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Anno accademico 2008/09

Homo consumens:
garanzia della
rigidità dell'ordine
nell'epoca della
modernità liquida

Tesina di sociologia della cultura


Professore Guido Cavazzani
Realizzata da Aluigi Matteo
Indice dei contenuti
1- Introduzione: sulla modernità liquida e sulla
rigidità dell'ordine

2.1- Che cos'è la rigidità dell'ordine?

2.2- Che cos'è un libero agente umano?

3.1- Homo consumens (generalità)

3.2- Homo consumens (relazioni umane)

4- Conclusione: homo consumens come garanzia della


rigidità dell'ordine nell'epoca della modernità liquida

Bibliografia

– “Modernità liquida” di Z. Bauman, editori Laterza (2008);

– “Amore liquido” di Z. Bauman, editori Laterza (2008);

– Appunti delle lezioni di sociologia della cultura tenute dal


prof. G. Cavazzani durante l'a.a. 2008/09;

– Siti Internet [http://it.wikipedia.org/wiki/Zygmunt_Bauman],


[http://www.kainos.it/numero4/recensioni/modernita.html] e
[http://www.kainos.it/numero4/recensioni/amoreliquido.html].
1- Introduzione: sulla modernità liquida e sulla rigidità
dell'ordine
Tanto per far emergere sin dall'inizio il carattere quasi “paradossale” - paradossalità socialmente ma
tacitamente accettata-, al limite del quale ci ritroviamo ogni qualvolta ci figuriamo concretamente
quello che le analisi del sociologo polacco Bauman portano alla luce in linea teorica, notiamo come
ad epitome di un libro, che ha per oggetto la cosiddetta “modernità liquida”, possa esser presa una
frase quale“la rigidità dell'ordine è il prodotto e il sedimento della libertà degli agenti umani”1.
Di fatti, il sociologo in questione è noto come il teorico che “ha tentato di spiegare la
'postmodernità' usando le metafore di modernità liquida e solida”2, giungendo infine ad etichettare
l'odierno stato sociale e culturale delle cose con il titolo di “modernità liquida”. Allora, come è
possibile che un'opera, volta a sostenere la tesi che l'intera modernità “fin dall'inizio fu un processo
di liquefazione”3, possa esser poi esemplarmente riassunta in un enunciato che predichi una
“rigidità dell'ordine” attuale? Con l'intento di rispondere a questa domanda, svilupperemo ora una
riflessione che spero, oltre ad esaurire -seppur in maniera grossolana- la nostra questione, riesca
anche ad esplicare il pensiero di Bauman per linee generali, senza mai presentarlo in modo
sistematico e diretto.

I grandi pensatori, intraprendendo analisi sociologiche, sono soliti richiamarsi a suddivisioni


dicotomiche, che da un canto descrivono le caratteristiche costitutive della società a loro
contemporanea e dall'altro quelle delle Gesellschaft precedenti. Marx ad esempio considerò il
sistema sociale instauratosi a seguito della rivoluzione industriale del XIX secolo come il “modo di
produzione capitalistico”, contrapposto a quello “feudale” antecedente; o ancora Durkheim parlava
di una società basata su di una “solidarietà organica” che aveva rimpiazzato quella incentrata su di
una “solidarietà meccanica”. Da parte sua, Bauman, prendendo a prestito fra le nozioni di fisica
quelle inerenti gli “stati” possibili della materia, ci parla di una “modernità liquida” come frutto del
superamento della “modernità solida”. Spiegando in breve, il sociologo polacco ottiene, come
risultato delle sue variegate analisi, il fatto che la società contemporanea – a differenza di quella
presa in esame dalla teoria critica, che si qualificava come “modernità
pesante/solida/compatta/sistemica”- appare sempre più come un sistema “leggero,fluido,capillare e
reticolare”4. Fuor di metafora, se un tempo le norme e i valori culturali -quindi etici, sociali e
politici- riuscivano a permanere come fondamenti costitutivi di una Gesellschaft -o di una
Gemeinschaft- per un certo periodo affatto irrisorio, oggi, per contro, tali leggi e valori s'estinguono
all'atto stesso del loro concepimento, in quanto anch'essi soggetti alle rivoluzioni incessanti che si
susseguono nell'era del tempo istantaneo. Nonostante ciò, Bauman, già a partire dalla Prefazione di
“Modernità liquida”, ci parla di una “rigidità dell'ordine” sedimentata -e aggiungerei cristallizzata-
all'interno di questa società fluida da lui presa in esame. Di che si tratta? Come spiegare
quest'apparente ma paradossale contraddizione?

