazione di met-
“obblighi” sono totalmente definiti dal conserva la sua pertinenza a condi- pratica, che va pensata la sua storia. tere sotto il segno di Goedel quanto
potere, che ha il linguaggio, di zione di precisare che si tratta di una Vedi su questo tema Isabelle Stengers, si trova in tale racconto. Vicoli cie-
costruire, coi teoremi che questo lin- critica dei feticci. Coloro che furbe- Les déceptions du pouvoir, in La Sug- chi, paradossi e impossibilità hanno a
guaggio è in grado di generare, e gli scamente affermano che “la” merce gestion. Hypnose, influence, transe, a che fare ciascuno con le pratiche che
economisti, se le circostanze lo richie- non esiste, in quanto ogni merce cura di Daniel Bougnoux, éditions li producono. In primo luogo è lo
dano, lo riconoscono tanto piú volen- pone problemi pratici assolutamente Delagrange, coll. “Les Empêcheurs de stesso racconto che li glorifica a
tieri, per respingere le critiche “ester- specifici, possono allora sostenere penser en rond”, Le Plessis-Robinson, creare per loro un “luogo comune” un
ne”: la loro teoria non esige niente dal che “il capitalismo non esiste perché Paris 1991, pp. 215-231, e La Volonté luogo in cui, i riferimenti molteplici a
mondo, perché auto-referenziale. Ma non l’hanno mai incontrato. Eviden- de faire science. A propos de la psy- Goedel lo testimoniano, si tende a
la maggior parte di loro, in altre circo- temente non incontriamo né la chanalyse cit. entrare alla ventura.

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