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40 ACCORDI DI CINQUE SUONI Come quelli di settima, anche quelli di nona si raggruppano in specie, a se- conda della diversa costituzione dei loro intervalli. Sono accordi assai importanti, ma, per le esigenze dell’armonia complementare bisognerd limitarsi allo studio dei pit usati, fra i quali la nona di prima specie e cio’ di dominante. L’accordo in parola si realizza in due «forme»: 1) Nona maggiore - data sulla dominante del modo maggiore. 2) Nona minore - data sulla dominante del modo minore (0 maggiore armonico). Come la settima, cosi anche la nona di dominante non si prepara ma rimane, invece, Pobbligo della risoluzione delle dissonanze (nona e settima) che risolvono nor- malmente sull’accordo di tonica. Ha quattro rivolti, ognuno dei quali presenta un particolare e interessantissimo aspetto (benché Vultimo sia scolasticamente vietato). In ogni modo Taccordo deve essere sempre disposto in maniera da avere la nona a distanza di nona dalla fondamentale e di settima dalla sensibile. Data a quattro parti si omette la quinta (fatta eccezione necessaria per il se- condo rivolto). Ecco gli esempi relativi: J == f d_|o ad e (Pir [tr = i Vere er vg ot ve 16 v§ 16 Tra le altre pit notevoli: quella data al II grado del modo maggiore (0 al IV del modo minore) : 119 di Do mage. Opp 1V® di La min. eal IV del modo maggiore stesso: La pia fervida e smagliante vita degli accordi di nona si manifesta nella lette- ratura romantica e particolarmente nelle opere di Franck, Wagner, Fauré, Puccini e Debussy. B. 5856 ©. 41 ACCORDI DI UNDICESIMA E TREDICESIMA Rappresentano le ultime possibilitd di accordi costruiti a sovrapposizioni di terze: si usano spesso incompleti : e hanno spessissimo carattere di appoggiature o di ritardi anzich® di reali accordi. LA MODULAZIONE Modulare significa passare da una tonalita all’altra. La tonalita ha due «rap- presentazioni»: quella melodica, data dalla «serie» dei suoni della relativa scala (maggiore o minore) nessun suono escluso. — Essere in Do maggiore significa «melodicamente» sentire tutti i suoni della scala stessa (in qualsiasi ordine) ma senza omissioni GH ss,+-] (8 26 5 4 7 4) I si mancante p. es. lascia il dubbio di un possibile sib; il fa mancante quello del fa, il mi mancante quello del mi b, ecc. La rappresentazione armonica della tonalita si ha, invece - come gid dimostra- to - con la «presenza» e la «sommay delle armonie (accordi) che rappresentano tufti i gruppi armonici - senza omissioni - e precisamente (per la logica «onale» stessa) nell’ordine: sottodominante, dominante ¢ tonica. Cosi p. es. la tonalita di Do maggiore ha la sua pid chiara e completa rappresen- tazione armonica nelle successioni: IVvot Nei riguardi del processo modulativo si distinguono : Tonalita in primo grado di vicinanza (vicine). Tonalita in secondo grado di vicinanza. Tonalita lontane. BE. 6856 ©. 42 MODULAZIONE AL PRIMO GRADO DI VICINANZA (TONL VICINT) I toni in primo grado di vicinanza sono quelli che portano in chiave una sola alterazione differenziale (in pit o in meno) rispetto a quella data (oltre al relativo tono maggiore o minore che non ha differenze nell’«armatura» della chiave). P. es. Sol maggiore (1 # in chiave) ha come toni vicini : 1) Mi minore (lo stesso # in chiave). 2) Re maggiore e Si minore (con 2 # in chiave). 3) Do maggiore © La minore (nulla in chiave). Si pud modulare ai toni vicini mediante vari sistemi, Tra i pit importanti To - Modulazione diatoni a) Per mezzo di un accordo comune. Il processo modulante si divide in tre momenti: 1) Tono di partenza. 