You are on page 1of 3

LETTERA APERTA

I RISCHI DELL’INCONTRO DI ASSISI/2


Prima parte: tutte le religioni sono uguali?
Per scongiurare ripetuti ed efferati episodi di violenza in atto ormai da decenni in tutto il
mondo soprattutto da parte dell’Islam nei confronti dei cristiani, e al fine di mostrare come la
religione deve essere un elemento di unità e non di divisione tra gli uomini, da alcuni anni si è
pensato di ricorrere a incontri di preghiera tra le varie religioni esistenti nel mondo, nella speranza
che il guardarsi negli occhi, il parlarsi, il confrontarsi serenamente, insomma il cosiddetto “dialogo”
possa ottenere quell’accettazione delle diversità necessaria per una convivenza pacifica tra i popoli.
La massima espressione di questi incontri, si è avuta nell’ormai storico incontro di
preghiera ad “Assisi” del 1986 che ha visto riuniti nella cittadella del Santo i rappresentanti delle
varie religioni esistenti sul pianeta, idolatri compresi, con particolare riguardo per le tre religioni
cosiddette “monoteiste”: ebraismo, cristianesimo e islamismo. Quando si dà l’avvallo a queste
iniziative molto particolari non si possono nascondere i rischi cui si va incontro, soprattutto di
relativismo. Lo stesso Giovanni Paolo II era ben consapevole di questo pericolo: i suoi principi sul
dialogo tra religioni sono molto chiari, e usciranno più tardi nella “Dominus Jesus”, ma è pur vero
che i media non si fermano sui principi, ma sfruttano ogni possibilità di spettacolo e di dibattito e
aumentano il rischio di relativismo: infatti sono stati intronizzati su alcuni altari della basilica
del Santo, al posto del Santissimo Sacramento i più svariati idoli: induisti, buddisti, animisti con
scenografie e rituali del tutto improprie per un luogo sacro cristiano, mentre la statua della Madonna
di Fatima posta su un piccolo trono circondato da fiori bianchi e portata sulle spalle da pellegrini
cattolici con l’intenzione di impetrare l’aiuto di Maria in quella singolare “avventura ecumenica”, è
stata volutamente bloccata fuori dalle mura della città per non “suscitare reazioni negative nei non
cristiani”, hanno giustificato i promotori.
Insomma più che di preghiera si è trattato di una carrellata folkloristica di rituali
pseudo-religiosi, alcuni tribali, altri magici, che al limite si potevano rappresentare
dignitosamente in una qualunque sala civica, meno in un luogo sacro. A tale proposito il card.
Biffi ha messo in guardia i fedeli dal pericolo delle “cose buone” quando sono distaccate dalla fede
nel mistero di Cristo: “l’amore per la pace, il rispetto per la natura, l’atteggiamento di dialogo
sono valori relativi; quando si assolutizzano, diventano istigazioni all’idolatria”.1
Non è certo nostro compito giudicare le intenzioni di chi ha promosso questo singolare
incontro di preghiera, ma il dovere di giudicarne i frutti certamente sì! Questo lo abbiamo!
Infatti dai frutti di “Assisi 1986” si può dire in generale che la gente è rimasta scossa e confusa:
molti, considerando il cristianesimo una religione tra le tante, sono caduti nel tunnel del relativismo
iniziando ad abbandonare la Messa festiva, altri invece sono arrivati a pensare che quel terremoto
che ha colpito l’Umbria dopo qualche mese con epicentro proprio sotto la basilica del Santo, sia
stato un chiaro ammonimento del Cielo per far capire a tutti che Gesù non era affatto contento di
come si sono svolte le cose, e di come è stata trattata la Sua Santissima Madre!
Molti però si chiedono perplessi:
• Per qual motivo Dio anticamente ha stabilito con il popolo Ebreo un’Alleanza, in cui ha
rivelato sé stesso come l’Unico vero Dio, e gli ha affidato la missione di introdurre nel
mondo il Messia, Gesù Cristo, come unico Salvatore di tutti gli uomini, se alla fine dicono
che tutti possono salvarsi in forza della loro religione vissuta in buona fede?
Queste domande vanno chiarite bene a tutti i fedeli perplessi, altrimenti si viene indotti a
pensare che per la nostra salvezza sia sufficiente la nostra buona volontà, che basti credere in
un “Dio Creatore, Onnipotente che ci sovrasta”, un Dio che possiamo trovare, anche se con
immagini e nomi diversi, in tutte le religioni, mentre Giovanni Paolo II ribadiva spesso questo
concetto fondamentale: “Al demonio non dispiace il Dio della creazione e dell’onnipotenza; lui
attacca il Dio “dell’Alleanza”. Vale a dire che il demonio si serve perfino delle religioni, anche di
1
Giacomo Biffi, discorso pronunciato a Rimini, al meeting dei popoli il 27 agosto 1991

1
quelle monoteiste, per impedire agli uomini l’incontro col Dio dell’Alleanza, cioè con Gesù Cristo,
perché solo in Gesù Cristo si è compiuta e realizzata la Promessa e la Salvezza.

