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delle homia Scono Bi pud berg caPrroLo Verso l’euro 119 novembre del 1989 venne abbattuto il Muro di Berlino, Trascorse meno di un anno e la DDR (la Germania Est) venne incorporata nella Repubblica Fe- derale Tedesca. Nasceva la grande Germania unificata. Ancora qualche mese e si assistette alla dissoluzione dell’ Unione Sovietica: divennero indipendenti dapprima le repubbliche baltiche e quelle del Caucaso; poco dopo, fallito un effimero tentativo di tenere assieme una confederazione costituita da Russia Ucraina e Bielorussia, suond definitivamente la campanella del “liberi tutti Questi avvenimenti ebbero leffetto di sconvolgere il panorama politico e quel lo economico preesistenti. Cambiarono gli equilibri mondiali, quelli europe e quelli italiani. Per il tema trattato in queste pagine, ci interessano prima di tutto le conseguenze che 'unificazione tedesca e il collasso dell’ Unione So vietica ebbero per l’economia ¢ la politica del nostro paese, conseguenze che furono — come cominceremo a vedere subito — di enorme portata, e influen- zarono profondamente la storia economica e politica dell'Italia nell’ultimo decennio del secolo. 6.1 La nuova svalutazione della lira 6.1.1 I prodromi fa continua perc Nel capitolo precedente abbiamo visto che, per compensa ta di competitivita dovuta al differenziale di inflazione in regime di cambi nominali fissi, le autorita di politica economica del nostro paese avevano fatto ricorso a periodici riallineamenti (svalutazioni) del cambio nominale dando in questo modo un po’ di ossigeno alle ansimanti imprese esportatri anta ci. Lossigeno, perd, non era sufficiente. Nel complesso degli anni ot {I saldo tra esportazioni e importazioni (partite correnti) @ stato negativo, « 130 Coer0106 Vequilibrio della bilancia dei pagamenti @ stato realizzato grazie aun afflusso 7 di eapitali esteri nel paese. Questo soprattutto nella seconda meta del decen- nio, quando la pratica det riallineamenti divenne molto meno frequente. Una parte rilevante dei capitali che affuivano in Italia prendeva la strada degli pequisti di titoli del Tesoro, attirati dagli alti tassi di interesse pagati da quest’ultimo ¢ da un rischio di cambio che veniva cons derato, tutto somma- to, contenuto. Pertanto l’economia italiana si presentava all’appuntamento del decennio successivo con un debito pubblico e un debito estero entrambi tlevati e crescenti. Non era un bel biglietto da visita: se per qualche mo- tivo i capitali stranieri avessero deciso di abbandonare ill paese, il rischio di taisi del debito e di crisi valutaria sarebbe diventato motto elevato, Tuttavia, finehé il regime di cambi fissi del Sistema monetario europeo reste stabil In aituazione, per quanto precaria, poteva essere considerata di equilibrio. 6.1.2 L’unificazione tedesca e lo SME La situazione comincid a cambiare drammaticamente dopo Vunificazione tral sone Germanic. Come abbiamo visto nel secondo capitolo (p. 49). in regime ‘i cambt fisol il singolo paese perde il controllo della propria moneta Pets ce la sua quantita in circolagione viene imposta, di fatto, dallimpesn® nantenere fisso il cambio. Ma c’® di pid. Un teorema di economia inter vrazionale noto come “teoria del quartetto inconeiliabile” afferma che non @) possibile avere contemporaneamente libera circolazione delle merci, perfettal Tmobilita dei capitali, cambi fissi e una politica monetar indipendente itt ciascun paese. In pratica le scelte di politica’ monetan del singolo paese appartenente all’area sono pesantemente condizionate dalle decisioni prese dalla banca centrale del paese col maggior peso economico. B appunto dopo} Yannessione della DDR, questo paese era la Germania. Per ges fre i pro ble! economici derivanti dall’unificazione, il, governo tedesco si impegno ‘una politica di bilancio espansiva e in una politica monetaria restrittiva, che provocd un aumento dei tassi di interesse tedeschi. TI governo tedesco aveva deciso di dar vita subito all'unificazione mo- netaria fissando a uno contro uno il cambio del marco orientale con {quello occidentale. Questo contribuiva a mettere fuori mereato buona parte dell’industria dell’ex DDR, gia poco competitive di per sé. La conseguenza inevitabile @ stata la recessione di tutta Yeconomia del- Tox Germania Est. Per contrastarla ocoorreva sostenere it livello della spesa aggregata, cui si abbinava il problema di promuovere