2) Accordo comune - consonante o dissonante - che appartiene - sotto due aspetti diversi (cio& come grado diverso) - sia al tono di partenza che a quello di arrivo e che stabilisce i] epunto di entratay nel nuovo tono. 3) Tono di arrivo stabilito e confermato definitivamente dagli accordi che rap- presentano in sintesi la nuova tonalita. Si voglia modulare da Do maggiore a Mi minore: posto l’accordo di Do come punto di partenza si fara seguire la triade di Sol: 1 V di Do Maggiore III di Mi minore la quale, mentre & Paccordo di dominante del tono di partenza, rappresenta Va cordo del {17 grado del tono di Mi minore stabilendo cosi il legame pitt ovvio fra le due tonalita. Si faranno seguire i gradi IV-V e I del tono raggiunto ¢ la modulazione (per quanto brevissima e sintetica) sara completa: I VdiDoIv V I Idi Mi Evidentemente la modulazione potra essere ampliata (e resa quindi pit evidente e gradevole) mediante I'uso di un maggior numero di accordi (consonanti, disso- EB. 5856 C. 43 nanti, fondamentali o rivoltati) concorrenti alla maggiore chiarificazione del pro- cesso di «eambiamento di tono», p. es. es 1 VaiDo Iv ‘vie 16 v6 If v7 1 Midi Mi L'accordo comune pud perd, in molti casi, appartenere gid al gruppo armonico di sottodominante; in tal caso si pud passare subito al gruppo armonico di dominante e confermare poi il tono raggiunto mediante adatte cadenze conclusive. Nel caso di modulazione da Do maggiore a Mi minore: I VidiDo v 16 m6 Vv Tv IV di Mi Ancora: (gruppo di SD) Laccordo comune pud, invece, appartenere al gruppo armonico di dominante. Se si tratta dell’accordo di dominante vero e proprio sara bene passare subito in ca- denza evitata oppure risolvere in tonica rivoltata (per non conchudere) e poi proce- dere alla stabilizzazione del tono con gli accorgimenti armonici gid studiati. Modulando da La minore a Fa maggiore si avra: I Wldilavir ug 1 v7 T V di Fa Se si tratta, invece, di una triade di sensibile (evidentemente allo stato di § bi- sognera per forza risolvere subito in tonica (rivoltata perd, per il motivo gia det- to) e fissare poi il nuovo tono con le cadenze necessarie: Modulando da La minore a Do maggiore si avra: I USdita 1® Iv 1g v7 I VIISdi Do B, 5856 Cc. 44 Fra i toni vicini, perd, Vaccordo di tonica del tono di partenza & gid quasi sem- pre accordo comune, appartenendo sotto due aspetti diversi alle due tonalita. La modulazione, in tal modo, @ pitt facile e si sviluppa ancor pit semplicemente : Passando da Do maggiore a Mi minore si otterra : = Idi Do Iv VIIé 16 116 v7 I ‘Vidi Mi Data la strettissima parentela esistente fra i toni vicini si pud anche «attaccare» imme- diatamente (cio subito dopo quello di toniea del tono di partenza) V’accordo di tonica del tono di arrivo (che poi 8 quasi sempre comune) facendolo seguire (anzi- ché precedere) dagli elementi armonici necessari alla conferma del tono stesso Passando da Fa maggiore a La minore si avra: I WidiFa Wé v mous i v7 1 Tdi La(e gia - quindi - accordo comune) Un caso particolare ¢ interessante si presenta quando l'accordo comune fra i due toni @ il III grado del tono maggiore di arrivo (comunque si parta da un tono maggiore 0 minore). Si_pud usare (come spesso fanno i grandi autori, come p. es. Beethoven) un pro- cedimento spiccio che si vale di un movimento «per linea» del basso che porta subito - dopo il TIT grado attraverso un V3 - alla tonica voluta, senza toccare al- cun accordo del gruppo di sottodominante. . Comunque V'armonia di sottodominante potrd «seguires in forma di cadenza pla- gale aggiunta. Ecco un caso: passando da Fa maggiore a Si b maggiore: = I VidiFa V8 1 I6 IV I Til di Sib (Cadenza plagale) b) Per mezzo del suono caratteristico. Lielemento essenziale per la modulazione @ certamente il suono caratteristico che differenzia le due tonalita. Si pud quindi tralasciare il «ponte» dell’accordo com ne per passare a un tono vicino, ricorrendo invece a un accordo che contiene il BE. 5856 Cc. 45 suono caratteristico (e che - percié - appartiene subito ed esclusivamente al tono @arrivo). Tale sono caratteristico sara inquadrato (a seconda dei casi) in un’armonia del gruppo di sottodominante 0 di dominante. Passando da Do maggiore a Sol maggiore il suono differenziale caratteristico fa # sara