1 Da “Modernità liquida”, pag X.


2 Da siti Internet.
3 Da “Modernità liquida”, pag. VII.
4 Da “Modernità liquida”, pag.15.
2.1- Che cos'è la rigidità dell'ordine?
Volendo individuare pure nel pensiero di Bauman una sorta di “materialismo dialettico”, notiamo
che l'espressione “fondere i corpi solidi” -ritrovata dal sociologo fra le pagine del “Manifesto del
Partito comunista”- a suo avviso si riferisce al “trattamento che l'esuberante e baldanzoso spirito
moderno riservava [e riserva, n.d.] a una società considerata troppo stagnante per i propri gusti […],
imbolsita com'era nelle sue consuetudini”5. In questo senso -di evidente stampo marxiano-, la
modernità è stata “fluida sin dalla nascita” proprio perché è riuscita -e riesce- a farsi strada solo
attraverso l'abbattimento, la “liquefazione” appunto di quei rapporti, di quelle norme e di quei valori
che ormai vengono recepiti come troppo angusti dagli uomini, uomini che con essi e da essi regolati
vivono. Quindi, secondo tale prospettiva dialettica, scopo di questo “fondere i corpi solidi” non era
“sbarazzarsi una volta per tutte da” essi e “liberare per sempre il bel mondo nuovo dalla loro
presenza, bensì preparare il terreno a corpi solidi nuovi e migliori”6. “I primi corpi solidi da fondere
erano le fedeltà alla tradizione”, alle quali seguirono tutti quegli obblighi ostacolanti l'emergere
della razionalità strumentale di weberiana memoria; conseguenza diretta fu la liberazione dello
spirito individuale d'iniziativa dai collanti dei doveri familiari e degli obblighi etici. Al tempo stesso
però, la bieca cancellazione del tradizionalismo e la vigorosa affermazione dell'individualismo
resero possibile il verificarsi di un fenomeno tanto innovativo quanto temibile: la “liberazione
dell'economia dalle sue tradizionali pastoie politiche, etiche e culturali”. Detto altrimenti, l'ordine
economico era ormai “immune dalle minacce dell'azione non economica”, dato che tutti gli
espedienti, che avrebbero potuto minare la sua solidità, vista la loro suddivisione in tante “monadi”
individuali, erano impotenti di fronte ad essa7. Forse, è partendo ancora una volta da un presupposto
di stampo weberiano -ovvero dalla convinzione che sia “la cultura a determinare la società”8- che
Bauman asserisce che sono le “leve politiche o morali” quegli strumenti sui quali far forza per poter
“modificare o riformare il nuovo ordine economico”; una volta “spezzate o indebolite” tali leve,
ecco che si abbatte ogni possibile e potenziale minaccia per la solidità del complesso economico.
Allora diciamo che “questo nuovo ordine sarebbe stato più solido di quelli che l'avevano preceduto”
non perché convertì “ai propri canoni il resto della vita sociale”, bensì in quanto “finì col dominare
la totalità della vita umana”, una vita i cui aspetti culturali erano diventati tanto liquidi al punto che
non poterono più nulla contro “l'inesorabile e costante riproduzione” di quell'impianto economico,
tanto stabile nella sua solidità da esser completamente insofferente a qualsiasi impulso refrattario
ma sostanzialmente fluido proveniente dall'interno9. L'eminente portavoce di questa concezione è
indicato da Bauman nella persona di Claus Offe , teorico tedesco epigono della scuola di
Francoforte e di Jürgen Habermas che, nel suo“The utopia of the zero option”, conia la frase attorno
alla quale si avvinghia tutto il presente elaborato scritto. Egli ritiene che “per quanto liberi e volatili
possano essere i sottosistemi” dell'onnicomprensivo sistema economico contemporaneo, in realtà
poi “il modo in cui [tali sottosistemi n.d.] sono interrelati è rigido e privo di qualsiasi libertà di
scelta”10. Tale mancanza di libertà di scelta -che però non è riconosciuta dalla maggior parte delle
persone, la quale si sente emancipata supponendo di aver una libertà individuale “de facto” solo per
il motivo che questa le viene attribuita “de iure”- è appunto vista da Offe come l'utopia “of the zero
option”, un'utopia perseguita fin da sempre da ogni società e trasformata in realtà solo dalle -o
meglio, nelle- odierne e rigide “società complesse”. Ma come è stato possibile giungere ad un tale
stato delle cose? Che cos'è che ha permesso lo sfociare del processo di “fusione dei corpi solidi” in
una “rigidità dell'ordine” incontrovertibile?