rapida- vnente la crescita del prodotto potenziale dei nuovi land on jientali. Ne onsegniva la necessita urgente di procedere rapidamente a wna mas aento fambi Mon é fetta te in csc prese dopo Verso ture 131 Siccia ristrutturazione industriale dell’ex ppR. L’impegno in termini di no dei consumi) era ingente. Di qui appunto il Segno espansivo delle politiche di bilancio. investimenti (e di soste; I controllo dell’inflazione che stava crescendo, alimentata dall’unificazione e dalle essa era stata forme in cui estita, era percid affidato alla Bundesbank e non poteva che tradursi in una politica monetaria chiaramente restrittiva La politica economica tedesca ebb e due conseguenze importanti per gli al- tri paesi aderenti allo sa (7) i tassi di interesse tendevano ad aumentare ovunque; (ii) se gli altri paesi cercavano di con ntrastare questa tendenza, si verificava, dato il regime di (quasi) perfetta mobilita dei capitali, un drenaggio di fondi da questi paesi verso la Germania Tutto cid per i crescenti “debiti gemelli” (quello pubblico e quello estero) da cui era afflitta Yeconomia italiana era un vero disastro, I capitali stranieri che prima finanziavano il debito pubblico italiano cominciarono a prendere la via della Germania. Questo apriva due grosse falle nella “nave si C raxi La prima emergeva a causa del passivo crescente nella bil jancia dei pagamen- {i La nave poteva restare in linea di galleggiamento fino a quando il defich delle partite correnti veniva compensato da un afflusso di c apitali provenienti dall’estero; ma se i capitali, invece di venir , cominciavano ad andarsene, il Trecario eauilibrio dei conti con Vestero in regime di cambi fissi veniva rapi damente meno. La seconda falla aveva a che fare col problema della dinars del debito pubblico e del suo finanziamento. Come sappiamo (vedi p. 121). quando i tassi di interesse salgono, il debito tende a crescere su se stesso an- che in una situazione di pareggio del 1 saldo primario (e, oltretutto, allinizio i anni novanta il saldo primario italiano era ancora | Inoltre, per convincere i risparmi: largamente passivo) tori a sottoscrivere titoli rappresentativi di tase dt ao ouPblico crescente, occorre promettere (e non @ detto che basti) tassi di interesse pit alti, Dati i tempi strettissimi in cui erano maturatt 1 cambiamenti del quadro internazionale, V'esito era segnato: E cost @ stato: la crisi valutaria. settembre del 1992 la lira abbandond lo ME e nel giro di tre anni, considerando anche gli i effetti della successiva svalutazione del 1995, Perse quasi un terzo del suo “valore esternc Con 'espressione “valore esterno” si intende la quotazione media della moneta sui mercati dei cambi (qualche volta viene usata lespressione equivalente “tasso di cambio effettivo”). L? valore interno” s#iferisce, invece al potere d’acquisto delle famiglie, lato all'inflazione dei prezzi al consumo nel mereato interno (pid alta é Vinflazione, ma giore @ la perdita del valore interno della 132 CaPr0106 Ma se la svalutazione del cambio dava uno sbocco alla crisi valutaria © con: vontiva di Lamponare temporaneamente la falla dei conti con Vestero, nett iolveva gli altri problemi, in particolare quelli connessi all’ammonta’®, al In dinamica e al finanziamento del debito pubblico. Anzi, come vedremo tra poco, ne creava di nuovi, ¢ di dimensioni i cormontabili per il personale politico che aveva fino ad allora gestito il paese. 6.2 La “seconda repubblica” In effetti, il 1992 @ stato anche anno in cui cominciarono a entrhts inc i pattiti che avevano espresso i govern italiani nei decenni precedenti: la Democragia cristiana (DC), che era stata il perno di tutti i governi dalla fine ‘lela seconda guerra mondiale in poi, el Partito socialista (PSt), che era stato profilo, la corruzione non @ stata circoscritta a un limitato periodo storico: c’era prima di Tangentopoli e Mani Pulite, e ha con- tinuato a esserci anche dopo (anche oggi non sembra essere diminuita dintensita). Per certi versi la sua presenza ¢ la sua diffusione sono collegate alla crescita economica e alle dimensioni del ruolo pubblico nell'economia (se ¢’8 pitt formaggio ci sono anche pit opi). Natu- ralmente, la corruzione @ presente anche nel settore privato (e, chissA rché, @ pit tollerata). Va anche aggiunto, col rischio di portare acqua mulino dei giustificazionisti, che la corruzione non & un fenomeno solo italiano. La corruzione e ovunque, anche, per