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Prologo
I fenomeni del dominio elettrico hanno una relazione con noi che è
fondamentalmente differente da quella dei fenomeni della luce, del suono
e del calore. Noi in un certo senso “nuotiamo” nella luce, nel suono, nel
calore Non si può dire lo stesso per i fenomeni elettrici. Noi non
percepiamo l’elettricità come una qualità specifica, allo stesso modo in cui
per esempio percepiamo la luce o il tono, o il calore. Anche quando
l’elettricità è “costretta” a mostrarsi, noi la percepiamo come fenomeno
riconducibile alle percezioni termiche o luminose., per esempio nel ferro
da stiro, o nella lampadina. Non c’è un organo sensoriale per l’elettricità
con il quale si possa percepirla. La luce ha letteralmente costruito l’occhio
nell’essere umano per essere percepita, così il suono ha edificato
l’orecchio, e così pure abbiamo un tipo di organo che percepisce il calore.
Per l’elettricità non c’è niente di analogo, noi percepiamo l’elettricità solo
di forma indiretta. Ma siamo oltremodo sensibili alla energia
elettromagnetica che diffusamente avvolge le nostre vite.
Vanno dati qui alcuni cenni sulla percezione e i nostri dodici sensi.
Caratterizzare cos’è la percezione è difficile: noi diciamo cos’è la
percezione… col pensiero, ma appunto, se dico “questo è un tavolo”, sono
già nel pensiero, mi sono rappresentato quello che ho davanti, ma non so
nulla della percezione. Allora come facciamo?
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La verità è che la percezione si può afferrare solo negativamente,
togliendo per così dire tutto ciò che siamo abituati ad aggiungere col
pensiero. Percezione e pensiero vanno sempre a braccetto. Cosa avviene
con la percezione? Un impulso a pensare. Sento con l’udito qualcosa a
distanza; poi questo qualcosa cresce mentre cerco di afferrarne il
significato, fin quando si rivela come il rumore di un aereo appena
decollato, nel momento in cui ne scatta la relativa rappresentazione.
Il mondo ci presenta un aggregato sconnesso: colori, suoni, odori,
sapori…questo aggregato è il contenuto dell’osservazione, ma è ancora
privo di concetti. Davanti questo contenuto c’è il pensare, pronto per
cominciare la sua attività appena incontra un punto di partenza. Quindi
percezione e concetto rappresentativo vanno a braccetto e costituiscono
una polarità primaria: insieme formano l’atto cognitivo.
C’è un processo che si svolge senza la mia partecipazione e c’è un altro
processo che invece dipende da me e si svolge nella sfera concettuale. La
percezione si trova in una regione della coscienza in cui siamo
“addormentati”., mentre come è evidente la rappresentazione si svolge in
una zona della coscienza in cui siamo pienamente svegli. Aggiungo che da
un lato il mondo agisce su di noi, opera su di noi di forma oggettiva, e
dall’altro c’è il lato soggettivo, individuale.
La polarità percezione-pensiero è fondamentale, ma che tipo di polarità
è? Il pensiero è il processo base della conoscenza, e il suo opposto polare
della percezione si ascrive alla misteriosa regione della volontà. C’è la
misteriosa volontà in ogni atto percettivo, c’è la chiara rappresentazione
nell’atto conoscitivo che complementa immediatamente il lato opposto. Di
volontà parleremo molto in questo breve saggio. A titolo di prima
approssimazione, diremo che alla piena coscienza da svegli del
rappresentare e del pensare si contrappone l’attività volitiva che si svolge
in una regione della coscienza opposta, paragonabile al sogno profondo.
Ciò per la attuale fase evolutiva che richiede lo sviluppo chiaro e cosciente
del pensare. Portare a coscienza l’atto volitivo è un compito futuro basato
sull’intuizione spirituale.