5 Da “Modernità liquida”, pag. VII


6 Da “Modernità liquida”, pag. VIII.
7 Da “Modernità liquida”, pag. IX.
8 Da appunti.
9 Da “Modernità liquida”, pag. IX.
10 Da “Modernità liquida”, pag. X.
2.2- Che cos'è un libero agente umano?
Agli albori del XX secolo, vennero partorite da pensatori del calibro di Orwell (“1984”), Foucault
(“Panopticon”) e Huxley (“Mondo nuovo”) le opere in cui si delineavano i caratteri peculiari dei
cosiddetti scenari distopici. Si trattava di testi che descrivevano delle possibili società future
indesiderabili sotto ogni punto di vista, in quanto insediatesi e mantenenti il potere tramite “dominio
dittatoriale, subordinazione, oppressione, asservimento” o più in generale attraverso “la
colonizzazione della sfera privata da parte del sistema”11. In tutti questi casi, l'umanità veniva
imprigionata nella rigida “gabbia di ferro” di un ordine economico incontrovertibile: un risultato
ottenuto sulla base di una sorta di commistione fra azione di forza, violenza ed imposizione
dall'alto. Potrebbe darsi quindi che le realtà distopiche ,descritte nelle opere di Orwell, Foucault e
Huxley, si siano inverate dando vita così a quella “rigidità dell'ordine” teorizzata da Offe? Dunque,
che la stabilità dell'impianto economico contemporaneo sia stata ottenuta grazie ad un'imposizione
brutale, fatta valere da forze altolocate nella gerarchia del sistema sociale sull'umanità in generale?
La risposta è dello stesso Bauman: “contrariamente alla gran parte degli scenari distopici, […] la
situazione odierna nasce dalla radicale opera di abbattimento di tutti gli impedimenti e ostacoli a
torto o a ragione sospettati di limitare la libertà individuale di scegliere e agire” 12. Leggendo il tutto
in maniera più estesa, diciamo che, paradossalmente, la solidità sulla quale si erge il nostro sistema
economico non è il risultato di alcun tipo di coercizione quanto piuttosto il frutto della “politica
della briglia sciolta”, che ha dato il via libera al galoppante processo di individualizzazione della
società, processo che in ultima battuta finì per creare quella che Norbert Elias ha denominato
“società di individui”. Mi permetto di avanzare qui una metafora che ritengo chiarificatrice di ciò
che vuole dirci il sociologo polacco tramite le su scritte parole: se abbiamo un recipiente solido, ed
il suo contenuto rimane sostanzialmente liquido, non c'è alcuna possibilità che in qualche modo
quest'ultimo possa modificare o distruggere il suo contenente. L'uomo, che vive una “vita liquida” e
che entra in contatto con l'altro attraverso rapporti puntualmente sussunti al processo di
“liquefazione”, non è altro che un contenuto troppo fluido per poter contrastare, in un qualche
modo, la rigidità del recipiente, dell'ordine all'interno del quale viene a trovarsi. Ma più che di
“uomini”, sarebbe opportuno parlare di “individui”, di singole particelle che, in prima battuta
furono profuse all'atto della dissoluzione di ciascun Io dai suoi obblighi etici, sociali e politici, ed in
un secondo momento vennero sottomesse ad un sistema che usò le tecniche di “velocità, fuga e
passività” -e quindi nessuna commistione fra azione di forza, violenza ed imposizione dall'alto- per
permettere ai suoi “liberi agenti di sfuggire a qualsiasi forma di coinvolgimento, di evitarsi a
vicenda anziché incontrarsi”. Quindi, siccome i “legami che trasformano le scelte individuali [di per
sé non in grado di avere forte impatto sull'ordine costituito, n.d.] in progetti e azioni collettive [che
in quanto aggregati di una moltitudine di forza hanno maggior probabilità dei precedenti di incidere
sull'impianto economico, n.d.]” sono finiti nel crogiolo della liquefazione moderna, “il compito di
costruire un ordine nuovo e migliore […] non compare [più, n.d.] attualmente nell'agenda dei
lavori”13. Per dirla di nuovo con Offe, è stata la stessa sedimentazione “della libertà degli agenti
umani” che ha garantito -e garantisce- il formarsi ed il continuo perpetuarsi della “rigidità
dell'ordine”. Ecco che ci ritroviamo all'interno della contraddizione sollevata nell'incipit
dell'elaborato; a questo punto però non ci sorprendiamo più della sua “paradossalità” in quanto è
stato svelato -seppur non entrando mai nello specifico- il mistero che si cela dietro essa. La “rigidità
dell'ordine” è un recipiente, appunto, che deve la sua solidità al fatto che, i “liberi individui”, con le
loro fluide relazioni -ovvero il contenuto del recipiente-, non si legano più “serrando i ranghi ed
impegnandosi in un'azione collettiva”14.