Seconda parte: le religioni naturali e la Religione Rivelata


In realtà nessuna religione è uguale all’altra, non solo perché, dal punto di vista naturale,
alcune si avvicinano di più al primato della persona e altre meno, ma soprattutto perché la fede
cristiana non si può ridurre nel modo più assoluto al rango di religione naturale, e nemmeno al
rapporto sacrale con un Dio sconosciuto, forgiato dalla ragione o dal solo sentimento religioso, un
Dio che rimane esterno all’uomo, com’è il Dio della Creazione e dell’Onnipotenza, mentre la fede
cristiana è innanzitutto l’incontro di amore con Dio fatto uomo, cioè Gesù Cristo. Scrive a tale
proposito don Ugo Borghello:“San Giovanni è lapidario:“Dio è amore”. L’uomo ha bisogno
dell’amore. “Chi non ama vive nella morte” (1 Gv. 3,1) L’uomo, cercando la fonte dell’amore in
sé, nelle proprie opere, o negli altri, rimane profondamente deluso, schiavo di un bisogno che non
può soddisfare; il suo amore rimane incatenato. Dal convincimento vitale che Dio ci ama, dipende
buona parte della nostra salvezza e tutta l’opera dell’evangelizzazione.”2
Le varie espressioni religiose nascono infatti dalla coscienza dell’uomo e fanno parte
della sua natura, tant’è vero che l’uomo viene definito “animal religiosum” perché, a differenza
degli animali con cui condivide, almeno per sommi capi, la vita biologica, è il solo che prega, che
cerca una risposta ultima al suo vivere, non dall’uomo, ma da “Qualcuno che lo trascende”. E’ la
voce della nostra ragione che ci spinge a cercare Dio, perché è Dio stesso che ha messo nel cuore
dell’uomo questo desiderio, questo anelito infinito che ci spinge a lui, e pertanto è una cosa buona
di cui il Signore si serve per attirarci a sé. Si tratta di espressioni di adorazione, di invocazione o
supplica rivolti a Dio che si concretizzano in “riti” particolari, diversi da popolo a popolo, e
che costituiscono la “fede religiosa”, di per sé molto importante perché talvolta contiene, come
afferma il Concilio Vaticano II: “I germi del Verbo”.3 Ma si tratta pur sempre di una “fede
naturale” che nulla ha da spartire con la fede cristiana perché è una fede che nasce dall’uomo, dalle
sue forze naturali e pertanto, come tale, soggetta a errori, a superstizioni o a credenze fideistiche. In
tutti i casi la religiosità naturale, unita alla buona fede e sostenuta dalla retta coscienza può
costituire un valido presupposto affinché la grazia, scaturita dal sacrificio della Croce, possa operare
nell’uomo non cristiano la salvezza di Cristo4. Ma le religioni non salvano, non hanno la forza di
redimere perché nascono dalla religiosità naturale dell’uomo ed egli non può salvare sé stesso.

Terza parte: Gesù Cristo, segno di contraddizione.


Ecco allora che Dio stesso è venuto in soccorso dell’uomo e non lo ha abbandonato
nell’ignoranza e nemmeno nell’incertezza soprattutto riguardo il suo destino eterno. Dio ha voluto
rivelare sé stesso prima nel Vecchio Testamento attraverso i Profeti, soprattutto Mosè, e poi nel
Nuovo Testamento attraverso l’Incarnazione del proprio Figlio, Gesù Cristo.
Pertanto il Dio cristiano non è venuto a proporci una nuova religione, anche se unica,
particolare, esclusiva, come aggiunta o completamento delle altre, assolutamente no! Egli è
intervenuto in soccorso dell’uomo e gli ha donato la “Salvezza” attraverso l’Amore del Figlio Gesù.
“La vera novità del Nuovo Testamento non sta in nuove idee, ma nella figura stessa di Cristo, che
dà carne e sangue ai concetti, un realismo inaudito”.5
In che cosa consista questa “salvezza” molti non lo sanno, o pensano che si tratti di una
salvezza terrena, dalle malattie, dalla fame, dalle calamità ecc. invece si tratta della nostra vita su
questa terra che non finisce qui, ma si apre alla Vita Eterna. Si tratta dunque di meritarci o no questa

2
Ugo Borghello, Liberare l’amore, la comune idolatria, l’angoscia in agguato, la salvezza cristiana, Ed. Ares, 2010/4
3
Concilio Vaticano II, Decreto Ad Gentes – Lumen Gentium n. 16.
4
S. Tommaso, Summa Teol, II, q.1-7
5
Benedetto XVI, Deus Caritas est, n. 12