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La misteriosa volontà è presente in ogni atto percettivo, e la percezione
qualunque essa sia si svolge in una regione della coscienza in cui siamo
come addormentati. Ma i dodici sensi differiscono l’uno dall’altro per la
funzione che compiono, possiamo aggrupparli nei sensi più squisitamente
conoscitivi, come il senso del suono, del linguaggio, del pensiero e dell’Io,
poi i sensi più affini alla regione dei sentimenti, come il quaternario di
sensi che percepiscono il mondo esterno a noi, essi sono il senso del
calore, senso dell’olfatto ,il senso della vista o colore, il senso del gusto.
Infine ci sono i sensi del tatto, della vita, del movimento e dell’equilibrio
che sono i nostri sensi corporali e che ci informano del nostro stato
interiore e della sua relazione fisica col mondo esterno.
Siamo diversamente “svegli o addormentati” nei dodici sensi. Nei sensi del
polo corporale siamo in pieno nel polo della materia e della volontà,
dunque in una regione della coscienza paragonabile al sonno profondo.
Potrei dire che qui la rappresentazione si mette in moto di forma sopita,
minima. Se faccio un movimento con un arto la rappresentazione non
scatta chiara e continua, ma rimane sul fondo, e devo richiamarla
all’attenzione con uno sforzo se voglio. Un leggero malessere è avvertito
dal senso della vita, ma ne ho una immagine attenuata. Lo stesso vale per
l’equilibrio e il tatto. Viceversa, nel senso dell’udito e del linguaggio sono
molto più “sveglio” e la rappresentazione si innesca chiara e cosciente e fa
di me un essere attento.
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chiunque altro lo troverebbe valido appena glielo spiegassi. Se poi questo è
applicabile ai fenomeni della Natura, devo scoprirlo osservando che
succede nella realtà, e lo stesso vale per l’Aritmetica e la Geometria.
Diverso è ora il caso delle forze, perché quando una forza reale è
applicata a un corpo non posso immaginare cosa accadrà, debbo in qualche
modo misurarla, devo approssimarmi alla Natura, devo passare dal
pensiero astratto al mondo dei fatti e dei fenomeni. Con l’attività mentale
posso approssimarmi ai movimenti, ma non alle forze. E’ maturo il
momento per avvicinarci al mondo esterno con il nostro essere completo.
Allora devo ricorrere alle esperienze quotidiane, e qui mi accorgo che
conservo due parole nel linguaggio, ed esse mostrano esperienze valide
prima di una riflessione scicntifica.
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dell’osservatore esterno. Non possiamo vivere in piena coscienza da svegli
in tutto ciò che chiamiamo massa o forza.
(Alla sveglia dal sonno notturno si presenta a noi un cambio brusco verso
l’indurimento. Quando ci addormentiamo entriamo in una fase di
ammorbidimento.)
Da quanto detto, ossa e muscoli stanno in una data relazione tra di loro;
nell’evoluzione generale hanno subito trasformazioni differenti e
rispondono a cause diverse. Possiamo dire che ogni sostanza era tempo
addietro viva e fluida; poi nel corso delle epoche una parte si è separata
passando ad una condizione più mineralizzata. I muscoli in un certo modo
sono persistiti vivi, in una condizione che può essere soggetta a cause non
meccaniche, all’azione della volontà. Le ossa invece no, hanno perso gran
parte della vitalità.
Ma nella Natura non è così. Delle tre grandezze velocità spazio e tempo,
la velocità v è l’unica a possedere realtà. Ciò che è reale nel mondo esterno
è la velocità, mentre s e t li otteniamo separando per così dire la velocità
data in due entità astratte per un processo mentale. La velocità è un ente
primordiale che osservo nel mondo esterno. Un corpo si muove nello
spazio con una certa velocità; che abbia una certa velocità è l’unica cosa
reale. Non ravviseremmo la totalità se smembrassimo quello che è reale in
due astrazioni. Poiché abbiamo una velocità, abbiamo di conseguenza uno
spostamento e quindi un tempo. Dalla velocità per mezzo del nostro
processo di pensiero abbiamo separato lo spazio e il tempo, ma lo spazio in
questione è un risultato della velocità così come il tempo. Lo spazio e il
tempo, se paragonati con la cosa reale che indichiamo con v, sono delle
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astrazioni che noi stessi deriviamo da essa. Dobbiamo fare i conti con la
realtà esterna.
