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INTERVENTI Paovo Fasri Ferrara «DI VEDERE E NON VEDERE»: LO SPETTATORE ALL'OPERA 11 sucosnTone af Cepocomioo) ~ Debbo legere anche la ddascali? 1 carocouico ~ Ma sls! Glibo detto cento volte! LL, Pmanpatio, Sei personagl in cera dautore Fresco di qualche spettacolo,osifettendovi a freldo, mi sono chest pi d'u- ‘na volta: di un melodramma del passato, perché trovo indispensable che ogg si resttuisca in palcoscenico un testo letrario-musiale storicamente e filoloica- ‘mente accertato,e non ho invece la medesima esgenca sul piano visvo? Oppure: perché, nella iproduzione domestica di un‘opers, prefrisco atcltare alla cieca un (®, immaginandone la dimensione scenia, piuttosto che vederneun'esplictarea- Pybblchiamo qi con qualche aiomament, a elsione dbase ssa nella ton- «daa “La regia opera ta eur, terezie e atone para” nel X Clog di sic logs del cantor mosis (Bologna, Laborato DMS Marfan delle Ars 23 novembre 2h le Xl, 200, p99, ie rca rl regen nt oto megan cle precede tent di regia pone og wom diet, speratoriemusicolog side asl spre, sn ata una sora en pa piston lng emoe che a voleme percorrete a breve Pub ‘ede {conta di W. Oxtorr, Lopes dee lesne "on problema datas ber teatro doers, in La drammatrgs masa, acura, Bancon, Bologna, I Mitino, 196, pp 98-49 che sit daitrn «un ss dl Hans Pane dl 1923) ©. Gc, irene soe eri i Soi del pers dana, V: La petrol care 1. Blancon ¢ G- Pes, Trio, EDT, 1988, pp. 12.174 157-170; di Pron, La rep dal oper let. ie Gynec mi taeda en pe ie ae pes aca FN, Toon, Haul, 206 pp 951993: @F Gasat, Mine © teatro mati, n Largs Fuale Speco delle ie Bram dele mo. Leia aK san Ba le Pn S00 p98 ar Mrs ge Po icp a ris le ho Vc lena mec FE Macaocei Be Eaton! dl Pgine, 2008, pp. 93-11. Sllimporanea ~ woppo ese to Suntali san son tle pry Banca Hee ld tie a i 195, “WSuse i831, Un seo, fee pamper cen caren ne © abs del taro dei campo opernic, co: oo: Pa Bess, Ls mace, Ds, Pyar, 200. 360 PAOLO Fan lizzazione in DvD? (A scanso di equivoci: nel pormi il primo di questi due inert sti non mi rferisco a quella che molt, ma impropriamente, chiamano ‘esecuzio ne filologia’ a fiologia ha come punto d'rtivo quello che per lesecuzione & gi sto il punto di partenza,ossia proprio il testo accertato: sono dunque campi che confinano, ma hanno pertinence diversssime.) La tagione non sta nel fatto che m’interessa principalmente la musica, mentre sono indifferent alla sua proiezione teatrale: al contrario, per quanto mi & poss bile milto per asserire la dimensione drammatice della mosice d'opera. Piuttosto, tuna risposta che mi convince é che, pur essendo un‘arte la quale siespica nel tem po, a musica ha sistemi i scritura che consentono di fssarne con buona appros simazione schemi efusislla pagina, Tuto il resto dellimpastoteatrale i@giun to invece per schegge ¢ frammenti: indicazioni ~ esplicte o no ~ contenute nel libretto e nella partitura, didascalie, scenografie abbozzate 0 magari compiute ‘ma comunque bidimensionali igurni, proget di mite en scene, appunt dire! allusioni o descriioni in qualche recensione coeva. Neppure in presenza di tutte «queste plurime tetimonianze potremmo pensare di ricstruite i testo-spettacolo con la medesima fluid e eativa compiuteza che la partitura consent Da quiil velletaismo delle (poche) operazioni di allesiment fondat sul rip. stino di un presunto originale. Ricordo ad esempio un Errani o una Zauberloe di «qualche decennio fa, Timpiantoscenico dei quali mirava ariportae in vita quel pea, con risultatiprevedibilmente approssimati e monchi. Ma da qui deriva an- che quel senso di arbitraret e di blanda necessit che colleg la iletura della pa- gina musicale a quella della sua dimensione scenica. Insomma, propendere per La ‘raviata di Schippers o di Kleber mi pare sia solo questione di gust, perché entram- bis’ applicano ad una sostanza potenzialmente sonora assai dfinita: Visconti o Trina Broo fanno un lavoro pio meno azzeccato 0 