dire, nei paes scandinavi. Il problema ¢ di misura: da noi ce ne @ veramente tantd come mostrano l'evidenza empirica ¢ le statistiche internazionali Tanto meno possono essere minimizzati i suoi effetti economici (vedi, per esempio, Giacomelli & Rodano 2001 ¢ Rodano 2009). Effetti sulla crescita la corruzione frena l’aumento del_prodottd potenziale Per esempio, distoglie risorse (e capitale umano) dalle attivita innova- ive e imprenditoriali per dirigerle verso attivita rent seeking e per¢ mproduttive Effetti sulla finanza pubblica: la corruzione fa crescere la spesa, il disavan- zo e il debito. Effetti sull’efficienza dei mercati: la corruzione riduce la 134 Coon0106 trasparenza, altera in modo opaco e sleale i meccanismi della concorrenza e, di conseguenza, favorisce 'aumento del grado di monopolio. Naturalmente '@ chi sosteneva allora (e chi ancora sostiene, sottovoce perché l’argomento non é fair) che la corruzione avrebbe tuttavia il pregio di sostenere la spesa aggregata e percid {1 prodotto effettivo.. In sostanza si tratta della tesi sinte- tizzata nell’aforisma che afferma Tutilita di “ungere le ruote”, appunto per far girare il carro dell’economia. Quest’ultimo argomento é particolarmente insidioso perché é giustificazio~ nista; suggerisce che la corruzione vada considerata inevitabile, o comunque un male necessario. Argomenti di questo tipo, unitamente alla diffusione spaziale ¢ tem- porale della corruzione, potrebbero indurre a pensare, cio’, che essa sia ineliminabile, e che non resti percid che adattarci a conviverci F il caso percid di fornire subito qualche controargomento: (i) ammesso, € non concesso (vedi il successivo punto iv) che la corruzione faccia guadagnare qualche percentuale di Pil nel breve periodo, quella di sacrificare il futuro in nome del presente (“pochi, maledetti e subito”) non @ mai stata una buona strategia (dai tempi biblici delle “lenticchie” di Esai); (i) se il carro dell’e- conomia é incagliato, ci sono mezzi migliori per rimetterlo in moto (spero che la lettura delle pagine precedenti abbia cominciato a fornire qualche idea al riguardo); (iii) il modo pit corretto, efficace e lungimirante per evitare che si debbano ungere le ruote é quello di far funzionare la macchina burocratica: secondo i criteri guida della correttezza e dell’efficienza (in linea col noto prin Cipio, purtroppo molto spesso disatteso nel nostro paese, che la burocrazia dovrebbe servire a fornire servizi alla societa e non a dare lavoro, e potere, ai burocrati); (iv) anche per quanto riguarda il prodotto effettivo, le con seguenze complessive della corruzione sono, a voler essere generosi, ambigue: la corruzione ha molto pit l’effetto di spostare la domanda da un’impresa & unaltra (o da un settore a un altro, o da una regione a un’altra) che not quello di creare domanda nuova. Ovviamente, chi corrompe lo fa per guadagnarci e, se lo fa, vuol dire che ci guadagna. Ma questo non significa che se tutti corrompono tutti ci guadagnano. Vale al riguardo un classico risultato di “teoria dei giochi”, che possiamo illustrare con un semplice esempio: chi si alza in piedi allo stadio per vedere meglio la partita, effettivamente la vede meglio; ma sé tutti si alzano in piedi, tutti vedono come prima ¢ stanno piil scomodi, Tutti pagano e nessuno guadagna. mento B spesa Benare buona dell’e- Bie non Versoveuno 135 Inoltre la mancata trasparenza e Vindebolimento della concorrenza associate alla corruzione hanno effetti perversi non solo sul Pil di lungo periodo ma anche su quello di breve periodo. Si pensi al solito modello della domanda e offerta age vedi pp. 89 e seguenti). La tesi giustificazionista che la e ha effetto di spostare a destra la curva AD della domanda gata orci rita di condizioni, di livello del Pil effettivo. Abbiamo appena argomentato come V’effetto di spostamento » curva AD sia sopravvalutato (perché sono pit probabil effetti di riallocazione della spesa comples: Ta coruzione ha Veffetto di far salire 1 costi (direttamente, perch¢ le tangenti costano, e indirettamente, perché appunto la corruzione si sposta in alto e, a parita di condizioni, il Pil effettiv Ne consegue che la corruzione va combattuta. Fino ache punto? Se applichia- rno sli strumenti della teoria economica allo studio della corruzione, questa pud essere considerata una (rilevante) esternalita negativa (vedi p. 41). ¢ id vignifica cho, se lasciamo fare alla spontaneita