Siamo noi che abbiamo creato questa dualità di spazio e tempo, mentre
la sola cosa reale fuori di noi è la velocità e null’altro. Quanto allo
“spazio” e al “tempo” siamo noi ad averli creati in virtù di due astrazioni.
Ma allo stesso tempo, con lo spazio e il tempo noi siamo tuttuno, mentre
non siamo uniti con la velocità che è là fuori. Dalla velocità in effetti
possiamo separarci mentre dallo spazio e tempo no. Non dovremmo semza
precauzioni assegnare ai corpi esterni cio a cui noi stessi siamo uniti.
Possiamo solo dire che attraverso lo spazio e il tempo apprendiamo a
conoscere e comprendere la velocità reale. Non dovremmo dire “il corpo si
muove attraverso tale distanza” ma piuttosto dire che il corpo ha una tale
velocità.
Quanto detto per s e t è vero per qualcosa in più. Così come siamo uniti
per mezzo di s e t con la realtà obbiettiva, mentre dobbiamo prima cercare
la velocità nel mondo esterno, allo stesso modo siamo nello stesso
elemento con i cosiddetti corpi, ogni volta che li contempliamo per mezzo
della luce. Non dovremmo assegnare obbiettività alla luce più che allo
spazio e al tempo. Noi “nuotiamo” nello spazio e il tempo proprio come i
corpi vi “nuotano” con le loro velocità. Così anche noi “nuotiamo” nella
luce proprio come i corpi “nuotano” nella luce. La luce è elemento comune
a noi e alle cose esterne, i corpi. Supponiamo di aver gradualmente
riempito la stanza buia con luce, lo spazio rimane riempito con qualcosa in
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cui noi siamo immersi e pure le cose esterne. E’ un elemento comune in
cui noi e le cose esterne “nuotiamo”. Ma come facciamo a nuotare?
Certamente non col corpo fisico, ma facendo vortici col corpo eterico.
Nuotiamo col corpo eterico nella luce, nell’etere di luce….
Ora vediamo l’orecchio. Così come la luce stimola il nervo ottico, allo
stesso modo le oscillazioni del suono stimolano l’orecchio. Quello che
sorge nel mondo esterno come onde di rarefazione e compressione viene
trasmesso all’orecchio interno, alla coclea con il suo fluido e da qui al
nervo auditivo. Prima della coclea vi sono tre canali semicircolari ad
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angoli retti tra loro, in sintonia con le tre dimensioni dello spazio.
Possiamo allora tentare una comparazione tra la vista e l’udito, ricordando
anche quanto detto del ritmo ascendente e discendente del liquido cerebro
spinale, e di come esso interagisce con quello che succede più
esternamente nell’aria esterna. Dovremo anche considerare se per caso
ciascun senso è in sé compiuto, oppure se c’è una totalità che li abbraccia
tutti.
Già, l’aria. Noi siamo ovviamente legati all’aria, nuotiamo nell’aria che
abbiamo dentro di noi. Siamo dopo tutto corpi solidi in piccola quantità, e
poi per il 90% o quasi siamo composti di acqua e liquidi. L’acqua in noi fa
da intermediario tra lo stato solido e quello aeriforme. Possiamo
sperimentare coscientemente di trovarci nell’elemento aeriforme, e la
nostra coscienza si avvicina allo stato corrispondente, così come nella luce
e nel calore rispettivamente. Dobbiamo distinguere tra diversi livelli di
coscienza. Uno di essi quello in cui viviamo con l’elemento di luce, dato
che noi stessi ne prendiamo parte. Un altro livello di coscienza è quello del
calore, ed un altro ancora è quello dell’aria. La nostra coscienza è capace
di immergersi nell’elemento aeriforme. Possiamo comunicare ed arrivare
ad accettare quello che ha luogo nel nostro intorno aeriforme, è come una
comunicazione. Allora viviamo nell’elemento aeriforme del nostro intorno
e siamo quindi abili per percepire i fenomeni del suono e del tono
musicale. Dobbiamo avere qualcosa dell’elemento aria dentro di noi in una
forma differenziata così da essere in grado di percepire l’elemento di aria
differenziato fuori.
