2art1/2020 Lezioni di crtca. La sindrome ai Warburg | Artibune
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Roberto Ago inaugura una nuova rubrica, ideata per fornire uno sguardo critico sulle dinamiche
dell’arte. La prima lezione si ispira ad Aby Warburg e all’ influenza esercitata da quest’ultimo sugli
autori contemporanei.
Recentemente ho fatto mio il rilievo allertato di un artista piuttosto noto circa l’accostamento
di due o pit icone (immagini e oggetti) a fini artistici, attraverso le figure retoriche del
paragone, dell’antinomia, della metafora, della metonimia. Rilievo indubbiamente
problematico e che ci vede coinvolti in prima persona: data l’inflazione che negli ultimi anni
tale pratica va conoscendo, come difendere la propria specificita? A parte l’obiezione che non
8 pratica artistica che oggi sia immune dal problema della clonazione, tutti ispirandosi a
tutti, ritengo utile una riflessione prassico-teorica in materia di “accostamenti” che faccia
tuttuno con un vademecum a disposizione non solo degli artisti, ma anche di curatori,
galleristi e collezionisti.
Com’8 noto, quella del collezionismo di icone é pratica ufficialmente inaugurata da Aby
Warburg agli albori della moderna iconologia con intenti eminentemente filologici (per chi
volesse, un’aggiornata quanto celebre introduzione all’ opera di Aby Warburg é quella di
Georges Didi-Huberman (2002), tr. it. L’immagine insepolta. Aby Warburg, la memoria dei
fantasmi e la storia dell’arte, Bollati Boringhieri, Torino 2006). Fino anon molto tempo fa,
essa era circoscritta all’ambito dei Visual Studies, senonché, complici i motori di ricerca, le
icone “allo specchio” conoscono oggi un sorprendente revival in ogni settore del visuale
compresa la pubblicita. Non fa eccezione l’ambito artistico dove tale modus rappresenta,
hitps:wwu.artibune.comvart-visive!2017/11/lezion-a-ctca-aby-warburg! 192arisra020 Lion di cries La sntome i Warburg | Atbune
pari del ready made, della proiezione di pellicole e di Photoshop, una tecnica a tutti gli effetti,
come tale passibile di molti differenti utilizzi
Un dato inosservato, tuttavia, salta agli occhi: come i pubblicitari, la gran parte degli artisti
tende a operare nel solco dell’ortodossia warburghiana (pur senza gli intent filologici di cui
sopra). Essi continuano ad accostare le icone secondo criteri simpatetici, e se uno scarto
concettuale fa capolino, sempre inferiore all’ eco iconografica. Chi opera in tal modo non
sospetta che la pratica warburghiana possa e debba richiedere un aggiornamento sia teorico
che operativo, pena lo scadere in un manierismo non riconosciuto. Inoltre, un conto &
Portodossia pregevole di una Lorraine 0’Grady, un altro l’uso inemendabile di tale tecnica,
come quando si accostano due icone irrelate sotto ogni punto di vista (I’opzione surrealista) 0
se ne collezionano a profusione senz’altra motivazione che quella dell’accumulo (un vezzo
tipicamente contemporaneo).
Esiste un qualche criterio di demarcazione, certo sfumato, che sancisca la differenza tra un
accostamento artistico e lo “scherzo”, tanto da poter essere adottato con settoriale
consapevolezza? A mio awviso, esiste. Anticipo qui una possibile obiezione: essendo chi scrive
parte in causa, non pud che giudicare il fenomeno dal suo punto di vista, che magari non
coincide con quello dei tanti artisti che amano operare in modo analogo. Accolgo l’obiezione
solo per rettificarla: essendo impegnato da anni in una pratica di iconologia creativa che si
awvale indifferentemente della parola scritta come dell’accostamento di icone, forse qualche
credenziale in piti del semplice artista posso avanzarla. Inoltre, a fronte di una “Warburg
Renaissance” occorre lo sguardo dell’ analista, non dell’ artista. Mi si perdonera allora la
necesita di soppesare ’operato altrui al fine di rintracciare la differenza che passa tra un
accostamento artistico e uno che non lo &.
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2192ert/2020 Lezioni di rtica. La sindrome ai Warburg | Artrbune
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La sindrome di Warburg. Haris Hepaminonda
GLI ESEMPI
Si prenda il caso di Haris Epaminonda, che usa affiancare due o pidl icone con dubbio intento
iconologico, e sin qui nulla da eccepire, anzi. Ma le ragioni dei suoi accostamenti stanno tutte
e solo nel gusto straniante del raddoppiamento e della moltiplicazione, spesso di quelle
reliquie d’archivio oggi tanto di moda. Un culto antiquario quanto vacuo, perché nessun logos
2 a giustificarlo se non quello di un manierismo estetizzante.