delle scelte individuali, ce ne @ sicuramente troppa. Per quanto tiguarda le politiche contro la corruzione, la gerisce che lobiettivo non pud essere quello, velleitario, eoria economica su; dimensioni di eliminarla del tutto ma quello, realistico, di_minén e la rilevanza. Questo perché anche le politiche contro Ia corruzione costano, e vanno percid definite seguendo il criterio del confronto tra i benefici ates! decrescenti man mano che la corruzione viene ridimensionata) ¢ i costi da sostenere (crescenti man mano che le politiche di contrasto vengono estese Per esempio, se il criterio adottato fosse quello della crescita del Pil ro altri crit potenziale (ma varrebbe lo stesso discorso se si adott +i), la politica di contrasto alla corruzione andrebbe spinta fino al punto in cui un euro in pit di spesa per tale politica facesse aumentare aro il prodotto potenzial Il punto di vista della teoria economica suggerisce anche aleuni criteri de ‘ciente V'azione di contrasto; si tratta di far leva seguirecper rendere pit susli clementi che Fendono meno convententi le pratiche corruttive; che non ati ¢ le probabili significa soltanto acerescere le sanzioni per i corrut Toro, di essere scoperti, ma significa anche creare un ambiente in cui ci sia ono interesse a corrompere € a essere corrotti (non @ facile, ma & possibile), 136 Carrouo 6 Si tratta, per esempio, di costruire un sistema di regole pit trasparenti ‘ meno discrezionali, perché appunto il brodo di cottura delle pratiche corruttive si annida dove il mercato non @ trasparente ¢ la strut- tura pubblica (a livelo politico e/o burocratico) dispone di margini di discrezionalita. 6.2.2. La crisi della “prima repubblica” Le considerazioni appena svolte sulla corruzione e sulla sua diffusione nella cocieta italiana suggeriscono che l'esplosione degli scandali di Tangentopoli f seguito delle inchieste di Mani Pulite non possa essere considerata la caus dalla discoluzione del personale politico che aveva governato [Italia nel de- tenni precedenti. La corruzione era ampiamente diffusa prima del 1992 e To sarebbe stata anche dopo. Al massimo le indagini giudiziarie che misero sotto accusa politici di primo piano possono essere considerate Kepisodio sca tenant@>Le cause, come vedremo subito, erano altre, e pil profonde. Esse avovano a che fare col venir meno degli elementi su cui la Democrazia cristia: wa (dal dopoguerra in poi) e il binomio De e Pst (dopo la fine della. golden fage) avevano costruito il loro consenso elettorale. Semplificando molto ws Giecorso che meriterebbe di essere trattato in modo pit approfondito, pos” siamo dire che questo consenso era stato fondato fin dallinizio (cice fin dag anni del dopoguerra) su una promessa e una minaccia, La promessa era quella che il regime democristiano (¢ in seguito il com trosinistra) avrebbe favorito il benessere sociale distribuendo risorse pubs bliche e minimizzando i contributi da chiedere in cambio ai privati. Quest valeva pet le grandi riforme del welfare, come la sanita (gratuita) e le pensi ni (generose) 1 regime pensionistico di quegli anni forniva prestazioni largamente superiori al valore capitalizzato dei contributi prestati. Il livello della prestazione era infatti commisurato a quello dell'ultima retsibuzione (il che, tra Paltro, favoriva Ia pratica di concedere forti aumenti retribu: tivi poco prima che il lavoratore andasse in quiescenza). Inoltre il regime era estremamente genetoso per quanto riguardava let pen- sionabile, fino ad arrivare, nel pubblico impiego, a 14 anni 6 mesi ¢ 1 giorno di contributi per le donne sposate con figli; 20 anni per gli statali: 25 per # dipendenti degli enti locali. Il provvedimento (1973) fu votato dalla maggioranza ¢ anche dall’opposizione, Valeva pet la scuola e Puniversita (anch'esse semigratuite). Valeva per la dil fusa tolleranza all’evasione e all’elusione del pagamento delle imposte ¢ Verso uno 137 contributi sociali. Valeva per una capillare distribuzione di micro-benefici come le pensioni di invalidita. Valeva per l'esistenza di canali privilegiati « opachi (basati su una diffusa pratica di raccomandazioni) per gestire le as- sunzioni di personale nel pubblico impiego, negli enti pubblici, nelle imprese ubbliche e parastatali, e per influire, attraverso mediazioni politiche, anche ille assunzioni nel settore privato. E si potrebbero fare molti altri esempi Bastava chiedere — magari trovando l’intermediario