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PUBBLICAZIONI DELL’ISTITUTO PER L’ORIENTE C. A, NALLINO Nr. 99 DEBORAH SCOLART L’ISLAM, IL REATO, LA PENA DAL FIQH ALLA CODIFICAZIONE DEL DIRITTO PENALE PERL, 2M, ane 3 0.4. NALLINO Roma Istituto per I’Oriente C. A. Nallino 2013 INDICE PARTE : LA TUTELA PENALE DEI MASALIH AL-SARI‘A I—Nascita ¢ sviluppo del modello penale istamico 1. Dalla vendetta privata alla giustizia islamica 2. La legge penale nel tempo ¢ nello spazio 3. Il reato e il peccato 4. Educare, castigare, espiare: la sanzione nella Sari'a II~ “il taglione é garanzia di vita” 1. Il taglione: giustizia retributiva e principio di equivalenza 2. Il prezzo del sangue (diya) 1 Digressione: la ‘agila 3, Omicidio volontario ¢ involontario 4, Tipologic di omicidio H Digressione: Vaborto 5. Lesioni personali 6. Il concorso di persone nei delitti di sangue II] — Reati coranici 1. Cenni generali 2. Cumulo di pene IV — Reati politico-religiosi 1. Apostasia e bestemmia 2, “Governare le genti ¢ una grande tribolazione™ 3. “Il vino racchiude in sé il peccato” uso della droga tra estasi mistica e V~ Reati sessuali 1. “Quando un uomo e una donna sono insieme il terzo & il diavolo” IV Digressione: gravidanza e rapporti sessuali illeciti 2. La violenza sessuale 3. L’omosessualita e il tribadismo nella Sari'a 4. Altre tipologie di reati sessuali 5, “La calunnia & un venticelto” VI Reati di lucro 1. “Quanto al ladro e alla ladra, tagliate loro la mano” 2. I briganti, corruttori della terra 4 23 34 42 48 53 67 73 7 80 83 88 90 104, 121 126 132 149 152 155 163 169 175 186 VII — Il potere discrezionale del giudice 1. La nozione di ta ‘zir 2. i ventaglio delle pene PARTE II: I PERCORSI DELLA CODIFICAZIONE VIII — Dal figh alla codificazione: i temi 1. Ubi societas ibi ius 2. Tecniche e problemi 1X — 1] tramonto della tradizione penale sciaraitica nel Mediterraneo 1, L’Impero Ottomano V. Digressione: il kanun albanese 2. L'Egitto X — 1 sistemi penali sciaraitici in Africa: Libia, Sudan, Nigeria 1, Ildiritto penale in Libia: dal colonialismo a Gheddafi 2. La reintroduzione del diritto penale islamico in Sudan 3. Il diritto penale islamico nello stato federale della Nigeria X1- ‘Ulama’, stato ¢ diritto penale nel XX secolo. I! caso dell’Iran 1, L’amministrazione Pahlavi e il diritto 2. La tivoluzione khomeinista ¢ la teoria del vildyat-i fagth 3. I diritto penale XIL— Dalla Anglo-Michammedan Law alla re-islamizzazione del diritto penale in Pakistan 1. L'islam in India 2. L’amministrazione della giustizia da Akbar a Comwallis 3. La redazione del codice penale anglo-indiano del 1860 4. Il Pakistan indipendente ¢ la re-islamizzazione dell’ ordinamento 5. Le ordinanze fudizd del 1979 6.La blasphemy law 7. La gisas and diya ordinance Glossario Bibliografia Indice analitico 191 195 207 219 227 249 286 269 281 302 324 328 331 336 34h 349 353 361 365 368 379 389 413 PARTEI LA TUTELA PENALE DEI MASALIH AL-SART'A z NASCITA E SVILUPPO DEL MODELLO PENALE ISLAMICO. 1 DALLA VENDETTA PRIVATA ALLA ‘GIUSTIZIA’ ISLAMICA Il sistema giuridico dell’ Arabia preislamica era costituito da un insieme di regole puramente consuetudinarie, usi costumi secolari imposti ai singoli c ai gruppi dalle necessita deila comunitaria, talora generali e noti a tutta Arabia, talaltra peculiari di questa o quella comunita’. Non vi era alcun organismo al quale delegare il potere legislativo: il capo del gruppo non poteva arrogarsi tale potere né esisteva un’assemblea deliberativa in senso tecnico, giacché le assemblee tribali non svolgevano questa funzione. An- che se sopravvivono tradizioni che riconducono ad un singolo individuo la determinazione di una regola giuridica, Tyan’ ricorda che, prescindendo dal carattere pil o meno leggendario di questi racconti, le regole erano comun- que stabilite da persone munite di autorita coercitiva e limitato potere legi- slativo e che furono, almeno in origine, espressione solo di un’opinione personale, seguita poi per imitazione dall’intera comunita in virti del pre- stigio di cui godeva I’autore. } Dell’ Arabia preislamica molti segreti restano da svelare. E certo che all’organiz- zazione monarchica dell’Arabia del sud (per tutti il famoso regno di Saba) si accom- pagnasse |’organizzazione tribale dei beduini nomadi dell’ Arabia centrale ¢ settentrio- nale. II mondo beduino, dal canto suo, non era esclusivamente nomadico, in quanto nelle principali citta-oasi poste lungo le vie carovaniere si era sviluppata una societa seden- ‘aria. La vita aspra del deserto favoriva nei beduini un profondo senso di solidarieta fra i membri di una stessa famiglia o clan, enfatizzando al contempo i valori del coraggio e della fierezza. La societa era articolata in famiglia, wibit (gabila) e gruppo di trib; oltre alla parentela di sangue, i legami di “vicinato” o di “protezione” (giwdr) e di alleanza (hilf) tessevano le trame sociali; gli individui tendevano a raggrupparsi sotto antenati comuni (da cui ibn o banu, figlio/i, elementi dell’onomastica araba che identificano il nasab, cio’ il legame di filiazione con il padre) che costituivano il perno di complessi rapporti di fratellanza ¢ solidarieta tribali di cui erano manifestazioni la vendetta del- Vonore offeso, l’obbligo di battersi per il bene del clan e l'assunzione di decisioni co- muni in tema di transumanza come di guerra e razzia. Nelle societa tribali vi erano membri effettivi (suraltd), gli alleati o protetti (mawdli) e gli schiavi (ragig). Cfr. G. Vercellin, Istituzioni del mondo musulmano, Torino, Einaudi, 1996, pp. 83-88. 2 E. Tyan, Institutions du droit public musulman, tome premier, Le Califat, Parigi, Recueil Sirey, 1954, pp. 44 ss. 4 CAPITOLO PRIMO Lvinesistenza di un’organizzazione politico-giuridica nell’ Arabia pr islamica & dimostrata con tutta evidenza dal sistema della giustizia privata: & la celebre regola del ia’r (lett.: vendetta, rappresaglia) che in seguito, re- golamentata dal Corano, diverra gisds 0 gawad. Farsi giustizia da sé, in ambito civile e penale, era la legge d’Arabia proprio in quanto mancava un’autoritd (anche giudiziaria) cui fare riferimento. Il sistema funzionava sia all’interno di uno stesso gruppo, sia tra gruppi diversi; in questa seconda ipotesi l’applicazione del tar fu senz’altro pit intensa. Le liti individuali, infatti, degeneravano sovente, in virta della fortissima solidarieta tribale, in conflitti tra gruppi diversi, i quali conducevano inevitabilmente al ricorso alla giustizia privata; al contrario, all’interno di uno stesso gruppo, per ¢- videnti ragioni di coesione, si addiveniva di frequente al regolamento a- michevole delle controversie tra le parti, anche con I’ausilio di un arbitro’. Scrive Tyan che il fa'r non , intrinsecamente, un atto di giustizia og- gettiva: il suo scopo primario non é, infatti, quello di riparare un torto subito 0 di tendere alla realizzazione dell’ordine sociale; al contrario, mira ad as- sicurare la soddisfazione di un rancore, di un risentimento di natura sia fisica sia morale. In parole povere, @ una vendetta‘. Ecco, allora, l’esercizio del 1a’r come “guarigione” per l’anima della vittima e dei suoi parenti, come “cicatrice delle ferite”’, Esso presenta, inoltre, un aspetto per cosi dire mo- * cfr. Tyan, Le Cailfat, p. 45; T. W. Juynboll, Manuate di dirita musulmano se~ condo la dottrina della scuola sciafita con una introduzione