5
11 Da “Modernità liquida”, pag. X.
12 Da “Modernità liquida”, pag. X.
13 Da “Modernità liquida”, pag. XI.
14 Da “Modernità liquida”, pag.24.
Il libero agente umano, o meglio colui che si crede tale -in quanto, “de iure”, gli viene attribuito
questo diritto anche se poi “de facto” non ha capacità e mezzi per poterlo esercitare-, chiuso nella
sua individualità, non è in grado di conformarsi ad “interessi comuni” per poter poi realizzare una
qualche sorta di “azione comune”. Gli uomini della modernità liquida “non sono aggregabili in una
causa comune”15: decolla in questo modo il progetto di “emancipazione collettiva”, progetto di
creare una forte corazza con la quale i “cittadini” avrebbero potuto sovvertire il sistema o
rivendicare dei diritti sia individuali che sociali. In ogni caso, l'idea di un possibile miglioramento
della società, attuabile attraverso un'azione legislativa dei “molti”, non è stata completamente
abbandonata; tuttavia “si è decisamente spostata verso l'auto-affermazione dell'individuo”.
Riprendendo l'acuta intuizione di Elias, diciamo allora che, “se un tempo vi erano da un canto un
tipo di società e dall'altro gli individui che la costituivano, oggi invece ci ritroviamo in una 'società
di individui' ove l'individualità ha soverchiato ogni forma possibile di socialità”16. Stando alla
brutale dichiarazione della Tatcher, “la società non esiste”; non c'è più niente che possa fungere da
antitesi -e quindi come ostacolo, come sistema socio-economico contro il quale gli individui siano
chiamati a combattere- nei confronti del progetto di emancipazione umana. A questo punto -non
andando ad approfondire il tema della “società di individui”, pena la brevità della tesina-, ci
ritroviamo, nella nostra analisi, di fronte ad un uomo chiuso nel solipsismo della sua singolarità
individuale ed, al contempo (non potendo egli unirsi a “cause comuni” che creerebbero quella
sostanza solida, necessaria al fine di contrastare la rigidità dell' “ordine-recipiente”), in balia dei
meccanismi coi quali il sistema economico muove le sue “marionette”. In tale stato delle cose,
l'individuo finisce per subire passivamente le spinte dell'impianto economico, viene guidato da esso
che può così disporre a suo piacimento pressoché della totalità della vita umana, la quale sarà
plasmata in modo tale che l'ordine possa perpetuare e preservare la sua rigidità. Ecco che
possiamo direttamente agganciarci a quanto era già stato detto a pagina quattro, procedendo ora ad
approfondire le modalità grazie alle quali l'ordine economico, data la sua rigidità, possa riuscire
indisturbato a dominare la totalità della vita, facendosi garante in questo maniera della sua stessa
sopravvivenza. Riassumendo velocemente (quindi, adeguandoci anche noi all'era dell'istantaneità,
della quale siam figli) il percorso sinora intrapreso, diciamo che, dopo aver visto in prima battuta in
cosa consista la “rigidità dell'ordine” nel panorama della “modernità liquida”, ci siamo occupati di
capire in che senso tale solidità potesse essere “prodotto e sedimento della libertà degli agenti
umani”. Ora, notando che, il punto conclusivo -di ciascuna delle due trattazioni- concerne sempre il
fatto che il sistema economico odierno abbia il nulla osta per quanto riguarda il “dominio della
totalità della vita umana”, non possiamo non andare ad analizzare, seppur in maniera succinta, la
modalità fondamentale grazie alla quale quest'ordine, incontrovertibilmente rigido, regola
l'esistenza degli individui, ineccepibilmente liquida; anche perché, come in seguito verrà messo a
fuoco, l'auto-preservazione di sé, da parte dell'impianto economico, è strettamente connessa alla sua
capacità di poter disporre pressoché della “totalità della vita umana”. Allora la domanda che funge
da guida a partire da questo momento è: grazie a quale “strumento” il sistema economico-sociale
garantisce il perseverare della sedimentazione della libertà degli agenti umani in modo tale che esso
stesso riesca a perpetuarsi entro l'ambito della sua rigidità?