giusto ~ ¢ il personale politico, come una grande mamma, avrebbe fatto il possibile (e l’impossi- bile) per dare una risposta positiva. L'Italia di quei decenni era un paese Jiffusamente client La minaccia era che l’alternativa al regime democristiano sarebbe state Vavvento di un regime comunista. I governi centristi (prima) e quelli d centrosinistra (in seguito) si autogiustificavano come la diga che avrebbe im: pedito ai comunisti di conquistare I’Italia. Di qui, in politica estera, la fedelta 11 blocco occidentale in funzione antisovietica (i comunisti italiani sono sta- a lungo descritti come le quinte colonne dell’espansionismo di Mosca nei confronti dell’Europa occidentale). Di qui, in politica interna, l’argomento principe di ogni campagna elettorale: vi conviene indebolire la DC e i suo alleati, col rischio di finire nelle grinfie dell'Unione Sovietica? In cambio la Democrazia cristiana garantiva una gestione sostanzialmente democratica della politica, in cui la rappresentanza dell’opposizione era lasciata al Partito comunista,’col quale si potevano anche stabilire accordi informali, pur nella chiara e rigida distinzione dei ruoli. Questo singolare equilibrio politico, definito da alcuni studiosi “bipar titismo imperfetto”, si reggeva su due condizioni: (i) che ci fossero risorse da distribuire e (i) che la minaccia estera fosse credibile. Per vent’anni, dal 1950 i anni della golden age), la prima condizione é stata soddisfatta dalla crescita economica (che appunto forniva le risorse che occorrevano per pagare il consenso). Per i venti anni successivi, dal 1970 al 1990, essa @ stata soddisfatta dalla crescita dei disavanzi pubblici: ora era lo Stato che si in- debitava per attuare “politiche volte a sedare l’inquietudine della societa del tempo con la morfina dell’inflazione e con denari sottratti alle generazioni future” (Rossi 2010, p. 2). La minaccia estera era supportata dalla guerra fredda e dalla divisione del mondo in blocchi contrappost Nel 1992 entrambe le condizioni vennero meno. La crisi valutaria ¢ il con: seguente esplodere dei problemi di finanziamento del debito pubblico costrin sero il governo a chiudere i rubinetti della spesa pubblica e ad aprire quelli del prelievo fiscal Nel mese di aprile del 1992 (due mesi dopo V'inizio di Mani Pulite) ¢ 138 Coor0106 furono in Italia le elezioni politiche, Nel complesso i partiti governativi persero voti (soprattutto In DC) ma mantennero una risicata maggio~ ranza, Il governo uscito dalle elezioni, guidato da Giuliano Amato, fu costretto dalla sitnazione economica ad adottare misure estremamente impopolari, tra le quali una manovra di bilancio da quasi 100.000 mi- liardi di lire (tra maggiori tasse e minori spese), la pit importante dal dopoguerra, e il prelievo forzoso dello 0, 6% dai conti correnti delle banche italiane, E nonostante cid, nel settembre di quell’anno la lira fu costretta ad abbandonate lo SME @ a svalutare.— La dissoluzione dell’Unione Sovietica rendeva non pit credibile la paura del comunismo. Ma allora i partiti che avevano costruito le loro fortune sul- la disponibilita di un’abbondante spesa sociale ¢ clientelare, abbinata alla “paura dei rossi”, perdevano di colpo le ragioni del loro consenso. Costretti dalla forza delle cose a fare il contrario di quel che avevano fatto fino ad allora, vennero rapidamente abbandonati dal loro elettorato. Nel giro di un paio d’anni si erano praticamente estinti. Non furono perd gli eredi del Partito comunista a raccoglierne le spoglie, per lo meno non subito, Alle clezioni del 1994 (che si tennero, per la pri- ma volta in Italia, con un sistema elettorale maggioritario) si afferm® una coalizione di centrodestra, guidata da Silvio Berlusconi, il cui partito, Forza Italia, che era stato appena costituito, raccolse gran parte dei consensi ch fino ad allora, erano confluiti nelle liste della DC e dei suoi alleati. In realta Forza Italia partecipava a due coalizioni territorialmente separate: nelle regioni del Nord Vaccordo era con la Lega, una for- mazione relativamente nuova, con un programma radicalmente au- tonomista se non proprio separatista, cresciuta in concomitanza con la crisi dei partiti tradizionali; nelle regioni del Centro-Sud laccordo era con Alleanza nazionale, un partito esplicitamente di destra, che era stato fino ad allora ai margini del gioco politico, Di Berlusconi dovremo parlare ancora. Qui ci limitiamo a notare