generale, traduzione con postilla e note sulla dottrina della scuola malikita di G. Baviera, Milano, F. Vallardi, 1916, p. 179. + fr, Tyan, Le Califat, p. 52; G. P. Parolin, Dimensioni dell'appartenenza e citta- dinanza nei mondo arabo, Napoli, Jovene, 2007, pp. 52-53. * Cf, Tyan, Le Califat, p. 52. Scrive Parolin (Dimensioni dell appartenenza, p. 52 in nota): «Da un adagio arabo, al-dam al-karim huwa al-ta'r al-munio («il sangue nobile & la vendetta che concede il sono»), emerge l’assenza dell'idea di responsabilita perso- nale ¢ di proporzionalita rispetto all’offesa nel richiamo a un sangue nobile, quello di un notabile del gruppo del reo e non quello del reo stesso, mentre al-ta' al-munim («la vendetta che concede i! sonno») é un preciso riferimento al senso di appagamento mo- rale ¢ fisico che accompagna [esercizio della vendetta». Del resto anche Rodinson, nella sua biografia de! Profeta, tratteggiando l’indole delle popolazioni nomadi al cui interno si compira la Rivelazione, non esita ad affermare che «l’unica forma di prote- zione per la vita di ciascuno risiedeva nella certezza, data dal costume, ch*essa sarebbe stata pagata a caro prezzo: sangue per sangue, vita per vita, Un"ignominia incancellabile avrebbe segnato il vendicatore designato dalla consuetudine che avesse lasciato in vita un omicida, La vendetta, in arabo tha’r, é una delle colonne della soviet beduina» (M. Rodinson, Maomeito, Milano, Corriere della Sera, 2005, p. 12); orgoglio, fierezza, o- nore, coraggio sono i tratti distintivi cui si ispira la condotta dei nomadi (bad, da cui NASCITA E SVILUPPO DEL MODELLO PENALE ISLAMICO_ 5 rale e religioso: una credenza molto diffusa sosteneva che l’anima della vittima di un omicidio non avrebbe beneficiato del riposo definitivo, e sa- rebbe rimasta in uno stato di sofferenza, fino a quando non fosse stata a- deguatamente vendicata®. Chi si asteneva dal fa era pertanto coperto d’onta, additato all’infamia; il disonore si estendeva a tutto il gruppo al punto che, se l'avente diritto non avesse agito, era il suo clan a dover intervenire ¢ pro- cedere con la vendetta’. IL tar, pur avendo come fine materiale Ja mera soddisfazione del risen- timento nutrito dal titolare del diritto (detto wali al-dam 0 14ir), serviva, dunque, anche alla soddisfazione di un’obbligazione che gravava intera- mente sull’avente diritto ¢ il cui carattere religioso e morale appare molto evidente nel giuramento prestato, tra i pit solenni ¢ sacri della tradizione araba*. Dall’obbligo religioso de! ta'r si poteva evadere sofo per intervento della divinita, sicché le consuetudini avevano elaborato una pratica super- stiziosa, detta ta ‘giyya 0 sahm al-i'tidar, che permetteva di liberarsi con onore dal dovere di perseguire la vendetta’. beduino) e non (almeno tentare di) adeguarsi a questo modello significa porsi fuori del gruppo e, quindi, della societa. ° Si credeva che alla morte della vittima sarebbe uscito dalla sua testa un uccello che non avrebbe smesso di svolazzare intorno al suo corpo lamentando la sete ¢ facendo sofirire il defunto fino a quando non avesse avuto luogo la vendetta: solo in quel mo- mento l’uccello si sarebbe dissetato, con conseguente venir meno del tormento per Yanima del morto. * Ricorda Juynboll, Manuale di diritto musulmano, p. 180, che la trib, la quale avesse deciso di non voler pi rispondcre della condotta di un suo membro eccessiva- mente incline alla delinquenza, poteva allontanarlo dalla comunita e porlo cosi fuori legge. Le conseguenze del bando erano tuttavia meno funeste di quanto si possa im- maginare, poich¢ il proscritto poteva rifugiarsi presso un‘altra tribii ¢ trovarvi impunita € protezione; il diritto di