15 Da “Modernità liquida”, pag.27.


16 Da appunti.
3.1- Homo consumens (generalità)
La risposta alla domanda con la quale abbiamo concluso il paragrafo precedente non può
certamente essere ricondotta ad univocità. Nonostante ciò, sempre avvalendomi delle tesi di
Bauman, vorrei prendere in analisi un particolare aspetto, se non il più particolare ed emblematico
fra tutti, che ha influito sulla frantumazione della società odierna a tal punto da renderla impotente
di fronte alla “rigidità dell'ordine” costituito. Mi riferisco a quel fenomeno stigmatizzato dal nostro
sociologo polacco come “consumerizzazione” del mondo17. Ancora una volta le parole migliori, al
fine di delineare tale concetto, ce le fornisce l'autore stesso. “La società post-moderna coinvolge i
suoi membri principalmente nella loro capacità di consumatori anziché di produttori. La differenza
è cruciale”18. Si noti che la frase conclusiva non costituisce affatto un pleonasmo; infatti, si vuole
enfatizzare chiaramente l'imprescindibilità della trasformazione dell'individuo da “homo faber” a
“homo consumens” come fattore centrale per capire i motivi per cui quest'ultima tipologia di essere
umano, a differenza del primo, possa essere il triste araldo della “modernità liquida” nonché
l'archetipo di un ordine economico che voglia preservarsi nella sua solidità. In epoche precedenti a
quella contemporanea, l'individuo si qualificava come “produttore, ossia come soggetto che, grazie
al lavoro, era in grado di creare beni materiali o immateriali, dando forma, allo stesso tempo, alla
propria identità”19 L' 'homo faber' era colui che metteva in pratica un' “attività fisica volta a
soddisfare le esigenze materiali della comunità” e, così facendo, entrava in un“insieme generale
[fatto, n.d.] di operai ed impiegati”, assieme ai quali impegnarsi nel lavoro. L'essere-nel-mondo
dell'uomo in quanto produttore rispecchiava sostanzialmente questo carattere di “creare prodotti
duraturi, i quali venivano poi consumati per il soddisfacimento di determinati bisogni” e quello di
“immedesimarsi, attraverso lo svolgimento di tale attività produttiva, con un gruppo, una collettività
o una qualche sorta di aggregazione”20. Per dirla con Bauman, l'individuo, che esplicava sé stesso
nel 'labour', si immetteva all'interno di quella che è la “struttura trina del lavoro”, la quale consiste
nello “stretto rapporto tra il significato assegnato al lavoro […], l'auto costituzione di quanti
lavorano in una classe, e la politica radicata in quell'atto di auto costituzione”21. Ne deriva che la
produzione è un “processo collettivo, atto a creare qualcosa di stabile e duraturo”. Perciò segue il
fatto che l' 'homo faber' -colui che fa della produzione il proprio modo di essere-nel-mondo- sia un
soggetto disposto ad entrare in rapporti stabili con gli altri e ad impegnarsi per la propria sussistenza
e per quella della comunità alla quale appartiene. Si noti quanto questo individuo sia consono per
condurre una sorta di “vita solida” e quindi, per contro, la sua allergia endemica all'elevatissimo
tasso di liquidità che pervade la nostra modernità, tasso di liquidità che però è vitale per l'esistenza e
la perpetuazione della “rigidità dell'ordine”. Allora, se ne ricava che, nel passaggio da “modernità
solida” a “modernità liquida” -e come fondamento stesso di tale passaggio-, sia essenziale una
trasformazione della stessa “natura umana”, o meglio del più autentico essere-nel-mondo dell'uomo.
Ecco venuta alla luce la ragion d'essere dell' 'homo consumens'. Analizziamo che cosa Bauman
voglia denotare attraverso tale nozione. A differenza delle epoche passate, nell'era contemporanea,
l'individuo si qualifica come “consumatore, ossia come soggetto che è sì in grado, come lo erano i
suoi predecessori, di creare beni materiali o immateriali tramite il lavoro, ma che si applica
nell'attività produttiva secondo modalità e per scopi radicalmente differenti a quelli precedenti.”22 E
come se non bastasse, stiamo parlando di un individuo da intendersi nel vero e proprio senso di
monade, che non ha “né porte né finestre attraverso cui si possa entrare o uscire”, un individuo che
non s'impegna in un processo collettivo di produzione, chiuso entro i limiti del suo 'posto di lavoro',
compartimento stagno che impedisce all'uomo di vedere la comunità per la quale sarebbe giusto
produrre. 7