che lay clamorosa fortuna elettorale di Forza Italia e degli altri partiti coalizzati nom dipendeva dalla novita della proposta politica — che, come vedremo nel prossi mo capitolo, era piuttosto confusa e ambigua ~ ma, appunto, dal venir meng della promessa (di favori) ¢ della minaccia (dei comunisti) con cui fino ad allora la DC aveva tenuto il suo elettorato all’interno del tessuto democrats co. Una parte importante di questo elettorato non era mai acquisita alla democrazia. E nella nuova situazione si considerava finalment libera di dare il suo voto a chi gli faceva balenare possibilita semplici e a traenti, il cui nocciolo si riduceva, in sostanza, all’invito a perseguire, sem SR Prageae ty Versov'euno 139 vincoli, i propri interessi individuali, con una esplicita pre valenza delle istan- ze del singolo sulle compatibilita economiche e sociali: per dirla in quattro parole, meno Stato e meno regole. In un paese in cui il potere pubblico ¢ la sua burocrazia si presen- tano fin troppo spesso con una faccia vessatoria ¢ ottusa, promettere meno Stato suscita facili consensi. Del resto, il rapporto del popolc italiano col potere pubblico tende a oscillare tra due estremi, spes- so compresenti nelle stesse persone ma di cui si fa fatica a vedere la compatibilita: a un estremo la diffidenza e lostilita nei confront a del le sul- a alla tretti 1 dello Stato e delle sue regole, ¢ la ricerca di artifici individuali per aggirarle (Vitaliano medio é sempre stato refrattario al rispetto delle regole); all’estremo opposto, quando ci si trova in difficolta, la denun cia e la protesta (“ci hanno lasciati soli”) quando quello stesso Stato eB non interviene tempestivamente in soccorsd di un Per ottenere il successo elettorale poco importava che le promesse di Forza Ttalia e dei suoi alleati fossero irrealistiche. Altra questione era quella di overnare il paese in quegli anni difficili, nonostante la larghissi- ma maggioranza parlamentare. Meno di due anni dopo il suo suecesso la coalizione di centrodestra era in pezzi e I'Italia tornava ancora una volta al voto. L’economia faceva acqua da tutte le parti, e occorreva almeno tappare le falle. La maggioranza degli elettori sce zione di centrosinistra, imperniata sul partito erede dei comunisti e guidata da Romano Prodi pri- riuscire a > una orza che per questo compito una coali- 6.3 Il trattato di Maastricht 6.3.1 Le tappe e i requi In un certo senso, per il governo Prodi il programma di risanamento era stato gia scritto qualche anno prima, quando, il 7 febbraio 1992, I'Italia aveva deciso di sottoscrivere, assieme agli altri undici paesi dell’allora Comunita Europea, il trattato di Maastricht. Questo trattato stabiliva le tappe per realizzare l'unione monetaria e, soprattutto, stabiliva i parametri che ciascun paese doveva rispettare per aderirvi Liltalia aden al trattato in modo piuttosto distratto (per usare un eu: femismo). I] governo che lo sottoscrisse (guidato da Giulio Andreotti) era dimissionario. Die mesi dopo si sarebbero tenute le elezioni per i 140 Cor0106 rinnovo del Parlamento. Le forze politiche e Yopinione pubblica pen- ‘avano ad altro, E, con 'eccezione (importante) di alcuni dirigenti “ella Banca @'Ttalia, erano state assenti (se c'erano, dormivano) anche nella fase istruttoria che precedette il trattato, Il trattato prevedeva un percorso da completare entro un decennio: nel 1998 sarebbe stata costituita la Banca Centrale Buropea (BCE); nel 1999 st sarebbe fatto Telenco dei paesi, tra quelli che avevano espresso I'intenzione di parte- cipare all'unione monetaria, in regola col rispetto dei parametti richiesti e percid in condizione di far parte dell'unione; ¢ st sarebbero stabiliti i rap- porti di cambio definitivi delle varie monete nei confronti dell’euro, che nel 5900 sarebbe divenuto Punita di conto per le transazioni tra i paesi membri; jnfine nel 2002 le monete e i biglietti denominati in euro avrebbero comin- Gato a circolare, divenendo cos) il mezzo di pagamento per le transazioni in tutti | paesi di quella che sarebbe stata chiamata, appunto, I'Eurovont Nel frattempo i vari paesi dovevano fare i “compiti a casa” per essere pronti per Pappuntamento, Ricordiamo i cinque requisiti da realizzare pet essere penmeari: i paesi aderenti dovevano armonizzare, in basso, il loro ‘asso di Tnflazione e il loro tasso di interesse a lungo termine; dovevano mantenet, fissi per un congruo periodo di tempo i tassi