ospitalita, e il diritto di asilo che ne é un corollario, erano infatti in Arabia assai rispettati. * Le formule di giuramento erano estremamente variegate, ma riconducibili tutte ad un unico concetto: il soggetto giurava davanti agli idoli di privarsi di tutti i piaceri, del cibo, delle relazioni sessuali, dei profumi, delle proprieta, dei giochi e delle poesie. fino al compimento del éa’r; in caso di trasgressione, l'atto si configurava come sacrilego ¢ dungue hard. ° Il meccanismo ruotava attorno al tentative di comporre la lite attraverso l’offerta del prezzo del sangue in sostituzione della vendetta © rimettendy la decision al so~ prannaturale; gli aventi diritto alla vendetta potevano scegliere se agire comunque per il fa’r owvero altendere un segno dalla divinita, scoocando una freceia (sah) verso il cielo e controllando le condizioni in cui questa fosse tornata: se intrisa di sangue, la compo- sizione non sarebbe stata accettata e la vendetta sarebbe divenuta inevitabile. Cfr. Pa- rolin, Dimensioni dell’appartenenza, p. 53. 6 ‘CAPITOLO PRIMO. Che il a’r non fosse espressione di giustizia oggettiva tra le parti risulta evidente anche dal fatto che, se in principio la sanzione doveva essere u- guale al torto inflitto, nondimeno la misurazione del torto era calibrata sulle qualita della vittima, con conseguente tendenza agli eccessi'’ e degenera- zione del fa'r a una lotta, anche aspra, tra gruppi''. Inoltre, esso era im- personale sotto due diversi profili: da un lato, il vendicatore era, in virta del principio di solidarieta, Ia tribit (nella sua interezza) alla quale apparteva la vittima; dall’altro, la vendetta si poteva compiere su uno qualsiasi dei componenti della tribi: di chi aveva compiuto Poffesa'”, Ey Al sistema cosi delineato, fondato essenzialmente sulla giustizia privata, Muhammad non pote e non volle apportare eecessive modifiche; lo sviluppo successivo dell’islam, la costruzione di una nazione che si identificava in valori espressi dalla comune appartenenza ad una stessa fede ed esplicantisi non solo nella sfera religiosa, ma anche in quella politica ¢ giuridica, arre- cheri invece miglioramenti significativi, in primo luogo sotto il profilo ™ Non mancano in letteratura ¢ nella casistica giurisprudenziale casi in evi numerose persone furono vittime del a'r in riparazione della morte di un singolo e degenerazione della lite in faida, "tl fa’r, sostituito dal taglione nell’ambito del diritto musulmano, non scompare in epoca modema dal diritto consuetudinario delle trib beduine. A questo proposito, si veda F. H. Stewart, s.v. «tha’p», in: Eneyelopédie de t'Isiam’, Vol. X, 2002, pp. 474-475. L’Autore traduce ia'r con “vendetta di sangue” ed evidenzia come 1" ‘amar al-dam (0 ‘gruppo di vendetta) sia composto da soli agnati maschi e possa variare, in consistenza, da poche decine a centinaia di persone; si registrano, tuttavia, numerose varianti, sia quanto al numero che quanto alla ‘qualita’ del legame, potendosi in alcuni casi trovare rappresentati nell" ‘amar tutti i discendenti maschi adulti di un unico antenato comune. Inoltre, il diritto consuetudinario arabo ammette casi in cui non é possibile l’omicidio di rappresaglia, come ad esempio qualora Ja vittima sia stata uccisa per aver avuto una relazione sessuale con la sorella o la madre dell'assassino. L’applicazione pratica del dar pare, perd, essere stata piuttosto limitata anche in epoca modems; le spiegazioni della riluttanza a ricorrere al sangue risiedono nel fatto che le consuetudini offrono una molteplicita di strumenti il cui effetto é la regolamentazione pacifica della controversia, come ad esempio la conversione del debito di sangue in argento, il