Quindi abbiamo tre stadi nella nostra relazione col mondo esterno, lo
stadio della luce, quello del calore e quello del suono. E’ col corpo eterico
che viviamo nell’elemento luce. Non così con il calore. Noi viviamo nel
calore con il nostro corpo intero, con il corpo fisico. Nell’elemento suono
invece noi entriamo in relazione mediante l’organismo vivo aeriforme, col
corpo della respirazione.
Qui per inciso va ricordato che gli studi scientifici del suono furono
condotti dai Gesuiti nel secolo XVII e seguenti, e ci fu la tendenza
spiccata a non entrare in considerazioni spirituali dei processi della Natura,
come l’esempio dei fenomeni sonori. Lo spirituale doveva essere riservato
alla vita religiosa, non c’era bisogno di penetrare lo spirituale nella Natura.
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Tra i Gesuiti si considerava pericoloso applicare alla Natura forme
spirituali di pensiero laddove invece si stimava opportuno approssimare i
fenomeni naturali in un senso materialistico. In qualche modo furono i
Gesuiti tra i primi a coltivare idee materialistiche che poi hanno prevalso
nei tempi successivi, fatto storicamente fondato ma purtroppo dimenticato.
Quindi fuori ci sono le vibrazioni, in noi gli effetti. Un po’ come dire
che chiunque pensi che l’immagine in corsa di un corridore corrisponda a
qualcosa di reale si illude di grosso. Oppure, immagino di avere davanti a
me un gruppo di persone. Avrei davanti in tal caso le mie proprie
impressioni soggettive di luce e suono. Nessuno sarebbe lì davanti a me
nel modo in cui lo vedo, solo le oscillazioni dell’aria tra me e loro mi
porterebbero le oscillazioni che sono in loro. Sarei condotto a concludere
che la loro vita interna e spirituale, anche senza negarla, non è lì per niente.
Per me, la vita di interna di quelle persone sarebbe solo l’effetto sulla mia
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mente, mentre per il resto tutto quello che è realmente là sono solo un
cumulo di vibrazioni. Se neghiamo alla luce e al suono la vita interna e
l’essenza che anche noi sperimentiamo in modo soggettivo, è come se
fosse se guardassi tutto quello che davanti a me come una parte della mia
vita soggettiva,e quindi finissi per negare loro l’esperienza della vita
interna e dell’Io.
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di sé questa realtà, si pose a suo modo a cercare quello che mancava e si
rivolse come consueto al mondo esterno.
La differenza è immensa tra tutte quelle idee in cui viviamo come esseri
intelligenti e le idee geometriche, matematiche e cinematiche. Le prime le
deriviamo dalla nostra esperienza col mondo esterno, le altre emergono
dalla parte inconscia di noi, dalla regione della volontà che ha come
organo esterno il metabolismo. E se ora applichiamo queste idee
geometriche ai fenomeni di luce o di suono, nel processo cognitivo stiamo
unendo quello che sorge da dentro con quello che percepiamo da fuori.
Facendo così, rimaniamo piuttosto inconsapevoli dell’origine della
geometria che stiamo usando. Sviluppiamo teorie come la teoria
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ondulatoria della luce o la teoria corpuscolare di Newton, unendo quello
che emerge dalla parte inconsapevole del nostro essere con quello che si
presenta nella vita cosciente da svegli. Ma le due cose non appartengono
una all’altra, così come la facoltà di formare idee che si svolge quando
siamo mezzo addormentati, simboliche e non consistenti, appartiene alle
cose esterne che percepiamo nel sognare mezzo addormentati.