di eambio; dovevano ridurre il savanzo ai bilancio al 3% del Pile il livello del debito pubblico al 60% del Pil 6.3.2 Eurozona a due velocita? La ereazione di una moneta unica per i paesi dell’Europa occidentale era tun obiettivo che era stato ventilato vari decenni prima, quando ancora © in vigore il sistema di Bretton Woods; ma per motivi che & facile capire (connessi alle ricorrenti turbolenze nei mercati internazionali) non era mal enato coneretamente nelV’agenda politica. Tl progetto conobbe una deci ecelerazione solo all'inizio degli anni novanta. Era un’altra consegucnd dell unifeazione tedesca, dopo la quale, come abbiamo visto (p. 130), il sic tema monetario europeo era diventato instabile, Ne conseguiva un rlevai problema politico: la Francia non era disposta ad accettare che il controlla MalVofferta di moneta in Buropa passasse alla Germania. Questo 9 vrebb comportato una rottura del complessivo equilibrio politi facova da pemo, in sostanza, a tutta la costruzione dell’Unione Buropea. ne poteva uscire in due modi: con un passo indietro, ovvero abbandonando, cambi fissi; oppure Con un passo avanti, ovvero unificando il franco franc til marco tedesco in una sola moneta, il cui governo fosse affidato a nna sd hanes centrale, gestita appunto da una partnership franco-tedesca, TL leat B 1998 zebbe jssere Eso di jenere re il leader Verso uno 141 francese (Francois Mitterrand) e quello tedesco (Helmut Kohl) optarono per Ja seconda soluzione. Anni fa ho letto questa fantasiosa e divertente ricostruzione dell’accor- do tra il leader francese e quello tedesco, visualizzata come la scene giatura di un ipotetico film. «“Unione Monetaria Europea”. I film dovrebbe apritsi con una scena del genere: il Iuogo @ Ia biblioteca dell’Eliseo; il tempo é il marzo del 1990; i personaggi sono solo tre il presidente francese Francois Mitterrand, il cancelliere della futura Germania riunita Helmut Kohl ¢ infine ~ dato che nessuno dei due parla la lingua dell’altro ~ un interprete senza volto che abbia fatto ‘oto dissilenzio. Mitterrand appare malinconico. Nel corso degli ultim mesi, dal crollo del muro di Berlino avvenuto nel novembre del 1989, ile ha tentato ogni stratagemma diplomatico possibile e immagina per frenare, 0 almeno rallentare, il passo sempre pit rapido dell a tristemente il fuoco nificazione tedesca. Invano. Mitterrand oss nel camino e ascolta le parole dell’amico Helmut. “Senti, Francois, questa volta non andra come a Versailles nel 1871, quando Parigi era circondata dall’esercito tedesco e il nuovo Reich fu proclamato sulle rovine dell’orgoglio francese. Ora abbiamo l'amicizia franco-tedesca abbiamo l'Unione Europea, ¢ le nostre forze armate sono parte inte- grante della Nao”. Ma sentir nominare la NATO, il piede americano nella porta europea, non serve a rallegrare lo spirito di Mitterrand E cosi Kohl prosegue: “Amico mio, siamo nel 1990, non nel 1914, 0 nel 1939. Al giorno d’og non gli scarponi. Allora, Frangois, che ne diei?”. Mitterrand continua i miei compatrioti lucidano le loro BM fa fissare il fuoco per un minuto che sembra durare in eterno. Infine esclama: “Bon, Helmut, c’est ce qu’on va faire. Puoi prenderti tutta la Germania, se io prendo meta del marco”» (Joffe 1998). Tuttavia, in un quadro istituzionale come quello dell’Europa occidentale non era possibile impostare un’unificazione monetaria limitata a due paesi, tanto Jer. L’offerta andava rivolta a tutti, eventualmente meno ai due paesi le lasciandoli liberi di non aderire; e cosi, appunto, @ stato fatto. Il punto @ che, in generale, una unione monetaria presenta si numerosivantagg’, che favoriscono, per ciascun paese aderente, una crescita sia del Pil potenziale che di quello effettivo, oltre che un rilevante allentamento del vincolo este- wole e meno costosa, per imprese ¢ governi, di ro e una possibilita pid a finanziarsi sui mercati internazionali Un sommario lenco dei cambiamenti provocati dall’unione monetaria uente: (i) riduzione dei costi d 142 Coor0106 transazione; (ii) riduzione dell’incertezza degli scambi; (jit) riduzione dei tassi di interesse; (iv) internalizzazione degli scambi; (v) centraliz- zazione delle riserve valutarie (per approfondire pud essere utile leggere Rodano 20154, pp. 5 e seguenti). Ma l'unione monetaria presenta anche, per ciascun paese aderente, dei costi rilevanti, quelli associati, in particolare, alla perdita del controllo dell’offerta di moneta