diritto d’asilo, il ricorso a mediatori. Per un approfondimento del diritto consuetudinario dei diversi gruppi beduini arabi si rimanda alla bibliografia citata dall’ Autore, "L. Milliot - F. P. Blane, Introduction a l'étude du droit musulman, Parigi, Sitey, 1987, p. 530; L. Bercher, Les délits et les peines de droit commun prévus par le Coran. Leur réglementation dans les rites malékite, chaféite et hanéfite, Tunisi, Societé Ano- nyme de I'Imprimerie rapide, 1926, p. 3 ‘NASCITA E SVILUPPO DEL MODELLO PENALE ISLAMICO ? dell’amministrazione della giustizia, con l’istituzione del gadf e |’elabora- zione di norme processuali rigorose soprattutto in materia di prove. Certo é che nella costruzione della prima comunita islamica (wmma), il Profeta si misurd con ambienti tra loro diversi: a Mecca, i suoi parenti € amici erano idolatri e politeisti, mentre a Medina viveva una fiorente co- munita ebraica. L’Arabia beduina dell’epoca era circondata da regioni ad uno stadio pit avanzato di sviluppo politico ed economico (Bisanzio ¢ [’Impero sasanide) e non vi ¢ dubbio che la costruzione della nuova socicta si sia fondata sulle tradizioni preislamiche cosi come sugli usi e le norme delle terre conquistate. II risultato ¢ un complesso integrato di regole ¢ principi, dalla dottrina musulmana ascritti al volere divino, e che ruota in- torno alla nozione di giustizia, prima divina ¢ poi umana. 2. LA LEGGE PENALE NEL TEMPO E NELLO SPAZIO Lo stato-comunita islamico non ha una base territoriale: ne deriva che la legge che vi impera non dipende dal territorio, bensi dalla qualita della persona’ e il rapport politico dell’ individuo verso lo stato (detto in Europa " Leuniverso giuridico islamico muove da due distinzioni di base: da un lato quella tra dar al-islam e dar al-harb, dove il primo indica il territorio abitato dai musulmani, in cui la SarT'a é pienamente in vigore e ove, normalmente, il potere ¢ detenuto da un musulmano, mentre il secondo (di cui é sinonimo l’espressione dar al-kufr, terra della miscredenza) é un territorio abitato dai non musulmeni, cio’ dagli infedeli, ¢ non re- golato dalla Legge Divina. Questa distinzione talvolta coincide geograficamente con quella fondamentale tra ah! al-kitab (gente del libro, per estensione ‘monoteisti’) ¢ ah! al-awian (politeisti, idolatri); mentre con i secondi nessun rapporto @ possibile se non quello di tipo bellico, volto alla loro conversione o eliminazione, con i monoteisti le cose si complicano. Non é qui sede per approfondire il ragionamento teologico che ne € fondamento: basti dire che islam riconosce dignita ai culti monoteisti a sé precedenti, quali l’ebraismo e il cristianesimo, pur collocandoli, sul piano giuridico, ad un livello di subordinazione. Corollario di tale concezione & che gli infedeli (cioé i non musulmani) monoteisti sono dal diritto musulmano articolati in tre categorie: il dimmi (il beneficiario della dimma o patto di protezione), cioe il residente permanente nel territorio islamico, che gode di uno statuto particolare e beneficia di significative garanzie; il musta min residente temporaneo, che in virti di un salvacondotto dalla durata limitata pud sog- giomnare nel dar al-islam; infine lo harbi, il monoteista non musulmano che risiede stabilmente nei territori non sottomessi all’islam, Non é il caso di pensare alle comunita di dimmi come a comunita di minoranze, perehé spesso fu vero il contrario; cid che conta é che Ja non appartenenza all’islam determinava la soggezione a uno statuto giu- ridico che, se per certi versi era curiosamente liberale, per altri implicava una ridotta capacita giuridica e di agire.

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