Spieghiamo meglio. Abbiamo dal nostro lato due origini delle nostre idee,
quelle derivate dalle nostre esperienze quotidiane e le altre con carattere
matematico e spaziale. I problemi sorgono quando applichiamo le idee
matematiche ai fenomeni che ci vengono incontro. Da un lato ci sono i
fenomeni della luce e dei colori, del suono e poi del calore. Dall’altro ci
sono i fenomeni associati alle forze. Nel caso di luce suono e calore,
cerchiamo di “unire” due sfere di esperienze che appartengono a domini
diversi, quello che ci viene incontro per mezzo delle percezioni e quindi la
nostra vita cosciente da svegli, con quell’altro dominio che sorge dalla
nostra vita inconsapevole della volontà. Nell’altro caso delle forze, siamo
messi ancora diversamente, intanto non percepiamo l’elettricità, e poi
disponiamo di strumenti cinematici inappropiati per fenomeni puramente
dinamici.
Abbiamo visto che per avere una esperienza reale della forza dobbiamo
ricorrere…a noi stessi, per cercare di sollevare un poco il velo che avvolge
questa realtà dinamica terrestre. La forma usuale di misurare una forza è
geometrica, si basa sullo spostamento di un ago o sull’allungamento di una
molla. Appunto, grandezze cinematiche. Per avere invece l’esperienza vera
della forza, per carpirne l’intimo segreto, basta sollevare con la mano un
oggetto pesante, più e più volte. Entra in azione il braccio, il muscolo, e
come si è detto , la volontà in azione. C’è bisogno della nostra volontà per
sollevare ed abbassare il braccio, la volontà si trasforma in forza, e mentre
solleviamo ed abbassiamo il braccio siamo coscienti della forza, facciamo
esperienza con la forza, ci rappresentiamo questa volontà in azione.
Sia detto con chiarezza: dobbiamo considerare l’essere umano, non nella
forma astratta abituale, ma integrando lo spirituale e il fisico, avvicinarli.
Allora, quando mi chiedo che cosa sia la massa e il peso, devo chiedermi
se c’è qualcosa in me che corrisponda ad essi, una affinità. Infatti, per
la percezione del suono come vedremo c’è un ponte tra interno ed esterno,
e così pure per la percezione del calore e poi del colore. Nel caso della
massa e della forza di gravità devo invece ricorrere all’esperienza
quotidiana per scoprire quella affinità, e la trovo nello studio senza
preconcetti su come è fatto il mio corpo e come reagisce alla pressione e
quindi alla forza..
Posso avere una nozione chiara di ciò che significa la massa e il peso, allo
stesso modo in cui capisco la nozione di velocità dalle nozioni di
geometria e di movimento? No, a rigore non posso averla, infatti devo
realizzare un semplice esercizio, fare pressione con un dito contro una
parete per esempio, per familiarizzarmi con la pressione. Dopo tutto, la
massa e il peso si rivelano a noi attraverso la pressione, la massa la
comprendo per il peso che esercita, ha la qualità di esercitare pressione. Se
spingo forte la parete col dito, ne ho una esperienza diretta.
Seguendo il ragionamento, posso dire che tutto ciò che è luce, suono e
calore si presenta chiaramente nella nostra coscienza, così come quello che
è geometrico e cinematico. Ma non possiamo dire lo stesso della massa,
perché ora la nostra coscienza è attenuata ed offuscata nel nostro
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esperimento. Quindi, ciò che è percepito o calcolato rimane vivo nella
nostra coscienza, ma appena andiamo oltre questo la coscienza tende a
chiudersi. Dobbiamo ammettere che la nostra esperienza nel mondo
esterno contiene sia la massa sia la velocità, ma la normale coscienza non
ci consente di afferrare la massa. La massa, per così dire, si ritira dalla
coscienza, questa è la relazione reale con l’essere umano. Per comprendere
che cos’è la massa in Natura, dobbiamo per forza ricorrere agli stati di
coscienza, e senza ricorrere ad essi non possiamo andare al di là di ciò che
è cinematico, non possiamo raggiungere il dominio meccanico.