e del tasso di cambio, anche se va ricordato, a onor del vero, che per avere uma perdita del controllo della moneta e del cambio basta un regime di cambi fissi. Sicché ha senso costituire Tunione monetaria, 0 aderirvi, solo se i primi superano i secondi. ‘Va ricordato, tuttavia, che dai cambi fissi_ si pud uscire con una de- cisione unilaterale (o comunque si pud concordare un riallineamen- to delle parita tra le monete). Uscire da una unione monetaria & decisamente pit complicato. La prevalenza dei vantaggi sui costi non @ scontata. Lo @ se i paesi coinvolti sono sufficientemente omogenei e integrati o, in subordine, se nei loro mercati ¢ tra {loro mercati ci sono una sufficiente flessibilita di prezzi e salari e una sufficiente mobilita dei fattori (lavoro e capitali). Due paesi sono tanto pitt omogenei quanto pi simili sono le strutture ‘economiche (devono essere simili il tasso di crescita, il tasso di disoc- cupazione, il reddito pro capite, la distribuzione del reddito, eec.) & quanto pit simili sono le istituzioni (Ie regole del mercato del lavoro, il tipo di sindacalizzazione, il regime pensionistico, gl istituti del welfare, la legislazione sulle imprese, sui contratti, sulla concorrenza, ece.). Le ‘economie di due paesi sono tanto pid integrate quanto maggiore @ la quota della produzione di un paese che @ venduta nell'altro paese, © viceversa. Sempre considerando, per semplicita, due soli paesi, quando in uno dei due il livello di attivita & basso rispetto all’altro paese (c percid Ia disoccupazione @ alta), la flessibilita di prezzi ¢ salari garantisce che in quel paese i prezzi e i salari scendano stimolando la domanda aggregata ¢ Voccupazione, mentre nell’altro paese accade il contrario. In questo modo i due paesi dispongono di una sorta di riequilibratore automatico. Un meccanismo analogo vale per la mobilita dei fattoti Quando queste condizioni sono soddisfatte i paesi coinvolti costituiscona un’area valutaria ottimale e, in tal caso, 'unione monetaria conviene a tutti: fra na ov me pa im alt ™ di; TR RPEBRE oferta ro, che regime Binvolti Imercati Bic una liscono tutti, Vensov'euno 143 ibilita ¢ della mobilit Tuttavia basta dare un’occhiata alle condizioni richieste per rendersi con- to che Europa occidentale era ben lontana dallessere un’area valute ottimale. Percid costituire I’Eurozona non era una buona idea E infatti, a e bene i cinque requisiti che dovevano essere soddi per potervi partecipare, Vobiettivo reale del trattato di Maastricht (al di la di quello dichiarato) non era quello di realizzare I’Eurozona ma, pid realist camente, di realizzare un’Eurozona a due velocita, che raccogliesse attorno al nucleo franco-tedesco solo alcuni paesi, quelli che a ua sufficiente omogeneita e integrazione con l’economia tedesca e quella irancese: il gruppo del Benelux ed eventualmente I’ Austria e i paesi scandi navi. Gli altri paesi, in particolare il gruppo dei paesi mediterranei (i PIcs >, Italia, Grecia e Spagna.), erano ovvero i “maiali”: nell’ordine P. nalmente invitati; ma le condizioni che I Jovevano essere soddisfatte perché la one divenisse effettiva erano cosi difficili (e costose per chi si fosse partecipa ato a realizzarle) da indurli a declinare Vinvito (come appunto, per mpé altri motivi, fece il Regno Unito) o, in subordine, da rendere il loro sucesso nolto improbabile Se si fosse puntato per davvero a realizzat ‘ozona ampia, le con dizioni richieste sarebbero dovuto essere diverse, dato che il loro obiettivo sarebbe dovuto essere quello di rendere omogenee e integrate le economic Jei vari paesi. Invece non si chiedeva ai PIGS di realizzare riforme capaci 1i cambiare radicalmente le loro strutture e le loro istituzioni (vedi p. 142) ma si chiedeva loro soltanto di ridurre i tassi di interesse a Iungo termine, d tenere fisso il cambio, di fare ordine nei propri bilanci pubblici e di mettere sotto controllo Vinflazione E vero che il tasso di inflazione di lungo periodo di un paese dipende dalla sua struttura e dalle ituzioni (ve ‘ora Rodano 201 ma dipende soprattutto dalle scelte di politica monetaria, e percid, in ultima analisi, dalle caratteristiche del banchiere centrale. La richiesta idurre i tassi di interesse a lungo termine era una sor cu -azione che il requisito dell’inflazione fo ddisfatto in m ile ‘0 che i livelli dei tassi di interesse a Ingo termine incorporano l¢

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