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diffusione di quel pensiero rivoluzionario di stampo ecologico che egli stesso definisce come
pens
Vi proponiamo la prima parte dell'intervista di Matteo Andreozzi al fisico austriaco Fritjof
Capra. Scrittore di fama internazionale e direttore del Center for Ecoliteracy di Berkeley
(California) è da anni impegnato nella diffusione di quel pensiero rivoluzionario di stampo
ecologico che egli stesso definisce come pensiero sistemico. Un pensiero ispirato a studi fisici,
biologici, ecologici, di scienze cognitive e sociali, che affonda le proprie radici nella teoria della
complessità sorta negli anni ’70 e presto diffusasi all’interno di numerose discipline.
Professor Capra, lei nella sua carriera si è occupato, nell’ordine, prima di scienza (e per certi
versi anche di spiritualità), ecologia, economia e politica, poi di istruzione e negli ultimi anni
sta scrivendo dei libri che riguardano un personaggio poliedrico come Leonardo Da Vinci.
Quale autore è stato la sua principale fonte di ispirazione, visto che il suo lavoro è
culturalmente così ampio?
Ho cominciato la mia carriera come scienziato, occupandomi di fisica teorica e laureandomi a
Vienna. A diciotto anni, quando ero ancora studente, mi ricordo di avere letto un libro di Werner
Heisenberg dal titolo Fisica e filosofia. All’epoca ne capii solo la metà, ma mi ispirò moltissimo.
Nel testo Heisenberg raccontava con grande passione dei problemi non solo razionali, ma anche
emotivi ed esistenziali, che gli scienziati atomici dell’epoca si trovavano a dovere fronteggiare nel
tentativo di descrivere una realtà che quanto più veniva studiata nel dettaglio tanto meno sembrava
avere un senso. La cosa mi affascinava molto.
Ci vollero circa dieci anni perché si potesse costruire una teoria radicale che rompesse con alcuni
concetti fondamentali classici, come spazio assoluto, tempo lineare, oggetti ben definiti e catene di
rapporti causaeffetto. Una frase di quel testo che mi impressionò molto sosteneva però che l’ormai
superata divisione cartesiana tra mente e materia era ormai entrata così a fondo nel nostro inconscio
che ci sarebbero voluti moltissimi anni prima di superarla accettando la nuova realtà descritta dalla
fisica quantistica.
Condizionato moltissimo da questa affermazione, io sto semplicemente cercando di dedicarmi a
velocizzare questo processo, promuovendo un cambiamento di paradigma culturale che implica una
profonda rivoluzione sociale e culturale.
Ispirato stavolta da questi studiosi, pensai di scrivere un secondo libro, Il punto di svolta, in cui
mostrai la possibilità di utilizzare, non solo in fisica, ma anche in biologia, ecologia, psicologia,
sociologia ed economia, un unico medesimo modello interpretativo reticolare. Dopo questo secondo
libro ne scrissi un altro e un altro ancora e iniziai gradualmente a modificare l’immagine che avevo
di me stesso: non mi sentivo più uno “scienziato scrittore”, ma piuttosto uno “scrittore scienziato”.
Anche adesso infatti, pur essendo ancora uno scienziato, e pur rimanendo in costante dialogo con
diversi colleghi di tutto il mondo, non sono uno scienziato nel senso istituzionale del termine.
Quello che cerco di fare è inserire le più recenti considerazioni scientifiche all’interno di libri e
stimolare così le persone a riflettere sulle conseguenze del nuovo quadro della realtà che si può
ricavare da esse. Mi dedico proprio, perciò, da anni, anche all’attivismo ambientale, a seminari
universitari, a conferenze aziendali, ma soprattutto ai bambini e all’istruzione in generale.
Mentre la scelta di tornare indietro nel tempo e occuparsi di Leonardo è dettata dal semplice
desiderio di identificare nel grande Da Vinci una sorta di precursore del suo pensiero o c’è
dell’altro?
Questo è molto interessante, perché in realtà non è stata una scelta davvero motivata. Curiosamente,
nonostante il percorso di studi e personale che ho compiuto, e che mi vede ora occuparmi di
Leonardo, possa sembrare molto coerente e razionale, in realtà non lo è affatto. Arrivati a una certa
età – e io ormai ho settant’anni – si sente un po’ l’esigenza di guardare indietro. Negli anni ’70,
quando scrissi Il Tao della fisica, lessi per caso una citazione di Da Vinci. Si trattava di un
passaggio in cui Leonardo illustrava il proprio metodo scientifico e rimasi molto colpito dalla
perfetta corrispondenza tra la sua descrizione e quella del metodo utilizzato oggi.
Mi ricordo che in quel momento pensai che mi sarebbe davvero piaciuto approfondire la figura di
Leonardo e magari scriverci su anche un libro, ma non feci mai nulla e quest’idea rimase per quasi
trent’anni nient’altro che un bel sogno. Nel 1995 andai a un’esposizione di un gran numero di
disegni di Da Vinci organizzata a Londra e riconobbi con stupore nella sua scienza una scienza di
schemi e processi.
Pensai che sarebbe stato estremamente interessante analizzarla alla luce della teoria dei sistemi e di
quella della complessità, ma ci vollero ancora alcuni anni prima che potessi prendere seriamente
queste mie intuizioni, dedicandomi ad approfondire il pensiero di Leonardo. I miei due libri su Da
Vinci, che presto diventeranno tre (sono convinto che chiunque si dedichi seriamente a Leonardo
non possa non subirne il fascino travolgente e coinvolgente), non sono quindi il culmine delle mie
ricerche, ma un sogno degli anni ’70 divenuto finalmente realtà.
Quindi ora sta lavorando a un terzo libro su Leonardo?
Sì, e sarà un libro ancora più grande e impegnativo degli altri. Si occuperà di tutti i brani della sua
scienza analizzati molto puntigliosamente. Proprio perciò sarà, molto probabilmente, una
pubblicazione accademica. Tratterà delle sue teorie sulla dinamica dei fluidi, sulla geologia, sulla
botanica, sulla meccanica e sull’anatomia. Il perno di tutto il discorso rimane sempre la sua “scienza
della qualità”, ma questa volta andrò molto nel dettaglio delle sue scoperte nei singoli settori di cui
si è occupato.