17 Da “Modernità liquida”, pag. 191.


18 Da “Modernità liquida”, pag.79.
19 Da appunti.
20 Da appunti.
21 Da “Modernità liquida”, pag.160.
22 Da appunti.
Una volta che si riuscì nell'intento di “separare mentalmente l'idea di lavoro dalla 'totalità' alla quale
apparteneva 'naturalmente' e a condensarla in un soggetto autonomo”23, ecco che vennero poste le
fondamenta per la nascita dell' 'homo consumens', colui che mette in pratica un' “attività fisica volta
a soddisfare esclusivamente le proprie esigenze materiali, spesso neppure mosso dal bisogno ma da
quella patologia inestinguibile che è il desiderio”24. L'essere-nel-mondo dell'uomo in quanto
consumatore, divenne allora [e continua ad essere] totalmente antitetico rispetto a quello che
contraddistingueva l' 'homo faber'. Infatti, l'esistenziale dell' 'homo consumens' si concretizza
innanzitutto nella “creazione di prodotti, il cui consumo sia immediato” -dato che, trovandoci nella
Risikogesselschaft teorizzata da Beck, ove il senso di “Unsicherheit penetra tutti gli aspetti della
vita individuale”, non c'è alcuna sicurezza sull'esito positivo di un “ritardo della gratificazione” al
quale preferire, di conseguenza, una “gratificazione immediata”25. In secondo luogo, tale
esistenziale si estrinseca nel consumo ossessivo di prodotti, un consumo guidato da un impulso
cieco quale può essere quello del desiderio, “qualcosa di molto più effimero, fragile e facile a
estinguersi del lavoro” che, perciò, “per restare vivo e vegeto […] ha bisogno di essere
periodicamente, e ripetutamente gratificato. Tuttavia la gratificazione decreta la fine del desiderio”
e, dunque, sorge la necessità di rendere istantanea tale sensazione di soddisfazione, che avverte
l'uomo, per poter far nuovamente ripiombare quest'ultimo nella catena infinita dei desideri26. Infine
l'esistenziale dell' 'homo consumens', a differenza di quello dell' 'homo faber', si estrinseca in una
dimensione prettamente individuale, in quanto il consumo in sé è “un'attività endemicamente ed
irrimediabilmente individuale, anche laddove viene espletata in compagnia”. Se “gli sforzi
produttivi richiedono cooperazione, quand'anche solo quella prodotta da una mera somma di forze
muscolari”, del tutto diversamente “l'attività del consumare”, come lo stesso Luis Bunuel mostrò a
proposito del mangiare, si rivela come“la più solitaria e segreta delle attività, gelosamente nascosta
allo sguardo indagatore di altre persone”27. Ricapitolando, l'essere-nel-mondo dell'uomo, al giorno
d'oggi, è caratterizzato dallo svolgere un'attività produttiva finalizzata unicamente alla creazione di
beni dei quali usufruire in maniera istantanea per una gratificazione immediata -pertanto, non c'è
più la ricerca di un prodotto che sia duraturo- e dal cimentarsi in un incessante processo,
eminentemente individuale, di consumo in virtù di un desiderio inappagabile – che comporta
l'estinzione di un processo, sostanzialmente collettivo, di lavorazione dovuto alla necessità di
appagare dei bisogni di una comunità. Sono questi i tratti peculiari e rappresentativi dell' 'homo
consumens', un essere umano che, come si può dedurre, è l'artefatto plasmato dalla nostra
“modernità liquida” se non anche il tassello fluido nei confronti del quale la “rigidità dell'ordine”
non ha nulla da temere. Infatti, è piuttosto scontato constatare a questo punto che, modificando gli
aspetti più intimi degli individui, mutando quindi il modo stesso di essere-nel-mondo dell'uomo in
maniera tale che la totalità della sua vita cada sotto il dominio dell'impianto economico,
quest'ultimo può assicurarsi il mantenimento della sua solidità. La “consumerizzazione”, di fatto, è
cosa che, come abbiamo visto, oltre a spezzare le possibilità di aggregazione fra le persone, dipende
inesorabilmente dal sistema generale entro il quale si esplica mentre è totalmente indipendente dal
potere di singoli monadi, troppo sconnesse fra loro per potere distruggere il duro recipiente
dell'attuale stato di cose. In ultima istanza, rispondendo alla domanda di chiusura del paragrafo
precedente, avanziamo -sulla base delle analisi sopra- l'idea che lo “strumento” -attraverso il quale
il sistema economico-sociale garantisce il perseverare della sedimentazione della libertà degli agenti
umani in modo tale che esso stesso riesca a perpetuarsi entro l'ambito della sua rigidità- è la
“consumerizzazione” imposta allo stesso essere-nel-mondo dell'uomo. Detto altrimenti, le persone
si estrinsecano in qualità di consumatori -e quindi come “individui liquidi” in quanto producono per
una gratificazione immediata, si lasciano abbindolare dal richiamo del desiderio e svolgono
un'attività dal carattere individuale piuttosto che collettivo- e ciò preclude loro la possibilità di
8
23 Da “Modernità liquida”, pag.162.
24 Da appunti.
25 Da “Modernità liquida”, pag. 154-155-182.
26 Da “Modernità liquida”, pag. 185.
27 Da “Modernità liquida”, pag. 191-192.
modificare l'ordine economico, che tende a divenire sempre più incontrovertibilmente compatto.
Ora, al fine di approfondire ulteriormente quest'idea, cercando anche aspetti che riescano ad
avvalorarla maggiormente, andremo ad analizzare -sempre in maniera succinta- come,
effettivamente, questa “consumerizzazione” sia stata perpetrata nell'intimo dell'essere-nel-mondo
dell'uomo, prendendo in considerazione la sua dimensione affettiva.