inquadrato in un’armonia del gruppo armonico di dominante del nuovo tono: TdiDovM®diSolI® 116 1 V7 I Passando da Do maggiore a Fa maggiore il suono differenziale caratteristico stb sari inquadrato in un’armonia del gruppo di sottodominante del. nuovo tono: Idi DoIV6diFa VE 1 ug v T I casi ora trattati riguardano solo modulazioni verso toni maggiori. Nel caso di modulazioni verso toni minori bisogna tener presente che il modo minore ha due suoni caratteristici (nei confronti dei suoi toni vicini) e precisamente il suono caratteristico fissato dall’armatura della chiave ¢ la sensibile (cioe il VII grado alzato). La sensibile basta gid da sola a indicare con assoluta chiarezza il tono da rag- giungere, ma V’altro suono differenziale (stabilito «in chiaves) rende, naturalmente, completo il senso della modulazione. I due suoni caratteristici - nella modulazione - possono servire successivamente o simultaneamente. Nel primo caso sara il suono differenziale in chiave che avra la precedenza, men- tre la sensibile alterata apparirA per ultima, (Passando infatti p. es. da Do mag- giore a Mi minore, il fa $ indica evidentemente «allontanamento» da Do, col dub- bio iniziale fra il tono di Sol maggiore o di Mi minore. L'intervento successive del re #f chiarisce decisamente il tono da raggiungere. Modulando da Do maggiore a Mi minore si avra dunque: Tee yillg een ova eee, suono differenziale _sensibile alterata “in,,chiave 5858 Cc. 46 Nel secondo caso i due suoni caratteristici dati insieme nella stessa armonia sta- piliscono subito senza dubbio il tono verso il quale si modula, Ecco Vesempio, sempre da Do maggiore a Mi minore: 1 'v@ 1 6 vg v7 1 Ile - Modulazione cromatica. B una cvariante» della modulazione precedente e si realizza in modo che il suono caratteristico (nel minore - come si @ visto - il suono caratteristico «decisivo» la sensibile alterata mentre quello stabilito dall’armatura della chiave non @ stret- tamente necessario — ma comunque utile — all'«ntelligenza» della modulazione) «ar- rivio per semitono cromatico. Percid nel tono di partenza bisogna cercare un accordo che contenga un suono che alterato cromaticamente (in senso ascendente o discendente) diventi il suono caratteristico del tono d’arrivo. Il processo cromatico deve avvenire naturalmente nell’ambito della stessa «parte» per evitare la falsa relazione di unisono o di ottava. Con tale sistema la modulazione da Do maggiore a Mi minore si pud eseguire nel modo seguente I Wu viz 1 me v I I vari tipi di modulazione visti possono condurre sia alla modulazione stabile © a quella transitoria. Nel primo caso il tono raggiunto @ confermato definitivamente’dalle formole ca- denzali che stabiliscono fortemente il nuovo ambito tonale. Nel secondo, la modulazione porta a un tono che - mancando le necessarie con- ferme armoniche - 2 ancora (per chi ascolta) grado del tono precedente al quale si ritorna, oppure 2 un elemento che trovera «posizione» in un prossimo tono «stabile». Ecco due esempi: Tovu7 1 v7 1 W§ t u Modulazione transitoria a Re minore che rémane I grado di Do E. 5856 C. 47 Iwo? «x ug 1% v7 I VI Modulazione transitoria a Re minore che diventa VI grado di Fa MODULAZIONE AL SECONDO GRADO DI VICINANZA Modulazione diatonica. a) Per mezzo dell'accordo comune. & basata sul principio gid notato per la modulazione ai toni vicini «polivalenza» di un accordo. Dato che i toni in secondo grado di no avere almeno un, accordo in comune (consonante o dissonante) bisogna appunto rieorrere al procedimento gid studiato per condurre In modulazione. Bisogna perd tener presente che V’accordo in comune @ talvolta insolito perché ricercato. sui gradi melodici delle scale minori o sui gradi armonici di quelle maggiori. Volendo modulare da Do maggiore a Si b minore, 'accordo comune sara sempli- cemente: fa la do. Tale accordo @ sottodominante del tono di partenza e dominante di quello di arrivo. Ma modulando da La minore a Mib minore