Un discorso diverso vale per Peter Piller. Alcuni suoi accostamenti appaiono risolti soprattutto
concettualmente ma, appunto, solo alcuni, Sembra non esserci una regola operativa, ovvero
un’ispirazione intermittente, a guidarlo. Cosi una volta l’esito 2 indovinato, un’altra
trascurabile, un’altra ancora proprio infelice.
In Italia, esemplare é il modus di Davide Trabucco con i suoi Conformi (nomen omen). Da
qualche anno egli va collezionando, un tot al mese, una serie di dittici squadrati secondo una
diagonale prossima a Jan Dibbets e una vis iconologica davvero warburghiana. Opere d’arte e
@architettura sono accostate ad altre opere d’arte e d’architettura con indubbia sapienza
compositiva, ma il risultato é quasi sempre un divertissement privo di aperture di senso. Una
maggiore consapevolezza, selettivita e accuratezza nella presentazione sarebbero
hitps:wwu.artibune.comvart-visive!2017/11/lezion-a-ctca-aby-warburg! 392ert/2020 Lezioni di rtica. La sindrome ai Warburg | Artrbune
consigliabi
i, perché qualche rara intuizione degna di maggiori attenzioni
veda il dittico selezionato).
riscontrabile (si
Due esempi di accostamenti semi-riusciti sono forniti da Kader Attia e Giovanni Kronenberg.
I primo ha realizzato una serie di confronti tra le tipiche deformita delle maschere tribali e
quelle dei mutilati di guerra. Se l'impatto estetico é assicurato, nessun nesso concettuale
accomuna le rispettive semantiche, nemmeno il comune contesto geografico, qui del tutto
incidentale. Cosi la figura retorica fondamentale é quella di un’amara battuta di spirito al
servizio di un pubblico dell’ arte dato per superficiale (a ragione).
Ugualmente Kronenberg usa accostare oggetti da wunderkammer secondo ragioni per lo pid
inconsce, tanto che il registro simbolico appare pit cogente di quello metaforico. La perla nera
collocata su un grande cristallo biancastro, ad esempio, reca connotazioni oniroidi che
escludono l’innesco di metafore pubbliche evocando, piuttosto, un “prezioso brutto
anatroccolo” (la perla) nei pressi di un “fallico gigante genitoriale” (il cristallo), e cosi per
altre identificazioni proiettive su reperti naturalistici di dubbia artisticita. Siccome qualche
esito realmente metaforico non manca, tipo Passemblaggio di un rudere di marchingegno con
audio dei primi astronauti, l’artista dovrebbe diffidare sia di quei curatori incauti che ne
vanno concettualizzando in modo improprio l’operato, sia di mirabilia il cui plusvalore
intrinseco lede e non esalta i suoi interventi retorici.
Atal proposito, esemplare é l’opera di due maestri dell’accostamento d’oggetti quali Kris
Martin e Jason Dodge. Del primo fa scuola l’intera produzione, a cui rimando, del secondo
segnalo giusto i due “aghi” puntati a Nord ottenuti esponendo le “lancette” di un grande
orologio municipale, perché rappresentano un caso esemplare di metafora mono-icona (se si
esclude lo spazio espositivo trasfigurato in bussola).
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La sindrome di Warburg. Davide Trabucco
DA HOROWITZ A UKLANSKI, PASSANDO PER DUCHAMP
Per quanto riguarda degli esempi riusciti concernenti l'utilizzo di immagini (e iconografie),
vorrei proporne tre a sfondo sessuale, ma solo per convincere il lettore che una ricetta del
buon accostamento @ oggettiva e identificabile a prescindere dall’artista che l’adotta. Uno lo
fornisco io (sono pur sempre l’autore di questo viatico), ’altro Jonathan Horowitz ¢ I’altro
ancora Piotr Uklanski.