Invece le rimanenti porzioni del nostro corpo, dalla base del cranio ai
piedi, sono tirate in giù, vivono soggette alla gravità che inesorabile spinge
verso il basso. La nostra volontà vive nella spinta verso il basso, si unisce
con la pressione in giù, e precisamente è questo fatto che priva di
coscienza il resto del nostro corpo e fa sì che siamo come incoscienti nella
volontà! Infatti, questa è la caretteristica essenziale del fenomeno della
volontà. Essa è “assorbita” e ne viene estinta la coscienza per causa del
fatto che si unisce con la forza di gravità verso il basso.
Ora per continuare, che succede per il fatto che, salvo quei 20 grammi in
cui entra la volontà incosciente, con il nostro cervello noi viviamo nella
sfera dell’intelligenza? Succede che facendo del cervello lo strumento
dell’intelligenza, non siamo più appesantiti dalla materia che tira in giù,
perdiamo 1230 grammi di peso. Così alleggeriti, siamo abilitati a portare
in gioco il nostro corpo eterico, esso può fare quello che vuole, ……
mentre nel resto del corpo l’eterico è schiacciato e travolto dal peso della
materia. Abbiamo l’eterico libero nel cervello, mentre è legato nelle
restanti parti. Nel cervello l’organismo eterico in un certo senso travolge il
fisico, metre nelle parti restanti le forze della organizzazione fisica
travolgomo quelle eteriche.
Quello che ci viene incontro permezzo dei colori realmente porta con sé
due qualità polari ed opposte. Ad un polo c’è quello che chiamiamo gialli e
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colori affini come arancione e rosso. All’altro polo c’è il blu e i colori
vicini indaco e violetta e certi gradi di verde. La polarità dei colori
costituisce il fenomeno archetipico del colore. L’esperimento è così.
Attraverso una fenditura o un buchetto circolare in uno schermo opaco
facciamo passare la luce fino a raggiungere uno schermo. Vediamo una
superficie illuminata con luce solare. Poi mettiamo un prisma di vetro
riempito di acqua sul cammino di questo cilindro di luce. Ora la macchia
di luce non è più lì, si è spostata, appare altrove. E poi si vede un
fenomeno peculiare: al bordo superiore si vede luce bluastra e verdosa;
sotto il bordo è rossastro giallo.
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Ora abbiamo bisogno di considerare come i nostri corpi sottili sono
inseriti nei muscoli e negli occhi. Nei muscoli si mescolano con le funzioni
proprie di essi, ma non così negli occhi che invece prevalgono sull’eterico
e da esso rimangono indipendenti. Allora la parte astrale entra in unione
intima con la parte eterica che si riferisce all’occhio. Questo in verità è
detto per l’orecchio, da vedere se vale uguale per l’occhio, considerato che
percepiamo i colori e ne proviamo piacere e dispiacere, quindi ben
presente l’astrale.
(Detto in altre parole, ciò che riteniamo sia essere la materia non è altro
che elettricità che fluisce, elettricità in movimento. Quindi quando nella
Natura passiamo dai fenomeni di luce, suono e calore a quelli elettrici,
stiamo discendendo nel dominio naturale in quei fenomeni che sono
correlati ai primi come la volontà in noi è correlata alla vita del pensiero.