l'accordo comune potra essere sib re fa allo stato di primo rivolto. Reppresenta Ia sesta napoletana di La minore € nello stesso tempo la dominante (rivoltata) del nuovo tono. Ecco la realizzazione: I U6Nap. I 16 1 vw I ve Cosi, modulando da Sol maggiore a La minore la triade di dominante di Sol corrisponde alla triade del IV grado melodico del tono di arrivo: rov vue © Iv Vv 1 IVmelodico B. 48 b) Per mezzo dei suoni caratteristici. Mentre i toni in primo grado di vicinanza si differenziano per un solo suono ca- ratteristico i toni in secondo grado di vicinanzn hanno varie e spesso molte alte- razioni differenziali. L’accordo modulante dovra quindi contenere in sé, non tutti, ma quei suoni che caratterizzano senza tema di confusione il tons da raggiungere. E si tratta quasi sempre della sensibile - specie per i toni minori - e della con- trosensibile, spesso, anche, riunite nella stessa armonia. Modulando da Do maggiore a Mib maggiore le alterazioni differenziali sono da- te dai tre bemolli: si, mi. la. L’accordo modulante non potrd contenerli tutti ¢ tre. Bastera, in esso, la presenza del la b per indicare con chiarezza la direzione della «marcia» modulante e le armonie successive stabiliranno definitivamente il senso del nuovo tono: 1 vue 1 16 1g v7 1 Modulando da Sol maggiore a Re minore l’accordo comune avra in sé il do#, suf- ficente da solo a indicare il tono da raggiungere : 1 ove iw we if v7 I Modulazione cromatica. Essendo una variante della modulazione per mezzo dei suoni caratteristici sara necessario che il cromatismo faccia «entrare» nell’accordo modulante i suoni che maggiormente delineano il senso del tono da raggiungere. Cosi passando da Fa maggiore a Mi b minore si potranno alterare contempora- neamente il la e il do che, insieme alla sensibile, saranno inquadrati in un accordo di nona di dominante del nuovo tono: BE, 5856 0: 49 E passando da Sol minore a Mi minore Vaccordo modulante conterra sia il re # che il si per indicare il percorso nella direzione del nuovo tono: eeeele. vi oVI ug v I Modulazione per mezzo del cambiamento di modo. E una particolarita della modulazione cromatica e consiste nel mutare modo - appunto cromaticamente - all’accordo di tonica del tono di partenza (trasformando- lo da maggiore a minore o viceversa) in maniera da renderlo cosi «partecipante» - in qualita di grado del nuovo tono - alla modulazione. Passando da Do maggiore a Sib maggiore si avra: dy_@y vg mg v 1 aD 8 id Da Re minore a Sol maggiore: 1 Witty lee I Modulazione per mezzo della transizione. Sistema rapido di modulazione che unisce direttamente la tonica di partenza con quella d’arrivo legando un suono comune fra i due accordi, sia che si tratti di un suono naturale che enarmonico. La modulazione sara confermata poi dalle formole cadenzali necessarie. Modulando da La b maggiore a Mi maggiore il suono comune & enarmonico (la b = sol #): . E. 5856 Cc. 50 Invece da Fa maggiore a Re b maggiore, il suono comune é il fa stesso: rot ugm7 = v7 I Modulazione enarmonica. Come si vedra nel capitolo che li riguarda, esistono accordi aventi la possibi- lita - attraverso la trasformazione enarmonica - di vari significati per cui han- no una «polivalenza» che li rende partecipi di varie tonalita. Cosi: passando da Sib maggiore a La minore la trasformazione dell’accordo di settima di dominante dell’accordo di partenza in accordo di sesta eccedente di quel- lo di arrivo permette di raggiungere rapidamente il tono voluto: Modulazione per mezzo di cadenze d’inganno. Tutte le cadenze d’inganno (vedi capitolo relativo) hanno in sé il germe della modulazione e servono appunto a «ingannare» il senso della tonalita data per porta- re subito al tono nuovo. Ecco un esempio da Do maggiore a La maggiore : MODULAZIONE AI TONI LONTANI Mancando fra i toni lontani qualsiasi accordo comune (naturale) la modulazio- ne diatonica diretta @ impossibile e bisognera semmai raggiungere diatonicamente