3.2- Homo consumens (relazioni umane)


Continuando sull'onda di quanto detto a fine del paragrafo appena concluso, Bauman ritiene che il
fenomeno della “consumerizzazione”, dopo essersi esplicato in un primo momento sotto forma di
“politica di deliberata 'precarizzazione'” in ambito lavorativo, sia stato come “metabolizzato” dagli
individui sino al punto di divenire caratterizzante per ogni sorta d'occupazione umana.28 Eccezione
non poteva fare di certo quell'attività, se così può esser denominata, inerente il rapportarsi delle
persone fra loro. Qui, per “consumerizzazione” del modo di rapportarsi degli individui fra loro non
si vuole intendere il particolare caso del “disfacimento […] delle comunità e delle unioni” -che,
come conseguenza del fenomeno in questione, è stato preso in considerazione sinora- bensì il fatto
più generale concernente la “decomposizione dei legami umani”29. In altre parole anche i “legami e
[le] unioni tendono a essere considerati e trattati come cose da essere consumate, non prodotte; sono
soggetti agli stessi criteri di valutazione di tutti gli altri oggetti di consumo”30. Ciò è un derivato del
fatto che “la precarietà dell'esistenza sociale ispira una percezione del mondo che ci circonda come
un aggregato di prodotti per il consumo immediato. Ma percepire il mondo […] come un paniere di
prodotti di consumo rende impervia la negoziazione di legami umani duraturi”. E' come se
l'individuo, una volta trasformato in monade, si comportasse come se lo fosse a tutti gli effetti fin da
sempre, rimanendo impermeabile a qualsiasi tipo di relazione con l'altro o con altri. Volendo fare un
esempio concreto in merito, Bauman, entrando nel profondo della dimensione affettiva umana, nota
che al giorno d'oggi “la definizione romantica dell'amore come vincolo che dura 'finché morte non
ci separi' è decisamente fuori moda”31. Trovandoci infatti in una “cultura consumistica [...], che
predilige prodotti pronti per l'uso, soluzioni rapide, soddisfazione immediata, risultati senza troppa
fatica, […] e l'assicurazione contro tutti i rischi e garanzie del tipo 'soddisfatto o rimborsato', quella
d'imparare l'arte di amare è la promessa di rendere l' 'esperienza dell'amore' simile ad altre merci,
che attira […] promettendo soddisfazioni immediate e risultati senza sforzi”32. Mentre secondo
l'accezione classica l'amore era paragonabile ad un “mutuo ipotecario su un futuro incerto”, oggi,
nell'era debellatasi dagli oneri derivanti dal ritardare la gratificazione proprio per sfuggire
all'inquieto senso di Unsicherheit, l'amore è assimilabile alla “voglia [di far..., n.d.] shopping”.
Parafrasando, l'Eros non spinge più le persone a ricercare legami stabili che si conservino nel tempo
ma piuttosto le muove -seducendole attraverso l'arma appetitosa del desiderio- a prendere la
relazione “al pari degli altri prodotti di consumo, […] fatta per essere consumata sul posto ed essere
usata una sola volta 'con ogni riserva'”33. Da tutto ciò si desume facilmente quanto a fondo,
dell'essere-nel-mondo della persona, il carattere “consumistico” sia stato inculcato: ed è questa la
strategia attraverso la quale l'ordine economico riesce a plasmare degli “individui liquidi”, inermi di
9