apprezzabile, ma che gi in partenza Jha natura di mero acciente.Ipostatizzarlo, graie ai suppor che la tecnica og for rise, ¢ senz‘altro utile a scopi documentar a fini didatici (con le dovute cautele: ‘ella fruzione personae - almeno nella mi - il suo impliito porsi come testo com: piuto al pari di quello musicale fnisce per sembrarmi una forzatura cu ilutto. E appunto questo limite originario e sostanzale che pero da al riallestimento di un'opera del passito la libert di proporsi come rileturae strumento di medi zione per lo spettatore odiemo. Ma da ci on discende ~ a mio giudizio - che il patrimonio operistico storico possa conserasi un campo d’Agramante per le scorribande di regis e scenograf, magariaizati da direttori artistic giulivamente tesi afar parlare di sé. Proprio per questo mi chiedo: @ possibile individuere punti fermi esseniai sa per gi strict della musica operistica, sia per ali spettatori, i re- gist sl organizatoriteatrali? siamo in grado di mettere a fuoco nuclei d'intan- sibilta su cui piantare un cartello ammonitori: ne varietur? Enuncio sett di qu- sti punti che vorrei poter “fermare” 1. Intanto, un’owvietd: che perd non mi pare sempre onorata, ¢ dunque tale ‘non & nella prassi. Come per il direttore orchestra, anche per scenografi eregisti “DIVEDERE E NON VEDEEn: LO SPETTATORE ALL'OPERA 361 ‘2 norma del lavoro teatralestiano partitua libretto: per coglieme magari non la lettera, ma la sostanza si. Senza dimenticare, comunque, che la sostanza non pub ‘mai contraddire la lettera, da studare assmilare preliminarmente con attenzione « cognizione storia. Faccio un caso, minuscol in sé ma non minimo nei stoi pos- sibil effet. Nelle scene conclusive dell’ Elixir dantore, Adina riscata «il fatale contrat» arruolamento di Nemorino glielo resttuisce accompagnandolo ‘con le parole «Prendi: per me sei libero». Affermazione che non significa: per quel che mi riguarda, sei libero; bens: sei libero grazie a me, L’atteggiarsi dei du, le loro interrelazioni, me li aspetto diversi se si acotta una letura distratae impro- pia la prima) 0 quella davvero calzante (la seconds), coerente perdipi con esto della vicenda ma anche col caratere fin li esibito dalla protagonist, Se una «lac _metta» ~ iio meno «futiva» ~poteva rsultaresufficiente a salvare sia Nemorino sia il peccatore dantesco, una preposizioncella pud dannare un regisa i un Idomeneo berlinese sacrficato nel settembre 2006 sul’atate dell ‘easement abbiamo ltto tut con relative spericoate prese di posizion. Si parld soprattutto di un finale che portava fisicamente in scena i fondatori delle mapgiori confessionireligiose, accomunate in una medesima visione negativa. La preoceu- pazione ¢ lo scandalo si concentrarono sulla presenza di Maometto, ene intuiamo il perché, Nessuna voce, per quanto mi rsulta, si lev a chiedere se tale messagaio fosse anzitttoleittimo in riferimento al testo del abate Varesco e Mozart: che, in conchisione, vede il protagonista compiacersi della rtrovata amiciia di «tut i Numi» per i suo regno, e ubbidire «al cenno loro» abdicando di buon grado in favore del fglio. Come si vede, lesatto contatio di una denuncia anti-eclesa- stica (di qualsiasichiesa). Era Fennesimo caso di negarione del evidenza in favore compreso «Dove so- ‘noi bei momenti» il pid sidereo dei lament d’amor perduto, che perb prende le ‘mosse da inequivocabili~ e magari oggi sgradevoli~ considerazion cassis: «oh elo, a quale | umil stato fatale i son ridottay, al punto da dover «cercar da una Inia serva aitals, Impensabile, owiamente: e dungue occorrera non ignorare il problema. Oggi spesso assistamo a riambientazioni primo-novecentesche di testi dei secol precedent, e tuto sommato senza eccessii danni. La ragione di questa buona “tenuta” tetra sta @ mio avviso nel fatto che tante dinamiche social, pur se attenuate, fino @ 60-70 anni fa non erano poi cambiate di molto, SPETTATORE ALLOOPERA 363 4. Tra gli aspettiprofondi che - secondo me ~@indispensabile resttuire, met