un tono «ntermediario» che sia in primo o secondo grado di vicinanza rispettivamen- te col tono di partenza e di arrivo. Cosi da Sol minore a Fa # maggiore si potri scomporre la modulazione in due momenti: modulazione (transitoria) da Sol minore E. 5856 c, 51 a Re maggiore (2° grado di vicinanza) e poi dallo stesso Re maggiore a Fa # mag- giore (2° grado di vicinanza): Iv © vile 1 v7 I da Sol minore da Re maggiore a Fag maggiore a Re maggiore Evidentemente perd le modulazioni cromatiche, per transizione, enarmoniche, ect sono assai pit adatte, e i procedimenti relativi sono esattamente eguali a quelli gia visti per i toni in secondo grado di vicinanza (tanto pid, quando si consideri che molti didatti distinguono solo i toni in vicini e lontani). Nella pratica degli autori le modulazioni trovano molte altre e originali sinter pretazioni» che appunto distinguono l’arte dalla scuola. Solo l'analisi delle opere dei grandi musicisti pud svelare veramente iJ mondo poetico della modulazione, che non é mai puro elemento tecnico, ma viva ed espres- siva «parolay del linguaggio musicale. Come si & gid accennato, tutti gli esempi di modulazioni proposti non sono che schemi sintetici e - quindi -'«modelli, che si possono, in ogni caso, ampliare con qualsiasi_ mezzo armonico che serva a meglio «spiegare» i procedimenti modulanti e confermare con appropriate successioni cadenzali_ il tono raggiunto. I programmi d’esame (oltre alla prova «praticay di modulazione) richiedono la co- noscenza delle modulazioni (ai toni vicini) nell’armonizzazione del basso d’armonia. assai difficile spiegare in sintesi come si debba interpretare un basso nei ri- guardi della modulazione. Solo l’insegnamento diretto pud chiarire tutti i dubbi del- Vallievo. Tuttavia alcuni principi generali possono aiutare a ben comprendere i vari casi dubbi: Anzitutto la modulazione - nel basso - pud essere espressa o sottintesa. Nel primo caso la presenza del suono o dei suoni caratteristici svela subito il tono da raggiungere e il tipo di modulazione (diatonica 0 cromatica). Nel secondo caso aleuni «procedimenti» del basso possono indicare i «momenti» nei quali si produce la modulazione. Di solito i suoni lunghi (pedali) indicano toniche oppure dominanti. Nel seguente basso in Do maggiore: il re lungo indica «modulazione» a Sol, in quanto il re non pud essere tonica perch® preceduto dal do bequadro, ed essendo seguito dal sol rappresenta senza dubbio la sua dominante. Nel caso seguente invece (sempre in Do maggiore): indica modulazione a La. Il la & quindi in funzione di tohica; e il re e mi prec denti il la lungo ne preparano il raggiungimento in qualité di sottodominante e do- minante. Ancora: molti procedimenti per linea (tetracordi) indicano con chiarezza certe modulazioni. EB. 5856 C. 52 Ecco infatti un caso in tono di Do maggiore: S———y La linea - sol ja mi re - indica senz’altro la modulazione a Re minore. Comunque Vattento studio del basso deve indicare, a chi possiede una suf- ficente musicalita, i punti nei quali la modulazione @ obbligatoria, dato che in certi casi la modulazione pud non essere necessaria e la realizzazione pud essere egualmente «musicales anche senza cambiamento di tono. Analizzando il breve passo seguente (in Do maggiore): Fy a So 3 3 Si vedra che: 1) Il tetracordo discendente sol ja mi re indica modulazione a Re minore. 2) Il si b (seguito da do) indica modulazione a Fa maggiore. 3) Il fa (controsensibile) che «risolve» a mi e do indica ritorno al tono base. 4) Il re mi la - chiara formola cadenzale - significa modulazione a La minore. 5) Il si, lungo, seguito da mi, indica modulazione a Mi minore. 6) Il fa naturale (e quindi non pit # ) riporta a Do maggiore, tono nel quale conclu- de il basso. Realizzando si avra: oe del basso _prestabilito) : 7 #S 7 #S 7 S 7 SF NB. - La progressione modulante pud diventare — B. 5856 ©.

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