28 Da “Modernità liquida”, pag.189.


29 Da “Modernità liquida”, pag.190.
30 Da “Modernità liquida”, pag.190.
31 Da “Amore liquido”, pag.8.
32 Da “Amore liquido”, pag.11.
33 Da “Amore liquido”, pag.19.
fronte alla solidità del sistema generale. Infatti, tornando a generalizzare il discorso, a questo punto
è legittimo avvalerci della precedente analisi per sostenere che la “consumerizzazione”, regolando il
modo di rapportarsi delle persone fra loro -come si è visto nella fattispecie a proposito del legame di
amore-, ha fatto in modo che, in epoca contemporanea, ogni sorta di relazione sia divenuta
“tascabile”, nel senso che è estraibile, o contraibile, solo per la breve durata che permette il
soddisfacimento -di un desiderio effimero, piuttosto che di un bisogno di stare con l'altro-.
Riagganciandoci inoltre agli altri paragrafi, è ormai chiaro come le caratteristiche dell'essere-nel-
mondo degli individui, al giorno d'oggi, possano essere ascritte al minimo comune denominatore
della “leggerezza” e della “velocità”. “Il consumismo non consiste [in effetti, n.d.] nell' 'accumulare'
beni (chi ammassa beni si ritrova anche con valigie pesanti e case ingombre), ma nell'usarli e quindi
nello 'smaltirli' per fare posto ad altri beni da usare”34. Perciò, il triste araldo di un sistema tanto
liquido è l' 'homo consumens', “der Mann ohne Verwandtschaften – l'uomo senza legami”, un essere
“solitario, egoistico ed egocentrico” che, allo stesso tempo però, è anche “abitante ideale
dell'economia di mercato”, in quanto appunto del tutto incapace di sovvertire tale impianto35.

4- Conclusione: homo consumens come garanzia della


rigidità dell'ordine nell'epoca della modernità liquida
“Un'inedita fluidità, fragilità e intrinseca transitorietà (la famosa 'flessibilità') caratterizza tutti i tipi
di legame sociale che solo fino a poche decine di anni fa si coagulavano in una duratura, affidabile
cornice entro la quale era possibile tessere con sicurezza una rete di interazioni umane.36” Queste
“interazioni umane” costituiscono il nucleo centrale della pressoché totalità della vita, una vita resa
acquosa nell'epoca della “modernità liquida” -a seguito del processo di “fusione dei corpi solidi”- e
fatta prigioniera del dominio di un ordine economico, il quale è da interpretarsi come il rigido
recipiente che non si lascia neppure levigare dalla massa fluida ed inconsistente dei “liberi agenti
umani” in esso contenuta.

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34 Da “Amore liquido”, pag.69.


35 Da “Amore liquido”, pag.97.
36 Da “Amore liquido”, pag.126.

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