Collegato a ciò c’è il fatto che l’attività interna all’anima per mezzo
della quale si cerca di seguire i fenomeni della Natura non era nel secolo
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XIX sufficientemente mobile né capace di accogliere il mondo dei colori
nel dinamismo ideativo del pensiero. Allora, incapaci di pensare ai colori
propriamente, gli scienziati li sostituirono con quello che invece era
solamente di carattere geometrico e cinematico, cioè con onde calcolabili
in un etere sconosciuto. Certi poteri del Cosmo, che vanno all’essere
umano piuttosto che da lui provenire, hanno spinto il pensare umano a
divenire molto più mobile. Gli scienziati furono in qualche modo indotti a
portare più movimento nel loro ragionare geometrico e matematico. Ma
qual è l’origine di queste idee sul movimento inteso come puro movimento
senza però includere le forze?
La differenza è immensa tra tutte quelle idee in cui viviamo come esseri
intelligenti e le idee geometriche, matematiche e cinematiche. Le prime le
deriviamo dalla nostra esperienza col mondo esterno, le altre emergono
dalla parte inconscia di noi, dalla regione della volontà che ha come
organo esterno il metabolismo. E se ora applichiamo queste idee
geometriche ai fenomeni di luce o di suono, nel processo cognitivo stiamo
unendo quello che sorge da dentro con quello che percepiamo da fuori.
Facendo così, rimaniamo piuttosto inconsapevoli dell’origine della
geometria che stiamo usando. Sviluppiamo teorie come la teoria
ondulatoria della luce o la teoria corpuscolare di Newton, unendo quello
che emerge dalla parte inconsapevole del nostro essere con quello che si
presenta nella vita cosciente da svegli. Ma le due cose non appartengono
una all’altra. Esse si appartengono così poco, come così poco si combina
la facoltà di formare idee che si dispiega quando siamo mezzo
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addormentati, simboliche e non consistenti, con le cose esterne che
sogniamo mezzo addormentati.
(The idea-forming faculty has indeed somehow linked up with the outer
phenomenon, but in a merely symbolizing way, — in no way consistent
with the real object.)
Quello che allora entra nel suo corpo, non è altro che ciò che “succhia”
nella reale essenza del tono. Esempio del campanello sotto la campana
priva di aria. Nel suono e nel tono siamo in ciò che è più spirituale, mentre
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quello che il fisico osserva, non potendo osservare lo spirito né l’anima,
non è altro che il movimento collaterale materiale. Ciò che abbiamo non è
solo il fenomeno fisico materiale del suono e del tono, ma anche quello
che vive in noi, nell’anima e nello spirito. L’essenza del suono e del tono è
naturalmente lì nel mondo esterno ma anche in me.
Invece con i fenomeni elettrici, quello che nel caso del suono può essere
percepito solo nell’anima, si trova nella stessa sfera in cui non ho altro che
onde materiali. Rispetto alla relazione col mondo esterno, le percezioni
del suono e le percezioni dei fenomeni elettrici (osservazioni di elettricità
nei tubi catodici?.) si collocano ai poli opposti.
Figure Xb Figure Xc
Senza includere l’anima e lo spirito dell’essere umano è impossibile avere
una concezione realista dei fenomeni fisici. I fenomeni del suono, della
luce sono affini all’elemento cosciente del pensiero e della ideazione in
noi, mentre quelli della elettricità e magnetismo sono affini all’elemento
sub cosciente della volontà. Il calore si situa tra i due. Tutto ciò è latente
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nella teoria del colore di Goethe. Così come nel dominio spirituale noi
differenziamo tra Lucifero che è affine alla qualità della luce e Arimane
che è affine alla qualità dell’elettricità e magnetismo, così comprendiamo i
fenomeni della Natura. Tra i due vi sono i fenomeni del calore.
A tiny handful of men will make good and thus insure their survival in
the sixth epoch of civilisation. This tiny handful will have attained
selflessness. The others will develop every imaginable skill and subtlety in
the manipulation and use of the physical forces of nature, but without the
essential degree of selflessness.
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In the seventh epoch of civilisation, this War of All against All will
break out in the most terrible form. Great and mighty forces will be let
loose by the discoveries, turning the whole earth-globe into a kind of [self-
functioning] live electric mass. (INTERNET?)
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