2
Vita Eterna, visto che tutti dobbiamo morire. Gesù Cristo, riscattandoci col suo sangue, ci ha aperto
le porte del Paradiso, però sta ad ognuno di noi volerci entrare.
Salvezza significa paradiso, più che scampare all’inferno, e in paradiso ci va chi vive il
paradiso sulla terra. Salvezza vuol dire poter contare sull’amore di Gesù in ogni momento, un
amore più grande che permette di sentirsi amati anche quando gli uomini tradiscono (pensiamo a
quante famiglie soffrono per incapacità di amare). Senza Gesù presente, vivo, risorto, non c’è
salvezza ne’ su questa terra ne’ in cielo! Molti si salveranno per ignoranza: “Padre perdonali
perché non sanno quello che fanno”; però essere salvati per ignoranza è una grande disgrazia su
questa terra e nell’aldilà, per il purgatorio durissimo che dovrà purificare il cuore incapace di amare.
Il vecchio Simeone nel Vangelo, al momento di accogliere il piccolo Bambino Gesù fra le
sue braccia, esclamò davanti a sua madre che lo ascoltava trepidando: “Egli è qui per la rovina e la
risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione,(…)”. Come è possibile che Cristo sia
venuto per la “rovina?” Non è venuto per la salvezza? Ormai la figura di Cristo, vero Dio e vero
Uomo focalizza in sé tutto, sia il Vecchio che il Nuovo Testamento e pertanto Egli è segno di
contraddizione, cioè rovina per chi lo rifiuta, e salvezza per chi lo accoglie. Non c’è più una via
di mezzo: o lo si ama, o non lo si ama; o lo si accoglie o lo si rifiuta con tutte le conseguenze che ne
derivano per la nostra salvezza eterna. Anche gli Ebrei sono stati sottoposti a questa prova e non
hanno creduto in Lui! San Giovanni nel Prologo del suo Vangelo è chiarissimo “La legge fu data
per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. (…). (Gv. 1,17).
Perdere, rifiutare o fosse anche solo sottovalutare la fede in Gesù Cristo, vero Dio e
vero Uomo, Unico Salvatore, al punto da far esclamare a San Pietro che “Non è dato sotto il
Cielo un altro Nome per il quale possiamo essere salvati” (Atti, 4,12), ha delle gravi conseguenze
non solo per i cattolici, ma per tutti i popoli di tutto il mondo.
• Escludere Cristo è privarsi dei Suoi Sacramenti che sono i mezzi della Grazia che ci fanno
partecipi della Vita divina e orientano la nostra vita sulla terra verso scelte giuste e valide
per il bene nostro e di tutta l’umanità, cioè la cosiddetta “economia sacramentale”.6
• Emarginare Cristo diventa un peccato grave contro lo Spirito Santo, quasi un “deicidio”,
perché senza Cristo viene annullato lo stesso “Amore” su cui è fondato il cristianesimo. Per
questo sta avanzando sempre di più l’odio, la vendetta, il crimine, la malvagità sulla terra.
• Invocare un Dio vago e indefinito, sullo stile di come gli antichi adoravano i loro dei senza
volto, mentre Egli stesso ha manifestato la sua vita intima, invitando l’uomo alla Comunione
con Lui, perdonandolo, chiamandolo “figlio amato”, erede del Paradiso, riscattandolo
attraverso il sangue di Cristo e destinandolo, come Lui, alla gloria della risurrezione, è
misconoscere e rinnegare i due “Misteri” principali della nostra fede: “Unità e Trinità di
Dio; Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo”.
• Ignorare Cristo per un cattolico significa ignorare la Chiesa stessa, uscita dal cuore di Cristo,
quale “Sacramento universale di salvezza” perché, sempre unita in modo misterioso e
subordinata a Gesù Cristo Salvatore, suo capo, nel disegno di Dio, la Chiesa ha
un’imprescindibile relazione con la salvezza di ogni uomo”.7
Pertanto, conoscere e difendere le differenze dottrinali e teologiche che esistono fra le religioni, in
particolare fra le tre cosiddette “monoteiste”, non significa affatto fomentare le divisioni, gli odi, le
ripicche e ancor meno le guerre di religione, ma vuol dire difendere la Verità che è lo stesso Gesù
Cristo e pertanto significa difendere la libertà di coscienza di ciascuno.
patrizia.stella@alice.it

6
Catechismo della Chiesa Cattolica, Compendio, n. 220
7
Congregazione per la dottrina della fede, “Dominus Jesus”, l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della
Chiesa. Ed. Dehoniane, Bologna, 2000

You might also like