to anche il ritmo drammatco, la grande forms, In anni ormai sempre meno recenti i mondo del teatro ha molto insistto — talvola fin troppo ~ sulle sue component ‘non verbal, Spesso perd tutto questo pare ogg tadursi in comportamentischizo- frenici: rega, scene ¢ costumi prendono strade propre, ignare o disintressate alle forme di comunicazione letterario-musicale predominant nel testo complesso cui dovrebbero contribuire. Peradossalmente, una sia pur sacrosantarivendicazione a non appiattte i teatro sulle sole component testuali scrtte non di spesso luogo ad una superiore efinalmente plurima unitariet2, ma registra il rciproco ignorars, «quasi da “separat in case”. Cos il repst fnisce per essere un nemico in pid ei pit fficace, purtroppo ~ nei confront di ogni sforzo per affermare che il teatro ‘musicale @ anziutto teatro, ¢ che una paritura teatrale non la si pud valutare 0 analizzare come se fosse una sinfonia. Da un lato il tentativo di sotoineare — si dare, perfino ~ quanto di drammatico c& nella pagina musicale dal altro un ope- rare senza la minima considerazione per tuto questo, in piena snarchia culurale © trattando il testo come un pretesto. "Non palo di azioni che contraddicono la natura delle opere, che sono aspeti ‘magati pit opinabil: ad esempio, testi scabrie violent in musica, anestetizzati da arrei sontuos leur visi edulcoranti(penso a una Parisina di Donizetti uscita ‘qualche anno fa dai laboratori della Scala). Mi rferisco invece alle articolazioni ddl testospettacolo: division in ati distinti ¢ chiaramente pereepibli (ridurre un Finale att a situazione intermedia vuol dite minare il progetto drammatur- fico generale), nessi fra struttura della scrtturascenica e scenografa (pena il dis- solvimento di ogni liaison des snes in un'opera metastasiana, ad esempio),sotto- lineatura delle archterture formal (“numeri”) che scandiscono il ritmo seenico ‘La costriione alla scenografia unica impoversce fatalmente i testo-spertacolo non, ‘tanto perché non “rspetta” le didascalie del libretto, ma proprio in quanto ~ per scelia trascuratezza ~ azzera disposiioni volumetric di quelle architetture so- nor, indispensabili se riporo in seena un'opera concepita a numeri chius. Tutto si riduce @ un unico, confuso polimero che non trasmerte alcun disegno formale. Non si obiett che una soluzione versa impoverrebbe ancor dip le risorse eco rnomiche del teatro, perché per rendere evidente quanto sto auspicando sappiamo bene che le soluzioni registiche possono essere molteplici ‘Anai, mi spingo ancora pi in li per sotolineare, in certo repertori, a neces: sita di ripristnare una dialeticaspazile tra scena langa e scene corta, e ta inter- no/estemo, aperto/chiuso nelle ambientarioni. La sclta di situare La Favorit (al Comunale di Bologna, alcuni anni fa) in una sorta di sala cinematografica da paese del Socalismo Reale era di per s€ poco amena e comunque incomprensibile: le vo ci del chiostro o quelle voluttuose del «site délicieux, sur le rivage de I'lle de Léon» 0 dei jardins de fAleazar» vi avevano identica “visonanza” visv notono squallore ben poco consono alle ambizioni ci couleur bistorique di una par titura da grand opéra); quella scatola a profonditafista costringeva alle sue misure _qualsiasisituazione, intima 0 di massa che fosse,indifferene ai risvoti della par- ticurae alla diversa funzionalica delle situazioni drammatiche 364 PAOLO FABRA Lo steso vale per la campatacronolopca, serrata ~ un giomo ~o invece di scontinua, centrifuga. In tutti Don Giovanni cu ho asssito, ad esempio, a festa alla fine de prim'ato Tho sempre vista ambientata di notte. Ma Da Ponte & chia risimo: siamo in pieno giomo, eal culmine di una parabola anche laminosa da {uel punto in poi declinante. L’oper initia ad ore antelucane (a «Note» delle sordio I, cadavere del Commendatore illuminato dai servi che portano di: vers lamin, I, 0) B «Alba chiara» quando giunge Elvira «in abito da viaggio» rmentre Leporello e Doa Giovanni parlortan (I 1¥), e mattino pieno per la festa campeste dei contadinot. I ballo cui vengono invtati ne piani di Don Giovanni deve durare allinciea da mezzodi a tuto il pomeriggio (fn che vien notte», di- ce, xv): quell che toviamo appisolatin I, xv e poi ridesati dal «Si sveglatevi da bravi> del padrone di cas (I, xv) stanno facendo la classca pennichella. Ce Piena lice allesterno quando Leporelloallafnestraadocchia le «maschere galan tin (, x22), e pute alintemo nella «Sala liuminata» pe la «gran festa di ballon Alnizio delf'ato II «siam verso sera», precisa Don Giovanni (II 1) Il erudele inganno a Donna Elia, che segue immedatamente,&propiziato dal favor dlle tencbre crescenti («Si fa notte a poco a poco», I,m), tenebre che sono elemento costittivo del Sesteto che segue («Sola sol in buio loco», I, vi). Doveva man- tare poco alle 19 quando Don Giovanni e Leporello seavaleavano il mureto del ‘imitero, in una sea rischiarata dalla luna (I, x ce lo die con precisione Don ‘Giovanni steso,che ha estat il suo orologio (cancor non sono | due dlla not te>: 29 ottobre 1787 a Praga il sole sari tramontato pit o meno vers le 17) La statua palant gi vaticina la morte «pri delaurora>. Abbiamo pei Vinvito per auella sera sea, Iuima cena durante la quale Don Giovanni rischiara le tene- bre con un lume per accoglire 'ospite (Il, 31). Poco dopo alla stessa porta, nel pieno di quella medesima note, busseranno gli lei «con ministri di gustiziny {scena ultima). Crediamo davvero che una scansione cos! minuzioss ¢ sera sia solo un vuoto omaggio ad una delle famigerate unit aristotelche? F pensiamo Tis indiferene sezionae ediluire tanta consequenzait,o vicevers resiuire compat Tulino gioeo di vita dellempio ibertino che rotoa senza sosta verso Ja sua punizione? 5. Ancora, Appunto perché struttura multimediale complessa,trovo poi sba liao obbligare il testo-spettacolo ad una pienezza uniforme anche laddove i suoi sutori vi abbiano temporaneamente (e motivatamente) rinunciato. Trasformare ad csempio in pantomima una sinfonia avanti opera, prevsta a sipario chiuso, equi vale a snaturame profondamente il senso, a banalizzame la funzione e renderla del tuto simile ad eventual ball intern, oa “introduzioni analoghe”: dei quali, all'oc- casione, non si riuscira pita cogliere la speciticita,né la rarita. Di cecente (2004), Sascha Waltz in Dido and Aeneas ha addirttura esteso movenze coreografiche al- Tintera parttura di Purcel, da capo a fondo, con assolie cori perennemente "dan: zati”: se la Tebe di Edipo era flagellata dalla pestilenza misteriosa, la Cartagine di Didone pareva colpita dal ballo di san Vito. -DIVEDERE E NON VEER: LO SPETTATORE ALL/OPERA 365 6. Ho tenuto per ultime le eventuali manomissioni del testo, comprese le ela- borazioni, amplificazioni, manipolazioni elettroniche del suono (owviamente in te- sti che non le rchiedano}, Sono ateggiamenti che non eredevo potesscro far com- parsa nell stagioni opera: perdipi m‘lludevo che da qualche decennio a questa parte andasse prendendo sempre pid piede Fabitudine di basare i prop allest- ‘menti su test in ediionicrtiche o comunaue storicamente veriicati eattendbil. Se ino a:non molto tempo fa mi avessero detto dellimpiego di suoni artefact in tear ein contesti che iimporrebbero naturali, avrei pensato a ripieghi un po’ patetici: un mezzuccio per cantantidilertanteschi prvi della tecnica di base bi sognosi di qualche “aiutino”, Vespediente di teatri di quart ordine, Vorecchio di stratto 0 eccessivamente disinvolto di responsabili musiali che non guardano troppo peril soil. Ma sono anche sei ben pit titolate (0 pretendent tali) che taloa scorrono alle medesime manipolazioni, e senza che Ia critica musicale ~ mi pare ~ abbia nul- Ja da eccepire. Un dato sconcertante & che similiforzature non vengono adottate solo in contest di per sé acusticamente problematic: grandi arene allaperto, pt Iazzeti dello sport adibiti pro tempore a teat. II malvezz0 sta prendendo piede anche nelle sale al