Per quanto mi riguarda, scelgo apposta un accostamento di tipo warburghiano che tradisca
Portodossia. Esso illustra, assieme ad altri due, un mio breve saggio di qualche anno fa
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dedicato a Duchamp. In polemica con Franco Vaccari, vi rintracciavo non piit le fonti
iconografiche “manifeste” che ispirarono P’inventore del ready made, ma quelle per cosi dire
“latenti”.
sse hanno a che vedere con una inequivocabile immaginazione perversa di
Duchamp riscontrabile (anche) in molti ready made, da cui é possibile trarre tutta una serie di
considerazioni teoriche che inficiano le tesi economicistiche di Vaccari intorno al modus
duchampiano. Oltre a essere opera di autentica iconologia, tale accostamento apre a
interrogazioni intorno al processo simbolico primario e al registro iconico secondario, al
rapporto di contiguita tra feticizzazione erotica ed estetica, a molto altro ancora.
Horowitz ci propone una conturbante conduttrice di telegiornale del tutto ortodossa dal busto
in su, cioé per quella porzione di corpo che normalmente é visibile allo spettatore, ma oscena
nella parte sottostante, dove l’ideale prosecuzione della figura ci appare a gambe divaricate e
con il sesso bene in vista. Le suggestioni si moltiplicano: da un amor sacro e profano in
versione pop, passando per un desiderio voyeuristico del telespettatore finalmente appagato,
fino all’idea di uno spazio pubblico violato e di uno privato riammesso sulla scena, tale
accostamento é altamente polisemico e carico emotivamente.
Uklanski ha posto una di spalle all’altra l’immagine di un’ elegante Cicciolina ai tropici che
abbraccia ammiccante un indigeno nudo, e quella di un fiero Klaus Kinski colto sul set mentre
cinge a sua volta una donna nuda di colore. Anche qui realta e finzione, eros e potere, politiche
coloniali e globalizzazione si combinano in modo non scontato e ricco di immaginazione.
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La sindrome di Warburg. Piotr Uklanski
L'ACCOSTAMENTO VINCENTE
Da tutti questi esempi e controesempi mi pare si possa inferirne una regola operativa
inequivocabile, che coincide con il criterio di giudizio da adottare: affinché un accostamento
possa considerarsi artistico, eccedendo la somma delle parti e dimostrandosi allo stesso
tempo coerente e spiazzante, é necessario che si costituisca in quanto funzione segnica
differenziale rinviante a qualcosa d’altro rispetto a quanto veicolato dalle singole icone
(principio metaforico), che pure tale differenza hanno istituito in virtii di un nesso semantico
inconsueto e allo stesso tempo appropriato (principio di coerenza). Dove alberga tale referente
in absentia? Nel rimando intertestuale che ogni fruitore é invitato a ripercorrere secondo le
proprie capacita a fronte della sfida interpretativa lanciatagli dall’autore, essendo la metafora
un “errore categoriale calcolato” (relativamente al registro metaforico si rimanda, tra i tanti
possibili, all’ aggiornato saggio di Alberto Martinengo, Filosofie della metafora, Guerini
Scientifica 2016) anche nel caso del registro visivo. Approdare a un’autentica artisticita per
giustapposizioni di icone non solo ricorda molto da vicino arte della metafora, ma
rappresenta oggi una delle modalita operative piu interessanti, perché consente diperven |
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quell’ambiguit& decostruttiva che le icone da sole sembrano non saper pili veicolare se non,
appunto, per interposta visione.
Relativamente alla tecnica in oggetto, insomma, c’é spazio d’azione per tutti. Semmai,
sarebbe il caso di comprendere che c’é accostamento e accostamento, imparando a
selezionare di conseguenza. Solo a patto di attivare un processo ermeneutico in relativo
equilibrio tra pertinenza e decostruzione, non necessariamente impervio e anzi sovente alla
portata dei piu, é possibile tradire |’ ortodossia warburghiana ed eludere, eventualmente ma
non necessariamente, |’ equipollenza degli idioletti artistici, che riguardano gli immaginari
prima ancora che la tecnica impiegata. Ma questa é un’altra storia, che affronteremo in una
delle prossime lezioni.
- Roberto Ago
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Roberto Ago
http:/ wwwrobertoagoit
Roberto Ago é figura poliedrica attiva in molteplici rami inerenti allestetica
Critico delle immagini, iconologo, artista, editorialista, dopo gli studi darte
presso [Accademia di Brera sta conseguendo la seconda laurea in filosofia presso
(Universita degli Studi di Milano, con particolare riferimento a unantropologia delle
immagini dimpronta transdisciplinare. Ha allattivo numerose pubblicazioni apparse sulle
principali testate nazionali darte contemporanea, parallelamente a unattivita espositiva
che lo ha visto ospite di importanti gallerie e musei sia nazionali che esteri, dove ama
esporre i precipitati delle sue indagini
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