chiuso, per quelle medesime sedi dove storicamente sono nate si sono esepuite quelle stsse partcure che ora vengono sortomesse al mortfican- te trattamento degli estrogen sonori (ad esempio, un Capuleti e Montecci di Bel- lini, 1830, montato qualche anno fa nello storico teatro Alighieri, 1852, pr il Ra- venna Festival: , se ho ben capito, analoga malasortesta per toccare alla Traviata programmata nel medesimo Festival 2008). Un suono ampliicato @ anzitutto un suono distort: gonfiato ma senza auten- tiche rsonanze, ¢ dunque paradossalmente anche appiatito, itrigidito, Se un can- tante non he capacita di far viegaiare i suoni che produce, non & un vero cantante ‘ma un diletante con buoni mezzi ¢ necesita di tanto studio: dungue, i diretori autistci non lo seritturino e non incenivno il dlertantismo. I reps pretendono di far cantare da posizioni di paleoscenico “impossibii"? Singaggino quel dav- vero bravi,consci che sulla musica stanno lavorando, che la musica ha sue pro- pric esigenze. Non riesco a vedere qualche altraragione per cui in un teatro (un vero teatro, non uno spaziorabbercato alla bell’e meglio) si dovrebbe fare ricorso| ad interventi artificial in maniera platealmente antstorica. Oppure si pensa che Ia ‘pagina scrtta da Bellini sia solo un punto di partenza,¢ oggi necesiti di adegua- ment tenici che la rendano fonicamente pi attuale? Se sha questa convinzione, pil serio sarebbe non riproporla erivlgere le proprieattenzionialtrove. Isuono amplficato @ infatti anche un suono drogato. E Vequilbrio con le a ‘re fonti sonore? Amplifichiamo tutto? stupefacente constatae, in chi accondi scende ali espedienticitati, una ben scarsa considerazione della sonorti come va lore dart e di storia. Dico stupefacent, dato che di musica stiamo trattando: se non si ha attenzione ¢ amore peril suono, perché occuparsi di musica? Intervent tanto devastanti rispondono solo al crtero della pi clementare funzionalit: farsi sentre, sentire meglio (o per meglio dire: sentire di pid). Ma ascolto musicale non 36 _ PAOLO ARBRE si riduce alla mera capacita uditiva, implicando allo stesso tempo una finissima qualita sensorale. Se mi tivolgo alla musica d'arte (ticca di contenuto, complessa, fia di “dettagli” fondamental), quell ascolto ha necessita di poter cogliere ~ smultaneamente ~ moti dati, edi molti di essi tenere i ilo per tutta la durata del brano. Questioni come Vequilibrio fonico, il dosagaio delle part, il peso interno di suoni, non sono minuzie per maniac ma rappresentano una porzione fondan- te del suo apprezzamento e della capacita di sua leteura. I! bulldozer del! ampli ceazione distrugge tutto cid. 7. Ma c@ perfino di pepgio. Si era a malapena allontanato 'incubo di una trsta cedizione di Orfeo ed Euridie ixcolata per teatri romagnoli-emiliani (regia swoeliata © punitiva di Graham Vick), ed ecco che al Comunale di Bologna sinfierisce anche sulla sua versione francese,affidata alla dita Alagna (David repista, Fédérico sceno- ¢grafo, Roberto tenor). I testo di Gluck viene violentato con intromission e manc- ‘mission’ corpose. II regista ovwiamente si vanta di quelle prodezze,e chi dirige i tex ‘ro pi egge i moccolo preconizando nuovi supsi Leggo sul «Cortiere della Sera» del 10 gennaio 2008 baldanzosiproclami del regita «Ho gi reinventato il Cyrano di Alfano aggiungendo alla partitura anche musica scritta da me, eho in programma tana Carmen a modo mio per lo Chiteler ci Parig. A metter in scena ua'opera cost com’é scritta sono buoni tut, Pimeressante &saperla ricreare, Ma capisco, in Italia Topera® come la Bibb, non si tocca”.“Einvece noi abbiamo intenzione di tocear- Ja, dinon fae cose scontate, rasicuranto inoffensive. Di tentare un approcciolaco alla sacral ica” aggiunge Marco Tusino, compositore e sovrintendente del Co- ‘munale», dando fra Taltro un nuovo colpo alla noble idea di lict. Dev'essere proprio questo Pesto di un teatro di regia che & progressivamente

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